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33 | 2003
No global in Italia: identità, opposizione, progetto
la società italiana / No global in Italia: identità, opposizione, progetto
Full text
1 Una forte ambivalenza sembra caratterizzare le interpretazioni del movimento
anarchico. Da un canto l’anarchismo viene studiato come un filone di pensiero
politico i cui esponenti hanno dato un contributo importante nella riflessione sulle
categorie e forme politiche occidentali; dall’altro, nel suo attuale sviluppo come
movimento, viene accusato quale minaccia alla democrazia e al modo di vita pacifico
e ordinato raggiunto dalle nostre società.
2 La considerazione del movimento anarchico viene, poi, resa ancora più vaga e più
confusa da imputazioni giudiziarie circa la matrice cosiddetta «anarchico-
insurrezionalista» di una serie di attentati terroristi. La mancata rivendicazione di un
qualsiasi attentato fa facilmente avanzare l’ipotesi dell’origine anarchica,
riconducendo all’anarchismo molti episodi di violenza. Malgrado questi problemi
interpretativi e la difficoltà di contattare a fini di ricerca esponenti anarchici che,
come ho accennato altrove1, dimostrano una forte diffidenza e spesso anche un
rifiuto nei confronti del mondo accademico e della stampa, non si può ignorare il
rilievo rivestito dal movimento anarchico, quale parte integrante sia della storia
europea, che dell’attuale opposizione noglobal. Gli anarchici noglobal e i Black Bloc,
non solo costituiscono – almeno sul piano dell’azione – un segmento non
trascurabile del movimento dei movimenti2, ma sono anche gli eredi di una
tradizione storico-politica che, soprattutto per quanto riguarda le sue forme
organizzative, ha fortemente influito sulle modalità relazionali e sulle tecniche
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2. I Black Bloc
6 I Black Bloc costituiscono nel già molto variegato mondo anarchico una realtà
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difficilmente definibile nella sua identità e nei suoi rapporti sia con i noglobal che
con gli stessi anarchici. Se lo Schwarze Block (Blocco nero) nasce con gli autonomi
tedeschi degli anni 80, quando gruppi di giovani dichiarano la guerra al capitalismo e
alle istituzioni politiche per conseguire un cambiamento radicale nella società5, le
radici ideologiche della rivolta anarchica violenta sono da ricercarsi
nell’individualismo anarchico, ispirato teoricamente alle opere di Nietzsche e di
Stirner, nella pratica del terrorismo anarchico della fine ottocento e, più
recentemente, nel situazionismo. Quest’ultimo anticipa quasi tutti gli elementi e i
topoi estetico-politici della provocazione dei ʄʄ contemporanei: il gesto distruttivo
della proprietà e dei simboli capitalisti è al centro della concezione «poetica» e
politica dei situazionisti degli anni settanta. Basti paragonare il loro linguaggio con
quello dei ʄʄ. «Avete già provato il desiderio di bruciare un’organizzione
commerciale di distribuzione? In questo caso avete capito che ... l’incendio di un
grande magazzino non è un atto terrorista. In effetti, poiché la merce è concepita per
distruggersi da se stessa e venir rimpiazzata, l’incendio non distrugge il sistema
mercantile ma vi partecipa solo con un poco di brutalità in più ... bisogna distruggere
totalmente per costruire l’autogestione generalizzata»6 afferma Ratgeb 30 anni
prima che un ʄʄ asserisca che «L’incendio di un grande magazzino non è un atto
terrorista. In effetti, poiché la merce è concepita per distruggersi da se stessa e venire
rimpiazzata, l’incendio non distrugge il sistema mercantile, ma vi partecipa»7.
