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Laura Bortoli
Claudio Robazza
CAPITOLO QUINTO
La didattica:
l’insegnamento
delle tecniche
La programmazione
La formulazione di obiettivi
(goal setting)
I contenuti
Le istruzioni
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
La programmazione
CAPITOLO
Il concetto di programmazione didattica, che deriva dal con-
testo scolastico, riguarda fondamentalmente le modalità e l’or-
ganizzazione dell’insegnamento delle tecniche sportive, ossia
le procedure necessarie per far apprendere, e successivamente
perfezionare, le abilità specifiche di una disciplina sportiva.
Tipicamente nella programmazione sono considerati alcuni
elementi: verifica iniziale, formulazione di obiettivi, scelta di
contenuti, organizzazione delle attività, verifica finale. Nella
programmazione in ambito scolastico è presente il termine
“valutazione”, poiché gli allievi ricevono effettivamente dei voti
o dei giudizi sulle loro prestazioni in base a verifiche effettuate
dagli insegnanti. Nello sport, in realtà, risulta maggiormente
adeguato il termine verifica; infatti, in un percorso di sviluppo
motorio-sportivo è importante considerare soprattutto gli
incrementi progressivi nelle capacità motorie, l’acquisizione ed
il perfezionamento delle tecniche sportive, ed anche la capaci-
tà di utilizzare le proprie risorse psicofisiche nei contesti della
competizione. La programmazione in ambito motorio-sportivo
possiede caratteristiche peculiari, confermate dalla ricerca
scientifica, da cui derivano aspetti applicativi significativi e spe-
cifici.
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
i gruppi sono omogenei per età e/o per zione fisica) sono presenti, e dove la verifi-
livello tecnico, mentre altre volte sono ca dell’apprendimento tecnico si concre-
molto eterogenei. Ci sono allenatori che tizza nelle prestazioni di gara. In questo
amano lavorare solo con atleti giovani, per caso, il programma di lavoro viene costrui-
poi affidarli ad altri, ed allenatori che inve- to logicamente sulla base delle esperienze
ce preferiscono “costruire” gli atleti accom- precedenti. Quando invece si inizia con un
pagnandoli negli anni. Talvolta la finalità è gruppo di giovani principianti, ci si trova
quella di insegnare tecniche sportive quasi certamente di fronte a livelli di capa-
senza necessariamente pensare ad un cità motorie e di caratteristiche coordinati-
futuro agonistico, ma semplicemente ve assai variegati e quindi molto diversi tra
come pratica motoria per la salute ed il loro. Attraverso le proprie conoscenze
divertimento: è il caso, ad esempio, del delle tecniche e delle didattiche specifiche,
nuoto, delle arti marziali, del ciclismo, del che consentono di stabilire degli obiettivi
pattinaggio. tecnici di base, un allenatore può iniziare
In situazioni così diversificate, anche la un programma di lavoro con la consape-
verifica iniziale acquista un altro significato. volezza di doverlo comunque aggiustare
Gli atleti che già praticano da tempo sono ed adattare durante le attività stesse.
di solito inseriti in contesti dove momenti I diversi aspetti della programmazione
di verifica (in genere dei livelli di prepara- vengono di seguito presentati.
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
La formulazione
CAPITOLO
di obiettivi (goal setting)
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
espressioni di questo tipo non rappre- gara (non basta porseli come obiettivi
sentano dei veri obiettivi, in quanto per ottenerli!);
fanno riferimento a situazioni che
dipendono anche da fattori esterni • obiettivi di processo. Sono finalizzati a
(innanzitutto dalle abilità degli avversa- mettere fuoco un particolare elemento
ri!) e non possono essere, pertanto, dell’azione che si deve eseguire, e con-
sotto il controllo esclusivo dell’atleta. sentono all’atleta di rendersi conto e
Quando durante la gara gli atleti si pon- controllare aspetti specifici durante l’ese-
gono prevalentemente questo tipo di cuzione di un gesto tecnico. Ne sono
obiettivo, può aumentare il loro livello esempi il controllo del polso in un lancio
di ansia e preoccupazione, poiché la della clavetta nella ginnastica ritmica, la
loro attenzione è più sul risultato finale spinta completa del piede nello stacco
che sull’esecuzione. Soprattutto con gli del salto in lungo, un’azione corretta
atleti più giovani, enfatizzare obiettivi di delle mani in un muro della pallavolo.
risultato tende facilmente a suscitare Questi obiettivi sono direttamente sotto
aspettative non realistiche che, se disat- il controllo dell’atleta e facilitano la sua
tese, riducono il senso di efficacia per- consapevolezza dei gesti che sta ese-
sonale con incremento di stati emozio- guendo. Sono usati soprattutto in allena-
nali negativi, calo di impegno e spesso, mento, poiché è lì che l’atleta si esercita
di conseguenza, decremento della pre- per perfezionare la tecnica, ma possono
stazione. Inoltre, nessun allenatore può essere utili anche in gara: infatti, sotto la
garantire ad un proprio atleta o alla pro- pressione della competizione, avere in
pria squadra la certezza della vittoria o mente un obiettivo di processo può aiu-
di un piazzamento che dipende anche tare a focalizzare l’attenzione su un
dagli avversari; aspetto esecutivo piuttosto che sul risul-
tato.
