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FRANCESCO CIRIOLO
(…) della
ricchezza di una visione creata da se stessa.
(Fernando Pessoa, Fiat Lux)
Tu dici:
io apro gli occhi e vedo quello che c’è
Gibson che aprono The Ecolgical Approach to Visual Perception, nel quale
notare come per Gibson, egorecezione (la percezione di sé) ed esterocezione (la
Relazione presentata nel marzo 2008 presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di
Milano. Un sincero ringraziamento è per Roberta De Monticelli non solo per i preziosi consigli, ma per avermi
costantemente seguito e incoraggiato in questo studio sull’arte e la psicologia della percezione.
1
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 29.
2
Ivi, p. 203.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 1
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
percezione nell’arte, cercando di spiegare, incitare quantomeno, come e perché si
ha un particolare “punto di vista” sul mondo, senza affatto escludere l’unità delle
con essi, aprendo dibattiti, più o meno accesi, durante la sua intera carriera3.
riportato da Arnheim, “Un uomo come Gibson, che faceva ricerche di grande
intelligenza sulla percezione, non aveva la minima idea di cosa fosse l’arte, non
ne capiva gli elementi (…) quando parlava di arte era imbarazzante, viceversa
sembra escludere alcuni rimandi che può avere l’ottica ecologica in ambito
XIX secolo, che hanno come problema la rappresentazione, quanto più fedele
3
Significativo è il confronto fra Gombrich e Gibson. In questa sezione non avremo modo di
approfondire la disputa fra i due, soffermandoci più in particolare sull’ottica ecologica. Per chi
voglia approfondire questo aspetto, l’indirizzo http://www.gombrich.co.uk/dispute.php fornisce
lettere, convegni e abstract che documentano esaustivamente entrambe le posizioni e i motivi di
disaccordo.
4
Pizzi Russo (2005), p. 257.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 2
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
possibile, della naturale percezione visiva, senza che si abbiano ripercussioni
Per il nostro studio basterà notare come, sia pure in misure diverse, i
principali artisti fino al XIX secolo fecero coincidere l’ottica geometrica con la
Kemp, essi
(…) condividevano nella maggior parte dei casi un’importante supposizione di base, ossia che la
processo visivo. La conseguenza di questa osservazione non sempre dichiarata, era che i
tridimensionali su una superficie piana, in modo tale che la configurazione presentata all’occhio
5
Kemp (1990), trad. it. (2005), p. 17.
6
Per un panorama dettagliato cfr. ivi, capp. I-III.
7
Ivi, p. 185 (corsivo mio).
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 3
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Sebbene con Leonardo gli studi di anatomia e di prospettiva aerea hanno
tutti i presupposti per dissipare in parte questi assunti, nondimeno anche gli studi
come una forma di camera oscura – dove l’immagine invertita è messa a fuoco sulla retina –
interamente nel contesto dell’ottica geometrica, e le idee fondamentali sull’angolo visivo e sulla
proporzionalità tra immagine e oggetto rimasero intatte. Quei teorici che discussero le operazioni
del nuovo occhio erano facilmente in grado di farlo operare in armonia con le regole prestabilite
della prospettiva.8
8
Ibidem (corsivo mio).
9
Gibson (1986), trad. it. (1999), pp. 130 – 131.
10
Bozzi (1998), p. 91.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 4
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Nel monumentale Modern Painters, Ruskin (noto empirista) lascia ampio
spazio allo studio del campo naturale della visione, contrapponendolo all’artificio
della prospettiva lineare classica. Egli individua la differenza fra artisti antichi e
“antichi maestri” rappresentavano “(…) non quello che vedevano, ma quel che
dalla focale dell’occhio e non più dalla prospettiva geometrica dello spazio stesso.
E’ uno spazio, quindi, dal punto di vista dell’osservatore. Egli individua “due
verità” dello spazio, che hanno entrambe come presupposto l’imitazione della
dalla focale dell’occhio”12, in cui non la prospettiva aerea13, ma “il disegno degli
oggetti, cioè a dire, il grado in cui i dettagli e parti sono nitidi o sfumati, è un
11
Ruskin (1856), trad. it. 1998, p. 247; le varie edizioni di Modern Painters sono reperibili in rete
all’indirizzo http://www.lancs.ac.uk/fass/ruskin/empi/1stedition/1a013.htm.
