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SOCIOLINGUISTICA DELL’INTERAZIONE – cod. 36070 a.a. 2004-05 Prof.

Piera Molinelli
(Secondo periodo)

APPUNTI PERSONALI DELLA DOCENTE


Attenzione: questi appunti non costituiscono dispensa, né
sostituiscono gli appunti personali dello studente, vengono
diffusi soltanto come supporto aggiuntivo per gli studenti che
hanno frequentato il corso.

Contenuto del corso: “Parlanti ed eventi comunicativi”


Il tema di fondo è costituito dai diversi tipi di comunicazione osservati essenzialmente secondo il
punto di vista dei parlanti: si distingueranno quindi innanzitutto le interazioni simmetriche e quelle
asimmetriche. Aspetti privilegiati saranno: l’approccio dell’analisi conversazionale, la tipologia di
eventi comunicativi e le proprietà dei partecipanti a tali eventi. Specificamente per quanto riguarda
la comunicazione istituzionale si approfondiranno le scelte linguistiche e comunicative dei parlanti
in relazione alle finalità e alle caratteristiche delle specifiche interazioni.

Testi da preparare.
In riferimento al programma d’esame, si precisa l’elenco di letture come segue:
Per studenti frequentanti:
1) Cortelazzo, M. A., Pellegrino F., 2003, Guida alla scrittura istituzionale, Bari, Laterza.
2) appunti delle lezioni
3) la lettura di uno dei blocchi seguenti a scelta dello studente:
a) da Pistolesi, E., 2004, Il parlar spedito, Padova, Esedra: Introduzione + 1 cap a scelta.
b) da Galatolo, R. - Pallotti, G., 1999, La conversazione, Milano, Cortina, i seguenti capitoli:
(fotocopia in centro stampa)
Gavioli L., “Alcuni meccanismi di base dell’analisi della conversazione”, pp. 43-65;
Zorzi D., “La dimensione contrastiva nell’analisi della conversazione”, pp. 143-165.
c) da Orletti, F. (a c. di), Scrittura e nuovi media. Dalle conversazioni in rete alla Web usability,
Roma, Carocci, i seguenti capitoli: (fotocopia in centro stampa)
cap. 3 Fiorentino G., “Scrittura elettronica: il caso della posta elettronica”, pp. 69-112
cap. 4 Orletti F., “Conversazioni in rete”, pp. 113-131.
d) da Selleri, P., 2004, La comunicazione in classe¸ Roma, Carocci, pp. 7-52.

Per studenti non frequentanti:


I testi 2 e 3 devono essere sostituiti con il volume: Orletti, F., 2000, La conversazione diseguale. Potere
e interazione. Roma, Carocci.

Altre informazioni:
Gli studenti che scontano in questo corso l’attività di eventuali laboratori sono pregati di contattare la
docente per definire il loro programma di letture.

1
Indice degli argomenti
12. Interazioni simmetriche vs. asimmetriche e il ruolo del regista
13. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’interazione nativo- non nativo
14. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’interazione insegnante-studente
15. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’ interazione in contesto istituzionale
16. Sistema interazionale ed etichetta comunicativa
17. Canale e struttura dell’interazione: interazioni faccia a faccia, mediate e quasi-mediate
18. L’interazione a computer
19. Un caso speciale di comunicazione sincrona a distanza: la chat line
20. La metacomunicazione
21. Etichetta comunicativa e sms: esercitazione

12. Interazioni simmetriche vs. asimmetriche e il ruolo del regista


Si è detto nei paragrafi precedenti [cfr. in particolare § 10] che i partecipanti ad un evento
comunicativo hanno un’identità locale precisa. Differenze sul piano dell’identità locale degli
interagenti possono dar luogo ad interazioni asimmetriche, cioè “interazioni comunicative in cui
non si realizza fra gli interagenti una parità di diritti e doveri comunicativi, ma i partecipanti si
differenziano per un accesso diseguale ai poteri di gestione dell'interazione.” (Orletti 2000:12).
Per comprendere le caratteristiche delle interazioni asimmetriche è utile un confronto con le
interazioni ordinarie che (i) si possono considerare il modello di base della comunicazione
interpersonale; (ii) sono interazioni di natura simmetrica.
Nelle interazioni ordinarie «ciò che uno può, possono gli altri» (Leonardi, Viaro, 1983: 147) e tutti
i partecipanti all'interazione possono, momento per momento, indirizzare l'andamento della
conversazione. Si parla a questo proposito di organizzazione locale ed interazionalmente gestita
dello scambio comunicativo (Sacks, Schegloff, Jefferson, 1974) e l'esempio più evidente di come
questa organizzazione si concretizzi è dato dalle regole per l'alternanza del turno di parola.
Nelle interazioni fra pari si nota che a ogni potenziale completamento del turno è dato a tutti i
partecipanti il diritto di prendere la parola e il turno successivo di discorso è occupato da chi, nella
competizione per la presa della parola, riesce a prevalere. L'esistenza di una vera e propria gara
per assicurarsi il diritto di parola è rivelata dalla presenza di numerose partenze simultanee e dal
fatto che i turni tendono ad essere brevi, in quanto ad ogni possibile completamento del turno può
avvenire la transizione da un parlante all'altro. In una conversazione con più partecipanti non è dato
sapere in precedenza chi parlerà, quando, quanto e di che cosa parlerà, in quanto tutto è deciso al
momento, per la cosiddetta gestione locale, e tutti concorrono con pari diritti a tale gestione.
Nelle conversazioni asimmetriche, invece, è possibile che ci sia una predeterminazione nella
alternanza dei turni, come nelle tavole rotonde, oppure si stabiliscono delle vere e proprie figure
guida, i registi dell'interazione, che controllano l'andamento dello scambio comunicativo nei suoi
molteplici aspetti: meccanismo dei turni di parola, organizzazione tematica, struttura sequenziale
ecc.
Linell e Luckmann (1991, studio citato da Orletti 2000: 14) propongono 4 tipi di dominanza
interazionale (= disparità di poteri inerenti l’interazione) che appartengono al regista:
1. dominanza quantitativa = differenza tra i partecipanti nella quantità di spazio interazionale a
disposizione (numero di parole, numero dei turni, durata dei turni ecc.).

2
Il criterio quantitativo tuttavia può risultare fuorviante: avere più spazio interazionale spesso è
indice più di debolezza che di potere. Si considerino situazioni comunicative come
l'interrogazione in classe, l'interrogatorio di polizia, l'esame dei testi in tribunale.
2. dominanza interazionale = possibilità di mettere in atto mosse deboli o mosse forti in termini
di controllo dell’organizzazione delle sequenze. Si considera una mossa forte quella che dà
inizio ad una sequenza (ad es. una domanda), in quanto determina le azioni (nonché il
contenuto) di chi deve rispondere; la risposta è invece una mossa debole. Un altro luogo
particolare in cui il regista può manifestare il potere di controllo è il cosiddetto “terzo turno”:
posizione strutturale che segue una coppia adiacente (= domanda e risposta). Nella
conversazione ordinaria il terzo turno può essere gestito da chi ha posto la domanda (con
commenti, approvazioni…). Il potere di controllo di questa posizione è accentuato dal fatto che
chi la occupa è in genere la persona che darà inizio alla sequenza successiva. Il terzo turno è
usato in modo diverso nei vari contesti istituzionali: in contesto scolastico è di tipo valutativo, in
contesto medico di solito è una conferma del medico (= ho capito l’informazione), che spesso
approfitta del terzo turno per riepilogare quanto detto nel secondo (in questo modo tira
conclusioni…): non si tratta comunque di un turno neutro.
3. dominanza semantica = controllo sugli argomenti da discutere e capacità di imporre il proprio
punto di vista;
4. dominanza strategica = potere di realizzare le mosse più importanti sul piano strategico. È una
dominanza di tipo diverso dalle altre, in quanto è più legata a fattori esterni (può essere valutata
solo a posteriori, tenendo anche conto dei risultati conseguiti nel tempo).
Tutti questi poteri caratterizzano il ruolo del regista. Altre caratteristiche comuni al ruolo del
regista:
- apre e chiude l’interazione delimitandone i confini interni ed esterni rispetto all’intero
flusso dei rapporti sociali. In contesti istituzionali, le interazioni asimmetriche si aprono
inducendo i soggetti ad assumere l’identità attribuita dalle istituzioni, privandoli dell’identità
precedente o di altre componenti della propria identità (es. da contesto clinico: Mario Rossi
diventa soltanto “il paziente”, indipendentemente da tutti gli altri ruoli che compongono
l’identità personale del signor Rossi [magari professor Rossi]).
Il regista dell’interazione manipola l’attribuzione dell’identità dell’interlocutore: si
costruisce contestualmente l’identità dei partecipanti. Per aprire e chiudere il regista usa
formule e riti (vedi nella teoria degli atti linguistici i performativi: ‘dichiaro aperta la seduta,
la seduta è tolta’).
- il regista attribuisce il diritto a parlare attraverso le varie procedure di etero-allocazione
dei turni. Le tecniche di selezione dei turni sono: eteroselezione e autoselezione (tipica
delle interazioni simmetriche). Il passaggio da un parlante all'altro può avvenire per
autoselezione, cioè il parlante successivo inizia a parlare senza che vi sia un invito a farlo da
parte di chi sta parlando, oppure per eteroselezione, quando chi occupa il turno di parola lo
cede ad un altro partecipante o rivolgendogli una domanda, o chiamandolo per nome o con
un'altra formula allocutiva, o utilizzando segnali di natura non verbale come la direzione
dello sguardo, o, infine combinando segnali verbali con segnali non verbali, come l'uso della
direzione dello sguardo insieme al pronome deittico di II o III persona.
- il regista condiziona tutte le mosse seguenti (ordini, domande, ecc…);

3
- il regista controlla gli argomenti di cui si parla: decide ciò di cui si parla e come se ne
parla;
- ristabilisce l’ordine interazionale nei casi di disaccordo tra partecipanti con commenti
metacomunicativi.

13. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’interazione nativo- non nativo


L’interazione nativo-non nativo, soprattutto quando il non nativo appartiene alla categoria dei
lavoratori immigrati o extracomunitari, è stata definita dagli analisti della conversazione come
(proto)tipicamente asimmetrica. Tale interazione, secondo gli studiosi, è caratterizzata dalla
presenza di un nativo con un ruolo dominante e di un non nativo con un ruolo subordinato per la
distanza linguistica, culturale e sociale che divide gli interagenti (Orletti 2000: 111).
Il ruolo di regista del nativo negli scambi con non nativi è sottolineato continuamente da scelte
linguistiche, comunicative ed interazionali.
Tra tali scelta va citata innanzitutto l’adozione da parte del nativo del foreigner talk (FT). Con tale
termine, introdotto da Charles Ferguson nel 1968, si intende una varietà semplificata di lingua che i
nativi utilizzano per parlare con stranieri. I tratti tipici che contraddistinguono il foreigner talk
riguardano tutti i livelli di analisi del sistema linguistico e sono:
(i) livello fonologico: eloquio più enfatico e rallentato
Il parlato rivolto a non nativi è spesso emesso a voce più alta e il maggiore volume della voce è
concentrato sulle parole chiave dell’enunciato. La lentezza è dovuta non solo ad una più lenta
enunciazione in generale, ma soprattutto a pause più frequenti e più lunghe, di solito accompagnate
da segnali discorsivi del tipo ehm, ahm.
(ii) livello lessicale: uso di vocaboli più comuni e dal significato più elementare
Nel parlato rivolto a non nativi si tende ad utilizzare parole più comuni, preferendo gli iperonimi
agli iponimi (ad es. in italiano parlando della ‘pioggia’ si dirà pioggia anziché pioggerella, scroscio,
acquazzone o diluvio); inoltre si evitano espressioni troppo colloquiali o idiomatiche (ad. es. in
italiano si evita la negazione con mica, un corno, un fico secco).
(iii) livello morfosintattico: uso di frasi dalla struttura sintattica piana e trasparente
Gli enunciati del FT tendono ad essere più corti e meno complessi: i periodi hanno meno
proposizioni, soprattutto quelle dipendenti, e tra queste quelle incassate; le relazioni grammaticali
vengono esplicitate; le strutture marcate (frasi scisse, dislocazioni a dx e sn) vengono evitate ecc.
(iv) livello pragmatico: preferenza per forme più dirette
La preferenza per forme più dirette nel FT si manifesta soprattutto rispetto all’uso degli allocutivi e
alla modalità di espressione degli ordini.
Allocutivi: ad es. in italiano si preferisce la forma allocutiva più diretta ‘tu’ rispetto alla forma più
indiretta ‘Lei’; allo stesso modo in tedesco si preferisce ‘du’ a ‘Sie’.
Ordini: ad es. in italiano sono espressi più spesso con imperativi che con altre forme verbali. Es:
Tu, vieni! anziché Le spiacerebbe venire ?
NB: il FT può essere considerato come un registro universale le cui caratteristiche non variano al
variare della lingua; ciò significa che le caratteristiche del foreigner talk dell’italiano sono le stesse
di quelle del francese, del tedesco, dell’inglese ecc.

Ecco un esempio concreto di FT rivolto a stranieri da parte di un nativo italiano.

4
[dialogo tra un nativo italiano e alcuni stranieri; il nativo guida gli stranieri nel racconto
della trama di un film muto]

1\N\ ma, e se voi vi trovaste, o tu A. o tu M., nella stessa situazione che cosa fareste?
2 mettiamo che voi arrivate in un campeggio
3 volete affittare una roulotte- e non trovate più i documenti
4 che cosa fareste?

A partire dalla riga 2 si osservano alcune strategie tipiche del FT volte a rendere più chiaro quanto
enunciato nella riga 1:
- descrizione esplicita della situazione cui si fa riferimento: nella stessa situazione → voi
arrivate […] documenti;
- esplicitazione dei rapporti semantico-sintattici: se → mettiamo che
- riduzione e semplificazione della morfologia verbale: arriviate → * arrivate

E’ stato osservato che il nativo può utilizzare il FT nelle interazioni con non nativi con una duplice
finalità: (i) di divergenza o (ii) di convergenza.
(i) la varietà semplificata, che spesso è caratterizzata dalla presenza di tratti non grammaticali (→
FT sgrammaticato) è usata dal nativo per sottolineare mancanza di rispetto e discriminazione
sociale verso il suo interlocutore.
(ii) la varietà semplificata è adottata dal nativo per aiutare l’interlocutore straniero nella
comprensione della L2 e per favorire lo scambio comunicativo. L’atteggiamento del nativo, quindi,
è positivo e solidale.
A titolo esemplificativo si confrontino i seguenti frammenti tratti da Orletti (2000: 113)

Frammento 1
[enunciato prodotto da un bambino italiano e rivolto ad un venditore di collanine sulla spiaggia]

Io (.) volere (.) comprare (.) collana

Frammento 2
[interazione tra medico nativo \M\ e paziente non nativo in un ambulatorio della Caritas a Roma]

1 M: appoggia pure la testa (…) comoda?


2 (…)
3 M: io guardo tutti i denti, eh. Apri pure
4 ((comincia a visitarla. Pausa molto lunga))
5 M: dito dente, fa male?(…)
6 (…)
7 questo qui, (..) chiuso

FR. 1: l’enunciato sgrammaticato prodotto dal bambino con l’evidente intenzione di imitare il modo
di parlare dell’immigrato rivela un atteggiamento negativo ed aggressivo il cui scopo è ferire il non
nativo e sottolineare la sua inferiorità sociale oltre che la sua scarsa competenza in italiano.

5
FR. 2: il medico come il bambino ricorre ad un FT sgrammaticato (cfr. soppressione dell’articolo
alla r. 5 e dell’ausiliare ‘essere’ alla riga 1) e scandisce le frasi lentamente; il suo atteggiamento
però è solidale ed è finalizzato a favorire la comprensione del non nativo.

Nelle interazioni con parlanti stranieri il ruolo di regista del nativo è sottolineato soprattutto
dall’utilizzo del FT ma traspare anche da altri elementi come (i) la gestione dei turni di parola (è
generalmente il nativo a stabilire chi deve parlare e per quanto tempo), (ii) la scelta e il controllo
degli argomenti di conversazione, (iii) l’attuazione di mosse forti sul piano interazionale (domande,
ordini ecc.), (iv) l’uso di commenti metacomunicativi per strutturare l’interazione rendendo
esplicito il legame tra le sue parti oppure per ristabilire l’ordine interazionale nei casi di disaccordo
tra gli interlocutori ecc.

Il ribaltamento delle asimmetrie


A questo punto si rende necessaria una precisazione che cercheremo di sviluppare attraverso
l’analisi del frammento riportato di seguito.

FRAMMENTO
[frammento tratto da un’interazione al bar tra Pal \Pal\ e Rupinder \Rup\, immigrati indiani del
Punjab con competenza minima in italiano, l’insegnante del corso di lingua italiana frequentato
dai non nativi \Ins\ e l’intervistratrice \Int\]

1\Rup\ !Senta ^, Margherita! [al momento della formulazione della domanda di Rupinder,
l’insegnante, Maria, non è presente, in quanto si è allontanata qualche istante
per andare a salutare alcuni amici giunti al bar]
2\Int\ !Dimmi!
3\Rup\ &Eh-:&
4\Int\ & Sì &
5\Rup\ [allontanando lo sguardo dall’intervistatrice e rivolgendosi al marito] *# # # * =
6\Pal\ =
7 *# # # *
8\Rup\ [sia Rupinder che il marito con lo sguardo rivolto verso l’intervistatrice]
9 ? Dove- <badante negozio>? =
10\Int\ = ?dove? =
11\Rup\ = eh-: badante-: + a-: + negozio_.
12\Int\ mhm +++[sguardo dubbioso e interrogativo] ? Badante di negozio?
13\Rup\ Sì-: + come-: + badante a-: negozio-: come Italia-:
14\Int\ mhm +++ [sguardo ancora più dubbioso e perplesso]
15\Pal\ No: lei/lei vuole sapere $che/come devi fare per- <badante di negozio>$
16\Int\ + mhm+ ?Come devi fare per-:? =
17\Pal\ = %badante di negozio% + per- mercato + per
18 (a)alimentari o-: + per- ++
19\Int\ ?Per fare che cosa?
20\Pal\ Per fare-: ++ aperto negozio _.
21\Int\ Ah-, ok, adesso ho capito_. Però-: non so cosa devi fare-: eh-: +++ proviamo a chiedere

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22 Maria quando torna [Maria, l’insegnante, si era allontanata qualche istante per
23 salutare alcuni conoscenti arrivati al bar]
24 […]
25\Pal\ [ rivolto verso l’insegnante al suo ritorno al tavolino] Maestra Maria, ?cosa^ devi fare
26 per aperto negozio?
27\Ins\ Eh-:+ , ?scusa-:? per-: ?
28\Int\ Vogliono sapere $cosa bisogna fare per aprire un negozio$
29\Ins\ Non so se è ancora-: così, ma: fino a-: qualche anno fa: ++ devi fare il R.E.C =
30\Pal\ = ?Cosa
31 R.E.C?
32\Ins\ Sì-, il R.E.C è-: un corso, come una patente-:
33\Pal\ Ah-:, + eh- se fare R.E.C+ eh-: + dove fare R.E.C.? Quale indirizzo?
34\Ins\ $Dove dici$ =
35\Pal = ?Quale cità? Cità di Lombardia?
36\Ins\ + Credo a Cremona, alla Camera di Commercio_.
37\Pal\ Ah-:, Cremona vicino_. Eh-: cono/conosce qualcuno aiuta me aperto negozio?
38\Ins\ Se volete-: ++ posso chiedere a: + una famiglia/una famiglia indiana che ha già un
39 negozio a Crema:
40\Pal\ !Sì!
41\Ins\ Va bene_. + Allora mi informo e martedì vi dico qualcosa di più preciso_.
42\Pal\ E poi un’altra cosa che-: siccome: per scuola elettricista Varùn_.
43\Ins\ !Ah, sì! Ho chiesto: + alla scuola e mi fanno sapere: eh-: la risposta la prossima
44 settimana_.

Leggendo con attenzione il frammento si osserva che nell’ultima parte della conversazione (a
partire dalla riga 25) uno dei non nativi, e cioè Pal, mette in atto una serie di mosse che tipicamente
appartengono al regista di un ‘interazione. Tali mosse sono:
- proporre sequenze (cfr. rr. 25;33)
- realizzare azioni forti come le domande (cfr. rr. 30-31; 35; 37)
- strutturare l’interazione in modo che proceda con ordine e introdurre nuovi temi di discorso
(cfr. r. 42)

Nell’ultima parte del frammento, quindi, il non nativo è davvero colui che guida lo scambio
comunicativo.
L’assunzione, pur se temporanea (nella parte successiva del frammento che qui non è riportata il
ruolo di regista verrà ripreso dall’insegnante e poi dall’intervistatrice), del ruolo di regista da parte
del non nativo potrebbe stupire in quanto, come abbiamo detto all’inizio del paragrafo, l’interazione
nativo-non nativo è stata definita da una serie di studi di analisi conversazionale come
(proto)tipicamente asimmetrica e con il nativo nella posizione di regista. Il frammento appena
riportato offre lo spunto per un’importante sottolineatura: bisogna ricordare che negli scambi
asimmetrici i rapporti tra i conversanti non possono essere stabiliti rigidamente a priori; nel corso
degli scambi comunicativi, infatti, le asimmetrie possono essere ribaltate. E ciò può accadere anche
più volte nel corso dello stesso scambio interazionale.