• obiettivi di prestazione. Sono indirizza-
ti alla specificità della prestazione spor- Ovviamente, porsi tutte e tre le tipologie
tiva: ad esempio, fare il record personale di obiettivo può essere produttivo e van-
nei 1500 metri, almeno 590 punti in una taggioso: allenatore ed atleta devono
gara di tiro a segno, o l’80% di battute saper riconoscere la priorità di un tipo di
corrette in una partita di pallavolo. Que- obiettivo rispetto ad un altro, in funzione
sti obiettivi sono indipendenti dal risul- del livello di preparazione, del momento
tato della competizione, centrati più sul della stagione agonistica, delle diverse
confronto con la propria prestazione tappe della programmazione. Va comun-
precedente che con gli avversari; sono que sottolineato come per raggiungere
dunque più controllabili poiché, per un obiettivo di risultato si debba passare
essere raggiunti, non vi è bisogno di attraverso diversi obiettivi di prestazione e
fare riferimento alla prestazione altrui. di processo, che rappresentano le tappe
Pur essendo di tipo quantitativo, rap- necessarie per arrivare al risultato (figura
presentano però un riferimento presta- 1). La formulazione di obiettivi può essere
tivo che non si traduce chiaramente e riferita ad un singolo atleta, ma anche ad
automaticamente in comportamenti una squadra o a gruppi di giocatori; può
esecutivi corretti in allenamento e in riguardare sia aspetti tecnici che tattici.
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
Obiettivi di risultato
Dove?
n...
Obiettivi di prestazione 5
Che cosa?
4
o
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3
m pr
Co di
i
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2 Ob
Figura 1
Tipologie di obiettivi
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
• Considerate le caratteristiche a volte molto diverse tra loro degli atleti, gli obiettivi
vanno individualizzati. È importante tener conto delle capacità individuali, delle
esperienze passate, dei ritmi di apprendimento di ciascuno, per cercare di garantire
effettivamente ad ognuno esperienze di successo. Può essere utile la registrazione
in forma scritta degli obiettivi fissati e conseguiti, che aiuta a ricordare quanto sta-
bilito e a rinnovare l’impegno.
• Soprattutto con i principianti, vanno identificati pochi obiettivi prioritari sui quali
far convergere l’attenzione e l’impegno; solo dopo il conseguimento di questi si
dovrebbe progredire verso una tappa ulteriore. Gli atleti esperti, invece, possono
gestire un numero maggiore di obiettivi in maniera efficace.
• Gli obiettivi vanno scanditi nel tempo, considerando obiettivi a breve, a medio e a
lungo termine. Obiettivi a lungo termine (molti mesi o anni) possono essere rag-
giunti solo attraverso obiettivi a medio termine (un mese o più) e a breve termine
(una o più settimane). Anche questo aspetto è in funzione delle caratteristiche
degli atleti, in particolare di due fattori:
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
I contenuti
CAPITOLO
Nella programmazione didattica, un aspetto molto importan-
te da considerare riguarda la scelta dei contenuti. Per quanto
riguarda le tecniche sportive, per tutte le discipline esistono
ormai delle progressioni didattiche proposte dalle Federazioni
che vengono presentate di solito nei corsi di formazione. In
genere, fanno riferimento a dei modelli tecnici ottimali ed
ideali, fondati a volte su precisi riferimenti scientifici (biomec-
canici, temporali, ecc.), in altri casi su tradizione, modelli di
campioni, ma anche talvolta su convinzioni personali di alle-
natori; in alcune discipline esistono delle “scuole di pensiero”,
con tagli differenti, che fanno riferimento a modelli tecnici uti-
lizzati in nazioni diverse.
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
La variabilità:
CAPITOLO
pratica costante
o pratica variabile?
