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Alessandro Conti
1.RESTAURO E CONSERVAZIONE
Si resta un po’ disarmati a veder tradurre con conservazione l'inglese conservation, che corrisponde al nostro
restauro. A conservazione corrisponde preservation. Scopo del restauro è fornire l'oggetto restaurato di qualità di
funzionalità, di estetica quanto più è possibile vicine all'originale. La conservazione dei materiali originali, la
reversibilità di quelli che si usano nelle operazioni di restauro sono criteri di orientamento. Un buon restauro
dell'Ottocento si poneva scopi diversi da un buon restauro degli anni cinquanta. Accanto ai restauri ben
programmati vi sono disgrazie ed incidenti, ma anche i risultati a cui portano una cultura non adeguata alle scelte
da compiere o la cattiva gestione.
6.ROBERT PICAULT
Una presa di coscienza della dignità culturale proprio nelle operazioni che permettono al restauratore di salvare i
capolavori del genio è quella che si ha in Francia in occasione dei trasporti della Carità di Andrea del Sarto e del
Grand Saint Michel di Raffaello eseguiti da Robert Picault. Il lavoro del restauratore, osserva Picault, garantirà ai
grandi maestri l'immortalità attraverso l'aspetto stesso delle loro opere. Il trasporto su nuovo supporto, la
rimozione delle ridipinture, tutte le altre operazioni, avvengono attraverso semplici procedimenti fisici o chimici. Il
trasporto della tavola di Andrea del Sarto segna il momento di maggior successo di Picault. E la Accademia Reale
auspica che con il medesimo procedimento si salvi il Grand Saint Michel di Raffaello. Il successo di Picault
incomincia a declinare e la qualità della sua professione diviene oggetto di dibattiti e polemiche.
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Fra le obiezioni ai lavori di Picault ricorre l'osservazione che è inutile conservare il vecchio supporto ed è meglio
distruggerlo senza ricorrere ad operazioni rischiose per il colore, come dovevano essere le sue. Nasce da questo
dibattito il restauro di Jean Louis Hacquin. Le opere di Picault danno l’impressione di essere legate ancora alle
tradizioni di galleria. Hacquin sembra più incline ad un restauro che tende alla conservazione dell'immagine in
quanto tale.
9.CHIMICA E RESTAURO
Con la seconda meta del secolo il restauro partecipa a quella translitterazione di linguaggio, di pensiero dovuta alla
definizione chimica dei materiali e del loro comportamento. Questo momento di passaggio che vede nascere tanti
trattati che illustrano come applicare la fisica e chimica alle varie arti. I restauratori più aggiornati cominciano ad
esprimersi in termini chimici, a cercare la collaborazione di sperimentatori scientifici.
Quello che differenzia il rapporto tra verifiche fisico chimiche e restauro nel XVIII-XIX secolo dalle sue applicazioni
attuali meno felici è il rimando costante di chi restaura alle nozioni di pratica pittorica e del comportamento dei
materiali.
Il restauratore pittore settecentesco verifica su principi scientifici fenomeni ai quali è abituato. Il cattivo
restauratore scienziato è invece un ricercatore che parte dalla conoscenza della struttura dei materiali e crede di
poter prescindere dal problema di presentarli nella maniera otticamente più appropriata. A queste nuove verifiche
si collega subito il consiglio di usare vernici non oleose per proteggere i quadri. La pratica del restauro attualmente
diffusa prevede la vernice come complemento, o male inevitabile per una buona conservazione. Nelle vernici non
oleose s'individua il mezzo migliore per restituire trasparenza ai dipinti prosciugati.
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diversa disponibilità verso ogni stile. Il pittore si pone solamente un modello da raggiungere, il restauratore deve
essere invece come i grandi attori che sanno rappresentare tanto l'ira di Achille che l'orgoglio di Agamennone.
Anche Pietro Edwards insiste su questa nuova posizione quando espone i vari punti che devono guidare il restauro
delle pubbliche pitture, ultima grande impresa commissionata dalla repubblica: non più nuovi dipinti ma
manutenzione del patrimonio di pitture che lo stato aveva raccolto.