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14. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’interazione insegnante-studente
L’interazione didattica: inquadramento storico essenziale
Qui di seguito alcuni cenni storici essenziali sui principali studi relativi al contesto didattico.
Semplificando i termini della questione, possiamo riconoscere quattro momenti fondamentali e
relativi risultati/fulcri d’attenzione:

1. I primi studi sul dominio scolastico, di stampo sociologico (o meglio, socio-politico) e


pedagogico, risalgono agli anni ’40 e furono condotti negli Stati Uniti: in essi si
approntarono ed utilizzarono strumenti per l’osservazione del comportamento, non solo
verbale, dell’insegnante e proseguirono nei decenni successivi con la messa a punto di
griglie intese a “misurare” lo stile discorsivo dell’insegnante. In ambito britannico e
statunitense comparvero poi studi che vertevano sull’analisi delle condizioni sociali in
ingresso ed in uscita dalla scuola, senza peraltro addentrarsi ad indagare l’interno della
classe.

2. Le prime ricerche sul linguaggio usato in ambito istituzionale scolastico si


svilupparono invece negli anni ‘70 dal filone di studi che legava i risultati scolastici
degli studenti al loro profilo sociale: partendo dal considerare la centralità della lingua
per l’insegnamento/apprendimento, il linguaggio usato a scuola venne indagato quale
possibile causa di esclusione sociale.
La formulazione più compiuta di questa linea teorica si dà con Basil Bernstein (1971),
secondo la cui teoria il linguaggio nei diversi contesti si presenta in forme più o meno
elaborate, e la scuola in particolare sarebbe un contesto in cui è richiesto un “codice
elaborato”. La “teoria del deficit” di Bernstein si basava sui concetti, poi largamente
criticati, di codice sociolinguistico “elaborato” da una parte e “ristretto” dall’altra. Il
“codice elaborato” avrebbe una grammatica accurata, sviluppata, complessa, mentre il
“codice ristretto” utilizzerebbe frasi brevi e semplici, con limitazioni nella gamma e
nella frequenza di elementi quali le congiunzioni, gli avverbi, gli aggettivi. Il linguaggio
che ricorre nelle famiglie di estrazione sociale bassa era considerato meno elaborato di
quanto non fosse richiesto ed atteso a scuola, la quale si modella e rispecchia valori e
lingua delle classi medie. Da lì i maggiori problemi ed i più scarsi risultati degli alunni
della classe operaia rispetto a quelli provenienti dal ceto borghese.
La teoria di Bernstein fu poi sconfessata da studi sociolinguistici coevi e successivi (cfr.
soprattutto Labov) che hanno messo in luce, da un lato, come non sia tanto
l’appartenenza di classe in sé quanto il contesto ad influenzare le scelte di “codice”, e
dall’altro come tutti i “codici” godano di pari grado di elaborazione (nonché di dignità).
Di quegli studi oggi ci resta l’idea, opportunamente precisata, che a scuola si utilizza un
“codice” - o meglio una varietà - a sé: la “varietà scolastica” (Berretta 1977).

• Varietà scolastica: varietà di lingua tendenzialmente formale, modellata, anche


nell’interazione orale, su forme e tratti della lingua scritta (esplicitezza, densità,
elaborazione sintattica…); dove per gli argomenti affrontati ricorre l’uso di
microlingue o lingue specialistiche.

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Qui di seguito alcuni esempi di varietà scolastica1:
• 3^ media, interrogazione di storia, autocorrezione degli alunni: da dislocazione a
sinistra a passivo (Da= Daniela)

\Da\ = %Per (xx) motivi + l'obiettivo della Costituzione l'avevano-: eh- era stato-:+
\un alunno\ %Eh, raggiunto% =
\un altro alunno\ = %Raggiunto% =
\Da\ = Raggiunto_.

• 5^ elementare, interrogazione di storia: rispecchiamento tra insegnante e allievo nel


tratto di esplicitezza

*I5A: mi parli di Colombo [//] di Cristoforo Colombo!


*LUI: +^ allora!
*LUI: Colombo viene [//] Cristoforo Colombo viene da Genova.

• 3^ elementare, interrogazione di storia, richiamo all’uso di un parlato pre-pianificato


(final draft talk)

*I3A: che cosa fa Cristoforo Colombo per [>] poter vedere [>] # se [=! alza volume] +/.
*MIR: per: [/] per: # vedere che a fare tutto il giro del mondo la terra +//.
*MIR: no che era +/.
*I3A: (a)spetta!
*I3A: pensaci bene [>] poi # dimmi una frase fatta bene!
*MIR: sì [<].
*MIR: # per arrivare più velocemente in India ha # ha deciso di andare in Spagna
dai [/] dai re di Spagna e fargli vedere il suo progetto e i re gli hanno dato tre
caravelle.

Un primo passo per la nostra indagine sull’interazione insegnante-alunno è dunque


quello di “riconoscere o considerare la scuola come un contesto speciale, con le proprie
regole linguistiche, sostanzialmente diverse o specifiche rispetto a quelle di altri contesti
della vita quotidiana” (Fele /Paoletti 2003: 22): la scuola richiede una varietà standard
(o meglio una “varietà scolastica” con caratteristiche sue proprie), e vi sarebbe
effettivamente un pregiudizio (inconscio, almeno in parte) verso chi ad essa non si
adegua: “gli insegnanti in genere coltivano un pregiudizio (spesso non cosciente) per cui
reagiscono negativamente alle varietà linguistiche meno prestigiose” (Fele / Paoletti
2003: 25).

3. Dopo il contributo della sociolinguistica variazionista, un ulteriore fondamentale


cambiamento di prospettiva sull’interazione didattica si ha con gli studi di analisi del
discorso condotti da Sinclair e Coulthard (1975), che spostarono il fulcro
dell’attenzione dalla forma linguistica alle forme del discorso utilizzato in classe.

1
Criteri di trascrizione in parte derivati dal Progetto di Pavia (cfr. appunti precedenti), in parte da CHILDES.

9
Sinclair e Coulthard disegnarono la strutturazione del discorso didattico andando ben al
di là dell’unità frasale, identificando 5 livelli: lezione, composta da transazioni,
composte da scambi, composti da mosse, composte da atti. I livelli che interessano il
nostro discorso sono soprattutto gli atti e le mosse.
Possiamo dire che gli atti linguistici sono le “azioni” che compiamo parlando (cfr.
paragrafi precedenti). Qui di seguito un piccolo esempio di analisi per atti linguistici,
rispetto alla quale l’interazione didattica si presta molto bene perché presenta una
gamma di “azioni linguistiche” limitata: a scuola insomma si fanno un po’ sempre le
stesse cose, tant’è vero che Sinclair e Coulthard avevano identificato un totale di 22 atti
compiuti dall’insegnante nello svolgimento dell’attività didattica. Eccone alcuni:

4.
\INS4\ ?a quale stato attuale corrisponde la gallia? (el.1)
\Hz\ ++ (0 rep.)
\INS4\ la gallia-
+ti ricordi^ a quale stato contemporaneo corrisponde_ (el.2)
++ si trova/ CONFINA a nord ovest con l’italia- (cl.)
\Hz\ a/ allora centro italia (rep.)
\INS4\ !ah! (neg. eva.)
\INS4\ la francia! (re.)
\Hz\ ah i(n) francia è vero_ (ack.)
El= elicitation (domanda)
Rep= reply (risposta)
cl.= clue (indizio)
neg. eva.= negative evaluation (valutazione negativa)
ack.= acknowledge (accettazione di una correzione)
re.= repair (eterocorrezione)

La scoperta fondamentale messa a fuoco da Sinclair & Coulthard consiste


nell’identificazione del fatto che l’interazione didattica è fondata su una peculiare
struttura interazionale detta “formato triadico” o “tripletta didattica”, costituita dalle
seguenti mosse:
domanda dell’insegnante che giorno è oggi Munir?
risposta dell’allievo Venerdì.
feedback dell’insegnante Bravo!

La caratteristica interazionale principale dell’interazione didattica è quindi la sua


strutturazione su tre (e non due) mosse.

Alcune precisazioni rispetto all’Analisi del Discorso:


Tra i limiti di questa pur imprescindibile applicazione va tuttavia annoverato il fatto che essa non
permette agevolmente di integrare il comportamento verbale con quello dell’allievo. Inoltre il
“modello di Birmingham” o modello dell’analisi del discorso è considerato da molti come troppo
focalizzato sull’insegnante, al quale sono dedicate per gran parte gli atti categorizzati; infine, la pre-

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definizione delle categorie di analisi porterebbe ad una certa predicibilità dei risultati. Le indagini in
termini quantitativi dei tipi di atti, mosse, scambi realizzati non tengono inoltre debitamente conto
dell’aspetto di co-costruzione dell’interazione, per cui non pare sufficiente dire che l’insegnante
ponga più domande o compia un maggior numero di atti di feedback, se non si integrano questi dati
con un’analisi dettagliata del comportamento verbale (e non) dell’interlocutore con cui i primi sono
intersecati.

Il formato conversazionale basico dell’interazione didattica e le mosse-chiave dell’insegnante


In questo paragrafo riprendiamo una caratteristica dell’interazione didattica particolarmente
importante: la tripletta didattica.
Come si accennava, si deve agli studi di analisi del discorso l’aver identificato un formato
conversazionale dissimile da quello che analisti della conversazione avevano isolato in riferimento
alla conversazione informale tra pari. Se infatti quest’ultima si avvale di molte “coppie adiacenti”
(adjacency pairs, Schegloff / Sacks 1973) quali domanda-risposta, saluto-replica, invito-
accettazione/rifiuto, gli scambi dell’interazione didattica si strutturano essenzialmente su tre, e non
due, mosse2. Queste sono denominate Inizio-Risposta-Feedback, dall’inglese Initiation-response-
follow-up/feedback (IRF), a partire da Sinclair / Coulthard 1975.
Alla strutturazione in “triplette” si ricollega anche la nota “regola del 70%” in base alla quale
l’insegnante parla per il 70 per cento del tempo in cui in classe si parla, che a propria volta ammonta
a circa il 70 % del tempo totale in cui si sta in classe.
Studi sulle diverse strutture di partecipazione in classe, sul grado di “dominanza” nello stile del
singolo insegnante, o sulla modalità di svolgimento delle attività (plenaria o in piccolo gruppo di
pari, ad es.), tuttavia, hanno evidenziato sia come queste percentuali possano oscillare, sia come
questa struttura possa risultare meno pervasiva o apparire priva della sua terza parte caratterizzante.
La presenza della terza mossa discende da una caratteristica peculiare della prima mossa,
l’elicitazione o domanda: infatti, un’altra caratteristica macroscopica dell’interazione didattica è la
presenza (massiccia) di domande di natura non referenziale, bensì di esibizione.

- referential questions: domande referenziali, poste per colmare un reale “buco” (gap)
informazionale, tipiche dell’interazione tra pari.
- display questions: domande di esibizione, tipiche dell’interazione didattica.

Ecco un esempio dove l’alunno non riconosce la vera natura della domanda che gli viene posta, e
necessita di una esplicitazione ulteriore:

5. 3^ elementare, interrogazione di storia


*I3A: ti ricordi # da dove è partito?
*EFR: # sì.
*I3A: si?
*I3A: dimmelo!

2
Schegloff (1988) conferma la coppia come formato prevalente, e parla, per i casi di “terzo turno” presenti nel parlato
informale, di post-expansions.

11
Nella comunicazione quotidiana la maggior parte delle domande che ricorrono sono referenziali,
ovvero sono poste da qualcuno che non sa qualcosa, e vuole, rivolgendosi ad altri, ottenere una data
informazione. La peculiarità delle domande didattiche è al contrario quella di essere poste, al
contrario, da CHI SA, e lo scopo non è di venire a sapere qualcosa, ma di venire a sapere SE
ANCHE L’ALTRO SA.
Si vedano le differenze tra i seguenti microdialoghi (fittizi):

6. Tra amici: in classe:

(Gianni) (scusa) sai che ore sono? John, che ore sono?
Le dieci Le dieci
Grazie Bravo
prego

Alcune osservazioni sulle differenze più macroscopiche tra i due dialoghi:


• Nel primo caso si può o meno nominare l’amico; in classe la nominazione è pressoché
inevitabile, essendo questa un’interazione uno-a-molti.
• Tra amici non è scontato che l’altro debba volerci rispondere, ecco perché è gentile la pre-
formulazione con scusa; in classe questo non serve (anzi, sarebbe fuori luogo: *scusa, mi
sai dire chi era Colombo?).
• In classe inoltre è dato per assodato che lo studente debba possedere la risposta alle
domande dell’insegnante. Non saper rispondere è atto dispreferito e marcato in
negativo.
• Altre conseguenze discendenti dalla strutturazione in triplette e dalla natura non
referenziale delle domande riguardano il fatto che chi chiede “ha in testa” il
contenuto e la forma della risposta. Per questo, le repliche degli studenti sono
passibili di correzione nel contenuto e nella forma:

• 3^elementare, non nativo

*I3A: allora, come [///] # prima [!] di questo viaggio di Cristoforo Colombo andavano in
India +/?
*I3A: +, a +/?
*INE: ++ a: # camminare!
*I3A: rispondimi bene Ines!
*I3A: non si dice a camminare!
*I3A: andavano in India a piedi!

L’altra parte della tripletta che compete all’insegnante è la mossa di elicitazione (domanda
posta per ottenere l’esibizione di una risposta). Anche attraverso questa mossa, che è iniziale

12
per definizione, si esplicita il notevole potere interazionale dell’insegnante, nella sua
prerogativa di “iniziatore” degli scambi.
La strutturazione su tre turni fa sì che la parola idealmente parta dall’insegnante, iniziatore
degli scambi, e finisca ancora a lui. Lo studente che inizia lui uno scambio deve pertanto,
idealmente, chiedere permesso e/o scusarsi. L’estratto seguente vede un allievo che si
permette di intervenire durante una spiegazione. Si notino le sue pre-formulazioni, con le
quali si scusa e richiama il fatto che l’insegnante sicuramente sa ciò che lui sta per dire
(richiamo alla dominanza conoscitiva del docente; cfr. oltre): deve per forza essersene
soltanto dimenticato.

1. *I5A: Cristoforo Colombo [= si interrompe perché vede alzata di mano] +...
*I5A: dimmi Norman!
*NOR: volevo dire eh Cristoforo Colombo, eh!
*NOR: si ricord(a)?
*NOR: era andato nella Spagna e- ', !
*NOR: gli aveva chiesto un po' di soldi tanti allora eh il [/] il re di Spagna aveva detto di no, ma poi
aveva fatto il ragionamento che se [///] credevano che se # fossero andati # in Francia e la
Francia potesse accettare e poi sarebbe andato e quando ritornasse [>] la Francia potesse
distruggere la Spagna!
*STU: 0 [<] [=! risate dalla classe].
*I5A: ho capito perfettamente il tuo ragionamento!
*I5A: Norman dice +"/.

Per sintetizzare: Le domande di esibizione sono tipiche del contesto didattico, mentre
tra pari ricorrono principalmente domande referenziali. Questo è un po’ il cuore della
peculiarità del contesto interazionale didattico, correlato non a caso ancora alla presenza del
terzo turno. Infatti, se le domande non fossero di esibizione ma referenziali, la presenza
della mossa di valutazione perderebbe ragion d’essere.

Per approfondire: la mossa di valutazione fa sì che nell’interazione didattica ricorra una


sistematica violazione delle norme di cortesia (politeness), con l’esecuzione seriale (attesa
ed accettata) di atti di minaccia alla faccia dei propri interlocutori da parte della figura
dominante; le correzioni sono infatti, in questo dominio, generalmente eteroiniziate ed
esplicite, e in tale forma accettate dall’interlocutore, a differenza di quanto non avvenga
nell’interazione quotidiana, dove le correzioni sono più spesso mitigate ed indirette, con
preferenza per le autocorrezioni o quantomeno per le correzioni autoconcluse.

Le dominanze dell’insegnante
Per concludere, riassumiamo qui di seguito le dominanze riscontrabili nella figura del regista
dell’interazione didattica: nell’interazione in classe, asimmetrica e istituzionalizzata, l’insegnante
svolge generalmente la funzione di ‘regista’ e come tale ha maggiore potere sullo svolgimento
dell’interazione, impone il proprio stile espositivo e detiene alcune dominanze, che sono le seguenti

13
(cfr. appunti precedenti sulle dominanze; si aggiunge come nuova l’ultima, la dominanza
CONOSCITIVA).

Le dominanze dell’insegnante

• Dominanza QUANTITATIVA: la durata del turno di parola è spesso sbilanciata in favore


dell’insegnante (anche se in alcuni eventi comunicativi, come l’interrogazione, pare essere vero il
contrario3);

• Dominanza INTERAZIONALE: attraverso “mosse” interazionali “forti” l’insegnante controlla


l’organizzazione delle sequenze (stabilisce i turni di parola, attribuisce il diritto a parlare, ha il potere
di ristabilire l’ordine, ecc.).

• Dominanza SEMANTICA: l’insegnante esercita il controllo sui temi dell’interazione ed ha la capacità


di imporre il proprio punto di vista.
• Dominanza STRATEGICA: l’insegnante pianifica l’andamento della lezione secondo un’ “agenda
nascosta” di cui gli studenti possono non essere (del tutto) informati/consapevoli.

• Dominanza CONOSCITIVA: attraverso le pratiche discorsive e la strutturazione interazionale


didattica l’identità conversazionale dello studente che viene ad essere continuamente ribadita è quella
di “incompetente”.

Tutte queste dominanze sono innegabili e in qualche misura sempre presenti nella generalità delle
classi e delle attività didattiche, anche se stile discorsivo del singolo insegnante, evento a diverso
grado di imposizione (molto alto in esami e spiegazioni, meno nel lavoro di ripasso o in altre attività
didattiche meno pre-codificate), età e numero degli studenti, ecc. sono elementi che influiscono
anche notevolmente sulle caratteristiche, prototipicametne asimmetriche, sin qui delineate. Non va
tuttavia trascurato il fatto che l’allievo, in tutto ciò, non è figura meramente passiva, ma
contribuisce a creare (o a distruggere) l’ordine “imposto” dall’insegnante, in un discorso che
comunque è sempre co-costruito.

15. Tipologie di interazioni asimmetriche: l’interazione in contesto istituzionale


Vediamo ora come molte delle nozioni teoriche relative all’identità degli interagenti e alle figura del
regista che abbiamo citato nei paragrafi precedenti [cfr. in particolare § 10,11,12] trovano
applicazione in una comunicazione “faccia a faccia” che avvenga in un ufficio tra un
operatore/funzionario di ente pubblico e un utente.
[cfr. materiale 4] Come possiamo vedere nello schema 4.2 l’identità dell’operatore si caratterizza a
livello di identità sociale, cioè per il ruolo che ha quando interagisce con un utente: in quel
momento è “l’esperto” che deve dare informazioni o risolvere problemi dell’utente. La sua è una
posizione di potere, inteso come capacità di influenzare gli altri per farli agire in un certo modo.

