Sei sulla pagina 1di 52

CAPITOLO 1-FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE

Se X è un insieme non vuoto ed f è una funzione definita in X ed a valori in R allora diremo che f è una
funzione reale.

Noi in questo capitolo cominceremo lo studio delle funzioni reali di una variabile reale, cioè di fun-
zioni reali definite in una parte non vuota X di R.

§.1.1.GRAFICO DI UNA FUNZIONE REALE DI UNA VARIABILE REALE.

DEF.1.1.1. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
{ }
Si dice grafico di f e si denota col simbolo G f il sottoinsieme di: R 2 : ( x, y ) ∈ R 2 , x ∈ X ed y = f ( x ) .
Si dice pure che G f è la curva di R di equazione y = f ( x ) .
2

Si osservi che se C è una curva del piano non è detto che C sia il grafico di una funzione reale di una
variabile reale. In proposito ricordando quanto detto nel paragrafo 0.2 è immediato rendersi conto che sussi-
ste la seguente proposizione:

1.1.2. Siano: π un piano su cui è fissato un sistema di assi cartesiani ortogonali e C una curva di π .
Condizione necessaria e sufficiente affinché C sia il grafico di una funzione reale di una variabile reale
è che per ogni numero reale a la retta di equazione x = a abbia in comune con C al più un punto.

OSSERVAZIONE.1.1.3. Si noti che se π è un piano su cui è fissato un sistema di assi cartesiani orto-
gonali e C è una curva di π che sia il grafico di una funzione reale di una variabile reale f allora l'insieme di
{ { } }
definizione di f è il sottoinsieme di R : z ∈ R, (x, y ) ∈ R 2 , x = z I C ≠ ∅ e l'insieme dei valori di f è il sot-
{ { } }
toinsieme di R : z ∈ R, ( x, y ) ∈ R 2 , y = z I C ≠ ∅ (Si veda la figura 1.1.1 in cui la curva C ' è il grafico di
una funzione reale di una variabile reale f definita nell'intervallo [a, b] e tale che risulti: f ([a, b]) = [c, d ] ,
mentre la curva C '' non è il grafico di alcuna funzione).

Da quanto affermato nell'osservazione 1.1.3 consegue facilmente la seguente altra proposizione:

1.1.4. Siano: π un piano su cui è fissato un sistema di assi cartesiani ortogonali e C una curva di π .
Condizione necessaria e sufficiente affinché C sia il grafico di una funzione reale di una variabile reale
biunivoca è che per ogni numero reale a la retta di equazione x = a abbia in comune con C al più un punto e
la retta di equazione y = a abbia in comune con C al più un punto.

Nella figura 1.1.2 la curva C '' è il grafico di una funzione reale di una variabile reale non biunivoca,
mentre la curva C ' è il grafico di una funzione reale di una variabile reale biunivoca.
38
OSSERVAZIONE.l.1.5. Si osservi in fine che se X è una parte non vuota di R ed f è una funzione reale
biunivoca definita in X allora se G f è il grafico di f rappresentato su un piano π su cui è stato fissato un si-
stema di assi cartesiani ortogonali (si veda la figura 1.1.3), il grafico della funzione inversa di f,
f −1 : y ∈ f ( X ) → x ∈ X tale che y = f ( x ) , è la stessa curva G f rappresentata su un piano π ' che ha il se-
miasse delle ascisse positive coincidente col semiasse delle ordinate positive di π ed il semiasse delle ordi-
nate positive coincidente col semiasse delle ascisse positive di π (si veda la figura 1.1.4).

§.1.2.FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE LIMITATE. Poniamo le seguenti defini-


zioni:

DEF.l.2.l. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è dotata di minimo (risp. dotata di massimo) se l'insieme f ( X ) è dotato di minimo (risp.
dotato di massimo) o, equivalentemente, se esiste un elemento x0 di X tale che, se x è un elemento di X, ri-
sulta: f ( x ) ≥ f (x 0 ) (risp. f ( x ) ≤ f (x 0 ) )
f ( x0 ) si chiama il minimo (risp. il massimo) di f o il primo elemento (risp. l'ultimo elemento) di f o
ancora il più piccolo elemento (risp. il più grande elemento) di f e si denota con uno dei seguenti due simbo-
li: min f ( X ) o min f ( x ) (risp. max f ( X ) o max f ( x ) ).
x∈ X x∈ X

All'elemento x0 di X si da il nome di punto di minimo (risp. punto di massimo) di f.