7 Comune ai situazionisti e ai ʄʄ è l’esaltazione dell’aspetto ludico ed estetico della
partecipazione politica, che si concretizza nell’intera vita del giovane ribelle. Gli altri
partiti e i movimenti non vengono criticati perché inefficaci o perché fingono di
opporsi al sistema capitalista senza uscirne, ma soprattutto perché propugnano un
modello di «politica» separato dalla vita e dall’arte. Se il situazionismo affermava che
«Bisogna che la parte ludica imprigionata e ingoiata nella politica si liberi nel gioco
dei rapporti tra gli individui e tra i gruppi di affinità, attraverso relazioni equilibrate
ed armoniose di accordi e di contrasti»8, non diversamente declama il Blocco Nero:
«I Black Bloc non sono dei militanti politici. I Black Bloc nella loro azione politica
prediligono l’estemporaneità, la contingenza e la mobilità»9. Politica e vita non
devono essere separate, anzi la politica non deve assorbire la vita, poichè «la politica
è la sfera pubblica della vita. La politica è la vita assieme. La vita comprende la
politica, non si fa prendere da essa»10. Diversamente da altri settori anarchici i ʄʄ
non si sottraggono alla spettacolarizzazione mass-mediatica, ma cercano di attirare i
mezzi di comunicazione e le forze dell’ordine in un vero e proprio gioco pericoloso in
cui «La violenza che esercitiamo sui simboli del potere globale dà visibilità alla
nostra sacrosanta protesta»11.
8 Una differenza sostanziale tra i situazionisti e i ʄʄ è il carattere meno «ideologico»
di questi ultimi: mentre i primi sono attenti a non agire autonomamente, ma a
rispettare una «linea tattica» che conduca allo sciopero selvaggio e all’esproprio
collettivo12, i ʄʄ rifiutano sia l’appartenenza politica, che qualsiasi piano di
realizzazione di un modello futuro. In effetti, si autodefiniscono come una riunione
temporanea di anarchici che rappresenta un contingente in una marcia di protesta13.
Il Blocco Nero è pertanto una tattica per alcuni aspetti simile alla disobbedienza
civile. In particolare le tecniche usate sono unarresting – la formazione di un gruppo
compatto per evitare di essere arrestati o per liberare un compagno preso dalla
polizia – e arm-linking o muro di braccia – tattica di formazione di blocchi fermi
davanti alla polizia. In questo senso, come afferma uno dei suoi più famosi esponenti,
Chuck Munson, i ʄʄ non si considerano l’avanguadia di qualcosa, ma vogliono
dimostrare la loro personale libertà e rabbia14.
9 La distanza da qualsiasi movimento politico, persino da quelli di sinistra e in taluni
casi dall’anarchismo, proviene dalla storia recente dei ʄʄ, formatisi attorno a
comunità abitative autogestite (squatters) e a centri sociali radicali, infoshops15,
librerie, coffehouses, bar, gallerie d’arte16. Le loro radici sono varie: dal punk-rock
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5. La società anarchica
30 La lotta anarchica è finalizzata, come si è visto, non tanto alla realizzazione di un
progetto futuro definito, bensì alla liberazione delle energie e delle capacità
individuali, che costituirebbero un mondo futuro in cui modelli di vita diversi
potrebbero coesistere. Tale visione del possibile futuro anarchico è resa ancora più
complessa dall’accezione che i vari gruppi di affinità danno dell’anarchia. Se tutti i ʄʄ
rifiutano una visione unica della futura società anarchica, alcuni di essi non
considerano nemmeno possibile un’alternativa radicale all’attuale organizzazione
della vita politica ed economica, e cioè allo stato e al capitalismo51. La divaricazione
tra il constante sforzo dell’anarchismo classico e dei suoi attuali propulsori (ʈʃʋ,
Sindacati di base e anarco-comunismo) di educare e convincere le masse a insorgere
per la loro liberazione e, d’altro canto, la visione nichilista dei ʄʄ, la cui azione si
esaurisce spesso nel gesto simbolico ed espressivo, potrebbe mettere in discussione
l’appartenenza di questi all’anarchismo. Come afferma Albertani «un ʄʄ può essere
anarchico, ma non necessariamente un anarchico condividerà le azioni dei ʄʄ»52.