3
Anche se non così frequentemente come ci si potrebbe aspettare.

14
Il concetto di potere va analizzato in termini di posizione, relazione e comportamento. Chi ha più
potere è in posizione di ruolo più elevato, ha una relazione di dominanza con le persone che nel
contesto ne hanno meno, ha un comportamento di controllo della situazione. [NB: per
l’approfondimento di tali nozioni si rimanda al §16].
Prima di osservare l’identità dell’utente è necessaria un’osservazione sull’utenza che oggi si rivolge
agli enti: in una società che ormai è di fatto multietnica e multilingue operatore e utente possono
appartenere a gruppi etnici diversi, a vari livelli di “diversità”: la distanza sarà minore tra persone
che appartengono a paesi d’origine diversi ma comunque europei, sarà invece maggiore tra un
europeo e un africano o un cinese.
L’identità dell’utente va quindi considerata in relazione a due livelli: l’utente che condivide con
l’operatore una certa identità di gruppo e l’utente che invece si differenzia anche in questo
dall’operatore.
Lo schema 4.3 mostra appunto l’unico punto di differenza rilevante nella situazione tra operatore e
utente dello stesso gruppo etnico: il ruolo sociale caratterizzato da mancanza di potere
nell’interazione.
Lo schema 4.4 mostra come l’identità dell’utente straniero sia invece profondamente diversificata:
intanto nella consapevolezza di appartenere a gruppi (etnico, sociali, religiosi,…) diversi, quindi
nell’identità individuale (resa evidente magari dal colore della pelle, dalla lingua diversa e così
via); a questo si aggiunge naturalmente la condizione di utente con le caratteristiche viste prima.
Questa serie di differenze che si evidenziano in un ente nel rapporto tra operatori e utenti sono le
basi di ciò che si chiama asimmetria comunicativa.
Nel complesso della comunicazione istituzionale ci rimangono da puntualizzare alcuni aspetti in
relazione a tutti i linguaggi che la caratterizzano e che abbiamo inizialmente presentato in via
generale [cfr. prima parte degli appunti § 5).
Per quanto riguarda il linguaggio verbale, l’operatore normalmente deve dare e chiedere
informazioni secondo uno schema che l’utente non condivide (la cosiddetta “agenda nascosta”). La
scarna informatività di questo schema può creare incertezza nell’utente (soprattutto straniero) che
non condivide una serie di conoscenze; questo suggerisce l’opportunità di una serie di commenti,
introduzioni a ciò che si chiede oppure di spiegazioni sul perché si chiede qualcosa. La pura
informazione accompagnata da queste spiegazioni accessorie (chiamate metacomunicazione)
produce sicuramente un’interazione migliore tra i partecipanti e forse anche un’informazione più
completa ed efficace, in quanto spesso previene o elimina i fraintendimenti.
Considerando il linguaggio paraverbale, cioè gli aspetti non verbali del parlato, è stato osservato
che è proprio delle persone che si trovano in una posizione dominante il parlare a voce alta e
lentamente. Anche il silenzio può costituire un messaggio per l’interlocutore, di volta in volta con
funzione diversa: il silenzio mentre un interlocutore parla (accompagnato da uno sguardo attento)
sta ad indicare “rispetto il tuo spazio”; il silenzio e altri segnali non verbali (sguardo distratto,
orientamento non verso l’interlocutore) comunicano invece disinteresse.
Riflettendo poi sul linguaggio non verbale, val la pena ripercorrere brevemente i diversi
comportamenti sottolineandone la valenza nel contesto istituzionale:
1) Contatto fisico. Diversi sono i modi per stabilire un contatto corporeo e diverse le
sue valutazioni. In un ufficio una stretta di mano equivale ad istituire o chiudere
un rapporto formale ma individualizzato; in genere stringere la mano è
un’iniziativa dell’operatore.

15
2) Distanze. Il modo in cui le persone si dispongono nello spazio, le eventuali
barriere tra di loro trasmettono dei messaggi di vicinanza o di distanza. Non c’è
una “regola” assoluta valida per tutte le istituzioni, è soltanto opportuno essere
consapevoli di questo fattore della situazione.
3) Orientamento. Come la distanza, anche il modo in cui le persone si posizionano
le une rispetto alle altre è comunicativo: se l’operatore guarda e parla con il
collega mentre ha davanti un utente, trasmette un messaggio che a parole sarebbe
“non mi interessi, prima faccio qualcos’altro”.
4) Aspetto. Con il modo di vestire e di atteggiarci rispondiamo fondamentalmente
all’obiettivo dell’auto-presentazione. Infatti è stato dimostrato che l’esteriorità
fornisce informazioni anche circa l’indole e lo stato d’animo dell’individuo: gli
estroversi di animo euforico non portano abiti scuri.
5) Postura. E’ la posizione che si assume con il corpo ed è un segnale non verbale
involontario, meno controllabile del volto o del tono della voce. In un contesto
formale può essere un segnale di status: ad esempio chi si prepara ad assumere
una carica importante siede eretto ed in posizione centrale, di fronte agli altri.
6) Cenni del capo. Sono i segnali non verbali più veloci e generalmente fungono da
rafforzamento, approvazione del comportamento dell’interlocutore.
7) Espressione del volto. Sono i fenomeni che si possono osservare sul volto di un
individuo. Va tenuto presente che le espressioni del viso possono essere lette
direttamente.
8) Gesti. Sono tutti i movimenti che si compiono (in quantità rilevante con le mani,
ma non solo) per sottolineare quanto si dice, a volte anche per sostituire il parlato.
9) Sguardo. Lo sguardo svolge un ruolo importante nel comunicare atteggiamenti
interpersonali e nell’instaurare relazioni. Lo sguardo è usato come segnale nel
dare inizio a incontri, nel salutare, per indicare che si è capita una data idea, e
così via. Durante la conversazione, ciascuno dei partecipanti guarda l’altro, per
periodi che vanno da 1 a 10 secondi e per il 25-75% del tempo. Poiché lo sguardo
è sempre un segnale di attenzione, ne consegue che in un ufficio un utente che
viene privato dello sguardo dell’operatore si sente in realtà privato della sua
attenzione.

Il comportamento comunicativo è quindi una forma di azione sociale in cui vengono


reciprocamente interpretate le intenzioni dell’altro e si realizza uno scambio interpersonale che
assume determinati significati, alla luce del contesto cui si riferisce. L’interazione ed il contesto
spesso sono più importanti della comunicazione.
In conclusione, raccomandazioni per l’operatore dell’ente pubblico al servizio del cittadino:
• tenere presente che ogni comportamento non verbale e ogni forma linguistica assume
valenza comunicativa;
• essere consapevoli di asimmetrie a diverso livello in relazione a diversi utenti;
• usare forme linguistiche indicanti relazione (es. forme di cortesia) in modo coerente
e non discriminatorio (rispettando l’identità di utente di chi si ha di fronte);
• usare forme linguistiche relative al contenuto (es. spiegazioni sulla materia) adeguate
all’identità individuale dell’utente (es. se nativo o no).

16
16. Sistema interazionale ed etichetta comunicativa
Il parlare è un atto di identità in quanto dice agli altri come il parlante colloca se stesso e gli altri
nello spazio sociale: “Language acts are acts of identity” (Le Page and Tabouret-Keller 1985: 315).
Sembra che ogni lingua abbia la possibilità di segnalare le caratteristiche sociali di parlante,
interlocutore e del rapporto tra di loro.
In ogni interazione i parlanti possono adottare l’uno verso l’altro comportamenti positivi (di rispetto
e avvicinamento all’interlocutore) e comportamenti negativi (di allontanamento, evitamento,
distacco). Al di là di questa dicotomia, è opportuno sottolineare che nelle dinamiche comunicative è
in atto un solo sistema, unitario, che coinvolge aspetti sociali e culturali, oltre che linguistici.
Perciò lo studio di questo sistema richiede necessariamente approcci interdisciplinari e interculturali
in grado di considerare non solo aspetti linguistici e pragmatici, ma regole di interazione sociale,
convenzioni socio-culturali in base alle quali un comportamento (non solo in base a tratti linguistici)
ottiene un giudizio di appropriatezza. Come il sistema grammaticale di una lingua fa sì che i
parlanti possano assegnare agli enunciati giudizi di grammaticalità [± grammaticale], così la
costruzione del sistema interazionale di una cultura fa sì che ogni parlante-interagente assegni ai
mezzi comunicativi giudizi di appropriatezza [±appropriato] ).
In ogni interazione sono direttamente coinvolti una serie di aspetti, a prescindere dal contenuto: la
“presentazione di sé” degli interlocutori (Goffman 1959, poi “teoria della faccia”), ma anche la loro
valutazione reciproca (status, potere…), il contesto (cfr. co-costruzione del contesto) e, non ultimi,
gli scopi dell’interazione. La considerazione globale di questi aspetti guida il parlante nelle sue
scelte comunicative e l’aspetto più visibile di questa applicazione è costituito dal sistema della
cortesia (politeness), ma è chiaro che il sistema interazionale, legato appunto ai rituali interpersonali
di una cultura ed espressione di una complessità relazionale, poco ha a che fare con la volontà di
essere cortesi o scortesi.
Questo sistema che guida i parlanti nelle interazioni riguarda non soltanto l’attività linguistica, ma
anche l’attività non verbale dotata di valore socioculturale (gesti, intonazione…) per cui sembra
appropriata la definizione di “etichetta comunicativa”, che ha principalmente due caratteristiche:
1. essa opera all’interno del contratto conversazionale che i partners hanno nel singolo contesto
comunicativo; si tratta di un concetto dinamico che varia al variare del contratto
conversazionale, caratteristica che si potrebbe definire “relatività comunicativa”;
2. sul fronte socioculturale il secondo aspetto interessante dell’etichetta è la sua “relatività
socioculturale” non solo fra culture diverse, ma anche in una sola in un dato momento: Blum-
Kulka (1992) ha osservato che in una comunità gruppi/persone diverse hanno idee diverse di
ciò che è un comportamento “cortese”: ci si può chiedere se si tratti di diversa percezione del
valore sociale di tratti del sistema o di diversa interpretazione delle forme. In questo ambito si
potrebbe collocare l’interpretazione di salve secondo gruppi di italiani distinti per età: secondo
un piccolo sondaggio condotto nell’area di Bergamo, salve per i giovani è forma neutrale di
saluto, per i più anziani forma per scambi con sconosciuti o persone più giovani, ma
assolutamente non da usare con interlocutori più anziani o con maggiore potere (per questo
gruppo l’unico saluto ritenuto neutrale sembra essere arrivederci).

Il sistema dell’interazione = l’etichetta comunicativa

17
Il sistema come tale sembra essere un universale, mentre i tratti che lo compongono sono realizzati
o meno nelle diverse lingue. Secondo un’opinione piuttosto generale, i principi che orientano tale
sistema sono due, il potere e la solidarietà; in un’altra sede (Molinelli 2002) sono stati discussi
questi parametri del sistema interazionale, portando argomenti per una ridefinizione a quattro
elementi (potere, solidarietà, distanza e rispetto), proposta basata sia su dati relativi al sistema
interazionale dell’italiano (con i suoi spostamenti nell’ultimo secolo) sia su dati relativi a culture
diverse.
Riassumendo qui brevemente: fondamento del sistema relazionale è il rapporto tra i partecipanti
all’evento comunicativo e come esso viene codificato dal parlante e decodificato dall’interlocutore.
I partecipanti utilizzano sia mezzi linguistici che comportamenti non verbali per (de)codificare i
reciproci rapporti.
Di fatto, il primo, e forse più evidente, riflesso della codifica dei ruoli si ha nella scelta delle forme
allocutive: l’uso del tu reciproco tra parlanti indica in genere una loro familiarità e/o una loro parità
sul piano interazionale. Per questo motivo i pronomi allocutivi sono spesso al centro dell’interesse
per quanto riguarda l’espressione della ‘cortesia’. Tuttavia non va dimenticato da un lato che la
scelta dei pronomi è coerente con un intero sistema (vedi in seguito), - da un altro lato che il sistema
dell’allocuzione ha poco a che fare con l’essere gentili e cortesi, in quanto espressione di una
complessità relazionale governata in gran parte da norme sociali e culturali.
Lo studio di partenza è quello di Brown e Gilman (1960), considerato un classico nel campo
dell’espressione linguistica delle differenze di status tra i partecipanti alla conversazione. Questo
saggio riguarda principalmente l’uso dei pronomi in alcune lingue europee (inglese, francese,
tedesco e italiano), nelle quali il parlante dispone di due forme per rivolgersi al destinatario: una
coppia equivalente all’italiano tu/Lei che indica, secondo gli autori, rapporti di solidarietà o potere
tra gli interlocutori. Secondo questa impostazione dunque potere e solidarietà sono dimensioni
semantiche, nel senso che si ha “co-variazione tra il pronome usato e la relazione oggettiva esistente
tra parlante e ascoltatore”.
La semantica della solidarietà è espressa da una serie di mezzi linguistici (tu, ciao…) e non
linguistici (come per esempio un abbraccio) ed è caratterizzata da reciprocità tra i partecipanti alla
comunicazione.
La semantica del potere è espressa in modo diverso da chi detiene il potere rispetto a chi lo subisce:
si tratta di una relazione asimmetrica in cui, ad esempio, chi detiene il potere usa tu verso il
sottoposto che invece usa Lei. Tuttavia una serie di situazioni rimangono difficili da interpretare in
senso di potere-solidarietà, per cui si rende necessario un nuovo modello di interpretazione della
codifica dei ruoli interazionali dei parlanti (Molinelli 2002) che è basato su quattro parametri: il
potere, la solidarietà, la distanza e il rispetto.
Indipendentemente dal fatto che un sistema linguistico codifichi in modo esplicito ed esclusivo tutti
i tratti, tutte le interazioni possono essere collocate in uno schema che si rapporta a tutti i parametri,
di cui si delineano ora brevemente le caratteristiche sul piano conversazionale:
a) potere: l’esistenza di una dimensione di potere rimane innegabile, anche in situazioni,
come quella italiana, in cui l’uso linguistico sembri avanzare verso forme non di potere, come l’uso
reciproco di tu. Indipendentemente dall’uso pronominale, nelle conversazioni sono osservabili
diversi elementi di verifica del potere: chi ha più potere apre l’interazione, parla di più (in senso
quantitativo), produce turni più lunghi, pone più spesso domande dirette, cambia argomento più
spesso. Il potere di un partecipante sugli altri può avere diverse motivazioni, legate alla sua identità

18
personale o locale (ricchezza, titolo di studio o il ruolo momentaneo di padrone di casa); la
comunicazione in cui il rapporto tra i partecipanti è caratterizzato da disuguaglianza di potere è una
comunicazione asimmetrica (Orletti 2000) e l’asimmetria si riflette nel fatto che i partecipanti non
possono utilizzare gli stessi strumenti comunicativi: ad esempio, fra l’altro chi detiene il potere dà
ordini (di solito con il verbo all’imperativo), usa il tu con il suo interlocutore ricevendo il Lei.
b) solidarietà: è la dimensione della parità comunicativa: tutti gli interagenti possono
utilizzare gli stessi strumenti comunicativi.
c) distanza: è particolarmente rilevante per le culture in cui essa è codificata socialmente:
per i pitjantjatjara l’uso di un registro come quello obliquo è funzionale (come altri comportamenti
non verbali) all’espressione della distanza. In generale questo parametro sembra quello più
manipolabile dagli interagenti: in italiano, quando si dice ad un interlocutore diamoci del tu si
intende ridurre la distanza, ma non necessariamente passare alla solidarietà.
d) rispetto: è una dimensione che si differenzia dal potere in quanto può esistere rispetto in
un’interazione tra pari (l’uso del Voi tra persone di rango elevato ancora oggi nell’Italia del sud,
oppure tra marito e moglie nel passato), si differenzia anche dalla distanza sulla base del tratto
‘conoscenza reciproca’, che è necessario per il rispetto, non per la distanza. In un’intervista, un
parlante in prevalenza dialettofono, che usa il Lei4 con gli sconosciuti (= distanza) o le persone di
livello superiore (= potere) ed il Voi con le persone più anziane della cerchia familiare (= rispetto),
alla domanda “Userebbe il Voi parlando con il sindaco?” ha risposto No sicür, so gnã ci l’è
‘Sicuramente no, non so neanche chi è’ con enfasi sulla parte finale della frase.
Queste dimensioni sono presenti sia nella codifica del parlante che nella decodifica
dell’interlocutore, ciascuno dei quali attribuisce un giudizio di appropriatezza alle scelte dell’altro.
La codifica può essere esplicita, come in diamoci del tu, ma più frequentemente viene espressa in
modo indiretto: il parlante inizia l’interazione con formule di saluto e allocuzioni congruenti
(vocativi e scelte pronominali) che ritiene opportune: in un negozio la giovane commessa alla
cliente dice Ciao, posso aiutarti?, ma alla madre della cliente Buongiorno signora, si accomodi.

potere
+

distanza rispetto
+ +
2 3

1 4

- +
0 solidarietà

Fig. 1 . Il sistema dell’allocuzione analizzato in tratti

4
Si tratta di un parlante sessantenne di livello socioculturale basso, il suo dialetto è il cremonese, che nel Lei distingue
tra forma maschile lü e femminile le, es.: Sciur, lü se disel? – Sciura, le se dísela? ‘Signore, lei che cosa dice?’
‘Signora, lei che cosa dice?’

19
Nella figura ciascun parametro è concepito come un continuum che va dalla presenza all’assenza
del tratto, come viene visualizzato da ciascuna linea i cui estremi sono segnati da + e 0. Si tratta di
un schema ipotetico, non necessariamente realizzato in ogni lingua e in ogni stadio di una lingua.
Un’interazione che si collochi esclusivamente in relazione ad un parametro si disporrà su quella
linea. Ciascun parametro è potenzialmente gradabile: ad esempio, la distanza può essere massima
con l’uso del Lei tra sconosciuti, ma può anche essere intenzionalmente ridotta; si potrebbe forse
attribuire un grado di distanza ridotto all’uso del “noi inclusivo” (il medico al paziente: Come
stiamo oggi?) e un grado zero all’esplicito diamoci del tu.
Ritornando alla figura 1, si può notare che ciascun parametro forma un campo con il parametro
successivo: questo indica che diversi parametri possono (e di norma lo fanno) interagire. Proviamo
di seguito ad esemplificare le intersezioni.
I campi 2 e 3 presentano l’interazione tra potere e, rispettivamente, rispetto e distanza. Si tratta di
interazioni asimmetriche (come segnalano i trattini verticali) in cui i mezzi comunicativi non sono
reciproci. Al campo 2 [+ potere] [+ distanza] sono riconducibili tutti gli scambi in cui, data una
differenza di potere tra gli interagenti, si verifichi un’asimmetria nell’interazione, che può essere
modificata solo dal superiore: un manager, dopo aver usato il tu per un certo periodo con la
segretaria ricevendo il Lei, la invita dammi (pure) del tu. Si tratta di una sorta di concessione per cui
nella costruzione dell’interazione il superiore (ri)negozia la distanza non il potere (che resterà
visibile ad esempio nell’uso di imperativi).
Una diversa resa grafica di questo campo si ha nella fig. 2:

p = potere

3 - ·b ·a
2-
1-
0 ' ' ' ' ' d = distanza
1 2 3 4 5
Fig. 2. Il campo potere-distanza

Applicando i criteri all’esempio precedente possiamo ipotizzare che l’interazione tra manager e
segretaria avrà come coordinate 3p, 3d fin quando la segretaria usa Lei e riceve tu5 (a); quando il
superiore propone l’uso di reciproco di tu (b) l’interazione passa alle coordinate 3p, 1d.
Come esempio di campo 3 [+ potere][+ rispetto] si possono interpretare i diversi esempi (ricordati
da Serianni 1988: 225) in cui nei Promessi Sposi i personaggi di alto rango ricevono il Lei dagli
inferiori, usando il Voi per indicare rispetto secondo determinate convenzioni sociali (XXI 15-27,
l’Innominato verso Lucia).

Tornando alla figura 1, i campi 1 e 4 sono relativi ad interazioni simmetriche: in 4 la solidarietà si


combina con il rispetto, qui nell’ambito della famiglia italiana diacronicamente si osserva il
passaggio dal sistema Voi-Voi a quello tu-tu scambiato tra coniugi, tra fratelli. Il campo 1,

5
Al momento i valori sono assegnati a caso, a fine esemplificativo. Si ritiene obiettivo di singole indagini su momenti
sincronici precisi di una lingua stabilire una scala di riferimento motivata.

20
caratterizzato da [+ distanza] [- solidarietà], è quello relativo agli scambi comunicativi tra
sconosciuti, con l’uso reciproco di Lei.

Torniamo al sistema interazionale (= etichetta comunicativa):


Come si è accennato più volte il sistema interazionale investe comportamenti verbali e non verbali,
congruenti tra loro. Pare interessante sottolineare che il comportamento non verbale può
affiancare quello verbale per lo svolgimento di almeno tre funzioni:
(i) indicare il tipo di relazione (di potere, solidarietà…) tra parlante e destinatario;
(ii) strutturare l’interazione;
(iii) comunicare contenuti di discorso.

(i) l’aspetto potere-solidarietà è espresso a livello non verbale da:


- distanza fisica degli interagenti, oggetto di studio della prossemica. In generale in tutte le
culture c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra distanza fisica e distanza sociale:
maggiore è lo spazio fisico tra due interagenti, maggiore è la distanza sociale che li separa.
- mimica facciale (sorrisi, smorfie…) e alcuni gesti (abbraccio, pacca sulla spalla…).
Imparare a gestire gli aspetti comunicativi appena citati è importante quanto apprendere una
lingua.

(ii) elementi non verbali che strutturano lo scambio comunicativo sono:


- in entrata: strette di mano, inchini, abbracci. Questi ultimi possono essere indice di un
diverso rapporto tra gli interagenti: ad es. una stretta di mano indica una relazione marcata
da distanza; l’abbraccio, invece, indica solidarietà.
Relatività culturale: per salutare un gruppo in Europa si usa un saluto linguistico collettivo e
un cenno per tutti; in wolof (Senegal) bisogna salutare ogni membro del gruppo con il saluto
verbale e non verbale appropriato per ciascun membro.
- nei turni: movimento degli occhi (per chiamare in causa il prossimo parlante), in certe
situazioni l’alzata di mano o lo schiarirsi la gola.

(iii) elementi non verbali che veicolano contenuti:


- movimento della testa per indicare “sì/no”, oscillamento della mano per dire “quasi”, uso
delle dita per contare. Anche questi indicatori sono soggetti a relatività culturale (ad es.“sì”/
“no” indicato in modo diverso in aree geografiche diverse): ogni cultura presumibilmente ha
un repertorio differente.

