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Introduzione al legering e al feeder shing in mare. Canne, mulinelli e generalità sulla tecnica di pesca in
ambiente marino.
Dopo la panoramica sul legering (vedi articoli precedenti) in questa serie di articoli approfondiamo il tema della
pesca in mare. Come vuole il percorso che abbiamo deciso di intraprendere non entreremo troppo nello speci co
cercando di fornire le basi per una corretta interpretazione di quello che scriveremo più avanti.
Questo lungo articolo non si limita a riassumere e sostituire quanto pubblicato in precedenza (avevamo già
dedicato al feeder in mare un nutrito numero di post) ma lo integra con contenuti più recenti ed un punto di
vista forse più rigoroso.
Una revisione il cui scopo è quello di fornirvi sempre contenuti aggiornati.
Le canne
Se si intende praticare il vero legering, quello classico, non ci sono differenze tra mare e acqua dolce. Alcune
canne sono messe sul mercato con indicazioni speci che, prevalentemente per quanto riguarda la resistenza alla
salsedine di alcuni componenti (anelli in primis) ma è solo questione di cura. Pesco in mare da anni con le stesse
canne con cui pesco in ume e vi assicuro che sono come nuove. Dunque sfatiamo il mito che per pescare a
legering/feeder in mare sono necessarie attrezzature particolari. Le canne vanno con il tipo di approccio e non
con il tipo di acqua. Se poi intendete non averne cura il discorso è diverso, ma lasciatemi dire che siete partiti già
con il piede sbagliato.
Una canna da feeder ha solitamente due o più vettini (quiver tip) di diversa sensibilità.
Oggi le canne da legering/feeder sono le quiver rods, canne ad innesti dotate di più vettini in bra o in carbonio
pieno detti quiver tip. Se non vi fosse chiaro di cosa si tratta vi invito ancora a leggere gli articoli precedenti.
Non confondiamo, perché siamo in mare, le tecniche di pesca. Se pescate dalla spiaggia con il mare mosso fate
surfcasting, se pescate in condizioni simili dalla scogliera fate rock shing, sempre dalla spiaggia in condizioni di
calma potreste fare del beach ledgering o in porto ed in altri spot una generica pesca a fondo (PAF). Il legering
classico (di origine anglosassone) e il feeder sono discipline ben delineate e con un rapporto praticamente
costate con la pasturazione. Per praticarle come si deve servono canne da legering/feeder e non è previsto
riadattare attrezzi speci ci per altre tecniche.
Non spenderò una parola di più, alle caratteristiche generali è già stato dedicato un articolo intero. Mi limito ad
indicare un range che è quello delle canne che vanno da 11 a 13 piedi del tipo che va da light a strong a seconda
che si intenda praticare un legering leggero su corta distanza o uno più impegnativo sul medio-lungo raggio.
Vettini in carbonio pieno (a sinistra) e in bra (a destra).
La pesca a legering in mare è essenzialmente una pesca in acqua ferma, intendendo cioè che si è in assenza di
una corrente chiaramente individuabile e con le caratteristiche di quella che si trova spesso in ume e nel tratto
di foce.
Sono tollerate ovviamente un certo grado (ridotto) di onda, una minima turbolenza o una debole corrente di
fondo ma, in generale, si può parlare di “calma”. Trattandosi di una disciplina che punta molto su precisione e
sensibilità non è adatta a mare formato e forti turbolenze che da un lato comprometterebbero la lettura delle
mangiate sul quiver e dall'altro impedirebbero di pasturare e presentare l’esca in pastura come si deve.
Torniamo così al discorso di prima e pescare a legering/feeder non è equivalente a pescare a fondo con un
pasturatore.
In quest’ottica la scelta della canna in mare è dettata da esigenze un po’ diverse. In condizioni di calma
(premessa fondamentale) opteremo per canne più corte e leggere (11-12 ft di tipo light e medium-light con vette
in bra o carbonio pieno di 1-2 oz) se la pesca si svolge su riva bassa e corta o media distanza. Opteremo invece
per canne da 12-13 ft di tipo medium o medium-strong e vette in carbonio pieno no a 3 oz se agiremo su rive più
alte, se è richiesto raggiungere distanze maggiori o se vi sono condizioni (vento, un po’ di onda o una leggera
turbolenza) che fanno prediligere la potenza rispetto alla sensibilità. A parte le 11 ft, generalmente progressivo-
paraboliche, le altre saranno canne ad azione progressiva.
