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Approfondimenti (1)
Corso Di Scrittura OnlineScrittura Creativa Oct 04, 2019
[Questa è la settima lezione vera e propria del Corso Base di Scrittura: se hai perso l'introduzione
al Corso Base di Scrittura e Sceneggiatura, ti consiglio caldamente di leggerla!]
Ora che abbiamo terminato il discorso introduttivo sul Filtro del Personaggio, possiamo
entrare nei dettagli con tre articoli di approfondimenti. Fanno tutti parte del discorso iniziale
sul Filtro del Personaggio, come se tutti e quattro assieme formassero un'unica grande
lezione.
Buona lettura!
Lo noto quando comincia a sparare con i quattro pezzi da 80 e, sulle linee alleate alle nostre
spalle, sbocciano sfavillanti aiuole di fiori gialli.
Oppure qui:
Sto fiancheggiando il rottame di una camionetta crucca quando una sagoma spunta da dietro
i resti della cabina
O qui:
Li abbiamo osservati acquattati tra gli alberi, mentre puntavano il riflettore sulle acque nere e
poi ripartivano in direzione del Garda.
Dove sarebbe il Mostrato “qui e ora”, le sensazioni esatte del PdV? Il Narratore sta
raccontando da fuori, razionalizzando e riassumendo, ciò che percepisce.
Nel mondo reale non esistono i “poi” o i “quando”: esistono precise cose che, avvenendo una
dopo l’altra, da sole mostrano di stare avvenendo in sequenza. Sottolineare l’ovvio con il
commento invasivo del Narratore distrugge la verosimiglianza. Se proprio un commento deve
esserci, che sia un pensiero del personaggio espresso “qui e ora”.
Non usare il Narratore Invadente per esprimere la tua opinione su ciò che volevi mostrare o
che stai mostrando. Mostralo e basta. Se senti di dover commentare, allora lo hai mostrato
male, con i dettagli sbagliati: mostralo meglio.
Qualsiasi commento del personaggio (gli unici possibili, non quelli dell’Autore-come-
Narratore, deprecato) deve essere mero filtro interpretativo delle sue esperienze
sensoriali o, al più, un pensiero scaturito in modo naturale dagli stimoli
sensoriali. Quando un personaggio inizia a pensare a cose sconnesse da ciò che prova in
quel momento, si cade sempre nel rischio di estendere ancora di più il parco dei pensieri
possibili e passare agli Infodump spiattellati a unico beneficio (ma forse è meglio dire
“maleficio”) del lettore.
Problemi di Preveggenza
Ricordati di mostrare ciò che percepisce e fa il personaggio sempre dall’interno del PdV. Se lo
fai puoi evitare errori al limite della preveggenza come questo:
In un baleno mi ritrovo a fendere le acque e sono in mezzo al fiume. Il crucco però non pare
intenzionato a mollare l'osso. Lancio occhiate da sopra la spalla: il Granchio avanza come un
mostro degli abissi.
Prima capisce che il crucco non vuole mollare l’osso e dopo vede ciò che causa quel pensiero
(il Mech tedesco che lo insegue guadando il fiume): quindi è un preveggente!
Se invece di scrivere come ci porta il cuore si scrivesse con l’ossessivo e unico interesse alle
sensazioni del personaggio, non ci troveremmo mai a far trarre prima al personaggio le
conclusioni e poi a mostrare gli elementi che fanno trarre quelle conclusioni.
Diventare il Personaggio
Quando immagini la scena tu devi essere il personaggio istante per istante, “dentro e subito”
non “fuori e a posteriori”: avrai solo due occhi, quelli del personaggio, e avrai una sola
mente, quella del personaggio.
Non si può fare narrativa moderna, basata sull’immersione, senza rinunciare alla propria
individualità per diventare il personaggio. L’individualità dell’autore, ovvero il suo stile,
rimane nella scelta del personaggio in cui il lettore deve tramutarsi e nei dettagli che questi
filtrerà… il famoso Autore Implicito già citato prima.
Quella dello scrittore è una fusione, una negazione del dualismo che separava l’Autore-
Narratore dal Personaggio e del dualismo che divideva il Lettore dal Personaggio, a favore di
un solo personaggio figlio di un autore invisibile che diventi una porta sul mondo narrativo
facendo incarnare in sé il lettore.
Se scrivere fosse una religione, il vero scrittore moderno sarebbe un Mistico, come i tedeschi
di Meister Eckhart o i Sufi musulmani o i monaci Zen, interessato all’esperienza non-dualista
della piena unità tra l’uomo/lettore e la divinità/personaggio.
Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a sé stesso assolutamente, anche per un solo istante.
Sull’importanza di rinunciare alla propria identità a favore di quella del personaggio, un po’
come fanno i bravi attori, si è espresso anche il buon Anton Čechov:
[…] buttare sé stessi a mare sempre e dovunque, non intrufolarsi nei protagonisti del proprio
romanzo, rinnegare sé stessi, non fosse che per mezz'ora.
Sarà il lettore poi, forse, a vedere le scene da fuori invece che da dentro il personaggio, in
base a quanto è profondo il filtro nelle varie scene e a come è abituato a immaginare le scene
quando legge.
Troppa cattiva narrativa, la gran parte esistente (sia commerciale che pseudo-intellettuale),
ha fatto in modo che alcuni lettori non siano nemmeno in grado di immaginare il vero
effetto a cui aspira l’autentica narrativa moderna. Incontrandola per la prima volta ne
rimangono confusi (soprattutto per motivi di ethos, come dirò dopo) o non colgono la
differenza chiave con la cattiva narrativa, anche se la vera narrativa piace loro di più.
Non c’è infatti da stupirsi che tante persone, pur leggendo moltissimo, rimangano incapaci di
comprendere le motivazioni altrui e di giudicare al di fuori del loro limitato sistema di
valori. Le letture che hanno fatto non hanno loro insegnato nulla sul divenire diversi da
sé: al più hanno imparato a provare “simpatia” da fuori per le vicende dei personaggi, ma non
vera “empatia”. Non vivono così l’autentica liberazione, la “catarsi”, che il divenire altro da sé
permette spalancando davvero la nostra mente verso nuove prospettive.
In ogni caso tu come autore dovrai basarti su una narrazione costruita dall’interno del PdV,
altrimenti chi cercherà l’autentica catarsi col personaggio, che è ciò a cui la narrativa moderna
aspira, si troverà impossibilitato a sperimentarla.
Solo in rarissimi casi potresti sentire il bisogno di staccarti dal personaggio e mostrarlo
tramite una Telecamera Neutra sospesa nel vuoto, come se fosse al cinema, o come dico io
“retta da un Fantasmino”.
Non è un buon modo di scrivere e al giorno d’oggi può nascere dall’abitudine di pensare le
scene vedendole da fuori il personaggio, come se fossero le riprese del cinema. Questo modo
di concepire le scene è però alieno alle logiche con cui si scrive narrativa.
Bisogna stare attenti a come funzionano diversamente teatro, cinema, fumetto e prosa, come
già detto: le caratteristiche tecniche influenzano i diversi metodi di esprimere le storie in base
ai punti forti e deboli specifici dei diversi mezzi. Per esempio i dialoghi del teatro non sono gli
stessi dialoghi della prosa o del cinema, perché assolvono funzioni diverse.
La Telecamera Neutra era tipica del Mostrato fatto male dei primi decenni della rivoluzione di
Flaubert, in cui si confondeva la verosimiglianza con l’assenza del filtro mentale del
personaggio. E anche in quel caso, comunque, non poteva esserci posto per i commenti del
Narratore Invadente.
La Telecamera Neutra è un Mostrato da due soldi e dalle potenzialità castrate anche dal
punto di vista “etico” della narrativa, ovvero la capacità delle opere di pervaderci, istruirci e
cambiarci ponendoci nella “pelle” di individui molto diversi da noi, perché vediamo da fuori
invece di vivere da dentro.
Con la penetrazione profonda, o in generale con un PdV ben gestito (anche in penetrazione
leggera), è ovvio che il mondo, apparendo solo tramite i sensi del personaggio, renda il
personaggio anche “Narratore della storia”.
Non ha senso precisare che sia il Narratore, anzi, precisarlo a livello teorico crea solo
problemi perché nessuno sta narrando nulla: la finzione narrativa deve illuderci (retorica
della dissimulazione) di stare vivendo una vicenda vera che avviene mentre leggiamo, sia
quando il tempo è al presente che quando è al passato (ma al presente l’effetto è un po’ più
forte).
Col PdV, soprattutto se profondo, più che essere un Narratore il personaggio diventa il
corpo che ospita il lettore nell’esperienza catartica di divenire il personaggio e vivere una
vita diversa con una prospettiva diversa.
