Giorgio Panizza
Da due sorelle a due cugine: alle origini del ”Pas-
ticciaccio”
(doi: 10.1419/27866)
Ente di afferenza:
Università degli studi di Genova (unige)
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Giorgio Panizza
Il più brutale delitto che si sia verificato negli ultimi dodici mesi è stato com-
messo ieri mattina verso le ore 9,30 in un appartamento di Piazza Vittorio Ema-
nuele, 70.
* Pubblico qui l’intervento tenuto al convegno Storia e geografia del Pasticciaccio. Carlo
Emilio Gadda e i luoghi di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana a cinquant’anni dalla
sua pubblicazione, a cura di Andrea Cortellessa, Roma-Frascati, 3-4 ottobre 2007; ringrazio
Andrea Cortellessa per l’opportunità di partecipare e di anticipare il testo; l’incursione
gaddiana è stata confortata dagli scambi d’idee con Mauro Bersani e Claudio Vela; grazie
per le collaborazioni, in varia forma, a Paolo Di Stefano, al personale dell’Archivio Capi-
tolino e della Biblioteca di Storia moderna e contemporanea di Roma, a Gianna Del Bono
e al personale addetto ai periodici della Biblioteca Nazionale di Firenze. Un’anticipazione
di quanto qui sostenuto, attraverso le voci di Franco Contorbia e mia, è stata presentata da
Paolo Di Stefano, La vera storia del «Pasticciaccio», in «Corriere della Sera», 26 luglio 2007.
Che a Roma abbia avuto il piacere di annoverare tra gli ascoltatori Dante Isella ha assunto
il valore di un ultimo, mio, ringraziamento.
Verso le ore 10,20 di ieri mattina il sig. Enrico Ponzi, cugino della signora
Angela Barucca [ma Barruca] di Gaetano, nata a Valmontone 34 anni fa, si recava
in casa di costei per chiederle informazioni circa un impiego al quale egli aspira-
va. Suonò la porta ed attese. Ma passò del tempo senza che nessuno rispondesse.
Suonò nuovamente, e si appoggiò alla porta. Ma cadde quasi nell’interno perché
l’uscio, che era soltanto accostato, si spalancò. Fece qualche passo nell’interno; rag-
giunta la seconda stanza, e precisamente quella nella quale dormivano i bambini,
ebbe una visione spaventosa che lo fece cadere a terra svenuto: la signora Barucca
giaceva a terra, supina vicino al letto, con la gola squarciata dalla quale sgorgava
ancora copioso il sangue. Una coperta rossa era stata gettata sul corpo della povera
donna. Appena ripresi i sensi il signor Ponzi avvertiva il portiere dello stabile, Ce-
sare, che correva a telefonare alla polizia. Accorrevano immediatamente sul posto
il commissario Julia [ma Luglié?] ed alcuni agenti dell’ufficio di P.S. Esquilino.
Ma all’interno della casa una ancora più raccapricciante scoperta veniva fatta: nel
bagno, in una pozza di sangue, il cadaverino del bambino più piccolo della si-
gnora, Gianni. Il cadavere presentava tracce di inaudita violenza: era stato sbat-
tuto contro la vasca da bagno, soffocato e quindi quasi decapitato con un coltello.
La povera signora era la consorte di un impresario e commerciante, l’ingegne-
re Pietro Belli. Viveva in un lussuoso appartamento ma pur amando l’eleganza
conduceva vita ritiratissima, tutta dedicata al marito e ai figli e alla casa. La «Mobi-
le» arrivò sul posto poco tempo dopo al gran completo. Messasi immediatamente
all’opera si procedeva al fermo precauzionale del cugino della morta, del portinaio
e di una donna che puliva le scale. Si apprendeva che durante l’assenza dell’ing.