12
Ivi, p. 253. Le “due verità” sono riassunte dai titoli dei capp. 4 e 5: cap. 4, parte II, sez. II, p.
253, La verità dello spazio. Primo: in quanto dipendente dalla focale dell’occhio; cap. 5, parte II,
sez. II, p. 259: La verità dello spazio. Secondo: il suo aspetto dipende dal vigore dell’occhio.
13
Mentre l’arte fiamminga, ad esempio di Jan Van Eyck, definiva con massima precisione anche
gli oggetti distanti, con la prospettiva aerea di Leonardo, invece, l’aumentare della distanza dal
punto di osservazione era definita da contorni più sfumati, a seconda della distanza degli oggetti
raffigurati. Ciò si può notare nella Gioconda o nella Vergine con Sant’Anna e il Bambino con
l’agnello.
14
Ruskin (1843), trad. it. 1998, p. 253.
15
Rothenstein (1966), p. 4: “Una delle critiche che sempre venivano rivolte al giovane Turner era
la mancanza di ‘finitezza fiamminga’. (…) [Egli invece] si mostra un ‘realista’ e si distingue,
secondo l’opinione di Ruskin, per la
sua «fedeltà alla natura»”. Per l’arte fiamminga cfr. infra, n. 14. Un’altra accusa è riportata da
Sbrilli (1988), p. 308, secondo la quale le opere di Turner venivano “Accusate da Benjamin West
di essere scorrette macchie informi, le sue opere vennero salutate dal critico d’arte John Ruskin
come le prime espressioni di una sensibilità squisitamente moderna, nutrita di cultura letteraria, di
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 5
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
trova un riscontro diretto negli incontri assidui con l’artista inglese, divenendo, in
visiva nell’arte16.
Primo, si noti che l’occhio, come qualsiasi altra lente, deve modificare la focale per riportare
un’immagine nitida di oggetti situati a diversa distanza; di modo che è assolutamente impossibile
vedere distintamente e nello stesso momento due oggetti, uno dei quali si trovi molto più lontano
dell’altro. Di ciò, ci si può persuadere da sé in un istante. Fissate l’intelaiatura della vostra finestra
in modo da ottenere un’immagine chiara della sua forma e dei suoi contorni, e non potrete, finché
il vostro sguardo vi si posa, percepire altro che le più indistinte e nebbiose immagini di qualunque
oggetto sia visibile al di là di essa. Ma fissate lo sguardo su quegli oggetti, in modo da vederli
finestra, stavolta sarà l’intelaiatura a essere vista come vaga, tremolante, opaca interruzione di
quello che si percepisce oltre a essa. Un minimo d’attenzione rivolta a questo fatto persuaderà
chiunque della sua universalità, e proverà al di là di ogni possibile discussione che gli oggetti
situati a distanza diseguale non possono essere visti insieme, non a causa dell’interposizione
dell’atmosfera o della foschia [come avveniva per la prospettiva aerea], ma dell’impossibilità che i
raggi procedenti da entrambi convergano sullo stesso fuoco, così che l’impressione suscitata o
dell’occhio, lascia i bordi del campo visivo indefiniti e vaghi, rispetto, invece, a
vista di una cornice, sono volutamente ottenuti ed elaborati con immagini chiare e
nitide verso il punto di osservazione e man mano sempre più sfumate ai bordi,
sino a diventare tutt’uno con il bianco della tela o di qualsivoglia piano pittorico.
