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to Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ' ETERNE
IN DESCARTES
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234 s. LANDUCCI
La libertà di Dio
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 235
rinuncia formale a parlare di ' creazione ' risale alla terza let
tera sull'argomento (tradizionalmente datata al 27 maggio
1630): « Je dis que... illas creavit, ou bien (si vous n'attri
buez le mot creavit qu'à l'existence des choses) illas disposuit
et fecit... »; ma, come si vede, è una concessione puramente
verbale, priva d'alcuna implicazione concettuale: non discu
tiamo sulle parole, bensì sulla sostanza... E questa, Descar
tes la riaffermerà integra sempre. Tant'è allora mantenere la
parola più forte ed espressiva, anzi provocatoria, se si vuole,
considerato che quel che non cambia è l'idea che delle verità
eterne Dio sia la causa « efficiente e totale », completamente
libera: dopo averlo scritto a Mersenne a capo della lettera
citata, Descartes lo ripeterà nelle 6e Risposte, § 8 (e a quest'ul
timo luogo rimanderà anche l'ignoto cosiddetto Hyperaspistes,
III 430).
Quanto alle ' verità eterne ', Descartes cominciò bensì da
esse ad elaborare la teoria che c'interessa; tuttavia in pro
sieguo di tempo aggiunse anche altre cose, alle quali esten
dere parimenti la nozione di creazione ο di libera disposizione
da parte di Dio.
Cominciò dalle cosiddette verità eterne, perché esplicita
mente richiesto della sua opinione in proposito dal Marsenne:
« Pour ν ο t r e question de Théologie ... », comincia il pezzo
della lettera del 15 aprile che ci riguarda (I 143); e poco oltre:
« les vérités ... lesquelles vous nommez éternelles ... ». Era
la terminologia tradizionale, da Agostino in poi, per indicare le
verità necessarie (' eternità ' significando l'immutabilità deri
vante dall'impossibilità logica del contrario), ovvero ' di ra
gione ', come fra non molto si sarebbero denominate, in oppo
sizione a quelle di fatto. Per Descartes, nel '30 e sempre in
séguito, si tratta essenzialmente delle verità matematiche, cioè
di quel settore privilegiato dell'evidenza intellettuale sul qua
le già aveva costruito le Regulae ad directionem ingenti. La
primissima formulazione della teoria, nella lettera del 15 apri
le, suona infatti: « Les vérités mathématiques... ont été éta
blies de Dieu et en dépendent entièrement, aussi bien que
tout le reste des créatures... ». La stessa espressione, « véri
tés mathématiques », ritorna anche nella lettera successiva,
del 6 maggio; e l'unico esempio concreto (fornito nella lettera
datata al 27 maggio) è tratto dalla geometria: « Je dis qu'il
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236 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 237
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238 S. LANDUCCI
2 Come sostengono il Gilson, ο. c., 138 sg. (ma anche 41 sg., e, nell'im
portante discussione nel Bulletin de la Soc. Fra^. de Philos, XIV, 1914, 248),
e il Gouhier, La pensée métaphysique de Descartes, Paris 1962, 230, 237 sg.
Dissenzienti invece, non senza qualche buona ragione, A. Koyré, Essai sur
l'idée de Dieu ecc. che ζ Descartes, Paris 1922, 42 sg. e passim (ma insosteni
bile il rapporto stabilito fra Descartes e Duns Scoto, 101 sgg., 114 sgg.), e
E. Colorni, Le verità eterne in Descartes e in Leibniz, ora negli Scritti, Fi
renze 1975, 61 sgg. Comunque s'interpreti, però, il contrasto col tomismo
rimane in pieno: cf. Gilson, o. c., 57 sgg., e Gouhier, o. c., ITI sgg., 233 sgg.,
288 sgg.; di contro a quanto sostenuto dal De Wulff, nel Bulletin ... cit., 222
sg., e da J. Laporte, La finalità chez Descartes, Revue d'Hist. de la Philos.,
II, 1928, 370 sgg. (poi, in Le rationalisme de Descartes 2, Paris 1950, 345 sgg.).
