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Claudio Cesa

Filosofia
collana diretta da Le origini dell'idealismo
Pietro Rossi
tra Kant e Hegel

, . bttllo ,lcppo
:.JMOniePi,vllli
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Loescher Editore Torino
106 LE ORIGINI DELL'ID EALISMO TRA KANT E HECEL

che sarà scritta in futuro verrà portato in luce che la


suprema destinazione e dignità della rivoluzione fu nel
suo essere stata un violentis simo stimolo per una reli-
gione assopit a ...
E Fichte sarebbe colui che ha ferito la religione? Se
essenza della religione è l'int eresse per il soprasensibile,
allora tutt a la sua teoria è religione in forma di filosofia.
(Ideen, in « Athe naeum », 1800, vol. III / 1, pp. 4-22) III/ L'IDEALISMO TRASCENDENTALE
Per curioso che possa sembrare, il tema più importante [
del primo idealismo - quello che si può chiamare, secon-
do la definizione che esso stesso accettò, idealismo trascen- )
dentale - non è quello dello spirito, ma quello della realtà.
Si predicava la necessità dell'astrazione (Fichte, anzi, al- i
l'inizio di certe sue lezioni di Jena, chiedeva ai suoi uditori
alcuni minuti di raccoglimento, nei quali essi avrebbero do-
vuto fare Io sforzo di liberare la loro mente da ogni con-
tenuto estraneo), ma soltanto perché si era convinti che
l'astrazione dal contingente fosse la condizione per attinge-
re il reale. Gli studiosi hanno talvolta stabilito un'analogia \
tra questo procedimento e quello cartesiano, quale è espo-
sto nella prima e all'inizio della seconda Meditazione; ed è 7
innegabile una certa affinità, anche se è r~gionevolmente
certo che Fichte non ebbe Cartesio tra le sue fonI~ '
se si fosse attenuto all'immagine che ne aveva dato Kant
nella Critica della ragion pura, lo avrebbe giudicato un I
« idealista problematico » il quale prendeva per certa una
sola affermazione « empirica », l' « io sono ». Il reale che
doveva essere enucleato per liberare gli uomini dal « fan-
I
tasma » della cosa in sé non è soltanto l'auto-consapevolez-
za, l '« io sono io», ma il «mondo» nel quale l'io si esplica
e vive, e nel quale esistono, del resto, tanti altri soggetti
della sua stessa natura. Se «questo» mondo non fosse
reale, non sarebbe reale neanche il soggetto che lo pensa,
anzi, che lo produce. Poche cose suscitavano maggiormente
l'indignazione, o l'ironia, degli idealisti che l'accusa con- ~
sueta che per essi il mondo esterno fosse costruibile a pia-
cere, secondo l'arbitrio di chi lo pensava, o che addirittura
potesse essere negato. Anzitutto, spiegava Fichte, il « mo-
do» di compiere l'atto di libertà è «necessario», in quan-
to fondato sulla « natura dell'intelligenza»: « è qualcosa
110 LE ORIGINI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 111