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
Figura 2
Il continuum pratica costante/pratica variabile
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
Se il concetto di variabilità è ampiamente zione precisa di forza quando venivano
condiviso nell’ambito degli sport di situa- sperimentate variazioni collegate al compi-
zione, non sempre esso trova spazio ade- to (ossia all’interno di una gamma relativa-
guato negli sport caratterizzati da abilità mente ristretta di diversificazione). Gli effet-
chiuse (eseguite cioè in un ambiente relati- ti positivi di una pratica variabile, rispetto
vamente stabile), come, ad esempio, il tiro alla pratica costante, vengono attribuiti ad
con l’arco, il tiro a segno, i tuffi, la ginnastica una graduale maggiore comprensione e
artistica, il getto del peso. Negli ultimi anni, definizione in memoria dell’abilità che si sta
anche per le abilità chiuse è stata messa in perfezionando, derivante dal confronto tra
discussione l’efficacia di una pratica costan- informazioni specifiche sul compito con
te (ossia la ripetizione del gesto ottimale altre ad esse collegate provenienti dalle
più e più volte nel tentativo di automatizza- variazioni del gesto; ciò può contribuire a
re un modello ideale) come modalità di dettagliare meglio l’abilità che si sta perfe-
organizzazione delle attività di apprendi- zionando, favorendone l’esecuzione appro-
mento e perfezionamento tecnico. Si è priata quando necessario. Un’altra spiega-
visto, infatti, che la ripetizione di un singolo zione probabile è che la variabilità favorisca
gesto non deve considerare solo l’aspetto l’identificazione delle molteplici relazioni fra
motorio, ma anche i processi cognitivi sot- risposte motorie simili, offrendo così l’op-
tostanti l’esecuzione; modificando i para- portunità di scegliere, in una determinata
metri esecutivi di uno stesso programma situazione, la risposta più appropriata fra
motorio (forza assoluta, direzione, traietto- una gamma di opzioni possibili (cfr. Wright,
ria, tempi esecutivi, arto coinvolto, ecc.), si Sekiya, Rhee, 2014).
consegue uno schema di movimento più
preciso ed adattabile anche ad eventi
nuovi e mutevoli. Grazie alla variabilità, i
programmi motori possono quindi essere
generalizzati a situazioni che, pur simili, non
sono state mai sperimentate in precedenza
esattamente allo stesso modo; le condizio-
ni del contesto di gara, infatti, sono un fat-
tore estremamente incostante e mutevole,
sia per quanto riguarda l’ambiente (luce,
temperatura, rumori, umidità, distrazioni,
ecc.), sia per le condizioni psicofisiche del-
l’atleta (tensioni muscolari, sudorazione,
grado di affaticamento, atteggiamenti,
pensieri, emozioni, concentrazione, ecc.
Lavori ormai classici hanno dimostrato la
superiorità, anche in abilità chiuse, di una
pratica variabile, con variazioni associate al
compito, rispetto ad una pratica solo
costante. Ad esempio, Shea e Kohl, già
negli anni ’90, avevano evidenziato una
prestazione migliore in compiti di modula-
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
Negli sport con abilità chiuse, preparazio- so modo e nelle stesse condizioni) e pratica
ne e competenza dell’allenatore si espri- variabile (abilità ripetuta con variazioni del-
mono anche nella sua capacità di ricono- l’esecuzione o delle condizioni in cui viene
scere, individuare ed utilizzare possibili effettuata) rappresentino in realtà un conti-
elementi di variabilità. Farrow (2013) ritie- nuum che deve tener conto della fase di
ne che la teoria di Ericsson abbia in realtà apprendimento in cui si trova l’atleta, del
fornito linee guida solo sul volume di eser- livello individuale di abilità e della comples-
citazioni necessarie per raggiungere l’ex- sità del compito. Ad esempio, la pratica
pertise, ma che non sia stata effettivamen- costante può essere utile in una prima fase
te utile per aiutare gli allenatori a pro- di apprendimento, quando si stanno
grammare concretamente le sedute di costruendo gli elementi fondamentali di
lavoro tecnico. Una stessa quantità di pra- un gesto e le variazioni potrebbero deter-
tica può produrre scarso apprendimento minare confusione; così anche quando
o, al contrario, miglioramenti sostanziali un’azione risulta molto complessa rispetto
nel livello di abilità a seconda dei conte- alle capacità individuali. Una certa quantità
nuti proposti e della loro modalità di orga- di pratica costante può ancora risultare
nizzazione. utile in fase avanzata di perfezionamento,
Va comunque sottolineato come pratica quando è necessario, per un periodo limi-
costante (abilità ripetuta sempre nello stes- tato, rifinire un particolare del gesto.
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
L’organizzazione dei contenuti:
CAPITOLO
l’interferenza contestuale
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
Nella pratica per blocchi, l’allievo in una dentemente, lungo un continuum che va
seduta si esercita solo su un compito, oppu- dalla pratica costante (ripetizione del gesto
re su più compiti uno dopo l’altro senza con gli stessi parametri) alla pratica variabile
però ripeterli dopo averli conclusi. Nella pra- (esecuzione del gesto con parametri diver-
tica random o seriale, invece, l’allievo si eser- sificati; figura 2). L’interazione fra alternanza
cita su più compiti uno dopo l’altro e li ripe- di programmi motori (interferenza conte-
te in modo casuale o in serie. La variabilità stuale) e variabilità nei parametri (variabilità)
di parametri di uno stesso programma è dà luogo a quattro possibili modalità di
invece rappresentata, come si è visto prece- organizzazione, rappresentate in figura 4.