31 È utile, allora, individuare delle linee teoriche comuni a tutti i gruppi di tale area
anarchica sulle quali si svilupperebbe la futura società ideale. In genere gli anarchici
ritengono che la fine del dominio del modello industriale e dell’ideale di progresso
condurrà ad una «società improduttiva», in cui convivranno diversi modelli di
organizzazione sociale e le relazioni gerarchiche di potere verranno sostituite con
rapporti orizzontali e fondati sullo scambio di idee e sulla partecipazione53. Tale
visione si contrappone palesemente ai modi di vita e di organizzazione politica ed
economica attualmente esistenti, poiché l’ordine e l’organizzazione sociale sono
possibili senza stato, senza istituzioni giuridiche e senza mercato. Con lo stato,
vengono ritenute inadeguate anche tutte le forme di giustizia, che non siano
direttamente amministrate dal popolo – per questo aspetto la riflessione anarchica
classica si arricchisce, tra l’altro, di riferimenti al modello zapatista. Delle
associazioni libere, autorganizzate, autogestite e fondate sul mutuo appoggio54, e cioè
sulla forma di solidarietà spontanea delle classi lavoratrici, daranno l’assetto alla
società anarchica. Tali organizzazioni avranno una strutturazione molto leggera e
non gerarchica, in quanto la rappresentanza è scartata a favore di un modello di
democrazia diretta in cui, tuttalpiù, si fa uso della delega con mandato imperativo55.
Nemmeno il metodo consensuale è accettato dall’anarchismo «classico»: il principio
per le decisioni è quello di «un uomo, un voto» e viene favorito «il continuo
dissenso» e la contrapposizione di posizioni. Le unità di base sono poi associate in
federazioni, che elaborano decisioni sempre in base alla delega con mandato
imperativo, funzionando come collettivi a più livelli56.
32 Tali associazioni saranno economiche – associazioni di lavoratori, organizzate in
federazioni regionali, nazionali, internazionali – e sociali – le comuni57. In tale
prospettiva, le strutture economiche non trainano l’intera organizzazione sociale e
politica, ma sono strettamente connesse alle istituzioni politiche, in parte
coincidendo con esse. La «società di eguali» degli anarchici prevede sia la proprietà
da parte dei lavoratori dei mezzi di produzione, che l’autogestione degli organismi
economici e sociali in funzione del benessere di tutti – e non solo della classe
lavoratrice58.
33 Anche in questo caso la teoria anarchica, che si è tratteggiata molto sinteticamente
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6. Conclusioni
35 Il movimento anarchico sfrutta oggi un innegabile vantaggio: quello di aver
preconizzato la protesta radicale di molti giovani già in periodi in cui la conciliazione
sociale e la collaborazione fra sindacati e imprese sembrava aver fatto declinare i
progetti radicalmente alternativi di ordine sociale. Inoltre, l’anarchismo ha una
struttura tradizionalmente flessibile e decentrata che ben si adatta ai tipi di
comunicazione politica sviluppatasi attualmente con l’utilizzo della rete in tutti gli
ambiti, da quelli di intrattenimento a quelli di partecipazione politica62. Le affinità
fra gli hacker e gli anarchici, se non la coappartenenza di alcuni ad entrambi i gruppi,
mostrano con evidenza che la rete si presta ad essere usata facilmente in modo
anarchico, poichè privilegia le comunicazioni orizzontali, informali e anonime, così
come la creazione di piccoli gruppi, vincolati solo da obiettivi a breve scadenza e da
rapporti di affinità.