I di necessario, che tuttavia si presenta soltanto in e con del_mo_ndo~~ Dio (psicologia, cosmologia, teologia razio-1
I un'a zione libera». In secondo luogo, senza il momento del-
nali): 1 temi, msomma, che egli svolse nella dialettica tra-
la resistenza (che fa sorgere l'illusione di un « oggetto in scendentale _e,.in _parte, nelle altre sue opere. Ma mantenere
/ sé») non si spiegherebbe neppu-re-:hmrvità del soggetto. ferma la d1st1nz1one era praticamente impossibile per la
« Io dichiaro pubblicamente - dirà ancora Fichte - che generazione degli idealisti trascendentali che non aveva I
{ lo spirito più intimo , l'anima della mia filosofia è: l'uomo l'abito mentale scolastico di Kant, e che 'era puno-olata sia
I non ha altro che l'esperienza, e giunge, dove che sia, solo dalla polemica astiosa dei tardi Illuministi e det' kantiani )
I con l'esperienza, con la viJ:a ~tessa }>. Si potrebbe natural - n:iod_erati,che dalla su~ propria ossessione delle implica-
i mente discutere a lungo su questa identificazione tra espe- ztom e premesse « pratiche » della nuova dottrina.
l rienza e vita; ma qui importa soltanto mettere in evidenza La tesi dell' « assoluta spontaneità dell'io » finì col por-
l che per Fichte (come anche per Schelling) l'affermazione tare, contro la lettera stessa della Wissenschaftslehre, a con-
I , che nulla è reale se non l'io non implicava affatto che il centrare gran parte della riflessione sull'io, o - il che è lo /
1 .\ 1 mondo esterno (cioè l'ambito di manifestazione e di espli-
ste~so - su quell'attività di esso nella quale avviene la sin- I
l , cazione dell'io) fosse privo di stabilità e di permanenza, di tesi suprema di tutte le altre attività; e si parlò prima, con I
, ' l principi e di leggi fisse e conosc1Dili. apparente ?rt<;>do~sia_ ka:1tiana_,d~ in:it?aginazione trascen- \
Ma da quale angolo visuale doveva essere costruito que- dentale, poi d1 « 10 m se», d1 « mtmz1one », di « io asso-
sto mondo? Non si deve assolutamente sottovalutare il ruo- luto». Ma come pensare che l'io assoluto potesse avere
lo di modello, ma insieme di impaccio, che nelle elabora- una mera dimensione formale, quando sia Schellino- che
zioni filosofiche dell'ultimo decennio del Settecento ebbero Fichte dichiarano che la « scelta » tra idealismo e d~o-ma-
' l'estetica e l'analitica trascendentale di Kant, le quali un- tismo è preliminare a ogni filosofia, e che l'uomo il ;uale l ,,{
ponevano di dare una dedu zione del tempo, dello spazio, senta pulsare in sé la libertà non possa scegliere altro che \
delle categorie. La filosofia, proponendosi questi temi, sem- l'idealismo? Ancora: se l'io non poteva attingere il suo
brava restare sul piano di una metodologia; e la formula contenuto categoriale che da se stesso, come poteva cono-
fichtiana « dottrina della scienza »- era correntemente tra- scerlo se non per «riflessione»? Ma la riflessione, distin- 1
dotta con « scienza della scienza » o « filosofia della filoso- guendo tra il riflette~te e il rif!es.so, rischiava di far risor-
r fia » (già Kant, in una 1ettera a M. Herz del novembre 1776, gere quel processo mtellettualist1co che, scomponendo il
aveva parlato della sua Critica come di una « metafisica soggetto, lo indeboliva - inducendo a fare di lui un fuoco
della metafisica }>). Que sta, della filosofia come riflessione fatuo librantesi su tutti i contenuti; o, al contrario, ad ar-
i sulla filosofia, e quindi come « introduzione }> o « prope-
deutica » al « sistema », fu una concezione fatale per tutto
restare il processo antitetico in un punto qualsiasi, per non
vederlo dissolversi in un processo all'infinito. In altri ter-
il primo idealismo: Kant aveva presentato così la Critica mini: posto che l'io è reale, e che è il fondamento del mon-
della ragion pura, Fichte lo dirà della Wlissenschaftslehre, ?o, come è possibile: a) che ciò venga a conoscenza; b) che
e ancora Hegel della Phanomenologie - salvo a infuriarsi il soggetto finito raggiunga il livello di « io in sé » la sua
se qualcuno, prendendo alla lettera queste dichiarazioni, si
.
propna natura, senza immediatamente perdere la sua indi-
'
metteva poi per proprio conto ad elaborare il sistema. E vidualità? Come è possibile che il fare sia conoscere, e il
) d'altra parte, se il contenuto di quelle grandi opere era in- conoscere fare? Quale di questi due lati costituisce il « li-
troduttivo, non era facile capire quale avrebbe dovuto es- mite » che è insieme principio di individuazione: il fare

!
\ sere l'oggetto del sistema. Kant aveva ancora ben presente nel suo « trovare» un ostacolo (il non-io) o il conoscere
la distinzione scolastica tra metafisica generale e metafisica nella sua attività riflessiva, che « ritorna » sul processo del
1 fare, e lo spiega e dichiara?
I speciale destinata, quest'ultima, a trattare dell'anima,

\
L'IDEALIS M O TRASCENDENTALE 113
112 LE ORI GI NI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL

In questa impostazione c'era il rischio (al quale lo stesso 1. Fichte : il concetto di dottrina della scienza.
Fichte non sfuggì del tutto) di far nascere una sorta di
gioco tra io puro e io empirico, nel quale non era sempre Come si può fondare la certezza del p rincipio in sé?
facile determinare esattamente quando si parlasse dell'uno E come la pr etesa di dedu rre in m odo dete rmin ato la
e quando dell'altro . Di qui l'aspirazione, che si manifestò
ben pr esto in Schelling, di passare dalla « propedeutica » certezza di altre prop osizioni?
al sistema vero e proprio, cominciando, per intanto, a ela- Ciò che il principio stesso deve avere e comunicare
borare una filosofia della natura, allo scopo di mostrare in a tutte le altre proposizioni che si presentano nella
qual senso anche l'altro dall'io fosse reale e vivente. Alme- scienza, lo chiamo conte nuto del principio e della scien-
no all'inizio Fichte salutò con molto favore questo proget-
to, che gli pareva arricchire e integrare in un punto deci- za in generale; il modo in cui esso deve comunicare il
sivo la sua propria filosofia. Molto più radicale fu invece contenuto interno alle altre proposizioni, lo chiamo
un'altra tendenza, rappresentata da Friedrich Schlegel e da forma della scienza. La questione proposta è perciò
Hegel - il fatto che i due personaggi si odiassero cordial- questa: come sono possibili contenuto e forma di una
mente non toglie che, per un breve periodo, si siano tro - scienza in genere, cioè, com'è possibile la scienza stessa?
vati a muoversi nella stessa direzione; se anche non sempre
esplicitato, si trattava di intendere, quando si parl ava di io, Qualcosa in cui questa domanda tro vasse una rispo-
l'io empirico, o, più esattamente, quello affetto da sogget- sta sarebbe per sé una scienza, anzi la scienza in gene-
tività, e di sostituire all'io puro il concetto di Assoluto. Ciò rale.
implicava però recidere il cordone ombelicale che legava Prima ancora della ricerca non si può decidere se
l'idealismo trascendentale al criticismo: nelle loro tesi di
docenza del 1801 sia Schlegel che Hegel uscirono allo sco- sarà possibile rispondere a quella domanda, cioè se tut-
perto, proclamando che il vero idealismo doveva ispirarsi to il nostro sapere abbia un saldo fondamento conosci-
a Platone e alle « idee », non a Kant. bile o se esso, per quanto intimamente possano essere
Questo spostamento non implicava necessariamente una concatenate fra loro le sue singole parti , tutt avia alla
rottura con la filosofia fichtiana. Friedrich Schlegel, nel suo
corso jenense del 1800-1, attinse largamente alla dottrina fine riposi, almeno per noi, sul nulla.
della scienza, che si sforzò di articolare e sviluppare a modo Ma se il nostro sapere ha per noi un fondamento,
proprio combinandovi anche elementi della terza Critica allora a quella domanda deve poter si rispondere e deve
kantiana; ma, anche in questo quadro, la problematica e esserci una scienza nella quale essa riceve una risposta;
lo stesso linguaggio di Fichte vennero sottoposti a una se c'è tale scienza, allora il nostro sapere ha un fonda-
incisiva trasformazione . Il « tendere » dell'io venne trasfi-
gurato in chiave platonica, diventò « nostalgia », mentre il mento conoscibile. Perciò, prima della ricerca, nulla
rapporto tra io empirico e io assoluto diventò quello della può dirsi in anticipo sulla fondatezza o infondatezza
coscienza con l'infinito. Il pensiero romantico si stava svin- del nostro sapere; e la possibilità della scienza richiesta
colando anche dalla filosofia trascendentale, e cercava una non si può dimostrare se non mediante la sua realtà .
propria originale formulazione .
La denominazione di tale scienza, la cui possibilità
finora è soltanto problematica, è arbitraria. Se si doves-
se tuttavia mostrare che il suolo, il quale secondo tutta
L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 115
114 LE ORIGI NI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL

l'esperie nza attua le è adatto per la costruzione delle in generale che significhi esser~ c~rt~; po~
essa dovreb-
scienze, sia già posseduto da quelle che lo occupano, be, in part icolare, dimostrare 1 prmc1p1 d1 tutte le pos-
e che, di pezzi di terr eno su cui non si è edificato se sibili scienze, i quali in esse stesse non possono essere
ne mostra ancora uno soltanto, cioè quello per la scien- dimostrati.
za delle scienze in generale; - se inoltre, sotto un Ogni scienza, se non è un a singola p~oposizion~
nome noto (quello di filosofia), si trovasse l'idea di una stralciata ma un tutt o composto di parecchie propos i-
scienza la quale tuttavia vuol essere o divenire anche zioni, ha forma sistematica. Questa forma, con~izio:°e
scienza, e che intorno al posto in cui si deve edificare della connessione delle propo sizioni dedott e con 11prm -
non riesce a metter si d'accordo con se stessa, allora non cipio che dà il diritto di concluder~ da questa connes-
sarebbe sconveniente assegnarle il posto trovato vuoto. sione che le prime debbono necessariamente . ess~re ~sat-
Se finora con la parola filosofia si sia pensato proprio tamente tanto certe quanto l'ultima, non s1 puo dimo-
a questo 9 no, non ha affatto alcuna importanza per la strare nella scienza particolare, se essa deve avere. unit~
questione. Questa scienza, quando fosse divenuta una e non occuparsi di cose estranee ad essa non pertmen t1,
buona volta scienza, non senza diritto deporrebbe un come non si può in essa dimostra re la verità d~l .s~~
nome che essa ha portato finora per un senso non esa- principio, ma essa è già presupposta ~er la poss1?1hta
gerato di modestia, il nome di conoscenza vana, di scien- della sua forma . Una universale dottrina della scienza
za da amatori, di dilettantismo . La nazione che troverà ha dunque su di sé l'obbligo di fondare la for ma siste-
questa scienza sarebbe ben degna di darle un nom e matica di tut te le possibili scienze.
tratto dalla propria lingua; ed essa potrebbe allora chia- La dottrina della scienza è essa stessa una scienza.
marla semplicemente la scienza, o la dottrina della Anch'essa deve quindi avere anzitutto un principio che
scienza. La finora così detta filosofia sarebbe perciò in essa non può essere dimostra to , ma è presuppo~to
la scienza di una scienza in generale... per la possibilità di essa come scienza. Ma. questo ,prm-
La scienza descritta deve anzitutto essere una scien- cipio non può essere dimostrato neppu r: m alcun a:tra
za della scienza in generale. Ogni scienza possibile ha scienza superiore, poiché allora questa scienza superiore
un principio che in essa non può essere dimostrato, ma sarebbe essa la dottrina della scienza, e non lo sarebbe
dev'esser già certo prima. Ora dove deve essere dimo- già quella il cui principio dove sse ess.ere dimost~ato
strato questo principio? Senza dubbio in quella scienza prima. Questo principio - della dottr ma d~lla s~1en-
la quale deve fondare tutte le possibili scienze. - La za, e per suo mezzo di tutte le scienze e ~1. ogn: s~-
dottrina della scienza dovrebbe, per questo riguardo, pere - è perciò assolutamente non suscettibi le d1 ?1-
operare in duplice modo. mostrazione cioè non si può ricondurlo a nessun prm-
Anzitutto stabilire la possibilità dei principi in gene- cipio superi~re, la cui relazione al primo ne. fac~ia ri-
rale; mostrare come, in quanto, sotto quali condizioni splende re la certezza. Tuttavia esso deve. fo~nire 11fon-
e forse in quale grado qualcosa possa essere certa, e damento di ogni certezza; esso deve qumd1 essere pur
116 LE ORIGINI DELL' IDEALIS M O TRA KANT E HEGEL L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 117

