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Alexis Carrel
Mary Baker Eddy

LA PREGHIERA
CHE GUARISCE
GUARIGIONE DEL CORPO, DEL CUORE, DELL’ANIMA
© 2016 Area51 Publishing s.r.l., San Lazzaro di Savena (Bologna)
Prima edizione ebook Area51 Publishing: © dicembre 2016

Titoli originali: Prayer is Power (1940) by Alexis Carrel e Prayer (1875) by Mary Baker Eddy
Traduzione e cura: Simone Bedetti
Cover e sviluppo ebook: © Area51 Publishing – Paolo Beltrami

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ISBN: 978-88-9331-404-6

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Introduzione
Questo libro raccoglie due rarissimi testi di due figure fondamentali della spiritualità cristiana,
entrambe appassionate e appassionanti nella ricerca dei più autentici, originari insegnamenti di
Cristo – inclusa la guarigione spirituale.
Gesù pregava e guariva, e quando guariva diceva: “È la tua fede che ti ha guarito”. Guariva
istantaneamente gli infermi e vinceva la morte. Che ciò sia il frutto di superstizioni o di racconti
“fiabeschi” funzionali a convincere le folle popolari con gli “effetti speciali” del miracolo o che
invece sia uno dei poteri reali della fede, dell’unione dell’uomo con l’Uomo, del Figlio con il
Padre, è una questione che riguarda la ricerca e l’esperienza che ogni individuo ha il diritto e la
libertà di fare. Mi pare che un buon punto di partenza sia quello di non giudicare chi ci crede,
così come di non giudicare chi non ci crede. Nessuno può essere maestro di nessuno, perché,
come ci ha insegnato il Maestro, uno solo è il Maestro, e tutti noi siamo fratelli. Potremmo
aggiungere: siamo tutti fratelli nell’opinione, laddove c’è una sola Verità-Maestro. Perciò, chi ha
il diritto di giudicare chi?
Penso anzi sia proprio questa la sfida universale e meravigliosamente laica di Gesù: fino a
dove siamo disposti a spingerci nella ricerca della nostra fede – cioè del nostro potere? Dico
sfida laica perché l’insegnamento riguarda tutti gli uomini e tutte le donne, non dei “prescelti”,
dei selezionati, degli “eletti” reclusi in roccaforti spirituali, o in parrocchie che dir si voglia:
l’insegnamento originario di Gesù e del cristianesimo era per la gente e tra la gente, era, per
dirla con Abraham Lincoln, “dal popolo, con il popolo, per il popolo”.
E Gesù, che ci crediamo o no, pregava per il popolo e guariva il popolo. E non solo: insegnava
a pregare e insegnava a guarire. Infatti, si legge esplicitamente nei Vangeli, anche i suoi
discepoli guarivano. Gesù non vantava l’esclusività della preghiera e della religione, non si
autoelesse a santo e non si attribuì la patente di “eletto”. Anzi così potente era il suo
insegnamento di guarigione che gli apostoli s’imbatterono in altre persone che, senza
appartenere ai discepoli, avevano imparato a loro volta a guarire. Gli intimarono di non farlo e
andarono a riferire la loro scoperta a Gesù. Gli dissero: “Maestro, abbiamo visto uno che usava
il tuo nome per scacciare i demoni e noi abbiamo cercato di farlo smettere perché non è uno che
ti segue insieme a noi”. Ma Gesù disse: “Lasciatelo fare, perché chi non è contro di voi è per
voi”. Gesù non rivendicò l’esclusiva sul suo potere di guarigione, non mise il copyright sulla
guarigione. E ciò dovrebbe essere di modesto insegnamento a tutti i contemporanei guru
dell’evoluzione spirituale che appioppano un ® o un ™ a ogni cosa che fanno – ricordo il
fondatore di un sistema di crescita personale che sosteneva di aver ricevuto le tecniche che
insegnava direttamente dall’ispirazione divina, e che appioppò al suo sistema un ® gigantesco e
vietava anche solo di parlare delle sue tecniche fuori dai suoi corsi – corsi che costavano dai 600
ai 1200 euro l’uno. Al che mi venne spontaneo chiedergli: “Ma se il tuo sistema te lo ha inviato
Dio, allora il ® è di Dio, ed è possibile che Dio voglia il copyright?”. Come risposta fui invitato
ad andarmene.
Gesù – che evidentemente era più modesto di questo e di molti altri guru contemporanei –
invece non vietò agli altri di guarire, come faceva lui, se erano capaci di farlo, se avevano cioè
imparato da lui a farlo, e anche se non si professavano suoi discepoli nel farlo. La guarigione
non era per lui un mezzo di divulgazione del suo insegnamento, era uno degli effetti reali del
suo insegnamento.
Riguardo a questo, riguardo al fatto che Gesù guariva e insegnava a guarire, ritorno
naturalmente a quanto detto poco sopra: restiamo nel mondo delle opinioni. Cioè della ricerca e
delle ipotesi – le quali, come straordinariamente dice Alexis Carrel nel testo che segue, sono
fondamentali per la scienza quanto l’osservazione.
Entrambi, Alexis Carrel e Mary Baker Eddy, credono fermamente che Gesù guarisse
realmente le persone e che lo strumento essenziale per la guarigione spirituale (che significa
“guarigione dello spirito per mezzo dello spirito” ma anche “guarigione del corpo per mezzo
dello spirito”) sia la preghiera. In questi due testi ci spiegano perciò che cos’è la preghiera dal
punto di vista della guarigione e come pregare per guarire.
Entrambi, Alexis Carrel e Mary Baker Eddy, hanno dedicato la vita alla ricerca della
guarigione spirituale, e ci hanno lasciato parole ed esperienze che ci spalancano orizzonti
ancora tutti da esplorare e ci mettono in contatto con un’energia spirituale che si riconosce
essere, se si lascia andare i propri pregiudizi, l’energia originaria dell’insegnamento cristiano:
l’energia dell’amore che guarisce.