Belli, rarissime persone di famiglia frequentavano la casa […]. Comunque fu ap-
preso un particolare importantissimo: due ragazze che frequentavano la signora
erano state viste uscire dal portiere. Infatti la signora era appena tornata dall’aver
accompagnato i due bambini maggiori alla scuola Benedetto Cairoli, quindi aveva
comprato il latte ed era rincasata. Dopo una mezz’ora il portiere aveva visto scen-
dere le due ragazze. Chi erano costoro? Due sfollate da Colleferro che si recavano
dalla signora per chiedere aiuti e che erano state varie volte beneficate dalla donna.
Qualche volta, anzi, avevano approfittato della bontà della signora per far sparire
qualche oggetto che faceva loro gola. Mentre una aliquota della «Mobile» partiva
per Colleferro alla ricerca delle due indiziate, altri sorvegliavano le varie stazioni e
i posti di partenza delle corriere. E i commissari Santillo e Morlacchi potevano alle
ore 16.30 (sei ore dopo l’omicidio) pescare due ragazze i cui connotati corrispon-
devano a quelli delle due ricercate a P. Risorgimento mentre stavano salendo su
una corriera per Cesano […]. Le due assassine sono le sorelle Diana [ma Lidia] di
anni 22 e Franca di anni 17, senza fissa dimora, figlie di un macellaio di Colleferro.
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Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
del Partito d’Azione, che dopo aver intitolato Una donna e il suo
bambino sgozzati in una casa di Piazza Vittorio. Le assassine – di-
ciassette e ventidue anni – arrestate: menavano vita allegra e hanno
ucciso per rubare, così racconta il fatto, movimentato dagli inserti
diretti di un cronista che ha avuto la ventura (almeno così dice) di
essere arrivato sul posto «quasi contemporaneamente alla polizia»
(III, 251, 20 ottobre 1945, p. 2):
Un orrendo delitto, il più atroce forse che gli annali della delinquenza roma-
na abbiano registrato da molti anni a questa parte, è stato compiuto ieri mattina
verso le 9,30-10 in Piazza Vittorio, 70.
La signora Angela Barruca in Belli di Gaetano, di anni 34, e il suo bambino
Gianni di anni due e mezzo sono stati sgozzati nella loro abitazione.
Verso le 10 un cugino della signora avendo intenzione di andarla a trovare,
salì le scale e suonò alla porta più volte, ma nessuno rispose. Stava per tornarsene
indietro, quando inavvertitamente spinse leggermente l’uscio che con suo grande
stupore si aprì.
«Fui subito preso da un angoscioso presentimento – ci ha detto non appena
siamo giunti sul posto, quasi contemporaneamente alla polizia…». Entrò, dun-
que, e chiamò, non ricevendo risposta si inoltrò nella casa. Ma giunto sulla soglia
della camera da pranzo uno spettacolo orrendo si presentò ai suoi occhi. La cu-
gina giaceva supina al suolo con la gola squarciata in un lago di sangue. Urlando
disperatamente il giovane fuggì in cerca di aiuto, ma giunto sulla porta di casa
cadde al suolo svenuto.
Poco dopo il nostro arrivo giungevano sul posto i commissari Ercoli e Luglié
dell’Ufficio Esquilino con alcuni altri agenti che iniziavano subito le prime inda-
gini, mentre arrivavano sul luogo anche il dott. Marrocco, Santillo, il maresciallo
Silio [più avanti Sibio] e il brigadiere Calavita della Squadra Mobile. Siamo riu-
sciti a salire anche noi.
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1
Le citazioni del testo delle due redazioni del Pasticciaccio provengono dall’edizione a
cura di Giorgio Pinotti, in C. E. Gadda, Romanzi e racconti, II, a cura di Giorgio Pinotti,
Dante Isella, Raffaella Rodondi, Milano, Garzanti, 1989. Dove non è diversamente indica-
to, la citazione si intende dalla prima redazione in rivista.