36 Per quanto riguarda il loro rapporto con altri movimenti, i gruppi anarchici, pur
essendo in qualche modo precursori di alcune forme organizzative, non si situano
all’interno dei recenti movimenti noglobal, facendone parte solo parzialmente e con
molte riserve. Questa distanza è presente sia nei gruppi anarchici legati a
organizzazioni strutturate, come i sindacati anarchici, la ʈʃʋ, la Federazione dei
comunisti anarchici italiana, che nei ʄʄ e nei centri sociali anarchici63. Nel caso dei
ʄʄ è stato lo stesso movimento a porre le distanze con i «violenti» dopo gli episodi di
Genova – ma si potrebbe dire che la natura episodica e la mancanza di progettualità
del ʄʄ rendevano difficile la loro integrazione nei noglobal.
37 Nel caso dell’arcipelago anarchico, le difficoltà di «essere interni» al movimento
provengono da caratteri peculiari della loro identità, che riguardano sia delle
questioni strutturali e storiche, che delle differenze nei contenuti e nei temi. In
particolare la tradizione storica di indipendenza e di estraneità a tutti i partiti politici
e i movimenti, rende gli anarchici tradizionalmente sospettosi nei confronti di
qualsiasi operazione di «fusione» e di coappartenenza. Inoltre, il rifiuto di dirigere le
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Notes
1 Chiantera-Stutte P., Anarchici no-global e Black Bloc: due diverse espressioni
dell’anarchismo o due movimenti?, in Ceri P. (a cura di), La democrazia dei movimenti. Come
decidono i noglobal, Rubettino, Soveria Mannelli, 2003, pp. 133-168.
2 Dai dati del Genoa Social forum ben il 23% si riconosce negli anarchici (Andreatta M., Mosca
L., Il movimento no global: chi sono i protagonisti delle giornate di Genova?, «Il Mulino», n.
5, 2001).
3 L’organizzazione di sintesi, come la ʈʃʋ, la federazione anarchica francese e quella britannica,
è più attenta a mantenere la maggiore libertà possibile delle componenti interne e riunisce
insieme tutti gli anarchici su un numero minimo di positioni comuni per ottenere una certa
unità tattica e ideologica; la piattaforma, presente in italia con la Federazione dei comunisti
anarchici italiana, e all’estero con il Workers solidarity movement irlandese; l’Anarchist
Communist Federation britannica, l’Alternative libertaire francese, l’organizzazione socialista
libertaria svizzera, il Workers solidarity federation africano, ha le sue radici nella piattaforma
organizzativa dei comunisti libertari (1926), che, basata su idee comuniste anarchiche,
riconosce nel sindacalismo il metodo principale di lotta sociale. L’ultimo modello di
organizzazione anarchica è quella dei gruppi di lotta di classe, che si pongono il fine della
resistenza collettiva della classe lavoratrice contro il capitalismo riformista. Tale resistenza si
concretizza nel cambiamento degli stili di vita e nella formazione di cooperative. Tale modello
è a metà tra la sintesi e la piattaforma. Per una spiegazione della differenza fra organizzazione
di sintesi, piattaforma e gruppi di lotta di classe si rinvia a Chiantera-Stutte P., Anarchici ...,
cit.
4 Vedi fra gli altri: Chomsky N., Herman E.S., La fabbrica del consenso, Marco Tropea,
Milano, 1998.
5 Si rimanda per una definizione più completa e per la storia dei ʄʄ a Young Daniel D.,
Autonomia and the origins of Black bloc, «Ainfos», 10-12-2001, in: http://www.ainfos.ca/
sugli autonomi cfr. Katsiaficas G., The Subversion of Politics: European Autonomous Social
Movements And The Decolonization of Everyday Life, Humanities Press International, New
Jersey, 1997 e infine Chiantera-Stutte P., Anarchici ..., cit.
6 Ratgeb, Contributi alla lotta rivoluzionaria destinati ad essere discussi, corretti e
principalmente messi in pratica senza perder tempo, in Ratgeb et al., Limiti e prospettive del
situazionismo, Ed. Anarchismo, Catania, 1989, p. 14.
