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FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE

1. Introduzione
Definizione1.1: Una funzione 𝑓: 𝐴 → 𝐵 è una legge che ad ogni 𝑥 ∈ 𝐴 fa corrispondere uno ed un
solo elemento 𝑦 = 𝑓(𝑥) ∈ 𝐵.
Gli insiemi 𝐴 e 𝐵 si chiamano rispettivamente dominio e codominio della funzione. Il dominio lo
indicheremo con 𝐷(𝑓). Noi ci occuperemo delle funzioni reali di una variabile reale e cioè funzioni
dove il dominio ed il codominio coincidono con ℝ o sono sottoinsiemi di ℝ. Ad esempio la
funzione 𝑦 = 𝑥 2 associa ad ogni numero reale il suo quadrato oppure la cosiddetta funzione di
Dirichlet
1 𝑠𝑒 𝑥 è 𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒
𝐷(𝑥) = {
0 𝑠𝑒 𝑥 è 𝑖𝑟𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒
Possiamo osservare che il codominio è convenzionale, nel senso che non si richiede che ogni
elemento di 𝐵 provenga da qualche elemento di 𝐴 ma che tutti gli elementi di 𝐴 vadano a finire in
𝐵. Per tale motivo se consideriamo un insieme 𝐶 che contiene 𝐵, una funzione 𝑓: 𝐴 → 𝐵 può essere
anche vista come una funzione 𝑓: 𝐴 → 𝐶. Ad esempio i valori assunti dalla funzione di Dirichlet
sono 0 e 1 ma in genere la si vede come funzione da ℝ in ℝ. Al contrario è possibile limitare il
codominio ai valori che provengono dal dominio e si definisce immagine di 𝐴 tramite 𝑓 il seguente
insieme
𝐼𝑚(𝑓) = 𝑓(𝐴) = {𝑦 ∈ 𝐵: ∃𝑥 ∈ 𝐴 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑦 = 𝑓(𝑥)}
Se prendiamo come codominio 𝑓(𝐴), la funzione è detta suriettiva.
Se 𝑓: 𝐴 → 𝐵 e 𝐶 ⊂ 𝐵, si chiama controimmagine o immagine inversa l’insieme
𝑓 −1 (𝐶) = {𝑥 ∈ 𝐴: 𝑓(𝑥) ∈ 𝐶}
Nelle funzioni che incontreremo è fondamentale il dominio detto anche campo di esistenza. Infatti è
l’insieme dei numeri reali per i quali le operazioni hanno senso.
Definizione1.2: Se abbiamo due funzioni
𝑓: 𝐴 → 𝐵 𝑒 𝑔: 𝐵 → 𝐶
Si chiama funzione composta
𝑔 ∘ 𝑓: 𝐴 → 𝐶
la funzione che associa ad ogni 𝑥 ∈ 𝐴 l’immagine mediante 𝑔 dell’immagine di 𝑥 mediante 𝑓.
Ovviamente, per poter parlare di funzione composta 𝑔 ∘ 𝑓, è necessario che l’immagine di 𝑓 sia
contenuta nel dominio di 𝑔. Ad esempio, se abbiamo 𝑓(𝑥) = 𝑥 2 + 1 da ℝ → ℝ+ e 𝑔(𝑥) = √𝑥 da
ℝ+ → ℝ, si ha

(𝑔 ∘ 𝑓)(𝑥) 𝑑𝑎 ℝ → ℝ = √𝑥 2 + 1
(𝑓 ∘ 𝑔)(𝑥) 𝑑𝑎 ℝ+ → ℝ+ = 𝑥 + 1
Osserviamo che la composizione tra funzioni non è commutativa e notiamo che, nonostante la
funzione 𝑥 + 1 è definita per tutti i numeri reali, la funzione 𝑓 ∘ 𝑔 è definita solo per i reali positivi.
Definizione1.3: Una funzione è detta iniettiva se per ogni 𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴 con 𝑥1 ≠ 𝑥2 , risulta 𝑓(𝑥1 ) ≠
𝑓(𝑥2 ).
In questo caso è possibile definire la funzione che associa ad ogni 𝑦 ∈ 𝑓(𝐴) quell’unico 𝑥 ∈ 𝐴 per
cui 𝑦 = 𝑓(𝑥). Tale funzione è detta funzione inversa e la si indica con 𝑓 −1 . Molto spesso si
definisce invertibile una funzione iniettiva e suriettiva e cioè biunivoca. Se si richiede solo la
iniettività, è implicito che si considera la funzione biunivoca da 𝐴 in 𝑓(𝐴). Un esempio di funzioni
invertibili sono le funzioni strettamente crescenti o decrescenti che sono dette strettamente
monotòne.
Definizione1.4: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ si dice crescente se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥1 < 𝑥2 , si ha
𝑓(𝑥1 ) ≤ 𝑓(𝑥2 ). Se si ha 𝑓(𝑥1 ) < 𝑓(𝑥2 ) si dice strettamente crescente. Analogamente è decrescente
se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥1 < 𝑥2 , si ha 𝑓(𝑥1 ) ≥ 𝑓(𝑥2 ). Se si ha 𝑓(𝑥1 ) > 𝑓(𝑥2 ) si dice strettamente
decrescente.
Definizione1.5: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ è detta pari se 𝑓(−𝑥) = 𝑓(𝑥) mentre è detta dispari se
𝑓(−𝑥) = −𝑓(𝑥).
Definizione1.6: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ è periodica di periodo 𝑇 se 𝑓(𝑥) = 𝑓(𝑥 + 𝑇)
Il nostro scopo sarà quello di tracciare il grafico delle funzioni reali. Il grafico è l’insieme
𝐺(𝑓) = {(𝑥, 𝑦) ∈ ℝ2 : 𝑥 ∈ 𝐷(𝑓), 𝑦 = 𝑓(𝑥)}
Osserviamo che le funzioni pari hanno il grafico simmetrico rispetto all’asse delle ordinate ed
invece quelle dispari rispetto all’origine. Invece i grafici di una funzione e della sua inversa sono
simmetrici rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante.
Definizione1.7: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ è limitata superiormente ( limitata inferiormente) se 𝑓(𝐴) è
limitato superiormente ( limitato inferiormente)
In tal caso chiamiamo estremo superiore (estremo inferiore ) della funzione l’estremo
superiore ( estremo inferiore ) dell’immagine e cioè 𝑠𝑢𝑝𝑓(𝐴) ( 𝑖𝑛𝑓𝑓(𝐴) ).

