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Geografia dei luoghi di Stephen King Derry, il Maine e Pennywise

“Sei seduto?” mi domandò Bill.


“No”, gli risposi. Il telefono era attaccato alla parete della cucina e mi trovavo tra quella e il salotto.
“Dovrei?”
“Forse sì.” La Signet si è aggiudicata per quattrocentomila dollari i diritti per l’edizione tascabile di Carrie.»

Stephen King, On writing, Frassinelli.

È la festa della mamma del 1973 quando Stephen King diventa Stephen King. E tutto inizia col racconto
della ragazzina vittima di bullismo all’Ewan High School di Chamberlain, nel Maine, che un bel giorno
scopre di avere straordinari poteri telecinetici, disintegra i suoi sbeffeggiatori e conquista milioni di lettori.
Lo stesso King non riponeva tante aspettative in questo romanzo e fu la moglie Tabitha che lo convinse a
inviarlo alle case editrici.

Con Carrie King, a sua insaputa, stava prendendo le misure. E sebbene la trama in sé possa apparire di
estrema semplicità contiene tutti gli elementi che caratterizzeranno moltissime delle future opere del maestro
del brivido: una scuola, degli adolescenti, un genitore affetto da turbe psichiche, il soprannaturale, il sangue
e la violenza, l’humor e, soprattutto, l’ambientazione.

L’ambientazione è sempre stata un qualcosa di speciale nelle storie di King.

Derry,_Maine

A ispirarlo sono soprattutto le piccole cittadine del Maine come la stessa Chamberlain, come Ludlow, dove
si svolgono le vicende di Pet Sematary, come in un sobborgo di Pittsburgh, Pennsylvania, dove è ambientata
Christine – La macchina infernale, ma anche luoghi specifici quali i distributori di benzina abbandonati
(come nel racconto breve Miglio 81) o strade statali (Maxicamionista) o anche semplici corsi d’acqua (fu un
ruscello che scorreva dietro una pompa di benzina a dargli l’idea di Buick 8).

Soverchiante poi è il numero di luoghi frutto della fantasia dell’autore americano. Le isole sono il forte di
King. L’imprenditore Edgar Freemantle dopo l’incidente che gli è costato l’amputazione di un braccio si
rifugia sull’isola di Duma Key (da cui l’omonimo romanzo), Emily Owensby per dimenticare la morte della
figlia si trasferisce a Vermillion Key, Florida (in Torno a prenderti). A Little Tall, a largo delle coste del
Maine, gli abitanti vengono tormentati da una tempesta senza precedenti e da un demoniaco individuo (La
tempesta del secolo), mentre Dolores è vittima delle violenze del marito e decide di fargliela pagare
(Dolores Claiborne).

Tenendo da parte la saga della Torre Nera e dell’universo che le ruota intorno, il Re, com’è soprannominato
dai fan, ambienta le opere principali e più note, in piccole e immaginarie cittadine del New England, spesso
in scenari rurali e familiari della media borghesia americana. È da Stovington, nel Vermont, che parte lo
scrittore Jack Torrance per l’Overlook Hotel di Shining, situato tra le montagne del Colorado, dove
raggiungerà la vetta più alta della follia, ottimamente rappresentata da Jack Nicholson nella trasposizione
cinematografica di Kubrick.

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È a Castle Rock, nel Maine, che si sviluppano le vicende del sequel Doctor Sleep, che vedono coinvolto il
figlio di Jack, Danny, ormai adulto, di Johnny Smith, che dopo essere stato in coma per quattro anni e mezzo
si risveglia e scopre di essere in possesso di poteri di preveggenza (La Zona Morta), di Cujo, il terribile San
Bernardo posseduto da un’entità maligna (Cujo). L’apice viene raggiunto con Cose Preziose, in cui
l’apertura di un nuovo negozio da parte di un individuo venuto da fuori sconvolgerà la vita degli abitanti del
paese e dello sceriffo Alan Pagnborn.
È a Chester’s Mill, nel Maine, che cala una cupola trasparente che intrappola gli abitanti isolandoli dal resto
del mondo (The Dome).

In ogni romanzo, King rivolge una meticolosa cura al territorio in cui la storia nasce e termina, attraverso la
descrizione dinamica dei luoghi associata al background di personaggi, non per forza principali, ma anche
semplici comparse. Un sistema che conferisce un certo grado di storicità apparente al posto immaginario e di
conseguenza la percezione di realtà al lettore. Ed è quest’ultimo punto la forza e la tenuta del mondo di
Stephen King.

Il luogo non è uno sfondo che ospita la storia, ma ne è l’essenza stessa. E il lettore, a distanza di tempo dal
termine di un romanzo del Re, è portato quasi a ricordare meglio il posto in cui la trama si sviluppa piuttosto
che le sue fasi e il suo intreccio.

La vera apoteosi di queste affermazioni trovano concretezza con l’immaginaria Derry, che è il vero
protagonista di It.

A poche settimane dalla sua uscita, il film di Andrés Muschietti ha sbancato i botteghini con circa 635
milioni di dollari di incassi, superando L’Esorcista (fermo a 441 milioni) e posizionandosi, per il momento,
al secondo posto della classifica degli horror più visti di sempre, dietro solo a Il sesto senso. L’immagine del
palloncino e di George Denbrough con l’impermeabile giallo e gli stivaletti rossi tappezza le locandine di
tutti i cinema del mondo. Un successo inaspettato dopo le critiche (per la scarsa fedeltà al romanzo) della
miniserie diretta da Tommy Lee Wallace nel 1990 e le débâcles delle più recenti trasposizioni, Cell di Tod
Williams e La Torre Nera di Nikolaj Arcel. La Warner Bros ha addirittura proposto il film per la candidatura
agli Oscar. Qual è la ragione di tanto clamore? La risposta è unica: sono state soddisfatte gran parte delle
aspettative (anche se non tutte) di un capolavoro che ha conquistato milioni di lettori di diverse generazioni.