Si osservi che se f è una funzione dotata di minimo o di massimo allora evidentemente il minimo o il
massimo di f è unico mentre possono esistere più punti di minimo o di massimo di f.
Ad esempio la funzione x ∈ [0,1] → 3 x − 7 è dotata di minimo, il suo minimo è − 7 ed il punto di mi-
nimo è 0, è dotata di massimo, il suo massimo è − 4 ed il punto di massimo è 1, mentre la funzione definita
in R, che ad ogni elemento di R − Q associa 0 e ad ogni elemento di Q associa 1 è dotata di minimo, il suo
minimo è 0 ed ogni elemento di R − Q è un punto di minimo, è dotata di massimo, il suo massimo è 1 ed
ogni elemento di Q è un punto di massimo.

DEF.l.2.2. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) se l'insieme f ( X ) è limitato infe-
riormente (risp. limitato superiormente) o, equivalentemente, se esiste un numero reale h tale che risulti
f ( x ) ≥ h (risp. f ( x ) ≤ h ) per ogni elemento x di X o ancora se esiste un numero reale h tale che risulti
f ( X ) ⊆ [h,+∞[ (risp. f ( X ) ⊆ ]− ∞, h] ).
Al numero reale h si da il nome di minorante (risp: maggiorante) di f.

DEF.l.2.3. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è limitata se f ( X ) è limitato o, equivalentemente, se esistono due numeri reali, h e k, tale
che risulti h ≤ f ( x ) ≤ k per ogni elemento x di X o ancora se esistono due numeri reali, h e k, tali che risulti
f ( X ) ⊆ [h, k ] .

DEF.l.2.4. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice estremo inferiore (risp. estremo superiore) di f e si denota con uno dei due seguenti simboli
inf f ( X ) o inf f ( x ) (risp. sup f ( X ) o sup f ( x ) ) l'estremo inferiore (risp. l'estremo superiore) di f ( X ) .
x∈ X x∈ X
39

OSSERVAZIONE.l.2.5. Se X è una parte non vuota di R ed f è una funzione reale definita in X, se f è


dotata di minimo (risp. di massimo) allora f è limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) e risulta
inf f ( X ) = min f ( X ) (risp. sup f ( X ) = max f ( X ) ).

OSSERVAZIONE.l.2.6. Si noti che se X è una parte non vuota di R ed f è una funzione reale definita
in X allora evidentemente il grafico G f di f è incluso in X × f ( X ) .

Da quanto affermato nell'osservazione 1.2.6 consegue facilmente che:

Se f è limitata inferiormente allora è: G f ⊆ R × [inf f ( X ),+∞[ .


Se f è limitata superiormente allora è: G f ⊆ R × ]− ∞, sup f ( X )].
Se f è limitata allora è: G f ⊆ R × [inf f ( X ), sup f ( X )] .
Se X è limitata inferiormente allora è: G f ⊆ [inf X ,+∞[× R .
Se X è limitata superiormente allora è: G f ⊆ ]− ∞, sup X ]× R .
Se X è limitata allora è: G f ⊆ [inf X , sup X ]× R .

Al Lettore il non difficile compito di dire in quale parte di R 2 è incluso G f nell'ipotesi che sia:

l°). f limitata inferiormente ed X limitata inferiormente.


2°). f limitata inferiormente ed X limitata superiormente.
3°). f limitata inferiormente ed X limitata.
4°). f limitata superiormente ed X limitata inferiormente.
5°). f limitata superiormente ed X limitata superiormente.
6°). f limitata superiormente ed X limitata.
7°). f limitata ed X limitata inferiormente.
8°). f limitata ed X limitata superiormente.
9°). f limitata ed X limitata.

§.1.3.FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE MONOTONE.

DEF.l.3.l. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è decrescente (r.isp. crescente) in X o, più semplicemente, che f è decrescente (risp. cre-
scente) se per ogni coppia (x ′, x ′′) di elementi di X se è x ′ < x ′′ allora è f ( x ′) ≥ f ( x ′′) (risp. f ( x ′) ≤ f ( x ′′) ).
Si dice che f è strettamente decrescente (risp. strettamente crescente) in X o, più semplicemente, che f è
strettamente decrescente (risp. strettamente crescente) se per ogni coppia (x ′, x ′′) di elementi di X se è
x ′ < x ′′ allora è f ( x ′) > f ( x ′′) . (risp. f ( x ′) < f ( x ′′) ).