3 Cf. T. Gregory, Dio ingannatore e genio maligno ecc., Giorn. Cr. d. Fi
los. Ital., LIII, 1974, in particolare 499 sgg.
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 239
4 « ... Dices te proferre nihil aliud quam quod in scholis efferunt, natu
ras seu essentias rerum esse aeternas fierique de ipsis propositiones sempi
ternae veritatis ... ». E cf. Suarez, Disp. Metaph., XXXI», xn, § 44 sg. — Si
può ricordare che Descartes incontrò sùbito, nelle le Obiez., una riproposizio
ne della dottrina del Suarez. Caterus, infatti, che del resto menziona il Sua
rez espressamente, per contrastare il principio cartesiano che di ogni idea
è legittimo e necessario richiedere quale sia la causa adeguata, riproduceva
il luogo della V Meditazione sulla « natura, vel essentia, vel forma, immuta
bilis et aeterna » del triangolo e in genere d'ogni figura geometrica (VII 64),
per commentare: «... Est nempe aeterna ilia Veritas, quae causam non
postulai» (VII 93). Suarez aveva scritto: poiché le « propositiones aeternae
veritatis » sono tali in quanto in esse si prescinde completamente da qualsiasi
implicazione esistenziale, ne segue « ut hae connexiones in hoc sensu non
habeant causam efficientem, quia omnis efficentia terminatur ad actualem
existentiam, a qua dictae propositiones in hoc sensu abstrahunt... »; e poi
ché esse hanno in realtà un significato condizionale (' l'uomo è animale ' equi
vale a ' Se A è uomo, A è animale '), non postulano neppure una causa effi
ciente in potenza (donde la conclusione contro cui Descartes si rivolterà nel
la lettera a Mersenne del 6 maggio '30: « ... Unde, si per impossibile nulla
esset talis causa, nihilominus fila enunciatio vera esset, sicut haec est vera:
' Chymera est chymera ', vel similis... »). Ma nelle le Risp. Descartes non si
soffermava sul punto in questione, limitandosi a lasciare al suo interlocu
tore l'opinione che questi aveva espresso, come prendendone impercettibil
mente le distanze, allorché ne commenta la tesi nel quadro di un'argomenta
zione che punta però su un altro tema: « ... Atque illam » (cioè l'essenza
del triangolo, col suo séguito di verità) « a i t causam non postulare... » (VII
104).
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240 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 241
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242 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 243
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244 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 245
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246 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 247
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248 s. I.ANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 249
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250 S. LANDUCCI
Le verità matematiche
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 251
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252 s. LANDucci
la concezione empiristico-c
elabora nella sua obiezione
quanto per le ' essenze E' u
poteva, prima ο dopo, non
in un mondo culturale in c
delle matematiche contraria alla sua,0. Del resto, un'obiezio
ne analoga, e forse meglio elaborata, già gliel'aveva rivolta
anche Hobbes (3e Obiez., XVIa).
Tener conto di questa situazione aiuta a comprendere per
ché Descartes, allorché riprenderà la teoria della creazione
delle verità matematiche dopo le formulazioni del 1630, lasce
rà cadere un'unica argomentazione, di quelle elaborate allora,
mentre le altre le riprodurrà tutte, volta a volta: l'argomen
tazione che intendeva spiegare come mai in genere non si pen
si affatto che le verità eterne dipendano da Dio, rilevando
come la maggior parte degli uomini non abbia di Dio più che
un pensiero vago ed abitudinario, tanto che può facilmente
trapassare nell'ateismo... « Parce qu'ils comprennent parfai
tement les vérités mathématiques e non pas celle de l'exis
tence de Dieu », diceva Descartes, « ce n'est pas merveille s'ils
ne croient pas qu'elles en dépendent... »; mentre se meglio
ragionassero, dovrebbero considerare che, « puisque Dieu est
une cause dont la puissance surpasse les bornes de l'enten
dement humain et que la nécessité de ces vérités n'excède
point notre connoissance, elles sont quelque chose de moindre
et de sujet à cette puissance incompréhensible ... » (6 maggio ;
ma già il 15 aprile: delle verità cosiddette eterne « il n'y en
a aucune en particulier que nous ne puissions comprendre,
si notre esprit se porte à la considérer... Au contraire, nous
ne pouvons comprendre la grandeur de Dieu... »). Una sif
fatta argomentazione meritava bene di venir tralasciata, dal
punto di vista di Descartes. Essa poggiava sull'idea del per
fetto dominio delle verità matematiche da parte dell'intel
ligenza umana; ma puntare su ciò aveva almeno due grossi
inconvenienti.