2
III, p. 247. Mi ha segnalato Paolo Di Stefano che del delitto si occupa anche una
recente rassegna di delitti al femminile: Maria Vittoria Giannotti, Cattive. Cento anni di cro-
naca nera al femminile in Italia, Sesto Fiorentino, Editoriale Olimpia, 2007, pp. 49-55, che
per questo caso segue le cronache della «Tribuna del popolo». Per la stampa romana del
periodo vedi Loredana Magnanti, Catalogo dei quotidiani romani dell’Emeroteca dell’Archi-
vio Storico Capitolino, Roma, Fratelli Palombi, 1993; Andrea Sangiovanni, La rinascita della
stampa libera a Roma e le condizioni della città (1944-45), in «Rivista storica del Lazio»,
6, 1997, pp. 205-41; A. Sangiovanni, La stampa romana tra rinascita e disincanto, e Giulia
Albanese, Un laboratorio per la nuova Italia, e l’elenco di Giornali e riviste edite a Roma
nel periodo 6 giugno 1944 – 31 dicembre 1945, in Istituto romano per la storia d’Italia dal
fascismo alla Resistenza, Roma 1944-45: una stagione di speranze, Milano, Angeli, 2005.
3
Nella redazione definitiva cambiano i fattori, ma non la somma finale: «In dieci anni de
matrimonio, a momenti, che, che! manco l’inspirazzione: e aveva sposato a ventuno», p. 124.
368
Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
4
Appena diverso il giorno: venerdì il delitto Barruca, sabato quello di Liliana, ma i
giornali sono di sabato.
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Co’ ‘a gola tutta resecata, tutta tajata da na parte ... Ma vedesse che tajjo,
dottó! … […] Un tajjo! … che manco er beccaio (p. 326);
5
XLIX, n. 247, sabato 20 ott. 1945
6
È un’informazione presente in molti quotidiani e anche in particolare sul «Nuovo
corriere» (di Firenze), I, 120, lunedì 22 ottobre 1945.
7
«Italia Libera», III, 254, 24 ottobre. Si dà il caso che il coltello sia conservato al
Museo Criminologico del Ministero della Giustizia, che ha sede a Roma: vedi http://www.
museocriminologico.it/cataldi.htm, dove se ne può vedere la fotografia.
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Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
Un coltello «affilatissimo» e del tutto assente era il più indiziato d’aver potu-
to lavorare a quel modo. Le gocce, anziché da mano assassina, parevano goccio-
late giù dal coltello... Nere, ora... La inopinata lucentezza, il tagliente e la breve
acuità d’una lama. In lei uno sgomento... Lui, di certo, aveva colpito a un tratto:
e insistito poi nella gola e nella carotide con efferata perizia (pp. 336-37).
«[...] La Virginia», fece Ingràvola col testone sul foglio, co la penna in mano,
«quegli occhi! [...]», e ripensò alla cena di San Francesco, alle perdute gentilezze.
«[…] L’ho vveduti una volta sola, quegli occhî! [...] Ma, se ce penze, ereno d’una
sardegnola di sicuro... Non è che in Sardegna ch’hanno quella luce!.... Un lampo,
uno sguardo!...».
«[...] Come se specchiassero na lama de cortello [...]».
«[...] Un lampo cupo[…]»
«[...] Come se te promettessero ‘n quarche cosa de poco buono, [...] si nun
fai come dicheno loro, [...] che sso pratici [...]» (p. 439)9.
8
Vedi Ferdinando Amigoni, La più semplice macchina. Lettura freudiana del «Pastic-
ciaccio», Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 124-25.
9
In Amigoni, p. 125, è indicata per svista p. 424.
