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Approfondimenti (2)
Corso Di Scrittura OnlineScrittura Creativa Oct 04, 2019
[Questa è l'ottava lezione vera e propria del Corso Base di Scrittura: se hai perso l'introduzione al
Corso Base di Scrittura e Sceneggiatura, ti consiglio caldamente di leggerla!]
Proseguiamo con gli approfondimenti legati al Filtro del Personaggio: secondo articolo di tre.
Perché Raccontate al lettore qualcosa che poi non Mostriamo nella vicenda? Perché costruire
un Raccontato incoerente con il Mostrato? Tornerò di nuovo dopo su Gino per completare
il ragionamento. Prima ti faccio un esempio concreto in cui Raccontato e Mostrato
sostengono tesi diverse.
È il 1905 e io odio Einstein. Credo che Einstein sia un cretino e passo il tempo dicendo a tutti
che Einstein non capisce niente di Fisica. Io sto dicendo a tutti (Raccontando) che Einstein non
sa nulla di Fisica. La gente può credere o non credere, ma io non lo sto provando
(Mostrando) con esempi concreti del perché Einstein sia un imbecille che non sa niente di
Fisica.
Einstein quell’anno (1905, Annus Mirabilis) pubblicò i famosi testi sull’effetto fotoelettrico, il
moto browniano e la relatività speciale. Einstein ha sconvolto il mondo con una nuova visione
dello spazio, del tempo e della materia. Einstein ha “mostrato” qualcosa da cui si deduce che
lui è un genio della Fisica.
Come sosteneva Aristotele: lo scopo della retorica non è persuadere, ma è mostrare ciò
che causa la persuasione. Tutti in poco tempo hanno creduto al genio che Einstein aveva
Mostrato con fatti concreti, ma ben pochi (nessuno?) al fatto che venisse Raccontato che era
un incompetente (e qualcuno lo avrà sicuramente detto: dietro ogni persona capace ci sono
gruppi di denigratori… figurarsi dietro un ebreo tedesco pacifista).
Esempio più diretto, in cui sia il Raccontato che il Mostrato sostengono la stessa tesi. Se io
dico “la convivenza pacifica tra persone dal colore della pelle differente è possibile, ma l’odio
radicato da entrambe le parti può rendere difficile o doloroso il cambiamento perché anche
se qualcuno smettesse di odiare gli altri, non è detto che tutti gli altri smetterebbero di odiare
lui e di aggredire chi ama”, non ci piove che ho tirato fuori una sequenza di ovvietà.
Se si intende dire che non c’è nulla di male nel senso che la massa dei lettori non si accorgerà
in modo esplicito del problema e si godrà tutto il Mostrato lo stesso, è vero. Non è un singolo
errorino a rovinare la lettura. Se si intende che è artisticamente e tecnicamente uguale, è una
stupidaggine, chi la dice è un cialtrone e chi ci crede è uno che si fa abbindolare con le
facili scorciatoie.
Il motivo, già indicato un paio di volte prima, è di una semplicità disarmante: nella vita esiste
solo il “qui e ora” (Mostrato) e nessuno si imbatte mai in un “riassunto” di eventi vissuti o cose
percepite (Raccontato).
Visto però che spesso si preferisce evitare il problema dello spiegare come mai da almeno
mezzo secolo gli esperti siano concordi sull’importanza fondamentale del solo Mostrato, gli
autori dei manuali tendono, visto che comunque per il pubblico non cambia nulla, a
essere molto permissivi sull’uso di un po’ di Raccontato qua e là. Sanno che nei loro romanzi
scrivono in modo tutt’altro che perfetto e hanno paura di essere criticati aspramente se in
un saggio si mostrano troppo inflessibili.
Ma voler evitare polemiche con i lettori, magari legate alle proprie colpe come autore di
narrativa che verrà bersagliato dopo aver scritto un manuale, è diverso dall’affermare
qualcosa in virtù della sua reale correttezza pratica e teorica. Bisognerebbe dire le cose come
stanno, ovvero che è sbagliato però non è così grave se uno lo fa solo ogni tanto.
Tra i pochi autori onesti disposti a dire le cose come stanno, senza mezze misure, perché si
sono costruiti una fama nell’ambito didattico che permette loro di dire la verità senza paura,
c’è Jack Bickham (professore della scuola di giornalismo dell’Università dell’Oklahoma, con 75
romanzi pubblicati, morto nel 1997).