Se pensate di pescare in long casting, con pesi importanti e avete il dubbio che vi servano canne più lunghe (14
ft) e molto potenti, chiedetevi se intendete ancora pescare a legering/feeder o se non state sfociando in un’altra
tecnica.
È vero che esistono canne di questo tipo, come è vero che sono dedicate ad un feeder estremo, un approccio “di
nicchia”, particolare e non abituale. Un approccio che in mare nisce facilmente in una zona grigia e che qui non
tratteremo.
I mulinelli
Stesso discorso fatto per le canne, le indicazioni le abbiano già date. Non c’è un mulinello che abbia utilizzato in
mare con un problema, nonostante abbia lavorato anni. Tutto sta nella cura e nell’attenzione. Trattandosi però di
acqua salata, se proprio vogliamo metterci al riparo da brutte sorprese, scegliere un modello un po’ più
schermato potrebbe essere buona cosa. Nella foto sotto uno Shimano Nasci con Coreprotect, tecnologia
costruttiva nalizzata a proteggere il mulinello dalle in ltrazioni d’acqua.
Fate attenzione al fatto che Shimano (ma anche PENN) ha tolto l’antiritorno e se ne fate uso siate consapevoli che
invece dovrete af darvi alla sola frizione. Nel mio caso, essendo un fan dell’antiritorno, uso molto i mulinelli
diciamo più “tradizionali” e posso dire che non ho mai avuto problemi di in ltrazioni (a meno che non vi cadano
in acqua e allora son dolori).
I mulinelli devono essere spolverati con un pennellino, vanno rimossi i residui di sabbia o pastura, sciacquati e
asciugati, lubri cati nelle parti più esposte. Se fate in questo modo e non vi capitano incidenti particolari non ci
sono problemi.
Cura e manutenzione
Ricordatevi sempre di sciacquare e asciugare bene le canne che sono entrate in contatto con l'acqua di mare e
proteggetele di tanto in tanto (soprattutto i passanti e il manico in sughero) con un lubri cante al silicone.
Applicazione di olio siliconico su un passante
Gli anelli con il tempo tendono a perdere la protezione dall’attacco degli agenti atmosferici e uno strato siliconico
li protegge da umidità e salsedine.
Peraltro quel poco di olio siliconico favorisce lo scorrimento del lo e diminuisce gli attriti favorendo il lancio e
riducendo lo stress della lenza in fase di combattimento.
Una corretta manutenzione prolunga anche la vita dei mulinelli e ne permette il perfetto funzionamento nel
tempo. Particolare cura va dedicata ai modelli di fascia media che possono mancare di caratteristiche presenti su
quelli di gamma superiore che limitano il contatto di numerose parti con gli agenti atmosferici o che gli
conferiscono particolare resistenza.
Applicazione di vasellina tecnica sul rullino guida lo
I pasturatori sono quelli che abbiamo già visto. Ciò che cambia è per lo più relativo alle esche e alle pasture,
anche se esiste una notevole sovrapposizione tra acqua dolce e mare. Molte sono infatti comuni (si pensi ad
esempio alle pasture a base di farina di pesce, ai pellets, ai bigattini, al pane, alle pastelle, ecc…). Anche le
montature sono più o meno le stesse.
C’è chi sostiene (o sosteneva) la teoria dei terminali lunghi in mare e più corti in ume. Non mi ha mai trovato
d’accordo.
Se pescate a method o pellet feeder utilizzerete sempre un terminale cortissimo, indipendentemente da dove
pescate. Se volete insidiare un pesce estremamente sospettoso in acqua chiara che al primo accenno di
resistenza sputa l’esca utilizzerete probabilmente un terminale lungo e sottile. E di pesci così ve ne sono in mare
come in acqua dolce. Il discorso del diametro e della lunghezza di un terminale nella pesca a fondo (non
parliamo di pesca al colpo) è legato a fattori che poco hanno a vedere con il fatto che l’acqua sia salata o meno.
Troverete forse più similitudini tra una spigola ed un cavedano che tra una spigola ed un sarago.