Pratica random/seriale
Alta interferenza
Random/seriale Random/seriale
Costante Variabile
Interferenza contestuale
Bloccata Bloccata
Costante Variabile
Bassa interferenza
Pratica bloccata
Figura 4
Organizzazione della pratica secondo i principi della variabilità e dell’interferenza
contestuale
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
Nella seduta di allenamento si può sceglie- to e frammezzo) eseguendo per ciascun
re di proporre alcune abilità in maniera volteggio 12 ripetizioni consecutive (figura
bloccata e costante (quadrante in basso a 5a).
sinistra nella figura 4), richiedendo cioè
molte ripetizioni dello stesso gesto in Nella seconda modalità (per blocchi e
maniera costante, prima di passare al gesto variabile), l’allievo si eserciterà sui tre vol-
successivo ancora ripetuto in modo teggi per blocchi, con 12 ripetizioni per
costante. Quando invece le abilità sono ciascun volteggio, variandone però i para-
ripetute secondo un’organizzazione per metri (velocità esecutiva, spinta degli arti,
blocchi e variabile (quadrante in basso a caricamento della pedana, ecc.) (figura
destra), lo stesso gesto viene ripetuto 5b). Con la terza alternativa (seriale e
molte volte con variazioni nei parametri costante), l’allievo eseguirà 3 ripetizioni
prima di passare al successivo. La pratica per ciascun volteggio, ripetendo poi per
random/seriale e costante (quadrante in altre tre volte l’intera serie di tre volteggi
alto a sinistra), invece, prevede un’alternan- senza variarne i parametri (figura 5c). La
za casuale o prestabilita delle abilità senza quarta possibilità (seriale e variabile) si
variarne i parametri. Infine, nella pratica verifica quando le tre diverse abilità si
random/seriale e variabile (quadrante in alternano ogni 3 ripetizioni e si modifica-
alto a destra) si alternano le abilità e si no nei parametri esecutivi (figura 5d).
modificano anche i parametri esecutivi. È da notare che nelle quattro situazioni il
numero complessivo di esercitazioni (36),
Nella ginnastica artistica, ad esempio, rimane invariato, così come quello di cia-
seguendo la prima modalità di organizza- scun volteggio (12 ripetizioni), mentre
zione (per blocchi e costante), l’allievo si cambiano l’organizzazione delle attività ed
eserciterà su tre volteggi (laterale, divarica- i parametri esecutivi.
Figura 5
Organizzazione della pratica ed interferenza
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
Sia la pratica random che la pratica seriale laboratorio e di campo, studi che hanno
determinano un alto grado di interferenza coinvolto persone di diverse età e con
contestuale. Negli sport ad abilità aperte compiti diversi, hanno dimostrato con
(giochi sportivi, scherma, ecc.), quando si grande evidenza che la pratica per blocchi
eseguono esercizi tecnico-tattici “in situa- è superiore alla pratica random o seriale
zione” si determina automaticamente pra- solo nella prestazione immediata, poiché i
tica random. Nelle abilità chiuse, è più risultati sono solo momentanei; la pratica
comoda per l’allenatore un’organizzazione alternata (random o seriale), invece, produ-
di tipo seriale. ce effetti più vantaggiosi nell’apprendi-
La pratica per blocchi deriva dalla convin- mento a lungo termine e nel transfer a
zione che l’allievo debba esercitarsi ripetu- situazioni simili ( Wright, Sekiya, Rhee,
tamente su un compito, correggerlo ed 2014). In una prima fase di apprendimento,
affinarlo prima di passare al successivo. però, un’elevata alternanza di compiti e
Effettivamente, questa modalità determina variabilità nei parametri potrebbe causare
un risultato migliore nella prestazione confusione nell’allievo, già impegnato a
immediata, poiché l’atleta può impegnare comprendere e gestire una nuova situazio-
tutte le sue risorse attentive e cognitive su ne; è consigliabile, pertanto, arrivare gra-
quel compito, con l’allenatore che dà istru- dualmente ad un’organizzazione della pra-
zioni e feedback specifici sull’abilità. Tutta- tica con alta interferenza contestuale ed
via, i risultati di un’ampia mole di studi di elevata variabilità una volta acquisita una
certa approssimazione del gesto voluto.
Questo graduale passaggio dalla pratica
per blocchi e costante (la modalità esecuti-
va meno impegnativa) verso la pratica ran-
dom/seriale (la modalità più impegnativa)
attraverso le altre due forme di organizza-
zione (mediamente impegnative) è rap-
presentato in figura 4 dalle frecce circolari.
Tale percorso è stato descritto per l’ap-
prendimento della tecnica calcistica da
Williams e Hodges (2005) partendo da
esercitazioni di singole abilità costanti e
per blocchi per arrivare a situazioni ran-
dom e variabili simili a quelle di gioco.