Tornando ora al comportamento verbale ricordiamo i principali elementi linguistici coinvolti nel
sistema italiano:
• Forme di entrata e uscita (Buongiorno vs. ciao…)
• Elementi di presa del turno (Mi scusi…)
• Allocutivi: vocativi e titoli

6
I dati sono tratti da Caruso (1994).
7
“Oggi la maggior parte dei Pitjantjatjara risiede nei seguenti centri: Ernabella, Amata, Fregon, Pipalyatjara, Yalata
(Australia Meridionale), Ayers Rock ed Areyonga (Territorio del Nord), considerati attualmente proprietà degli
aborigeni in seguito alla promulgazione del “Pitjantjatjara Land Rights Act” del 1981.” (Caruso 1994: 136)

21
• Deissi personale: oltre ai pronomi di cortesia Lei, Voi, vedi anche il noi inclusivo:
con valore sociativo : l’insegnante all’alunno italiano di IV elementare che ha
dovuto rifare il compito “Oh! Adesso sì che abbiamo fatto un bel disegno” oppure
con valore “di modestia” ; hedges come “secondo me”.
• Forme di mitigazione, ad es. i diminutivi: al telefono il direttore della banca al
cliente: Aspetti un attimino.
• Forme verbali opposte (condizionale/imperfetto di cortesia vs. infinito vs.
imperativo: Vorrei/Volevo farti notare che - (da) Notare che – Nota che…), in
questo esempio le diverse forme chiamano in gioco la differenza tra atti linguistici
diretti e indiretti. In generale si tratta di manipolazioni della deissi temporale, con
avvicinamento o allontanamento dal centro deittico (il momento
dell’enunciazione). Avvicinamento (supportivo): uso del presente storico (“vivid
present” in Brown-Levinson 1978: 111), nel racconto di avvenimenti passati si usa
il presente per coinvolgere l’interlocutore. Allontanamento (difensivo): uso
dell’imperfetto (Volevo…)
• Espressioni modali (posso/devo anche aggiungere che…)
• Segnali discorsivi: avverbi, interiezioni, sintagmi preposizionali… (no?, ecco..,) in
particolare quelli detti “interattivi” che sono correlati agli atteggiamenti dei parlanti
verso la specifica interazione. Spesso si tratta di elementi legati alla presa del turno
(Allora vediamo, come si comporterebbe lei in questo caso?) particolarmente
frequenti nel parlato.
• Domande retoriche e domande-coda, usate come strategia supportiva finalizzata ad
un coinvolgimento dell’interlocutore
• In contesti plurilingui va considerato un elemento ulteriore: la scelta stessa del
codice (cfr. vari cap. del libro Dal Negro-Molinelli e diversi lavori di Peter Auer e
per l’Italia, in particolare sulla situazione italiano-dialetto, Berruto 1985 e Sobrero
1992).
Tutti questi elementi, ai quali forse si possono aggiungere altre più fini strategie, formano un
sistema coeso che serve a modellare l’interazione e, viceversa, sono strumenti attraverso i quali il
parlante più o meno consciamente, più o meno esplicitamente, veicola non solo dei contenuti ma la
sua disposizione verso gli interlocutori e l’evento comunicativo nel senso più ampio (contenuti,
finalità, contesto…).
Si è detto che l’etichetta comunicativa costituisce una sorta di impalcatura dell’interazione;
generalmente questa impalcatura è implicita, ma può essere esplicitata o meglio, i singoli elementi
possono essere fatti oggetto di commento da parte dei parlanti (> metacomunicazione) [nb. per
approfondimenti sulla metacomunicazione si rimanda ai § 20).

17. Interazioni faccia a faccia, mediate e quasi-mediate


Punto centrale del discorso che intendiamo ora approfondire è il canale attraverso cui avviene la
comunicazione tra parlanti. Quest’ultimo può essere studiato da almeno due angolature:
a) canale → varietà di lingua diverse;
b) canale → strutture interazionali diverse.
In queste pagine ci soffermeremo in particolare sul punto b) e ci limiteremo ad un rapido cenno al
punto a).

22
a) Canale → varietà di lingua diverse
Il canale/mezzo fisico utilizzato per comunicare (aria, pagina scritta, pc, cellulare ecc.) origina
varietà diverse di lingua (parlata, scritta, mediata).
Fino agli anni Ottanta del secolo scorso ci si era concentrati solo su due varietà: lingua parlata e
lingua scritta. La prima entra in gioco quando il canale per comunicare è rappresentato dall’aria
(cfr. conversazioni faccia a faccia); la lingua scritta, invece, quando il mezzo per comunicare è
rappresentato dalla pagina scritta (cfr. lettere, libri, giornali). A partire dagli anni Ottanta però il
panorama è andato complessificandosi: in quel periodo, infatti, in seguito alla massiccia diffusione
e all’impatto di mezzi di comunicazione a distanza come radio, televisione e cinema, alcuni studiosi
hanno proposto di aggiungere allo scritto e al parlato una terza varietà di lingua: il parlato
trasmesso. Negli ultimi anni poi la situazione è andata complicandosi ancora maggiormente; con la
diffusione dei moderni mezzi di comunicazione (cellulare, computer ecc.), infatti, i confini tra
scritto e parlato sono andati sfumando e si stanno diffondendo sempre più varietà che potremmo
definire ibride. Un esempio tra tutti è quello degli SMS o di forme di comunicazione via pc come le
chat line, che utilizzano la lingua scritta, ma si tratta di uno scritto che imita fortemente la
grammatica e lo stile del parlato.

b) Canale → strutture interazionali diverse


Il canale usato per comunicare influenza lo scambio comunicativo al punto tale da originare veri e
propri modelli interazionali anche molto diversi tra loro.
Secondo il sociologo britannico Thompson (1995) il mezzo usato per comunicare genera tre tipi di
interazione: INTERAZIONE FACCIA A FACCIA; INTERAZIONE MEDIATA; QUASI-INTERAZIONE
MEDIATA. Tutti i possibili scenari comunicativi, secondo Thompson, rientrano in una di queste
forme di interazione.
Nelle pagine che seguono ci soffermeremo in particolare sull’interazione faccia a faccia e su quella
mediata, di cui cercheremo di mettere in luce somiglianze e differenze; faremo solo qualche cenno,
invece, alla quasi-interazione mediata, poiché una sua trattazione adeguata richiederebbe di entrare
in dettagli troppo complessi.

INTERAZIONE FACCIA A FACCIA


E’ la tipologia più antica di interazione; ancora oggi è la più comune e diffusa.
I tratti costitutivi di tale forma di interazione sono: (i) compresenza fisica degli interagenti, (ii) uso
del canale visivo e uditivo, (iii) struttura che prevede, almeno nella sua forma prototipica,
un’apertura ed una chiusura codificate e, internamente, il susseguirsi di turni, (iv) negoziazione e
co-costruzione del significato da parte degli interlocutori.
(i) compresenza fisica degli interagenti
L’interazione faccia a faccia richiede la compresenza degli interagenti, i quali si trovano quindi a
condividere lo stesso sistema di riferimento spazio-temporale. Gli interlocutori possono essere due
(→ interazione uno-a-uno ) o più di due (→ interazione uno-a-molti ).

La loro compresenza consente innanzitutto di verificare costantemente e in vari modi il passaggio


dell’informazione dal mittente al destinatario: l’avvenuto passaggio del contenuto informativo può
essere segnalato dal ricevente attraverso feedback di conferma di tipo verbale (mhm, sì, ok, ho

23
capito) o attraverso la mimica facciale (sorrisi) e movimenti del corpo (cenni di assenso fatti col
capo); viceversa la non comprensione del messaggio può essere esplicitata attraverso interruzioni di
tipo verbale (“Non ho capito!”/“Puoi ripetere?”) o di nuovo attraverso la mimica facciale (smorfie,
aggrottamento delle sopracciglia) e movimenti del corpo (cenni di non assenso fatti col capo o con
l’indice che si sposta da sn a dx ecc.).

La compresenza fisica degli interlocutori inoltre permette di veicolare contenuti informativi non
solo attraverso il codice verbale, ma anche attraverso mezzi paralinguistici (volume e intonazione
della voce, enfasi, velocità di eloquio, pause, esitazioni, silenzi), cinesici (gestualità, mimica
facciale) e prossemici (distanza fisica e gestione dello spazio: maggiore o minore distanza fisica
indica un rapporto di maggiore o minore distanza sociale tra gli interlocutori).

La compresenza fisica degli interlocutori, infine, ha una serie di conseguenze sul parlato: esso è
linguisticamente ellittico, molto implicito, ricco di elementi deittici (elementi il cui significato può
essere ricavato solo conoscendo il contesto in cui essi sono inseriti) ecc.
Si considerino i seguenti esempi:

[una studentessa, non lontano dall’università, incontrando un’amica che ha appena sostenuto
un esame le chiede]
Allora, com’è andato?
Una domanda di questo tipo dal carattere fortemente implicito è resa possibile dal fatto che le due
amiche condividono lo stesso contesto situazionale e pertanto sanno che una delle due aveva un
esame da sostenere.

[dialogo tra amiche in un negozio d’abbigliamento]


A. Prendi questo o quello?
B. Questo perché quello ha un colore che proprio non mi piace
Il carattere implicito del parlato e la massiccia presenza di ‘deittici’ è giustificata dal fatto che le
interlocutrici condividono lo stesso contesto e pertanto non hanno bisogno di specificare che
‘questo’ e ‘quello’ si riferiscono a dei maglioni.

(ii) uso del canale uditivo e visivo;


(iii) apertura e chiusura codificate e, internamente, alternanza del turno di parola
Nella sua forma prototipica l’interazione faccia a faccia ha una struttura che prevede un inizio ed
una fine segnalate da formule codificate e, internamente, il susseguirsi di turni. Le formule
codificate che aprono e chiudono l’interazione sono i saluti. Questi ultimi sono tipicamente verbali
(Buongiorno, Ciao), ma possono essere accompagnati anche da formule di saluto non verbali
(stretta di mano, abbraccio, baci sulla guancia). Al suo interno l’interazione è caratterizzata
dall’alternarsi dei turni di parola degli interagenti. L’alternanza del turno di parola segue regole ben
precise e può avvenire attraverso le tecniche della eteroselezione oppure dell’autoselezione. Ecco
un breve frammento che esemplifica quanto è stato appena detto:

24
[frammento tratto da un’interazione tra Mario\Ma\ e Giovanni\Gio\, due colleghi di una
multinazionale]
1 \Ma\ ?Ciao Giovanni, c’è Paolo? [saluto accompagnato da un cenno della mano]
2 \Gio\ No, non c’è. E’andato negli uffici della nuova sede_.
3 \Ma\ ?C’è Luigi?
4 \Gio\ No, neanche lui_. !Ma allora vuoi parlare con tutti tranne che con me!
5 \Ma\ !Ma dai, smettila. Non è vero! E’ solo che volevo sapere da qualcuno del
6 turno di stamattina se il capo ha chiesto di me per la questione
7 dei finanziamenti_.
8 \Gio\ !Boh!
9 \Ma\ Beh, non importa,torno più tardi_. A dopo_.
10 \Gio\ Ciao_.

(iv) negoziazione e co-costruzione del significato da parte degli interlocutori


Nel corso dell’interazione faccia a faccia attraverso processi di codificazione e decodificazione i
parlanti negoziano e co-costruiscono continuamente il significato dell’interazione. Accade cioè che
elaborando il proprio messaggio attraverso elementi verbali e non verbali (processo di
codificazione) e scomponendo e interpretando il messaggio dell’interlocutore (processo di
decodificazione) i parlanti costruiscono insieme (negoziano e co-costruiscono) momento per
momento i contenuti dell’interazione.
A titolo esemplificativo si consideri il seguente frammento tratto da un’interazione nativo-non
nativo:
[frammento tratto da un’interazione tra Sandeep \Sa\, non nativa indiana con competenza media in
italiano e l’intervistatrice italiana\Int\. Sandeep sta parlando dei rituali di sepoltura usati nel suo
paese d’origine]

1\Sa\ /……./ stavo dicendo no che-: finchè la corpo brucia loro rimangono là-: + dopo prendono
2 quella cenere lì:
3\Int\ sì-:
4\Sa\ + mettono in uno:/una vaso lì, diciamo_anche quella lì ottone eh-: @@ sempre noi usiamo
5 tantissimo di: ottone_ + eh-: dopo- + met/loro mettono dentro + e portano in + sai_il ++ il
6 un/uno: + eh-: no-: no ricordo: eh-: com/come si dice eh-:
7\Int\ ?Quale/qual è la parola che non ricordi?
8\Sa\ Co/come quello vicino di mia casa però più grande [indicando con il braccio verso la
9 finestra della cucina che dà sul cortile, oltre il quale scorre un canale]
10\Int\ !Non capisco, prova a spiegarmi meglio!
11\Sa\ +++
12\Int\ ?Ti ricordi come si dice in inglese?
13\Sa\ Eh-: in nostra lingua si chiama GANGA_.
14\Int\ ?Ganga? [con tono dubbioso]
15\Sa\ In inglesi Gangis_si dice_.
16\Int\ !Ah, ho capito, il fiume Gange!
17\Sa\ Eh- sì, Gange fiume!
18\Int\ !Ah, ma aspetta, ho capito! La parola che non sai è FIUME!

25
19\Sa\ !Fiume^, sì!
20\Int\ !Sì, però attenta!, il fiume è diverso da quello che c’è vicino a casa tua-, perché qui vicino
21 c’è il canale e-: non è proprio la stessa cosa: ++ cioè voglio dire che il canale^
22 <soprattutto quello che c’è di fronte a casa tua>, è più piccolo del fiume, <soprattutto se
23 pensiamo a un fiume come il Gange>_. No_no , non hanno lo stesso significato, nel
24 senso che il canale è più piccolo e/e: il fiume può essere molto più: grande eh-: e portare
25 molta più acqua_.
26\Sa\ mhm ++ %sì% /……/

A partire dalla riga 6 in cui Sandeep esplicita la sua difficoltà rispetto ad una lessema dell’italiano e
fino alla riga 19 si vede bene come le due interagenti lavorano insieme turno dopo turno per
superare la difficoltà linguistica della non nativa che ostacola la loro interazione. Lo sforzo
congiunto delle due locutrici comincia alla riga 7, dove l’intervistatrice chiede alla non nativa qual è
la parola italiana che non ricorda. A tale richiesta l’immigrata risponde ricorrendo ad una forma
parafrastica cui aggiunge anche elementi non verbali (cfr. r. 8-9). Non riuscendo, in base alla
parafrasi, a comprendere qual è la parola momentaneamente dimenticata dall’indiana,
l’intervistatrice chiede a Sandeep di dirle almeno il corrispettivo inglese della parola italiana
ignorata (cfr. r. 12). La non nativa non risponde direttamente alla domanda della nativa, ma afferma
che nella sua lingua si dice “Ganga” (cfr. r. 13) e in inglese “Gangis” (cfr. r. 15). Da tali
affermazioni la nativa capisce che l’informante intende riferirsi al Gange, ma soprattutto comprende
che la parola ignorata da Sandeep è “fiume” (cfr. r. 16-19). Alla riga 18 viene finalmente risolto il
problema lessicale che ostacolava lo scambio comunicativo tra l’informante e la nativa.
INTERAZIONE MEDIATA
Rientrano in questo gruppo le conversazioni telefoniche, l’ interazione attraverso lettere ed SMS e
le varie forme di comunicazione mediata dal computer. CONVERSAZIONI TELEFONICHE
Uno studioso italiano che si è particolarmente occupato di conversazioni telefoniche, Fabrizio
Bercelli, sottolinea che “tutto ciò che si può fare al telefono si può fare anche -più o meno
agevolmente- in un incontro faccia a faccia; l’inverso non vale nella stessa misura, ma vale
ampiamente” (Bercelli in Bazzanella 2000: 177).
Quali sono allora i tratti più significativi che differenziano le conversazioni telefoniche da quelle
faccia a faccia? Sono due:
(i) sistema di riferimento spazio-temporale
Le interazioni telefoniche, come quelle faccia a faccia, sono sincrone ( = vi è contemporaneità di
trasmissione e ricezione del messaggio tra mittente e ricevente); con le conversazioni telefoniche,
però, i parlanti però non condividono lo spazio fisico dell’interazione, cioè si trovano a comunicare
da due contesti separati. La più rilevante conseguenza di ciò è che nelle conversazioni telefoniche le
risorse espressive sono affidate al solo codice verbale e agli elementi paralinguistici (volume e
intonazione della voce, enfasi, velocità di eloquio, pause, esitazioni) e i parlanti non possono
ricorrere ai mezzi cinesici (gestualità, mimica facciale) e prossemici (distanza fisica tra gli
interlocutori e gestione dello spazio) che giocano un ruolo tanto rilevante negli scambi comunicativi
faccia a faccia. Da un punto di vista strettamente linguistico la non compresenza fisica degli
interlocutori implica che il parlato telefonico sia meno ellittico, più esplicito e ricorra meno
frequentemente ad elementi deittici rispetto a quello della conversazione faccia a faccia.
(ii) canale

26
Le interazioni telefoniche si servono solo di quello uditivo, a differenza di quelle faccia a faccia che
sfruttano sia quello uditivo che visivo.
Fatta eccezione per i punti appena esemplificati le conversazioni faccia a faccia e quelle telefoniche
presentano una serie di caratteristiche comuni:
(i) varietà parlata di lingua;
(ii) numero di interagenti
Nelle conversazioni telefoniche, come in quelle faccia a faccia, grazie allo sviluppo di moderne
tecnologie (ad es. vivavoce) la comunicazione può essere uno-a-uno, ma può essere anche multi-
party;
(iii) apertura e chiusura codificate e, internamente, alternanza del turno di parola
Studi condotti a partire dagli anni Settanta del secolo scorso hanno evidenziato che anche le
conversazioni telefoniche, come quelle faccia a faccia, hanno una struttura ben definita che prevede
un’apertura ed una chiusura codificate e, internamente, l’alternarsi del turno di parola tra gli
interagenti.
Secondo il sociologo Schlegloff la parte della telefonata maggiormente strutturata sarebbe
l’apertura, tipicamente articolata in cinque fasi.
Nb: si presentano ora tali fasi con l’aiuto del frammento riportato di seguito, tratto da una
conversazione telefonica nativo-non nativo:

[conversazione telefonica tra Sandeep\Sa\, non nativa con competenza media in italiano e
l’intervistatrice\Int\]

1\Int\ [squillo del telefono]


2\Sa\ ?Pronto?
3\Int\ ?Sandeep?
4\Sa\ Sì_.
5\Int\ Sono Margherita_.
6\Sa\ !Ah!, !Ciao^ Margherita^!
7\Int\ !Ciao! + ?Come stai?
8\Sa\ Bene grazie_.
9\Int\ Senti eh-: ti ho chiamato così: eh-: per/per sapere come va dato che-: eh-: non ci vediamo da
10 un po’_. ++ Allora^, ?tutto bene? Mi racconti qualcosa di nuovo?
11\Sa\ Eh-: forse c’è qualcosa nuovo, però non so- + eh-: perché: sto cercando una casa nuova no-
12 eh-: + + e parlo con una signora chi vende case martedì- prossima settimana _.
13\Int\ !Dai^, speriamo bene! /……/

Come si è accennato secondo Schlegloff l’apertura tipica di una conversazione telefonica prevede
cinque fasi: (i) apertura del canale di comunicazione, (ii) identificazione, (iii) saluti, (iv)
interessamenti, (v) entrare nel merito.
La prima fase, ovvero l’apertura del canale, è caratterizzata dal fatto che il chiamante manda un
segnale (lo squillo del telefono) per verificare se c’è qualcuno dall’altra parte del filo; chi risponde
dicendo “pronto”, mostra che qualcuno c’è ed è pronto ad interagire. Nel nostro frammento questa
prima fase è esemplificata alle righe 1-2 e il ruolo di chiamante appartiene all’intervistatrice. Nel
corso della seconda fase poi, il chiamante controlla se ha effettivamente raggiunto la persona
desiderata e, in caso di risposta positiva, passa ad autoidentificarsi. Nel nostro frammento questa

27
fase comprende le righe 3-5. In esse, infatti, l’intervistatrice controlla se ha effettivamente raggiunto
la persona desiderata e dopo averlo appurato (cfr. r. 4), provvede ad autoidentificarsi (cfr. r. 5).
La terza fase è quella dei saluti. Come si può notare, Sandeep si rivolge all’intervistatrice con un
saluto amichevole (“!Ah!, !ciao^ Margherita!), subito contraccambiato dall’intervistatrice.
La quarta fase in cui gli interagenti dimostrano di interessarsi l’uno all’altro comprende le righe 7-8,
ed è seguita dalla quinta fase in cui si ha l’esplicitazione del motivo della telefonata. (cfr. r.9-10).
(iv) negoziazione e co-costruzione del significato da parte degli interlocutori

LETTERE
I tratti più rilevanti che differenziano l’interazione tramite lettere dallo scambio faccia a faccia sono
tre:
(i) varietà scritta di lingua;
(ii) non compresenza fisica degli interagenti;
(iii) asincronia: con le lettere, infatti, non vi è contemporaneità di trasmissione e ricezione del
messaggio tra mittente e destinatario.