371
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to nel core...». E l’aveva baciata sulla bocca, pe’ fforza [...]. Ma intanto ciaveva
sempre in mano er cortello (p. 405);
[...] quarche mossaccia cor cortello... si stava a ttajà l’arrosto in cucina... Cre-
pa, crepa! diceva: e je sprofondava drento er cortello, ... che ne veniva certe fette
dde fa’ paura... grosse du’ dita, a momenti, e tutte buggerate de punta de cortel-
lo. Vojjo provà come se fa, fijjo de tu madre!, je diceva...Crepa, crepa!... A l’arro-
sto!... E lo strizzava co’ l’antra mano, de ppare’ che voleva suffocarlo (p. 424)
E poi boccacce, e poi mossacce cor cortello, addosso al filetto... der rosbif-
fe,... e crepa! e vojjo vedé come se fa a crepà!... Che Liliana finì pe’ ppessuadesse
ch’era pazza... (p. 431).
10
Vedi pp. 398 e 413.
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in tutta la camera da pranzo, no, nessun indizio... all’infuori del sangue... In giro
pe’ l’altre camere... nemmeno. Salvoché ancora sangue... delle tracce palesi...
nell’acquaio de cucina...: diluito, che pareva quello d’una rana...: e molte gocce
scarlatte, o già nere, sur pavimento, rotonde o radiate come ne fa il sangue a
lassallo gocciolà per terra, come sezioni d’asteroidi [...] Quelle gocciole davan
segno d’un itinerario evidente: dal superstite ingombro del corpo, dalla tepida
testimonianza di lei... morta!... Liliana!... infino all’acquaio de cucina... al gelo e
al lavacro... al gelo che d’ogni memoria ci assolve [...] (pp. 337-38)11.
Era in abito da casa, indossava cioè una vestaglia viola e una sottoveste cele-
ste rialzate fin sulla vita;
e in quello di «Ricostruzione»:
11
Cfr. «Il Giornale del Mattino», I, 235, sabato 20 ottobre 1945: «Il lavabo era in-
sanguinato e il rubinetto dell’acqua aperto»; «Ricostruzione», III, 247, 21 ottobre 1945:
«Una delle due si lavò le mani nel lavabo dello stanzino: Franca invece, che maneggiando
il coltello s’era ferita, corse in cucina lasciando lungo il corridoio la traccia sanguinante
del suo passaggio, ma, pensando che se si fosse lavata nello sciacquatoio avrebbe potuto
essere scorta dalla finestra che dà in cortile, tornò anch’essa nel bagno. Anche sulla parete
maiolicata intorno al lavabo le assassine fecero schizzare del sangue».
373
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12
C.E. Gadda, «Per favore, mi lasci nell’ombra», a cura di Claudio Vela, Milano, Adel-
phi, 1993, pp. 57-58. Vedi anche la lettera a Contini del 29 dicembre 1945: «Bonsanti mi ha
dannato a un “racconto poliziesco”, un giallo che non mi riesce» (C.E. Gadda, Carissimo
Gianfranco, a cura di Giulio Ungarelli, Milano, Archinto, 1998, p. 29).
13
Giorgio Zampa, Come nacque il «Pasticciaccio». I primi passi di Gadda scrittore, in
«Corriere della sera», 29 giugno 1973.
14
Alba Andreini, Studi e testi gaddiani, Palermo, Sellerio, 1988, p. 140; F. Amigoni, La
più semplice macchina, cit., pp. 157-75.
15
G. Zampa, Via Repetti 11. Gadda e Firenze, Gadda a Firenze, in Per Carlo Emilio
Gadda, Atti del Convegno di Studi, Pavia 22-23 novembre 1993, in «Strumenti critici», 75
(maggio 1994), pp. 309-325, alle pp. 320-21.
374
Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
16
Un’ultima conferma; scrivendo ad Anita Fornasini a proposito del Pasticciaccio usci-
to in volume, Gadda dice: «è imperniato sulla mancata maternità della eroina, che viene
trovata uccisa. Si tratta di un avvenimento reale, di un fatto accaduto a Roma nel dopoguer-
ra (1945, credo), che non ha nulla a che vedere con altri casi» (lettera del 26 luglio 1957, cit.
da Gian Carlo Roscioni, Il Duca di Sant’Aquila, Milano, Mondadori, 1997, p. 280).