2. Limiti di funzioni

Definizione2.1 : Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ una funzione e 𝑥0 un punto di accumulazione per 𝐴. Diremo


che

lim 𝑓(𝑥) = 𝐿 ∈ ℝ
𝑥→𝑥0

se ∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

|𝑓(𝑥) − 𝐿| < 𝜀

Definizione2.2: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ una funzione e 𝑥0 un punto di accumulazione per 𝐴. Diremo


che
𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = +∞
𝑥→𝑥0

se ∀𝑀 > 0 ∃𝛿(𝑀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

𝑓(𝑥) > 𝑀

Definizione2.3: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ una funzione e 𝑥0 un punto di accumulazione per 𝐴. Diremo


che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = −∞
𝑥→𝑥0

se ∀𝑀 > 0 ∃𝛿(𝑀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

𝑓(𝑥) < −𝑀

Definizione2.4: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ con 𝐴 non limitato superiormente. Diremo che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝐿
𝑥→+∞

se ∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥 > 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

|𝑓(𝑥) − 𝐿| < 𝜀

Definizione2.5: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ con 𝐴 non limitato superiormente. Diremo che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = +∞ ( 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 − ∞ )


𝑥→+∞

se ∀𝑀 > 0 ∃𝛿(𝑀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥 > 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

𝑓(𝑥) > 𝑀 ( 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑓(𝑥) < −𝑀 )

Definizione2.6: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ con 𝐴 non limitato inferiormente. Diremo che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝐿
𝑥→−∞

se ∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥 < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

|𝑓(𝑥) − 𝐿| < 𝜀

Definizione2.7: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ con 𝐴 non limitato inferiormente. Diremo che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = +∞ ( 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 − ∞ )


𝑥→−∞

se ∀𝑀 > 0 ∃𝛿(𝑀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 𝑥 < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖


𝑓(𝑥) > 𝑀 ( 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑓(𝑥) < −𝑀 )

Si possono definire anche i limiti destri e sinistri in un punto e si indicano rispettivamente

lim 𝑓(𝑥)
𝑥→𝑥0+
lim 𝑓(𝑥)
𝑥→𝑥0−

In questo caso ci avviciniamo solo da destra o da sinistra al punto di accumulazione e, per


tale motivo, la disuguaglianza, ad esempio, |𝑓(𝑥) − 𝐿| < 𝜀 deve essere verificata per ogni x
appartenente all’intorno destro o sinistro.

Teorema ponte: Sia 𝐴 ⊆ ℝ e 𝑥0 punto di accumulazione per 𝐴. Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ una funzione.


Si ha

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝐿 ∈ ℝ
𝑥→𝑥0

se e solo se per ogni successione {𝑥𝑛 } a valori in 𝐴 − {𝑥0 } e convergente a 𝑥0 , risulta

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥𝑛 ) = 𝐿
𝑛→∞

Dim: Supponiamo che 𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝐿 e che {𝑥𝑛 } sia una successione a valori in 𝐴 − {𝑥0 } e
𝑥→𝑥0
convergente a 𝑥0 . Dalla definizione di limite si ha che

∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑠𝑖 ℎ𝑎


|𝑓(𝑥) − 𝐿| < 𝜀

La successione converge a 𝑥0 ed in corrispondenza di 𝛿 esiste un numero reale 𝜈 tale che se