SMS
SMS è un acronimo per Short Messagg Service e indica un servizio che permette di inviare e
ricevere messaggi di testo alfanumerico fino a 160 caratteri da un telefono cellulare ad un altro. La
comunicazione via SMS è nata nel 1992 e si è rapidamente sostituita ad altre forme di
comunicazione (ad es. lettera scritta, cartolina, telefonata) soprattutto presso le generazioni più
giovani.
I tratti che differenziano la comunicazione via SMS da quella faccia a faccia sono:
(i) varietà scritta di lingua;
Va precisato però che la lingua dei messaggini imita fortemente grammatica e stile del parlato . Tale
imitazione arriva a un punto tale che molto studiosi definiscono la lingua dei messaggi via cellulare
come “scrittura orale” (Cosenza in Bazzanella 2000: 201);
(ii) non compresenza fisica degli interagenti;
(iii) asincronia
L’interazione via SMS è asincrona. Con i messaggi via cellulare, tuttavia, lo scarto che separa il
momento di scrittura da quello di lettura è di solito molto più breve che con altri mezzi (ad es.
lettere o cartoline): se il cellulare ricevente è acceso e non ci sono disguidi tecnici, infatti, un SMS è
recapitato più o meno in 6 secondi, cosa che genera negli interagenti una sorta di “illusione di
condivisione temporale” (Cosenza in Bazzanella 2000: 196).
Numerosi studi hanno dimostrato che gli utenti assidui di SMS, soprattutto i più giovani,
considerano i messaggi via cellulare come un mezzo di comunicazione molto veloce, addirittura
istantaneo; quando tali utenti mandano un messaggio, infatti, si aspettano una reazione repentina
(un altro SMS o una telefonata) e vivono con fastidio o addirittura con apprensione e tensione ogni
ritardo, anche minimo, nella risposta. Un ritardo nella risposta ad un SMS inviato in precedenza
nella maggior parte dei casi è considerato dai giovani utenti di SMS come un segno di disinteresse o
di disattenzione nei propri confronti; solo in un secondo momento essi pensano che il ritardo nella
risposta possa essere dovuto a disguidi tecnici o al fatto che il terminale del loro destinatario sia
spento o fuori campo.

28
Il ritardo nella risposta ad un SMS può essere più o meno accettato perché legato a situazioni
particolari (‘Stavo guidando e non potevo scrivere’ , ‘Mi si è scaricato il cellulare’ ) o a
idiosincrasie del soggetto ricevente (‘E’ fatta così, ci mette sempre tanto a rispondere’), ma in ogni
caso è vissuto con disagio, è indesiderato.
(iv) alternanza dei turni di parola
La comunicazione vis SMS funziona principalmente attraverso coppie (rapido ‘botta e risposta’ tra
gli interagenti) e triplette (al rapido ‘botta e risposta’ tra gli interagenti segue l’ulteriore conferma
da parte del primo emittente dell’avvenuta ricezione della risposta). Ci sono poi alcuni rari casi di
SMS con funzione espressiva o poetica che hanno senso isolatamente e non richiedono risposta.
Diversamente dalla comunicazione via cellulare, l’interazione faccia a faccia prevede una maggior
varietà e imprevedibilità del meccanismo di alternanza del turno di parola.

COMUNICAZIONE MEDIATA DAL COMPUTER


Sotto l’etichetta di comunicazione mediata dal computer (CMC) si collocano varie tipologie di
interazione. In questa sede ci limitiamo a citare tali tipi di interazione e a elencarne i caratteri
comuni più rilevanti; per una trattazione approfondita ed esaustiva dei tipi di CMC rimandiamo a
Bazzanella 2000: 253-267.
Va detto innanzitutto che le interazioni via pc si suddividono in due grandi categorie: interazioni
sincrone vs. interazioni asincrone. Tra le interazioni sincrone (= la ricezione del messaggio tra
mittente e destinatario avviene istantaneamente) si ricordano vari tipi di chat line (direct chat,
multiple chat e loro evoluzioni: MUD e MOO) e forum on line. Al gruppo delle interazioni
asincrone (= la ricezione del messaggio tra mittente e destinatario richiede uno certo scarto di
tempo) appartengono in vece e-mail, mailing list, newsgroup.
Tutte le interazioni appena citate sono poi accomunate da:
(i) non condivisione dello spazio fisico tra mittente e destinatario;
(ii) uso della lingua scritta (nb: la maggior parte delle interazioni mediate da pc, tuttavia, usa una
lingua scritta che imita grammatica e stile del parlato).

QUASI – INTERAZIONE MEDIATA


E’ la tipologia di interazione che avviene attraverso i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa:
RADIO, TELEVISIONE, CINEMA E STAMPA (LIBRI E GIORNALI). Ciascuno di tali scambi comunicativi
meriterebbe un approfondimento a parte; poiché pero tale operazione richiederebbe di entrare in
dettagli troppo complessi ci limitiamo a delineare i tratti che tutte queste forme di interazione
hanno in comune:
- spazio: emittente e destinatario non condividono lo spazio fisico dell’interazione;
- tempo: l’interazione è sincrona nel caso della radio e della televisione (nb: un caso un po’
particolare è dato dalle trasmissioni registrate in quanto il messaggio non viene fruito dallo
spettatore/ascoltatore nel momento della sua reale produzione ma in un momento successivo);
asincrona negli altri casi (cinema e stampa).
- destinatario: è un pubblico ampio e frammentario (comprende individui dislocati su un territorio
di vasto raggio) e indifferenziato (composto da individui appartenenti a contesti socio-culturali
diversi). La comunicazione è di tipo uno-a-molti e questi molti non sono del tutto noti alla fonte
emittente.

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- struttura dello scambio comunicativo: è un’ interazione asimmetrica e monodirezionale in cui il
messaggio parte dalla fonte emittente e viene diffuso ai destinatari. Questi ultimi hanno il ruolo di
ricettori passivi che non possono reagire al messaggio ricevuto; una parziale eccezione in tal senso
è rappresentata solo dalle telefonate in diretta alle trasmissioni radiofoniche e/o televisive.

Nb: Thompson definisce l’interazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa come una
quasi-interazione e non come uno scambio comunicativo vero e proprio. Ciò deriva dal fatto che,
secondo lo studioso, ci sono almeno due fattori basilari dell’interazione (nb: tratti presenti sia nello
scambio faccia a faccia che in quello mediato) non rispettati dall’interazione con i mezzi di massa:
(i) nell’interazione vera e propria i partecipanti allo scambio comunicativo sono tutti noti e ben
definiti (cfr. interazioni con i mezzi di massa in cui il mittente è noto, ma il ricevente è un pubblico
indefinito);
(ii) nell’interazione vera e propria sia mittente che destinatario hanno un ruolo attivo e agiscono per
costruire insieme il significato dell’interazione. Ciò avviene attraverso azioni di scambio, risposta,
interruzione, modifica del messaggio iniziale (cfr. interazioni con i mezzi di massa in cui, tranne nel
caso della telefonata in diretta alla trasmissione, il contenuto informativo è gestito solo dal mittente
dello scambio comunicativo).

18. L’interazione a computer


1.Verso una creolo elettronico?
La nascita di nuove tipologie di interazione mediate (da PC, telefono cellulare ecc.) sta
determinando un profondo cambiamento rispetto alle caratteristiche e alle funzioni legate al mezzo
scritto. Esso infatti:
1) ha assunto molti caratteri dell’oralità
2) ha perso il carattere togato e aulico che lo identificava come mezzo di comunicazione formale

nuove definizioni: “discorso elettronico”, “parlato visibile”, talky writing; si tratta di nuovi
scenari in cui la lingua scritta è diventata uno strumento di socializzazione, di costruzione di
relazioni sociali informali. Interessante ipotesi di Naomi Baron (1999 e 2000): la lingua in Internet
è un nuovo pidgin, perché nasce dal contatto tra dimensione orale e dimensione scritta; secondo la
studiosa questo miscuglio fa pensare che si possa progressivamente assistere alla nascita di un
creolo elettronico.

Difficoltà a classificare le interazione on-line si mettono in relazione tratti che si ritengono


prototipici del mezzo scritto o orale in quanto tale e che invece sono tipici di una particolare
situazione comunicativa e non del mezzo in quanto tale.

Ad es. la pianificazione (solitamente indicata come tratto peculiare dello scritto) può essere ritrovata
in una conferenza (in una situazione comunicativa “orale”); oppure, per converso i messaggi SMS (
di fatto scritti) hanno tratti tipici del parlato, perché scarsamente pianificati.

Il fatto che il sistema “linguistico” nella rete sia “instabile” è evidenziato dall’elevato numero di
indicazioni stilistiche, peraltro non sempre concordi, o netiquette, che si ritrovano in rete.

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La parola telematica sembra però avere tutti gli svantaggi della lingua scritta e quasi nessun
vantaggio della lingua orale. Rabbia, felicità, umorismo, comunicazione ambigua ...sono difficili da
esprimere attraverso la lingua scritta, anche perché spesso l’estrema velocità di circolazione delle
informazioni on-line non stimola la riflessione, tipica invece del mezzo scritto (ad es. episodi di
Flaming sono abbastanza frequenti).

Si è cercato di risolvere il problema attraverso la ricerca di sostituti iconici alle modalità


comunicative tipiche del parlato (“che diventa visibile”). Cfr ad esempio l’introduzione di
emoticons, ovvero di chiavi di lettura del messaggio. Oppure l’uso della punteggiatura (punto
esclamativo, di domanda, maiuscolo per l’innalzamento della voce, interiezioni, scrittura continua
che rispecchia iconicamente la continuità del flusso del parlato).

Diventa quindi fondamentale indagare la CMC rispetto alla specificità dei nuovi generi testuali nati
con Internet (pagine web, IRC e E-mail, blogs).
Da questo punto di vista la prospettiva d’indagine interazionista (ovvero la prospettiva d’indagine
che assume che fatti linguistici e fatti sociali siano in parte co-determinati, senza che si debba/possa
stabilire una relazione prioritaria tra gli uni e gli altri) sembra particolarmente adatta al contesto
della comunicazione mediata tutto è creato attraverso la scrittura che determina il contesto, la
relazione tra emittente e ricevente, il tipo di testo, che a loro volta in un processo circolare
determinano la tipologia di scrittura.

2. Il testo ai tempi di Internet


Una delle caratteristiche fondamentali dei testi on-line è la transtestualità “[...]ovvero l’interazione
che si stabilisce tra i testi nel momento in cui si rinviano l’un l’altro.” (Cicalese 1999: 197)
I contenuti di un testo vengono quindi chiariti grazie alla relazione che intrattengono con altri testi.

Si tratta di testi formati da frammenti di testo (anche nodi o pagine) connessi tra loro per mezzo di
collegamenti (links), che indicano all’utente che dietro queste parole possono celarsi ulteriori
informazioni (appunto collegamenti transtestuali). A livello interazionale la scelta da parte
dell’emittente (il webmaster), delle hotwords, diventa fondamentale per l’interazione con il lettore.

Da ciò deriva un’altra importante caratteristica dei testi on-line, ovvero la loro non linearità (o
anche multilinearità, o reticolarità). Il testo on-line può essere consultato liberamente dall’utente,
senza che questi debba seguire una successione prefissata (Perissinotto 2000: 8). Si tratta in effetti
di un “contenitore di nodi” in cui non esiste un ordine a priori dei testi, ma la loro successione viene
definita di volta in volta dal singolo utente.

Una differenza fondamentale è tra:


1) Siti statici: mantengono, al di là dell’interfaccia che permette la navigazione, la stabilità del
supporto cartaceo. Le pagine infatti hanno collocazione in strutture stabili e l’utente può navigare
tra i diversi livelli, secondo un numero di opzioni predefinite.
2) Siti dinamici: offrono all’utente forme di interattività più raffinate. L’utente infatti apre un
canale di comunicazione diretto con chi lo gestisce e dialoga lasciando informazioni utilizzabili da

31
altri utenti: ad es. i forum, le chat, i sondaggi, i motori di ricerca. Buon esempio di questa tipologia
è rappresentato dai browsers in cui il sistema, adeguatamente progettato, può riscrivere il testo,
modificando ogni volta il contenuto delle pagine: a seconda della stringa di testo che immettiamo, la
pagina che ci viene offerta è ogni volta differente.

VANTAGGIO: la scelta che il lettore fa rispetto al proprio percorso di lettura;


RISCHIO: sovrabbondanza di informazioni e di percorsi di lettura --> DISORIENTAMENTO
PERCETTIVO, una sorta di censura per eccesso.

Questo secondo aspetto ha imposto riflessioni sulla USABILITA’ dei siti (o web usability), il cui
obiettivo è il ripristino di comprensibilità (e controllabilità) dei contenuti di siti. La lettura su
schermo è del 25% più lenta --> un testo elettronico deve quindi essere più “leggibile” rispetto alla
versione cartacea.

2.1 Quali tipologie testuali?


Una possibile classificazione è in base a categorie tradizionali della SL, in relazione alle funzioni
del linguaggio di Roman Jakobson.
- funzione espressiva: esprime il punto di vista dell’emittente, i suoi desideri e convinzioni
(cfr. ad es. i siti personali).
- funzione conativa: si ha quando l’emittente vuole agire sul destinatario e condizionare il suo
comportamento (cfr. ad es. siti aziendali e orientati al consumatore).
- funzione informativa: è orientata a trasmettere dati, notizie, informazioni (cfr. ad es. siti
aziendali giornalistici, siti istituzionali orientati al cittadino).
- funzione poetica: incentrata sul messaggio stesso, ne mette in evidenza particolari
caratteristiche. Si può riscontrare ad es. nei siti personali di artisti, ma anche in siti
istituzionali con questa finalità come le scuole di design.
- funzione metalinguistica: è orientata a spiegare e precisare il codice su cui si basa la
comunicazione (cfr ad es. siti di aggiornamento tecnico, approfondimento sui linguaggi
della rete).
- funzione fàtica (di contatto): è usata per controllare il funzionamento del canale e garantire
la continuità della comunicazione (cfr. ad es. i siti associativi, orientati a confermare la
partecipazione dei membri alle attività dell’organizzazione).

3. Scrivo, dunque sono: le dimensioni di variazione della lingua on-line.


In rete esiste e viene riconosciuto solo colui che comunica, quindi che scrive --> fondamentale il
processo di sviluppo di un linguaggio specifico/speciale per quella particolare interazione che tenga
presente i limiti e le possibilità di sviluppo, rendendo gli attori in grado di condividere senso e
significato di ciò che fanno in ambienti virtuali.
Come sostiene Tabouret-Keller “parlare è un atto di identità”. Tale assunto risulta particolarmente
vero per la lingua in rete. Le possibilità di costruire delle identità in rete attraverso i propri
comportamenti sono riconducibili a testi digitati, quindi ad usi quasi esclusivamente linguistici.
Nella costruzione dell’identità sociale non basta affermare di appartenere ad uno o ad un altro sesso,
o a un ambiente sociale, ma è necessario confermarlo attraverso comportamenti COERENTI con le
proprie proposte.

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In rete il potere del linguaggio nella costruzione delle identità sociali è affermato al MASSIMO
GRADO.

L’interazione in rete è quanto mai specializzata dal momento che il tipo di lingua utilizzata varia
enormemente da contesto a contesto, sia dal punto di vista del registro che dal punto di vista della
distanza tra emittente e ricevente. (cfr. ad esempio nei vari generi testuali: chat, posta elettronica,
liste di discussione, forum, blogs,....)

Quali strumenti abbiamo a disposizione per indagare tale variazione?


Ci si domanda se le tradizionali dimensioni di variazione sociolinguistica possano essere utilizzate
anche in questo contesto.
L’interazione in rete si svolge in comunità alternative (consapevolmente) rispetto a quelle reali,
nelle quali i ruoli di gerarchia sociale sono molto semplificati e fissati in base ad abilità,
parzialmente connesse alla condizione reale.
Soprattutto in alcuni contesti, come le IRC, le competenze linguistiche del singolo sono proiettate e
deformate nel ruolo che ha scelto di recitare.

Per questo le dimensioni di variazione della SL non sono direttamente applicabili alla CMC.
1) La dimensione diafasica è schiacciata sul polo dell’informalità, tanto che fra sconosciuti si
può raggiungere un grado di intimità impensabile nella vita reale (il che spiega il successo
delle comunità virtuali). Il ricorso a termini avvertiti come tipici del linguaggio giovanile
inoltre non rimanda necessariamente ad un adolescente.
2) La variazione diatopica è evidente indipendentemente dalla provenienza geografica di chi
digita (ricorso a routines comunicative, formule di saluto, intercalari, allocutivi) es. “vabbo”
“regà”, nel senso che l’uso di voci dialettali o connotate in senso diatopico non rivelano
necessariamente l’origine dello scrivente.
3) Nella variazione diastratica, l’assenza dei social cues e la consapevolezza che la
proiezione della propria immagine sociale è legata a ciò che si scrive, portano gli utenti a
GIOCARE con le proprie competenze linguistiche, effettuando rapidissime commutazioni di
codice che dimostrano competenze plurilingui e controllo di registri formali. Espressioni
colte si innestano in registri informali, ed espressioni straniere in un testo italiano.

3.1 La diamesia: una variazione obsoleta?


Un discorso a parte merita l’influenza del mezzo che è dirompente a livello di testualità (coesione e
struttura interazionale). Nelle chat ad esempio i turni si succedono linearmente in modo cronologico
rispetto all’arrivo sul server. Questo, insieme alla possibilità di ritardo nella trasmissione dei
messaggi (lag), porta alla rottura della coesione testuale, oltre che alla struttura sequenziale degli
scambi (ad es. tra domanda e risposta si inseriscono scambi dialogici di altri utenti).

La comprensione è comunque assicurata da:


- persistenza del segnale scritto si cerca di contestualizzare nel flusso del testo (mandando
avanti e indietro la barra di scorrimento) il segmento che interessa.

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- il carattere altamente stereotipato della struttura interazionale, generalmente basata su rigidi
script mentali, il carattere dello scambio e dei temi trattati che favoriscono la ricostruzione
di collegamenti semantici nel testo.
- presenza di competenza interazionale nei partecipanti relativa alle possibili combinazioni di
mosse che possono costituire una coppia di elementi adiacenti (domanda/risposta,
affermazione/commento, saluto/saluto).

Il processo di comprensione è simile agli esercizi in lingua straniera in cui si chiede di ricomporre
un dialogo in disordine.

Tradizionalmente la CMC viene suddivisa in CMC sincrona e asincrona.


1) l’interazione asincrona non prevede interazione diretta tra mittente e destinatario (
email, newsgroups, forum, mailing lists…).
2) l’interazione sincrona al contrario richiede la compresenza degli interlocutori davanti al
PC e lo scambio avviene in tempo reale (chat, moos, mud*).

*MUD: comunicazione ipertestuale, i partecipanti interagiscono creando personaggi e luoghi


(famoso Dungeons and Dragons)
MOO: Mud Object- Oriented: riservato a oggetti.

Questa distinzione, basata su coordinate temporali, risulta di scarsa utilità --> è sempre il ricevente a
gestire il ritmo dello scambio. Si può usare l’e-mail in modo sincrono, fornendo subito la risposta a
un messaggio e contando sulla sua immediata ricezione. Meglio quindi parlare di dimensione di
scambio semi-sincrona.

La distinzione dicotomica tra testo scritto e testo orale risulta particolarmente fuori luogo per la
lingua on-line: anche nella posta elettronica, nella quale ci aspetteremmo di trovare un maggior
grado di pianificazione, troviamo errori di battitura, spesso dovuti ad una stesura frettolosa. Sembra
che l’utente, anche quando non è necessario, continui a percepire la co-presenza del destinatario e
quindi a considerare lo scambio come ‘immediato’.

La maggiore o minore vicinanza al parlato dipende quindi dagli scopi della comunicazione, dal
rapporto tra gli interlocutori, dalla natura informale del mezzo i valori che incidono sul
comportamento sono situazionali e contestuali; parallelamente i poli dell’immediatezza e della
distanza sono definiti da un insieme di tratti graduati che si riferiscono:
- al carattere pubblico o privato della comunicazione,
- al contesto extralinguistico,
- alle intenzioni degli interlocutori,
- al grado di emotività dello scambio.

In generale si tratta di una questione di economia: si ha poco spazio sulla pagina, quindi si scrivono
piccole unità di testo, a cui si collegano spesso problemi di coesione e coerenza. Gli emittenti non
possono pensare troppo a lungo ai testi che produrranno, perché dovranno cambiarli poco dopo.

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Uno dei primi elementi che caratterizza la lingua degli ipertesti è lo spazio: venti righe circa sono il
massimo che una schermata può contenere.
In secondo luogo negli ipertesti sono frequenti ridondanza e ripetizione. Da questo punto di vista
la lingua degli ipertesti assomiglia molto, in alcuni casi, a quella tipica dell’interazione orale.
Una terza caratteristica generale è invece rappresentata dalla semplicità delle proposizioni: se il
testo deve essere letto a video, la lettura potrebbe risultare faticosa e poco appassionante; per questo
si decide spesso di ridurre la lunghezza, di limitare gli incisi, di ridurre aggettivazione e avverbi.