7 ʃʘ. ʘʘ. , Io sono un Black bloc. Teoria e pratica della sovversione, Deriveapprodi, Roma,
2002, p. 7.
8 Ratgeb, Contributi alla lotta ..., cit., p. 28.
9 ʃʘ. ʘʘ. , Io sono ... , cit., p.82.
10 Idem. Questa estetizzazione della politica ricorda le esperienze avanguardistiche di inizio
novecento, soprattutto il movimento di Papini e Prezzolini, che si ispirarono in parte
all’anarchismo individualista. Per la tensione etica della protesta del movimento vedi Ceri P.,
Movimenti globali, Roma, Laterza, 2002, p. 34 ss.
11 ʃʘ. ʘʘ. , Io sono ..., cit., p. 23.
12 Ratgeb, Contributi alla lotta ..., cit., p. 51.
13 Cfr. il sito sui ʄʄ in http://www.infoshop.org/blackbloc_faq.html [link non raggiungibile :
10/01/2017]
14 Munson C., A few notes about the RACB, in http://dc.indymedia.org/newswire
/display/3893 [link non raggiungibile : 10/01/2017].
15 «Un infoshop è un incrocio tra una libreria radicale e un archivio del movimento. Gli
attivisti ci vanno per leggere o comprare pubblicazioni del movimento, per trovare attrezzatura
come etichette adesive, maschere e bombolette spray; per fare riunioni, leggere o guardare
film o anche solo per vedersi» (ʃʘ. ʘʘ. , Bloc Book. Cosa pensano le tute nere,
Stampalternativa, Roma, 2001, p. 14).
16 Cfr. Grispigni M., La città senza luoghi, Costa and Nolan, Milano, 1997; Katsiaficas G., The
subversion of politics ..., cit.; Albertani C., Paint it black, agosto-sett. 2001, ora in «Les temps
maudits» 12, genn. /apr. 2002, in http://bibliolib.net/Black-bloc2.htm [link non
raggiungibile : 10/01/2017].
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Ai margini del movimento. Le individualità anarchiche noglobal e il m... https://journals.openedition.org/qds/1160?lang=en
17 Munson C., Eugene, Oragon, Idealism fuels anarchists’ battles, «Ainfos», 15 agosto 2000,
in http://www.ainfos.ca/00/aug/ainfos00168.html.
18 Severino, The Black Bloc is Outrunning its Effectiveness, Barricada collective ʐʇʈʃʅ-
Boston, in http://www.ainfos.ca/.
19 ʃʘ. ʘʘ. , Io sono ..., cit., p. 25.
20 Kopkind rintraccia le origini dei Black Bloc americani nella rivolta di Los Angeles, allorché
alla fine di aprile 1992, quattro politizotti bianchi responsabili della morte di un automobilista
nero, Rodney King, furono assolti (Kopkind A., «L’America di domani nel presente assediato
di L. A.» Los Angeles No justice, no peace, Manifestolibri, Roma, 1992).
21 Bianconi G., Black Bloc. Due chiacchiere con loro, «Corriere della Sera», 17 luglio 2002.
22 Commissione globalaffairs della Federazione Anarchica Italiana, Gli anarchici contro il G8,
«Umanità Nova», n.21 del 10 giugno 2001.
23 Circolo Freccia nera, Collettivo liberazione animale, Individualità anarchiche, ʈʃʋ Bergamo,
Introduzione a: BlacK Book. Materiale vario raccolto sui Black Bloc, Genova 19-20-21 luglio
2001, Circolo Freccia Nera (a cura di), Bergamo, 21 agosto 2001, in Stara P., Anarchici italiani
e movimento no-global, «Collegamenti Wobbly», ottobre, 2, 2003, pp. 74-75.
24 Stara P., Anarchici ..., cit., p. 75.
25 Il nucleo di Anarchici contro i G8 nacque a febbraio 2001 con l’incontro del Coordinamento
anarchico genovese, il centro sociale Pinelli di Genova e il coordinamento anarchico ligure-
piemontese, composto da ʈʃʋ ligura e piemontese.