Il brano che stai per leggere viene da un capitolo di Scene & Structure in cui Bickham stava
parlando del fatto che un romanzo è composto solo da scene e che ogni scena è basata sul
conflitto, con una “domanda” iniziale sull’obiettivo del personaggio a cui la scena risponderà
alla fine negativamente, portando il personaggio lungo un percorso di fallimenti sempre
peggiori, crisi di natura etica incluse, per gran parte dell’opera. Ho messo il grassetto sui punti
più importanti: dovrebbero suonarti familiari.
Tali scene di conflitto sono tutto ciò che gli amanti della narrativa desiderano […] vogliono
viverle nella loro immaginazione. Viste come stanno le cose, tu vorrai costruire delle scene
più grandi possibili e vorrai renderle più credibili – come se fossero reali – che potrai. Il
metodo migliore per ottenere questo fine è di presentare ogni scena momento per
momento, senza lasciare nulla fuori, perché non esistono riassunti nella vita reale e quindi
non puoi avere nemmeno tu dei riassunti nella tua scena, se aspiri al massimo realismo
possibile e al massimo coinvolgimento del lettore.
Ovviamente è sottinteso che il tutto da Mostrare sia tutto ciò che conta, accuratamente
selezionato per evocare al meglio, con pochi dettagli altamente drammatici, i personaggi, i
luoghi, gli oggetti ecc. ovvero la classica regola del Mostrare “ciò che serve”, come sottolineata
anche da Čechov e da Hemingway.
Čechov, costruendo l’atmosfera complessiva della notte e Mostrando i riflessi di luce lunare
su un vetro rotto, fece vedere la luna piena – mai descritta – ai lettori. Lettori che si stupirono,
in un corso di scrittura, non riuscendo a ritrovare alcuna descrizione della luna piena quando
rilessero il racconto apposta per ritrovare quella descrizione che li aveva colpiti (aneddoto
riportato da David Madden in Revising Fiction).
Hemingway nella Teoria dell’Iceberg invita a conoscere il proprio argomento con un tale
livello di perfezione da poter mostrare solo quei pochi dettagli perfetti capaci di evocare,
con tutta l’enorme forza data dalla brevità, anche tutto il resto meglio di quanto accadrebbe
se ci si dilungasse con maggiori quantità di dettagli meno importanti.
Perfino Wayne Clayson Booth, che ha rivalutato più di tutti il povero Raccontato, non lo ha
fatto in virtù del suo essere un “riassunto” (che considera spazzatura), ma attribuendogli
un nuovo valore di “messaggio” trasmesso tramite il Mostrato. Completamente diverso
dal vecchio Raccontare, che nulla può contro la potenza del Mostrare… e in parte connesso al
concetto di premessa che introdurrò nella seconda parte del manualetto.
Il Narratore che parla al Lettore, anche solo per un istante, è una pessima idea. Come
puoi immaginare, il Narratore esterno al PdV che si introduce a commentare come se
scendesse col megafono dal cielo annienta la verosimiglianza. A meno che tu non sia abituato
davvero a vedere la manona di Dio che scende dal cielo e il suo vocione che romba nel
megafono per spiegarti cosa devi pensare di questo o di quello (come facevano Omero o il
Manzoni): in tal caso uno psicoterapeuta potrà aiutarti.
L’autore che si introduce nella vicenda per commentare è morto a metà Ottocento, con il
lavoro di Flaubert, il primo ad affrontare seriamente il problema. Cito dalla lettera di Flaubert
a Mademoiselle Leroyer de Chantepie, del 18 marzo 1857 (la ricordi?):
L’artista deve essere come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente; bisogna percepirlo
ovunque, ma non vederlo mai.
Nonostante questo, dopo un secolo e mezzo, lo zombie del Narratore Invadente continua
ancora oggi a emergere in giro. Una variante pericolosissima di questo zombie è il
personaggio che invade la vicenda come Narratore. “Essendo il personaggio e dovendo
filtrare tutto è normale che permei tutto con la sua presenza, quindi qual è il problema?”
magari ti starai chiedendo.
È difficile da spiegare, ma sentire un sospiro del genere dal capitano Caligaris, per uno della
26ª, è come per un frate sentire il papa che molla una bestemmia.