𝑛 > 𝜈 si ha

|𝑥𝑛 − 𝑥0 | < 𝛿

Pertanto si ha

|𝑓(𝑥𝑛 ) − 𝐿| < 𝜀
Questo vuol dire proprio che

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥𝑛 ) = 𝐿
𝑛→∞

Ora supponiamo che 𝑓(𝑥𝑛 ) → 𝐿 per ogni successione {𝑥𝑛 } a valori in 𝐴 − {𝑥0 } e
convergente a 𝑥0 . Se fosse 𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) ≠ 𝑙, dovrebbe esistere un 𝜀 > 0 tale che per ogni
𝑥→𝑥0
𝛿 > 0 sarebbe possibile trovare un 𝑥 ∈ 𝐴 con |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿 e |𝑓(𝑥) − 𝐿| ≥ 𝜀. Prendendo
1 1 1
𝛿 = 1, 2 , 3 , … , 𝑛 , … si troverebbero dei punti 𝑥1 , 𝑥2 , … , 𝑥𝑛 , … di 𝐴 per i quali si ha
1
|𝑥𝑛 − 𝑥0 | < e |𝑓(𝑥) − 𝐿| ≥ 𝜀. Questa successione converge a 𝑥0 ma non si ha
𝑛
𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥𝑛 ) = 𝐿 contraddicendo l’ipotesi.
𝑛→∞

Questo teorema può essere usato per provare che una funzione non è dotata di limite
per 𝑥 → 𝑥0 . Basta in questo caso trovare due successioni {𝑥𝑛 }𝑛∈ℕ e {𝑦𝑛 }𝑛∈ℕ entrambe
convergenti a 𝑥0 tali che:

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥𝑛 ) = 𝐿1 𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑦𝑛 ) = 𝐿2 con 𝐿1 ≠ 𝐿2


𝑛 𝑛
1
Per esempio non esiste il limite per x → 0 di 𝑐𝑜𝑠 𝑥. Consideriamo le successioni

1 1
𝑥𝑛 = 2𝑛𝜋 e 𝑦𝑛 = (2𝑛+1)𝜋

entrambe convergenti a 0. Evidentemente risulta

𝑓(𝑥𝑛 ) = 𝑐𝑜𝑠2𝑛𝜋 = 1 e 𝑓(𝑦𝑛 ) = 𝑐𝑜𝑠(2𝑛 + 1) 𝜋 = −1

Pertanto
1
𝑙𝑖𝑚 𝑐𝑜𝑠
𝑥→0 𝑥
non esiste.

Il teorema ponte ci fa comprendere l’importanza dei limiti di successione. Sfruttando questo


teorema possiamo estendere alle funzioni le proprietà dei limiti riguardo la somma,
differenza, prodotto e divisione. Sono altrettanto validi il teorema della permanenza del
segno, di unicità del limite e quello del confronto anche se noi mostreremo una nuova
dimostrazione di essi.
Teorema unicità del limite: Se il limite di una funzione in un punto esiste, esso è unico.
DIM: Supponiamo per assurdo che lim 𝑓(𝑥) = 𝑙1 e lim 𝑓(𝑥) = 𝑙2 . Sia 𝑙1 < 𝑙2 e
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑙2 −𝑙1
scegliamo 𝜀 < . Dalla definizione di limite abbiamo che
2

|𝑓(𝑥) − 𝑙1 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟1 ) e |𝑓(𝑥) − 𝑙2 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟2 ).

Nell’intorno intersezione valgono entrambe le disuguaglianze e quindi possiamo scrivere

𝑙1 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙1 + 𝜀


{
𝑙2 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙2 + 𝜀

Dal precedente sistema osserviamo che

𝑙2 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙1 + 𝜀.


Quindi
𝑙2 − 𝑙1
𝑙2 − 𝜀 < 𝑙1 + 𝜀 ⇒ 𝑙2 − 𝑙1 < 2𝜀 ⇒ 𝜀 >
2
contro l’ipotesi. Poiché l’assurdo è nato dall’aver supposto l’esistenza di più limiti, il limite
è unico.

Teorema della permanenza del segno: Se lim 𝑓(𝑥) = 𝑙 ≠ 0, allora la funzione è


𝑥→𝑥0
localmente concorde con il limite

DIM: Se lim 𝑓(𝑥) = 𝑙, allora


𝑥→𝑥0

𝑙 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟)

Scegliamo 𝜀 = |𝑙| ottenendo

𝑙 − |𝑙| < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + |𝑙|

Dalla relazione appena scritta notiamo che se 𝑙 > 0

0 < 𝑓(𝑥) < 2𝑙

e quindi la funzione è positiva. Se invece 𝑙 < 0,

2𝑙 < 𝑓(𝑥) < 0


e quindi la funzione è negativa.