26 Idem, p. 78.
27 Le proposte degli Anarchici contro i G8 furono: la partecipazione alla Manifestazione
contro i G8 il 9 giugno; la partecipazione corteo migranti 19 luglio; l’indizione e la
partecipazione a sciopero il 20 luglio e la partecipazione al corteo 21 luglio.
28 Cfr. Qualche nostra riflessione sulle giornate di Genova, 22 luglio 2001 in
www.ecn.org/elpaso [link non raggiungibile : 10/01/2017], ora in Stara P., Anarchici italiani
..., cit., pp. 79-80.
29 Comunicato stampa sulle giornate genovesi del Coordinamento anarchico geneovese e del
ʅʕʑʃ Pinelli, ivi, p. 82.
30 CdC ʈʃʋ, Stato assassino, comunicato stampa, «Umanità Nova», 28, 5 agosto 2001, ora in
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2001/un28/art1760.html.
31 Vaccaro S., Io che non ho visto Genova, «Libertaria», 4, 2001. Cfr. anche Imperato T.,
Basta coi piagnistei, «A», 178, Feb. 2002, in http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista
/278/40.htm [link non raggiungibile : 10/01/2017]; Berti F., Talebani anarchici? No grazie,
«A», 280, apr. 2002, ora in http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/280/37.htm. «Non è
comprensibile come si possa giustificare, se non addirittura sostenere, una prassi che è gia
stata così infruttuosa e tragica proprio per i movimenti di opposizione e che quando riproposta
favorisce lo sviluppo degli stessi meccanismi di repressione così infelicemente sperimentati in
passato. L’utilizzo della violenza è ingiustificato e inaccettabile in modo particolare quando si
presenta come atto autoritario nei confronti di tutti coloro che, non praticandola né
condividendola, ne subiscono comunque gli esiti fisici e politici. L’uso della violenza, in
particolare durante le manifestazioni, rende indefinite le responsabilità e indirizza l’esito della
protesta imponendone il livello di confronto». Così scrive Adriano Paolella in «A» nell’ottobre
del 2001 in Anarchici, Black Bloc e movimento antiglobalizzazione (anno 31, n. 275, ora in
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/275/12.htm).
32 Cfr. Stara P., Anarchici italiani ..., cit.; Federazione anarchica di Reggio Emilia- ʈʃʋ, L’Area
Libertaria, Comitati di Base, Ad Ovest di Porto Alegre, «Umanità nova», 10, 17 marzo 2002,
ora in http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2002/un10/art2098. html; Alcuni
anarchici roveretani, Vertici e controvertici, «Contropotere», a.2, n.15, 2003, pp. 2-5.
33 Alcuni anarchici roveretani, Vertici e ... cit. Cfr. anche Stara P., Anarchici italiani ..., cit.;
Matteo M., Anarchici no-global. Parabola di un movimento, Comunicato della Commissione
di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana del 25 luglio 2001 Gruppo di lavoro
no-global della ʈʃʋ Inserto del n. 37 del 10 novembre 2002 di «Umanità Nova», settimanale
anarchico, ora in http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2002/un37/art2425.html [link
non raggiungibile : 10/01/2017].
34 Vaccaro S., Le sirene del riformismo, «Umanità nova», 5, 10 Feb. 2002, ora in:
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2002/un05/art2030.html e L’autobus no global,
ivi, 14, 21 aprile 2002 in http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2002
/un14/art2142.html; Martina Guerrini, ʈʕʏ di Porto Alegre: tutto da buttare?, «Comunismo
libertario», apr.- maggio 2002, 53, ora in: http://comunismolibertario.firenze.net/[link non
raggiungibile: 10/01/2017].
