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LE RAGIONI DI UN INCONTRO

PRESENTAZIONE DEL COLLOQUIO

In una cittaÁ come Trieste, crocevia di culture diverse, che giaÁ si presen-
ta e sempre piuÁ vuole porsi come punto d'incontro e di confronto a livello
internazionale, vengono promossi con frequenza scambi d'interesse cultu-
rale e scientifico tra studiosi di differenti aree geografiche.
Nell'ambito degli studi filosofici, ormai da mezzo secolo opera all'inter-
no dell'UniversitaÁ di Trieste il Dipartimento di filosofia della FacoltaÁ di
Lettere e filosofia, che ha annoverato ed annovera numerosi docenti di fa-
ma. Riguardo ± in particolare ± alla storia del pensiero medievale, questa
istituzione ha potuto contare per piuÁ di venticinque anni sul magistero
scientificamente alto e umanamente vivo di Maria Elena Reina. Ed eÁ pro-
prio su impulso di Maria Elena Reina e con la sua attiva partecipazione che
un gruppo di suoi discepoli ha costituito di recente un centro di ricerche
sul pensiero del tardo Medioevo denominato Centro Studi Chimaera,
con sede presso il Dipartimento, finalizzato alla promozione di studi, semi-
nari, incontri, borse di ricerca, pubblicazioni.
Il Centro Studi Chimaera ha voluto dare inizio alle propria attivitaÁ esal-
tando, appunto, la vocazione multiculturale cui accennavo. Abbiamo per-
cioÁ pensato di organizzare un Colloquio scientifico internazionale, chieden-
do la collaborazione e la partecipazione di quegli studiosi che, provenienti
da paesi, scuole ed esperienze diverse, fossero comunque interessati al tema
da noi proposto come oggetto dell'incontro. Posso dire che la risposta al
nostro invito eÁ stata straordinariamente positiva, e mi sembra doveroso rin-
graziare vivamente tutti quelli che hanno aderito all'iniziativa prendendo
parte ai lavori del convegno. Ringrazio in particolare i colleghi che, presen-
tando i risultati delle loro ricerche, ci hanno onorato con la loro presenza e
la loro competenza.

L'argomento scelto per il Colloquio eÁ stato: «Tempus, aevum, aeterni-


tas: la concettualizzazione del tempo nel pensiero tardomedievale». Abbia-
mo inteso con cioÁ offrire un ulteriore contributo a un dibattito storiografi-

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PRESENTAZIONE

co assai vivace che proprio negli ultimi anni si sta sviluppando a livello in-
ternazionale. Molti studiosi del pensiero medievale si sono dedicati di re-
cente a un esame dei modelli di durata che gli autori scolastici elaborarono
nel corso dei secoli XIII e XIV e del loro significato storico-dottrinale. Pos-
siamo tra l'altro rilevare, con grande soddisfazione, che diversi tra i mag-
giori protagonisti di questo dibattito sono stati presenti al Centro Congressi
Stazione Marittima di Trieste, dal 4 al 6 marzo 1999, per partecipare atti-
vamente al convegno del Centro Studi Chimaera.
Tematica, la nostra, certamente di grande risonanza. Il tempo, in effet-
ti, eÁ un argomento che interessa tutte le epoche, da quando gli uomini han-
no cominciato a riflettere sulle proprie esperienze. E il tempo costituisce
appunto un'esperienza centrale, alla quale di volta in volta nelle varie civiltaÁ
e nella storia di ciascuna civiltaÁ vengono applicate forme diverse di concet-
tualizzazione, legate anche ad altri ambiti dell'esperienza e della cultura.
Nel nostro secolo abbiamo vissuto la lacerazione tra il tempo oggettivo del-
le scienze naturali e il tempo fenomenologicamente inteso, il tempo della
memoria e del progetto. Proprio noi, io credo, anche al di fuori di un am-
bito ristretto di specialisti e nonostante le profonde differenze sul piano
scientifico e culturale che ci separano dal medioevo, possiamo trovare par-
ticolare interesse per quei due secoli della maturitaÁ del pensiero scolastico
che a loro modo vissero una frattura tra una maniera scientifica ed una sto-
rico-esistenziale di interpretare il tempo, spendendo una quantitaÁ enorme
di energie intellettuali nel tentativo, o meglio nei tantissimi e spesso contra-
stanti tentativi, di operare una composizione.
Il modello «scientifico» di tempo, per gli scolastici, eÁ quello fisico e co-
smologico di Aristotele, letto in particolare attraverso i commentari di
AverroeÁ. QuantitaÁ successiva inerente al movimento, misura del movimen-
to locale continuo, il tempo delle dottrine tardomedievali stenta ad affran-
carsi dal riferimento al movimento e percioÁ da tutta una serie di coordinate
essenzialmente spaziali, anche se nel corso del Trecento emergono limiti ed
aporie di questa concezione. EÁ curioso, e direi stimolante per gli studiosi,
constatare che in questo campo l'adesione ad Agostino (scolasticamente in-
terpretato secondo una lettura interiorizzante dell'undicesimo Libro delle
Confessioni) viene per lo piuÁ sacrificata ad una prospettiva realistica: para-
dossalmente, quando (sull'onda di tutti i teologi conservatori) il vescovo
Tempier condanna chi affermi che il tempo non eÁ in re sed solum in appre-
hensione, il bersaglio potrebbe essere la lettura averroistica di Aristotele,
ma anche l'idea agostiniana del tempo come distentio animi. Di soggettivo
nel tempo rimane in definitiva, secondo la prospettiva dello stesso Aristo-
tele, la numerazione operata dall'anima della successione degli stati del mo-

