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«Arte vietnamita del sec. XVIII (Prov. Annam), Stendardo con la Fine del Mondo e il
Giudizio Universale. Tempera su tela. Inv. 9404. Prot. 467/73. Intervento di restauro:
Consolidamento del colore, foderatura, pulitura, asportazione delle ridipinture,
reintegrazione pittorica. Lo stendardo era completamente ridipinto (figg. 1, 2, 3).
Restauratore: E. Guidi.»
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Ringrazio per la gentile segnalazione del dipinto la dott.ssa Ester Console.
È pur vero che nel paragrafo precedente a questa descrizione è presente il
riferimento ad uno “stendardo lamaistico” (Inv. As. 7533), il che porterebbe a ritenere
l'erronea indicazione nelle didascalie essere il frutto d’un fraintendimento del curatore
editoriale.
«quadro di stile annamita rappresentante la fine del mondo, che proviene dal Tonchino
meridionale»
o i “diademi indigeni” (p. 16) sono simili alle tiare cuspidate portate da angeli o da
divinità secondo un’iconografia diffusa tanto in Persia, nell'India Orientale e nel
sud-est asiatico;
o “Il vestiario degli angeli arieggia lo stile locale” (p. 16), ma non è da escludersi
l’ispirazione a stili iranici;
o “Castello di stile annamita” (p. 17), descrizione forse un po’ vaga essendo relativa
ad un’architettura molto idealizzata in cui l’elemento più caratteristico (oltre alla
probabile presenza in questa zona del dipinto d’un edificio religioso cristiano) è il
trattamento della prospettiva, soprattutto della cinta muraria resa in modo assai
prossimo a raffigurazioni d'architettura tanto tibetane che cinesi, anche se è più
evidente l'ispirazione quasi giottesca del trattamento complessivo delle
architetture.
Oltre a quanto finora esposto, valga la seguente analisi per quanto ancora
suscettibile di ulteriori commenti.
Per tentare una prima conclusione al di là delle difficoltà, già palesate del resto da
MAARSCHALKERWEERD, connesse alla maggiore o minore conoscenza della “miniatura
speciale annamita” (p. 19), dobbiamo osservare come si sia di fronte ad un unicum,
quasi una stravaganza, la cui genesi è assai più da porre in relazione alla personalità
specifica del suo artefice, dunque ad un percorso soggettivo di formazione artistica e
ideologica più che ad un contesto culturale di cui rimane espressione non
necessariamente esemplare.
BIBLIOGRAFIA
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1978 (1970), pp. 121 - 137.
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