Che rispondere, infatti, ad un matematico che davvero si
dichiari ateo? Egli se ne starà contento alla sua perfetta com
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 253
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254 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 255
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256 s. LANDUCCI
l'eliminazione di qualsiasi p
sua volontà (dichiarandoli i
una priorità, semmai, della sua volontà sul suo intelletto);
inoltre, liberarsi di tutte le questioni tradizionali sull'impos
sibilità d'un infinito attuale, evitandole con l'idea dell'incom
prensibilità dell'infinito, la quale salvaguarda non soltanto
l'infinitezza di Dio, ma anche la non-finitezza, almeno, ο ' in
definitezza ', dell'estensione materiale e della divisibilità di
essa
13 Cf. Gilson, ο. c., 76 sgg.; e 174 sgg., la seguente spiegazione del motivo
per cui Descartes avrebbe tralasciato d'esporre la teoria della creazione delle
verità eterne nelle Meditazioni: se la sua metafisica era una ' precauzione '
per far passare il meccanicismo, il rimedio sarebbe stato peggiore del male
paventato, se egli avesse presentato una concezione della divinità così dif
forme da quella universalmente accettata; e di qui la decisione di limitarsi
alla tesi della impenetrabilità dei fini di Dio da parte dell'uomo, per assi
curarsi quel che davvero gli premeva.
14 Cf. M. De Wulff e L. Lévy-Bruhl, in Bulletin de la Soc. Franq. de Phi
los. cit., 221 sgg. e 231 sgg.; Laporte, La finalità chez D. cit. ,366 sgg., e Le ra
tion. de D. cit., 343 sgg.; Gueroult, o. c., II, 150 sgg., 208 sgg. Hanno accettato
in pieno il Gilson, invece, J. Maritain, Le songe de Descartes, Paris 1932, 225,
229, 339, e alcuni studiosi inglesi, come A. Boyce Gibson, The Eternal Verities
ecc., Proceed, of the Aristot. Soc., N.S., XXX, 1929-1930, 31 sgg., e Β. K. Rome,
Created Truths ecc., Philos. and Phenomen. Research, XVII, 1956-1957, 69 sgg.
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 257
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258 s. LANDUCCI
siècle, Paris 1951, e sostenuto dall'Alquié (per il quale vide sotto, n. 28).
Sulla scia di quest'ultimo, Del Noce, l.c. (l'ispirazione della teoria sarebbe
essenzialmente ' religiosa '), e, con intento sociologico, A. Negri, Descartes
politico ecc., Milano 1970, 63 sgg. Ma a inaugurare questa tendenza era stato,
contro il Gilson, il Koyré, o. c., 15 sgg.
18 Cf. o. c., I, 24 sg. (ma a p. 381 la teoria in questione è detta ' fonda
mentale '). Analogamente, L. J. Beck, The Metaph. of D., Oxford 1965, 26.
ι» Così il Gouhier, Pour une histoire des ' Méditations Métaph. ', nel fase,
cartesiano della Revue des Sciences Humaines del 1951, N.S., LXI, 23, e La
pensée métaph. de D. cit., 247 (per l'obiezione teologica che dalla lettera del
6 maggio '30 si capisce esser stata rivolta a Descartes da Mersenne, anche
240 sg.).