Nella figura 1.3.1 è rappresentato il grafico di una funzione decrescente, nella figura 1.3.2 è rappresen-
tato il grafico di una funzione crescente, nella figura 1.3.3 è rappresentato il grafico di una funzione stretta-
mente decrescente e nella figura 1.3.4 è rappresentato il grafico di una funzione strettamente crescente.
40
DEF.1.3.2. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se f è decrescente o crescente (risp. strettamente decrescente o strettamente crescente) allora si dice
che f è monotona (risp. strettamente monotona).

D'immediata verifica è la seguente proposizione:

1.3.3. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se f è strettamente monotona, allora f è biunivoca.
Conseguentemente f è biunivoca su f ( X ) e la sua funzione inversa è strettamente decrescente se f è
strettamente decrescente è strettamente crescente se f è strettamente crescente.

È ora opportuno introdurre le operazioni algebriche nell'insieme delle funzioni reali:

DEF.1.3.4. Siano: X una parte non vuota di R ed f e g due funzioni reali definite in X.
Si dice somma delle funzioni f e g e si denota col simbolo f + g la funzione che ad ogni elemento x di
X associa il numero reale f ( x ) + g ( x ) .
Si dice prodotto delle funzioni f e g e si denota col simbolo fg la funzione che ad ogni elemento x di X
associa il numero reale f ( x )g ( x ) .
Se per ogni elemento x di X è g (x ) ≠ 0 si dice rapporto delle funzioni f e g e si denota col simbolo
f g la funzione che ad ogni elemento x di X associa il numero reale f ( x ) g ( x ) .

È ovvio che le operazioni somma e prodotto di funzioni sopra definite godono entrambe delle proprietà
commutati va ed associativa, inoltre è anche valida la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma.

OSSERVAZIONE.1.3.5. Se X è una parte non vuota di R ed f e g sono due funzioni reali definite in X,
se g è costante ed è g ( x ) = a per ogni elemento x di X, allora la somma f + g si denota pure col simbolo
f + a e si chiama la somma della funzione f col numero reale a e il prodotto fg si denota pure col simbolo
af e si chiama il prodotto della funzione f per il numero reale a, si pone 1 f = f e (−1) f = − f .

Più in generale se X è una parte non vuota di R, se n è un numero intero maggiore di uno, se
f1 , f 2 ,...., f n sono n funzioni reali definite in X e se a1 , a 2 ,...., a n sono n numeri reali è evidente cosa debba
intendersi con i simboli a1 f 1 + a 2 f 2 + .... + a n f n ed f1 f 2 .... f n .
Alla funzione a1 f 1 + a 2 f 2 + .... + a n f n si da anche il nome di combinazione lineare delle funzioni
n
f1 , f 2 ,...., f n tramite i numeri reali a1 , a 2 ,...., a n e si denota pure col simbolo ∑a
i =1
i fi .

D'immediata verifica sono le seguenti proposizioni:

1.3.6. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia decrescente (risp. strettamente decrescente) è che la
funzione − f sia crescente (risp. strettamente crescente).

1.3.7. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed a un numero reale.
Se f è decrescente (risp. strettamente decrescente) allora f + a è decrescente (risp. strettamente decre-
scente).
Se f è crescente (risp. strettamente crescente) allora f + a è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f è decrescente (risp. strettamente decrescente) ed a è positivo allora af è decrescente (risp. stret-
tamente decrescente), se invece a è negativo allora af è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f è crescente (risp. strettamente crescente) ed a è positivo allora af è crescente (risp. strettamente
crescente), se invece a è negativo allora af è decrescente (risp. strettamente decrescente).
41

1.3.8. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se f è decrescente (risp. strettamente decrescente) ed f (x ) è positivo per ogni elemento x di X o nega-
tivo per ogni elemento x di X allora 1 f è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f è crescente (risp. strettamente crescente) ed f ( x ) è positivo per ogni elemento x di X o negativo
per ogni elemento x di X allora 1 f è decrescente (risp. strettamente decrescente).