Simone Bedetti
editore di Area51 Publishing
Chi è Alexis Carrel
Nasce nel 1873 nel villaggio lionese di Sainte-Foy da una famiglia benestante e molto cattolica.
Nel 1891 si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Lione, specializzandosi in chirurgia
e iniziando a lavorare alle prime pubblicazioni sulla chirurgia vascolare e sui carcinomi. Poco
dopo, un evento cambia definitivamente la sua vita: sostituisce un collega con l’incarico di
accompagnare degli ammalati a Lourdes e lì è testimone oculare di un miracolo a una giovane
donna. All’incredibile evento segue una conversione religiosa che Carrel narra nel libro Viaggio
a Lourdes, pubblicato postumo nel 1949.
La conversione mal vista dall’ambiente medico e l’arretratezza della ricerca negli ospedali
francesi spingono Carrel a trasferirsi in America. A Chicago inizia un’importante collaborazione
con il famoso chirurgo Guthrie, in seguito diventa direttore del reparto di chirurgia
sperimentale del Rockefeller Institute di New York.
Nel 1910, durante uno dei soggiorni estivi in Francia, a Lourdes assiste alla miracolosa
guarigione di un bambino. Nello stesso giorno conosce Anne La Motte, infermiera diplomata e
donna molto religiosa che lo segue in America per lavorare al Rockefeller Institute di New York.
I due si sposano dopo tre anni.
Nel 1912 Carrel riceve il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia per le ricerche sulle
suture vascolari, sul trapianto degli organi e sulla coltivazione di tessuti in vitro. Allo scoppio
del primo conflitto mondiale, i coniugi Carrel sono impegnati in un ospedale da campo vicino
Lione che prende il nome di Ambulanza Carrel, salvando centinaia di soldati e civili. Nel 1919
ritornano al Rockefeller di New York per riprendere la loro normale attività. A New York Alexis
Carrel conosce padre Cornelius Clifford, sacerdote ed ex gesuita, che diventa la sua guida
spirituale. Arrivato a cinquanta anni, decide di trasferirsi nell’isoletta di Saint-Gildas in
Bretagna.
Nel corso di tutti gli anni Venti diventa membro delle più grandi Accademie di Medicina e
delle Scienze del mondo. Pubblica L’uomo, questo sconosciuto e La condotta della vita e fonda
un Istituto di Ricerca per lo studio dei problemi umani, integrando ispirazioni scientifiche ed
evangeliche. Nel 1939, anno dell’inizio della seconda guerra mondiale, cessa la sua attività al
Rockefeller Institute per limiti di età e si impegna in una campagna a favore dell’intervento
americano in guerra, preoccupato per le sorti della Francia e dell’Europa intera.
Muore nel 1944 all’età di 71 anni.
Chi è Mary Baker Eddy
Nata nel 1821 a Bow, nel New Hampshire, Mary Baker Eddy cresce in una famiglia protestante
profondamente religiosa di modesti proprietari terrieri. Già durante la giovinezza studia la
Bibbia, allontanandosi dai precetti calvinisti di predestinazione e peccato originale.
Nel 1862 si accosta al pensiero di Phineas Quimby, uno dei padri del Nuovo Pensiero,
diventando sua paziente perché afflitta da gravi problemi di salute. Negli anni successivi Mary
Baker Eddy, pur condividendo il pensiero di Quimby, elabora il proprio approccio alla
guarigione spirituale, sostenendo che la guarigione arriva direttamente da Dio attraverso la fede
e la preghiera. A sostegno del proprio pensiero, riporta l’esperienza personale di un’improvvisa
guarigione da una grave frattura conseguente a una caduta sul ghiaccio nel 1866 grazie a una
profonda meditazione su un passo biblico.
Da questo momento Mary Baker Eddy si occupa sistematicamente di guarigione spirituale,
ottenendo numerose guarigioni in tutto il Massachusetts. Spinta dai suoi discepoli, nel 1875
pubblica Scienza e Salute con la Chiave delle Scritture, uno dei testi fondamentali sul rapporto
tra guarigione e spiritualità. Nel 1879, a Boston, fonda la Chiesa Scientista, con lo scopo di
ripristinare il cristianesimo primitivo e il suo elemento perduto di guarigione. Nel 1908 dà vita
al quotidiano The Christian Science Monitor, ancora oggi pubblicato negli Stati Uniti. Si spegne
nel 1910, all’età di ottantanove anni.
A Mary Baker Eddy è dedicato uno dei tre saggi presenti in L’anima che guarisce di Stefan
Zweig, dove l’autore austriaco affronta il tema della guarigione psichica delle malattie,
accostando l’opera di Mary Baker Eddy a quella di Franz Anton Mesmer e Sigmund Freud.
ALEXIS CARREL

La Preghiera
Prayer is Power (1940)
Introduzione

Agli occhi di noi occidentali, la ragione appare ben superiore all’intuizione. Preferiamo di
gran lunga l’intelligenza al sentimento. Per noi la scienza splende, mentre la religione si spegne.
Seguiamo Cartesio, scartiamo Pascal.
Perciò, cerchiamo sempre, prima di tutto, di sviluppare l’intelligenza. Per quanto concerne
invece le attività non razionali, come il senso morale, il senso estetico e, soprattutto, il senso del
sacro, esse sono quasi completamente trascurate, se non ignorate. Ma l’atrofia di queste attività
fondamentali per la vita di ogni persona rende l’uomo moderno un individuo spiritualmente
cieco. Una tale mancanza fondamentale gli impedisce di rivestire un ruolo costruttivo e di
essere un membro costitutivo della società. Ed è proprio alle cattive qualità dei singoli individui
che va imputata la causa della decadenza che spesso notiamo nella nostra civiltà. Perché per la
riuscita della vita la dimensione spirituale è altrettanto indispensabile quanto lo sono la
dimensione intellettuale e quella materiale. È perciò urgente che risvegliamo in noi quelle
attività mentali che, molto più dell’intelligenza razionale, conferiscono forza alla personalità e al
carattere degli individui. Tra queste attività, la più trascurata e ignorata è senza dubbio il senso
del sacro, o senso religioso.
Il senso del sacro si esprime soprattutto attraverso la preghiera. Come il senso del sacro non
c’è dubbio che la preghiera sia un fenomeno spirituale. Il mondo spirituale si trova fuori dalla
portata dell’analisi razionale. È possibile però, nonostante questo, poter avere una conoscenza
razionale della preghiera? La risposta è sì.
Il mondo della scienza comprende tutto ciò che può essere osservato. E, utilizzando la
fisiologia, può spingersi fino alle manifestazioni della dimensione spirituale. Perciò, attraverso
l’osservazione costante e sistematica della persona che prega, possiamo venire a conoscenza di
ciò in cui consiste la preghiera, della sua tecnica e dei suoi effetti.

Definizione della preghiera

La preghiera può essere definita, nella sua essenza, come una tensione dello spirito verso la
sostanza immateriale del mondo. Presso la maggior parte delle persone, essa si manifesta come
un lamento, un grido, una richiesta di aiuto. Per alcune persone, invece, essa si manifesta come
una serena contemplazione del principio immanente e trascendente di tutte le cose. In entrambi
i casi, possiamo definire la preghiera anche come un’elevazione dell’anima verso Dio, come un
atto d’amore e di adorazione verso Colui dal Quale proviene quella cosa meravigliosa che si
chiama Vita.
La preghiera, infatti, esprime lo sforzo dell’individuo per comunicare con l’Essere Invisibile, il
Creatore di tutto ciò che esiste, la Suprema Saggezza, la Forza, il Potere, la Bellezza Perfetta, il
Padre e il Salvatore di ognuno di noi. Ben lungi dal rappresentare una semplice ripetizione di
formule, la preghiera, la vera preghiera, rappresenta invece uno stato mistico durante il quale
la coscienza è assorbita in Dio.
Tale stato mistico non è certo di natura razionale: esso resta, pertanto, inaccessibile e perfino
incomprensibile sia ai filosofi sia agli scienziati. Come il senso del bello e il sentimento
dell’amore, questo stato mistico non richiede una cultura intellettuale o un’educazione libresca.
Le persone semplici sentono Dio come gli intellettuali, in modo naturale, come il calore del sole
o il profumo di un fiore.
Però questo Dio, che si avvicina e resta vicino a colui che sa amare, si nasconde da e rifugge
colui che è soltanto capace di comprendere in modo razionale, con l’analisi e la mente. Il
pensiero e la parola falliscono quando cercano di descriverlo.
Questo accade perché la preghiera incontra la sua espressione più alta nel volo d’amore che si
libra sull’oscura notte dell’intelligenza.

Come si prega

Come si deve pregare? La tecnica della preghiera l’ho appresa dai mistici cristiani, da San
Paolo a San Benedetto, e da tutti gli apostoli senza nome che da oltre duemila anni hanno
iniziato i popoli occidentali alla vita religiosa.
Il Dio di Platone era inaccessibile nella sua grandezza; il Dio di Epitteto si confondeva con
l’anima delle cose; Jahvè, il Dio ebraico, era un tiranno che ispirava terrore, non certo amore. Il
cristianesimo, invece, ha avvicinato Dio all’uomo. Gli ha dato un volto, lo ha fatto diventare
nostro padre, nostro fratello, nostro amico salvatore. Per arrivare a Dio non è più necessario un
cerimoniale complesso fatto di sanguinosi sacrifici. Per pregare, non si deve fare altro che lo
sforzo di tendere a Dio. E questo sforzo deve essere uno sforzo del cuore, non della ragione.
Una contemplazione o meditazione sulla grandezza di Dio, per esempio, non è una preghiera, se
non è accompagnata da un’espressione di amore e di fede.
Che sia breve o lunga, che sia espressa a voce o mentale, la preghiera deve essere simile alla
conversazione tra un figlio e un padre. “Ci si presenta come si è”, disse un giorno una minuta
Suora di Carità, che da trent’anni dava la sua vita al servizio dei poveri.
Si prega come si è; si prega come si ama: con tutto il proprio essere.
La forma della preghiera varia dalla breve aspirazione verso Dio fino alla contemplazione,
dalle semplici parole pronunciate dai contadini davanti al Calvario, il monumento con il
crocefisso, all’incrocio delle strade, fino alla magnificenza del canto gregoriano sotto le volte
delle cattedrali.
Ma non sono la solennità, la grandezza e la rappresentazione magniloquente a rendere
efficace una preghiera. Ben poche persone hanno saputo pregare come San Giovanni della
Croce o San Bernardo di Chiaravalle, ma non è necessario possedere la stessa loro eloquenza
per vedere esaudite le proprie preghiere. Se giudichiamo il valore della preghiera dai suoi
risultati, ne traiamo la conclusione che le più umili parole di supplica e lode sono altrettanto
bene accolte dal Signore quanto le più alte e solenni invocazioni. Anche le formule recitate in
modo quasi automatico, per abitudine, possono definirsi preghiera, come anche l’accendere un
cero. Affinché lo siano è però necessario che le formule o i riti ripetuti sian accompagnati da uno
slancio vero della persona verso Dio. È sempre l’essere nella preghiera che determina l’effetto
della preghiera. Quanto mettiamo di noi stessi nella preghiera: questo definisce una preghiera.
Si prega anche con il lavoro. San Luigi Gonzaga diceva che il portare a termine un dovere
equivale a una preghiera.
Il modo miglior di comunicare con Dio è però, senza dubbio, quello di compiere la sua
volontà.