Gli effetti dell’interferenza contestuale sul-
l’apprendimento vengono principalmente
spiegati attraverso due ipotesi. La prima è
l’ipotesi della ricostruzione dei piani d’azio-
ne (o della dimenticanza). Secondo tale
ipotesi, l’interferenza contestuale è vantag-
giosa in quanto l’individuo è stimolato a
ricostruire di frequente un piano di azione
nel passaggio da un compito al susse-
guente. Di fronte ad un compito nuovo,
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
l’allievo ricerca una soluzione adeguata, Entrambe queste ipotesi, nella spiegazio-
attivando processi di raccolta e analisi ne degli effetti di interferenza contestuale,
delle informazioni disponibili e di organiz- evidenziano la funzione rilevante dei pro-
zazione della risposta motoria. La soluzio- cessi cognitivi nell’apprendimento di
ne (il modo in cui era stata programmata compiti motori e la loro influenza sulla
l’azione o la particolare strategia usata) è prestazione. Viene infatti valorizzato il
presto dimenticata se l’allievo è distolto dal ruolo dei processi mentali: l’interferenza
primo compito (ad es., un volteggio latera- contestuale è efficace poiché sollecita
le nella ginnastica) per impegnarsi in un operazioni cognitive di scoperta delle
secondo (volteggio divaricato) e poi in un soluzioni, elaborazione del materiale mne-
terzo (volteggio frammezzo). Quando poi il stico, analisi delle somiglianze e delle dif-
primo compito è ripresentato, l’allievo si ferenze, recupero delle informazioni. Gli
trova a dover ricostruire parzialmente o effetti dell’interferenza sono maggiori
totalmente il progetto d’azione “dimentica- quando sono alternati compiti diversi,
to” e quindi a risolvere nuovamente il pro- controllati cioè da differenti programmi
blema. È questa la ragione per cui la pre- motori, piuttosto che compiti nei quali
stazione immediata è solitamente povera. sono alternate variazioni dei parametri
D’altra parte, la generazione ed il frequen- esecutivi di uno stesso programma; l’alter-
te recupero delle soluzioni, pur essendo nanza di più programmi motori costitui-
operazioni cognitive dispendiose, tendono sce verosimilmente una situazione di diffi-
ad approfondire la conoscenza e la com- coltà maggiore in confronto all’alternanza
prensione del problema, migliorando la di variazioni di un singolo programma. In
ritenzione a lungo termine ed il transfer a questa prospettiva, l’interferenza causata
situazioni simili. Nella pratica per blocchi, dall’alternanza nella pallavolo di palleggio,
invece, la soluzione del compito avviene bagher e battuta (tre programmi motori)
nella fase iniziale e poi l’azione può essere sarebbe maggiore rispetto all’alternanza
svolta in modo ripetitivo, senza che vi sia di palleggio alto, palleggio basso e palleg-
un forte impegno dei processi di ricostru- gio teso (tre variazioni nei parametri di un
zione in memoria. La seconda ipotesi è programma motorio). Come si è visto, si
quella di una maggiore elaborazione, e possono anche combinare entrambi i tipi
spiega gli effetti benefici della pratica alter- di organizzazione, alternando in modo
nata o casuale come derivati dall’impiego seriale o casuale sia i programmi sia i para-
di molteplici strategie: in memoria di lavo- metri, attraverso una pratica random/
ro viene effettuato un continuo confronto seriale e variabile. Nella pallamano, ad
e contrasto fra più compiti, che determina- esempio, si possono alternare esercitazio-
no la scoperta di similitudini e differenze ni su passaggio, palleggio e tiro in porta
fra le attività. Tali elaborazioni cognitive (programmi diversi) con diverse combina-
dell’azione favoriscono la codifica in zioni di velocità e direzione degli sposta-
memoria di rappresentazioni chiare, distin- menti (parametri diversi). Come già sotto-
te, durature e facilmente recuperabili. Nella lineato, data la complessità delle richieste,
pratica per blocchi, viceversa, la ripetizione tali proposte non vanno introdotte all’ini-
costante spinge non tanto alla scoperta di zio dell’apprendimento, bensì dopo una
somiglianze e diversità fra i compiti, quan- fase di acquisizione che assicuri un certo
to piuttosto ad una mera ripetizione. controllo dei gesti tecnici.
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
Pratica globale
CAPITOLO
e pratica per parti
Pratica globale Combinazione di pratica globale e per parti Pratica per parti
Figura 6
Complessità e organizzazione del compito in relazione alla pratica globale e per parti
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
Le istruzioni
CAPITOLO
Una volta individuati gli obiettivi di insegnamento, scelti i conte-
nuti e programmate le modalità con cui proporre le esercitazio-
ni, l’allenatore deve poi riflettere su alcuni aspetti didattici che
riguardano direttamente i suoi comportamenti. Uno di questi
aspetti riguarda le istruzioni per favorire apprendimento e perfe-
zionamento tecnico. Mentre per quanto concerne la variabilità
della pratica le due principali teorie attuali su controllo e appren-
dimento motorio descritte precedentemente (la teoria dello
schema e la teoria dei sistemi dinamici) ne valorizzano entrambe
l’importanza, diverso appare invece il modo in cui vengono con-
siderate le istruzioni, in particolare le istruzioni verbali.