17
Vedi «La Nazione del popolo», ed. del pomeriggio, II, 281, sabato 20 ottobre 1945; e
n. 285, mercoledì 24 ottobre 1945; per il «Nuovo corriere» v. qui la nota 7. Non ho potuto
consultare «La Patria. Quotidiano per l’esercito», ed. dell’Italia centrale (su cui Gadda ha
pubblicato un articolo: vedi il n. 1945, 9 bis, nella Bibliografia a cura di Dante Isella nel vol.
V delle Opere, Milano, Garzanti, 1992; l’esemplare della Bibl. Nazionale di Firenze risulta
per ora irreperibile; il giornale è pubblicato a Roma, diversamente da quanto indicato nella
Bibliografia, dall’Ufficio stampa del Ministero della Guerra; l’indirizzo e il nome di riferi-
mento, «Colonnello Ugo Maraldi» «Amico di Antonio Baldini», sono segnati nell’agenda
di Gadda che cito alla nota 28); a Firenze con lo stesso titolo principale («La Patria. Quo-
tidiano indipendente») esce il quotidiano liberale diretto da Alberto Giovannini, ma inizia
il 24 ottobre 1945 e non riporta articoli sull’omicidio Barruca.
18
Quando era a Roma, tra ’44 e ’45, con ogni probabilità Gadda leggeva «Risorgi-
mento liberale», di cui in Eros e Priapo cita «un incantevole elzeviro» di Antonio Baldini:
vedi Saggi giornali favole, II, a cura di Claudio Vela, Gianmarco Gaspari, Giorgio Pinotti,
375
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Franco Gavazzeni, Dante Isella, Maria Antonietta Terzoli, Milano, Garzanti, 1992, pp.
275 e 1059.
19
Si vedano le osservazioni di Raffaella Rodondi nella nota al testo ad Accoppiamen-
ti giudiziosi, in C.E. Gadda, Romanzi e racconti, II, p. 1271; e l’ottima ricostruzione di
Donatella Martinelli, Il «bel ragnatelo». Cronistoria della bancarotta dell’«Adalgisa», in «I
Quaderni dell’ingegnere», 4 (2006), pp. 249-85.
20
Vedi Il Pasticciaccio (I viaggi la morte), in C.E. Gadda, Saggi giornali favole, I, a cura
di Liliana Orlando, Clelia Martignoni, Dante Isella, Milano, Garzanti, 1991, a p. 507.
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Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
La insospettata ferocia delle cose [...] le si rivelava d’un subito [...] brevi
anni! [...] una dolciastra, una tepida sapidità della notte [...] (p. 337);
oppure:
Ci sono dei torbidi attimi nel lento gocciolare delle ore... delle ore di puber-
tà... Il male affiora a schegge, imprevisto... orribili schegge... da sotto la coltre...
la pelle delle chiacchiere: un bel diploma di ragioniere,... di dottore:... da sotto
la coltre delle decenti parvenze... Come il sasso, affiora, che nemmeno si vede:
come la buia carne della montagna... in un prato... (p. 349).
21
Vedi la «Parte prima» di Federico Bertoni, La verità sospetta. Gadda e l’invenzione
della realtà, Torino, Einaudi, 2001.
377
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Non sono, non riesco ad essere, un lavoratore normale, uno scrittore «equi-
librato»: e tanto meno uno scrittore su misura. Il cosiddetto «uomo normale» è
un groppo, o gomitolo o groviglio o garbuglio, di indecifrate (da lui medesimo)
nevrosi, talmente incavestrate (enchevêtrées), talmente inscatolate (emboîtées) le
une dentro l’altre, da dar coàgulo finalmente d’un ciottolo, d’un cervello infran-
gibile: sasso-cervello o sasso-idolo: documento probante, il migliore che si possa
avere, dell’esistenza della normalità: da fornire a’ miei babbioni ottimisti, idolatri
della norma, tutte le conferme e le consolazioni di cui vanno in cerca, non una
tralasciata […].
