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Paradiso Annalisa. Tucidide, Aristotele, la stasis a Sparta [Due modelli interpretativi]. In: Mètis. Anthropologie des mondes
grecs anciens, vol. 9-10, 1994. pp. 151-170;
doi : https://doi.org/10.3406/metis.1994.1019
https://www.persee.fr/doc/metis_1105-2201_1994_num_9_1_1019
Fra gli autori greci che si sono occupati délia stasis a Sparta -la stasis corne
conflitto, cospirazione, rivolta, attacco, secessione- solo Tucidide ed
Aristotele ne hanno interpretato il significato storico e sociale, in particolare
per quanto riguarda il conflitto arcaico, senza limitarsi a registrare il dato
evenemenziale apparentemente neutro. L'hanno integrata in una costru-
zione coerente del passato, erede di tradizioni propagandistiche lacedemoni
vôlte a sminuire il ruolo del conflitto, datandolo all'alba délia storia spartana
(Tucidide), oppure inquadrandolo in una teoria eziologica del fenomeno
neU'ambito délia polis (Aristotele), ma anche utilizzata, e ovviamente
manipolata, per un elogio implicito ο per una critica aperta, rivolta alla
politeia spartana.
Nell'Archeologia, Tucidide dissémina il testo di numerose allusioni alla
stasis arcaica. Sono allusioni costruite intorno alla polarità logica Atene
astasiastos/Spaita, afflitta dalla stasis. Cosi, nei §§ 2.3-4 del I libro, in cui
parla délia Tessaglia, délia Beozia e del Peloponneso ad eccezione
dell'Arcadia, istituisce un nesso causale tra la fertilità délia terra ed le
emigrazioni degli abitanti, giustificandolo con la dissoluzione degli equilibri
interni, provocata dall'aumento délie ricchezze che dégénéra nel conflitto,
quindi nella rovina (στάσεις... εξ ών έφθείροντο), e che espone
simultaneamente aile insidie degli stranieri: un movimento storico ciclico, di
accelerazione e di caduta, che lega le emigrazioni dei popoli all'assenza di
progresso (§ 2.2 δι' αυτό οΰτε μεγέθει πόλεων Ισχύον ούτε τη άλλη παρά-
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1. Molto prima, quindi, délia descrizione délia stasis a Corcira in III. 70-85; IV. 46-48.
Ancora la stasis, nell'Archeologia, ai §§ 12.2 e 2.3.2: cf. il dossier raccolto da M. A.
Barnard, Stasis in Thucydides: Narrative and Analysis of Factionalism in the Polis, Ph.D.,
The University of North Carolina at Chapel Hill, 1980, p. 34.
2. In I. 18.1, la stasis è datata all'epoca délia ktèsis dorica délia polis. Sull'uso analogico
délia parola polis - e, aggiungo, del concetto di stasis, adoperato in riferimento ad
un'epoca pre-civica - ai §§ 2.2-6 e 12.2, vedi L. Canfora in Tucidide, La guerra del
Peloponneso, 1.1, a cura di L. C, Milano, 1983, pp. 217-218.
3. Erodoto, 1.65.2.
4. Su Erodoto, 1.65-6 e tutti i problemi sollevati da questo passo, cf. P. Vannicelli,
Erodoto e la storia dell'alto e medio arcaismo (Sparta-Tessaglia-Cirene), Roma, 1993, pp.
45-48; 57sqq. Licurgo ο Veunomia corne arkhê: A. Paradiso, "Lycurgue Spartiate: analogie,
anachronisme et achronie dans la construction historiographique du passé", in c.d.s.
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ricostfuzione "logica", più che "evenemenziale" dei loro progressi dai tempi
più remoti - Tucidide adotta il modello interprétative» erodoteo e lo corregge,
in un certo senso lo "migliora", ancora una volta aU'interno di un excursus
in cui menziona Veunomia spartana5. Istituisce un nesso tra capacità di
intervenire negli affari délie altre città (il rovesciamento délia maggior parte
dei tiranni greci), potenza, eunomia e stabilité costituzionale (τη αύτη
πολιτεία) dei Lacedemoni, da sempre atyranneutoi - stabilité che data ormai a
poco più di quattrocento anni a partire dalla fine délia guerra dei
Peloponneso6. Una cronologia es emé, questa, che data Y eunomia ail' 821
oppure 804 circa, cioè al IX secolo7, mentre Erodoto la datava, grosso modo,
tra la fine dell'XI e la prima meta dei X secolo8 oppure, secondo altri calcoli,
aU'inizio dei IX secolo9. La stasis anteriore ail' eunomia risale, invece,
all'epoca dell'invasione dorica, datata 80 anni dopo la caduta di Troia10 (XII
secolo), e si prolunga fino all'introduzione dell' eunomia. In V.112, difatti,
Tucidide afferma che Melos esiste da 700 anni: deve essere stata fondata,
quindi, nel 1116 (700 + 416), appena preceduta dalla dorizzazione dei
Peloponneso11.