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vimento, anche se all'interno di questo orizzonte concettuale si sviluppano


posizioni diverse e accesi dibattiti.
PiuÁ pressante, tuttavia, e contestuale all'impatto stesso della filosofia
naturale aristotelica con il pensiero teologico dell'occidente latino, si pre-
senta l'istanza di contrastare o di limitare la valenza cosmologica del tempo
aristotelico-averroista, passio del moto eterno e circolare del primo mobile
e misura di tutti gli altri movimenti in quanto a quello rapportati (anzi ad-
dirittura da quello causati). E qui, soprattutto, entra in gioco la dimensione
del tempo vissuto e interpretato all'interno dell'esperienza religiosa cristia-
na. Inizio temporale del mondo, creazione e vita di esseri spirituali (gli an-
geli e le anime umane) dotati di libero arbitrio e sottratti al determinismo
delle influenze celesti, sviluppo lineare di una storia di salvezza nella dire-
zione di una conclusione dei tempi e di un giorno senza fine che vedraÁ di-
strutto l'ordine attuale dei cicli cosmici: tutti questi sono elementi con i
quali l'universo greco-arabo non poteva non entrare, almeno potenzialmen-
te, in rotta di collisione.
Ma fu proprio questo impatto (incontro e insieme scontro) a risultare
estremamente fecondo dal punto di vista della storia del pensiero, provo-
cando una fitta tessitura di trame concettuali nuove. CosõÁ ad esempio, ri-
guardo al problema di un primum temporale, da parte degli autori piuÁ fa-
vorevoli ad una conciliazione con Aristotele, si elaborarono strutture teori-
che tali da rendere compatibile un inizio di fatto (conformemente al dogma
cristiano) con la possibilitaÁ in linea di principio di un mondo eterno (con-
formemente al postulato della filosofia peripatetica), mentre viceversa gli
autori piuÁ tradizionalisti si sforzavano di dimostrare assurda l'idea di un
mondo privo di un inizio temporale. Ma, come risposta ad un concetto
di tempo ritenuto troppo ristretto, come affermazione di una dimensione
spirituale irriducibile alla catena causale degli agenti astrali, e a un certo
punto come riconoscimento di una dimensione sostanziale delle stesse cose
materiali non misurabile alla medesima stregua del movimento, furono an-
che elaborati e sviluppati nuovi concetti di durata, come aevum e tempo
discreto, adattando a significati (almeno in parte) prima ignoti alcuni termi-
ni attinti alla tradizione filosofica e teologica.
Di questo poderoso sforzo teorico eÁ doveroso prendere atto. Esso co-
stituisce una peculiaritaÁ del pensiero scolastico, anche se l'esigenza di indi-
viduare una misura intermedia fra tempo ed eternitaÁ affonda senza dubbio
le sue radici nella stessa filosofia neoplatonica, che continua ad alimentare
piuÁ o meno sotterraneamente il pensiero medievale. Questa ricerca di vie
nuove e di strumenti lessicali adeguati nella plurificazione dei tipi di durata
non riveste un'importanza minore di quanto ne rivesta il dibattito concer-

