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L’Italia fra poteri locali e potestà universali

1. La frantumazione politica dell’Italia


All’interno del complesso quadro socio-politico dell’Europa nel X secolo l’Italia mostrò
caratteri particolari: nei suoi territori si verificarono tutti i fenomeni esistenti nel resto
dell’Europa, ma ciò che la caratterizzò fu la coesistenza di localismo (esasperato
particolarismo politico) e universalismo (presenza di autorità con funzioni universali).

Il quadro politico era frammentato in quanto esistevano diverse entità sul piano giuri-politico:
● l’Italia settentrionale e quella centrale formavano il Regno d’Italia a cui fu pure associata
la dignità imperiale;
● Puglia, Basilicata, Calabria meridionale e parte della Campania erano inserite nell’impero
bizantino;
○ la sovranità bizantina sui ducati di Gaeta, Napoli e Amalfi era teorica poiché si erano
insediate delle dinastie locali che per difendere i loro domini non avevano esitato ad
allearsi con i Saraceni.
● i territori meridionali (ducato di Benevento, Salerno e Capua) erano di mano longobarda.
● nel 902 gli Arabi avevano completato la conquista della Sicilia.
○ si sentì forte anche la minaccia araba i quali, dopo aver completato la conquista della
Sicilia, si spostavano in tutto il Mediterraneo occidentale e nel Mezzogiorno d’Italia.
● il papa oltre a rivendicare la sua funzione universale si ostinava a voler mantenere la sua
signoria su Lazio, Marche e Umbria.

I territori italiani divennero perciò luogo di scontro tra l’impero bizantino e quello germanico
che si contendevano il controllo sui territori longobardi.

2. Il Regno d’Italia
Il Regno d’Italia, dopo la deposizione di Carlo il Grosso (887), divenne indipendente e fu
attribuito nell’888 al marchese del Friuli Berengario I, il primo di un ventaglio di re che si
susseguirono in modo rapido e caotico.

Contro di lui si mosse il duca Guido II di Spoleto che riuscì a sconfiggerlo, appropriandosi
dell’ormai inutile titolo di imperatore, e consacrò imperatore da papa Formoso anche il figlio
Lamberto che riuscì a mantenere il potere per soli quattro anni a causa delle pressioni sia di
Berengario, che non aveva mai rinunciato a riconquistare il titolo, sia di Arnolfo di Carinzia,
re di Germania a cui si rivolse papa Formoso per sottrarsi dalla pressione che Lamberto
esercitava sui domini pontifici. Arnolfo fu riconosciuto re dai feudatari italiani e incoronato
imperatore dal papa nell’896; purtroppo fu colpito da paralisi e Lamberto, dopo il clamoroso
voltafaccia di Formoso impose come pontefice Stefano VI che portò in giudizio il cadavere di
Formoso, mozzandogli le tre dita con cui benediceva e gettandolo nel Tevere e potè
continuare a governare fino all’898, anno della sua morte.
Berengario I riprese le sue attività e intraprese una disastrosa spedizione militare contro gli
ungari; la sua sconfitta lo rese debole e i suoi nemici gli contrapposero Ludovico di Provenza:
nacque una forte rivalità alimentata dalla nobiltà italiana che in base ai bisogni del momento
accettava l’autorità una volta di uno e una volta dell’altro.
Nel 905 per Berengario iniziò un periodo fortunato: riuscì a porre fine a questa situazione
sconfiggendo Ludovico e rispedendolo in Francia, sconfisse i Saraceni nel 915 e ottenne da
papa Giovanni X la corona imperiale.

Nel 924 questa parabola in ascesa ebbe fine e Berengario fu sconfitto definitivamente da
Rodolfo di Borgogna; questi nel 926 fu scalzato da Ugo di Provenza che detenne il potere fino
al 946 grazie all’appoggio dei marchesi di Toscana, sposando la figlia di Teofilatto, Marozia,
sperando che suo figlio, futuro papa Giovanni XI, potesse fargli ottenere la corona imperiale.

Il suo progetto di dare contenuto effettivo al titolo imperiale però causò malumori tra i
feudatari che allora gli contrapposero il marchese d'Ivrea Berengario II che aveva anche
l’appoggio del re di Germania Ottone I di Sassonia: azione che dà il via all’annessione del
Regno d’Italia a quello di Germania.