A maggior ragione, anche gran parte delle figure presenti all’interno del
18
Ivi, p. 258: “(…) esistono sia un motivo che una necessità per quell’incompletezza di disegno
che dà anche alle figure più prossime un tondo con quattro puntini rosa per faccia, e quattro
pennellate per piedi e mani; perché è assolutamente impossibile che l’occhio, se è adattato a
ricevere i raggi dalla massima distanza, e qualche impressione parziale di tutti i piani, sia in grado
di percepire, nelle forme e figure più prossime, qualcosa di più di quel che Turner esegue. E
quanto questa vaghezza sia assolutamente necessaria alla fedele rappresentazione dello spazio
chiunque potrebbe provare con la massima facilità”; sempre Ruskin a p. 256 scrive che “Turner
iniziò una nuova era della pittura di paesaggio, mostrando che si poteva sacrificare il primo piano
a favore dello sfondo, e mostrando che era possibile rappresentare l’immediata possibilità dello
spettatore, senza presentare nella loro interezza le forme degli oggetti vicini. Ciò che vien fatto
senza tracciare contorni sfumati o indecisi (sempre sintomi di un difetto in arte) ma mediante una
decisa incompletezza, una solida ma parziale resa della forma, tale che quasi l’occhio l’afferra,
eppure non riesce a posarvisi, né a soffermarvisi, né a comprenderla interamente, e dalla quale
viene immancabilmente distolto a beneficio delle parti di sfondo su cui posarvisi”. Numerosi sono
i critici che hanno notato una propensione di Turner verso lo studio della percezione, come, ad
esempio, Walker (1976), trad. it. (1984) pp. 58 e 59: “Col dileguarsi della compattezza della
materia, spariscono anche i disegni vari e dal tratto deciso del Liber Studiorum e dei dipiti
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 7
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
grado di rivolgere la propria attenzione su tutti i piani del disegno, né abbracciare
particolari acquerelli.
prediligere questi “bordi attenuati”, negando ogni identità fra spazio geometrico e
Gibson sarà dello stesso avviso. A proposito di una critica rivolta a Berkeley
che quest’ultima “ (…) non è una linea che va diritta all’occhio, come pensava il
giovanili, e le composizioni si riducono invece a una serie di descrizioni sommarie che ripetono la
forma approssimativamente ovale del campo visivo. (…) [Turner] intrecciò a questo stile
immaginativo una profonda conoscenza degli effetti visivi”.
19
Kemp (1990), trad. it. (2005), p. 269.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 8
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
geometrico astratto con lo spazio vivente dell’ambiente”20. Sempre Gibson, in
riferimento alla prospettiva, pur ammettendo che essa “costituisce una disciplina
naturale perché “l’ambiente non consiste nella sua interezza di parti o forme
ipersemplifica”21.
esistente all’interno del campo visivo. I punti a e b, infine, sono stati messi in luce
Questi esempi non sono affatto da considerarsi come dei casi isolati, anzi,
potremmo affermare senza alcun dubbio che ciò appartiene ad un intero ambito
bordi”22. Helmholtz spiega il campo visivo in termini di nervi ottici che vengono
20
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 192 (corsivo mio). Molto efficacemente Farneti, Grossi (1995)
spiegano che il concetto di spazio “(…) era concepito come un vuoto i cui punti luminosi, propri
degli oggetti in esso contenuti, venivano a proiettarsi in corrispondenti punti dell’immagine
retinica i quali, come Berkeley aveva sottolineato, rimanevano gli stessi, sia che la distanza fosse
maggiore o minore”, p. 27.
21
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 129.
22
Helmholtz riportato in Kemp (1990), trad. it. (2005), p. 267.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 9
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
stimolati dalla luce, notando come “le immagini retiniche di oggetti posti a
Tuttavia, egli non pone l’accento sull’ambiente, sul mondo che si dispiega di
23
Helmholtz (1851), trad. it. (1996), p. 154.
24
Cfr. Paternoster (2008), p. 78.
25
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 29; inoltre cfr. Gibson (1960).
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 10
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Basterà citare solo un titolo, Dallo stimolo alla scienza di Quine, per capire
dalla fisiologia, né dal solo ambiente. Entrambi gli aspetti sono indissolubili,
lato perché “non è qualcosa che possa essere vista”28 e dall’altro perché le
teorie costruttiviste.
stimolo e campo visivo, altro non sono che gli ennesimi attributi legati
26
Dal nostro punto di vista è interessante notare come Quine utilizzi proprio la percezione visiva e
la stimolazione dei recettori sulla retina per giustificare il suo naturalismo. Nel saggio
Epistemologia naturalizzata Quine scrive: “Le nostre retine vengono irradiate in due dimensioni,
tuttavia vediamo le cose come tridimensionali senza inferenza cosciente. Quale deve contare come
osservazione: la ricezione bidimensionale inconscia o l’apprensione tridimensionale cosciente?