35 ʈʃʋ, Congresso della ʈʃʋ, Mazioni/1, Imola del 4-6 gennaio 2004, Analisi della situazione
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Ai margini del movimento. Le individualità anarchiche noglobal e il m... https://journals.openedition.org/qds/1160?lang=en
non credono in Dio ... a quanto mi risulta non è mai esistita una società senza Stato. Né credo
che esisterà. Noi ovviamente siamo contro le regole costituite, vogliamo sostituire quanto di
oppressivo c’è nella stessa idea di regolazione della vita» in ʃʃ. ʘʘ., Io sono un black ..., cit., pp.
25-6.
52 Albertani C., Paint it black, cit.
53 Paolella A., Anarchici, Black Bloc, movimento antiglobalizzazione, «A», 275, a. 31, ott.
2001, anche in http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/275/12.htm.
54 Cfr. il «classico» Kropotkin Petr A., Il mutuo appoggio, Salerno, Roma, 1982.
55 Interviste a I. e L. effettuate il mese di febbraio del 2003.
56 Kropotkin P.A., Evolution and environment, Black Rose Books, Toronto, 1996, p. 79.
57 Bookchin M., From urbanization to cities: Toward a new politics of Citizenship, Cassel,
London, 1995, p. 254.
58 A seconda poi della scuola anarchica seguita – individualisti, anarco-sindacalisti, comunisti
anarchici – variano i modelli per la gestione dei mezzi di produzione: per gli individualisti,
l’autogestione avviene attraverso le assemblee democratiche e i profitti sono divisi fra i
lavoratori full-time o fra tutti a seconda delle prestazioni; per gli anarco-sindacalisti, la
proprietà sociale dei mezzi di produzione e la distribuzione dei beni tramite assemblee
confederali e coordinate di tutti i settori garantisce il benessere per tutti (Berkman A., The ʃʄʅ
of Anarchism, Freedom Press, London, 1977, p. 68); per i comunisti anarchici, infine,
l’economia deve essere guidata nelle sue grandi linee da tutti, mentre i lavoratori stessi hanno
competenza per quanto riguarda le decisioni ordinarie e giornaliere. In tal caso si procede ad
una socializzazione di tutti i beni (Goldman E., Red Emma Speaks, Alix Kates Shulman (a cura
di), Wildwood House, London, 1979, pp. 260-1).
59 Cfr. ʃʘ. ʘʘ. , Bloc Book, cit., p. 14 ss.
60 Interviste a F. e a L. a gennaio e febbraio 2003.
61 Intervista a L.
62 Cfr. Licata I., La vocazione anarchica della rete, «Contropotere», a. 1, n. 2., pp. 12-15: «Il
«gruppo di affinità» anarchico trova in Rete la sua espressione più naturale ... L’anarchismo in
rete non è soltanto un mezzo per comunicare, ma è piuttosto un modello epistemico per la rete
dell’anarchismo, costruzione di un sistema autorganizzato e reticolare di gestione» (p. 15).
63 Per una riflessione sui centri sociali cfr. Becucci S., Disobbedienti e centri sociali fra
democrazia diretta e rappresentanza, in Ceri P. (a cura di), La democrazia dei movimenti,
Rubettino, Soveria Mannelli, 2003, pp. 75-93.
References
Bibliographical reference
Patricia Chiantera-Stutte, “Ai margini del movimento. Le individualità anarchiche noglobal e il
movimento dei movimenti”, Quaderni di Sociologia, 33 | 2003, 21-43.
Electronic reference
Patricia Chiantera-Stutte, “Ai margini del movimento. Le individualità anarchiche noglobal e il
movimento dei movimenti”, Quaderni di Sociologia [Online], 33 | 2003, Online since 30
November 2015, connection on 04 February 2021. URL: http://journals.openedition.org
/qds/1160; DOI: https://doi.org/10.4000/qds.1160
By this author
Michels e la crisi della democrazia – ieri e oggi [Full text]
Michels and the crisis of democracy- yesterday and today
Published in Quaderni di Sociologia, 63 | 2013
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