Teorema del confronto ( dei carabinieri ): Se ℎ(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥) ≤ 𝑔(𝑥) ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟) e


lim ℎ(𝑥) = lim 𝑔(𝑥) = 𝑙, allora anche lim 𝑓(𝑥) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

DIM: Dalla definizione di limite si ha che

∀𝜀 > 0 |ℎ(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟1 )


e
|𝑔(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟2 )

Se consideriamo l’intorno intersezione, le due relazioni valgono contemporaneamente e


possiamo scrivere

𝑙 − 𝜀 < ℎ(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥) ≤ 𝑔(𝑥) < 𝑙 + 𝜀

Quindi si ha che

𝑙 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + 𝜀

Pertanto

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝑙
𝑥→𝑥0
3. Funzioni continue
Definizione3.1: Una funzione 𝑓(𝑥) è continua in un punto 𝑥0 se 𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝑓( 𝑥0 )
𝑥→𝑥0

Dalla definizione di limite, possiamo analogamente dire che è continua in un punto 𝑥0 se


se ∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖
|𝑓(𝑥) − 𝑓( 𝑥0 )| < 𝜀
Esempi di funzioni continue :
Sono continue in ℝ le funzioni polinomiali

𝑓(𝑥) = 𝑎0 𝑥 𝑛 + 𝑎1 𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎𝑛−1 𝑥 + 𝑎𝑛

Quindi

lim(𝑥 3 + 4𝑥 − 5) = 34
𝑥→3

• Sono continue in ℝ le funzioni 𝑠𝑖𝑛𝑥 e 𝑐𝑜𝑠𝑥

Quindi

𝜋 √2
lim𝜋 𝑠𝑖𝑛𝑥 = 𝑠𝑖𝑛 =
𝑥→ 4 2
4

𝜋
La funzione 𝑡𝑔𝑥 è continua in ℝ − { 2 + 𝑘𝜋}. La funzione 𝑐𝑜𝑡𝑔𝑥 è continua in ℝ − {𝑘𝜋}

• E’ continua in ℝ la funzioni esponenziale


• E’ continua in 𝑅 + la funzione logaritmica

Teorema degli zeri ( Bolzano ): Sia 𝑓: [𝑎, 𝑏] → ℝ continua. Se 𝑓(𝑎) ∙ 𝑓(𝑏) < 0,allora esiste
almeno un 𝑥0 ∈ (𝑎, 𝑏) tale che 𝑓(𝑥0 ) = 0

Dim: Supponiamo 𝑓(𝑎) < 0 e 𝑓(𝑏) > 0. Supponiamo per assurdo che
𝑓(𝑥) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] e consideriamo l’insieme

𝐴 = {𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]: 𝑓(𝑥) < 0}

Sicuramente 𝐴 ≠ ∅ poiché contiene almeno 𝑎. Inoltre è limitato superiormente e ci sarà un


𝑠𝑢𝑝𝐴 = 𝑥0 < 𝑏. Certamente 𝑓(𝑥0 ) ≠ 0 poiché 𝑓(𝑥) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]. Se 𝑓(𝑥0 ) < 0, per la
permanenza del segno ∃𝑟 > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟) si ha 𝑓(𝑥) < 0. Quindi in (𝑥0 , 𝑥0 + 𝑟) si ha
𝑓(𝑥) < 0 e vuol dire che 𝑥0 non è un maggiorante. Se 𝑓(𝑥0 ) > 0, sempre per la permanenza
del segno, in (𝑥0 − 𝑟, 𝑥0 ) si ha 𝑓(𝑥) > 0 e vuol dire che 𝑥0 non è il minimo dei
maggioranti.
Teorema dei valori intermedi (Bolzano): Sia 𝑓: [𝑎, 𝑏] → ℝ continua con 𝑓(𝑎) < 𝑓(𝑏).
Allora la funzione assume tutti i valori compresi tra 𝑓(𝑎) 𝑒 𝑓(𝑏) cioè è una funzione
suriettiva su [𝑓(𝑎), 𝑓(𝑏)].

Dim: Consideriamo un 𝑦 ∈ (𝑓(𝑎), 𝑓(𝑏)). Consideriamo la funzione continua


𝑔(𝑥) = 𝑓(𝑥) − 𝑦 osservando che

𝑔(𝑎) = 𝑓(𝑎) − 𝑦 < 0


𝑔(𝑏) = 𝑓(𝑏) − 𝑦 > 0

Per il teorema degli zeri esiste 𝑥0 ∈ (𝑎, 𝑏) tale che

𝑔(𝑥0 ) = 𝑓(𝑥0 ) − 𝑦 = 0

Quindi 𝑦 = 𝑓(𝑥0 ).