334-335; L. Canfora, "L'inizio délia storia secondo i Greci", Quaderni di Storia, 33, 1991,
pp. 5-19; Id., Tucidide e l'impem. Lapresa di Melo, Roma-Bari, 1992, p. 96, n. 68; W.
Burkert, "Lydia Between East and West or How to Date the Trojan War: A Study in
Herodotus", in The Ages ofHomer. A Tribute to Emily Townsend Vermeule, ed. by J.B.
Carter and S.P. Morris, Austin, 1995, pp. 142-143.
12. Ma nella percezione degli antichi, e di non pochi moderni, la stasis non è altro
che un rovesciamento dell'ordine: vedi N. Loraux, "Repolitiser la cité", L'Homme, 97-98,
1986, pp. 239-255, ora, in forma abbreviata e modificata, in N. Loraux, La cité divisée.
L 'oubli dans la mémoire d'Athènes, Paris, 1997, pp. 41-58; ead., "La guerre civile grecque
et la représentation anthropologique du monde à l'envers", Revue del'Hist. des Religions,
212, 1995, pp. 299-326.
13. Tucidide, I. 101.2-103.3 (III guerra messenica); 1.132.4 sqq. (trame di Pausania).
Alla cospirazione dei Partenî Tucidide sembra tuttavia riferirsi, ma in modo anacronistico,
al § 12.2 del I libro, dove ricorda le staseis che condussero ad esili, dopo il ritorno daTroia,
quindi alla colonizzazione di nuove città: si tratta in ogni caso di un contesto storico
différente, inquadrato in un altro orizzonte cronologico: vedi S. Hornblower, op. cit.
(supra, n. 9), pp. 37-38 e, per un punto di vista archeologico, V.R. d'A. Desborough, The
Last Mycenaeans and their Successors. An Archaeological Survey c. 1200-c.lOO B.C.,
Oxford, 1964, p. 250. Vepiboulê promossa dai Partenî, nonché Tirteo, sono ignorati anche
da Erodoto, nel logico sviluppo, pero, di un criterio di selezione diverso: cf. P. Vannicelli,
op. cit., pp. 50-5 1, 54-55. La III guerra messenica è ricordata in Erodoto, IX. 35.2 e 64.2.
14. Su questa dipendenza, cf. A.W. Gomme, A. Andrewes, K.J. Dover, A Historical
Commentary on Thucydides, IV, Oxford, 1970, pp. 198-210 (ma cf. già K.J. Dover, "La
colonizzazione délia Sicilia in Tucidide", Maia, 6, 1953, pp. 1-20). Vedi anche, di récente,
N. Luraghi, "Fonti e tradizioni x\e\V archaiologia siciliana (per una rilettura di Thuc. 6, 2-
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5)", in L. Braccesi (a cura di), Hesperia, 2. Studi sulla grecità di Occidente, Roma, 1991,
in particolare le pp. 57-62.
15. Antioco FrGrHist, 555 F 13 (= Strabone, III. 3.2). La citazione di Antioco è tratta
verosimilmente dal Περί 'Ιταλίας σύγγραμμα, che mostra, in esordio, stilemi che si
ritrovano in Tucidide, e non soltanto nel proemio: la dichiarazione di paternità dell'opera,
oltre all'argomento (FrGrHist, 555 F 2: Άντίοχος Ξενοφάνεος τάόε συνέγραψε περί
'Ιταλίας, cf. Tucidide, 1. 1.1 Θουκυδίδης 'Αθηναίος ξυνέγραψε τόν πόλεμον e, in IV. 104.4, δς
τάδε ξυνέγραψεν), seguiti dalla descrizione del primo popolamento dell'Italia (FrGrHist,
55 F 2: τήν γήν ταΰτην, ήτις νϋν Ίταλίη καλείται τό παλαιόν είχον Οΐνωτροι: cf.
Tucidide, 1.2.1 φαίνεται γαρ ή νϋν Ελλάς καλούμενη ου πάλαι βεβαίως οίκουμένη, a
proposito del primo popolamento della Grecia): si veda L. Canfora, Antologia della
letteratura greca, vol. 2, Roma-Bari, 1987, p. 449. Sui Partenî, cf. S. Pembroke, "Locres
et Tarente. Le rôle des femmes dans la fondation de deux colonies grecques", Annales ESC
25, 1970, pp. 1240-1270; M. Corsano, "Sparte et Tarente: le mythe de fondation d'une
colonie", Revue de l'Hist. des Religions, 196.2, 1979, pp. 113-140; D. Musti, "Sul ruolo
storico della servitù ilotica. Servitù e fondazioni coloniali", in D.M., Strabone e la Magna
Grecia. Città e popoli dell 'Italia antica, Padova, 1988, pp. 15 1-172; M. Nafissi, La nascita
del kosmos. Studi sulla storia e la società di Sparta, Napoli, 1991, pp. 38-51; I. Malkin,
Myth and territory in the Spartan Mediterranean, Cambridge, 1994, pp. 1 15-142.
