guerra da bambini e che oggi testimoniano la loro storia, nel libro "I bambini raccontano la Shoah".
Quella che vi riportiamo di seguito è la vera storia di Ela Pasternak e Marian Kaminski, ebrei
polacchi che hanno vissuto la guerra da bambini. Ela riuscì a fuggire con la famiglia in Russia,
mentre Marian veniva deportato a Buchenwald. Qualche anno dopo la guerra si sono conosciuti e
innamorati e insieme hanno deciso di lasciarsi alle spalle l’orrore dell’Europa per costruire una
nuova vita in Israele. Hanno avuto due figlie, Neta e Sarah, che è autrice di un altro racconto del
libro, dal titolo “La favola amara”.
Caro Marian,
sono seduta accanto alla finestra della cucina, con il mio bicchiere di tè fumante e ti guardo
lavorare in giardino. Lo strudel è in forno e mi godo questi ultimi momenti di tranquillità prima
che la truppa di nipoti torni dalla spiaggia per la cena di Shabbat.
Ti scrivo, anche se sei qui accanto a me. Ti scrivo perché le lettere sopravvivono al tempo e
aiutano la mia memoria, ogni giorno più fragile. (…)
L’anno 1939 ha cambiato radicalmente la vita degli ebrei; io ero una bambina di quattro anni,
con i capelli biondi e gli occhi azzurro fiordaliso e sentivo dentro di me la grande angoscia della
mamma, mentre tu eri un bimbo di sei anni che stava per finire nelle mani dei nazisti. La
mamma, la nonna e io siamo fuggite a piedi per raggiungere papà, che da oltre un mese scavava
trincee per l’esercito polacco sul confine con l’Unione Sovietica. Quando abbiamo raggiunto il
confine, hanno bloccato i treni stipati di migliaia di ebrei e siamo rimasti fermi per ore sulle
rotaie. Un giovane ha tentato la fuga ed è stato sbranato vivo dai cani delle SS sotto i miei occhi.
Anche la nonna è sparita e ancor oggi non sappiamo quale sia stata la sua fine.
Nei giorni successivi la mamma e io siamo riuscite a trovare papà e tutti insieme siamo stati
trasportati a Krasnojarsk in Siberia. Quando i nazisti hanno invaso l’Unione Sovietica nel
giugno 1941, siamo fuggiti a piedi e abbiamo camminato per 350 chilometri, in direzione di
Mosca, attraverso boschi e strade in fiamme e sotto i bombardamenti dei tedeschi. Avevo solo sei
anni e ho visto cose orrende. (...) La guerra era finita, continuavo a essere innamorata dello
studio e solo quando ci siamo trasferiti a Wroclaw per seguire i corsi in università, mi sono
innamorata di te. E ora eccoci qui, a ripercorrere 60 anni di vita insieme. (...) Caro Marian, la
mia lettera di oggi si conclude qui, perché devo togliere lo strudel dal forno e apparecchiare la
tavola per la cena. Ti scriverò ancora, forse domani, forse tra una settimana. Ti scriverò ogni
volta che i ricordi cominceranno a sbiadire e dal tuo sguardo capirò che hai letto e che insieme a
me conservi e proteggi la memoria della nostra vita.