Padre Nostro…
Venga il tuo regno…
Sia fatta la tua volontà…
Come in cielo, così in terra…

Fare la volontà di Dio significa, appare chiaro, obbedire alle leggi della vita, quelle che sono
scritte nei nostri tessuti, nel nostro sangue, nella nostra anima.
Le preghiere salgono come una grande nuvola dalla superficie della terra, e sono diverse tra
loro quanto sono diverse le personalità di coloro che pregano. Consistono però nella maggior
parte dei casi in variazioni su due temi essenziali: il bisogno e l’amore.
Pregare per esaudire i propri bisogni o per avere soccorso è assolutamente legittimo: è
legittimo pregare Dio per chiedergli di ottenere tutto quello di cui abbiamo bisogno. Certo, non
ha senso domandare di esaudire dei capricci o di ricevere senza dover fare alcuno sforzo o
lavoro ciò che invece ci dobbiamo procurare con la nostra fatica. Eccetto questo, però, la
domanda, ogni domanda, riceve sempre risposta. Anche la domanda (la preghiera) più
importuna, più ostinata, perfino più aggressiva. Un cieco, seduto ai lati della strada, supplicava
Gesù urlando sempre più forte, anche se la gente intorno gli diceva di tacere. “La tua fede ti ha
guarito”, gli disse Gesù, che lo sentì urlare.
Nella sua forma più elevata, la preghiera cessa però di essere una domanda. In questa forma
più elevata, utilizziamo la preghiera soltanto per parlare con Dio e dirgli perché lo amiamo, per
ringraziarlo per i suoi doni, e per dirgli che siamo pronti a compiere la sua volontà, qualunque
essa sia. La preghiera diventa allora contemplazione. Un vecchio contadino stava seduto
all’ultimo banco di una chiesa deserta. Gli domandarono: “Che cosa stai facendo?”. Rispose: “Io
Lo guardo, ed Egli mi guarda”.
Il valore di una tecnica lo si misura dai suoi risultati. Perciò ogni modo di pregare è buono, se
mette l’individuo in contatto con Dio.

Dove e quando pregare

Dove pregare, e quando?


Si può pregare ovunque. In strada, in automobile, in treno, in ufficio, a scuola, in fabbrica.
Però si prega meglio in solitudine: nei campi, sulle montagne o nei boschi, o nella propria
stanza. Ci sono anche le preghiere liturgiche, che si recitano in chiesa. Ma qualunque sia il luogo
in cui si prega, Dio ci parla soltanto quando abbiamo stabilito la quiete in noi stessi.
La quiete interiore dipende sia dal nostro stato fisico e mentale sia dall’ambiente in cui siamo
immersi. È difficile raggiungere la quiete del corpo e dello spirito quando si è immersi nella
confusione, nei rumori e nella dispersività delle città moderne. Si sente perciò sempre di più il
bisogno, oggigiorno, di luoghi di preghiera, in particolare di chiese, dove gli abitanti delle città,
anche solo per brevi istanti, possono trovare le condizioni fisiche e fisiologiche indispensabili
alla loro quiete interiore. Nel silenzio di questi rifugi, mentre elevano il loro pensiero a Dio, le
persone possono riposare i muscoli del corpo, distendere lo spirito, rendere più limpidi i loro
pensieri e ricevere la forza per sopportare la dura vita a cui li sottopone la nostra civiltà.
Quando la preghiera diventa un’abitudine, allora agisce sul carattere. Perciò, si deve pregare
frequentemente e con costanza. “Pensa a Dio più spesso di quanto respiri”, diceva Epitteto. Non
ha senso pregare il mattino e poi vivere il resto della giornata come dei selvaggi. Anche solo
qualche piccolo pensiero o qualche invocazione mentale durante la giornata ci riportano e
riescono a mantenerci in presenza di Dio. Tutta la nostra condotta diventa così ispirata dalla
preghiera. Così concepita, la preghiera diventa un modo di vivere la vita.

Effetti della preghiera

Alla preghiera segue sempre un effetto, se la si esegue in modo corretto. “Nessuno ha mai
pregato senza imparare qualcosa”, ha scritto Ralph Waldo Emerson. Eppure, la maggior parte
delle persone considera oggi la preghiera come una vecchia abitudine, quando non come
un’inutile superstizione, un residuo d’ignoranza. In verità, ciò di cui siamo quasi del tutto
ignoranti sono i suoi effetti.
Quali sono le cause della nostra ignoranza? In primo luogo, proprio il fatto di aver perso la
frequentazione con la preghiera. Nel mondo civilizzato di oggi il senso del sacro sta
scomparendo. È assai probabile che il numero delle persone che pregano in modo abituale, in
rapporto alla popolazione, non superi il quattro o cinque percento.
In secondo luogo, la preghiera è spesso sterile, perché la maggior parte delle persone che
pregano è egoista, bugiarda, orgogliosa, e si comporta come farisei incapaci di fede e amore.
In terzo luogo, gli effetti della preghiera, quando avvengono, spesso non li notiamo. La
risposta alla domanda che rivolgiamo nella preghiera o all’amore che rivolgiamo a Dio con la
preghiera ci giunge di solito in modo quasi inavvertibile. E non perché sia fievole, ma perché
non la sentiamo. La piccola voce che ci mormora la risposta nel profondo di noi stessi
facilmente viene soffocata dai rumori del mondo. Perciò i risultati materiali della preghiera, che
pure si verificano, ci restano oscuri, o si confondono con altri fenomeni.
Pochi, anche fra i sacerdoti, hanno pertanto avuto la possibilità di fare osservazioni precise,
mentre i medici, per mancanza di interesse, si disinteressano senza alcun approfondimento dei
casi che a loro si presentano. Inoltre, spesso si travisa il senso della risposta perché non sempre
è quella attesa. Per esempio, una persona domanda di essere guarita da una malattia organica:
il risultato è che resta ammalata nel corpo ma subisce una profonda, definitiva trasformazione
morale o spirituale.
Benché praticata in minima parte dalla popolazione mondiale, l’abitudine alla preghiera resta
però relativamente frequente nelle persone che seguono la religione dei padri. E grazie a queste
persone è ancora possibile studiare la preghiera e i suoi effetti. Tra gli innumerevoli risultati che
si riscontrano, il medico ha l’occasione di osservare soprattutto quelli che vengono chiamati
psico-fisiologici e curativi.