16. Aristotele, Politica, V, 1306 b 36-1307 a 2; Pausania, IV. 18.2-3 dà la versione
filomessenica. La parenesi di Tirteo ai giovani ha fatto pensare a questi ultimi corne attori
del conflitto (fr. 7 Gentili-Prato): vedi L. Canfora, Storia della letteratura greca, Roma-
Bari, 1989\ p. 68. Tucidide -Tirteo: sulla diffusione del testo di Tirteo in Attica già alla fine
del VII secolo, corne attesta Solone, cf. C. Prato, Tirteo. Introduzione, testo critico,
testimonianze e commento, Roma, 1968, pp. 66-67.
17. Erodoto, V. 42, 75; VI.61 sqq., 74. A. Lintott, Violence, Civil Strife and Révolution
in the Classical City, Baltimore, 1982, p. 68.
18. Cf. E. Taubler, Die Archaeologie des Thukydides, Leipzig, 1927, pp. 83 sq.
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22. Eforo, FrGrHist, 70 F 1 18. Sono 500 anni a partire dall' 870 - probabile datazione
di Eforo per Licurgo (cf. G.L. Barber, The Historian Ephorus, Cambridge, 1935, p. 172)
-fino al 371.
23. Eforo, FrGrHist, 70 F 1 17. Eforo stabilisce la successione Aristodemo-Procle-Soo-
Euriponte-Pritanide-Eunomo, che ebbe due figli, Polidette e Licurgo: FrGrHist, 70 F 149,
18 e 19; FF 173 e 175.
24. Polibio, VI. 48.2-3.
25. Plutarco, Licurgo II.5 (e 1.8 per lagenealogia Soo-Euriponte-Pritanide-Eunomo-
Licurgo); XXIX. 10.
26. Lisia, XXXIII. 7 dove i Lacedemoni figurano anche corne απόρθητοι, ατείχιστοι,
αήττητοι.
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27. Ma la concordia lacedemone puô anche essere elogiata senza allusione alcuna alla
stasis, oppure in opposizione alla discordia di altre poleis, e soprattutto di Atene: cf.
Senofonte, Memorabili, III.5.14-16.
28. Senofonte, Costituzione degli Spartani, 14 e 15. Più in dettaglio, rinvio a Lycurgue
Spartiate: analogie, anachronisme et achronie dans la construction historiographique du
passé, in c.d.s.
29. La stasis aile origini délie più antiche colonizzazioni, dopo il ritorno da Troia: cf.
Tucidide, 1.12.1. Si vedano, a Sparta, la storia dei Partent e délia fondazione di Taranto
(Strabone, III. 3.2-3), i tentativi di colonizzazione di Dorieo, partito da Sparta perché in
conflitto con Cleomene a proposito délia successione al trono (Erodoto, V. 42-48) e la
colonizzazione di Tera, da parte dell'eponimo Tera, lo zio di Euristene e di Procle, e dei
Minî, ormai in contrasto con i Lacedemonii che nel passato li avevano accolti (Erodoto,
IV. 145.2-148).
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zione30- è anche una riflessione di epoca classica sull Origine dell'ilotia e dei
requisiti civici, in particolare sullo statuto dei tresantes e degli Iloti, in cui
tutti i fatti ricordati paiono discendere, trovare una spiegazione storica nella
stasis e negli eventi che ne determinarono lo scoppio31. Lo stesso varrà per
altri racconti che attribuiscono anche l'origine dei Perieci, cosi corne quella
degli Iloti, alla differenziazione interna, originata dal conflitto32. Gli autori
che sostengono invece la teoria délia conquista, délia conquista dorica che si
trasforma in conquista ilotica -in primo luogo Ellanico, ma anche
Teopompo- trasformano le popolazioni finalmente sottomesse in
"straniere", la cui rivolta ha tutt'altro significato, quello di una vera e propria
guerra33. Le due tradizioni délia conquista e délia degradazione interna si
conciliano infine nel racconto di Eforo: i suoi Iloti in rivolta sono "stranieri",
Achei scacciati e accolti in seguito, dopo l'invasione dorica, quindi diventati
cittadini e infine degradati. Questa popolazione -di Helos- compie
un' apostasis e, dopo la sconfitta, viene degradata alla condizione servile34.