19. Un caso speciale di comunicazione sincrona a distanza: le IRC (Internet Relay Chat)
Come è stato sottolineato in precedenza [cfr. § 17 e 18] sotto l’etichetta comunicazione mediata dal
computer (CMC) si collocano diverse tipologie interazionali che vengono tradizionalmente divise in
due gruppi a seconda che la trasmissione e la ricezione del messaggio tra mittente e destinatario
avvenga in tempo reale (interazioni sincrone) oppure no (interazioni asincrone).
Uno schema può essere utile a visualizzare la suddivisione dei tipi di CMC nei due gruppi citati:

CMC asincrona CMC sincrona


E-mail Multi Users Domain (MUD)

Mailing list Internet Relay Chat (IRC)

Newsgroup Instant Messaging (IM)

In queste pagine ci soffermeremo su un tipo specifico di CMC e cioè sull’interazione che avviene
tramite IRC (Internet Relay Chat).

Le IRC: che cosa sono


IRC è un acronimo per Internet Relay Chat e si riferisce ad un servizio nato nell’agosto 1988 ad
opera dell’informatico finlandese Jarkko Oikarinen e finalizzato a permettere un dialogo
multiutente tra individui collegati nello stesso momento al server IRC. Tale servizio rappresenta
un’evoluzione dei sistemi di messaggeria già presenti in Internet che permettevano di mettere in
contatto due (e solo due) persone collegate nella rete nello stesso momento.
Il server IRC, che rappresenta il punto di incontro per i naviganti che vogliano conversare, prevede
la presenza di più sale virtuali separate tra di loro, i canali, che si distinguono sulla base di svariati
criteri: argomenti trattati, lingue parlate, età degli interagenti ecc. I navigatori possono scegliere il
canale nel quale comunicare e accedervi senza restrizioni di alcun tipo. Essi inoltre prendono parte
alla comunicazione assumendo un’identità fittizia e facendo ricorso all’uso di nicknames (o nick),
cioè di soprannomi. In genere i nick (i) sono presi in prestito dal panorama televisivo, musicale e
cinematografico; (ii) altri sono invece utilizzati per comunicare caratteristiche del proprio aspetto
(reale o virtuale); (iii) altri ancora si rifanno ad applicazioni di software e alla terminologia del
linguaggio informatico; (iv) altri infine derivano da toponimi. Ecco qualche esempio:

(i) <Nirvana> , <TITTI>, < BradPitt>, <Pink_Floyd>


(ii) <Romantikone>, <Occhiverdi>, <Happyboy>
(iii) <Real_Play>, <V-Tech>, <Windows3000>

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(iv) <Milanese>, <Firenze69>, <padovans>, <ISPANICO>

All’interno dei canali le finestre di dialogo risultano così configurate: in alto è riportato il nome del
canale in cui ci si trova preceduto dal simbolo #; all’estrema destra o sinistra vi è l’elenco di tutti gli
utenti presenti nella stanza diviso in due parti: la parte superiore è dedicata ai chanop (channel
operator = gli operatori di canale che regolano lo svolgimento degli scambi interazionali tra gli
utenti della stanza), il cui nome è preceduto dal simbolo @; la parte inferiore è dedicata a tutti gli
altri utenti, disposti in ordine alfabetico. Alla base della schermata c’è uno spazio vuoto in cui
l’utente può digitare il suo messaggio; al centro, nello spazio più grande, figurano gli scambi
conversazionali veri e propri, in cui ogni turno è preceduto dall’indicazione del nickname
dell’interagente tra parentesi uncinate (< >) e, in alcuni casi, dal momento in cui il messaggio è
stato inviato al server. I turni sono spesso inframmezzati da comunicazioni del sistema precedute da
tre asterischi (***), che annunciano le entrate e le uscite dei diversi utenti e l’esecuzione dei diversi
comandi8.

Comandi a disposizione di un operatore di canale (da Orletti 2004: 118)

Modi

+o<nick> Dà a un altro utente del canale il privilegio di essere chanop.


+p Rende il canale "privato", ciò impedisce a chiunque richieda informazioni su
un utente che si trova sul canale di capire su quale canale stia.
+s Rende il canale "segreto" e impedisce che il nome del canale venga rivelato
quando qualcuno richiede informazioni su uno degli utenti. A differenza del
modo +p, se un canale è +s gli utenti presenti non risulteranno su nessun
canale.
+i Canale "a inviti"; si può entrare solo se invitati da un operatore (con il
comando /INVITE)
+t Stabilisce che il topic (l'argomento del canale, che appare facendo
/LIST#canale) possa essere modificato solo dai chanop.
+n Impedisce di inviare messaggi a un canale e a chi si trova all'esterno di esso.
+m Canale "moderato": limita la possibilità di parlare in pubblico ai soli
operatori o agli utenti a cui un operatore abbia dato un particolare modo
voice.
+I <num> Stabilisce il numero massimo di utenti che possono essere presenti in un
canale.
+b <mask> Ban: impedisce di entrare nel canale a qualunque utente il cui indirizzo (nel
formato nick!user@host) corrisponde a <mask>.
+v Voice: dà la possibilità a un utente di parlare in un canale moderato (vedere
+m) anche se non è chanop.
+k <key> Stabilisce una parola chiave che ogni utente deve specificare per entrare nel
canale.

A titolo esemplificativo ecco come si può configurare uno scambio conversazionale che si trova
nella parte centrale della finestra di dialogo:

8
I comandi sono azioni a disposizione degli operatori di canale finalizzate a regolare gli scambi interazionali tra gli
utenti del canale. I comandi servono ad esempio ad allontanare dalla stanza un utente in seguito ad un comportamento
maleducato.

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1. < C4 g | lostR> dottoressa in cosa? :D
2. <impulsina> sxo in medicina!
3. < C4 g | lostR> mizzika assai ce nes ono dottoresse in medicina :D
4. <pianticel> auguri !!!
5. *** dodgecand has quit IRC
6. <pianticel> quanti anni sono? (Pistolesi 2004: 65)

Per poter interagire nei vari canali di IRC gli utenti devono attenersi ad una serie di norme
comportamentali che vanno sotto il nome di chatiquette. Le norme di tale etichetta ricalcano
fondamentalmente quelle della netiquette (regole di condotta per la navigazione in Rete) ma sono
previsti anche ulteriori dettagli che si addicono alle proprietà specifiche del mezzo di
comunicazione. All’interno della chatiquette si distinguono fondamentalmente (i) regole relative ai
comportamenti che disturbano lo scambio e (ii) regole relative al comportamento sociale dei
naviganti.
Tra le norme appartenenti al primo gruppo le più rilevanti sono:
- evitare lo spam 9 e l’iterazione di uno stesso messaggio (in gergo flood). Lo spazio del canale
è una risorsa che tutti gli utenti devono condividere cooperativamente → l’invadenza di un utente
ne limita la disponibilità per tutti gli altri;
- non usare i colori e le lettere maiuscole per mimare il grido perché affaticano la vista, già
messa a dura prova dalla lettura su video;

Tra le regole incentrate sul comportamento sociale degli utenti sono da ricordare:
- evitare i litigi in pubblico e le offese, per i quali sono a disposizione le query (o stanze
private);
- non angustiare gli operatori con le proprie richieste e non contestare le loro decisioni;
- non invitare gli utenti di una canale a passare su un altro canale;
- scegliere il canale in base alle proprie esigenze: ad es. se si cerca l’anima gemella, il canale
#motori non è quello più adatto.

Struttura dello scambio comunicativo in IRC


Come sottolinea Pistolesi (2004: 63) la conversazione in IRC non ha inizio né fine: è sempre attiva.
Il nuovo arrivato, infatti, si immette in un dialogo in corso che continuerà anche dopo la sua uscita
dal canale con altri protagonisti.
Il dialogo tra i naviganti procede per turni che si succedono linearmente secondo l’ordine di arrivo
cronologico nel server. Questo fatto, insieme alla possibilità di ritardo nella trasmissione dei
messaggi, il cosiddetto lag, porta ad una rottura della struttura sequenziale degli scambi: spesso
tra una domanda ed una risposta si inseriscono scambi dialogici di altri utenti oppure messaggi
relativi a segmenti precedenti dell’interazione formulati dagli stessi parlanti; ancora, la sequenzialità
dei turni può essere interrotta dai comandi degli operatori di canale e dai messaggi di sistema che
segnalano l’entrata e/o l’uscita dei vari utenti.
A titolo esemplificativo si consideri il seguente frammento:

9
Con spam si intende un messaggio pubblicitario indesiderato. Lo spam può causare l’allontanamento dal canale come
mostra l’esempio seguente (tra parentesi si legge il motivo della sanzione): ***daniela77 was kicked by SaRdInIa (No
Spam = Niente Pubblicità)

37
2. <millah> 6 m o f?
3. <pry> però lo sai quanto mi costa venire su???
4. <millah> anche a me!
5. *** freccia x è uscito dalla stanza
6. <millah> ma se lavori chai i soldi
7. <millah> rimani qui pry
8. <pry> e tu non lavori????
9. <pry> ok
10. <millah> 6 m o f?
11. <millah> studio
12. <pry> ti volevo dare l’indirizzo del mio sito
13. <millah> quanti anni hai?
14. <millah> e fallo!!
15. <millah> siamo rimasti soli
16. ***ninah è uscito dalla stanza (Orletti 2004: 126)

Dalla lettura dello scambio conversazionale risulta evidente che il turno 10 di <millah> risponde al
turno 7 di <pry> e il commento di <millah> della riga 13 si riferisce all’affermazione di <pry> in
11. Ancora, il commento di <pry> in 8 costituisce una risposta alla richiesta di <millah> in 6.

Il frammento appena riportato offre lo spunto anche per qualche osservazione sui cosiddetti
messaggi di sistema. Nel nostro caso essi si trovano alle rr. 4 e 15 ed assolvono a due funzioni: (i)
segnalare l’uscita dal canale di un interagente; (ii) comunicare agli utenti che il contesto
interazionale ha una nuova configurazione che prevede un interlocutore in meno.
Recenti studi (ad es. Pistolesi 2004; Orletti 2004) concordano nel sostenere che i messaggi di
sistema nel loro insieme sono paragonabili al contesto extralinguistico dell’interazione faccia a
faccia in quanto definiscono l’ambiente condiviso dai naviganti e ne registrano costantemente
l’evoluzione. Incidono poi sulla conversazione frapponendosi tra un turno e l’altro e influenzano il
comportamento degli utenti definendo, di volta in volta, il nuovo assetto del canale.

L’ingresso di un nuovo interlocutore nello scambio comunicativo è segnato di solito dall’azione


del saluto, rituale che avvicina l’apertura della comunicazione via chat e l’apertura dell’interazione
faccia a faccia. Per avviare la conversazione dopo la fase dei saluti, gli utenti devono fare una
seconda mossa, che consiste in genere nella selezione dell’interlocutore. In chat la selezione
dell’interlocutore è fondamentale per superare il rumore circostante (dato dalla presenza di molti
naviganti) e questo spiega l’abbondanza dei vocativi all’inizio dei turni:

1. <Talisman> Ciao Ang3la


2. <Ang3la> azz
3. *** {M}aR_c has joined #roma1
4. <Ang3la> e hihiihi?
5. <Talisman> e un saluto a tutto il canale
6. <Ang3la> ciao Talisman
7. […]

38
8. <Talisman> siete tutti di roma?
9. <Ang3la> si si se ci credi
10. <Talisman> tu di dove sei?

<Talisman> saluta e seleziona <Ang3la> (cfr. r. 1) prima di salutare tutti i presenti (r.5); lo scambio
procede poi per diversi turni finchè <Talisman> non si disconnette.

1. <protti> ciao a tutti


2. ***Warrior78 has joined #bologna
3. <Trip> Sciaoooooo protti
4. ***CERCOTIPA has joined #bologna
5. <protti> ciao trip :)
6. <Trip> ma daiii, ti rikordi di me?: protti
7. ***whityeside has left #bologna
8. <protti> certo che mi ricordo: booooh
9. <Ali3na> auahauhauhuauhahuah
10. <Ali3na> e chi ti dimentica trip
11. […]
12. <protti> è vero alin34
13. <Ali3na> eccertooooooossssssssssssssssssssss
(Pistolesi 2004: 74-75)

<Protti> si inserisce nella conversazione salutando tutti (cfr. r.1); poi è <trip> a chiamare in causa
<protti> che è appena giunto sul canale (cfr. r.3). La conversazione di <protti> continua poi con
<Ali3na> che ha dimostrato di apprezzare la sua battuta (cfr. r.9). Il riso è una forma di adesione
molto forte che rivela la possibilità di un’interazione più intima come quella che si andrà a
sviluppare nei turni successivi tra <protti> e <Ali3na>. Espressioni di questi tipo, con le risate
simulate che esprimono il gradimento per il gioco verbale, sono la norma in chat.

Dopo i saluti, le sequenze appello/risposta sono le più frequenti e si compongono di almeno tre
parti: l’appello, la risposta e la motivazione dell’appello, in genere una richiesta.
Ecco qualche esempio:

1. <ScOzIa> Spirit
2. <Spirit> ye
3. <ScOzIa> come mai te non mi regali mai nulla…….
4. <Spirit> pekke’ non te lo meriti: °°°

1. <dunric> aliena
2. <Ali3na> dimmi
3. <dunric> ma noi ci conosciamo?
4. <protti> c’è vita su marte la domenica sera :)
5. <Ali3na> e no..mi sa di no..ma ami n altro

39
6. <dunric> mh
7. <Ali3na> auahauhauhuauhahuah
(Pistolesi 2004: 76)

In IRC sono presenti anche altri meccanismi interazionali propri del dialogo. Ad esempio non
mancano le ripetizioni per manifestare accordo o per ratificare il turno precedente:
1. <protti> bisogna abbinare il vino
2.<Ali3n4> serata a due e…..
3.*** Stilosoo has joined #bologna
4.<Ali3n4> cannonau…
5.<protti> certo, cannonaUUUU

Altro meccanismo molto usato è il ricorso a segnali metadiscorsivi utilizzati dai naviganti per
conquistare una porzione di testo più ampia e per ottenere l’attenzione del proprio interlocutore per
un tempo maggiore rispetto a quanto previsto dalla normale alternanza del turno di parola.
Ecco un esempio:

1. <ScOzIa> Spirit ti devo raccontare


- ***Bagigio sets mode: +o Ca|amity
- <ScOzIa> un sogno che ho fatto stanotte
- <ScOzIa> °_°
- […]
- <ScOzIa> me lo so appena ricordato
- <spirit> hard?
- <ScOzIa> ero a dormire co shanty ^Luci^ e _stefy
- […]
(Pistolesi 2004: 83-84)

Attraverso il segnale metadiscorsivo prodotto alla riga 1 <ScOzIa> chiede di sospendere il normale
avvicendamento di parola e di poter occupare una spazio interazionale maggiore. Tale permesso gli
viene concesso da <Spirit> con la domanda della riga 7 che si configura come un chiaro invito a
raccontare il sogno menzionato alle righe 1-3.

In chat come nel dialogo faccia a faccia il numero dei partecipanti e la durata dello scambio non
sono prevedibili. Inoltre, come accade per l’ingresso anche l’uscita dal canale segue i suoi rituali.
Se la sessione è stata fruttuosa, l’allontanamento avviene di norma secondo uno schema definito,
composto da: saluti – (richiesta di motivazione) – motivazione – risposta ai saluti – uscita dal
canale:

1. <Gio75> cmq ragazzi buona notte a tutti


2. <C4g|loStR> ciao pianticel PSICOLOGA
3. <pianticel> DOVE CREDI DI ANDARE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
4. <Gio75> ci ribecchiamo la prossima volta
5. […]

40
6. <Gio75> a nanna domani si lavora
7. <pianticel> ma vafff……
8. ***Gio75 has quit IRC (Leaving)
(Pistolesi 2004: 86)

NB: Come si è già detto [cfr. § 17] la comunicazione via chat è sincrona come quella de visu, ma si
differenzia da essa per l’uso di una varietà scritta di lingua e per la non compresenza fisica degli
interagenti. La conseguenza più rilevante e più evidente della non condivisone dello spazio
interazionale tra i naviganti è che questi ultimi sono costretti a ricorrere ad una serie di espedienti
per rendere aspetti che nell’interazione faccia a faccia sono espressi da elementi non verbali e
paralinguistici. Fra gli espedienti più noti si possono ricordare le cosiddette ‘faccine’ o emoticons,
simboli costruiti combinando i caratteri della tastiera con i segni della punteggiatura10. Le faccine
sono usate per esprimere stati d’animo, chiavi di lettura del messaggio e atteggiamenti degli
interagenti. Tra le emoticons più note ed usate si possono ricordare ad esempio:

:-) Felicità :-( Tristezza :-D Riso :’-) Pianto ;-) Complicità

Gli aspetti non verbali e paralinguistici del parlato sono resi ancora attraverso mezzi come la
punteggiatura (ad es. segni paragrafematici del tipo ‘?’ → tono dubbioso, ‘!’ → enfasi, …→ tono
sospensivo; uso della maiuscola per indicare innalzamento della voce ecc.), l’ uso della scrittura
continua per indicare in maniera iconica la continuità del flusso del parlato, usi particolari dello
spazio grafico (ad es. spaziatura tra le lettere per indicare che si parla a voce alta e chiara) ecc. Alla
base di ogni soluzione c’ è la ricerca di sostituti iconici delle modalità comunicative del parlato, che
fanno pensare a un ‘visibile parlare’ (Orletti 2004: 121).

20. La metacomunicazione
20.1 Presentazione del fenomeno
Nelle pagine precedenti [cfr. § 16] si è parlato di etichetta comunicativa definendola come una
sorta di impalcatura dell’interazione. Tale impalcatura generalmente è implicita, ma può essere
esplicitata o meglio, i singoli elementi possono essere fatti oggetto di commento da parte dei
parlanti. Quando ciò accade si ha metacomunicazione.
La metacomunicazione (d’ora in poi MC), pertanto, è un fenomeno che si realizza ogniqualvolta i
partecipanti ad uno scambio comunicativo fanno commenti espliciti su uno qualsiasi degli elementi
costitutivi dell’interazione.

Tipologie di MC: alcuni esempi


Per chiarire la definizione di MC sopra formulata si riporta una piccola rassegna di forme
metacomunicative che occorrono piuttosto frequentemente nel parlato quotidiano e che sono
incentrate su quelli che Jakobson nel suo modello della comunicazione (cfr prima parte degli
appunti, § 3) definisce i sei elementi costitutivi del processo comunicativo: mittente, ricevente,
codice, canale, messaggio e contesto.

10
Alle faccine derivanti dalla combinazione di simboli alfanumerici oggi si sostituiscono sempre più delle icone già
preconfezionate, come le seguenti: ☺

41
La tipologia di enunciati metacomunicativi incentrati sul mittente è molto vasta; tuttavia tra le
forme legate al mittente che occorrono con maggiore frequenza nelle interazioni quotidiane si
possono citare espressioni come:
(1) Ti parlo come amica.
(2) Ora ti sto dando un consiglio da padre, non da medico.
(3) Fino a poco fa abbiamo scherzato, ma ora sono serio.
(4) Non te la prendere: era solo una battuta!
(5) Questa è la mia opinione al riguardo.
(6) A mio modesto parere le cose sono andate così.

Ciascuno di questi enunciati metacomunicativi assolve a delle funzioni ben precise; ad esempio,
attraverso essi il mittente rivela la sua posizione nello scambio comunicativo rispetto al destinatario
(cfr. 1, 2); oppure egli offre all’interlocutore una chiave di lettura del discorso (cfr. 3, 4); oppure
ancora egli rivela il grado di responsabilità che assume nell’interazione rispetto a quanto dice (cfr.5,
6). In generale, la metacomunicazione legata ai partecipanti all’interazione serve a sottolineare
ruoli, atteggiamenti e opinioni.
Esempi di forme metacomunicative incentrate sul ricevente sono ad esempio:
(7) Se lo dici tu!
(8) Questa è la tua opinione!

Esempi di MC legata al codice si hanno con enunciati come:


(9) Con lui parlo solo l’italiano perché l’inglese non lo capisce.
(10) Come si dice questa parola in italiano?

La MC è parzialmente collegata alla funzione metalinguistica, ma i due concetti non sono


sovrapponibili, nel senso che si ha funzione metalinguistica quando il messaggio riguarda la lingua
(“Che cosa significa morfo?”; “Hai detto sale o male?”), mentre si ha MC quando il messaggio
riguarda un elemento dell’intera comunicazione; quindi si potrebbe dire che la capacità
metalinguistica è inclusa nella MC. Il prefisso meta- sta ad indicare la riflessività: la lingua parla di
sé stessa (= funzione metalinguistica), oppure dell’atto comunicativo (= metacomunicazione).
La MC legata al canale è esemplificata dagli enunciati che esplicitano il tipo di modalità, orale o
scritta, attraverso cui la comunicazione viene realizzata. Sulla base di tale premessa, un esempio di
MC legata al canale è un’espressione prodotta in classe da un insegnante, durante una spiegazione,
del tipo:
(11) Per farvi capire meglio, adesso vi scrivo un esempio alla lavagna.

