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Śrīvidyā
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Indice
Generalità
I testi Fuoco sacrificale in onore alla Dea,
cerimonia dello Śrīvidyā
Teologia
Meditazione con lo śrīcakra
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
Generalità
La tradizione denominata Dakṣiṇa-āmnāya era una tradizione religiosa spiccatamente śākta (tradizioni
queste, tipiche dell'India meridionale[3]), nelle quali la o alcune delle divinità principali sono
personalizzate come femminili e vi si trovano elementi che non possono ricondursi al brahmanesimo[4].
Le divinità sovrane erano la coppia Kāmeśvara e Kāmeśvarī, rispettivamente Il Signore e la Signora del
Desiderio.[2]
Questi culti tantrici erano per lo più costituiti da pratiche visionarie, con riti che prevedevano una
rappresentazione aniconica della Dea e meditazioni visive complesse. Alcune cerimonie facevano, e
fanno tuttora uso di sostanze proibite in seno al mondo vedico e brahmanico.[2] Si tratta delle cosiddette
"cinque M": maithuna (unione sessuale), māṃsā (carne), madya (vino), matsya (pesce), mudrā (cereali
arrostiti).[5] Altra caratteristica molto importante di queste tradizioni era l'apertura sia alle caste più
basse sia alle donne, donne che dal cerimoniale vedico restavano del tutto escluse.[6]
Fra le varie tradizioni tantriche, la Dakṣiṇa-āmnāya era quella che meno si discostava dall'ortodossia, e
che nel corso della sua evoluzione finì per assimilare elementi brahmanici e del Vedānta.[7] Segno di
questa evoluzione è la sopravvivenza nello Śrīvidyā attuale di questa tensione fra coloro che usano le
cinque M e coloro che invece le rifiutano. Si parla, nel primo caso di "tantrismo della mano sinistra", e
nel secondo "della mano destra".[8]
https://it.wikipedia.org/wiki/Śrīvidyā 1/4
02/12/2020 Śrīvidyā - Wikipedia
I testi
La fonte più antica è il Vāmakeśvara Tantra, suddiviso in Nityāṣodaśikārṇava e Yoginīhṛdaya. Il primo
tratta del rituale, il secondo ha un carattere più esoterico e tratta principalmente dello śrīcakra, uno
yantra dai molteplici significati e che costituisce la forma fondamentale di rappresentazione e adorazione
della Dea Tripurasundarī. Successivo è il Tantrāraja Tantra ("Re dei Tantra"). Attualmente molto
popolari sono il Saundaryalaharī ("Oceano della Bellezza"); il Lalitāsahasranāma ("Mille nomi di
Lalitā", essendo Lalitā un altro nome col quale è nota Tripurasundarī); la Tripura Upaniṣad ("Segreto
delle Tre Città").[9]
Il Tantrāraja Tantra ha come argomento l'omologia fra il corpo umano e il cosmo, e la descrizione dei
tre aspetti di Tripurasundarī, che ricordiamo vuole appunto significare "La Bella delle Tre Città"[10]. Le
tre città sono il suo aspetto supremo, quello sottile e quello grosso, in corrispondenza coi tre modi di
venerarla: con la mente (cioè con la meditazione), con la parola (cioè coi mantra), con il corpo (cioè con
la ritualità).[5] Ma triplice è anche il corpo umano:
«Triplice è in noi la città del corpo / poiché è formata da tre elementi: / sottile, grossolano e
causale.»
(Tripurā Upaniṣad, 1; citato in Jean Varenne, L'insegnamento segreto della divina Shakti, traduzione di Pasquale Faccia,
Edizioni Mediterranee, 2010, p. 95)
Il corpo grossolano è quello che percepiamo coi sensi; il causale è quello che "riceviamo" alla nascita dal
karma, cioè quello determinato da vite anteriori; il sottile è infine un corpo non accessibile ai sensi, che
occorre ricostruire con pratiche immaginali.
Teologia
La Dea è al contempo l'Assoluto che trascende il mondo e il mondo stesso come Sua manifestazione.
Questo aspetto immanente è descritto come "energia" (śakti) che permea ogni elemento materiale e
immateriale del cosmo, come per esempio il corpo stesso dell'uomo e come per esempio i mantra,
considerati forme foniche del divino. Anche quando la Dea è venerata come ente personale, il seguace è
sempre conscio della sua trascendenza.[11]
Lo yantra presenta al centro quattro triangoli con la punta verso l'alto e cinque con la punta verso il basso
che si intersecano avendo dimensioni differenti. I primi rappresentano Śiva, i secondi Śakti, la cui unione
il devoto deve realizzare anche in se stesso nell'identificazione rituale che la pratica prevede.[13]
Note
1. ^ Flood 2006, p. 226.
2. Padoux 2011, p. 77.
3. ^ Mircea Eliade, Lo Yoga. Immortalità e libertà, a cura di Furio Jesi, traduzione di Giorgio Pagliaro,
BUR, 2010, p. 329.
4. ^ Mircea Eliade, Lo Yoga. Immortalità e libertà, a cura di Furio Jesi, traduzione di Giorgio Pagliaro,
BUR, 2010, p. 334.
5. Flood 2006, p. 258.
6. ^ Flood 2006, p. 238.
7. ^ Flood 2006, p. 238 e 252.
8. ^ Flood 2006, p. 252.
9. ^ Flood 2006, pp. 254-255.
10. ^ Sundarī è traducible con "donna bella".
11. Flood 2006, p. 256.
12. Padoux 2011, p. 80.
13. ^ Flood 2006, p. 257.
Bibliografia
Gavin Flood, L'induismo, traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006.
André Padoux, Tantra, a cura di Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi, 2011.
https://it.wikipedia.org/wiki/Śrīvidyā 3/4
02/12/2020 Śrīvidyā - Wikipedia
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