certo, anzi, in se stesso, in virtù di se stesso e mediante altro che avere intelligenza della inseparabilità di un
se stesso. Tutte le altre proposizioni saranno certe per- contenuto determinato da una forma determinata (la
ché si può mostrare che esse gli sono identiche per un qual cosa non può essere niente più che una definizione
certo rispetto; questo principio dev'essere certo solo verbale poiché una definizione reale del sapere è asso-
perché è identico a se stesso. Tutte le altre proposi- lutamente impossibile): allora si può quasi compren-
zioni avranno soltanto una certezza indiretta dedotta dere fin d'ora in che modo, per il fatto che il principio
da esso; esso deve essere immediatamente certo. Sopra assolutamente primo di ogni sapere determina la sua
di esso si fonda tutto il sapere e senza di esso nessun forma semplicemente in virtù del suo contenuto , e il
sapere in generale sarebbe possibile; ma esso non si suo contenuto semplicemente in virtù della sua forma,
fonda su alcun altro sapere, è bensì semplicemente il a ogni contenuto del sapere possa essere determinata
principio del sapere. la sua forma; se cioè ogni possibile contenuto sia com-
Questo principio è certo assolutamente, ossia è certo preso nel contenuto del principio. Quindi se la nostra
perché è certo. Esso è il fondamento di ogni certezza, supposizione fosse giusta e dovesse esserci un principio
cioè tutto ciò che è certo è certo, perché esso è certo; assolutamente primo di ogni sapere, il contenuto di
e non v'è nulla di certo, se esso non è certo. Esso è il questo principio dovrebbe esser tale da racchiudere in
fondamento di ogni sapere, cioè si sa ciò che esso enun- sé ogni possibile contenuto, ed esso stesso non essere
cia perché in generale si sa; lo si sa immediatamente compreso in niun altro. Esso sarebbe il contenuto sem-
tostoché in generale si sa qualcosa. Esso accompagna plicemente, il contenuto assoluto.
ogni sapere, è compreso in ogni sapere e ogni sapere È facile osservare che, presupponendo la possibilità
lo presuppone ... di tale dottrina della scienza in generale, come in par-
La dottrina della scienza però deve dare la sua for- ticolare la possibilità del suo principio, si presuppone
ma non soltanto a se stessa, ma anche a tutte le altre sempre che nel sapere umano vi è realmente un sistema.
scienze possibili e assicurare la validità di questa forma Se vi è tal sistema, allora si può dimostrare anche, in-
per tutte. Ora questo non si può pensare altrimenti se dipendentemente dalla nostra definizione della dottri-
non a condizione che tutto ciò che deve essere propo- na della scienza, che deve esserci un tal principio asso-
sizione di una scienza qualunque sia già compreso in lutamente primo.
una proposizione qualunque della dottrina della scien- (Sul concetto della dottrina della scienza, x, 1-2, pp. 18-19, 20-
22, 24-25)
za e sia quindi già esposto in questa nella sua forma
conveniente. Questo ci apre una facile via per ritornare
al contenuto del principio assolutamente primo della 2 . Schelling: il carattere della critica kantiana .
dottrina della scienza, del quale noi ora possiamo dire
qualcosa di più che non potessimo prima. Ella ha pienamente ragione, amico mio, ad affer-
Se si ammette che sapere con certezza non significa mare storicamente che la maggior parte dei filosofi.
120 LE ORIGINI DELL 'IDEALI SMO TRA KANT E HEGEL L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 121