Nel 950 Berengario fu incoronato re d’Italia; l’anno successivo Adelaide (la vedova di
Lotario, figlio di Ugo) si rivolse a Ottone I perché era perseguitata da Berengario. Ottone I
colse l’occasione per inserirsi nelle vicende politiche italiane così nel 951 sposò la donna e
scese in Italia dove tutti i feudatari, compreso Berengario, gli fecero atto di sottomissione.
Berengario potè mantenere il regno come vassallo ma qualche anno dopo cercò di
riconquistare la sua indipendenza approfittando degli impegni militari di Ottone in Germania.

Il papa Giovanni XII, sentendosi minacciato, chiese aiuto a Ottone che nel 961 tornò in Italia e
sconfigge definitivamente Berengario II, cingendo sia la corona regia che quella imperiale.
Ottone tuttavia nel 963 lo fece dichiarare decaduto da un sinodo.

L’incoronazione a Roma nel 962 fu paragonata a quella di Carlo Magno poiché si ripresentano
le condizioni per la ricostituzione di un saldo impero basato su uno stretto connubio tra Stato e
Chiesa, sulla ripresa di un’attività culturale, religiosa e su un riordinamento dell’apparato
statale. Come fu anche per l’impero carolingio il nuovo impero trasse ispirazione
dall’universalismo dell’antica Roma e dalla missione di protettori della Cristianità e del
papato.

5. La politica italiana degli Ottoni


Ottone risiedette in Italia dal 961 al 964, negli anni di questa sua permanenza cercò di
risollevare le condizioni del papato avvilito dai troppi anni senza una guida forte e in mano
all’aristocrazia romana. Per prima cosa depose Giovanni XII e si prese l’incarico di garantire
la correttezza dell’elezione papale, sostituendolo col segretario di corte, Leone VIII.
Promulgò (alla base del conflitto papato-impero) il Privilegium Othonis
➢ Mentre si riconoscevano le proprietà e i diritti della Chiesa di Roma, al tempo stesso si
ribadiva il principio che il papa, una volta eletto dal clero romano, dovesse prestare
giuramento all’imperatore;
➢ L’imperatore si arrogava il diritto di pronunciarsi preventivamente sull’elezione papale;
➢ Vietava di consacrare imperatori che non fossero di stirpe germanica.

Nasceva così il Sacro Romano Impero di nazione germanica destinato a sopravvivere fino al
1806, quando Napoleone costringerà il suo ultimo esponente, Francesco II, a deporre la corona

Nel 966 Ottone ritornò in Italia e rimase per ben sei anni; nel 967 fece incoronare imperatore
il figlio Ottone II e dopo si diresse verso sud per annettere i territori longobardi e bizantini.

- Con i Longobardi non ebbe grosse difficoltà visto che i principi di Benevento e Capua
si riconobbero suoi vassalli;
- Diversa storia ci fu per Bari infatti nel 968 fu sconfitto e intavolò delle trattative con
l’imperatore orientale Giovanni Zimisce, il quale nel 972 riconobbe il titolo di
imperatore a Ottone e acconsentì alle nozze tra Ottone II e la principessa Teofane,
portando come dote i territori bizantini dell’Italia meridionale.

Ottone I morì nel 973 lasciando una costruzione politica abbastanza stabile grazie
all’appoggio dei vescovi che aveva ottenuto grazie alla sua lunga residenza in Italia; ma per
suo figlio Ottone II governare non fu così facile visto che dovette affrontare molte situazioni
difficili:
❖ in Germania i duchi di Lorena, Svevia e Baviera volevano recuperare la loro
indipendenza;
❖ in Italia la situazione si complicò in quanto a Roma l’aristocrazia aveva ripreso potere
uccidendo il filo-imperiale Benedetto VI ed eleggendo Bonifacio VII
❖ nella parte meridionale della penisola i Longobardi stavano organizzando rivolte, i
Saraceni avevano iniziato a fare le loro incursioni e i Bizantini non si curavano più dei
patti stipulati tra Ottone I e Zimisce.
Nel 982 fu sconfitto dai Saraceni in Calabria e nel 983 morì a soli 28 anni.