Istruzioni verbali
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
ratamente (ad es., prima l’azione dei piedi, maggiori capacità di adattamento (Ives,
poi quella del busto e quindi quella delle 2014). Risulta particolarmente utile nell’ac-
braccia, anche se i tre gesti sono simultanei quisizione di aspetti tattici. Ovviamente, se
e fanno parte di una stessa abilità). Tempi di l’atleta non risponde ad un approccio di
spiegazione lunghi, infine, determinano questo tipo, non sa come procedere o c’è
facilmente in chi ascolta sovraccarico del- un problema di sicurezza, sono necessarie
l’attenzione, disinteresse e demotivazione. istruzioni dirette. Come già detto nel capi-
Per risultare efficaci, quindi, le istruzioni ver- tolo sull’apprendimento, dai due approcci
bali debbono essere chiare, comprensibili e teorici derivano indicazioni didattiche
sintetiche, limitate agli aspetti principali diverse che possono essere utilizzate in
dell’esecuzione (soprattutto per i princi- funzione della situazione, del contesto,
pianti e gli allievi giovani), modificate al degli allievi, delle abilità su cui si sta lavo-
progredire dell’apprendimento, collegate rando, del tempo a disposizione ed anche
subito all’esperienza pratica. delle scelte didattiche personali dell’allena-
tore.
L’approccio dinamico considera invece
l’apprendimento non come conseguenza Istruzioni visive
di un controllo centralizzato, ma come deri-
vato direttamente dall’interazione fra Una modalità molto diffusa per fornire
richieste del compito, individuo e ambien- informazioni su di un gesto, soprattutto
te. Privilegia pertanto un approccio euristi- con i principianti, è la dimostrazione; assie-
co, nel quale il ruolo di chi insegna non è me a schemi, disegni, fotografie o filmati, è
quello di fornire istruzioni prescrittive utile per trasmettere in modo diretto e
rispetto ad un modello ideale, quanto quel- chiaro aspetti rilevanti dell’azione; può
lo di condurre l’allievo a trovare strategie e riguardare particolari tecnici o la globalità
soluzioni per eseguire un compito in fun- del gesto. Le informazioni che l’allievo rice-
zione dei vincoli ambientali e delle proprie ve da una dimostrazione sono decodificate
capacità fisiche e psichiche (come, ad es., il e trasformate in una rappresentazione
livello personale di forza o rapidità, ma mentale che agisce da modello interno
anche la paura in alcune situazioni difficili). nella produzione della risposta e da stan-
Vengono in questo caso utilizzate strategie dard per aggiustamenti correttivi.
come la scoperta guidata o la libera esplo- In generale, è più efficace l’osservazione di
razione, nelle quali, piuttosto che fornire un modello esperto, non solo perché l’ese-
istruzioni dettagliate, si creano situazioni cuzione è più probabile che sia corretta,
problema e si danno informazioni molto ma anche perché chi osserva pone mag-
generali sulle possibilità di azione, come sti- giore attenzione e attribuisce un significa-
molo all’esplorazione e alla scoperta di to a ciò che sta apprendendo. Per i princi-
soluzioni efficaci. L’allenatore incoraggia e pianti, soprattutto se bambini, un modello
stimola la ricerca, anche con domande che esperto può però essere troppo comples-
facilitino comprensione e riconoscimento so, o può utilizzare movimenti che i princi-
degli stimoli percettivi importanti a cui pre- pianti non sono ancora in grado di esegui-
stare attenzione. Questo è un approccio re. In questo caso, anche l’osservazione del
che richiede tempo e pazienza, ma produ- comportamento di coetanei inesperti
ce apprendimento più duraturo e con impegnati nell’apprendimento può essere
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
opportuno: si possono così osservare stra- scoperta del sistema dei neuroni specchio
tegie di apprendimento efficaci e non effi- è ancora relativamente recente e molto
caci, ed attivare processi di confronto e resta ancora da conoscere; comunque,
risoluzione di problemi che sono molto sembra ormai chiaro che tale sistema svol-
più significativi di una semplice osservazio- ge un ruolo essenziale nell’apprendimento
ne. È dunque utile proporre strategie di volontario di abilità motorie. Il fatto rilevan-
insegnamento fra compagni, che richiedo- te è che, una volta che una persona ha
no osservazione e valutazione reciproca acquisito un’esperienza anche minima in
dei comportamenti tecnici e tattici, analisi un’abilità, i relativi neuroni specchio vengo-
delle difficoltà e dei progressi. Nella pre- no attivati e rinforzati (e questo determina
sentazione di un modello è comunque apprendimento) sia che la persona esegua
importante che siano evidenziati gli ele- il movimento, sia che ne osservi un’altra
menti rilevanti da osservare (ad es., la eseguire (Edwards, 2011; Ives, 2014).