unica nel suo genere per il fatto che vale per tutti 1 vuto dedurre anche dall'idea di sistema in generale, non
sistemi - o, dal momento che tutti gli altri sistemi dall'idea di un determinato sistema la necessità di po-
sono copie più o meno fedeli dei due sistemi princi- stulati pratici. Se adunque vi sono due sistemi assolu-
pali - vale per ambedue i sistemi, mentre ogni tenta- tamente contrapposti l'uno all'altro, il metodo dei po-
tivo che sorpassi la mera critica può appartenere sol- stulati pratici non può appartenere a uno di essi in
tanto a uno dei due sistemi. La Critica della ragion pura esclusiva: infatti la Critica della ragion pura ha, muo-
come tale deve essere perciò irrefragabile e inconfuta- vendo dall'idea di sistema in generale, dimostrato che
bile, mentre ogni sistema, se merita questo nome, deve nessun sistema - lo si chiami come si voglia - è nel-
essere confutabile per mezzo di un sistema necessaria- la sua compiutezza oggetto del sapere, bensl soltanto
mente opposto. La Critica della ragion pura resterà oggetto di un'azione praticamente necessaria, ma infi-
unica, finché si darà filosofia, mentre ogni sistema tol- nita. Ciò che la Critica della ragion pura ha ricavato
lererà a sé di fronte un altro sistema, che è precisamente dall'essenza della ragione già prima ogni filosofo, che
a esso opposto. La Critica della ragion pura non è cor- fosse guidato dall'idea regolativa di sistema, aveva ap-
ruttibile con l'individualizzazione e perciò vale per plicato da se stesso nell'erezione del suo sistema, forse
tutti i sistemi, mentre ogni sistema porta il marchio senza rendersene chiaramente conto.
dell 'individualità sulla sua fronte, in quanto nessun si- (Lettere filosofiche, v, pp . 35-36, 39-41)
stema può essere compiuto in modo diverso che prati-
camente (cioè . subiettivamente). Quanto più una filo-
sofia si avvicina al sistema, tanto più hanno parte la
libertà e l'individualità, tanto meno esso può preten- 3. Novalis: annotazioni su Fichte.
dere all'universalità.
La Critica della ragion pu ra soltanto è o contiene la In qual modo l'io assoluto diventa un io empirico?
vera e propria dottrina della scienza, perché essa è va- Lo stimolo ad essere io è lo stimolo a pensare e in-
lida per ogni scienza. La scienza può innalzarsi a un sieme a sentire. Entrambi si estrinsecano nella materia
principio assoluto e, se deve diventare sistema, deve e nella forma, reciprocamente. La riflessione ha rice-
farlo. Ma la dottrina della scienza non può affatto sta- vuto adesso la sua determinata maniera di operare (la
bilire un assoluto principio, per diventare in tal modo sua determinata materia), e il sentimento della sua for-
sistema (nello stretto significato della parola), in quanto ma determinata. Entrambi, ciascuno per l'altro , hanno
esso deve contenere il canone per tutti i principi e si- l'apparenza di essere indipendenti. Il bisogno sorto dal
stemi - e non un assoluto principio, non un determi- loro stimolo è soddisfatto. Il come è ignoto a entrambi,
nato, compiuto sistema. È tempo tuttavia di mettere non rientra cioè nella loro sfera. Il fatto che essi siano
fine alla nostra digressione. Se la Critica della ragion indipendenti l'uno dall'altro dimostra loro che sono
pura è il canone di tutti i possibili sistemi, essa ha do- indipendenti. Entrambi appaiono a sé come dipendenti
122 LE ORIGI NI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL
L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 123

soltanto da un io - e nessuno si accorge qui dell'in- del puro io è dunque la caratteristica dell'io in ge-
fluenza dell'altro, attraverso l'identico. nerale.
Vi sono qui allora due io - nessuno dei quali è as- . ~'io diviso è però il diviso - secondo le leggi del
soluto . L'io del sentimento è la materia, l'io della ri- d1v1dere, secondo le leggi, insomma, dell'io puro . Se il
flessione la form a. Entrambi sentono ciò che da loro puro io non fosse, non ci sarebbero leggi; di conseauen-
0

dipende. Il sentimen to trascorre dall'illimitato, che è za l'io puro è sempre. Esso è l'unità nella totalità della
senza saperlo , al limitato che per lo stesso è l'illimitato, forma e della divisibilità della materia.
trascorre cioè da materia a materia, dal condizionato al Noi siamo io, pertanto identici e divisi, pertanto io
condizionante - si illude con e in se stesso. Questa il- mediato e immediato ad un tempo. L'io mediato è
lusione prende origine da quella dipendenza (come con- appunto l'io diviso.
dizionato e condizionante) dall'io, dipend enza che gli è L'io puro non è diviso se non per il fatto che è uno
e non e' uno se non per il fatto che è diviso. '
sconosciuta. La riflessione, nello stesso modo, escogita
la forma - e il soggetto trascorre da ciò che egli pren- Questo è il celebre conflitto interno all'io - che dà
de per il dipendente , dalla forma in generale (che di all'io la sua caratteristica , e che si ritrova già nell'atto
fatto è l'indipendente) a ciò che egli ritiene sì indipen - originario assoluto; esso non è altro che una necessaria
dente, ma che propriamente è dipendente, alla sua for- illusione del solo io media to - che vuol cessare di
ma, o anche alla for ma che la materia contribui sce a essere io mediato, e si oppone quindi a se stesso. Il
determinare; dalla forma originaria alla forma relativa, conflitto, in quanto conflitto, è soltanto nell'io mediato
.
e proprio per questo è necessario - non essendoci con-
'
da forma a forma. La riflessione sublima il suo rap-
por to partico lare con l'io assoluto, e, rovesciandolo, ne flitto che sia origina rio - si consideri soltanto l' ordo
fa l'io - e questo fa anche il sentimento. Sono così inversus dell'io mediato - e questo è propriam en te
presenti due io mediati , quello sentito e quello pensato. il fondamento della contraddizione... ' '
L'io assoluto va dall'infinito al finito, l'io mediato dal Filosofare dev'essere un modo peculiare di pensare .
finito all'infinito. Cosa faccio io quando filosofo? Rifletto su un principio
Ma com'è possibile che l'io assoluto passi nel finito, che è fondamento . A fondamento del filosofare c'è
ove, per ìa sua propria legge, si fa io mediato? pertanto l'aspirazione a pensare un fondamento. « Fon-
L'io assoluto è insieme uno e diviso. damento » non è però « causa » nel senso specifico del
Esso, in quanto diviso, deve avere una coscienza term ine, ma è qualità o costituzione interiore - coe-
empirica - deve, in una paro la, essere io mediato. renza con l'intero. Ogn i filosofare deve pertanto ter-
L'io diviso deve però avere un vincolo unitario - e minare in un fondamento assoluto. Ora, se questo non
lo ha mediante lo stimo lo ad essere io. venisse dato, se questo concetto fosse impossibile al-
L'io dev'essere diviso per essere io - soltanto lo lora l'impulso a filosofare sarebbe un'atti vità infinit; -
stimolo ad essere io lo unifica: l'ideal e incond izionato e pertanto senza fine, perché sarebbe dato il bisogno
126 LE ORIGI NI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 127