Α1Γ epoca in cui la definizione délia cittadinanza è ormai rigida e solo un
30. Dove "messa in scena" è riferito unicamente aile qualità dell'organizzazione del
racconto, non esprime dubbi speciali sulla verità, ο sulla verosimiglianza storica,
dell'episodio, almeno nelle scansioni principali.
31. Sullo statuto degli Iloti di Antioco (si tratta di cittadini, anche se retrogradati),
dovuto alla volontà di "migliorare" socialmente la condizione dei fondatori di Taranto,
vedi le osservazioni di D. Musti, op. cit., p. 165. Anche la versione, un po'differente, che
dell' epiboulê dei Partenî e délia fondazione di Tarento dava Eforo (FrGrHist, 70 F 216 =
Strabone, III. 3. 3) - per il quale i ribelli erano i figli illegittimi di cittadini (nati da un pêle-
mêle e quinidi al di fuori del matrimonio), promotori di una cospirazione perché giudicati
atimoi - è una riflessione su numerosi avvenimenti e strutture sociali, tra cui, oltre alla
fondazione di Taranto, il matrimonio legittimo corne requisito civico, ma in età classica.
le fonti di epoca classica attribuiscono una struttura meno rigida al matrimonio di epoca
arcaica: gli Epeunatti che rimpiazzarono, sulle stibades, gli Spartani caduti durante la II
(?) guerra messenica e che ricevettero la cittadinanza secondo Teopompo (FrGrHist, 1 15
F 171), verosimilmente si unirono in matrimonio con le vedove dei padroni (cosi Giustino,
III. 5. 6; Esichio s.v. έπεύνακτοι): A. Paradiso, Forme di dipendenza nel mondo greco.
Ricerche sul VI libro di Ateneo, Bari, 1991, pp. 31-36.
32. Origine dei Perieci per differenziazione interna: Isocrate, Panetenaico 177 sqq. Lo
schéma stasis - differenziazione interna - creazione dello status servile a Sparta è attivo
anche in Platone, Repubblica, VIII.547 bc (con le critiche di Aristotele, Politica, II, 1264
a 25 sqq.): vedi Platone, Leggi, III. 683 a sqq. Cf. P. Vidal-Naquet, // cacciatore nero.
Forme di pensiero e forme di articolazione sociale nel mondo greco antico, tr. it., Roma,
1988, pp. 169 sqq.; J. Ducat, Les Hilotes, Athènes-Paris, 1990, pp. 65 sqq.
33. Ellanico, FrGrHist, 4 F 188; Teopompo, FrGrHist, 115 FF 122 e 13.
34. Eforo FrGrHist 70 F 1 17. Cf., con varianti, Pausania, III.20.6; Plutarco, Licurgo,
II. 1. Cf. P. Vidal-Naquet, op. cit., pp. 179-180.
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38. Aristotele mette in relazione di causa a effetto l'impoverimento degli Spartani con
la richiesta di une redistribuzione délie terre sulle tracce di Tucidide, 1.2.4, che aveva già
tracciato un nesso tra stasis e disuguaglianza di ricchezze, anche se tra diverse comunità.
Sul possesso del kleros come condizione délia politeia, vedi Aristotele, Politica, II, 1271
a 35-37.
39. Aristotele, Politica, V, 1306 b 22-1307 a 5.
40. Senofonte, Elleniche, II.4.29; Plutarco, Lisandro, XXIII.
4L Senofonte, Elleniche, III.3.1 1 e 5.
42. Erodoto, VI.52.8. In Politica, II, 1271 a 26, perb, Aristotele osserva che per gli
Spartani la salvezza délia polis consiste nella rivalità dei re (τό στασιάζει τους βασιλέας).
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43. In V. 34.2, Tucidide sostiene che gli Spartiati comminarono Yatimia ai 120 cittadini
arresisi a Sfacteria, che erano in carica e che, sapendo di dover essere degradati, avrebbero
potuto ribellarsi: όείσαντες μή τι... νεωτερίσωσι. L'atimia, perô, non fu infhtta loro
immediatamente, bensi tre anni dopo, come se la sua applicazione fosse dipesa dalla lotta
politica, più che dalla volontà, imposta per legge, di punire un'azione vergognosa. Cib
riduce a proporzioni più modeste, senza negarla completamente, la minaccia del conflitto,
peraltro ancora ipotetico. In un certo senso, la diserzione dei 120 cittadini fu il pretesto
sfruttato per giustificare un regolamento di conti tra fazioni rivali, l'emarginazione di
alcuni avversari politici (cosi P. Parent, "L'atimie à Sparte", Acts of the III International
Congress of Peloponnesian Studies. Kalamata, 8-15 September 1985. Peloponnesiaka,
Suppl. 13, vol.2 Antiquity and Byzantion, Athens, 1987-1988, pp. 273-282, soprattutto le
pp. 279-280).
