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Concetti Fondamentali di Meccanica Quantistica


Alessandro Scalzo:
CONCETTI FONDAMENTALI DI MECCANICA QUANTISTICA per chi ha un'infarinatura di
matrici e vettori (autovalori e autovettori).
- In Fisica Classica lo stato di un sistema coincide con un insieme di grandezze misurabili (osservabili).
In Meccanica Classica tipicamente posizioni e velocità in uno spazio cartesiano, in Termodinamica
pressione, volume e temperatura, eccetera.
- In Meccanica quantistica lo stato del sistema è un oggetto ASTRATTO, descritto da un elemento
appartenente a uno spazio vettoriale ASTRATTO, non direttamente osservabile. Stato del sistema e
grandezze osservabili diventano due cose diverse, tanto concettualmente quanto in pratica.
- Lo spazio vettoriale dei possibili stati di un sistema può avere dimensione (cioè numero di
componenti) finita oppure infinita. Per esempio lo stato dello spin di un singolo elettrone è un vettore
con due componenti. Più tipicamente avremo uno spazio di vettori con un numero infinito di
componenti, ma la cosa non deve spaventare: un elemento di uno spazio vettoriale di dimensione
infinita non è altro che una funzione. Si può immaginare il vettore di dimensione infinita come una
funzione campionata con passo infinitesimo, e viceversa.
- La famosa Funzione d'Onda è proprio quello scritto sopra: un elemento appartenente allo spazio
vettoriale degli stati del sistema che ne descrive completamente lo stato.
- Gli operatori lineari negli spazi vettoriali sono le matrici. Un operatore lineare che agisce su una
funzione posso quindi immaginarlo come una matrice infinita che moltiplica un vettore di lunghezza
infinita. Gli operatori lineari hanno quindi AUTOVALORI e AUTOSTATI (autovettori) come le
matrici. La Natura, fino a prova contraria, fa uso solo di operatori lineari.
- Le grandezze osservabili di un sistema corrispondono ad operatori: operatore posizione, operatore
quantità di moto, operatore momento angolare, operatore energia, eccetera. Quando misuro una di
queste grandezze, il risultato può essere solo uno degli AUTOVALORI dell'operatore corrispondente
che agisce sulla funzione d'onda. Non tutti gli operatori lineari hanno una corrispondente grandezza
osservabile: solo quelli Hermitiani, cioè che hanno solo autovalori reali. L'insieme degli autovalori può
essere infinito ma numerabile, per cui potremmo avere per esempio un sistema con energia quantizzata.
- Dopo la misura di una grandezza che mi ha restituito un AUTOVALORE dell'operatore, il sistema si
trova nel corrispondente AUTOSTATO.
- Lo stato di un sistema è esprimibile come combinazione lineare (a coefficienti complessi) dei suoi
autostati.
- Il risultato della misura è CASUALE in questo senso: la probabilità di avere come risultato l'n-esimo
autovalore è uguale al modulo quadro del coefficiente complesso che moltiplica l'n-esimo
AUTOSTATO nella combinazione lineare che descriveva lo stato del sistema PRIMA della misura.
- Dopo la misura lo stato del sistema è PERTURBATO, ovvero coincide con l'autostato corrispondente
all'autovalore risultato della misura, con coefficiente di modulo unitario. Con una terminologia un po'
vecchia e anche fuorviante questo è il famoso "collasso della funzione d'onda".
- Questo implica che la probabilità di avere lo stesso valore in misure ripetute della stessa grandezza è
1, cioè misure ripetute dello stesso osservabile danno sempre lo stesso risultato.
Il mio personale modo di vedere la questione è che il discorso della particella che si trova in più luoghi
contemporaneamente fino a che non si effettua la misura eccetera è, di nuovo, un modo superato di
vedere le cose. Un modo all'inizio più scioccante, ma che consente di cavarsi il dente una volta per tutte
e poi vivere tranquilli è pensare che la Realtà viva nello spazio astratto dello STATO del sistema. Le
misure che facciamo sugli OSSERVABILI (posizione, momento angolare, ecc), non sono la Realtà, ma
solo una sua proiezione su uno schermo che non solo è parziale, ma che perturba anche la Realtà stessa.