accorto di ciò di cui propriamente si parlava. L'autore terno può essere dimostrato o confutato ,· bisoona
::, o
della Wissenschaftslehre ha ritenuto di saperl o; decise accettarlo tutto, o respingerlo tutto .
di dedicare la sua vita ad una esposizione , del tutto (Erste Einleitung, Premessa, in Siimtliche W erke vol. I pp.
419-21) ' '
indipend ente da Kant, di qu ella grande scoperta, e non
lascerà cadere tale decisione. Sarà il tempo a mostrare
se a lui è riuscito di farsi meglio comprendere nel suo Kant non è stato capito , la dottrina della scienza
tempo. Comunque egli sa che non va perduto nulla di non ha trovato diffusione, né è probabile che la trovi
vero e di utile che sia mai pervenuto agli uomini , anche a breve scadenza. Il sistema di Kant e quello della dot-
se soltanto la tarda posterità sapesse tr arne frutto ... trina della scienza sono entrambi idealis tici·, i filosofi
Ho sempre detto, e torno a ripeterlo , che il mio moderni , tutti, sono invece dogmatici, e fermamente
sistema non è altro che quello di Kant: esso ha per decisi a rimanere tali. Pertanto Kant è stato semplice-
contenuto la stessa concezione, mentre, nel suo proce- mente tollerato p erché era possibile presentarlo come
dimento, è del tutto indipendente dall'esposi zione kan- un dogmatico; la dottrina della scienza, che non si pre -
tiana. Ho detto questo non per coprirmi con una gran- sta a una manipolazione di quel tipo, è necessariamente
de autorità, o per dare alla mia teoria un appoggio ad insopportabile per i rappre sentanti del sapere mondano.
La rapida diffusione della filosofia kantiana, dopo che
essa esterno, ma soltanto per dire la verità e per essere
è stata interpretata come è stata interpret ata , è una
giusto ...
prova non della serietà, ma della fatuità del nostro
I miei scritti non pretendono di spiegare Kant, o
tempo. Nella forma che ha assunt o essa è diventata il
di essere spiegati da lui; devono poter stare in piedi
più curioso aborto che mai la fantasia umana abbia
da soli, e Kant non vi è coinvolto. Non mi propongo - inventato, e l'incapacità d"i accorgersi di questo non fa
voglio dirlo subito, con ogni chiarezza - di rettificare molto onore ai suoi difensori; ma si può, d'altra parte ,
e integrare i concetti filosofici attualmente in circola- dimostrare senza difficoltà che ha trovato diffusione sol-
zione, si definiscano essi kantiani o anti-kantian i; mi tanto perché ci si è creduti dispensati, in virtù di essa,
sta a cuore , invece, di estirparli dalle radici, e di pro - da ogni seria speculazione; e si è ritenuto che fornisse
vocare un totale rovesciamento del modo di pensare su il privilegio reale di continuare a coltivare il diletto,
questi punti della riflessione - cosicché con tutta se- superficiale empirismo .
rietà, e non soltanto a parole, l'oggetto venga posto e (Erste Einleitung, 5, in Samtliche Werke, voi. I , pp. 429-30)
determinato dalla facoltà conoscitiva, e non la facoltà
conoscitiva dall'oggetto. Il mio sistema può quindi es-
sere esaminato soltanto muovendo da esso stesso, e non
dalle proposizioni di qualsivoglia altra filosofia; esso
può venir spiegato solo da esso stesso, e solo dall'in -
128 LE ORIGINI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 129