Nel vecchio contesto epistemologico la forma cosciente aveva la priorità perché cercavamo di
giustificare la nostra conoscenza del mondo esterno mediante la ricostruzione razionale e ciò
richiede la consapevolezza. La consapevolezza cessò di essere richiesta quando smettemmo di
tentare di giustificare la nostra conoscenza del mondo esterno mediante la ricostruzione razionale.
Che cosa contare come osservazione può ora venir stabilito in termini di stimolazione dei ricettori
sensoriali, cada la coscienza dove può”, Quine (1969), trad. it. (1986), p. 107 (corsivi miei).
27
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 42.
28
Ivi, p. 119.
29
Ibidem.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 11
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Dalla Volta (1974): “[il campo visivo è] (…) l’intera superficie che può essere vista in un dato
Roland, Parot, Del Miglio (2001): “[il campo visivo è] (…) in visione monoculare, insieme delle
direzioni dello spazio che può abbracciare l’occhio immobile; in visione binoculare, nelle stesse
condizioni, insieme coperto dai due occhi. Il campo visivo viene di solito rappresentato da
coordinate polari i cui meridiani delimitano i settori temporale e nasale, superiore e inferiore. Per
un solo occhio si estende per circa 90° in zona temporale e 60° in zona nasale, superiore e
inferiore. In ragione della posizione degli occhi nell’essere umano, si ha una sovrapposizione
notevole dei campi visivi in visione binoculare, coprendo il campo totale approssimativamente 90°
in tutte le direzioni”31.
Galimberti (2006): “[per campo visivo si intende] (…) il limite della visione periferica e quindi
l’area all’interno della quale un oggetto può essere visto, mentre l’occhio fissa immobile un
punto”32.
“Visual fields. The field of vision represents the relative ability to detect visual stimuli at different
points”33.
oggetto si ha quando gli occhi sono immobili e fissano un punto, senza riferirsi
alla corporeità del percettore, alla locomozione e a quanto ciò possa influenzare il
30
Dalla Volta (1974), p. 126.
31
Doron, Parot, Del Miglio (2001), p. 120.
32
Galimberti (2006), p. 145.
33
La presente definizione è tratta dalla pagina web dedicata alla Neuro-Ophthalmology
dell’Università di Toronto reperibile all’indirizzo http://eyelearn.med.utoronto.ca/Lectures04-
05/NeuroOphth/03VisualField.htm .
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 12
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
L’ultima definizione è molto interessante. Cosa si può intendere per “visual
stimuli”?
termine “stimolo”.
quale a sua volta cercherà di studiare e “individuare” gli stimoli del percettore.
Uno degli errori in cui il soggetto può incorrere nel descrivere direttamente la
percezione in prima persona, risiede nella sua concezione “ingenua” della visione,
qualora lo riuscisse a capire, avrebbe comunque svariate congetture sui fatti che
gli vengono esposti, magari (ipotesi quanto mai verosimile) cercando di “fregare
34
Bozzi (1998a), p. 8. L’articolo è stato originariamente pubblicato da Bozzi nel Giornale italiano
di psicologia, XXV (2), pp. 239 – 252. I numeri di pagine qui riportati sono invece riferiti alla
versione reperibile in rete all’indirizzo
http://ephp.dpac.univr.it/ephp_db/javapages/util/get.jsp?bibliography=2711 .
35
Ivi, p. 2.
36
Ibidem.
37
Ivi, p. 7.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 13
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
affermare che “gli stimoli non esistono”38. E questo per due fondamentali ragioni:
finalmente un senso solo nelle operazioni che volta per volta vengono associate al
Tutto ciò è in accordo con Gibson che descrive la visione come parte di un
sistema visivo più ampio, allargato, dove la retina non è che un singolo
contorni”40.
affordances, layout, tessitura ecc., anche quello di campo visivo non è esente da
una nuova riformulazione. Per iniziare, Gibson distingue fra visual field e field of
view, dichirando che “Il campo di visione (field of view) (…) non va confuso con
il campo visivo (visual field). Per l’uso che io faccio del termine, con campo
introspettiva” perché tiene conto di più fattori, fra tutti l’assetto ambiente (e la sua
38
Ivi, p. 5.
39
Ibidem.
40
Farneti, Grossi (1995), p. 34.
