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CATECHESI PASQUALE 2020

Iniziamo il nostro percorso da una fonte alla quale vogliamo dissetarci in questo
tempo pasquale. Quattro fiumi, come dice il libro della genesi, che scaturiscono dal
Paradiso terrestre.
C’è però una novità, questa fonte, o questi fiumi, scaturiscono ora dalla croce, meglio
ancora dal costato di Cristo.
Sentiamo quanto afferma Sant’Agostino:

Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo, poi


all’altro che era crocifisso insieme con lui. Giunti a Gesù, vedendolo
già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il
costato con la lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua (Jn 19,32-34).
L’evangelista ha usato un verbo significativo. Non ha detto: colpì, ferì
il suo costato, o qualcosa di simile. Ha detto: aprì, per indicare che nel
costato di Cristo fu come aperta la porta della vita, donde fluirono i
sacramenti della Chiesa, senza dei quali non si entra a quella vita che è
la vera vita. O morte, per cui i morti riprendono vita! Che cosa c’è di
più puro di questo sangue? Che cosa c’è di più salutare di questa
ferita?

Sappiamo bene che dove c’è acqua, c’è vita, specie animali e vegetali.

Contemplare e parlare del mistero della pasqua non è facile, non è possibile, ….
dovremo usare delle immagini, dei simboli per capirci. Questa sera non faremo altro
che questo: useremo delle immagini, animali in particolare, che i padri della chiesa
usarono in modo simbolico per esprimere la morte e risurrezione del Signore. Ecco
allora che scorgiamo subito dei cervi che si dissetano all’acqua:

IL CERVO
è il primo animale che ci servirà questa sera. «Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
cosi l’anima mia anela a te o Dio, l’anima mia ha sete di Dio»…la prima fonte di
ispirazione circa la simbologia di questo animale è questo salmo. Il cervo è simbolo
dell’anima cercatrice di Dio, che si disseta alla fonte della vita di Dio.
La vita divina, tutti i doni scaturiti dalla Pasqua del Signore, sono come una fonte
d’acqua alla quale ci si disseta.
La sapienza antica ci ha tramandato un immagine positiva dei cervi, come di animali
miti e di animali che lottano contro il male;
Ascoltiamo innanzitutto quanto affermava la sapienza antica. Plinio il Vecchio,
scrittore romano vissuto qualche decennio dopo di Gesù. Egli scrive una grande
opere…

«I cervi lottano contro i serpenti: ne cercano le tane e con il


soffio delle narici li fanno uscire, nonostante la loro resistenza,
per poi ucciderli con le loro zampe.» (Plinio il vecchio, Naturalis
historia, 50.118)

I cristiani assunsero subito questa credenza come immagine per rappresentare Cristo
stesso, che combatte e annienta il male, il demonio, rappresentato nel serpente.

«Il cervo è nemico e avversario dei serpenti: con il soffio delle


sue narici li fa uscire dalle tane e, vinta la forza mortifera del
veleno, se ne pasce con diletto. Il Signore è il cervo. Egli stesso
uccide i serpenti, strangola le potenze nemiche» (Origene,
omelie sulla Genesi)

LA FENICE

Dopo questa premessa ci addentriamo subito nella grande contemplazione


di questo mistero, e lo faremo usando delle immagini…
Iniziamo subito da un animale…il più importante, il più decantato, il più
splendente…ma che in realtà non esiste: LA FENICE
intanto…chi è la fenice? si trattava di un uccello mitologico di grandi
dimensioni dalle penne dorate e rossastre. Questo volatile risiedeva, in
Arabia, dunque in oriente, la dove sorge e ha la sua dimora il sole. Ma
questo volatile ha una caratteristica tutta particolare. Il suo motto è Post
fata resurgo ("dopo la morte torno ad alzarmi"). L’insegnamento circa
questo animale verrà ripreso anche in ambito cristiano da vari autori:
Ascoltiamo quanto afferma lo pseudo-Lattanzio:

«Nell’estremo oriente, c’è un luogo beato e solitario, la dove il sole dà


vita al giorno. Quivi si trova il bosco del sole, in mezzo al bosco c’è una
fonte, che chiamiamo viva e limpida. La fenice, uccello unico e raro
abita questo bosco. Esemplare unico che vive rinascendo dalla sua
morte.
Succede che, quando percepisce sopraggiungere la sua morte,
abbandona quei luoghi santi e si dirige verso questa parte del mondo
dove regna la morte». Si costruisce un nido, che fungerà anche da
tomba. Raccoglie piante odorose e ricchi profumi e li colloca nel nido.
Allora affida la sua anima al calore delle fiamme. La sua morte infatti
produce fiamme di fuoco che dissolvono il suo corpo in cenere. Dalle
ceneri nasce un piccolo verme che prende poi forma di un uovo.
schiusosi l’uovo rinasce la fenice che prende subito la via del cielo per
il ritorno nei suoi luoghi orientali. Solo a lei Dio ha concesso di
raggiungere la vita eterna con il bene della morte.»

per fare una sintesi:


- dall’oriente si dirige in occidente per morire
- alcuni testi affermano che la Fenice brama di morire
- dalla sua morte, risorge
- è chiaro: la Fenice è simbolo di risurrezione: la morte non ha l’ultima
parola. Questo mito esprime quello che l’uomo percepisce: è fatto
per l’eternità, ed esprime bene anche il mistero della morte e
risurrezione di Cristo.