Si può dimostrare che se abbiamo 𝑓: 𝐴 → 𝐵 e 𝑔: 𝐵 → 𝐶 con 𝑓 continua in un punto 𝑥0 di 𝐴 e


𝑔 continua in 𝑓(𝑥0 ) ∈ 𝐵, allora 𝑔 ∘ 𝑓: 𝐴 → 𝐶 è continua in 𝑥0 . Inoltre se 𝑓 è continua, anche
la funzione inversa lo è.
E’ possibile dimostrare che se una funzione è continua in un intervallo 𝐼, allora 𝑓(𝐼) è un
intervallo. Se invece è continua in un insieme chiuso e limitato 𝐼, allora 𝑓(𝐼) è chiuso e
limitato. Di grande importanza è il seguente
Teorema di Weierstrass: Una funzione continua in un insieme chiuso e limitato ha massimo
e minimo

Dim: Se f è continua in X chiuso e limitato, allora f(x) è un insieme chiuso e limitato e come
tale è dotato di minimo e massimo

Definizione3.2: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ si dice uniformemente continua in 𝐴, se

∀𝜀 > 0 ∃𝛿(𝜀) > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥, 𝑥0 ∈ 𝐴, 𝑐𝑜𝑛 |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿, 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑖

|𝑓(𝑥) − 𝑓( 𝑥0 )| < 𝜀

La differenza con la continuità è che il numero 𝛿 dipende solo da 𝜀 e non dal punto 𝑥0 .
Citiamo il seguente

Teorema: Una funzione continua in un insieme chiuso e limitato è uniformemente continua

Definizione3.3: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ si dice lipschitziana se esiste una costante 𝑀 > 0


tale che
|𝑓(𝑥) − 𝑓(𝑦)| ≤ 𝑀|𝑥 − 𝑦|
per ogni 𝑥, 𝑦 ∈ 𝐴

Definizione3.4: Una funzione 𝑓: 𝐴 → ℝ si dice h𝑜̈ lderiana di ordine 𝛼 (0 < 𝛼 ≤ 1 ) se


esiste una costante 𝑀 > 0 tale che
|𝑓(𝑥) − 𝑓(𝑦)| ≤ 𝑀|𝑥 − 𝑦|𝛼
per ogni 𝑥, 𝑦 ∈ 𝐴

Le funzioni lipschitziane e holderiane sono uniformemente continue.

4. Discontinuità

Definizione4.1: Un punto 𝑥𝑜 è detto punto di discontinuità di prima specie se il limite


destro ed il limite sinistro sono finiti e diversi tra loro. In questo caso

lim 𝑓(𝑥) − 𝑙𝑖𝑚− 𝑓(𝑥)


𝑥→𝑥0 + 𝑥→𝑥0
si chiama salto della funzione

Ad esempio la funzione

|𝑥| 1 𝑠𝑒 𝑥 > 0
𝑓(𝑥) = ={
𝑥 −1 𝑠𝑒 𝑥 < 0

È continua per 𝑥 ≠ 0, ma non lo è in 𝑥 = 0. Il grafico di questa funzione presenta in 0 un salto,


appunto una discontinuità di prima specie (vedi figura). Infatti

lim 𝑓(𝑥) − 𝑙𝑖𝑚− 𝑓(𝑥) = 2


𝑥→0+ 𝑥→0

Possiamo provare ad estendere la funzione anche in 0 con un valore l ∈ ℝ definendo la nuova


funzione 𝑓(̅ 𝑥) definita da

|𝑥|
𝑓(𝑥) = 𝑠𝑒 𝑥 ≠ 0
𝑓 (̅ 𝑥) = { 𝑥
𝑙 𝑠𝑒 𝑥= 0

La funzione 𝑓(̅ 𝑥) è definita anche nel punto x0 = 0, ma non è continua in tale punto perché ancora
il limite destro è diverso dal limite sinistro. Tutto ciò accade qualunque sia il valore 𝑙 scelto per la
definizione di 𝑓 (̅ 𝑥), che rappresenta un prolungamento non continuo della 𝑓(𝑥); questo è un tipo di
discontinuità che non è eliminabile.

Definizione4.2: Se esistono i limiti destro e sinistro ma almeno uno di essi è infinito, si parla di
discontinuità di seconda specie
1
Ad esempio la funzione 𝑥 presenta in 0 una discontinuità di seconda specie
Definizione4.3: Se accade che uno o ambedue i limiti non esistono, si parla di discontinuità di
terza specie
1
Ad esempio la funzione 𝑠𝑖𝑛 𝑥 presenta in 0 una discontinuità di terza specie

Definizione4.4: Se il limite esiste ed è uguale ad L ma la funzione non è definita in 𝑥𝑜 oppure se lo


è risulta 𝑓(𝑥0 ) ≠ 𝐿, si parla di discontinuità eliminabile

Ad esempio la funzione
𝑠𝑒𝑛 𝑥
𝑓(𝑥) =
𝑥
In 0 ha una discontinuità eliminabile ed è possibile prolungarla per continuità mediante la funzione:

𝑠𝑒𝑛 𝑥
𝑓(𝑥) = 𝑠𝑒 𝑥 ≠ 0
𝑓 (̅ 𝑥) = { 𝑥
1 𝑠𝑒 𝑥 = 0

5. Limiti notevoli

Dopo i limiti notevoli visti nello studio delle successioni, analizziamo altri limiti notevoli di
grande importanza