Effetti psico-fisiologici

Sulla base delle osservazioni, sembra proprio che gli effetti dell’azione della preghiera sullo
spirito e sul corpo dipendano dall’intensità e dalla frequenza della preghiera stessa. Riconoscere
la frequenza e, in certa misura, l’intensità di una preghiera non è difficile; più difficile è definire
la qualità di una preghiera, poiché nessuno di noi possiede gli strumenti necessari per misurare
la fede o la capacità di una persona di amare il prossimo. La condotta di vita della persona che
prega può costituire però un indicatore affidabile sulla qualità delle sue preghiere verso Dio.
Anche quando è di scarso valore e consiste nella ripetizione automatica di formule, la
preghiera ha comunque degli effetti sulla persona, in particolare sul suo comportamento, sulla
sua condotta di vita. Essa fortifica sia il senso del sacro sia il senso morale.
Quando poi la preghiera diventa una pratica viva eseguita in modo fervente, i suoi effetti
diventano incontestabili e perfettamente evidenti. Si potrebbe dire che nella profondità della
coscienza di un individuo si accende una fiamma. Ci illuminiamo, e possiamo vedere
direttamente, da dentro, come siamo veramente. Scopriamo il nostro egoismo, il nostro
orgoglio, la nostra cupidigia, i nostri errori di giudizio. Sentiamo la tensione verso il sacro e il
senso morale. Sentiamo il bisogno di compiere azioni morali. Diventiamo umili, ricettivi, aperti.
Così si apre davanti a noi il regno della grazia.
Poi, piano piano, ogni giorno sempre di più, si produce in noi appagamento interiore,
un’armonia delle azioni nervose come di quelle morali, una maggiore resistenza alla povertà,
alle preoccupazioni, alle critiche e ai giudizi degli altri, e la capacità di sopportare, senza
smarrimento, la perdita delle persone care, il dolore, la malattia, la morte. Perciò il medico che
vede il malato pregare dovrebbe rallegrarsi: la calma generata dalla preghiera è un valido aiuto
alla terapia.
Non si deve però paragonare la preghiera a un calmante, poiché, insieme alla calma, tra i suoi
effetti si contano il rafforzamento delle azioni mentali e una specie di rifioritura della
personalità – a volte, perfino l’eroismo. La preghiera imprime nei suoi fedeli un sigillo speciale.
La purezza dello sguardo, la fermezza della condotta, e quando si rende necessario, la semplice
accettazione della morte da parte del soldato o del martire rivelano la presenza del tesoro
nascosto nel profondo del corpo e dello spirito delle persone che pregano. Sotto l’influenza della
preghiera anche gli ignoranti, i poveri di spirito, i deboli di corpo e di mente possono e riescono
a utilizzare al meglio le loro forze interiori, mentali, morali e spirituali.
La preghiera eleva gli esseri umani sopra la condizione, materiale e mentale, che appartiene
loro per eredità familiare e sociale e per educazione. Il contatto con Dio che avviene attraverso
la preghiera li pervade di pace. E la pace risplende in loro e da loro. Ed essi portano la pace,
ovunque vadano.
Sfortunatamente, oggi nel mondo non c’è che un minimo numero di persone che sanno
pregare in modo efficace.

Effetti curativi

Ma la preghiera ha anche veri e propri effetti curativi, che in tutte le epoche hanno attirato
l’attenzione e la curiosità di moltissime persone. Anche oggi, e sempre più frequentemente, si
parla di guarigioni ottenute grazie alle suppliche rivolte a Dio o ai santi.
Distinguere tra le malattie curate da guarigione spontanea con la preghiera e quelle curate
con i farmaci non è semplice; solo nei casi in cui la medicina ufficiale ha fallito o è risultata
inapplicabile, si possono constatare con sicurezza gli effetti della preghiera. I casi documentati
di Lourdes, che hanno mostrato le prove di queste guarigioni, hanno reso un grande servizio
alla scienza: si è visto come la preghiera abbia, a volte, un effetto letteralmente esplosivo. Ci
sono stati malati che sono guariti, in modo praticamente istantaneo da malattie come lupus,
cancro, infezione ai reni, ulcera, tubercolosi polmonare, ossea e peritoneale.
L’effetto curativo si realizza quasi sempre nello stesso modo: un forte dolore, poi la
sensazione di essere guariti. In pochi minuti, al massimo in qualche ora, i sintomi spariscono e
le lesioni scompaiono. L’effetto miracoloso è caratterizzato da un’accelerazione estrema dei
normali processi di guarigione. Un’accelerazione che non è mai stata, finora osservata né
documentata da medici e chirurghi nel corso della loro pratica scientifica.
Affinché questi eventi accadano, non è necessario che sia l’ammalato a pregare. Bambini
troppo piccoli per essere capaci di parlare a Lourdes sono stati guariti. Accanto a loro, qualcuno
pregava per loro. La preghiera recitata per un’altra persona è sempre più feconda di quella
recitata per se stessi.
Come ho detto alcune righe fa, gli effetti della preghiera sembrano dipendere dalla frequenza,
dall’intensità e dalla qualità della preghiera stessa. A Lourdes, i miracoli sono molto meno
frequenti di quanto accadeva quaranta o cinquant’anni fa. Questo accade perché i malati non
trovano più in quel luogo la stessa atmosfera di profondo raccoglimento che un tempo regnava.
I pellegrini sono diventati turisti, e le loro preghiere sono inefficaci.
Questi sono gli effetti curativi della preghiera di cui ho diretta conoscenza. Accanto a essi, ce
ne sono moltissimi altri. La storia dei santi, anche di quelli moderni, è ricca di fatti meravigliosi.
Non c’è dubbio, per esempio, che la maggior parte dei miracoli attribuiti al curato d’Ars sia
realmente accaduta.
La realtà di questi fenomeni ci conduce in un mondo nuovo: la sua esplorazione non è ancora
iniziata e sarà ricca di sorprese. Quello che sappiamo con certezza è che la preghiera produce
effetti reali e, per quanto strano ciò possa sembrare, dobbiamo considerare come una verità la
seguente affermazione: che colui che domanda riceve, e a colui che bussa sarà aperto.

Significato della preghiera

Tutto accade insomma come se Dio ascoltasse colui che prega e gli rispondesse. Gli effetti
della preghiera non sono un’illusione. Non si deve ridurre il senso del sacro all’angoscia provata
dall’essere umano di fronte ai pericoli o al mistero dell’universo. Né trasformare la preghiera
soltanto in un calmante, in un rimedio placebo per la nostra paura della sofferenza, della
malattia, della morte.
Qual è, allora, il significato vero del senso del sacro? E qual è il ruolo che la natura assegna,
nella nostra vita, alla preghiera? Il ruolo è della massima importanza. In quasi tutte le epoche,
in ogni parte del mondo, gli esseri umani hanno pregato. Gli antichi romani erigevano templi
ovunque. Gli abitanti del Medioevo ricoprirono il suolo della cristianità di cattedrali e cappelle
gotiche. Ancora oggi, in ogni paese o villaggio si erge la torretta di un campanile. La civiltà
occidentale è stata costruita con le università, con le fabbriche e con le chiese. Nel corso della
nostra storia pregare è stato un bisogno essenziale quanto quello di lavorare, di costruire, di
lottare, di amare.
Il senso del sacro, in realtà, pare dunque essere un impulso che si sprigiona dall’intimo della
nostra natura umana: un’attività fondamentale dell’essere umano. E noi abbiamo permesso che
questa parte così importante di noi stessi si atrofizzasse, o perfino scomparisse!
Si deve ricordare che l’essere umano non può comportarsi come gli pare, e se lo fa, lo fa a suo
rischio e pericolo. Per riuscire nella vita, si deve condurre un’esistenza che sia in armonia con le
regole immutabili della vita stessa e della natura. Regole che si fondano sulla sua stessa
struttura. Perciò corriamo un grave rischio quando lasciamo morire in noi una qualsiasi attività
naturale fondamentale, che sia essa di ordine fisico, mentale o spirituale. Il mancato sviluppo
dei muscoli e delle emozioni in alcuni intellettuali è disastroso come il mancato sviluppo
dell’intelligenza e del senso morale in certi atleti.
Il senso del sacro è parte della struttura naturale della natura e della vita. La perdita del senso
morale e del senso del sacro nella maggioranza degli individui di una nazione conduce quella
nazione alla rovina. Non c’è dubbio: la soppressione delle attività naturali è incompatibile con la
riuscita e lo sviluppo della vita.
Nella pratica, le attività morali e quelle religiose sono legate le une alle altre. Il senso morale
svanisce, se svanisce il senso del sacro. L’umanità non è riuscita a costruire, come avrebbe
voluto Socrate, un sistema morale disgiunto dal senso del sacro. Perché ciò non è possibile: non
è possibile una morale disgiunta dal sacro. E le società in cui svanisce il bisogno di pregare non
sono molto lontane dalla decadenza. Perciò tutte le persone civili – credenti o non credenti –
dovrebbero preoccuparsi di sviluppare in sé ogni attività fondamentale dell’essere umano,
inclusa l’attività spirituale.
Perché il senso del sacro riveste un ruolo così importante per la riuscita della vita? Attraverso
quale meccanismo la preghiera agisce su di noi? Per rispondere a queste domande dobbiamo
abbandonare il campo dell’osservazione per entrare in quello dell’ipotesi. Ma l’ipotesi, anche
quella azzardata, è necessaria per il progresso della conoscenza tanto quanto l’osservazione.
Si deve tenere a mente per prima cosa che l’essere umano è un tutto indivisibile composto di
tessuti, liquidi organici e coscienza. Egli si crede separato e indipendente dal suo ambiente
materiale, cioè dall’universo cosmico; in realtà, ne è inseparabile. È legato a questo ambiente
nei suoi aspetti vitali, per l’ossigeno dell’aria che respira e per gli alimenti della terra di cui si
nutre.
D’altra parte, però, il “corpo vivente” di un essere umano non si esaurisce completamente
nella dimensione fisica. È composto di spirito, oltre che di materia. E lo spirito, benché risieda
nel nostro organismo, si estende oltre le quattro dimensioni dello spazio e del tempo.
Chi ci può perciò impedire di credere che noi esseri umani abitiamo contemporaneamente il
mondo cosmico e un mondo intangibile, invisibile, immateriale, di una natura simile a quella
della coscienza e di cui abbiamo bisogno allo stesso modo se non ancora di più dell’universo
materiale? Questo mondo non è altro che l’Essere che è immanente in tutti gli esseri e che a
tutti è trascendente: l’Essere che chiamiamo Dio.
Potremmo perciò comparare il senso del sacro al bisogno di ossigeno. E la preghiera avrebbe
più di un’analogia con la funzione della respirazione: dovrebbe essere considerata come il
mezzo che mette in relazione naturale la coscienza con il suo mondo spirituale.
In altri termini, la preghiera dovrebbe essere considerata come un’attività biologica, come
una normale funzione del nostro corpo e del nostro spirito.
Conclusione