IL PAVONE
Altro animale altamente simbolico è il pavone. Fin dall’antichità si
accorsero che questo animale custodiva una virtù nascosta, quella delle sue
magnifiche penne colorate, che mostra solo in determinati momenti.
Dunque è segno di interiorità, di riservatezza. In senso negativo, in alcuni
casi esprimerà anche la vanagloria.
Ora, questo animale lo incontriamo raffigurato spesso nell’arte cristiana
antica, nelle catacombe, nelle chiese paleocristiane e romaniche.
Del pavone l’antichità classica ci afferma tre cose:
- ogni inverno perde le sue magnifiche piume per poi ritrovarle in
primavera (Plinio, Storia Naturale);
- secondo un’antica credenza la sua carne non va in decomposizione.
Sentiamo quanto afferma sant’Agostino:
Soltanto Dio ha concesso alla carne del pavone morto di non
imputridire. Sembra una cosa incredibile a udirsi quel che ci capitò a
Cartagine. Ci fu imbandito questo uccello arrosto. Demmo ordine che
fosse conservato, quanto sembrò opportuno, uno stacco di magro dal
petto. Consegnato e portato a tavola dopo un periodo di giorni tale che
qualsiasi altra carne arrosto sarebbe imputridita, quella non offese
affatto il nostro odorato. Messo da parte, dopo più di trenta giorni fu
trovato qual era e così dopo un anno, salvo che era di mole più secca e
ridotta (La Città di Dio)
In tal senso esprime quindi Cristo stesso, la cui carne non ha subito la
corruzione.
C’è però anche una raffigurazione particolare del pavone, che ricorre
molto spesso. Qui lo vediamo raffigurato in un bellissimo pluteo
longobardo.
I pavoni, solitamente in coppia, si dissetano ad una fonte. In questo caso il
pavone è il cristiano. Si disseta all’acqua del battesimo, ma spesso si
disseta ad un calice, ossia all’eucarestia.

IL LEONE
Arriviamo ora a parlare del Leone, un animale che ci colpisce prima di
tutto per la sua forza e la sua nobiltà. Un animale che suscita timore.
Secondo Plinio il Vecchio questo animale sarebbe però capace di
risparmiare dallo sbranamento quell’uomo che lo implorasse. Fu associato
fin dall’antichità alle divinità mesopotamiche. Lo incontriamo in Assiria,
in Persia, con una ricchissima simbologia.
Ma eccolo anche nella Bibbia. Il leone viene annunciato nel libro della
Genesi come animale simbolico per rappresentare una delle 12 tribù.,
quella di Giuda.

8 Giuda, te loderanno i tuoi fratelli;


la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici;
davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre.
9 Un giovane leone è Giuda:
dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone
e come una leonessa; chi oserà farlo alzare?
10 Non sarà tolto lo scettro da Giuda
né il bastone del comando tra i suoi piedi,
finché verrà colui al quale esso appartiene
e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. (Gn 49)

Appare chiara la profezia messianica. Da questa tribù verrà il Messia.


Da qui proverrà lo stretto riferimento a Cristo, unito a quanto si afferma
nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse.

“Ecco, ha vinto il leone della tribù di Giuda,


il discendente di Davide; egli dunque aprirà il libro e i
suoi sette sigilli” (Ap 5:5,6).

Cristo quindi è il Messia, il leone forte e vittorioso. C’è però un altro


elemento che renderà questo animale riferito a Cristo. Secondo una
leggenda antica, il Leone dormirebbe ad occhi aperti. Ciò ha reso il leone
un emblema della vigilanza nella notte. I suo motto divenne “in somno
vigilo”
Sentiamo due testimonianze di come i cristiani interpreteranno questa
caratteristica:
La prima ci proviene da Origene, un sacerdote e scrittore di Alessandria
d’Egitto del III sec.