𝑠𝑖𝑛𝑥
• lim =1
𝑥→0 𝑥

0
Il limite si presenta nella forma indeterminata 0. Osserviamo per prima cosa che, essendo 𝑠𝑖𝑛 𝑥 e 𝑥
𝑠𝑖𝑛𝑥
funzioni dispari, è funzione pari. Infatti
𝑥

sin (−𝑥) −𝑠𝑖𝑛𝑥 𝑠𝑖𝑛𝑥


= =
−𝑥 −𝑥 𝑥

Pertanto la funzione è simmetrica rispetto all’asse delle ordinate e si ha che

𝑠𝑖𝑛𝑥 𝑠𝑖𝑛𝑥
lim+ = 𝑙𝑖𝑚−
𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑥
𝑠𝑖𝑛 𝑥
Quindi nella dimostrazione è sufficiente calcolare 𝑙𝑖𝑚+ . A tale scopo, osservando la figura si
𝑥→0 𝑥
vede che

̅̅̅̅ ̂ < ̅̅̅̅


𝑃𝐻 < 𝐴𝑃 𝑇𝐴
Ne segue

𝑠𝑖𝑛𝑥 < 𝑥 < 𝑡𝑔𝑥


𝜋
Dividendo per 𝑠𝑖𝑛𝑥, che è positivo perché 𝑥 ∈ (0, 2 ) si ha

𝑥 1
1< <
𝑠𝑖𝑛𝑥 𝑐𝑜𝑠𝑥

e infine, passando ai reciproci

𝑠𝑖𝑛𝑥
𝑐𝑜𝑠𝑥 < <1
𝑥

Essendo 𝑙𝑖𝑚 𝑐𝑜𝑠𝑥 = 1 , la funzione sarà compresa tra due funzioni che tendono ad 1 e quindi, per
𝑥→0
il teorema del confronto, anch’essa tende a 1.

1−𝑐𝑜𝑠𝑥
• lim =0
𝑥→0 𝑥

Si ha

1 − 𝑐𝑜𝑠𝑥 (1 − 𝑐𝑜𝑠𝑥)(1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥) 1 − 𝑐𝑜𝑠 2 𝑥 𝑠𝑖𝑛2 𝑥


= = =
𝑥 𝑥(1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥) 𝑥(1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥) 𝑥(1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥)

Pertanto

1 − 𝑐𝑜𝑠𝑥 𝑠𝑖𝑛𝑥 1 1
lim = 𝑙𝑖𝑚 ∙ 𝑠𝑖𝑛𝑥 ∙ =1∙0∙ = 0
𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑥 1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥 2

1−𝑐𝑜𝑠𝑥 1
• lim =
𝑥→0 𝑥2 2

Applicando lo stesso procedimento precedente, otteniamo

1 − 𝑐𝑜𝑠𝑥 𝑠𝑖𝑛𝑥 𝑠𝑖𝑛𝑥 1 1 1


𝑙𝑖𝑚 2
= 𝑙𝑖𝑚 ∙ ∙ = 1∙1∙ =
𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑥 𝑥 1 + 𝑐𝑜𝑠𝑥 2 2
ln (1+𝑥)
• lim =1
𝑥→0 𝑥

Dalle proprietà del logaritmo possiamo scrivere

ln (1 + 𝑥) 1 1
= ln(1 + 𝑥) = 𝑙𝑛(1 + 𝑥)𝑥
𝑥 𝑥
1
Se poniamo 𝑦 = 𝑥, si ha che 𝑥 → 0 ⇒ 𝑦 → ±∞. Ricordando che

1 𝑥
lim (1 + ) =𝑒
𝑥→∓∞ 𝑥

si ha

ln (1 + 𝑥) 1 1 𝑦
lim = lim 𝑙𝑛(1 + 𝑥)𝑥 lim 𝑙𝑛 (1 + ) = 𝑙𝑛𝑒 = 1
𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑦→±∞ 𝑦

N.B. Nel caso non abbiamo il logaritmo neperiano, si ha che

𝑙𝑜𝑔𝑎 (1 + 𝑥)
lim = 𝑙𝑜𝑔𝑎 𝑒
𝑥→0 𝑥

𝑒 𝑥 −1
• lim =1
𝑥→0 𝑥

Poniamo 𝑦 = 𝑒 𝑥 − 1 ⇒ 𝑒 𝑥 = 1 + 𝑦 ⇒ 𝑥 = ln (1 + 𝑦). Inoltre, se 𝑥 → 0 anche


𝑦 → 0. Pertanto si ha

𝑒𝑥 − 1 𝑦 1 1
lim = lim = lim = =1
𝑥→0 𝑥 𝑦→0 ln (1 + 𝑦) 𝑦→0 ln (1 + 𝑦) 1
𝑦
N.B. Nel caso la base della potenza non è il numero di Nepero, si ha che