Riassumendo.
Il senso del sacro riveste, in relazione alle altre attività dello spirito, una singolare
importanza, perché ci mette in comunicazione con la misteriosa immensità dell’universo
spirituale.
Attraverso la preghiera, l’uomo va a Dio, e Dio entra in lui. Perciò pregare appare
indispensabile per il nostro sviluppo più elevato. Non dobbiamo perciò considerare la preghiera
come un atto a cui si abbandonano soltanto i deboli, i mendicanti, o i vili.
“Pregare è vergognoso”, scrisse Nietzsche. In realtà non è più vergognoso di quanto lo sia
mangiare, bere o respirare. L’uomo ha bisogno di Dio quanto ha bisogno dell’acqua, del cibo e
dell’ossigeno.
Insieme all’intuizione, al senso morale, al senso del bello e alla luce dell’intelligenza, il senso
del sacro dona all’identità di un individuo la sua piena attuazione. Lo completa.
È indubbio e innegabile che la riuscita nella vita richieda lo sviluppo integrale di tutte le
nostre attività: fisiologiche, intellettuali, affettive, emozionali, spirituali. Lo spirito è ragione e
sentimento insieme. Dobbiamo perciò amare la bellezza della scienza insieme alla bellezza di
Dio.
Dobbiamo ascoltare Pascal con lo stesso fervore con cui ascoltiamo Cartesio.
MARY BAKER EDDY

La Preghiera
Prayer (1875)
Abbiate fede in Dio! Io vi assicuro che uno potrebbe anche dire a questa montagna: Sollevati e
buttati nel mare! Se nel suo cuore egli non ha dubbi, ma crede che accadrà quel che dice, state
certi che gli accadrà veramente.
Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete.
Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.