Lo sposo è andato a riposare. Ha riposato infatti come


un leone e ha dormito come un leoncello, per poi sentirsi
dire: “chi lo risveglierà?”. Come un leone , egli è stato
vigile, attendendo il suo risveglio. Infatti, allorché egli
giacendo avrà dormito come un leone e allorché il Padre
lo avrà risvegliato ed egli sarà risorto dai morti, coloro
che si saranno conformati alla sua resurrezione
riceveranno da lui le realtà autentiche, quelle dove
Cristo siede alla destra del Padre.
Origene, Commento al Cantico
La seconda testimonianza, da un autore ignoto, anch’esso di Alessandria, fra II e III
sec. Egli elabora un’opera chiamata “Fisiologo” nel quale individua il significato
simbolico di animali e pietre, compiendo molti riferimenti con l Sacre Scritture:

Quando il leone dorme nella sua tana i suoi occhi vegliano: infatti
rimangono aperti. Lo testimonia anche il Cantico dei Cantici, dicendo:
“io dormo ma il mio cuore veglia”. Così anche il corpo del Signore mio
dorme sulla croce, ma la sua natura divina veglia alla destra del
Padre.(Fisiologo)

Ecco allora il motivo del motto “In somno vigilo”. Cristo, nonostante la sua morte,
nonostante il suo corpo inerme nel sepolcro, ha vegliato con la sua divinità in attesa
della risurrezione, e come un leone a vinto con potenza sulla morte, ha sbranato la
morte.
Il leone compare da per tutto nelle chiese antiche…

L’AGNELLO
La simbologia dell’agnello affonda le sue radici in modo inequivocabile nella sacra
scrittura. Nel libro dell’Esodo il popolo riceve il compito di immolare un agnello
nella pasqua di liberazione dalla schiavitù dell’Egitto.

«Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un


agnello per casa. Preso un pò del suo sangue, lo porranno sui due
stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. Lo
mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo
mangerete in fretta. E' la pasqua del Signore! 12 In quella notte io
passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese
d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell'Egitto. Io
sono il Signore! 13 Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete
dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre.»
L’Agnello, animale mitissimo, viene immolato. Dio, quando vede il sangue negli
stipiti delle case degli israeliti passa oltre, significa che quel sangue giustifica e salva.
Ma noi sappiamo che quell’agnello sarà solo un immagine antica per anticipare ben
altro sacrificio, quello del Figlio di Dio. Così lo preannuncia Isaia: «ero come un
agnello condotto al macello» (Is 53)
Agli albori del Vangelo appare Giovanni Battista, sulle rive del giordano, che indica
Gesù dicendo, «Ecco l’agnello di Dio». è Chiaro, Cristo sarà colui che si sacrificherà
per la salvezza delle moltitudini.

MELITONE DI SARDI (II sec. Asia minore)


Utile era infatti una volta l'immolazione della pecora, ma ora è inutile
a causa della vita del Signore; preziosa la morte della pecora, ma ora
senza valore a causa della salvezza del Signore; prezioso il sangue
della pecora, ma ora senza valore a causa dello Spirito del Signore;
prezioso l'agnello muto, ma ora senza valore a causa _ del Figlio
irreprensibile; prezioso il tempio terrestre, ma ora senza valore a
causa del Cristo celeste; Egli, infatti, condotto come agnello e
immolato come pecora, ci ha riscattati dal vassallaggio del mondo
come dalla terra d'Egitto;
Questi è l'agnello senza voce". Questi è l'agnello trucidato '.
Questi è colui che fu partorito da Maria, la buona agnella ". Questi è
colui che dal gregge fu prelevato, e al macello trascinato':, e di sera fu
immolato e di notte seppellito; colui che sul legno non fu spezzato, che
in terra non andò dissolto, che dai morti è risuscitato e ha risollevato
l'uomo dal profondo della tomba.

Apocalisse:
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima
infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2 E vidi anche la città
santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come
una sposa adorna per il suo sposo. 
5 E Colui che sedeva sul trono disse:
"Ecco, sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omèga,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell'acqua della vita.
7 Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.

9 Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli
ultimi sette flagelli, e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa,
la sposa dell'Agnello". 10 L'angelo mi trasportò in spirito su di un
monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che
scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11 Il suo
splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di
diaspro cristallino. 
22 In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello
sono il suo tempio.
23 
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.

Concludiamo con questo mosaico di San Vitale, a Ravenna

Concludiamo ora con un bellissimo inno di san Venanzio Fortunato, vescovo e


scrittore del V sec.

Poiché avevi constatato che il genere umano era precipitato nel profondo,
ti sei addirittura fatto uomo per salvare l’uomo. Infatti non hai soltanto
voluto nascere dotato di un corpo, ma sei diventato carne che sopportò
nascita e morte. Subisci i riti del funerale tu che sei l’autore della vita e
del mondo. Le tenebre si dissolsero, messe in fuga dal bagliore di Cristo e
caddero gli spessi mantelli dell’oscura notte. O benefico Signore, mantieni
ora la promessa fatta, ti supplico, è giunto il terzo giorno, risorgi, o mio
sepolto! Ti prego togliti le bende, lascia il sudario nel sepolcro: tu sei
tutto per noi e senza di te nulla esiste! Restituisci il tuo volto, perché le
generazioni vedano la luce, restituisci la luce al giorno!
Ecco, la belva feroce in un rantolo vomita la folla inghiottita e l’Agnello
sottrae le pecorelle dalla bocca del lupo.

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