𝑎𝑥 − 1
lim = 𝑙𝑛𝑎
𝑥→0 𝑥

(1+𝑥)𝑘 −1
• lim =𝑘
𝑥→0 𝑥

𝑘
Scriviamo (1 + 𝑥)𝑘 = 𝑒 𝑙𝑛(1+𝑥) = 𝑒 𝑘𝑙𝑛(1+𝑥) . Pertanto

(1 + 𝑥)𝑘 − 1 𝑒 𝑘𝑙𝑛(1+𝑥) − 1 𝑒 𝑘𝑙𝑛(1+𝑥) − 1 𝑘𝑙𝑛(1 + 𝑥)


𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚
𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑥 𝑥→0 𝑥 𝑘𝑙𝑛(1 + 𝑥)

Sfruttiamo i limiti notevoli precedenti scrivendo


𝑒 𝑘𝑙𝑛(1+𝑥) − 1 𝑙𝑛(1 + 𝑥)
𝑙𝑖𝑚 ∙𝑘 =1∙1∙𝑘
𝑥→0 𝑘𝑙𝑛(1 + 𝑥) 𝑥

Osservazione: Prendendo spunto da questa ultima dimostrazione, osserviamo che i


limiti notevoli si applicano anche quando al posto della variabile 𝑥 compare una
funzione il cui limite è uguale al valore a cui tende 𝑥 nel limite notevole

6. Infinitesimi ed Infiniti

Definizione6.1: Se lim 𝑓(𝑥) = 0 , 𝑓(𝑥) si dice infinitesima in 𝑥0 .


𝑥→𝑥0

Siano 𝑓(𝑥)𝑒 𝑔(𝑥) infinitesime in 𝑥0 . Se

𝑓(𝑥)
• Se lim = 𝑙 ≠ 0, allora 𝑓(𝑥) 𝑒 𝑔(𝑥) sono dette infinitesime dello stesso ordine
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
in 𝑥0 . Cioè esse tendono a zero con la stessa rapidità
𝑓(𝑥)
• Se lim = 1, allora i due infinitesimi si dicono equivalenti e si scrive
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) ∼ 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥)
• Se lim = 0, allora 𝑓(𝑥) è infinitesimo di ordine superiore a 𝑔(𝑥). Cioè tende a
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
zero più rapidamente di 𝑔(𝑥). Si scrive 𝑓(𝑥) = 𝑜(𝑔(𝑥))
𝑓(𝑥)
• Se lim = ±∞, allora 𝑓(𝑥) è infinitesimo di ordine inferiore a 𝑔(𝑥). Cioè tende
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
a zero più lentamente di 𝑔(𝑥). Quindi è 𝑔(𝑥) = 𝑜(𝑓(𝑥))
𝑓(𝑥)
• Se lim non esiste, i due infinitesimi non sono confrontabili.
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)

Definizione6.2: Dati due infinitesimi 𝑓(𝑥) 𝑒 𝑔(𝑥) per 𝑥 → 𝑥0 , si dice che 𝑓(𝑥) è un
infinitesimo di ordine 𝛼 (>0) rispetto a 𝑔(𝑥), quando 𝑓(𝑥) è dello stesso ordine di [𝑔(𝑥)]𝛼 e
cioè
𝑓(𝑥)
lim =𝑙≠0
𝑥→𝑥0 [𝑔(𝑥)]𝛼

In questo caso si dice che 𝑔(𝑥) è stato preso come infinitesimo campione. In generale, se
𝑥 → 𝑥0 , si prende come infinitesimo campione 𝑔(𝑥) = 𝑥 − 𝑥0 . Se invece 𝑥 → ±∞, si
1
prende come infinitesimo campione 𝑔(𝑥) = .
𝑥
𝑥−2
Ad esempio 𝑓(𝑥) = 𝑥 5 +3, per 𝑥 → +∞, è di ordine 4 poiché
𝑥−2
𝑥 5 +3
lim =1≠0
𝑥→+∞ 1
𝑥4

Principio di sostituzione degli infinitesimi: Se esiste il limite del rapporto di due


infinitesimi, esso resta invariato se si sostituisce ciascun infinitesimo con un infinitesimo
equivalente
Dim: Se 𝑓 ∼ 𝑓1 𝑒 𝑔 ∼ 𝑔1 , abbiamo
𝑓1 𝑓1 𝑔 𝑓
= ⋅ ⋅
𝑔1 𝑓 𝑔1 𝑔
Quindi

𝑓1 𝑓
lim = 1 ⋅ 1 ⋅ lim
𝑔1 𝑔

Esempi:
ln (1+4𝑥) 0 4𝑥 4
1) lim = 0 = 𝑙𝑖𝑚 3𝑥 = 3
𝑥→0 𝑠𝑖𝑛3𝑥 𝑥→0
Infatti
ln(1 + 4𝑥) ∼ 4𝑥 𝑒 𝑠𝑖𝑛3𝑥 ∼ 3𝑥