41
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 189.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 14
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
delimitato dai margini del sé, cioè dai limiti che sono propri della stessa
alla corporeità del sé. Non si può vedere l’ambiente in cui viviamo senza
percepire il proprio corpo. Questo influisce sulla percezione del mondo e sulla
soli studi di ottica, anche perché l’evoluzione biologica dello sviluppo delle
Gibson, “L’apertura angolare del campo dipende dalla collocazione degli occhi
sul capo; vi sono animali che hanno occhi laterali e un campo di visione quasi
Turner e Ruskin, risiede nel fatto che sono gli stessi bordi a coprire/scoprire
l’ambiente:
Un campo di visione è un ampio angolo solido visivo con un inviluppo. Il fatto importante di un
tale campo è costituito dai suoi limiti, certamente vaghi e indefiniti, ma pur sempre limiti. Si tratta
di qualcosa di simile a dei bordi occludenti, come quelli di una finestra. Essi nascondono
l’ambiente che sta al di là di loro stessi, come quelli di una finestra, e quando il campo si muove
c’è un’accrezione della struttura ottica al bordo anteriore, con sua cancellazione invece sul bordo
posteriore (…) Ma i bordi del campo di visione sono dissimili da quelli di una finestra, dato che in
quest’ultima è ciò che è in primo piano che nasconde lo sfondo, mentre nel campo di visione è la
mondo attorno a noi – di certo, non il buio, non l’aria, nient’altro che il nostro io! (…) Tutte le
42
Ivi, pp. 185 -186.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 15
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
volte che un punto di osservazione è occupato da un essere umano, circa la metà del mondo
circostante viene a rivelarsi agli occhi, mentre tutto ciò che resta è occultato dalla testa.43
gran parte delle estremità del corpo. Le più prossime al campo di visione sono ad
esempio rappresentate dal naso, dalle ciglia e dal bulbo oculare, ma anche gli arti,
bordi occludenti delle estremità del corpo hanno un’importanza tale da influire
sulla percezione dell’ambiente. Essi sono altresì considerati alla stregua di “semi-
percettore. Questo disegno non è che una nuova versione di ciò che Mach,
43
Ivi, pp. 186 -187.
44
Ivi, p. 188.
45
Ibidem.
46
Ibidem.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 16
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Ciò che viene aggiunto da Gibson alla raffigurazione di Mach, è che il
(fig.7, J. Gibson, campi di visione ottenuti girando la testa a destra. Si noti come il naso e le gambe sono sempre all’interno
del campo)
fase di locomozione:
Limitarsi a dire che il campo di visione si «muove» sul mondo mentre la testa si muove è inesatto
e insufficiente; quando la testa si muove, è il mondo che si nasconde e che si rivela, in modi che
specificano esattamente come la testa si muove. (…) la tessitura ottica che subisce una
bulbo oculare è un campione dell’assetto ottico ambiente, e la testa opera continuamente tale
successivo. Ancor di più: esso è un segmento che cambia, con elementi che vengono
47
Ivi, p. 194 – 195.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 17
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
l’esterocezione, divenendo sia un particolare aspetto del campo di visione sia un
alla sola visione. Ma è proprio sottolineando questo legame che Gibson riformula
come l’insieme di quelle facoltà che possono essere nettamente scisse e distinte in
udire, sentire, vedere e così via. Questa separazione non ha ragion d’essere nella
Un individuo non solo si vede, ma ode i propri passi e la propria voce, tocca il pavimento e i suoi
oggetti, e quando tocca la propria pelle sente contemporaneamente sia la sua mano che la sua
pelle. Egli sente la testa che gira, i muscoli che si flettono, le articolazioni che si piegano. Ha i
propri dolori, la pressione dei vestiti che indossa, la vista dei propri occhiali: vive di fatto nella
propria pelle.49
uditiva o visiva che sia) perché “le informazioni sul sé sono multiple, di più tipi”
(testa, arti, braccia ecc.) sono legate con quelle del mondo circostante. Con uno
48
Cfr. p. 189.
49
Ivi, p. 190.
50
Ibidem.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 18
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
slogan che rende bene l’idea: “Quando un uomo vede il mondo, nello stesso
agli occhi” e registrare quello che ci circonda. Per mezzo dei bordi occludenti,
mondo, cioè, unitario e stabile, in cui ognuno agisce e interagisce con esso. Da qui
prende avvio il concetto di affordances, il quale non può essere compreso se non
51
Ivi, p. 191.