sequenza dei gesti o la scansione ritmica
dell’azione); indicazioni verbali combinate Informazioni cinestesiche
alle informazioni visive aiutano a dirigere
l’attenzione su elementi salienti del compi- Nelle informazioni verbali e visive sono
to. L’osservazione dell’errore, inoltre, può contenute dimensioni cognitive del movi-
rappresentare un espediente per la corre- mento, ma non aspetti relativi a tensione
zione se seguita dalla visione del movi- muscolare, graduazione delle contrazioni
mento esatto o da spiegazioni che faciliti- ed aggiustamenti posturali automatizzati.
no nel soggetto la formazione di una rap- Queste sensazioni presenti nell’azione pos-
presentazione mentale precisa dell’azione. sono essere trasmesse ed ampliate attra-
Le informazioni visive, similmente a quelle verso l’esecuzione con assistenza diretta o
verbali, debbono essere sintetiche, chiare, indiretta, in modo da “far sentire” il movi-
precise, limitate agli aspetti essenziali e mento corretto e ridurre l’errore.
seguite dall’esperienza diretta. Questo tipo di intervento è indispensabile
Un rinnovato interesse per lo studio del- in esercitazioni che contengono elementi
l’apprendimento osservativo è derivato da acrobatici, soprattutto per motivi di sicu-
una scoperta relativamente recente delle rezza. Tale guida può essere utile nella
neuroscienze, un particolare gruppo di prima fase dell’apprendimento, quando
neuroni visuomotori definito come sistema l’allievo deve sviluppare un’idea di ciò che
dei neuroni specchio. Tale sistema si attiva deve compiere; se mantenuta per troppo
in una persona mentre osserva un’altra tempo, però, la guida tende a suscitare
muoversi, e sembra avere quattro funzioni: dipendenza dall’aiuto esterno, a scapito
comprendere l’azione (ciò che si sta veden- dei processi personali di elaborazione
do), comprendere l’intenzione (perché il delle informazioni e di risoluzione del
movimento viene effettuato), consentire l’i- compito, nonché a provocare distorsioni
mitazione e, infine, comprendere lo stato nelle caratteristiche fondamentali dell’a-
emozionale della persona che si sta osser- zione. Per tali ragioni si consiglia di utiliz-
vando. Attualmente si ritiene che i neuroni zare l’assistenza solo quando necessario e
specchio siano responsabili della pianifica- per breve tempo, favorendo piuttosto lo
zione e dell’inizio di movimenti volontari, sviluppo di una guida autonoma fondata
anche se non dell’effettiva esecuzione. La sulle risorse personali.
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
Il feedback
CAPITOLO
e la correzione dell’errore
Feedback
Sensoriale Aggiuntivo
Conoscenza Conoscenza
Propriocettivo Esterocettivo del risultato della prestazione
(KR) (KP)
Figura 7
Il feedback
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
L’allenatore può esprimere un giudizio su alcuni casi, possono creare difficoltà nella
quanto l’allievo ha eseguito (feedback comprensione e nell’adeguamento della
valutativo) o fornire indicazioni per la cor- risposta, e determinare quindi uno scadi-
rezione di un errore (feedback correttivo). mento dell’esecuzione.
Quest’ultimo può essere espresso in ter-
mini qualitativi o quantitativi: informazioni Nella correzione di errori si distingue poi tra
qualitative riguardano il significato dell’er- feedback descrittivo e feedback prescritti-
rore, senza un riferimento preciso alla sua vo. Il primo fornisce informazioni sul gesto
grandezza (ad es., “L’esecuzione era troppo appena realizzato (“non hai esteso comple-
veloce”, “Abbassa di più il gomito”); infor- tamente le braccia”), il secondo su come
mazioni quantitative danno indicazioni eseguire nelle prove successive (“estendi
precise per la correzione (ad es., “Hai completamente le braccia”). Il feedback pre-
impiegato 6 secondi e 2 decimi”; “Abbassa scrittivo può essere più utile per i princi-
il gomito di 2 cm”). Le informazioni quanti- pianti, perché li guida nella correzione del-
tative, oltre ad essere più precise, creano l’errore che probabilmente non saprebbero
sicuramente minori possibilità di frainten- individuare da soli; una volta che essi
dimenti; vanno considerate, però, le capa- hanno acquisito maggiori conoscenze sul
cità di un atleta di rielaborare in termini gesto, il feedback descrittivo risulta più ade-
cognitivi feedback molto precisi, che, in guato.