3
𝑒 𝑠𝑖𝑛 𝑥 −1 0 𝑠𝑖𝑛3 𝑥 𝑥3
2) lim ln (1−𝑥 3) = 0 = 𝑙𝑖𝑚 = −𝑥 3 = −1
𝑥→0 𝑥→0 −𝑥 3

1−𝑐𝑜𝑠2𝑥 0 1−𝑐𝑜𝑠2𝑥
3) lim ln(1+𝑥)+ln (1−𝑥) = 0 = 𝑙𝑖𝑚 𝑙𝑛(1−𝑥2)
𝑥→0 𝑥→0

Dal limite notevole


1 − 𝑐𝑜𝑠𝑓(𝑥) 1 1
lim 2
= ⇒ (1 − 𝑐𝑜𝑠𝑓(𝑥)) ∼ (𝑓(𝑥))2
𝑓(𝑥)→0 (𝑓(𝑥)) 2 2
Perciò
1
1 − 𝑐𝑜𝑠2𝑥 ⋅ 4𝑥 2
𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚 2 = −2
𝑥→0 𝑙𝑛(1 − 𝑥 2 ) 𝑥→0 −𝑥 2

(𝑥−1)2 1
4) lim 2 =3
𝑥→1 𝑒 3(𝑥−1) −1

Supponiamo che in 𝑥0 𝑓1 è infinitesimo di ordine inferiore rispetto a 𝑔1 e 𝑓2 è infinitesimo


di ordine inferiore rispetto a 𝑔2 . Allora

𝑔
𝑓1 + 𝑔1 𝑓1 (1 + 1 ) 𝑓1 (1 + 0) 𝑓1
𝑓1
𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚
𝑥→𝑥0 𝑓2 + 𝑔2 𝑥→𝑥0 𝑔 𝑥→𝑥0 𝑓2 (1 + 0) 𝑥→𝑥0 𝑓2
𝑓2 (1 + 2 )
𝑓2

Definizione6.3: Se 𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = ±∞ , 𝑓(𝑥) si dice un infinito in 𝑥0 .


𝑥→𝑥0

Siano 𝑓(𝑥)𝑒 𝑔(𝑥) due infiniti in 𝑥0 . Se

𝑓(𝑥)
• Se 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙 ≠ 0, allora 𝑓(𝑥) 𝑒 𝑔(𝑥) sono infiniti dello stesso ordine in 𝑥0 . Cioè
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
esse tendono a infinito con la stessa rapidità
𝑓(𝑥)
• Se 𝑙𝑖𝑚 = 1, allora i due infiniti si dicono equivalenti e si scrive
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) ∼ 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥)
• Se 𝑙𝑖𝑚 = 0, allora 𝑓(𝑥) è infinito di ordine inferiore a 𝑔(𝑥). Cioè tende a
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
infinito più lentamente di 𝑔(𝑥).
𝑓(𝑥)
• Se 𝑙𝑖𝑚 = ±∞, allora 𝑓(𝑥) è infinito di ordine superiore a 𝑔(𝑥). Cioè tende a
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
infinito più rapidamente di 𝑔(𝑥).
𝑓(𝑥)
• Se 𝑙𝑖𝑚 non esiste, i due infiniti non sono confrontabili.
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)

Definizione6.4: Dati due infiniti 𝑓(𝑥) 𝑒 𝑔(𝑥) per 𝑥 → 𝑥0 , si dice che 𝑓(𝑥) è un infinito di
ordine 𝛼 (>0) rispetto a 𝑔(𝑥), quando 𝑓(𝑥) è dello stesso ordine di [𝑔(𝑥)]𝛼 e cioè

𝑓(𝑥)
lim =𝑙≠0
𝑥→𝑥0 [𝑔(𝑥)]𝛼

1
In generale, se 𝑥 → 𝑥0 , si prende come infinito campione 𝑔(𝑥) = 𝑥−𝑥 . Se invece
0
𝑥 → ±∞, si prende come infinitesimo campione 𝑔(𝑥) = 𝑥.

Principio di sostituzione degli infiniti: Se esiste il limite del rapporto di due infiniti, esso
resta invariato se si sostituisce ciascun infinito con un infinito equivalente

Supponiamo che in 𝑥0 𝑓1 è infinito di ordine superiore rispetto a 𝑔1 e 𝑓2 è infinito di ordine


superiore rispetto a 𝑔2 . Allora

𝑔
𝑓1 + 𝑔1 𝑓1 (1 + 1 ) 𝑓1 (1 + 0) 𝑓1
𝑓1
lim = 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚 = 𝑙𝑖𝑚
𝑥→𝑥0 𝑓2 + 𝑔2 𝑥→𝑥0 𝑔 𝑥→𝑥0 𝑓2 (1 + 0) 𝑥→𝑥0 𝑓2
𝑓2 (1 + 2 )
𝑓2

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