44. Temendo la rivolta da parte dei disertori (φοβούμενοι νεωτερισμόν άπ' αυτών),
Agesilao, che non voleva colpirli con Vatimia, ricorse allô stratagemma di "lasciar
dormire", cioè sospendere le leggi fino all'indomani (Plutarco, Agesilao, XXX.2-6). Stessa
situatione, nel 331, a Megalopolis, quando gli Spartani, secondo Eforo, rinunciarono a
colpire con Vatimia i tresantes (Diodoro, XIX. 70.5). Il neoterismos dei tresantes di
Sfacteria, Leuttra etc. è chiaro: essi sono cittadini che le leggi impongono di punire. Una
volta degradati, e dunque privati di alcuni diritti ed anche délia timê dovuta ai cittadini
(Senofonte, Costituzione degli Spartani, 9), aspireranno necessariamente a recuperare i
diritti persi. Sui tresantes spartani, cf. V. Ehrenberg in RE s.v. τρέσαντες, Zweite Reihe
VI, 1937, coll.2292-2297; N. Loraux, II femminile e l'uomo greco, tr. it., Roma-Bari 1991,
pp. 53-67.
45. Cf. Senofonte, Elleniche, VII.2.2; Plutarco, Agesilao, 11.24, XXXII.3-6; Cornelio
Nepote, Agesilao, VI.2-3; Polieno, II. 1.14. E. David, "Revolutionary Agitation in Sparta
after Leuctra", Athenaeum, 58, 1980, pp. 299-308; CD. Hamilton, "Social Tensions in
Classical Sparta", Ktèma, 12, 1987, pp. 31-41; M.A. Flower, "Revolutionary Agitation and
Social Change in Classical Sparta", in M.A. Flower-M. Toher, Georgica. Greek Studies in
HonourofG. Cawkwell, Bull. Inst. Cl. Studies, 58, London, 1991, pp. 78-97.
46. Per Tucidide, I. 101.2-3 la rivolta del 464 fu una secessione (απέστησαν) attuata
da Iloti di origine messenica, alleati con due comunità perieciche; la risposta spartana, la
contro-misura è descritta invece come una guerra (πόλεμος: cf. J. Ducat, op. cit., pp. 137-
138. Per la guerra opposta ail' apostasis, vedi anche il F 117 (Jacoby) di Eforo). Pausania,
IV. 24.5 attribuisce l'iniziativa, tout court, a "tutti gli Iloti di origine messenica", cioè a
tutti i Messeni. Sulla scia di altre tradizioni propagandistiche spartane, Diodoro, XI. 64
(Eforo) e Plutarco, Cimone, 16-17 accentuano il ruolo degli Iloti di Laconia: la secessione
è allora preceduta da un attacco a Sparta da parte degli Iloti essenzialmente del territorio.
L'accento è spostato sul rischio corso da Sparta e sul valore del re Archidamo che, invece
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di farsi sorprendere dagli attaccanti ribelli, li obbligô, con le truppe schierate, a ritirarsi ad
Itome. Naturalmente, in Diodoro ed in Plutarco cambiano, oltre aile stratégie, anche gli
obiettivi délia rivolta: non c'è più traccia di una lotta di liberazione nazionale, corne
poteva essere per i Messeni di Tucidide. Resta la violenza allô stato puro: gli Iloti vogliono
soltanto "impadronirsi" (άναρπασόμενοι) degli Spartani attaccati. La tensione tra Iloti e
Spartani - indubitabile anche se non costante - gênera une sola rivolta: "prima - è Eforo
in Diodoro, XI. 63 a sostenerlo - gli Iloti erano rimasti tranquilli": dopo, lo resteranno
finoal371.