Cristo Gesù

La preghiera che redime i peccatori e guarisce i malati è una fede assoluta che tutte le cose
sono possibili per Dio – è una comprensione spirituale di Dio, un amore incondizionatamente
altruista. Non mi interessa ciò che gli altri possano dire o pensare su questa materia: io parlo
per esperienza. La preghiera, la vigilanza e il lavoro sono i mezzi misericordiosi che Dio utilizza
per compiere qualsiasi cosa sia stata fatta con successo per la cristianizzazione, la guarigione e
la salute dell’intero genere umano.
I pensieri che non vengono espressi non sono sconosciuti alla Mente Divina. Il desiderio è
preghiera; e nulla possiamo perdere affidando a Dio i nostri desideri, affinché da Lui vengano
modellati ed esaltati prima di prendere forma in parole e azioni.
Per quali ragioni preghiamo? Preghiamo per rendere migliori noi stessi o per fare del bene a
coloro che ci ascoltano? Per illuminare l’infinito o per essere ascoltati dagli uomini? Riceviamo
benefici dalla preghiera? Sì, il desiderio che si eleva ardente è benedetto dal Padre nostro, e non
ci ritorna indietro vuoto.
Dio non è mosso dall’anelito della lode a compiere di più di quanto Egli non abbia già
compiuto, né l’universo può fare altro o meno che distribuire ogni bene, poiché non può essere
altro che saggezza e Amore immutabili. Possiamo fare di più per noi stessi con le nostre umili e
fervide preghiere, ma Colui che Tutto Ama non esaudisce le preghiere in virtù della nostra
adorazione o del fervore che mettiamo nell’invocazione, perché Lui conosce già ogni cosa.
La preghiera non può cambiare la Scienza dell’Essere, ma può tendere a portarci in armonia
con essa. Il Bene segue al riconoscimento della Verità. Una richiesta a Dio affinché ci salvi non è
tutto quello che da Lui ci viene richiesto. La semplice abitudine di implorare la Mente Divina
allo stesso modo in cui si implora un essere umano, non fa altroché perpetuare la credenza che
Dio sia circoscritto e delimitabile in confini – quasi che fosse un essere umano: un errore
fondamentale, questo, che impedisce lo sviluppo spirituale.
Dio è Amore. Possiamo chiederGli di essere di più?
Dio è Intelligenza. Possiamo dire qualcosa alla Mente Infinita che Essa già non sappia?
Possiamo o ci possiamo aspettare di cambiare la perfezione?
Possiamo supplicare di avere di più dalla Fonte Aperta di Ogni Bene, che versa a noi già più di
quanto possiamo accogliere? Il desiderio non espresso ci porta più vicino alla Sorgente di Tutta
l’Esistenza e di Tutta la Beatitudine.
Chiedere a Dio di essere Dio è una vana ripetizione. Dio è “lo stesso ieri, e oggi, e per
sempre”; e Colui che È Immutabilmente Giusto farà ciò che è giusto senza che Gli si ricordi il
Suo ministero. La saggezza dell’essere umano non è sufficiente ad autorizzarlo a dare consigli a
Dio.
Chi si metterebbe davanti a una lavagna pregando il principio della matematica di risolvere il
problema? La regola è già stabilita, ed è compito nostro trovare la soluzione. Allo stesso modo,
come possiamo chiedere al Principio Divino di Ogni Bene di fare il lavoro che è Suo proprio? Il
Suo lavoro è fatto, e noi dobbiamo soltanto avvalerci della regola di Dio per ricevere la Sua
benedizione, che ci rende capaci di compiere la nostra salvezza.
L’Essere Divino dev’essere riflesso dall’individuo, altrimenti l’individuo non sarebbe fatto “a
immagine e somiglianza” del paziente, tenero e vero Uno, “tutta dolcezza”; ma comprendere Dio
è il lavoro dell’eternità, ed esige assoluta consacrazione di pensiero, energia e desiderio.
Come sono vuote le nostre concezioni sulla Divinità! Ammettiamo in teoria che Dio è buono,
onnipotente, onnipresente, infinito, però poi pensiamo di poter dare informazioni a questa
Mente Infinita.
Siamo realmente grati per tutto il bene che già abbiamo ricevuto? Solo allora potremo trarre
profitto dalle benedizioni che già abbiamo ricevuto – e che finalmente riconosciamo di aver
ricevuto – e saremo allora in grado di riceverne ancora di più.
La gratitudine è molto più di una espressione verbale di ringraziamento. Sono le azioni che
devono esprimere più gratitudine delle parole.
Se siamo ingrati per la Vita, la Verità e l’Amore, però rendiamo grazie a Dio per tutte le
benedizioni, allora non siamo sinceri fino in fondo e incorriamo nella severa censura che il
nostro Maestro pronuncia contro gli ipocriti. In tal caso, l’unica preghiera corretta è mettere il
dito sulle labbra e ricordare le nostre benedizioni. Se il cuore resta lontano dalla Verità divina e
dall’Amore divino, non possiamo tenere nascosta l’ingratitudine di una vita sterile.
Quello di cui abbiamo più bisogno è la preghiera del desiderio fervente di crescente nella
grazia, una preghiera espressa con pazienza, mansuetudine, amore e buone opere e azioni.
Osservare i comandamenti del Maestro e seguire l’esempio di Cristo, questo è il nostro vero
debito verso Dio e l’unica degna manifestazione della nostra gratitudine verso tutto ciò che Egli
ha compiuto. Il rito esteriore non è sufficiente, in sé, per esprimere vera e profondamente
sentita gratitudine, poiché Egli ci ha detto: “Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti”.
La battaglia quotidiana per essere e restare buoni: questa è preghiera incessante. I suoi effetti
si manifestano nelle benedizioni che ne derivano, benedizioni che, benché non siano
riconosciute con parole espresse, attestano che siamo degni di partecipare all’Amore.
Chiedere semplicemente di poter amare Dio, non ce Lo farà mai amare; ma il desiderio
ardente di essere migliori e più santi, espresso in quotidiana attenzione e vigilanza e nello sforzo
per acquisire e far proprio ogni giorno di più il carattere divino, ci modellerà e rimodellerà, fino
a quando ci sveglieremo a Lui Somiglianti. Giungiamo alla Scienza del Cristianesimo attraverso
la dimostrazione della Natura Divina; ma in questo mondo malvagio la bontà “sarà diffamata” e
la pazienza porterà esperienza.
La preghiera a voce alta non può mai compiere le opere del riconoscimento e della
comprensione spirituale, che fa rinascere a nuova vita; sono la preghiera silenziosa, l’attenzione
e la vigilanza costanti, il profondo sentire e la devota obbedienza ci rendono capaci di seguire
l’esempio di Gesù.
Le preghiere lunghe, la superstizione e i riti esteriori tarpano le possenti ali dell’amore e non
fanno altro che rivestire la religione di forme umane. Tutto quello che “materializza” la
preghiera, ostacola lo sviluppo spirituale dell’essere umano e gli impedisce di dimostrare il suo
potere e di vincere l’errore.
Il dispiacere per aver agito male è un primo passo verso la redenzione, ed è il passo più facile.
Il passo successivo e più grande che ci richiede la saggezza è la nostra azione sincera – cioè il
nostro cambiamento, o redenzione.
La misura del nostro cambiamento/redenzione è determinata dalla pressione stessa delle
circostanze. La tentazione ci spinge a ripetere l’errore, e quando lo compiamo e ri-compiamo,
riceviamo in cambio sofferenza. E così continuerà a essere, finché non avremo imparato che la
legge di giustizia non ci fa alcuno sconto e che dobbiamo pagare fino “all’ultimo quattrino”,
perché con la misura con cui misurate “sarà misurato a voi in cambio”, e la misura sarà piena e
“traboccante”. Santi e peccatori ottengono la loro piena ricompensa, ma non sempre in questo
mondo. I seguaci di Cristo bevvero dal suo calice. Ingratitudine e persecuzione riempirono quel
calice fino all’orlo; ma Dio versa le ricchezze del Suo amore nella comprensione e nell’empatica
emozione, versando in noi la forza secondo i bisogni della nostra giornata. I peccatori
prosperano “come un verde lauro” (Salmo 37); ma il Salmista guardava più lontano e poteva
vedere la loro fine – la distruzione del peccato attraverso la sofferenza.
La preghiera non deve essere utilizzata come un confessionale per cancellare il peccato. Un
errore di questo tipo sarebbe di ostacolo alla vera religione. Il peccato è perdonato solo quando
viene distrutto da Cristo – cioè dalla Verità e dalla Vita. Se la preghiera nutre la credenza che
l’uomo venga reso migliore semplicemente attraverso l’atto del pregare, la preghiera è un male.
Peggiora infatti colui che continua a praticare il peccato perché costui si immagina di essere
perdonato, ma non lo è.
Un apostolo dice che il Figlio di Dio (Cristo) è venuto per “distruggere le opere del diavolo”.
Tutti noi dovremmo seguire il nostro divino Prototipo, e cercare di distruggere tutte le opere del
male, inclusi errore e malattia. Non possiamo sfuggire alla punizione che è dovuta per il
peccato. La Scritture dicono che se noi neghiamo Cristo, “anche lui ci negherà”.
L’Amore Divino corregge e governa l’uomo. Gli uomini possono perdonare, ma solo questo
divino Principio redime il peccatore. Dio non è separato dalla saggezza che conferisce.
Dobbiamo valorizzare e rendere profittevoli i talenti che ci dà. Implorare il Suo perdono per il
lavoro che abbiamo svolto male, o che non abbiamo svolto, implica la vana supposizione che
non dobbiamo che chiedere perdono e poi saremo liberi di ripetere i nostri errori e le nostre