5. Fichte: idealismo tra scendent ale e dogmatismo. ligenza oppure come presente senza l'interv ento di
essa: in quest'ultimo caso può essere o determinato
L'essere razionale :finito non ha nulla al di fuori del- anche per quanto riguarda la qualità, o dato solo quan-
l'esp erienza; questa è ciò che contiene tutta la materia to al suo esistere, e determinabile invece, quanto alla
del suo pensiero. Il :filosofo è necessariamente sotto- qualità, dalla libera intelligenza.
posto alle stesse condizioni; appare pertanto incom- Il primo rapporto conduce a qualcosa di semplice-
prensibil e come egli possa innalzarsi sopra l'e sperienza. mente inventato, lo sia di proposito o no; il secondo
Egli però può astrarre, il che significa separare, in a un oggetto dell'esperienza; il terzo soltanto a un
virt ù della libertà del pensiero, ciò che è congiunto nel- unico oggetto, e mostr eremo subito di che cosa si tratta.
1'esperienza. Nell'esperienza sono inseparabilmente con- Io posso cioè determinarmi con libertà a pensare
giunte la cosa, ciò che dev'essere determinato indipen- questo o quello, per es. la cosa in sé del dogmatico.
dentemente dalla nostra libertà, a cui la nostra cono- Ora, se io astraggo dal pensato, e guardo semplicemente
scenza deve volgersi, e l'intelli genza, la quale deve co- a me, ecco che divento a me stesso, in questo oggetto,
noscere. Il filosofo può astrarre da una delle due: ha l'oggetto di una determinata rappresentazione. Che io
fatto così astrazione dall'esperien za, e si è sollevato al mi appaia proprio determinato in questo modo e non
di sopra di essa. Se astrae dalla cosa gli resta, come altrimenti, proprio come pensante, e pensant e, tr a tutti
principio esplicativo dell'esperienza, una intelligenza in i possibili pensieri, proprio la cosa in sé - ciò deve,
sé cioè astratta dalla sua relazione con l'esp erienza; se secondo il mio giudizio, dipendere dalla mia auto-deter-
' . , .' minazione: è con libertà che io mi sono reso tale og-
astrae dall'intelli genza gli resta una cosa m se, c10e
astratta da ciò che si verifica nell'esperienza. Il primo gett o. Non che io abbia fatto me stesso, in sé; piut-
procedimento si chiama idealismo, il secondo dogma- tosto, sono costretto a pensare prima me, come ciò
tismo. che dovrà essere operato dall'auto-determinazione. In-
Sono possibili soltanto questi due sistemi :filosofici, somma, io sono per me un oggetto la cui qualità, sotto
e di ciò si dovrebb e essere convinti appunto dalla si- cert e cond izioni, dipende soltanto dall'intelligenza, la
tuazione presente. Secondo il primo sistema, le rappre- cui esistenza però è sempre da presupporre.
sentazioni accompagnate dal sentimento di necessità Ora, l'oggetto dell'idealismo è proprio questo io
sono prodotti di quell'intelligenza che, nella spiega: in sé. L'oggetto di questo sistema si presenta davvero
zione, le precede; sulla base del secondo, sono prodotti nella coscienza come qualcosa di reale - non come
di una cosa in sé ad esse precedente ... un a cosa in sé, per la quale l'idealismo cesserebbe di
Tutt o ciò di cui ho consapevolezza si chiama oggetto essere ciò che è, e si tr asformerebbe in dogmatismo,
della coscienza. Ci sono tre tipi di rapporto tra questo ma come io in sé; non come oggetto dell'esperienza
oggetto e il soggetto. rappresentante. L'o~getto co1;:pare (non è infatti determinato, ma viene determinato sol-
come prodotto mediante la rappresentazione dell mtel- tanto da me, non è niente senza questa determinazione,
L'IDEALISM O TRASCENDENTALE 131
LE ORIGINI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL
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anzi, senza di essa, non è) ma come qualcosa che è esplicativo dell'esperienza, debba essere collocato fuori
dell'esperienza - senza che ciò implichi alcuna valuta-
superiore a ogni esperienza. . zione negativa per un sistema ...
L'oggetto del dogmatismo ricade, al contrario, ~otto
gli oggetti della prima classe, che vengono ~rod~t:1 sol- Come si è già detto, l'idealismo spiega le dete rmina-
zioni della coscienza sulla base dell'operare dell'intelli-
tanto ad opera del pensare libero; la cosa 1~ se ~ u:ia
mera finzione, e non ha alcuna realtà. Non s1 puo dire g.enza. Per lui essa è soltanto attiva e assoluta, non pas-
che essa si presenti nell'esperienza: il sistema dell'esp e- siva; non può essere passiva in quanto essa secondo
rienza, infatti, non è altro che il pensiero. accompa~nat? il suo postulato, è il primum, e il più alto; pr~a di essa
non c'è niente da cui possa essere spiegato un suo stato
dal sentimento di necessità - e anche 11dogmatico. 11
quale, come ogni filosofo, deve dare di esso un a spie- di passività. Dallo stesso principio si ricava anche che
all'intelligenza non può essere attribuito neanche un
gazione, non può spacciarlo per qual~he altra cosa. A
quella cosa in sé il dogm~t,ico?lo sappiamo, vuol garan- ~s~ere.in senso .proprio, né un sussistere - perché ciò
e. 11 risultato d1 una azione reciproca, e non esiste né
tire realt à cioè la necessita d1 essere pensata come fon-
vien presunto niente con cui l'intelligenza potrebbe
damento di ogni esperienza - e ci riuscirà se dimostra
essere posta in azione reciproca. Per l'idealismo l'intel -
che l'esperienza può essere spiegata solo in qu_elmodo,
l~genza è un agire, e assolutamente niente di più ; non