Questa esperienza porta a un arricchimento culturale e talvolta a una riflessione su di sé
anche solo per aver provato a mettersi nei panni altrui, qualsiasi siano: dal pescatore che
teme di aver perso la “virilità/dignità” e si lancia in un’avventura al limite del suicidio ne Il
Vecchio e il Mare, alla fatina soldato xenofoba che cerca di riscattare il proprio nome
disonorato in Assault Fairies.
Il protagonista in La Luna è una Severa Maestra di Heinlein lascia ai posteri le memorie della
rivoluzione: è una testimonianza scritta. La voce narrante in stile amicone (un tipo di “voce
autorevole”) di Budella, il racconto di Palahniuk, è invece un tentativo di simulare la presenza
di qualcuno che sta parlando al lettore come se gli fosse accanto. Nota però che Budella è
inserito in un libro, Cavie, in cui davvero quel personaggio ha scritto quella storia per gli altri
personaggi…
Solo per questo lato comico-trash Budella, nonostante la presenza invadente del Narratore,
funziona. Pensa alla differenza tra ridere di Fantozzi vedendolo da fuori col Narratore
Invadente che commenta, esaltando le assurdità, oppure diventare Fantozzi vivendo di
persona (PdV profondo) il suo dolore e le sue umiliazioni. Nel primo caso è comico, nel
secondo è drammatico. Ridiamo di Fantozzi, non con Fantozzi.
Fuori dal comico non è una buona scelta rivolgersi direttamente ai lettori: l’illusione di stare
vivendo la vicenda per davvero, nel corpo e nella mente di un altro individuo, si infrange.
Pensa a Fanteria dello Spazio di Heinlein: lì lo svantaggio del Personaggio-Narratore che porta
la sua testimonianza diventa maggiore dei possibili benefici, che in La Luna è una Severa
Maestra erano quelli di poter riassumere mesi di preparativi in poche pagine di riflessioni. Se
la storia fosse tutta in PdV profondo senza mai rivolgersi al lettore, con ancora più dettagli
concreti e di conseguenza molta più drammatizzazione, sarebbe molto migliore.
Quasi sempre la cornice è una pessima idea. È un residuato rugginoso legato alla paura, nel
‘700, con la rinascita del romanzo in Inghilterra, che a scrivere storie esplicitamente inventate
nessuno le avrebbe lette o apprezzate. Questo portò a scegliere di dare, con il diario o con la
cornice della testimonianza, una patina di realismo alle vicende… come oggi si fa con i
farlocchi “tratto da una storia vera” a inizio film.
Il motivo è lo stesso anche oggi: si teme che il pubblico sia troppo imbecille per apprezzare
una storia esclusivamente inventata, troppo regredito a uno stato subumano per potersi
immergere in un altro individuo e vivere la sua esperienza di vita, e allora bisogna ingannarlo
con l’autorevolezza della storia vera.
È tristissimo ed è un elemento ulteriore per chi sostiene l’idea del progressivo degrado
dell’intelletto umano nel corso degli ultimi cento anni, ma lo fanno davvero per questo
motivo. Se non hai colto la gravità della questione, abbiamo una prova in più a sostegno di
quell'idea...
Essere caduti nel tranello di pensare che il PdV avesse ragione, anche quando c’erano
elementi per dubitare di lui, crea una sensazione di realismo e verità che piace molto ai
lettori moderni. La realtà fornita è solo quella interpretata, e il “vero oggettivo” rimane
irraggiungibile.
Pensa a classici come Il Grande Gatsby, dove il Narratore Inaffidabile è presente decenni
prima che Wayne Booth desse un nome a questa particolare trovata retorica della narrativa e
ne spiegasse il vero potenziale.
Per esempio in The Iron Dragon’s Daughter di Michael Swanwick (pubblicato in italiano
come La Figlia del Drago di Ferro all’intero dell’Urania Millemondi I Draghi del Ferro e del Fuoco)
la protagonista sembra sempre prendere l’unica decisione possibile, fino all’ultima parte
della storia, e sembra effettivamente sempre costretta a sacrificare gli altri per salvarsi.
Al lettore difficilmente verrà il dubbio che stia sbagliando… fino a quando si capirà che è la
sua debolezza e il suo egoismo a portarla sempre alla soluzione più facile, quella in cui lei si
salva con meno problemi possibili e gli altri soffrono, e che quella soluzione non è mai stata
l’unica. Era sembrata l’unica soluzione possibile solo perché lei voleva giustificare le
proprie azioni egoiste a sé stessa.