47. Ancora nel 424, dopo l'installazione dell' epiteichismos di Pilo, Tucidide, IV. 41.3
présenta gli Spartani corne timorosi del neoterismos servile. Lo temono anche nel 423,
dopo l'installazione di Citera (Tucidide, V. 14.3; cf. anche IV. 55.1): sono, tutti, richiami
délia rivolta del 464 (J. Ducat, op. cit., p. 135). Ma che cos'è il neoterismos, questa
"innovazione"? Il rovesciamento, se non délie istituzioni, almeno dei rapporti di
produzione? Questa parola non sembra fare allusione ad un piano, ad uno schéma
rivoluzionario preciso. Piuttosto ad una certa tensione sociale ed alla diserzione verso
gli epiteichismoi corne aspirazione a sottrarsi individualmente al "sistema" - dei
movimenti assolutamente normali in tempo di guerra, in particolare nella situazione di
estremo pericolo provocata dall'episodio di Pilo-Sfacteria. Ma - e la cosa mi pare molto
più significativa, perché tradisce, sia pure inconsapevolmente, l'interpretazione coerente,
offerta da Tucidide attraverso l'immagine di una tensione perpétua, ed esclusiva, tra
Spartani ed Iloti - la paura del neoterismos riappare in altre occasioni, nel 464 (provocata
dal contingente ateniese di Cimone, che gli Spartani sembrano temere più degli Iloti in
rivolta: Tucidide, 1.102) e nel 421, questa volta legata a catégorie lacedemoni libère, ad
ex-cittadini, quali i tresantes di Sfacteria.
48. La tensione tra Spartani ed Iloti è motivata dallo scarto numerico tra i due gruppi
(corne ha compreso Tucidide, IV. 80.2-3) e spiega le misure adottate dagli Spartani per
prevenire il neoterismos - misure a volte, ma non sempre, violente, perché la violenza del
potere non è sempre repressiva. Secondo Tucidide, IV. 80.2, nel 424 gli Spartani decisero
di inviare in Calcidica 700 Iloti, μή τι... νεωτερίσωσιν. Per la stessa ragione, qualche
tempo prima avevano messo alla prova gli Iloti, promettendo la libertà a tutti coloro che
si facessero esaminare, ritenendo di aver mostrato, davanti al nemico, il più gran valore
in difesa di Sparta. Pensavano che dei servi talmente coscienti del loro valore avrebbero
potuto assalirli: per prevenire le conseguenze di un avvenimento puramente ipotetico, ma
anche per mettere alla prova questa coscienza, fecero finta di affrancarli e li eliminarono.
E' quello che Tucidide sostiene: quanto a me, non credo che avrebbero potuto massacrare
duemila uomini "senza che nessuno seppe corne ciascuno era morto", quindi propongo
di abbattere drasticamente la cifra (La logica del terrore: Tucidide, la doppiezza spartana
ed un improbabile massacro, in c.d.s.).
49. Cf. Politica, II, 1272 b 19 (vedi anche Platone, Leggi, 777 c e 776 c.
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50. Senofonte, Elleniche, III. 3.6. Sugli Hypomeiones (cui allude verosimilmente
Aristotele, Poiitica, II, 1271 a 26-37 e II, 1272 a 12-16), vedi P. Oliva, Sparta and fier Social
Problems, Amsterdam-Prague, 1971, p. 167 e, ultimamente, P. Cartier, "Gli ύπομείονες
a Sparta", Quaderni deïï'Istituto di Archeologia e Storia antica, Università degli Studi "G.
D'Annunzio" - Chieti V, 1995, pp. 27-31 .
51. Neodamodi: cf. R.F. Willetts, "The Neodamodeis", Class. Philology, 49, 1954, pp.
27-32; P. Oliva, op. cit., pp. 166-170; T. Alfieri Tonini, "II problema dei Neodamodeis
nell'ambito délia società spartana", Istituto Lombarde. Accademia di Scienze e Lettere.
Rendiconti - Classe di Lettere e Scienze Morali e Storiche, 109, 1975, pp. 305-316; U.
Cozzoli, "Sparta e l'affrancamento degli iloti nel V e nel IV secolo", Sesta miscellanea
greca e romana, Roma, 1978, pp. 221-224; G.B. Bruni, "Mothakes, Neodamodeis, Brasi-
deioi", in Schiavitù, manomissione e classi dipendenti nel mondo antico, Atti del Colloquio
di Bressanone, 25-27 novembre 1976, Università degli Studi di Padova-Pubblicazioni
deU'Istituto di Storia Antica, vol. 13, Roma, 1979, pp. 26-31; F. Ruzé, "Les Inférieurs libres
*à Sparte: exclusion ou intégration", Mélanges Pierre Lévêque, édités par M. -M. Mactoux
et E. Geny, t. 7, Besançon-Paris, 1993, pp. 299-301; P. Cartier, "Les Inférieurs et la
politique extérieure de Sparte", ibidem, t. 8, Besançon-Paris, 1994, pp. 35-38.
52. Tucidide, V. 34.1.
53. Cf. Aristotele, Poiitica V, 1 302 a 29-3 1 έλάττους τε γαρ οντες όπως Ισοι ώσι στα-
σιάζουσι, και ίσοι οντες όπως μείζους. Per Pausania, cf. Tucidide, 1.132.2 μήϊσος βού-
λεσθαι είναι τοις παροϋσι.