e che non è spiegabile altrimenti; ma è proprio ques~?
che è in discussione , e non può venir presupposto c10 s1 deve neanche chiamarla un che di attivo, in quanto
con questa espressione si intende qualcosa di sussisten-
che va dimostrato. . te al quale si accompagni l'attività. Ma l'idealismo non
Rispetto a quello del dog1:1ati~o,l'o ggetto d~ll'~dea-
lismo ha dunque il vantaggio d1 non essere md1cato ha alcun motivo per fare una simile ipotesi, in quanto
come principio esplicativo dell'esperienza, il che .sareb- ciò non è implicito nel suo principio - e tutto il resto
be contraddittorio, e trasformerebbe lo stess.o s1st~ma va invece dedotto in un secondo momento. Dall'ope-
rare di questa intelligenza devono allora essere dedotte
in una parte dell'esperienza; la sua s.ede è i~dicata pmt-
determinate rappresentazioni: quella di un mondo, di
tosto nella coscienza, senza altre aggmnte. L oggetto del
dogmatismo, invece, non può esser consi~e~ato altr_a un mondo materiale situato nello spazio, esistente sen-
che un a mera finzione, la quale , per acqu1S1rerealta , za la nostra cooperazione; rappresentazioni che, com'è
deve attendere che il sistema sia elaborato in modo noto, si presentano alla coscienza. Da un indet erminato
non si può però dedurre un determinato e la formula
convincente. . di ogni deduzione, il principio di ragio~e sufficiente
Si è detto questo soltanto per facilita~e un~ chiara
comprensione · delle differenze tra i due s1stem1, e non non trova qui alcuna applicazione. Quell'operare del:
per derivare qualche argomento contro il sis~ema l'in telligenza che si è posto come fondamento dovrebbe
dogmatico . ".Èla stessa natura d~lla filosofia a ~s1~e~e essere; allora un operare determinato· anzi essendo
che l'o ggetto di ogni filosofia, mteso come prmc1p10 l'int elligenza il supremo principio espÙcativ;, dovreb-
L'IDEALISMO TRASCENDENTALE 133
LE ORIGINI DELL'IDEALISMO TRA KANT E HEGEL
132
gradino più basso della conoscenza. Essa è invece nel-
be essere un operare determinato da essa stessa e dal-
lo spirito umano, il più alto, ciò dal quale atti; o-ono
la sua essenza, non da qualcosa di esterno ad essa.
valore e realtà tutte le altre nostre conoscenze. An;ora:
Il presupposto dell'idealismo, insomma, sarà questo:
Kant dice che ciò che deve precedere l'intuizione è
l'intelligenza opera ma, in ragione della sua propria es-
un'aff~zione della . nostra sensibilità. Da dove questa,
senza, può operare soltanto in un certo modo. Se il
propriamente, derivasse, egli lo lasciò del tutto inde-
modo necessario dell'operare viene pensato distinta-
t~~minat?. Egli tralasciò di proposito qualcosa, che solo
mente dall'operare, si potrà parlare, assai correttamen-
P~~ tardi doveva manifestarsi come il definitivo - il
te, di leggi dell'operare: ci sono dunque leggi neces-
pm al~o .- problema della ragione. Ma seguaci e av-
sarie dell'intelligenza. - Si è reso comprensibile, in
v~rs~,ri di ~uesta filosofia si presero ogni cura proprio
questo modo, anche quel sentimento di necessità che
d1 c10 che 11fondatore di essa, a ragion veduta aveva
accompagna le rappresentazion i determinate; non che
lasc~atoimpregiudicato. Dato che egli, nelle pagine suc-
l'intelligenza senta una pressione dall'esterno - essa,
cessive, aveva parlato di cose in sé, ecco che dovevano
piuttosto, sente in quell'operare i limiti della sua pro-
essere assolutamente le cose in sé ad aver esercitato
pria essenza. L'idealismo, in quanto avanza il presup-
causalità su di noi. Ma sarebbe stato sufficiente andare
posto di leggi necessarie dell'intelligenza (l'unico pre-
avanti a leggere ancora un po' per vedere che secondo
supposto che sia ragionevole, determinato e davvero
la fìloso~a, kantiana, , tutto ciò che per noi è' oggetto,
esplicativo), prende il nome di critico, o anche di tra -
~osa, datita esterna, e diventato oggetto e così via solo
scendentale. Idealismo trascendente sarebbe invece un
m una sinte si originaria dell'i ntuizione. Come condizio-
sistema che derivasse le rappresentazion i determ inate
ni d_iogni ~sperienza egli indica infatti il tempo e lo
da un operare dell'intelligenza libero e sciolto da ogni
spaz10, e spiega che questi non sono affatto un reale
legge: presupposto, questo, del tutto contraddittorio ,
che esista indipendentemente da noi: sono invece
in quanto , come si è rilevato proprio adesso, il prin-
~orme originarie dell'intuizione . Il che ven;e subit~
cipio di ragione sufficiente non è applicabile ad un
i~teso ._.. c~°:e se noi avessimo in dotazione, per la fun-
operare di quel tipo. z10ne ~ntmti~a, ques.te forme, bell'e pronte e già date.
(Erste Einleitung, 7, in Siimtliche Werke, val. I, pp. 425-26,
Ma chi obbligava a mte rpretare in questo modo? Dato
427-28, 440-41)
che ,.K~t. parlava di una sintesi dell'i mmaginazione
nell mtmz10ne, questa sintesi doveva essere allora un'a -
6. Schelling: l'intuizione. z~one. dell'animo, e spazio e tempo, forme di quella
smtesi, dovevano essere forme di azione dell'animo.
Dal tempo e d_allospazio non è che si generi un og-
Kant affermò preliminarmente che, nel nostro pro-
gett o: Ma spazio e tempo designavano pur e, in gene-
cesso conoscitivo, il primum era l'intuizione. Dal che 1
rale, 11modo di agire dell'animo mentre stava intuendo .
ben presto si ricavò l'assioma che l'int uizione fosse il

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