In realtà la differenza tra il normale e lo anormale è questa qui: questa sola:
che il normale non ha coscienza, non ha nemmeno il sospetto metafisico, de’ suoi
stati nevrotici o paranevrotici... non ha dunque, né può avere, coscienza veruna
del contenuto (fessissimo) delle sue nevrosi, le sue bambinesche certezze lo im-
munizzano dal mortifero pericolo d’ogni incertezza: da ogni conato d’evasione,
da ogni tentazione d’apertura di rapporti con la tenebra, con l’ignoto infinito:
mentre lo anomalo raggiunge, qualche volta, una discretamente chiara intelli-
genza degli atti e delle cause, origini, forma prima, sviluppo, sclerotizzazione
postrema, e cessazione con la sua propria morte delle sue proprie nevrosi22.
22
Vedi I viaggi la morte, in Saggi giornali favole, I, pp. 440-41.
23
Cfr. la Prefazione di Isella a C.E. Gadda, Racconto italiano di ignoto del novecento, a
cura di Dante Isella, Torino, Einaudi, 1983 (poi in I Lombardi in rivolta, Torino, Einaudi,
1984, pp. 276 sgg.); Guido Lucchini, L’istinto della combinazione. Le origini del romanzo
in Carlo Emilio Gadda, Firenze, La Nuova Italia, 1988, pp. 13-54; e Gli studi filosofici di
Carlo Emilio Gadda (1924-1929), in Per Carlo Emilio Gadda, pp. 223-245. Vedi anche Elio
Gioanola, Carlo Emilio Gadda. Topazi e altre gioie familiari, Milano, Jaka Book, 2004, pp.
150-51.
24
Su questo vedi anche le considerazioni di Gioanola, pp. 344-45 (e pp. 143-44).
378
Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
E poco oltre:
Il recente processo del giovine Pettine alle Assise di Milano può offrire uno
spunto quasi shakespeariano, sia in sé stesso, sia nelle possibili deformazioni
[…]. Dai resoconti dei giornali io non ho potuto farmi un’idea profonda della
verità. Ma ho l’impressione che una eccessiva durezza di giudizio ha colpito lo
sciagurato […].
Sento questo.
La questione si è storicamente complicata con l’aria di rigore morale (scuola
classica, responsabilità integrale, ecc.) che tira di questi tempi, i quali sono pro-
fondamente corrotti sotto tutti gli aspetti, e vogliono parer santi, puri, rigorosi,
ecc. – Anche ciò complica shakespearianamente la già complessa trama della
sciagura.
25
C.E. Gadda, Scritti vari e postumi, a cura di Andrea Silvestri, Claudio Vela, Dante
Isella, Paola Italia, Giorgio Pinotti, Milano, Garzanti, 1993, pp. 405 e 407 (corsivi di Gad-
da); vedi anche un passo intermedio: «In sostanza io voglio affermare che anche le azioni
immorali e criminali rientrano nella legge universale e mi afferro più che al determinismo-
eredità (Lombroso, neurologia, psicologia sperimentale, studî biologici) alla mia idea della
combinazione-possibilità» (p. 406). Vedi anche Isella, Prefazione a Racconto italiano, pp.
XIV-XV (285-86).
26
Ivi, p. 463, con l’aggiunta in nota: «Se non fosse possibile agli onesti p. e. rappresen-
tarsi un delitto “ab interiore”, cioè entrando nell’animo del delinquente, l’arte è inutile che
stesse a perderci tempo intorno».
379
Giorgio Panizza
Noi vivamo una vita fittizia e strana, oggi in Italia, dopo il 1923-24 [...].
Non può darsi che il trauma morale inerente alla tragica scena, abbia scon-
volto la sua anima già debole, tarata, malata?
«Demenza» non vuol dire soltanto lingua spiovente, andatura da paralitico,
discorso da cretino. Si può essere dementi nelle facoltà superiori, conservando
larghe possibilità fisiche, fisiologiche e locomotorie [...].