mancanze. Solo quando negheremo l’esistenza del peccato, cioè sconfiggeremo la credenza nel
peccato, allora il peccato sarà distrutto per sempre. Per conquistare il cielo, l’armonia
dell’essere, dobbiamo necessariamente comprendere il Principio Divino dell’Essere.
“Dio è amore”. Più di questo non possiamo chiedere, più in alto non possiamo guardare, più
oltre non possiamo andare. Presupporre che Dio perdoni o punisca il peccato nella misura in
cui lo preghiamo chiedendo la Sua misericordia, significa fraintendere l’Amore e rendere la
preghiera una sorta di valvola di sicurezza del nostro agire in modo errato.
Gesù svelava e redarguiva il peccato prima di scacciarlo. Di una donna malata disse che
Satana l’aveva legata, e a Pietro disse: “Tu mi sei di scandalo”. Gesù venne a insegnare e a
dimostrare a tutti noi come distruggere il peccato, la malattia e la morte. Egli disse dell’albero
che non dà frutti: “Taglialo”.
È un fatto noto a moltissime persone che un magistrato, che visse ai tempi di Gesù, abbia
lasciato questa testimonianza: “Il suo rimprovero è terribile”. Il linguaggio duro che spesso
troviamo nei Vangeli del nostro Maestro conferma questa testimonianza.
La frase più gentile che Gesù ebbe per l’errore fu: “Vattene da me, Satana!”. Una prova ancora
più evidente di questo atteggiamento da parte di Gesù verso il peccato, di quanto Egli fosse
deciso e la sua riprovazione energica, si trova nelle sue stesse parole, quando con fervore e
durezza scacciava i demoni e guariva malati e peccatori. Solo l’abbandono deciso dell’errore
depriva l’errore dai suoi effetti materiali e dalle sue influenze.
La preghiera pronunciata ad alta voce impressiona: conferisce momentanea solennità al
pensiero. Ma produce un beneficio duraturo? Se andiamo più in profondità, troviamo che essere
zelanti ma privi di conoscenza non favorisce lo sviluppo spirituale; al contrario, lo atrofizza. I
trasporti della preghiera espressa ad alta voce e in modo teatrale rischiano di svelare amore più
per l’approvazione pubblica che per vero sentimento cristiano.
Esaltazione ed emozione materiale sono prodotte dal corpo, non dall’Anima. Se fosse il senso
spirituale a guidare sempre gli uomini, dalla preghiera e dall’esperienza di pienezza che si vive
con essa trarremmo ispirazione per una vita migliore e più elevata. Esprimere in pubblico
compiaciuti sentimenti d’estasi religiosa non farà mai di un uomo o di una donna dei veri
cristiani. Dio non viene influenzato dall’uomo. “L’orecchio divino” non è un organo di senso. È
la Mente che tutto sente e tutto sa che conosce sempre ogni bisogno di ogni uomo e sempre vi
provvede.
Il pericolo che può derivare dalla preghiera è perciò che essa stessa possa indurci in
tentazione. Pregando, potremmo diventare involontariamente degli ipocriti, perché potremmo
consolarci dai nostri peccati e continuare a peccare con la scusa di aver chiesto perdono o
penare di chiederlo in futuro. L’ipocrisia è fatale alla religione. Una preghiera rimbombante di
parole potrebbe darci un quieto senso di autoindulgenza, e far così di noi degli ipocriti. Non si
deve mai disperare di un cuore onesto, ma vi è ben poca speranza per coloro che solo di tanto in
tanto guardano in faccia la propria malvagità e cercano subito di nasconderla con la preghiera
sotto il tappeto. Le loro preghiere, se pronunciate in questo modo, sono indicatori esattamente
contrari al loro carattere. Queste persone continuano a partecipare anche con la preghiera al
peccato e di tali persone, preoccupate soltanto della preghiera come rito esteriore, Gesù disse
che sono “simili a sepolcri imbiancati, pieni di ogni immondizia”.
Se un uomo, pur apparendo fervente ed esteriormente devoto, resta dentro di sé impuro, cioè
non sincero, quali giudizi dovrebbero essere espressi su di lui? Ma se sente la sua preghiera, se
partecipa autenticamente all’elevazione che conferisce la preghiera, allora avrebbe vinto ogni
giudizio. Se ci sentiamo ispirati, se sentiamo realmente l’energia della preghiera, se proviamo
veramente l’umiltà, la gratitudine e l’amore che le nostre parole esprimono nella preghiera,
tutto questo sarà ben accolto da Dio; ed è saggio non cercare di ingannare noi stessi o gli altri,
perché “non vi è nulla di nascosto che non debba essere svelato”
Le professioni di fede e le preghiere esibite ad alta voce sono, in un certo senso, come la carità
quando viene intesa nello stesso modo ipocrita: coprono “una moltitudine di peccati”.
Pregare per avere l’umiltà, con qualsiasi espressione di fervore venga fatto, non significa
sempre desiderare di farlo. Se voltiamo le spalle ai poveri, non siamo pronti a ricevere la
ricompensa da Colui che benedice i poveri. Confessiamo di avere un cuore molto cattivo e
chiediamo che sia messo a nudo davanti a noi ma di questo cuore non vogliamo conoscere di
più di quanto desideriamo far vedere al nostro prossimo?
Dovremmo perciò esaminare noi stessi, scrutare nel nostro cuore, per conoscere quali sono le
emozioni e le intenzioni del nostro cuore, poiché solo in questo modo possiamo venire a
conoscenza di ciò che sinceramente, veramente, autenticamente siamo. Se un amico ci mostra
un nostro difetto, ascoltiamo pazientemente il suo rimprovero e teniamo conto di quello che ci
dice? Per tanti anni sono stata molto grata per i rimproveri meritati che ho ricevuto. Il male
risiede piuttosto nel giudizio immeritato, nella falsità che non fa bene a nessuno.
Il metro di misura di ogni nostra preghiera consiste nella risposta a queste domande:
. Amiamo il nostro prossimo di più dopo aver pregato e per aver pregato?
. Continuiamo dopo aver pregato nello stesso comportamento di prima, nel nostro vecchio
egoismo, soltanto più soddisfatti di noi stessi per avere pregato ma senza dare alcuna prova
della sincerità della nostra preghiera?
. Viviamo in modo coerente con la nostra preghiera?
Se l’egoismo ha ceduto il posto alla benevolenza, allora dopo la preghiera considereremo il
nostro prossimo in modo disinteressato e benediremo coloro che ci maledicono. Ma non
compiremo mai questo grande dovere soltanto chiedendo a voce che venga compiuto. Tutti
abbiamo la nostra croce da portare, prima di potere godere dei frutti della nostra fede.
Ami tu “il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua
mente”? In questo comandamento è racchiuso tantissimo, perfino la rinuncia a ogni sensazione,
affetto e culto meramente materiali. Questo è l’Eldorado del Cristianesimo. Implica la Scienza
della Vita e riconosce soltanto il controllo divino dello Spirito, in cui soltanto l’Anima è nostra
maestra mentre la sensazione materiale e la volontà umana non hanno posto.
Sei disposto a lasciare tutto per Cristo, per la Verità, ed essere così annoverato tra i peccatori?
No! Desideri realmente raggiungere questo scopo? No! Perché allora dilungarti in preghiere e
chiedere di essere cristiano, se non vuoi seguire le orme del nostro caro Maestro? Se non vuoi
seguire il suo esempio, che senso ha pregare con le labbra chiedendo di partecipare della sua
natura?
La preghiera coerente è soltanto il desiderio di agire bene.
Pregare significa che desideriamo camminare nella luce e che camminiamo in essa nella
misura in cui la riceviamo, anche se con i piedi sanguinanti, e che confidiamo pazientemente
nell’Eterno, e perciò lasceremo che i veri desideri siano da Lui esauditi.
Il mondo deve crescere fino ad arrivare alla comprensione spirituale della preghiera. Se siamo
abbastanza buoni da attingere dal calice delle sofferenze terrene di Gesù, Dio ci sosterrà nelle
nostre sofferenze. Fino a quando non saremo così divinamente disposti a bere dal suo calice,
anche ripetere per un milione di volte una preghiera sarà vano. La Scienza Cristiana rivela la
necessità di vincere la carne e il male, e così facendo potrà distruggere ogni errore.
Cercare non è sufficiente. È la lotta che ci permette di riuscire. Le conquiste spirituali ci
aprono la porta a una comprensione più elevata della Vita Divina.
L’esperienza ci insegna che non sempre riceviamo le benedizioni che domandiamo nella
preghiera. Ci dev’essere perciò qualcosa che non funziona in noi, qualcosa che non
comprendiamo, perché in caso contrario riceveremmo sempre e senza dubbio ciò che
domandiamo.
Che cos’è questo qualcosa che non funziona?
Le Scritture dicono: “Domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei
vostri piaceri”. Da questa prospettiva, non ricevere sempre ciò che desideriamo e domandiamo
non è un male. Chiedete alla Saggezza Infinita di essere misericordiosa con voi e di non punire il
vostro peccato? Allora “domandate male”.
Senza punizione, il peccato si moltiplicherebbe. La preghiera di Gesù, “rimetti a noi i nostri
debiti”, precisa anche i termini per la remissione; quando perdonò la donna adultera, Gesù
disse: “Va’, e non peccare più”.
Un giudice qualche volta condona la pena, ma ciò può essere controproducente rispetto alla
condotta del criminale, che può pensare che il perdono senza punizione lo possa sempre salvare
dal castigo. Il perdono puramente “giuridico” lascia il colpevole libero di ripetere l’offesa.
Ma il Principio Divino non perdona mai i nostri peccati, cioè i nostri errori, finché non sono