Tucidide, aristotele, la Stasis a sparta 165
57. Solo Antioco dice, dei Partenî, che ουκ άνασχόμενοι (πολλοί δ' ήσαν) έπεβοΰ-
λευσαν, che è un modo diverso, più succinto, per dire una cosa simile ma non identica (F
13 Jacoby). Comunque, Antioco viene citato, ma io direi "escerpito", da Strabone che
verosimilmente ha adattato la fonte al proprio contesto con opportuni tagli e suture. In
Eforo (F 216 Jacoby) non figura alcun accenno ail' autocoscienza dei Partenî: anche lo
storico di Cuma, perb, viene escerpito da Strabone e la sua versione segue, nell'ordine di
citazione, quella di Antioco. Per questo motivo, Strabone pub aver evitato ripetizioni,
valorizzando - délia versione eforea - soltanto i dettagli differenti. (Che Eforo venisse
utilizzato direttamente da parte di Strabone, era opinione di F. Jacoby, FrGrHist, II C.
Komm., p. 291: "Dass Strabon autoren wie E. stets zu hand hatte, ist selbverstândlich".
Vedi anche, di récente, le osservazioni di L. Prandi, "Strabone ed Eforo: un'ipotesi sugli
Historikà Hypomnémata", Aevum, 62, 1988, pp. 50-60, in particolare pp. 54-55). Per la
storia dei Partenî, Aristotele disponeva probabilmente délia versione di Antioco,
certamente di quella di Eforo - da lui ampiamente utilizzato nei contesti "spartani" délia
Politica (vedi infra) ma nulla, nel suo testo, ci consente di attribuirla all'uno ο ail 'altro,
neppure la precisazione έκ των ομοίων γαρ fjoav, in quanto i ribelli, figli di cittadini per
Eforo, sono pur sempre figli di Spartani degradati alla neo-condizione di Iloti anche per
Antioco. Per un parallelo con gli "orgogliosi" Partenî aristotelici (πλήθος των πεφρονη-
ματισμένων ώς όμοιων κατ' άρετήν), cf. i duemila Iloti affrancati in Tucidide, IV. 80.3,
di cui gli Spartani temevano Γ "orgoglio" (υπό φρονήματος).
58. Passo riprodotto quasi alla lettera in Plutarco, Lisandro, 23. Vedi anche Plutarco,
Agesilao, VIII.2.
59. Ma la notizia, assente in Senofonte, è riportata da Aristotele in modo
probabilmente affrettato. Eforo figura in Plutarco, Lisandro, XVII. 3; XX. 9; XXV.3 e
soprattutto XXX. 3 (F 207 Jacoby), citato a proposito del discorso sulla costituzione,
composto da Cleone di Alicarnasso, in cui Lisandro sosteneva, realmente, la nécessita di
sottrarre la monarchia agli Euripontidi ed agli Agiadi al fine di renderla accessibile a tutti
e di scegliere il re tra i migliori cittadini. Cf. ibidem, XXV. 1; Plutarco, Agesilao, XX. 3-5;
Diodoro, XIV. 13.8; Cornelio Nepote, Lisandro, III.5. Sul progetto di Lisandro, vedi J.-F.
Bommelaer, Lysandre de Sparte. Histoire et traditions, Athènes-Paris, 1981, pp. 31, 180,
224; U. Bernini, op. cit.
TUCIDIDE, ARISTOTELE, LA STASIS A SPARTA 167
60. A rigore non si pub escludere che Cinadone fosse un Perieco: meno probabile che
fosse un Neodamoda ο un Ilota.
61. M. Nafissi, op. cit., p. 38, n.30.
62. Cf. Tucidide, 1.94-95, 128.3-134 (soprattutto 132.2), Eforo in Diodoro, XI. 44-46,
cui si aggiungerà Erodoto, V.32, dove a Pausania viene attribuito, con una certa cautela,
il desiderio di diventare της Έλλάόος τύραννος, e forse Pausania, II.9.1. La cospirazione
con gli Iloti: Tucidide, 1.132.4-5, dove la gratificazione délia. politeia è poco credibile per
J. Ducat, op. cit., p. 130. Vedi anche A. Paradiso, op. cit., pp. 4-10.
63. Cosi, rapidamente, R. Vattuone, op. cit., p. 39.
64. Cf. Polieno, II. 14.1-2, dove quello che riconduce alla fonte-Eforo (FrGrHist, 70
F 216) è l'agora, come teatro délia congiura, ed il πίλος. Antioco parlava invece di une
κυνή, cioè di un copricapo servile; la cospirazione sarebbe dovuta scoppiare, inoltre,
nell'Amicleion.