È veramente shakespeariana la confluenza storica di circostanza diverse ed
estranee nel determinare la sorte giudiziaria del giovane mostruoso [...]27.
27
Romanzi e racconti, II, pp. 1314-17 (corsivi di Gadda).
28
Milano, Biblioteca Trivulziana, Archivio Garzanti, Quaderno IA, p. 12: «Regia Que-
stura Permessi viaggio Via Santo Stefano del Cacco 55». Pur nel suo carattere di nudo
elenco, con i numeri alla Gadda ossessivamente ripetuti, la serie di indirizzi è molto in-
teressante, è la fotografia di un mondo di relazioni; segnalo tra gli altri, a p. 14: «56. Per
psicanalisi e medicina. 863.504 / Dott. Nicola Perrotti Accogliente colto / Telefonare 14.30
Corso Trieste N.° 146 / Telefono 863.504 Presentato da De Benedetti» (il ms. è descritto
da Paola Italia, Il Fondo «C. E. Gadda» dell’Archivio Garzanti (4), «I quaderni dell’inge-
gnere», 4 (2006), pp. 329-31).
29
Un’opinione sul neorealismo (I viaggi la morte), in C.E. Gadda, Saggi giornali favole,
I, p. 629.
380
Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
nella Roma del 1927: quando Gadda era un più stabile, meno for-
tunoso residente nella capitale, ma quando soprattutto dominava
il Mascellone. Che l’urgenza espressiva del ’45-’46 riguardi la per-
sonale ansia liberatoria contro Mussolini e il disastro dell’abbaglio
proprio e collettivo è chiaro e lo dimostra Eros e Priapo, un libro
però dai tratti abnormi, del quale un Gadda dominato dalle Furie
ha come perso il controllo e che di fatto pubblicherà molto più
tardi, inabile a resistere alla pressione degli editori30. Mentre è nel
Pasticciaccio che le ragioni e irragioni di fondo che avevano mosso
il «libello» trovano un esito ben più controllato. Non importano
tanto i vari tratti di sarcasmo e di polemica esplicita (oltre alle
varie connessioni intertestuali), quanto il fatto che nel romanzo si
viene «a mano a mano a raggiungere» quella «disperata conoscen-
za» che era il proposito di Eros e Priapo, la conoscenza di «que’
modi e que’ procedimenti oscuri, o alquanto aggrovigliati e intor-
ti, dell’essere», del «putrido lezzo» che «redole, su dal calderone
della istoria»; nel romanzo si percorrono gli «oscuri cammini»,
che «più degli stati erotici coscienti» seguono «il filo ariadneo de’
latenti»:
30
Vedi la nota al testo di Giorgio Pinotti in Saggi giornali favole, II, pp. 993-1023.
31
Eros e Priapo, in Saggi giornali favole, II, pp. 236-37; le citazioni precedenti e le
seguenti (sui «bugiardi clamori» ecc.) alle pp. 230-31. E si veda anche il passo ben noto
alle pp. 244 ss.: «“La causale del delitto”, cioè i torbidi moventi che hanno costituito per
la banda euforica l’impulso primo verso una serie di azioni criminali, è una causale non
esclusivamente ma prevalentemente “erotica” (nel senso lato che, come avrete avvertito,
io conferisco al vocabolo) nel suo complesso: segna il prevalere di un cupo e scempio Eros
sui motivi di Logos».
32
La «diffusa “erotia” della vita» anche in Eros e Priapo, p. 240.