Il suo erede, Ottone III, era ancora piccolo a la reggenza spettò prima alla madre
Teofane e poi alla nonna Adelaide; nel 996 compì 16 anni e potè raccogliere l’eredità del
padre. Con lui si rinvigorì il carattere universale dell’impero e il suo connubio con la Chiesa.
Come primo atto Ottone III nominò pontefice un suo parente, Gregorio V (996-999) e quando
questi morì nominò il suo maestro che prese il nome di Silvestro II (999-1003).
Per tenere sempre saldi i rapporti con il pontefice Ottone III si trasferì a Roma; il suo
programma di restaurazione dell’impero prevedeva la sottomissione di tutte le podestà terrena
e si proponeva di guidare la Cristianità alla felicità terrena e alla salvezza eterna.
La concorrenza e lo scisma tra Chiesa greca e Chiesa romana
Un vero e proprio conflitto scoppiò per il controllo della Chiesa bulgara; le due Chiese si
accusarono a vicenda di superare la propria area di influenza e ben presto il dibattito si spostò
all’ambito teologico e più precisamente alla questione del «Filioque».
Il patriarca di Costantinopoli Fozio scomunicò il papa Niccolò I perché a Roma durante
la recita del Credo si professava che lo Spirito Santo derivasse sia dal Padre che dal Figlio
mentre il Concilio di Nicea del 325 aveva postulato una derivazione solo dal Padre.
Per rimettere la pace l’imperatore Basilio I convocò un concilio nell’869-870 durante il quale
si decretò la deposizione di Fozio e la sottomissione a Bisanzio della Chiesa bulgara.
I contrasti di natura religiosa per alcuni anni furono sopiti ma ripresero violentemente
nel corso del XI secolo quando alla guida delle due Chiese si trovarono due prelati molto
intransigenti: Leone IX a Roma e di Michele Cerulario a Costantinopoli.
La Chiesa Occidentale doveva fronteggiare problemi come il matrimonio dei preti (non
consentito) e l’uso di pane lievitato durante l’Eucarestia ma il problema principale rimaneva
quello del «Filioque».
Nessuno sforzo di conciliazione si ebbe dalle due parti; nel 1054 tre delegati bizantini si
recarono a Roma nel falso tentativo di appianare le tensioni e senza nessuna motivazione di
apertura tanto che al loro ritorno a Costantinopoli portarono la bolla di scomunica del papa al
patriarca che, ovviamente, fece la stessa cosa col papa.
Lo scisma tra le due Chiese si compì senza che però fosse avvertito come un evento
traumatico dal mondo cristiano visto che non era la prima volta che si erano verificate tensioni
tra i vertici della Chiesa romana e di quella bizantina.
La società tripartita e la nascita della borghesia
La repentina crescita delle città fu causata dall’arrivo di molti contadini dalle campagne che
furono attirati dal desiderio di poter sfruttare le nuove opportunità di lavoro che di erano
create all’interno delle realtà urbane con lo sviluppo delle industrie tessili.
Ad arrivare nelle città furono girovaghi, chierici, artigiani, contadini e uomini di condizione
servile che nella città cercavano anche la libertà infatti in molte città tedesche e fiamminghe si
stabilì che se un uomo vi avesse risieduto un anno e un giorno senza reclamarlo sarebbe stato
considerato un uomo libero.
La popolazione urbana era perciò molto varia socialmente ed economicamente e di queste
differenze i cittadini erano ben consapevoli e anche orgogliosi visto che questa molteplicità la
rendeva viva, articolata, specializzata, attiva e diversa dalla campagna ancora soggetta alla
giurisdizione del signore feudale.
A questa spinta di cambiamento però si contrapponeva una rigida divisione sociale che faceva
capo al IX secolo e che divideva la società in tre ordini:
- ​oratores​: coloro che pregavano e predicavano;
- ​bellatores:​ coloro che combattevano per difendere le chiese e il popolo
- ​laboratores​: coloro che lavoravano la terra per sé e gli altri cittadini.
Tra il XII e il XIII secolo i giuristi non poterono fare a meno di notare l’esistenza di una classe
di borghesi tra i ​laboratores ​ma la struttura sociale rimase sempre tripartita in quanto le
attività commerciali erano sempre guardate con sospetto e giudizio perché si credeva che i
mercanti praticassero pratiche poco etiche come l’usura.

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