Commenti al post (due significativi, con risposte)

Antonio Sgorbissa:
Con la mia conoscenza limitata, mi sembra che però manchi un elemento. Ciò che sciocca non è il fatto
che le "misura" perturbi la realtà, ma il fatto che questa perturbazione non sia dovuta allo strumento di
misura, ma alla presenza stessa di un osservatore (per lo meno nell'interpretazione classica). Se l'effetto
potesse essere dovuto allo strumento di misura, non ci sarebbe tutto questa eccitazione.
Ciò detto, non sono sicuro di capire perché la descrivi come un'interpretazione non canonica: dovendo
usare la parola "realtà", anch'io tenderei a chiamare "realtà" lo stato del sistema: cos'altro potrebbe
essere? A me sembra che il nodo cruciale (superato da interpretazioni diverse) sia proprio nel ruolo
"magico" dell'osservatore che, con il solo fatto di acquisire coscienza, sembra perturbare la realtà (cosa
ovviamente difficile da digerire).

Daniele Gallesio:
Antonio Sgorbissa se parliamo di sistemi microscopici non trovo difficile da digerire che un fotone se
atterra sulla mia retina perturba il suo stato rispetto a che se la mia retina non ci fosse stata.
E come fa un osservatore a prendere coscienza di un fenomeno senza interagire con esso? O ha poteri
paranormali o usa i suoi sensi, e i suoi sensi _sono_ strumenti di misura che interagiscono col sistema.
A scala macroscopica se guardi o non guardi una mucca non cambi il suo stato, ma se quello che è
l'oggetto dell'osservazione sono i fotoni che disegnano la mucca sulla tua retina, sì..

Alessandro Scalzo:
La perturbazione è dovuta all'interazione con qualunque cosa usiamo per misurare, persino un singolo
fotone. La questione della coscienza disgraziatamente venne tirata in ballo quando ancora ci si capiva
pochissimo ed era talmente pittoresca che purtroppo è dura a morire, ma azzarderei a dire che non trova
più spazio in Fisica.

Tano Baltrucchio:
Bellissimo, grazie.
Riesci a dettagliare un po' di più, nello stesso modo chiaro, il concetto di STATO del sistema che hai
introdotto alla fine del tuo discorso? Mi aiuterebbe a capire meglio la conclusione

Alessandro Scalzo:
Dunque... per noi animali del mondo macroscopico abituati a interagire con grandezze osservabili lo
"stato" nel senso della Meccanica Quantistica è un concetto matematico astratto, la cui natura profonda
non è oggetto di studio da parte della meccanica quantistica.
Se voglio studiare lo stato di un sistema - per esempio lo spin di un elettrone - ho bisogno di
rappresentarlo matematicamente con uno spazio vettoriale. Scelgo ciascun vettore che costituisce la
base del mio spazio vettoriale in modo che sia ortogonale agli altri, in modo che il loro prodotto sia
nullo.
Per esempio misurando lo spin di un elettrone lungo una particolare direzione posso avere solo due
risultati: "su" e "giù". Scelgo il vettore (1,0) per rappresentare "su" e il vettore (0,1) per rappresentare
"giù". È una scelta arbitraria, perché avrei potuto fare il contrario, oppure scegliere (-1,0) e (0,-1) o
qualsiasi rotazione a piacere. Scelgo poi gli autovalori associati alle misure "su" e "giù" (per esempio
+1 e -1) e da lì poi ricavo l'operatore "spin" che ha come autovalori e autovettori rispettivamente
+1,(1,0) e -1,(0,1).
Dato poi uno stato generico che è la combinazione lineare dei due autostati posso calcolare la
probabilità di osservare "su" o "giù" quando misuro lo spin. Purtroppo, dal nostro punto di vista, non è
nulla di più concreto, anzi, il contrario: usare la matematica per manipolare ciò che non riusciamo a
immaginare a causa del fatto che ci siamo evoluti in un mondo macroscopico.
La cosa un po' scioccante di cui parlavo alla fine è che noi siamo abituati 1) al determinismo e 2) alle
grandezze osservabili. Nel mondo quantistico abbiamo ancora le grandezze osservabili, la cui
evoluzione però non è più deterministica.
Il determinismo c'è ancora, ma riguarda un oggetto per noi astratto, lo stato del sistema, che è un'entità
matematica. Un'entità matematica che però irrompe nel mondo fisico perché descrive le probabilità
delle grandezze osservabili, e le leggi - deterministiche - con cui queste probabilità evolvono.
Infatti la meccanica classica può essere interamente dedotta dalla meccanica quantistica studiando
l'evoluzione dei valori attesi delle grandezze osservabili, motivo per cui il mondo macroscopico è
deterministico. Il determinismo c'è ancora nel macroscopico, ma dal nostro punto di vista riguarda
un'entità matematica astratta che è lo stato del sistema. Quello che invece consideriamo realtà fisica è
non deterministico se non nell'evoluzione dei valori attesi, compresa l'energia, che si conserva solo
probabilisticamente ma non nella singola interazione

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