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Canto V

In questo modo discesi dal primo cerchio nel secondo, più piccolo rispetto al primo ma colmo di
maggior dolore. Qui c’era Minosse, che ringhia in modo orrendo, vede le colpe dei dannati
all’ingresso dell’Inferno e poi le giudica e le condanna secondo come si avvinghia. Intendo dire
che quando l’anima dannata si trova davanti Minosse si mostra nella sua vera natura e Minosse,
che conosce bene i peccati, comprende quale luogo dell’Inferno è più adatto a quell’anima e si
avvinghia intorno la coda tante volte quanto vuole che siano i cerchi in cui sarà collocata. Sempre
davanti a lui si trovano moltissime anime, vanno da lui una ad una per essere giudicate e poi sono
spinte giù nell’Inferno. “Oh tu che vieni in questo albergo di dolore – disse a me Minosse quando
mi vide, interrompendo il suo importante lavoro – stai attento a come entri e a chi ti a di e non
farti ingannare dalla grandezza dell’entrata”. E il mio duca, Virgilio, rispose a Minosse: “Perché
continui a parlare? Non impedire il suo cammino voluto dal fato (fatale andare), così vuole la
volontà divina e non chiedere altre spiegazioni!”. Ora si cominciano a sentire le voci colme di
dolore, ora sono davvero arrivato nel luogo dove c’è tanto pianto da sentirmi profondamente
scosso. Arrivai in quel momento nel luogo privo di ogni luce che muggisce come un mare in
tempesta quando è battuto da venti contrastanti. La bufera infernale non cessa mai e scrolla gli
spiriti nel suo vortice e li tormenta rigirandoli e percuotendoli. Appena i dannati giungono dentro
questa tempesta si alzano grida, compianti, lamenti e anche bestemmie contro l’onnipotente Dio.
Capii subito che in questo tipo di tormento erano condannati i peccatori carnali, cioè i lussuriosi,
che sottomettono la ragione agli istinti (il talento). E come gli stormi portano le loro ali verso
l’inverno così quel vento ( ato) strapazza gli spiriti dei dannati in alto, in basso senza nessuna
speranza di potersi fermare o di poter provare una pena minore. E come le gru si lamentano
facendo nell’aria una lunga riga, così io vidi venire, facendo lamenti (traendo guai), le anime
portate da questo vento e io dissi: “Maestro, chi sono queste anime che il vento infernale
castiga?”. Virgilio allora mi disse: “La prima di quelle di cui tu vuoi avere informazioni, fu
imperatrice di diversi popoli (molte favelle, cioè persone con lingue diverse). Ebbe una lussuria
senza freni tanto che rese la libidine legale per non essere incolpata lei stessa della sua condotta.
È Semiramide (regina degli Assiri) che salì al trono dopo Nino e fu sua moglie governando la città
del Sultano (Babilonia). L’altra è quella che si uccise per amore dopo aver rotto il giuramento di
fede fatto alle ceneri di Sicheo (si parla cioè di Didone che si uccise per amore di Enea), poi c’è la
lussuriosa Cleopatra. E guarda anche Elena per cui si fece guerra per lungo tempo, e vedi il
grande Achille che dopo aver combattuto tanto alla ne fu vinto dall’amore. Vedi Paride,
Tristano…” e più di mille altre anime che morirono per amore mi mostrò e mi nominò indicandole.
Dopo che io ebbi ascoltato il mio maestro nominare le donne dell’antichità e i cavalieri, mi smosse
una grande pietà verso di loro e quasi mi sentii smarrito. Io cominciai a parlare e dissi: “Poeta
(cioè Virgilio) io vorrei parlare con quei due che sono abbracciati insieme e sembrano essere tanto
leggeri così scossi dal vento”. E lui rispose a me: “Quando saranno più vicini a noi pregali in nome
di quell’amore che li ha condannati e loro ti ascolteranno”. Così appena il vento li condusse vicino
a noi io cominciai a parlare: “O anime a aticate, venite a parlare con noi se Dio (altri) non ve lo
nega!”. Come delle colombe chiamate dal mio desiderio con le ali alzate riposate nel dolce nido,
quelle due anime vennero nel vento uscendo dalla schiera dove si trovava anche Didone
attraverso la tempesta infernale e con un grande a etto una di loro disse: “O essere vivente
cortese e benevolo che stai visitando questo mondo privo di speranza, noi che sporcammo il
mondo col nostro sangue pregheremmo Dio, se questo ci fosse amico, di concederti sempre la
pace visto che mostri pietà per il nostro dolore. Di quello che sentirai e che vuoi chiedere noi ti
diremo nché il vento ci concede una tregua. La terra dove sono nata si trova nella costa dove ha
la foce il Po, cioè Ravenna (il ume si unisce al mare come fanno tutti gli altri umi: per aver pace
co’ seguaci suoi). Amore, che rapisce facilmente un cuore gentile, fece innamorare costui (Paolo)
del bel corpo che mi venne tolto in un modo che ancora mi o ende. Amore, che a nessuno
risparmia di amare quando è amato, mi prese a sua volta della bellezza di costui (Paolo) in un
modo tanto forte che ancora non mi abbandona. Amore ci condusse insieme ad una stessa morte
e Caina attende chi ci tolse la vita”. Queste parole ci furono riportate. Quando io compresi il
dolore di quelle anime a itte chinai il viso e lo tenni tanto basso che Virgilio mi chiese: “A cosa
pensi?” e io risposi: “Ahimè, quanti dolci pensieri e quanto profondo desiderio condusse loro alla
morte!”. Poi mi rivolsi a loro e cominciai a dire: “Francesca, il tuo tormento mi rende triste e
penoso. Ma dimmi: al tempo del vostro innamoramento in che modo l’amore ti fece capire di
essere innamorata?”. E Francesca rispose: “Non c’è maggior dolore che ricordarsi del tempo
felice nei momenti di miseria, e questo lo sa bene il tuo maestro (Virgilio). Ma se hai tanto a cuore
conoscere l’origine del nostro amore te lo dirò, ma parlerò piangendo (come colui che piange e
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dice). Noi un giorno stavamo leggendo, per divertimento, la storia di Lancillotto e di come si
innamorò; eravamo soli e senza nessun sospetto del nostro amore. Quella lettura più volte ci
spinse a guardarci l’un l’altra e piano piano diventavamo pallidi in viso, ma solo un punto in
particolare fu quello che non ci fece più resistere: quando leggemmo della bocca sorridente (di
Ginevra) essere baciata da colui che l’amava (Lancillotto), questo (Paolo) che mai deve essere
separato da me, mi baciò tremando. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno non potemmo
continuare a leggere oltre.” Mente l’anima di Francesca diceva queste cose, Paolo piangeva, e io
fui tanto sconvolto dalla pietà che mi sentii morire e caddi in terra come un corpo privo di vita.

Dove ci troviamo

Siamo nel Secondo Cerchio dell’Inferno: qui comincia l’Inferno vero e proprio, il Limbo
non è ancora Inferno.
Il guardiano dell'Inferno

Minosse è il giudice che decide in quale luogo destinare le anime.
La colpa della lussuria

Nel Secondo Cerchio sono punite le anime dei lussuriosi che vengono percosse da una terribile
tempesta.
I protagonisti

È il canto di Paolo e Francesca.

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