381
Giorgio Panizza
La mattina dopo i giornali diedero notizia del fatto. Era de domenica. I cro-
nisti e il telefono avevene rotto l’anima tutta ‘a sera: tanto a via Merulana che giù,
a Sante Stefene. Sicché, ‘a mattina, un subisso. «Orribile delitto a via Merulana»
[che è, sia detto per inciso, il titolo de «Il Giornale del Mattino» di sabato 20
ottobre 1945: Orribile delitto a Piazza Vittorio] […]. Dentro, un titolo in neretto
su due colonne: ma, poi, sobrio e arquanto distaccato il referto […]. Ereno pas-
sati i bei tempi… che per un pizzicotto in der panettone a na serva, ar giardino
zoologico,… c’era na brodata de mezza pagina. La moralizzazione dell’Urbe e de
tutt’Italia inzieme, er concetto d’una maggiore austerità civile, si apriva allora la
strada… Seppuò dì, anzi, che procedeva a gran passi… Delitti e storie sporche
ereno scappati via pe ssempre de la terra d’Ausonia, come ‘n brutto inzogno che
se la squajja […]. Relitti d’un epoca andata […]. Il coltello, in quegli anni… pa-
reva davvero che fusse sparito di scena pe’ nun tornacce più (pp. 345-46).
33
Eros e Priapo, pp. 343-44 e 1011.
382
Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
34
Romanzi e racconti, II, p. 1315. Un altro segnale di insofferenza precoce mi pare la
nota critica in difesa dell’avvocato di Pettine, Genunzio Bentini, contro l’intervento parla-
mentare di Angelo Manaresi: v. p. 1316 (l’articolo del «Corriere della Sera» cui si rifà Gad-
da per Manaresi è riportato da Piero Gelli nella sua edizione di Novella seconda, Milano,
Garzanti, 1971, p. 162). E a proposito della mistificazione fascista, applicata di nuovo a
reati sessuali particolarmente torbidi, si veda la lunga nota del primo Pasticciaccio sul caso
Girolimoni (pp. 364-65).
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Giorgio Panizza
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«Mio desiderio di essere romanzesco, interessante, Dumas, Conandoyliano: non nel
senso istrionico (Ponson du Terrail) ma con un fare intimo e logico. Orgasmo inespresso
emanante dal racconto. Piuttosto Conan Doyle, ricostruttore logico. / Differire però da lui
perché ormai il pubblico lo sa a memoria e non ci si diverte più. – In tal caso non basta
lo schema tragico del processo Pettine puro e semplice. Occorre complicarla romanze-
scamente. / In questa novella io voglio movimento romanzesco, scherlokholmesismo, per
diverse ragioni / [...] Dunque: complicazione del tema [...]» (Romanzi e racconti, II, pp.
1317-18).
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Incantagione e paura, in Saggi giornali favole, I, p. 1214.
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Per un’eccezione vedi «Il Tempo», II, n. 249, 21 ottobre 1945.
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Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
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Che è probabilmente un campo profughi a Cesano, come dicono quasi tutti i giornali
(prendono la corriera a Piazza Risorgimento).
385
Giorgio Panizza
Poco prima della scoperta del delitto, una donna che stava facendo la puli-
zia delle scale ci ha dichiarato di averle viste uscire appunto dall’appartamento
dell’uccisa con in mano una valigia che prima non avevano39.
e lei [la «pupa» figlia dei Felicetti «ch’era salita dai Bottafavi»] co na vocina da
tontarella confermò ch’era vero, ch’aveva incontrato solo du’ donne, che discen-
neveno le scale. Aveveno du sporte, una per una, come ppe fà le compere […]
«Ma pareveno de campagna», soggiunse la Pettacchioni di sua scienza (p. 330);
«No, nun so’ stata io!». Il grido incredibile bloccò il furore dell’ossesso. Egli
non intese, là pe llà, ciò che la sua anima era in procinto d’intendere (p. 276).
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V. rispettivamente «Risorgimento liberale», III, 248, sabato 20 ottobre 1945, e «Italia
Libera», III, 251, 20 ottobre 1945 (espressione quasi identica su «La Nazione del popolo»,
ed. del pomeriggio cit. del 20 ottobre 1945).
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Da due sorelle a due cugine: alle origini del «Pasticciaccio»
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