168 ANNALISA PARADISO
65. Per l'analisi delle differenze tra la versione di Senofonte e quella trasmessa da
Polieno (ricondotta ad Eforo), cf. R. David, op. cit., pp. 244, 256, cui si aggiungerà la
precisazione, in Polieno, a proposito di Aulone laconica. Sulla dipendenza da Eforo dei
II libro di Polieno ed in particolare di questo passo, cf. J. Melber, "Ober die Quellen und
den Wert der Strategemensammlung Polyaens", Jahrbiicher fur Classischen Philologie,
Suppl. 14, 1885, pp. 421 sqq., 553 sqq. (p. 553 per la congiura di Cinadone; p. 561 per
quella dei Partenî). Vedi anche O. Knott, De fide et fontibus Polyaeni, Diss., Jena, 1883,
pp. 92 sqq.; J. Kapteijn, De Spartanorum belli pacisque consiliis tempore regni Agesilai,
usque ad pacem Antalcidae, Diss. Kampen, 1902, pp. 32 sqq.; E. David, art. cit., pp. 244,
256. SulPutilizzazione diretta di Eforo da parte di Polieno, vedi F. Jacoby, FrGrHist, 2 C
Komm., n. 70, pp. 32-35; G.L. Barber, op. cit., p. 157; F. Lammert in REXXl, 1952, s.v.
Polyainos (8), col. 1434; più cauto E.N. Tigerstedt, The Legend ofSparta in Classical
Antiquity, vol. II, Uppsala 1974, pp. 191 sqq. e nn. 350 e 358.
66. Cf. Aristotele, Politica, 11.1271 b 25 sqq. Su questa genealogia, risalente ad Eforo
(Eforo, FrGrHist, 70 FF 118; 149,10; 173) e diventata, dopo di lui, "vincente", vedi anche
Dieuchida, 485 F 5; Plutarco, Vita di Licurgo, 1.8, cf. III.6; Flegonte, 257 F 1, 2; Eliano,
Var. Hist., XIII.23; Giustino, III.2.5. Pausania, III.2.4 data Licurgo all'epoca dell'agiade
Agesilao I: esiste anche una relazione genealogica tra i due? Sui rapporto di dipendenza
tra Eforo ed Aristotele, cf. E. Meyer, Forschungen zuralten Geschichte, Hildesheim, 1966
(Halle 1892) t.I, pp. 214-215; F. Ollier, Le mirage Spartiate, New York, 1973 (Paris 1933),
t. II, p. 68 (et t.I, p. 316); E.N. Tigerstedt, op. cit., I, pp. 282-285.
67. Eforo, FrGrHist, 70 F 216 = Strabone, III.3.3.
68. Diodoro, XI. 44-46 (sulla dipendenza di Diodoro da Eforo, vedi C.A. Voiquardsen,
Untersuchungen uberdie Quellen der griechischen und sicilischen Geschichten bei Diodor,
Buch XI bis XVI, Kiel, 1868); Cornelio Nepote, Pausania. Vedi anche Eforo, FrGrHist,
70 F 189 (= Plutarco, Sulla malignità di Erodoto, 855 f).
69. Verosimilmente nel VI libro delle Storie: cf. E. Tigerstedt, op. cit., I, p. 210 e nn.
894, 895, 896, 897: cf. Diodoro, VIII.24.2; Polieno, 1.17; Giustino, III.5.
70. Cf. la n. 59.
TUCIDIDE, ARISTOTELE, LA STASIS A SPARTA 169
71. Eforo, FrGrHist, F 118 Jacoby = Strabone, VIII.5.5. Sul contenuto del logos (che
forse concerne va i diritti dei re di fronte agli efori, ma contestava anche l'origine licurghea
dell'eforato), vedi E. David, "The Pamphlet of Pausanias", La Parola del Passato, XXXIV,
1979, pp. 94-1 16, soprattutto pp. 1 12-1 15. Per un punto di vista diverso, da me condiviso,
cf. M. Nafissi, op. cit., pp. 55-65. Sulla dipendenza di Eforo da questo pamphlet, vedi E.
Meyer, op. cit., t.I, pp. 233 sqq.; F. Ollier, op. cit., t.I, p. 102; E.N. Tigerstedt, op. cit., I,
p. 212.
72. Ateneo, XII. 543 b = FrGrHist, 1 15 F 20.
73. Ateneo, XII. 535 b.
74. Citato, in relazione a Sparta e Lisandro, da Ateneo, VI. 233 f: cf. G. Zecchini, La
cultura storica di Ateneo, Milano, 1989, p. 52.
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