52
Farneti, Grossi (1995), p. 14.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 19
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
Le affordances sono spesso tradotte come “caratteri d’invito”53 offerte
ciò che proviene da esso (oggetti o superfici che siano), selezionando solo
determinate proprietà che sono state definite nel corso dell’evoluzione. Ogni
un qualsiasi oggetto ha delle affordances favorevoli per alcune specie, per altre
Dal nostro punto di vista, è interessante notare come per ogni affordances
coinvolta nell’atto, agendo senza alcuna mediazione con l’ambiente. Per spiegare
qualcosa che può essere spostata, toccata, afferrata, raccolta, tagliata e mangiata, o
semplicemente gettata. Una mela può essere scelta come soggetto di una natura
Queste sono solo alcune delle possibilità che vengono offerte da un singolo
possibili che intercorrono con altri oggetti e altre possibilità di azione che può
53
Gibson cita Koffka nell’esporre l’origine del concetto affordance, facendolo però risalire a Kurt
Lewin che coniò il termine Aufforderungscharakter.
54
Gibson (1986), trad. it. (1999), p. 214: “Gli oggetti possono essere fabbricati (manufactured) e
possono essere manipolati (manipulated). Alcuni sono trasportabili per il fatto di costituire
affordances di sollevamento e di trasporto, altri no. Alcuni sono afferrabili, altri no”.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 20
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
avere una mela per altre specie (le affordances sopra descritte cambiano
esposto alla percezione del percettore. Che relazione fisica può palesarsi fra una
mela e le sue affordances? Essa ha una certa forma, delle proprietà chimiche e
punto B. Fermandosi alle proprietà fisiche, non si potrebbe spiegare nessuna delle
terziarie. Per quanto concerne la loro spiegazione ci avvarremo del già citato
Bozzi, non solo per la sua innata capacità espositiva, ma anche perché è un tema
55
Per queste considerazioni si rimanda a Farneti, Grossi (1995), pp. 74 – 81.
56
Ivi, p. 14.
57
Cfr. Bozzi (1998b), cap. 3.
58
Bozzi (1998b) a p. 93 nota che gli attributi delle qualità primarie “(…) non sono meno
empiricamente dati di quanto lo siano il colore, il sapore e l’odore”. In questo modo sappiamo che
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 21
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
astrazioni” 59. Ma questa critica non è fine a se stessa, anche perché riconducibile
all’interno del filone empirista (non a caso Bozzi cita Berkeley). L’elemento
innovativo risiede nel fatto che anche le proprietà terziarie sono costitutive
dell’oggetto:
Se le qualità secondarie appaiono come tali per essere meno ancorate all’oggetto esterno di quanto
osservare, le qualità terziarie sembrano affondare le loro radici nelle più interne casse di risonanza
del soggetto senziente, sebbene appaiano topograficamente collocate anch’esse nelle cose esterne.
Una volta lo psicologo praghese Max Wertheimer (ma non so né dove né quando) ha detto (o
scritto): ‘Il nero è lugubre prima ancora di essere nero’. Le qualità terziarie sono prepotentemente
presenti nei pezzi di mondo con cui abbiamo a che fare (…) Se il nero è lugubre, il rosso è vivace.
agghiacciante e teso. (…) tali ingredienti emergono dai fatti con evidenza immediata non appena i
fatti siano tolti dal limbo delle invocazioni realizzate a parole per prender corpo in carne ed ossa
“(…) quella prima classe di proprietà degli oggetti è indistricabile dalla seconda: è inimmaginabile
la triangolarità di un oggetto completamente spogliata dagli altri attributi o tattili o visivi, né è
immaginabile la sua posizione nello spazio senza che ci siano grappoli di qualità secondarie capaci
di farcelo distinguere in qualche modo dall’ambiente circostante”.
59
Ibidem.
60
Ivi, p. 100.
Francesco Ciriolo (2008), In prossimità del sé. Campo di visione ed ottica ecologica, 22
http://www.cinefilab.it/download/elenco_pdf.htm
BIBLIOGRAFIA
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