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 259
20 Non nella semplice prospettiva d'una fisica non finalistica, come intese
il Gilson, La libertà chez D. cit., 94, e Bulletin ... cit., 232; né nella mera in
venzione dell'ipotesi d'un mondo ' finto ', come intese il Gouhier, La pensée
relig. de D. cit., 76 (meglio in Pour une histoire ecc., 20 sgg.); né nella sola
dimostrazione dell'esistenza effettiva di corpi materiali (all'altezza delle Me
ditazioni), come intese il Gueroult, o. c., II, 96 sgg. — Alquié, o. c., 87, a pro
posito della lettera a Mersenne del 15 apr. '30, scrive: « ... huit ans plus
tard, Descartes déclarera formellement à Mersenne qu'il n'a point, jusque-là,
démontré les principes de la physique par la métaphysique, et ce qu'il lui
dit aujourd'hui... c'est que les principes de la science ont été établis par
un décret absolument libre de Dieu, en sorte que nous ne saurions, en au
cune facon, en opérer une déduction métaphysique... ». L'a. non distingue
dunque fra le leggi fisiche e le verità matematiche, com'è invece assoluta
mente indispensabile; e il riferimento alla lettera a Mersenne del 27 maggio
1638 (II 141 sg.) è fondato su un equivoco di lettura: Descartes intende
un' ' esposizione pubblica ', della dimostrazione dei princìpi della fisica sulla
base della metafisica (come chiarisce benissimo, per es. la lettera al p. Va
tier del 22 febbr. '38, I 563). Di tralasciarla intenzionalmente, nel volume pub
blicato nel '37, Descartes aveva avvertito del resto nello stesso Discorso del
metodo, VI 41 e 43; dove era così evocato Le Monde: « De plus, je fis voir
quelles étaient les lois de la nature; et, sans appuyer mes raisons
sur aucun autre principe que sur les perfections in
finies de Dieu, je tàchai à démontrer toutes celles dont on eùt pu
avoir quelque doute... », ecc. Come dimenticare quindi addirittura Le Monde?
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260 S. LANDUCCI
21 Cf. Del Noce, ο. c., 154 sgg., 355. Poiché il merito, dell'abbandono della
prospettiva leibniziana sul cartesianismo, andrebbe soprattutto al Laporte, si
deve notare che questi attribuiva a Descartes, pari pari, la concezione leib
niziana delle leggi fisiche, come dipendenti anch'esse dalla scelta divina (sul
la base, anche in questo caso, d'una confusione fra leggi fisiche, per l'appun
to, e verità eterne): cf. La finalità chez D. cit., 384 sg., e Le ration, de D.,
352. — Per quanto stava alle spalle di Descartes, si può dire ch'egli veniva
a trovarsi in opposizione speculare rispetto al Mersenne, se questi riaffer
mava la posizione tomistica sulle verità eterne (quanto sostenuto nelle Quae
stiones celeberrimae in Genesim, Parisiis 1623, coli. 331 sgg., è la riproduzione
letterale della Stimma Theol., I, xxv, 3, conci.) e contemporaneamente difen
deva l'ipotesi che Dio potrebbe cambiare a suo piacimento le leggi che rego
lano la natura fisica (cf. Lenoble, o. c., 263 sgg., 278, e l'intervento al collo
quio di Royaumont su Descartes, Paris 1957, 302 sgg.).
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 261
22 Come ben resulta dal saggio stesso del Gilson, L'innéisme cartésien et
la Théologie, ora nelle Études sur le ròte de la pensée médiév. dans la jor
mation du système cartésien, Paris 1930, 9 sgg.
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262 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 263
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264 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 265
La veracità di Dio
25 Un cenno già in Koyré, o. c., 35; poi, Maritain, o. c., 224; Laporte, La
liberti selon D. cit., 45, e Le ration, de D., 167 sg.; Amerio, o. c., 24.
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266 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 267
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268 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 269
che potrebbe togliere validità alla verità in questione, a suo piacimento? Iso
lato, nel rifiuto di quest'argomentazione, il Gueroult, o. c., I, 42 sgg. (nel voi.
II, 22 sg., una ricostruzione approfondita della teoria della creazione delle
verità eterne, anche se evasiva proprio sulla questione che c'interessa ora).