12.PREVENZIONE E CONSERVAZIONE
La direzione del restauro delle pubbliche pitture viene affidata all'Edwards nel 1778. l'anno dopo inoltra un
resoconto generale del lavoro che aveva compiuto. Si ha così modo di mettere a fuoco le conoscenze scientifiche e
la visione che egli aveva delle possibilità e limiti del restauro.
Precisa che il deperimento dei quadri non è imputabile al tempo. Il tempo è solamente misura della durazione
nell'azione distruggitrice non meno che in quella con cui si preservano le cose. Le vere cause della rovina delle
pubbliche pitture e dipinti in generale possono essere esteriori, derivano dall'ambiente, dalle condizioni di
esposizione, da incidenti quotidiani, come infiltrazioni di umidità, il fumo dei camini, la disposizione su pareti
esposte troppo al sole o venti di tramontana, oppure l'allentamento delle tele, l'adesione della polvere, lo
sfregamento.
Ma il nemico peggiore delle pitture è l'olio stesso con cui furono legati i colori che porta all'annerimento, alla
perdita delle mezzetinte, gli fa perdere coesione.
Molte alterazioni si potrebbero impedire evitando il commercio dell'atmosfera col dipinto, come dimostrano le
parti che si trovano rimaste coperte dalle cornici.
Anche la cera non risponde a requisiti che ne garantiscono l’uso nel restauro delle pitture. Quindi non si aspettino
dal restauro miracoli. Però si ricorre lo stesso ad una serie di operazioni di restauro che rimediano spesso agli effetti
dell'inevitabile decadimento delle pitture. Il piano pratico si sofferma su tutti gli accorgimenti necessari perché in
Palazzo Ducale i dipinti subiscano meno danni possibile: dalla sorveglianza, le migliorie alle soffitte per evitare
infiltrazioni di acqua, al modo in cui prevenire affumicature, alla prescrizione di varie spolverature e puliture
superficiali. Sono operazioni che fanno comprendere l'importanza che l'Edwards attribuiva alla prevenzione dei
danni per la conservazione delle pitture.
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Dalle relazioni dell'Edwards emerge l'ammirazione per Giovanni Bellini. La norma nel restauro delle pubbliche
pitture è quella di non correggere mai i difetti dell'originale. L'Edwards osserva che correggendo l'immagine
avrebbe introdotto uno spirito di censura che facilmente degenererebbe in licenza pericolosa da parte del
restauratore, da evitare assolutamente. Nella pratica del restauro per privati non vigevano norme altrettanto
rispettose, le correzioni si sarebbero eseguite.
L'efficacia con cui l'Edwards contribuì a salvaguardare il patrimonio delle pitture di Venezia insinuano un giudizio
positivo anche sui lavori che aveva diretto.
17.RESTAURAZIONE PONTIFICIA
La risposta all'efficientismo del Musée Napoléon assume un carattere politico che vuol ribattere alla propaganda
che presentava la Francia come la salvatrice dei capolavori del genio dall'incuria clericale e molto significativo che
Carlo Fea rivendichi il ruolo direttivo dell'archeologo contro l'autore di un opuscolo ispirato dal Valadier. Le callose
mani di artigiani ed architetti non si mettano a scrivere di regole d’arte. Chi le conosce è solo l'archeologo.
L'involuzione può essere rappresentata dalle due diverse soluzioni adottate nel restauro del Colosseo da Raffaello
Stern per il lato verso il Laterano e dall'invecchiato Valadier nello sperone di mattoni verso il Foro.
Gli interventi diretti dal Camuccini mostrano una scelta molto attenta dei capolavori di ogni stile. Camuccini dirige
anche i restauri eseguiti dal laboratorio vaticano di mosaico. Si rimuovono le integrazioni a pittura, si restituisce ai
mosaici l'unita di materia e se ne ricostruisce l'iconografia. Alla supervisione dei restauri da parte di Vincenzo si
accompagna l'attività di restauro del fratello Pietro Camuccini. I restauri nelle chiese di Roma vengono affidati a
Giuseppe Candida e Pietro Palmaroli, figura di restauratore più nota di quest'ambiente.
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