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Il recente riscaldamento globale, in larga parte causato dalle emissioni di gas a effetto serra derivanti dalle attività
umane che hanno amplificato l’effetto serra naturale, sta provocando molti cambiamenti in tutte le componenti del
sistema climatico terrestre, dall’atmosfera agli oceani, dai ghiacci alla vegetazione ai suoli, rimodellando anche molti
aspetti del clima che prima ritenevamo fissi e immutabili, come il concetto stesso di fascia climatica.
Componenti e processi del sistema climatico terrestre. Il sistema climatico è costituto da componenti diverse – atmosfera, oceani,
criosfera, suolo, vegetazione – che interagiscono tra loro su una moltitudine di scale spaziali e temporali. La macchina climatica è messa
in moto dall’energia in arrivo dal sole (immagine: Max Planck Institute)
Le “fasce climatiche” sono bande di latitudine geograficamente molto ampie, caratterizzate da valori tipici (annuali, stagionali o mensili)
delle variabili meteorologiche importanti come la temperatura e la precipitazione, da ritmi diversi delle stagioni, da flora e fauna
caratteristiche.
la fascia tropicale, compresa tra il tropico del Cancro nell’emisfero nord (alla latitudine di circa 23.4°N) e il
tropico del Capricorno nell’emisfero sud (23.4°S);
la fascia temperata che, in ciascun emisfero, si estende dai tropici fino ai circoli polari (circa 66°N/S);
la fascia polare che si estende oltre il circolo polare a nord e a sud.
Il clima tropicale è caratterizzato da due sole stagioni: quella delle piogge, calda e umida, è la stagione estiva;
quella secca, mite e priva di piogge, è la stagione invernale. Le foreste tropicali presenti in questa fascia beneficiano
dell’insolazione elevata e delle piogge stagionali e sono caratterizzate da un altissimo livello di biodiversità. La zona
attorno all’equatore si distingue perché esiste una sola stagione, calda e umida, durante tutto l’anno.
Il clima temperato è caratterizzato dall’alternanza di quattro stagioni ben distinte, con un inverno tipicamente
freddo e un’estate moderatamente calda, e con piogge durante tutto l’anno ma specialmente in autunno e primavera.
Entrambe le zone polari hanno un inverno lungo e rigido mentre l’estate è breve e umida.
Le fasce climatiche hanno un’estensione molto ampia e questo rende difficile, se non impossibile, definirne un “clima
unico” che descriva precisamente la grande varietà di paesaggi, habitat e microclimi presenti al loro interno. Ad
esempio, si può definire un clima mediterraneo all’interno della fascia temperata, caratterizzato da una stagione
secca più lunga e un inverno più mite.
Nel 1884, il geofisico e meteorologo russo Wladimir Kö ppen propose un sistema di classificazione dei climi che
utilizza cinque lettere maiuscole, dalla A alla E, per indicare cinque gruppi principali di clima (A: tropicale; B: secco; C:
temperato; D: continentale; E: polare) e una combinazione di altre lettere per meglio caratterizzarli in sottogruppi
sulla base dei valori medi mensili, stagionali e annuali di precipitazione e temperatura. Ad esempio, “Csa” indica un
clima di tipo mediterraneo con estati calde; più precisamente, è il clima in cui il mese più freddo ha temperatura in
media superiore a 0°C, con almeno un mese con temperatura media superiore a 22°C e almeno quattro mesi con
temperatura media superiore a 10°C, in cui il mese più umido dell’anno ha almeno il triplo delle precipitazioni rispetto
al mese più secco dell’estate, e il mese più secco dell’estate deve avere meno di 30 mm di pioggia.
Questo tipo di classificazione può sembrare un po’ complicata in apparenza, ma è molto efficace per
identificare le varie tipologie climatiche. La mappa e la tabella riportate in questa pagina illustrano quanti e
quali climi esistono in base alla classificazione di Kö ppen.
Il calore in eccesso tra i 40°S e 40°N circa, viene ridistribuito verso le alte latitudini grazie ai processi di trasporto nell’atmosfera (venti) e
nell’oceano (correnti). Le differenze di temperatura tra equatore e poli sono molto più limitate di quello che sarebbero in assenza di
atmosfera e oceani (immagine riadattata da UCL)
L’atmosfera (insieme agli oceani) ha il compito di rispondere a questo squilibrio energetico “spostando” parte del
calore in eccesso ai tropici verso le latitudini medie e alte, e rendendo così minore la differenza di temperatura
(gradiente termico) tra equatore e polo. Questo meccanismo di ridistribuzione del calore, di fatto, rende abitabili sia la
zona equatoriale, sia le zone polari.
La circolazione associata alla cella di Hadley spiega molte caratteristiche del clima e degli ecosistemi della fascia tropicale e subtropicale
(immagine: NOAA)
Questa circolazione spiega molte caratteristiche del clima e degli ecosistemi della fascia tropicale e subtropicale.
L’aria che ridiscende attorno ai 30°N/S causa aree di alta pressione permanenti come l’anticiclone delle Azzorre e
l’anticiclone africano, e genera i fenomeni che danno vita ai deserti e alle zone più secche del nostro pianeta. Nella
regione equatoriale in cui si scontrano i venti provenienti dai subtropici di entrambi gli emisferi (chiamata “zona di
convergenza intertropicale”) si generano intensi moti verticali verso l’alto (è una zona di bassa pressione),
responsabili della forte piovosità della fascia tropicale interessata.
Dal 1850 a oggi la Terra si è scaldata in media di circa 1°C. Da notare che alcune regioni si sono scaldate di più e più in fretta (immagine:
NASA)
Diversi studi scientifici condotti negli ultimi 30-40 anni hanno mostrato che un altro effetto del recente riscaldamento
è la così detta “espansione della fascia tropicale”. Con essa si intende un’amplificazione del meccanismo di
trasporto di calore operato dalla cella di Hadley e un conseguente spostamento verso le latitudini più prossime alla
fascia temperata delle zone anticicloniche di alta pressione, secche e desertiche, associate al ramo discendente della
cella.
A risentirne maggiormente sono le regioni a cavallo tra i tropici e le medie latitudini, come ad esempio il
Mediterraneo settentrionale che include l’Italia. Sempre più spesso durante il periodo estivo, infatti, assistiamo
all’ingresso sul nostro territorio di anticicloni africani, che sono molto più caldi e afosi di quello delle Azzorre con cui
eravamo più soliti avere a che fare. Ciò ha già portato a modifiche in molti aspetti del ciclo idrologico, che vanno
dall’aumento delle ondate di calore e della durata e intensità dei periodi siccitosi, a quello delleprecipitazioni
intense, aspetti solo in apparenza in contraddizione. L’“allargamento dei tropici”, quindi, non è solo un
cambiamento “geografico” ma ha forti implicazioni legate soprattutto ai cambiamenti nella quantità e disponibilità di
acqua, un bene essenziale per gli ecosistemi e per le società.