Ad estendere l'illazione, complementarmente, al principio che non può darsi,
invece, che il Dio vero inganni le sue creature, fu il Bréhier nel saggio già
menzionato (trad, cit., 117 sgg.): che altro vorrà dire che Dio garantisce la
nostra conoscenza evidente, se non che mantiene una validità sempiterna alle
verità che conosciamo con evidenza? (contra, Gouhier, La pensée metaph. de
D,. 305 sg.: ad assicurare tale permanenza di validità sarebbe del tutto suffi
ciente l'immutabilità della volontà divina!). Da un'osservazione analoga muo
veva, nello stesso anno 1937, anche il Laporte (La liberté selon D. cit., 45
sg.; poi Le ration, de D., cit., 167 sg.); ma la rimetteva sùbito in discussione,
per concludere poi con la tesi di una completa misteriosità di Dio, in Descar
tes, cioè attribuendogli una teologia ' negativa ' (come ciò significhi distru
zione delle Meditazioni è giustamente osservato dal Del Noce, o. c., 240 sgg.);
mentre in Le ration, de D., 171 sg., concluderà che la garanzia della perma
nenza della verità creata sarebbe fornita direttamente dal principio che Dio,
non potendo avere ad oggetto della propria volontà che l'essere, non può
produrre che il vero (per il che vide sotto, n. 31), ma nel contempo sostenen
do anche che di una garanzia divina avrebbe poi bisogno esclusivamente quel
la permanenza, giacché (secondo l'interpretazione ' humiana ' di Descartes
difesa in tutto il cap. in questione, Certitude et Vérité), l'evidenza attuale
non ne avrebbe bisogno alcuno! Infine, l'Alquié ha considerato la teoria della
creazione delle verità eterne e il principio della veracità divina come espri
menti due tendenze antagonistiche, all'interno del pensiero di Descartes: con
un tal principio, infatti, egli verrebbe a ridare valore ontologico alla nostra
scienza della natura, e anzi al mondo stesso, dopo quella ' derealizzazione ',
con conseguente riduzione della scienza a costruzione ipotetica, che nel '30
sarebbe stata espressa appunto dalla teoria della creazione delle verità eter
ne, come scoperta che l'Essere è soltanto quello trascendente e incompren
sibile (La découv. metaph. de l'homme chez D. cit., 88, 93 sg., 102 sg., 107, 116,
125, 272 sg.). Dove c'è tutta, l'interpretazione dell'Alquié, tanto affascinante
quanto disinvolta: è come dire, infatti, che la vera metafisica di Descartes
è nella lettera a Mersenne del 15 aprile 1630, piuttosto che nelle Meditazioni e
nei Princìpi... (Un'interpretazione analoga, ma con valutazione rovesciata,
già in E. Cassirer, Storia della filosofia moderna5, trad, it., Torino 1963, I,
545, dove veniva posta la questione del circolo vizioso).
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270 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 271
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272 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 273
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274 s. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 275
31 Cf. ο. c., 20 sgg., in riferimento alla lettera a More del 5 febbr. *49 e a
quella a Clerselier del 23 apr. dello stesso anno. Quanto al primo testo, fu
appunto il Koyré ad accorgersi che esisteva anch'esso, sulla questione della
creazione delle verità eterne (è l'ultimo intervento sulla questione, ma anche
il più complesso), mentre non era stato considerato né dal Boutroux né dal
Gilson (né lo sarà, in seguito, ancora dal Gouhier, dal Cronin, ecc.); ma quel
che mancava nel Koyré era l'avvertimento del doppio ordine di impossibi
lità considerato da Descartes, ο delle due logiche, come s'è detto. Quanto
alla lettera al Clerselier, vi si legge: « ens in quo nulla est imperfectio non
potest... pro fine et instituto suo habere non ens, sive non bonum sive non
verum; haec enim tria idem sunt... » (V 357); ma ciò vale per qualsiasi ' ratio
veri et boni ' che Dio avesse voluto statuire, se si guarda alla potenza asso
luta di Dio, e perciò non tocca minimamente la tesi ch'egli abbia deciso li
beramente quella ' ratio ' che di fatto ha voluto; anzi, questa tesi rende ap
punto tautologico l'asserto citato, in Descartes (però se ne può dedurre,
quale attributo necessario di Dio, la sua veracità, come in effetti fa Des
cartes).