Anche la scogliera naturale è un ottimo spot. Basta saper sondare o conoscere il fondale ed evitare così le aree
più problematiche, quelle in cui è alto il rischio di incaglio (cosa che vale per ogni forma di pesca a fondo) o in cui
esca e pastura rischiano di nire nascoste (come nel pieno di una prateria di posidonia).
Individuata l’area ottimale tutto sta nel pasturare e lanciare con estrema precisione. La precisione è un punto
cardine del feeder ed anche per questo si devono utilizzare le canne giuste. In scogliera naturale ed in generale
negli spot con fondale insidioso l’accuratezza nel lancio non solo garantisce di concentrare le prede e non
disperderle (che è il minimo) ma permette sempre la presentazione ottimale evitando le zone che avevamo
scartato per via del fondo giudicato non idoneo.
Sessione a feeder in scogliera naturale
Porti e porticcioli (ove sia consentito di svolgere l’attività di pesca sportiva) sono da sempre ottimi posti.
Raramente è richiesto di lanciare lontano in quanto le prede sono solite pascolare o predare molto prossime alla
banchina se non addirittura lungo il margine. Ed ecco che anche in mare si può parlare di pesca ai margini un po’
come in acqua dolce e ciò accade ogni qualvolta vi sia in uno spot in cui i pesci abitualmente frequentano
l’immediato sotto riva. Sotto riva che non necessariamente deve presentare una profondità importante, anzi
talvolta all’orario giusto e se facciamo particolare attenzione a non farci vedere, prede di tutto rispetto possono
essere cercate anche in meno di due metri d’acqua.
Sessione a feeder in porto
Le spiagge che digradano rapidamente, quelle a granulometria medio-grande che entro pochi metri presentano
già una discreta profondità, sono altri ottimi spot. Qui la sabbia grossolana e i ciottoli si alternano a fondale di tipo
misto, specie in vicinanza di scogliere. Non è quasi mai necessario lanciare lontano con notevoli probabilità di
catture entro i primi cinquanta metri. Grazie alla pasturazione queste spiagge che altrimenti a mare calmo
potrebbero apparire sterili risultano invece ricche di sorprese per la grande variabilità di specie che le
frequentano.
Sessione a feeder in spiaggia con fondale misto
Un particolare cui anche in mare occorre fare ben attenzione è relativo al posizionamento della canna. La
maggior parte dei pescatori tende a preferire le vette rivolte in alto, forse per abitudine, venendo da tecniche di
pesca a fondo che si basano sull’attesa della partenza. Il legering/feeder è invece una tecnica molto dinamica che
si basa sulla lettura dei movimenti del quiver (come si osservasse il comportamento di un galleggiante).
La canna viene dunque rivolta in alto solo quando serve preferendo in tutte le altre situazioni il posizionamento
inverso (vetta in basso), più comodo ed in grado di fare registrare meglio ogni minimo movimento della vetta.
Avremo comunque modo di riparlarne.
Quella del long range è dunque per me una possibilità, un’opzione da mettere in campo in casi selezionati
quando invece la maggior parte delle sessioni si svolgono normalmente, sul medio o corto raggio.
Rispetto a qualche anno fa oggi chi pesca sulla distanza non può fare a meno del trecciato il quale, come ormai
tutti sanno, è sottile (rispetto al carico di rottura) e privo di elasticità. Ciò si traduce in lanci lunghi e mangiate
trasmesse con la massima rapidità possibile (per quella determinata distanza).
La mancanza di elasticità richiede l’uso di un leader in nylon piuttosto lungo (almeno 3 volte la canna) che viene
collegato con uno dei tanti nodi a disposizione (es. Alberto).
Sul nodo è sempre consigliabile applicare una goccia di cianoacrilato in modo da formare una sorta di perlina
lucida, sottile, che riduce la possibilità di appiglio delle spire di lo soprastanti durante il loro svolgimento nel
lancio, nonché un miglior passaggio del nodo attraverso gli anelli. Il risultato è un lancio migliore e più uido.
Ricordo, anche se non ce ne dovrebbe esser bisogno, che trecciato equivale a pesca sulla lunga distanza e mai
deve essere utilizzato per quella a medio o corto raggio.