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
Per quanto riguarda la formulazione del indirizzate all’intero gruppo. Con il proce-
feedback in negativo, centrando quindi l’at- dere dell’apprendimento, il feedback diven-
tenzione sull’errore, oppure in positivo, ta sempre più individualizzato in relazione
ponendo attenzione agli aspetti e alle alle caratteristiche di ciascuno. Negli sport
modalità dell’esecuzione corretta, la situa- di squadra, può essere anche opportuno
zione è diversa a seconda che si decida di fornire feedback ad un sottogruppo (ad es.,
usare feedback descrittivo o prescrittivo. Nel gli attaccanti) attraverso indicazioni mirate
primo caso, feedback sia negativi che positi- rispetto ad un ruolo specifico.
vi possono risultare validi: le informazioni
sull’errore (ad es., negli ostacoli “non stai Nelle prime fasi di apprendimento è prefe-
richiamando la seconda gamba”) sono utili ribile fornire informazioni di carattere
per far comprendere il gesto che si sta inse- generale, piuttosto che relative a dettagli
gnando, mentre quelle sull’esecuzione cor- della prestazione, in quanto maggiormente
retta (“buona l’azione della prima gamba”) significative e motivanti. Successivamente,
hanno maggior significato dal punto di invece, un feedback specifico è più effica-
vista motivazionale. Invece, qualora si utilizzi ce, poiché focalizza maggiormente l’atten-
un feedback prescrittivo è senz’altro preferi- zione sul compito. Mano a mano che gli
bile fornire informazioni in positivo (cosa allievi apprendono, dunque, il feedback
fare) piuttosto che in negativo (cosa non dovrà diventare sempre più specifico.
fare), per aiutare l’allievo ad elaborare un’im-
magine corretta del gesto, che possa servire Un ulteriore aspetto da considerare riguar-
come guida mentale per l’esecuzione. da la frequenza del feedback. Intuitiva-
mente, un feedback molto frequente,
Un’ulteriore modalità di intervento dell’alle- anche dopo ogni esecuzione, potrebbe
natore è quella di porre domande sul sembrare utile per facilitare l’apprendimen-
compito: in questo modo si stimola l’allie- to; la ricerca, però, ha decisamente dimo-
vo ad orientare l’attenzione sulle proprie strato come questo non si verifichi nella
sensazioni, migliorando così la compren- realtà. Uno dei problemi principali che deri-
sione e la rappresentazione mentale del va da un feedback aggiuntivo troppo fre-
gesto e favorendo capacità autonome di quente è lo sviluppo della dipendenza nei
controllo esecutivo. Le domande sono confronti di fonti esterne (l’allenatore) per
anche parte integrante di strategie come la l’individuazione dell’errore. Più specificata-
scoperta guidata o la libera esplorazione, mente, un feedback aggiuntivo eccessiva-
all’interno delle quali anche il feedback è mente frequente:
finalizzato alla ricerca, da parte dell’allievo,
di strategie e soluzioni rispetto al compito a) diventa parte del compito che deve
ed alla riflessione su quanto fatto. essere appreso e l’atleta sviluppa dipen-
denza;
Quando si lavora con più atleti, il feedback b) determina correzioni solo a breve ter-
può essere rivolto all’intero gruppo, ad mine;
una parte del gruppo o all’individuo. La c) limita altri processi di elaborazione
maggior parte dei principianti, inizialmente, necessari per consentire l’incremento
può beneficiare dei medesimi feedback; in delle capacità personali di riconoscere e
questo caso le indicazioni possono essere correggere gli errori (Edwards, 2011).
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
Modalità di feedback Descrizione
Tabella 1
Riduzione del feedback per facilitare il riconoscimento autonomo e la correzione
dell’errore
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5 LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE
CAPITOLO
• se si utilizzano riprese video per fornire • soprattutto con atleti esperti, si può
feedback visivo sulla prestazione, è richiedere la valutazione di particolari
opportuno indicare all’allievo gli elemen- dell’azione e discutere le eventuali diffi-
ti su cui focalizzare l’attenzione, e fare coltà incontrate. Se un’esecuzione si
riferimento solo a pochi aspetti fonda- esprime in termini quantitativi, si può
mentali da considerare nell’osservazione; anche invitare l’atleta a stimare la pro-
pria prestazione prima di ricevere il
• a seconda delle caratteristiche del gesto feedback;
da apprendere (abilità aperta o chiusa),
va considerato se fornire feedback sul • a fini motivazionali, è molto importante
risultato dell’azione o sulle modalità ese- riconoscere anche l’impegno oltre che i
cutive (ad es., negli sport di situazione il progressi reali.
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LA DIDATTICA: L’INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE 5
CAPITOLO
Bibliografia
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Domande di autoverifica
1. Quali aspetti vanno considerati nella formulazione di obiettivi?
2. Quali sono le fasi da considerare, dal punto di vista didattico, nell’evoluzione della
carriera di un atleta?
3. Perché in tutte le discipline sportive è importante la pratica variabile?
4. Come si può determinare interferenza contestuale e quali sono i suoi effetti sul-
l’apprendimento?
5. Con quali criteri scegli di utilizzare la pratica globale o la pratica per parti?
6. Quali sono i vantaggi e i limiti dei diversi tipi di istruzioni?
7. Quali sono le diverse tipologie di feedback? Come e quando vanno utilizzate?
8. Come si può favorire il riconoscimento autonomo dell’errore e la sua correzione?
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