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nente l'aeternitas mundi, sul quale tanta parte della storiografia contempo-
ranea si eÁ (d'altronde giustamente) concentrata. Il concetto di aevum, in
particolare, inteso come durata intermedia fra il tempo delle cose inferiori
e l'eternitaÁ divina, nasce in un contesto angelologico, ma si applica a tutte le
sostanze separate e incorruttibili: uomini beati ed enti corporei considerati
permanenti in contrapposizione al flusso dei «misti» sublunari.
Si sviluppano a questo proposito serrate discussioni tra gli autori sco-
lastici, e a modelli interpretativi che in qualche modo sfiorano la divinizza-
zione delle cose perpetue si contrappongono (in nome del contingentismo
cristiano e contro l'eternalismo greco-arabo) richiami insistenti alla radicale
temporalitaÁ o per lo meno alla defettibilitaÁ di tutte le creature. Il tempo or-
dinario (insieme, dall'altro lato, con l'eternitaÁ, boezianamente concepita nel
senso intensivo di un'assoluta semplicitaÁ) rimane comunque sempre un ter-
mine di paragone ineliminabile nel definire le caratteristiche dell'eviternitaÁ.
Termine non fisso, tuttavia, perche anche l'interpretazione della Physica
aristotelica non eÁ pacifica e un ampio ventaglio di risposte viene dato ai vari
problemi che riguardano il tempo continuo, quali realtaÁ, numero, unicitaÁ,
soggetto. Proprio riguardo al soggetto, l'idea agostiniana della mutabilitaÁ
creaturale come radice del tempo, identificabile con la pura potenzialitaÁ
della materia prima, percorre il pensiero scolastico come linea (entro certi
limiti) alternativa all'aristotelismo dominante.
Legata per un verso alle dottrine bibliche e neoplatonizzanti sugli an-
geli, legata per un altro, aristotelicamente, alla cosmologia dei cieli incor-
ruttibili e alla fisica del movimento come atto di un ente in potenza, la spe-
culazione medievale sull'aevum (cosõÁ come quella sul tempus) non poteva
sopravvivere all'interno della filosofia moderna. Rimane cionondimeno il
documento di un pensiero vivo, anche considerando il fatto che le posizio-
ni dei singoli autori furono per lo piuÁ assai differenti le une dalle altre: non
si trattava di ripetere stancamente delle formule, ma di rispondere a pro-
blemi che apparivano effettivi e rilevanti (anche se a noi possono sembrare
ormai pura archeologia del pensiero).
Questa grande varietaÁ di soluzioni, in cui si riflettono istanze interne
alla problematiche specifiche ma anche l'evoluzione complessiva del pen-
siero medievale fra XIII e XIV secolo (nel corso della quale entra parzial-
mente in crisi lo stesso modello del sapere aristotelico), ci impedisce di rac-
chiudere in facili schematizzazioni la storia del pensiero tardoscolastico su
tempus ed aevum. E, proprio a testimoniare la molteplicitaÁ degli approcci
medievali al problema del tempo, alcuni contributi sono dedicati ad opere
che non appartengono al patrimonio dottrinale del pensiero elaborato nel-
le scuole.

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Tali considerazioni ci spronano dunque a proseguire nell'opera di sca-


vo e di analisi che molti studiosi stanno egregiamente svolgendo in questi
anni. Offrire un ulteriore contributo in questa direzione eÁ appunto l'obiet-
tivo che questo incontro triestino si eÁ proposto.

LUCIANO COVA
Presidente del Centro Studi Chimaera

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