O questo:
O questo:
Quest’azione è diversa dall’attacco alla colonna corazzata, pertanto avanziamo nel bosco
come una squadra di schiacciasassi, travolgendo la vegetazione senza preoccuparci del
rumore.
Questi commenti sono terribili perché fanno di tutto per cacciare il lettore dalla vicenda,
dandogli di gomito e dicendo “vedi che è solo una storia, caro lettore? Vedi che sono solo io
che ti parlo e ti spiego pure le cose che non conosci?”
Davvero, l’idea di base della narrativa è il contrario: far immergere il lettore nella storia come
se fosse vera, come se il testo non esistesse e nemmeno l’autore, e non ricordargli che sta
solo leggendo una storia inventata!
Non c’è motivo di rinunciare al filtro del personaggio tramutandolo in una variante del
Narratore Invadente. Che invada a volontà, ci mancherebbe, ma solo come filtro del punto di
vista che vive e commenta “qui e ora” come se il lettore non esistesse!
Quando si scrive bisogna diventare il personaggio, vedere il mondo con i suoi occhi,
percepirlo con i suoi sensi, e possibilmente filtrare il mondo attraverso la sua mente e la
sua visione del mondo. Questa è la vera narrativa moderna: un’esperienza per il lettore di vita
nel corpo di un individuo diverso.
L’Autore rimane, certo, ma è un Autore Implicito: lui crea il personaggio e le vicende e decide
il tono della storia, ma non appare mai esplicitamente nel testo. La storia Mostra sé stessa,
non è l’Autore che la Racconta. Il retore non persuade gli ascoltatori: Mostra ciò che ne
causerà la persuasione. Semplice, no?
Questa è la base della rivoluzione portata da Booth nel mondo della narratologia: la sua
analisi dimostrò che la narrativa è una forma di retorica e non di mera estetica.
Ma non è colpa della scrittura: la scrittura deve far provare forti sensazioni con una
immersione completa, poi è naturale che se sono “di disgusto” ci saranno anche persone
che non vorranno leggere oltre. È un problema di argomento, non di tecnica narrativa.
Tanti lettori hanno criticato Perdido Street Station di China Miéville per le sensazioni sgradevoli
che dava, pur non essendo certo scritto bene come narrativa (troppa Literary fiction dei
poveri e comprensione sottozero della penetrazione profonda), anzi…
Scrivere una storia credibile con protagonista Roman von Ungern-Sternberg in Mongolia
prevede una quantità abnorme di antisemitismo, misticismo pseudo-buddista, gente uccisa
senza motivo con false accuse di bolscevismo, torture gratuite (adorava tutti i supplizi che
coinvolgessero gli alberi, crocifissioni e squartamenti inclusi) e cadaveri abbandonati a
marcire perché il Barone adorava circondarsi di morti in decomposizione.
Questo è un elemento fondamentale del discorso etico di Wayne Clayson Booth sulla
scrittura: se l’opera esprime contenuti o valori estremamente diversi da quelli del lettore, e
con questi di conseguenza cerca di influenzare e riformare chi la legge, il lettore la rigetterà
anche se è scritta benissimo.
L’impatto retorico (la qualità tecnica nel convincere) dell’opera è astorico in quanto legato al
lettore e non all’epoca in cui venne scritta, di conseguenza permette una critica astorica
sulla qualità del testo come retorica.
Anzi, di più: meglio è scritta, ovvero più costringe a immergersi nella sua visione del mondo, e
più sarà efficace nel disgustare il lettore che ne è allergico, per esempio imponendo a un
razzista convinto di dover immaginare i negri come persone normali o a un marxista di dover
osannare il neoliberismo.
A pochi estremisti, e tutti sono estremisti in qualche ambito per quanto possa essere
ristretto, piace la propaganda del fronte avverso.
Se i lettori odiassero i cagnolini non leggerebbero mai una storia con eroi cagnolini scritta per
gli amanti degli animali. Idem chi odia la fantascienza militare non apprezzerebbe mai un
libro di quel genere, nemmeno se fosse un capolavoro.
Non tutte le storie sono per tutti e capirlo prima di esprimere “giudizi” che nulla hanno a
che vedere con l’opera in sé, ma solo con “il proprio sé” rispetto all’opera, è una forma di
consapevolezza umana e di educazione all’arte che molti non posseggono.