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276 s. LANDUCCI
stenere che Dio non può fare certe cose: quelle che alla
nostra ragione si presentano come contraddittorie. E' la pri
ma volta, che lo dice (poi lo ripeterà a Regius, giugno '42,
III 567): quel che dieci anni innanzi non osava dire, trovan
dolo troppo azzardato (al Beckman), e anzi rifiutava di netto
senza ulteriori considerazioni (a Mersenne, 15 aprile), ora può
dirlo invece con tutta tranquillità, non rinnegando nulla del
già acquisito, ma correggendone l'unilateralità. Ora deve dir
lo, anzi, una volta introdotto il principio della veracità divina.
Nella sua completezza, questo giro argomentativo si tro
va esposto da Descartes a colui che dieci anni innanzi egli
aveva eletto a tutore della sua impresa metafisica, il Gibieuf,
nella lettera del 19 gennaio 1642. Il criterio epistemologico su
premo è il seguente: « nous ne pouvons avoir aucune con
naissance des choses que par les idées que nous en concevons
... » (quello ch'è stato chiamato il fenomenismo razionalistico
di Descartes); « et, par conséquent, nous n'en devons juger
que suivant ces idées, et mème nous devons penser que tout
ce qui répugne à ces idées est absolument
impossible et implique contradiction ... ». Si
considerino le contraddizioni che si vogliano, un monte se
valle, un'estensione indivisibile, un'anima inseparabile dal
po; e, una volta accertato, consultando la luce dell'evidenza,
che di contraddizioni indubbiamente si tratti, per la nostra
ragione, si dovrà concludere che si tratta allora di cose a s -
solutamente impossibili, senza permettere che venga ad
intromettersi la considerazione della potenza di Dio onde si
lasci in sospeso il giudizio: «... car autrement Dieu serait
trompeur, et nous n'aurions aucune règie pour nous assurer
de la vérité ... » (III 477 sg.). Come mostrano gli esempi di
contraddizioni esibiti, qui siamo sul piano della logica creata,
di quel che Dio avrebbe anche potuto disporre diversamente,
se avesse voluto; ma è appunto a questo riguardo che si rea
lizza ora (a differenza di quanto avveniva nei casi considerati
precedentemente) una vera e propria autolimitazione della po
tenza divina.
Un siffatto sviluppo del pensiero di Descartes, in una di
rezione inopinata ai tempi del suo primo incontro con la me
tafisica, si produce nel crogiolo di quella seconda stagione
metafisica al cui centro stanno le Meditazioni. Dopo il testo
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 277
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278 S. LANDUCCI
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 279
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280 s. LANDUCCI
che così viene commentato e questo commento c'è dunque una differenza
di punti di vista, che si può formulare dicendo che nei due casi il verbo
potere ha un significato diverso: in (3), così come in (1) e in (5), il signifi
cato di ' possibilità ' (' Non è possibile che Dio ... '); negli asserti menzionati
del '48-'49, il significato di ' capacità ' (' Dio è in grado di ... ' Non nego che
Dio sia in grado di ... '). Questa distinzione (a cui Descartes sembra avvici
narsi proprio nel luogo della IVa Meditazione sulla veracità di Dio: VII 53)
è tutta esplicita in un testo di L. Wolzogen (1669), sempre a proposito della
problematica della veracità divina, che Bayle riprodurrà nella Rem. C del
l'Art. del Dizionario su Gregorio da Rimini. Oggi, la validità di essa è con
vincentemente dimostrata (con riferimento alla moderna logica modale) da
A. Kenny, Human Abilities and Dynamic Modalities, in J. Manninen e R. Tuo
mela (a cura di). Essays on Explanation and Understanding, Dordrecht 1976,
212 sgg.
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LA CREAZIONE DELLE VERITÀ ETERNE IN DESCARTES 281
Sergio Landucci
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