Attraverso tale enunciato l’insegnante esplicita che la sua comunicazione avverrà tramite un
esempio alla lavagna, e quindi attraverso il canale della scrittura.
La MC legata al canale è esemplificata anche da un enunciato come il seguente, che potrebbe essere
realizzato da un docente universitario in un’interazione de visu con un collega:

(12) A voce ti posso anticipare che il convegno sarà a Firenze a settembre; però per
informazioni più dettagliate ti scrivo una mail appena arrivo in ufficio.

42
In questo caso il mittente esplicita che la sua comunicazione con il collega riguardo al convegno si
servirà sia del canale orale che di quello della scrittura.
Enunciati metacomunicativi incentrati sul messaggio sono ad esempio:

(13) Finora ci siamo limitati ad un inquadramento teorico del fenomeno, ora


analizziamo i dati e poi cercheremo di trarre qualche conclusione.

(14) Prima voglio presentarvi il progetto nelle sue linee essenziali; poi vi spiegherò di
quale aspetto specifico si occuperà il nostro gruppo di lavoro.

Quando si tratta di MC legata al messaggio, occorre ricordare che essa serve a strutturare la
comunicazione, a rendere esplicito il legame tra le sue parti.
Consideriamo infine la MC legata al contesto. Tra gli enunciati metacomunicativi che
appartengono a tale gruppo, si possono ricordare ad esempio espressioni che si riferiscono a luogo
(cfr. 15), tempo (cfr. 16) e uditorio (cfr. 17) dell’interazione come:
(15) Siamo a scuola, mica in piazza!
(16) Questo è il momento di parlare e chiarire la questione una volta per tutte!
(17) Meglio non parlare di certi argomenti quando ci sono i bambini.
E’ opportuno precisare, a questo punto, che gli enunciati metacomunicativi riportati finora
rappresentano una piccola parte di quelli che occorrono nelle interazioni quotidiane e ad essi se ne
possono aggiungere molti altri in quanto, grazie alla proprietà riflessiva del linguaggio, “infiniti
sono gli aspetti dell’interazione che possono diventare oggetto di commenti espliciti ad opera dei
parlanti” (Orletti 2000: 61). Ad esempio, gli interagenti possono utilizzare forme metacomunicative
per indicare di volta in volta ciò che sta accadendo nell’interazione (“Stiamo parlando tra amici,
non litigando”), chi sta parlando e le caratteristiche degli interlocutori (“Lei sta parlando al suo
superiore”), a che punto si è dello sviluppo del discorso (“ In conclusione…”), a chi tocca parlare
(“Stavo parlando io! Lasciami finire!”), che cosa ha veramente detto l’uno o l’altro dei parlanti (“Io
veramente volevo dire tutt’altra cosa”), lo scopo dell’atto linguistico che ha realizzato o che intende
realizzare chi ha il turno di parola (“Questa è una domanda”; “La mia è una promessa”) ecc.

Espressioni del sistema interazionale e metacomunicazione


Dopo aver fornito una rapida panoramica delle forme metacomunicative più diffuse nelle
interazioni quotidiane si riportano ora alcuni frammenti che possono risultare utili per chiarire il
rapporto (non sempre delimitabile con chiarezza) tra espressioni del sistema interazionale e
metacomunicazione.

Frammento 1
L’interazione fa parte di un colloquio d’esame tra una docente ed uno studente; i turni riportati
vengono dopo una serie di domande alle quali lo studente ha fornito risposte parziali e
insoddisfacenti:

[esame universitario. Interlocutori: Docente \D\; studente \S\]


1 \D\ va be’_ ++ almeno mi spieghi cosa/ che cosa si intende con gergo
2 \S\ il gergo +++ il gergo è una lingua di/ + di un piccolo gruppo + &per parlare tra loro&
3 \D\ &mhhm& [prolungato, con una

43
4 smorfia e ciglia sollevate]
5 \S\ !sì! come quelli della malavita =
6 \D\ = no, mi scusi ++ le mie smorfie dovrebbero averle detto che è
7 meglio se ++ se ricomincia / se parte da una definizione

Alla righe 3-4 dove si realizza un terzo turno di tipo valutativo, come è tipico delle interazioni in
contesto scolastico (cfr. § 14 di questi appunti), la docente utilizza un segnale discorsivo e la
mimica facciale per comunicare la propria valutazione critica, lo studente coglie questo segnale
interpretandolo come un segno sì negativo ma non totalmente, perciò riprende il turno con un
elemento assertivo (‘!sì!’), che sembra appunto dire “Guarda che non è del tutto sbagliato. Lasciami
continuare”. A quel punto la docente esplicita il giudizio negativo (no, mi scusi) e poi fornisce una
codifica linguistica al proprio atteggiamento precedente (le mie smorfie dovrebbero averle detto)
che si configura come un consapevole ed intenzionale commento metacomunicativo.

Frammenti 2,3,4
Nei frammenti riportati di seguito si osserva il ricorso a forme metacomunicative da parte degli
interagenti per l’esplicitazione della loro identità locale. L’ esplicitazione dei ruoli degli interagenti
nei vari frammenti presenta gradi diversi di esplicitezza secondo un ordine crescente.

Frammento 2
[interazione in un negozio di abbigliamento. Interagenti: commessa di nome Micol \Co\, cliente abituale di
nome Chiara \C\ e la madre \Ma\]:

1 \Co\ !ciao Chiara! buongiorno_ [rivolgendosi a Chiara e alla madre all’ingresso nel negozio]
2 \C\ !ciao Micol! =
3\Ma\ = ciao
4 \Co\ allora ?come va?
5 \C\ bene grazie +++ [si guarda intorno] ti è arrivato ?qualcosa di nuovo?
6\Co\ sì, guarda + c'è la gonna di tulle bianca […][elenca i capi nuovi e li mostra]
7\C\ mmm, ++ [li guarda] io pensavo ad un paio di jeans
8 \Co\ jeans ++ ah + sono arrivati questi sabbiati + c'è anche la gonna uguale [glieli fa vedere] +
9 poi ci sono quelli là [indica] sporcati di nero (CoCl1)

Questo scambio presenta nei primi due turni (rr. 1-2) un esplicito richiamo alla conoscenza delle
interlocutrici, confermato dalla coppia adiacente delle rr. 3-4 in cui la commessa con la richiesta
‘come va’ prolunga l’atteggiamento di avvicinamento all’interlocutore. Il punto interessante è alla
riga 7, dove la cliente con io pensavo… esplicita il proprio ruolo di chi, in quanto cliente, cerca
qualcosa di definito pur attenuando il richiamo alla propria richiesta con un imperfetto11. Mentre il
semplice pensavo/volevo ricadrebbe in una strategia semplice del sistema interazionale
(manipolazione della deissi temporale) si è ritenuto che qui la sequenza io pensavo abbia un valore
metacomunicativo, per quanto minimo, in quanto la cliente richiama l’attenzione della commessa
sulle proprie esigenze in opposizione al desiderio di dimostrazione/vendita, obiettivo principale
legato al ruolo della commessa, per quanto conoscente-amica.

11
Questo uso dell’imperfetto è frequente nelle interazioni commessa-cliente (cfr. CoCl3 volevo vedere una gonna..)

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Frammento 3
[ Interazione in un negozio di abbigliamento: una cliente \C\ chiede alla commessa \Co\ di stringere
un abito]

1 \Co\ […] ?perché tu lo faresti stringere ancora?


2 \C\ sì guarda ++ [le fa vedere le pieghe]
3 \Co\ !provalo! con sotto il reggiseno_ che ti riempie di più + perché ti spiego ++ c'è differenza
4 tra seno e fianchi + non siamo come tronchi
5\C\ non lo so
6 \Co\ tu ?vorresti stringerlo così?
7 \C\ adesso che ci penso + non lo so
8 \Co\ !dai provalo! col reggiseno, che fai sempre a tempo a stringerlo

In questa interazione, la commessa di fronte alla cliente indecisa, interviene sottolineando con
perché ti spiego il proprio ruolo di “esperta”, mentre dopo due turni la cliente esplicita il suo ruolo
di cliente ed una posizione difensiva con adesso che ci penso.

Frammento 4
[interazione al desk di una biblioteca tra bibliotecario\B\ e utente\U\]
1 \B\ Prego [sorride]
2 \U\ Questi libri vanno caricati sulla tessera del prestito interprovinciale + perché io sono delegata
3 a ritirare il libro + per una persona che sta a Canonica d’Adda.
4 […]
5\B\ Se noi però facciamo il prestito alla biblioteca + noi facciamo fare la tessera alla biblioteca e
6 non all’utente ++ ?giusto?
7 \U\ Non lo so
8 \B\ Voi ritirate come biblioteca + ?okay?
9 \U\ Io ritiro/ io so che devo ritirare questi libri + si è interposta una persona che ha la tessera a
10 Canonica d’Adda
11\B\Non mi interessa ++ se lei è rappresentante della biblioteca + lei prende a prestito per la
12 biblioteca e quindi la biblioteca è responsabile dei libri

Qui l’utente motiva per prima il proprio ruolo esplicitando la propria identità locale (r. 1 io sono
delegata), in riferimento ad una serie di norme evidentemente condivise dai due parlanti. In seguito
il bibliotecario usa il plurale per identificare le due istituzioni (r. 5 se noi però facciamo il prestito
alla biblioteca + noi facciamo fare la tessera alla biblioteca; r.8 Voi ritirate come biblioteca ) e
quindi ritorna all’identità locale dichiarata dall’utente (r. 11 se lei è rappresentante della
biblioteca). I riferimenti sia del bibliotecario che dell’utente hanno un tale contenuto performativo
da escludere ogni altro elemento di identità dell’utente che non sia l’essere rappresentante di
un’istituzione.

20.2 La MC nella produzione dei non nativi: un’analisi di tipo funzionale [seconda ora]
Pare interessante ora approfondire ora il tema della MC presentando i principali risultati ottenuti
con un lavoro di ricerca (Pezzotti 2003) in cui il fenomeno della MC è stato indagato (i) in

45
interazioni in lingua italiana tra parlanti nativi e parlanti non nativi (ii) secondo una prospettiva
analitica di tipo funzionale.
(i) il lavoro che qui si illustra rientra nel filone di studi di analisi della conversazione e
come tale si fonda su dati concreti di interazioni di vario tipo realmente avvenute (per i
tratti distintivi dei lavori di analisi della conversazione cfr. prima parte degli appunti §
7). Il corpus utilizzato per l’analisi della MC è composto complessivamente da otto ore
di comunicazione e comprende audioregistrazioni di interazioni in lingua italiana tra
parlanti della provincia di Cremona e parlanti non nativi provenienti dall’India, in genere
dal Punjab. I non nativi registrati risiedono stabilmente in Italia da almeno un anno e si
tratta di informanti con livelli diversi di competenza in italiano: due di essi hanno
padronanza minima della L2, uno ne ha competenza media e solo un informante gestisce
la L2 con disinvoltura. Per ciascun gruppo di non nativi sono stati registrati scambi sia
formali che informali; inoltre, fatta eccezione per una telefonata, la totalità degli scambi
comunicativi è stata registrata faccia a faccia, ovvero con la compresenza fisica degli
interagenti;

(ii) come ogni altra manifestazione linguistica, la MC può essere studiata da diversi punti di
vista (strutturale, interazionale, pragmatico ecc.); nel lavoro che qui si illustra è stato
adottato un approccio pragmatico. Per capire cosa si intende con tale termine può
essere utile il confronto con un altro tipo di approccio utilizzato per l’analisi della MC, e
cioè quello strutturale utilizzato da Franceschini (1994; 1998). Studiare la MC secondo
un approccio strutturale significa analizzare il fenomeno da un punto di vista formale,
osservando cioè attraverso quali forme lessicali e sintattiche esso è realizzato. Adottando
un approccio pragmatico, invece, si studia la MC secondo un’ottica funzionale, ovvero si
cerca di capire quali sono le funzioni svolte dalla MC negli specifici contesti
interazionali in cui compare. L’obiettivo dell’approccio pragmatico, quindi, non è tanto
osservare “come” (attraverso quali forme) è espressa la MC, quanto piuttosto cercare di
capire “perché” (a quale scopo) i parlanti la utilizzano nei vari contesti .
E’ importante sottolineare che l’approccio strutturale e quello pragmatico danno
un’importanza diversa al contesto interazionale in cui si realizzano le forme
metacomunicative. Con l’approccio strutturale infatti l’elemento su cui si focalizza
l’attenzione non è il contesto, bensì l’enunciato metacomunicativo e il modo in cui esso
viene realizzato. Con l’approccio pragmatico, invece, accade esattamente il contrario:
l’attenzione va dall’enunciato metacomunicativo verso il contesto. Quest’ultimo è
dunque fondamentale e dà valore all’enunciato metacomunicativo; è proprio il contesto
infatti che permette di capire per quali scopi la forma metacomunicativa è stata
realizzata .

Prima di passare all’analisi dei frammenti interazionali si rendono necessarie due precisazioni: (i)
nello studio che qui si presenta le forme metacomunicative e le funzioni ad esse connesse sono state
indagate solo nella produzione dei parlanti non nativi; (ii) in questa sede non si fornisce una
relazione dettagliata dei risultati ottenuti con l’analisi delle interazioni; ci si limita, piuttosto, a
fornire una panoramica delle tipologie di forme metacomunicative prodotte dagli immigrati
registrati e ci si ferma a commentare le espressioni metacomunicative più rilevanti.

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Gli elementi dello scambio comunicativo divenuti oggetto di commenti espliciti ad opera dei
parlanti non nativi sono quattro: codice, mittente, messaggio e canale.
Rispetto al codice, nel corpus sono risultati una costante gli enunciati metacomunicativi prodotti dai
non nativi per esprimere incompetenza lessicale nella L2 e per chiedere aiuto rispetto alla
soluzione di tale problema linguistico. Questa tipologia di enunciati è ben esemplificata in un
frammento come il seguente:
(1) [estratto da un’interrogazione scolastica realizzata all’interno di un corso di alfabetizzazione di
lingua italiana per stranieri; interlocutori: Rupinder \Rup\, livello 1 e l’insegnante di lingua italiana
\Ins\ ]
1\Ins\ /…../ ALLORA, ?come è la tua giornata?
2\Rup\ Io: mi alzo: alle cinque di/di mattina ++ poi: + lavo mia faccia =
3\Ins\ = mi la:vo la faccia =
4\Rup\ =
5 mi lavo faccia eh: ++ nel bagno =
6\Ins\ = va:do in bagno =
7\Rup\ = vado bagno eh-: poi: ++ preparo
8 eh-: ++++ no so- parola-: =
9\Ins\ = ?quale parola non sai?
10\Rup\?Co/come *breakfast* italiano?
11\Ins\ la CO:LAZIONE^ =
12\Rup\ = colazione eh-:
13\Ins\ ?Cosa prepari di colazione?
14\Rup\ %(xxx)%

Nel dati interazionali si è osservato che la maggior parte delle espressioni metacomunicative che
esprimono incompetenza lessicale in italiano hanno la struttura dell’enunciato che compare nel
frammento 1 alla riga 10: si tratta di forme in cui l’uso dell’inglese da parte dei non nativi è
finalizzato alla soluzione del loro problema linguistico. Attraverso il ricorso alla lingua inglese,
infatti, gli informanti chiedono ed ottengono dai non nativi la traduzione del termine italiano
sconosciuto.
Sempre in relazione alla MC legata al codice, va sottolineato che gli immigrati con competenza
media ed elevata nella lingua seconda hanno prodotto anche espressioni volte alla formulazione di
commenti sul proprio livello di competenza in L2 (cfr. fr. 2):

(2) [ estratto da un’ attività di workshop realizzata all’interno di un corso di formazione per
mediatori culturali; interlocutori: Sandeep \Sa\, livello 2, il coordinatore \Co\ dei mediatori
culturali, un’ assistente sociale \Aso\, Paul \Pa\, mediatore congolese e Zejna \Ze\, mediatrice
culturale albanese ]
1\Co\ /…../ Bene_. E adesso sentiamo cosa ci racconta Sandeep_. ?Sei pronta Sandeep?
2\Sa\ %Sì% + Eh-: però- + prima tutto io dico no parlo bene come altri mediatori qui_.
3\Pa\ &% non è vero-:%&
4\Ze\ & credo non è vero questo che dici che noi parliamo più bene& [rivolgendosi a Sandeep]
5\Sa\ + eh-: sì-: + ma-: io dico- eh-: no so parole dificile eh-: e non lo parlo con pensieri lunghi e:
6 ++ però: spero capite- stesso cosa^ devo dire [girando lo sguardo in modo da rivolgersi a tutti
7 presenti]
8\Aso\ Non ti preoccupare Sandeep, tu comincia a parlare e se non capiamo interveniamo noi e ti
9 facciamo le domande_. /…../

Una costante rilevata nel corpus e ben esemplificata nel frammento 2 è che gli informanti che hanno
fatto valutazioni sulla loro competenza in L2 hanno sempre esordito con una forma
metacomunicativa finalizzata ad esprimere un giudizio negativo sulla loro conoscenza della lingua

47
seconda (cfr. r. 2) e poi hanno motivato tale parere con enunciati metacomunicativi volti a
sottolineare la loro difficoltà rispetto all’uso di certe strutture dell’italiano (cfr. r. 5). Questi ultimi
enunciati sono particolarmente significativi in quanto esprimono un’incompetenza solo apparente
nella L2; essi sono la manifestazione del paradosso per cui “per mostrarsi incompetente il non
nativo deve essere competente linguisticamente parlando” (Orletti 2000: 121).

Per quanto concerne la MC legata al mittente, essa è funzionale innanzitutto all’espressione di


pareri e punti di vista degli informanti sugli argomenti oggetto di discussione (cfr. fr. 3):
(3) [estratto da una conversazione spontanea tra Sandeep \Sa\, livello 2 e l’intervistatrice \Int\]

1\Sa\ /…../ No eh-: mia idea è adesso devo prendere qual (siasi) lavoro per vivere_ + eh-: poi- cerco
2 qualcosa meglio_. Eh- allora: , sai, questa è causa per fare corso di italiano-
3\Int\ !mhm!
4\Sa\ Io penso questo modo no-, che se parla bene italiano trovo lavoro eh-: meno pesante eh-:
5 che mi danno più soldi_. Eh-: e allora faccio corso_. /…../

Un’altra funzione molto importante svolta dalla MC incentrata sul mittente è quella di esplicitare
l’identità locale degli interagenti. Tale funzione è ben esemplificata dai frammenti 4 e 5 riportati
di seguito:
(4) [estratto da un’intervista condotta ad Amrit \Am\, livello 3, dall’intervistatrice \Int\]

1\Int\ /…../ Interessante _. Guarda, ti ringrazio perché mi stai dando tante informazioni utili che altri
2 indiani non mi hanno dato _. E ti assicuro che ne ho intervistati tanti- , però non so se per
3 paura: o perché non sapevano le cose, però-: non mi hanno mai detto molto né dell’India
4 né: della loro eh-: immigrazione_. + Invece tu mi stai aiutando tanto_.
5\Am\ Eh- beh- sì, però: + è logico- + sono mediatore con te_.

(5) [estratto da una conversazione spontanea tra Sandeep \Sa\, livello 2 e l’intervistratrice \Int\.
Nel frammento riportato, che rappresenta una piccola parte delle conversazione, la non nativa sta
esprimendo la sua preoccupazione per l’inserimento della figlia adolescente nella realtà locale]

1\Sa\+ Invece sono preoccupata con Mandeep_. Speriamo che qui va bene con Mandeep
2\Int\ ?Perchè sei preoccupata?
3\Sa\ Eh-: per/perché lei timida_. + Eh-: e: lei no conosce nessuno qui_. Sai-:, lei ha sedici anni e
4 tutte sue amiche sono in India_. Mi dispiace, però:, sai, io dico nostra vita è qua- e: lei
5 deve trova/trovare amici qua: adesso-
6\Int\ Sono d’accordo_. […]
7\Int\ Sì, però non preoccuparti troppo_. + Anzi, vedrai che fra un po’ ti lamenterai perché esce
8 troppo_. Basta che conosca qualcuno, che si faccia un giro di amicizie e poi:
9\Sa\ Sì, però-: + sono preoccupata_.
10\Int\ Come tutte le mamme-:
11\Sa\ !No! + !doppio^, sono preoccupata doppio^!
12\Int\ +mhm+
13\Sa\ !Eh-: perché-, ti dico, sono mamma (im)migrata_.! [con molta enfasi]
14\Int\ ++ mhm
15\Sa\ Eh-:^,perché-:, sai, ti dico sincero: eh-: ++ io sono agitato come tutte mamme, ma in più
16 non sono di Italia_. + Sai, mia idea è-: genti qui sono buoni, però: sai, *racism* puoi
17 sempre trovare, anche qui_. E: penso più difficile per miei figli fare che accettano loro_.
18\Int\ Sì, sì, ho capito cosa vuoi dire_. Il tuo è un discorso da mamma e da immigrata_. Però-: i
19 tuoi figli sono molto giovani e con la scuola e qualche attività sportiva o la parrocchia
20 vedrai che si integrano bene_.
21\Sa\ %Eh-, speriamo%

E’ interessante notare che nel frammento 4 l’enunciato metacomunicativo svolge due funzioni, una
più esplicita e l’altra più implicita. La prima e più evidente funzione è quella di esplicitare l’identità
con cui il non nativo sta prendendo parte all’interazione; la seconda funzione, invece, è quella di
48
sottolineare che proprio l’identità assunta condiziona il comportamento (interazionale) del non
nativo portandolo in questo caso ad un atteggiamento di estrema solidarietà e disponibilità nei
confronti del suo interlocutore. Lo stretto rapporto di dipendenza tra identità locale e
comportamento interazionale emerge anche nel frammento 5 dove la non nativa giustifica il proprio
punto di vista che esprime alle righe 1, 9,11 e 15-17 facendo leva sull’ identità con la quale sta
prendendo parte allo scambio comunicativo. Si tratta di un’identità che la non nativa esplicita con
una forma metacomunicativa alla riga 13 e che la parlante nativa torna a sottolineare sempre
attraverso una forma metacomunicativa alla riga 18.