corretti.
La Verità non accorda alcun perdono all’errore: invece lo cancella nel modo più efficace.
La preghiera porta alle persone soltanto i reali effetti della loro fede. Un desiderio di santità è
necessario per ottenere la santità; ma non è sufficiente: dobbiamo agire per avvicinarci alla
santità. La preghiera non può cambiare la Verità Immutabile, né la preghiera può darci, da sola,
la comprensione della Verità: solo la preghiera unita a un desiderio costante e a un’azione
fervente per realizzare quel desiderio, di conoscere e fare la volontà di Dio, ci può condurre a
tutta la Verità. Questo tipo di desiderio non è esprimibile a parole; è espresso in modo molto
migliore nel pensiero e nella vita.
“La preghiera delle fede salverà il malato”, dicono le Scritture. Ma che cos’è questa preghiera
che cura e guarisce? Una semplice richiesta a Dio affinché guarisca i malati non ha alcun potere
di ottenere altro oltre alla credenza sulla presenza divina che è già sempre in noi. Una preghiera
che si basa una credenza priva di comprensione (una fede cieca) non significa però la
comprensione umana del Principio Divino guaritore come fu manifestato da Gesù, le cui
preghiere erano profonde e consapevoli affermazioni della Verità – della somiglianza
dell’uomo con Dio e dell’unità dell’uomo con la Verità e l’Amore.
La preghiera che guarisce dovrebbe basarsi non sulla credenza cieca ma sulla comprensione
illuminata. E questa comprensione è per tutti. Tutti possono avvalersi di Dio come “di un aiuto
sempre pronto nelle difficoltà”. L’Amore è imparziale ed è universale. Si adatta a tutti e si
distribuisce a tutti. È la sorgente che sgorga per tutti e dice: “O tutti voi che siete assetati, venite
a bere alle acque”.
Se nel segreto di noi stessi non desideriamo ardentemente e non lottiamo tenacemente e
apertamente per la realizzazione di tutto ciò che domandiamo, le nostre preghiere non sono
altro che vane ripetizioni. Se le nostre richieste sono sincere, allora ci sforzeremo di adempiere a
ciò che si deve fare per ottenere ciò che chiediamo: solo questo conta e solo così il Padre nostro,
che vede nel Segreto, ce ne darà reale ricompensa. Può forse l’espressione pubblica della
preghiera accrescere i nostri desideri? Siamo in grado di raggiungere più velocemente
l’Onnipotente Orecchio con le parole che con i pensieri? Anche se la preghiera è sincera, Dio
conosce ciò di cui abbiamo bisogno prima che lo diciamo. Se, con sincerità, in silenzio e
umilmente custodiamo e teniamo vivo il nostro desiderio, Dio benedirà il nostro desiderio. Non
ci serve altro.
Pregare Dio come se fosse una persona in carne e ossa, un essere corporeo, ci impedisce di
lasciare andare i dubbi e i timori umani che accompagnano una simile credenza. Non possiamo,
così facendo, afferrare le meraviglie dell’Amore Infinito, incorporeo, per cui tutto è possibile. È
a causa dell’ignoranza umana sul Principio Divino che l’Amore, il Padre di ogni cosa, è
rappresentato come un creatore corporeo; da ciò ne deriva che gli esseri umani si considerano
come esseri puramente fisici e sono ignari della loro natura di essere fatti a immagine e
somiglianza di Dio, di essere, nella propria essenza, un’esistenza eterna incorporea. Il mondo
dell’errore ignora il mondo della Verità e resta cieco alla vera realtà della natura umana, la
natura spirituale, incorporea, perché noi viviamo nel mondo della sensazione e il mondo della
sensazione non è conscio della vita che è nell’Anima, ma solo della vita che è nel corpo.
Se abitiamo nel corpo e consideriamo l’onnipotenza alla stregua di un corpo, come se fosse
cioè una persona corporea, materiale, allora “abitiamo nel corpo” e “siamo assenti dal Signore”.
Non possiamo “servire due padroni”. “Abitare con il Signore” non significa semplicemente avere
una cieca fede emotiva, ma significa avere la vera dimostrazione e comprensione della Vita
come è rivelata nella Scienza Cristiana. “Abitare con il Signore”, essere con il Signore, significa
obbedire soltanto alla legge di Dio, essere cioè guidati e governati esclusivamente dall’Amore
Divino – cioè dallo Spirito, non dalla materia.
Cercate di diventare consapevoli, anche solo per un istante, del fatto che la Vita e
l’Intelligenza sono puramente spirituali – non sono nella materia e non appartengono alla
materia: allora il corpo non esprimerà più alcuna lamentela. Il dolore si trasforma in gioia
quando il corpo è governato dalla Vita, dalla Verità e dall’Amore spirituali. Da qui viene la
speranza dell’insegnamento di Gesù: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà
di più grandi, perché io vado al Padre”. Il “Padre Nostro” è la preghiera dell’Anima, non del
senso materiale.
Completamente separata dalla credenza e dal sogno della vita materiale, questa è la Vita
Divina, che rivela la comprensione spirituale e, da qui, il dominio dell’essere umano su tutta la
terra. Questa comprensione scaccia l’errore e guarisce la malattia, e con essa potete parlare
“come uno che ha autorità”.
“Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il
Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Così parlò Gesù. La camera simboleggia il
santuario dello Spirito, la cui porta chiude fuori il senso del peccato, l’errore, e lascia entrare la
Verità, la Vita e l’Amore. Il Padre, nel segreto, è non-visto dai sensi fisici, ma Egli, il Padre,
conosce ogni cosa e ricompensa secondo le cause, non secondo le parole.
Per entrare nel cuore della preghiera, si deve chiudere la porta dei sensi erronei. Le labbra
devono restare chiuse e il materialismo deve tacere, affinché l’uomo possa incontrarsi con lo
Spirito, il Principio Divino, l’Amore, che distrugge tutto l’errore.
Per pregare come si deve, dobbiamo entrare nella nostra camera e chiudere bene la porta.
Dobbiamo chiudere le labbra e ridurre al silenzio i sensi materiali. Nel silenzioso santuario degli
autentici desideri ardenti dobbiamo negare il peccato e affermare la totalità di Dio. Dobbiamo
smettere di portare la nostra croce, cioè smettere di perseverare nell’errore, di non commettere
più i nostri errori, e andare avanti con cuore sincero a lavorare e vigilare per ricevere la
Saggezza, la Verità e l’Amore. Non dobbiamo “cessare mai di pregare”.
La nostra preghiera viene esaudita nell’esatta misura in cui noi mettiamo in azione i nostri
desideri. L’insegnamento del Maestro è che noi preghiamo nel segreto e che la nostra vita attesti
la nostra sincerità.
La pratica, non la professione di fede, la comprensione, non la credenza, raggiungono
l’orecchio e la mano destra dell’Onnipotenza e senza dubbio fanno scendere su di noi infinite
benedizioni.
Essere degni di fiducia è il fondamento della fede illuminata. Se non meritiamo la santità, non
possiamo ricevere la santità.
Un grande sacrificio delle cose materiali deve precedere questa comprensione spirituale
avanzata. La preghiera più elevata non è una semplice preghiera di fede: è dimostrazione.
Questo tipo di preghiera guarisce la malattia, e deve necessariamente distruggere il peccato e la
morte.
Il nostro Maestro Gesù insegnò ai suoi discepoli una breve preghiera, che in sua memoria
chiamiamo Padre Nostro. Il Maestro ci disse: “Voi pregate dunque così”, e poi ci diede questa
preghiera, che risponde a tutti i bisogni umani.
Ci sono differenti interpretazioni sull’attribuzione dell’ultimo verso della preghiera, che qui
riporto: secondo alcuni interpreti della Bibbia infatti va attribuita a un amanuense posteriore;
ciò comunque non cambia il significato della preghiera.
Nelle traduzioni più recenti si legge: “Liberaci dal male”; in realtà l’originale dice,
esattamente: “Liberaci dal maligno”. Questa interpretazione rafforza la nostra percezione
scientifica della preghiera, poiché la Scienza Cristiana ci insegna che il “maligno”, non è altro
che un nome che indica la prima bugia e tutti coloro che pronunciano bugie.
Solo nella misura in cui ci eleviamo al di sopra di tutto quello che appartiene ai sensi
materiali e al peccato (cioè all’errore), possiamo raggiungere l’aspirazione celeste e la coscienza
spirituale che è indicata nel Padre Nostro e che guarisce istantaneamente i malati.
Lasciate perciò che via dia qui ciò che ritengo essere il senso spirituale del Padre Nostro.
Padre nostro che sei nei cieli
Nostro Padre-Madre Dio, tutto-armonioso
Sia santificato il tuo nome
Uno Adorabile
Venga il tuo regno
Il tuo regno è già venuto; Tu sei sempre-presente
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra
Concedici di sapere che – come in cielo, così in terra – Dio è onnipotente e supremo
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Dacci la grazia per oggi; placa i desideri affamati
E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori
E l’Amore è riflesso nell’amore
E non indurci in tentazione, ma liberaci dal maligno
Non è Dio che ci induce in tentazione, è Dio che ci libera dal peccato, dalla malattia e dalla
morte
Perché tuo è il regno, tua la potenza e la gloria per l’eternità
Perché Dio è infinito, ed è tutto il Potere, tutta la Vita, tutta la Verità, tutto l’Amore, ed è al
di sopra di tutto, ed è Tutto
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