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E allora qual è la vera forza di It? Di sicuro la storia e… Derry. It non reggerebbe se fosse ambientato in un
posto diverso. Non potrebbe mai suscitare lo stesso fascino della cittadina a sud di Bangor (Maine)
attraversata anch’essa dal Kenduskeag, un affluente del Penobscot.
Ogni singola via ha in sé una sua solennità perché non si esaurisce in una citazione e prima o poi viene
ripresa nel corso del testo, affinché tutto combaci alla perfezione.

«La barchetta beccheggiò, s’inclinò, si raddrizzò, affrontò con coraggio i gorghi infidi e proseguì per la sua
rotta giù per Witcham Street, verso il semaforo che segnava l’incrocio con la Jackson.»

È in quel punto, all’esordio dell’estate del 1958, che avviene l’uccisione del piccolo George per opera di
Pennywise, il clown diabolico che vive nelle fogne di Derry e ritorna ogni 27 anni, tanto dura il suo periodo
di ibernazione, per nutrirsi dei suoi abitanti, in particolare di bambini.

Ed è con la morte di George che inizia la serie di delitti e di sparizioni, che sembrano stranamente non
turbare i cittadini.

«Può una città intera essere posseduta?


Posseduta come si dice che siano certe abitazioni?
Non una singola casa in quella città, o l’angolo di una determinata via, o quell’unico campo di pallacanestro
in un certo piccolo giardino, con il cerchio privo di rete che si staglia al tramonto come un oscuro e
insanguinato strumento di tortura, non solo una zona ma tutto. La città nella sua interezza.
È possibile?»

Le vicende si sviluppano intorno al Club dei Perdenti, di cui fanno parte Bill, Richie, Mike, Ben, Eddie, Stan
e dalla bella Beverly. It si presenterà ai loro occhi in diversi luoghi, in diversi momenti, sotto diverse forme
che variano in base alle paure più nascoste provate da ogni perdente.
Ecco alcuni dei luoghi simbolici di Derry, descritti da King.

La Biblioteca Pubblica di Derry è il posto preferito di Ben e lui adora soprattutto il corridoio vetrato che
unisce la parte dedicata ai bambini da quella dedicata agli adulti. Avrà una visione di Pennywise in quella
biblioteca dopo ritorno a Derry, nel 1985.

La casa abbandonata di Neibolt Street 29, vicino allo scalo ferroviario, sarà teatro di una prima battaglia tra
It e i Perdenti. Nei pressi di quell’abitazione, It si manifesta per la prima volta a Eddie sotto le sembianze di
un lebbroso e in un’altra occasione a Bill e Richie nei panni di un licantropo.

Il luogo a cui King dedica maggiore attenzione sono, però, I Barren, zona di campagna attraversata dal
Kenduskeag, base di ritrovo dei Perdenti e teatro di numerose fughe e battaglie contro la banda di Henry
Bowers.

La Cisterna di Derry è invece la torre dell’acqua potabile e rappresenta anche il punto più alto della città,
dove in passato annegarono due bambini, sempre per opera di Pennywise. È alla Cisterna che questi apparirà
a Stan, proprio sotto forma dei due bambini morti.

Spesso vengono fatti accenni anche alle Ferriere Kitchener, la vecchia acciaieria di Derry dove si verificò
un’esplosione nel 1906 nel corso della quale morirono dei bambini e tale evento, causato da It, coincise con
la fine di quel ciclo. Il clown sarebbe ritornato dopo 27 anni. Nel 1958 apparirà a Mike, tra i resti delle
Ferriere, come un uccello gigante.

«Derry è It. Mi capite?… Dovunque andiamo… quando It ci assalirà, la gente non vedrà, non sentirà, non
saprà. Vi rendete conto che è così?»

È questo che pensa Eddie ricordando le parole che un giorno Bill disse loro. Derry è quindi la città-mostro, il
vero protagonista del libro.

Comparirà in altre opere di King anche se in periodi narrativi temporali differenti (Insomnia, Mucchio
d’ossa, L’acchiappasogni, Le creature del buio, L’uomo in fuga) tranne nel capolavoro 22.11.63, quando
Jake Epping proiettato nel passato con la specifica missione di salvare JFK dall’attentato di Dallas, passa da
Derry nel settembre del 1958, periodo in cui i Perdenti hanno già sconfitto It per la prima volta.

Ecco la prima impressione di Jake al suo arrivo:

«C’era qualcosa di sbagliato in quella città, e credo di essermene accorto dal primo momento».

E Jake incontra, guarda caso, Beverly e Richie.

«Pensai che quei due ragazzini coraggiosi e interessanti avrebbero potuto raccontare un bel po’ di cose, se
avessero voluto. Sono sempre rimasto curioso di quello che avrebbero potuto dirmi. […]
“E voi siete certi che i tempi brutti… siano finiti.”
“Più o meno”, replicò Beverly. “Qui a Derry, i tempi brutti non finiscono mai del tutto […] È un brutto
posto, in molti sensi. Ma le cose miglioreranno.”»

Il riferimento di King ai due personaggi di It è geniale.

«Scrivere è magia», asserisce l’autore del Maine in On Writing.

«E allora, King è il più abile dei maghi», afferma Loredana Lipperini.

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