Oltre al codice e al mittente (dello scambio comunicativo), un altro elemento che è stato oggetto di
commenti espliciti ad opera dei parlanti non nativi è il messaggio. Le forme metacomunicative
incentrate su tale elemento sono state prodotte dagli informanti più competenti in L2 nell’intento di
strutturare l’interazione e rendere più esplicito il legame tra le sue parti. (cfr. fr. 6 e 7).
(6) [estratto da un’attività di workshop realizzata all’interno di un corso di formazione per
mediatori culturali; interlocutrice: Sandeep \Sa\, livello 2]

1\Co\ Bene_. E adesso sentiamo cosa ci racconta Sandeep_. ?Sei pronta Sandeep?
2\Sa\ %Sì% + […]
[…]
31 Eh-: mia parere è che mia libertà è causa maggiore che mio marito andato via_. Eh-: e
32 questo è tutto la cosa con mio marito_. Eh-: e poi per andare avanti ci sono certe cose
33 di India mi piacerebbe fare ancora ma non posso qui_.
[…]
52\Sa\ Eh-: voglio dire ancora no- che quando ero in India eh-: avevo capelli lunghi e mi vestivo
53 come indiana, però quando sono venuta qui ho subito cambiato, ho tagliato capelli, ho
54 messo pantalone subito perché volevo essere come altre donne italiane libere_. ++ Dopo
55 un’altra cosa devo dire, però eh-: è discorso diverso eh-: è per mangiare carne di mucca_. Io
56 non mangio carne di mucca in casa e preferisco pecora:, pollo:, capra, così_. Però metti
57 caso ci sono amici italiani, allora mangio anche mucca_.
[…]
59 dopo un’altra cosa è il rapportamento che c’è qui in Italia con gli animali come i cani che
60 stanno dentro casa con padroni_. Eh-: però là non +è così, eh-: voglio dire che cani servono
61 solo per guardare la:/la guardia, come guardia di casa_.
62\Co\ Quindi non si crea un legame affettivo_.
63\Sa\ No_.
64\Co\ +7+ Va bene, sentiamo Zejna_.
65\Sa\ !No, scusa! + tocca ancora a me!
66\Co\ !Ah, scusa! Pensavo avessi finito_.
67\Sa\ No, c’è ultima cosa voglio dire.+ parlare ++ eh-: che qui io vedo la mamma, il figlio, la figlia eh-: parlano
68 anche le cose:, sai e-: non so spiegare bene […]
[…]
82\Co\ Va bene_. Allora adesso passiamo la parola a Zejna_.

(7) [estratto da un’intervista condotta ad Amrit \Am\, livello 3, dall’intervistatrice \Int\. L’intervista
è stata realizzata in uno degli uffici di un comune di media grandezza del cremonese presso cui il
non nativo svolge l’attività di mediatore culturale.]

1\Am\ Prego, accomodatevi_. [dopo che l’intervistatrice e il padre hanno bussato alla porta di
uno degli uffici del comune]
2\Int\ &Grazie&
3\Am\ &Grazie&
4\Am\ Venite-: eh-: qui possiamo parlare con tranquillità_. $dite come vi posso aiutare$
[…]
5\Am\ Va bene, allora, direi, cominciamo_. Però-:, come ho detto prima no-, facciamo: eh-: voi
6 cominciate con domande eh-: e poi se/se trovo qualche causa interessante eh-: eh-:magari
7 parlo io senza che voi fate domande_.

49
8\Int\ Eh-: sì, cominciamo dunque-: volevo farle qualche domanda /…../
[…]
299\Int\ ++ Direi che va bene_. Per me basta_.
300\Am\Come volete-: se volete sapere altro di India++ pero penso che abbiamo parlato
301 tanto_.
302\Int\ Sì, sì, infatti_. Ti ho già rubato fin troppo tempo-: e: eh_mi hai dato tante
303 informazioni importanti_. Ci fermiamo qui con eh-: l’interrogatorio [accenno di
304 risata e tono ironico quando viene usata la parola interrogatorio]

305\Am\Ok, allora: spero che non abbiamo girato intorno e vi ho aiutato un po’_. Ok, allora
306 abbiamo finito_.
307\Int\Va bene, grazie di tutto_. [stretta di mano tra gli interagenti]
308\Am\Niente_ niente_. Eh-: è lavoro-: Arrivederci [mentre i due nativi escono dall’ufficio]

Una costante che si è notata nel corpus e che risulta evidente anche nei frammenti sopra riportati è
che le forme metacomunicative legate al messaggio oltre a strutturare l’interazione, svolgono anche
una seconda funzione più implicita, e cioè sottolineare la momentanea assunzione da parte dei
non nativi del ruolo di registi dello scambio comunicativo. Nel frammento 6, ad esempio a
partire dalla riga 2, e cioè dopo che il coordinatore dei mediatori culturali (\Co\) le cede la parola,
Sandeep assume la regia dello scambio in corso e mantiene il ruolo di guida fino alla riga 82 quando
il coordinatore riprende le redini del discorso. Il ruolo di regista di Sandeep risulta particolarmente
evidente alla riga 65, laddove l’informante difende il proprio turno di parola che il nativo,
involontariamente, ha cercato di toglierle. Attraverso la forma metacomunicativa di tale riga, infatti,
è come se l’immigrata dicesse “adesso sto parlando io, sto guidando io il discorso e mi lasci finire;
poi parlerai tu”. Rispetto all’assunzione del ruolo di regista dello scambio comunicativo da parte dei
non nativi il frammento 7 è ancora più interessante; in tale segmento interazionale infatti si assiste
ad un ripetuto alternarsi nel ruolo di guida dell’interazione da parte di Amrit e della intervistatrice.
Più precisamente, all’apertura dello scambio comunicativo (cfr. rr. 1-7) la regia appartiene al non
nativo. É lui infatti che, attraverso il ricorso a forme metacomunicative incentrate sul messaggio,
struttura l’interazione in modo che proceda con ordine e senza intoppi. Il non nativo tuttavia assume
il ruolo di regista per un arco di tempo molto limitato; infatti alla riga 8, attraverso una forma
metacomunicativa, la nativa si impossessa del ruolo di guida e lo mantiene a lungo, e cioè finché si
conclude l’intervista ad Amrit (cfr. r. 304). Solo a questo punto (cfr. r. 305), la guida
dell’interazione ritorna nelle mani del mediatore.
La funzione della MC legata al messaggio di segnalare l’assunzione della regia dell’interazione da
parte dei non nativi indiani negli scambi con i parlanti cremonesi offre lo spunto per alcune
riflessioni sui ruoli di potere tra gli interlocutori negli scambi asimmetrici. Rispetto a tali
osservazioni e soprattutto riguardo alla (im)possibilità di stabilire rigidamente a priori i rapporti di
potere tra i conversanti all’interno degli scambi asimmetrici si rimanda a quanto detto a proposito
delle interazioni nativo non nativo nel paragrafo 13 di questi appunti.

L’ultimo tipo di enunciati metacomunicativi presenti nel corpus riguarda il canale e si tratta di
forme prodotte da non nativi con buona competenza nella lingua seconda. Un primo esempio di MC
legata al canale compare nel seguente frammento:

(8) [estratto da una conversazione telefonica tra Sandeep \Sa\, livello 2 e l’intervistatrice
\Int\ ]

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1\Int\ Bene, sono contenta che tutto proceda bene_. Eh-: senti, ?ti posso chiamare eh-: magari tra
2 un paio di settimane, per sapere della casa?
3\Sa\ Eh-:, !sì! Eh-: però poi: per parlare bene- eh-: è meglio se incontriamo a casa, magari di
4 domenica- il pomeriggio che non lo lavoro_. Eh-: perché:, sai, per la telefono sono tutta
5 agitato e non lo parlo bene_.
6\Int\ !Ma no che parli bene per telefono!
7\Sa\ mhm [tono non molto convinto]
8\Int\Comunque va bene_.

L’espressione metacomunicativa è stata prodotta da una nativa con competenza media in L2 durante
una conversazione telefonica con l’intervistatrice. Attraverso tale forma l’immigrata sottolinea la
preferenza per una comunicazione faccia a faccia anziché per telefono, una preferenza motivata dal
fatto che l’interazione faccia a faccia si avvale sia del canale uditivo che di quello visivo, e consente
agli interagenti di comunicare anche attraverso elementi non verbali quali sguardi, gesti, posture dei
corpi, tutti elementi ai quali i nativi si affidano molto nel processo di codificazione e
decodificazione dei significati.
Il secondo enunciato legato al canale è esemplificato nel frammento interazionale riportato di
seguito. Si tratta di una forma realizzata da un non nativo con competenza elevata in L2,
nell’intento di esplicitare la sua preferenza per la comunicazione orale invece che per quella scritta,
preferenza dovuta al fatto che l’interazione orale, a differenza di quella scritta permette la
negoziazione dei significati:

(9) (estratto da un’intervista condotta ad Amrit \Am\, livello 3, dall’intervistatrice \Int\)


1\Am\ Mi scrive email, poi parliamo qui_: ?O preferisce che mi scrive e rispondo scritto con
2 problema?
3\Int\ No, no, meglio a voce_.
4\Am\ Sì, sì, penso anch’io_. + Per me penso-, è meglio parlare per voce perché-: eh-: mhm
5 come: + con telefono no, o come adesso no, con voi, è più facile: eh-: per me di capire
6 eh-: perché se non capisco io chiedo eh-: e voi mi aiutate capire: ++ eh-: e con scritto
7 questo non è possibile_.
8\Int\ Sì, mhm + quindi preferisci: eh-: + dire le cose a voce- che: per iscritto_.
9\Am\ Sì_.
10\Int\ Sono d’accordo_. Va bene, allora facciamo via mail e poi parliamo qui_.

Attraverso questa rapida panoramica si è cercato di mettere in rilievo alcune funzioni che possono
essere svolte dalla MC in un tipo particolare di interazioni, e cioè negli scambi comunicativi tra
nativi e non nativi. Particolarmente interessante è risultata la MC legata al mittente finalizzata
all’esplicitazione dell’identità locale assunta dagli interagenti; tale esplicitazione infatti ci ha
permesso di soffermarci sul rapporto di dipendenza diretta tra identità locale e comportamento
(interazionale) dei parlanti. Altrettanto interessante è risultata anche la MC incentrata sul messaggio
che ha offerto due importanti spunti di riflessione: (i) tale tipologia di MC è un indizio utile per
individuare chi, nei singoli momenti dell’interazione, detiene il ruolo di regista dell’interazione; (ii)
nelle interazioni asimmetriche i ruoli di potere tra gli interagenti non possono/devono essere stabiliti
rigidamente a priori; tali ruoli, infatti, possono essere ribaltati durante lo scambio comunicativo.

21. L’etichetta comunicativa nella scrittura di e-mail ed SMS: esercitazione.


a) E-mail
I testi che vengono riportati di seguito sono esempi di interazioni asimmetriche via e-mail tra
docente e studente. La fonte da cui sono tratti i messaggi è la casella di posta elettronica della
Professoressa Molinelli.

51
Testo 1
-------- Original Message --------
Subject: testi da utilizzare
Date: Mon, 1 Jan 1996 00:40:50 +0100
From: "Elisa Zanga" <elisa.zanga@libero.it>
To: <piera.molinelli@unibg.it>

Sono Zanga Elisa una studentessa iscritta al primo anno al corso di laurea in comunicazione
di massa pubblica e non potendo frequentare le volevo chiedere quali testi devo adottare per
poter prepararmi agli esami.

In attesa di risposta le porgo distinti saluti

----------------------------
Testo 2
-------- Original Message --------
Subject: Info esame
Date: Mon, 15 Nov 2004 19:58:05 +0100
From: "Luca8" <luca.pacelli@libero.it>
To: <piera.molinelli@unibg.it>

Salve, sono uno studente di Scienze della Comunicazione. (curriculum in comunicazione di


massa e nuovi media) che deve sostenere l'esame di Sociolinguistica A(3048).
Essendomi iscritto al corso l'anno scorso e avendo già lavorato sui testi volevo sapere se era
possibili fare l'esame con il programma per non frequentanti dell'anno scorso.
Inoltre con chi devo sostenere l'esame?Con lei o con la Prof. Chiara Ghezzi ?
Ringraziandola anticipatamente porgo distinti saluti.
Grazie, a presto

----------------------------
Testo 3
Subject: CORSO NON FREQUENTANTI
Date: Sun, 21 Nov 2004 15:24:48 +0100
From: "Elena Gorla" <elena.go@tiscali.it>
To: <piera.molinelli@unibg.it>

buongiorno,

52
io seguo il corso da non frequentante e volevo chiederle se è confermato che del libro "la
lingue ed il linguaggio" non bisogna fare i capitoli VI, IX e X.
INOLTRE volevo sapere se l'esame consisterà solo su questo libro o anche su altri materiali.
GRAZIE APETTO RISPOSTA

-------------------------
Testo 4
-------- Original Message --------
Subject: appelli esami
Date: Sun, 28 Nov 2004 04:29:04 +0100
From: "lillimara" <lillamara@virgilio.it>
To: <piera.molinelli@unibg.it>

Bergamo, il 1°-12-04

Gentilissima prof.ssa Molinelli,


sono una studentessa del 1° anno di corso di comunicazione di massa e nuovi media e sto
frequentando il Suo corso di sociolinguistica.
Come da Lei già comunicato, a gennaio si terrà l'appello scritto dell'esame.Ciò che vorrei
sapere è se sono previsti ulteriori appelli e in che modalità - se orali o scritti-.
La ringrazio per la Sua attenzione e attendo una Sua risposta
Ilaria Del Bufalo

-------------------------
Testo 5
Subject: C.SO SOCIOLINGUISTA A1-3048
Date: Tue, 30 Nov 2004 19:40:44 +0100
From: "carlobasco" <basco_carlo@yahoo.it>
To: <piera.molinelli@unibg.it>

Gent.ma Prof.ssa Molinelli,


Le chiedo gentilmente informazioni/suggerimenti circa il corso in oggetto
essendo io studente lavoratore non frequentante iscritto al Corso di CMPI.
In particolare, avrei desiderio di sapere se vi è materiale didattico in
alternativa/aggiunta a quello indicati in bacheca.(LE LINGUE E IL
LINGUAGGIO)
L'occasione è gradita per porgere i più distinti saluti.

53
Cordialmente
Carlo Basco

---------------------------

Testo 6
-------- Original Message --------
Subject: informazioni esami anni precedenti
Date: Sun, 23 Jan 2005 20:55:45 +0100
From: lilli@aliceposta.it
To: piera.molinelli@unibg.it

Buona sera gentile professoressa,


sono una studentessa in scienze dell'educazione che ha seguito il suo corso
nell'anno accademico 2002-2003. Dovrei sostenere come ultimo esame sociolinguistica
B, a quale appello mi devo iscrivere 27 gennaio o 1 febbraio?
Gentilmente potrebbe fornirmi la bibliografia (ho frequentato il corso)per
avere una ulteriore conferma?
La ringrazio anticipatamente.
Laura

Testo 7
-------- Original Message --------
Date: Wed, 26 Jan 2005 09:33:02 +0100
From: “22387" <elisa.boni@studenti.unibg.it>
To: piera.molinelli@unibg.it

buon giorno profe,


frequnto il primo anno di comunicazione di massa pubblica e istituzionale e
ho frequentato il suo corso in questo semestre.
ho svolto l'esame scritto del 10/01/05 e l'ho superato con 20, ora sono
indecisa se ridarlo o meno il 1/2.lei che mi consiglia?
io comunque sono iscritta all'appello orale e sono il numero 88, volevo
sapere se, nel caso in cui decidessi di ridarlo, verrò interrogata il 1/2 o
se slitterei al giorno seguente.
in attesa di risposta, porgo cordiali saluti.

----------------------------

54
Testo 8 (una serie di tre messaggi [botta e risposta]):
8a
Date: Wed, 26 Jan 2005 12:18:02 +0100
From: "223785" <erica.bartelli@studenti.unibg.it>
To: piera.molinelli@unibg.it

salve prof,
sono bartelli erica, matricola 223785. martedi verrò a sostenere l 'esame di
sociolinguistica. il mio numero in lista è 83. sono della provincia di
sondrio e lavoro, vorrei sapere se c'è una possibilità che l'interrogazione
si sposti, causa l' elevato numero di alunni, ad un giorno successivo.se si
vorrei chiederle se posso venire direttamente al postappello...il motivo non
è per una mancata preparazione, ma è per non perdere un giorno inutilmente.
spero capisca il mio disagio.
cordiali saluti

8b
-------- Original Message --------
Subject: Re:
Date: Fri, 28 Jan 2005 09:39:52 +0100
From: Piera Molinelli <pimoline@unibg.it>
Organization: Dipartimento di Linguistica e Letterature Comparate Universita degli
Studi di Bergamo
To: 223785 <erica.bartelli@studenti.unibg.it>
CC: Margherita Pezzotti <marghele@aliceposta.it>
References: <20050127181644.16846.qmail@hplp2000r.studenti.unibg.it>

può venire direttamente giovedì mattina perché tengo conto di questa sua
email come risposta all'appello che farò martedì.
cordialmente
pm

8c
-------- Original Message --------
Date: Thu, 27 Jan 2005 19:16:44 +0100
From: 223785 <erica.bartelli@studenti.unibg.it>
To: piera.molinelli@unibg.it

55
salve prof,
sono matricola 223785.la ringrazio per la veloce risposta.il giorno giovedì
mi va benissimo anche perchè è il mio giorno libero e quindi non ho nessun
problema di lavoro o di permessi.
scusi se le faccio ancora un'altra domanda, ma quindi io posso venire
direttamente giovedì senza problemi?
la ringrazio infinitamente.
bartelli erica

-----------------------------------
Testo 9
-------- Original Message --------
Subject: info esame
Date: Fri, 22 Apr 2005 12:37:15 +0200
From: tommy.1980@libero.it
To: piera.molinelli@unibg.it

Buongirono!
desiderei sapere se posso sostenere l'esame scritto di socioling B il 19
maggio non avendo ancora sostenuto l'esame di socioling A e aspettare a registrare
il voto di socioling B.
cordiali saluti

Bibliografia selezionata
Bazzanella, C. (a cura di), 2002, Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, Milano, Guerini.
Bettoni, C., 2001, Imparare un’altra lingua. Lezioni di linguistica applicata, Roma-Bari, Laterza.
De Marco, A., 2000, Manuale di Glottodidattica, Roma, Carocci.
Ellis, R., 1994, The Study of Second Language Acquisition, Oxford, Oxford University Press.
Franceschini, R., 1994, La metacomunicazione: forme e funzioni nel discorso. Acta Romanica Basiliensia 6, Basel,
Romanisches Seminar der Universität Basel.
Franceschini R., 1998, Riflettere sull’interazione: un’introduzione alla metacomunicazione e all’analisi conversazionale,
Milano, Franco Angeli.
Gumperz, J., 1982, Discourse Strategies, Cambridge University Press, Cambridge.
Molinelli, P., 2002, “Lei non sa chi sono io!: potere e solidarietà, rispetto e distanza nella comunicazione”. Linguistica e
Filologia 14: 283-302.
Orletti, F., 2000, La conversazione diseguale. Potere e interazione, Roma, Carocci.
Orletti, F. (a c. di), 2004, Scrittura e nuovi media. Dalle conversazioni in rete alla Web usability, Carocci, Roma.
Perissinotto, A., 2000, Il testo multimediale: gli ipertesti tra semiotica e didattica, Torino, Utet.
Pezzotti, M., 2003, La metacomunicazione in interazioni di immigrati indiani, tesi di laurea non pubblicata, Università
degli Studi di Bergamo.
Pistolesi, E., 2004, Il parlar spedito. L’italiano di chat, e-mail e SMS, Padova, Esedra.
Thompson, J.B., 1998, Mezzi di comunicazione e modernità, Bologna, Il Mulino.

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