1.3.9. Siano: X una parte non vuota di R ed f e g due funzioni reali definite in X.
Se f e g sono decrescenti (risp. se f è decrescente e g è strettamente decrescente) allora f + g è decre-
scente (risp. strettamente decrescente).
Se f e g sono crescenti (risp. se f è crescente e g è strettamente crescente) allora f + g è crescente
(risp. strettamente crescente).
Se f e g sono decrescenti (risp. se f è decrescente e g è strettamente decrescente) ed f ( x ) e g ( x ) sono
entrambi maggiori di zero per ogni elemento x di X allora fg è decrescente (risp. strettamente decrescente).
Se f e g sono decrescenti (risp. se f è decrescente e g è strettamente decrescente) ed f ( x ) e g ( x ) sono
entrambi minori di zero per ogni elemento x di X allora fg è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f e g sono crescenti (risp. se f è crescente e g è strettamente crescente) ed f ( x ) e g ( x ) sono en-
trambi maggiori di zero per ogni elemento x di X allora fg è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f e g sono crescenti (risp. se f è crescente e g è strettamente crescente) ed f ( x ) e g ( x ) sono en-
trambi minori di a zero per ogni elemento x di X allora fg è decrescente (risp. strettamente decrescente).

1.3.10. Siano: X ed Y due parti non vuote di R, f una funzione reale definita in X ed a valori in Y e g
una funzione reale definita in Y.
Se f e g sono entrambe decrescenti o entrambe crescenti (risp. entrambe strettamente decrescenti o en-
trambe strettamente crescenti) allora g o f è crescente (risp. strettamente crescente).
Se f e g sono l'una decrescente è l'altra crescente (risp. l'una strettamente decrescente e l'altra stretta-
mente crescente) allora g o f è decrescente (risp. strettamente decrescente).

§.1.4.FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE CONVESSE.

DEF.1.4.1. Siano: X un intervallo di R con inf X < sup X ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è convessa (risp. concava) se per ogni coppia (a, b ) di elementi di X con a < b e per ogni
f (a ) − f (b )
elemento x di ]a, b[ risulta: f ( x ) ≤ (x − b ) + f (b ) (risp. f (x ) ≥ f (a ) − f (b ) (x − b ) + f (b ) ).
a−b a−b
Si dice che f è strettamente convessa (risp. strettamente concava) se per ogni coppia (a, b ) di elementi
f (a ) − f (b )
di X con a < b e per ogni elemento x di ]a, b[ risulta: f ( x ) < (x − b ) + f (b ) (risp. f (x ) >
a −b
f (a ) − f (b )
> (x − b ) + f (b ) ).
a−b

Nella figura 1.4.1 è rappresentato il grafico di una funzione convessa, nella figura 1.4.2.è rappresentato
il grafico di una funzione concava, nella figura 1.4.3 è rappresentato il grafico di una funzione strettamente
convessa e nella figura 1.4.4 è rappresentato il grafico di una funzione strettamente concava.
42
D'immediata verifica è la seguente proposizione:

1.4.2. Siano: X un intervallo di R con inf X < sup X ed f una funzione reale definita in X.
Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia convessa è che − f sia concava.
Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia strettamente convessa è che − f sia strettamente
concava.

È possibile dimostrare la seguente altra proposizione:

1.4.3. Siano: X un intervallo di R con inf X < sup X ed f una funzione reale definita in X.
Se f è monotona ed f ( X ) è un intervallo allora sono vere le seguenti equivalenze:
Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia convessa (risp. concava) è che per ogni coppia (a, b )
⎛ a + b ⎞ f (a ) + f (b ) ⎛ a + b ⎞ f (a ) + f (b )
di elementi distinti di X risulti: f ⎜ ⎟≤ (risp. f ⎜ ⎟≥ ).
⎝ 2 ⎠ 2 ⎝ 2 ⎠ 2
Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia strettamente convessa (risp. strettamente concava) è
⎛ a + b ⎞ f (a ) + f (b ) ⎛a+b⎞
che per ogni coppia (a, b ) di elementi distinti di X risulti: f ⎜ ⎟< (risp. f ⎜ ⎟>
⎝ 2 ⎠ 2 ⎝ 2 ⎠
f (a ) + f (b )
> ).
2

Chiudiamo questo paragrafo ponendo la seguente altra definizione:

DEF.l.4.4. Siano: X un intervallo di R con inf X < sup X , f una funzione reale definita in X ed x0 un
elemento di X maggiore di inf X e minore di sup X .
Si dice che x0 è un punto di flesso per f se esiste un numero reale positivo δ tale che la restrizione di f
ad X I ]x0 − δ , x 0 ] è convessa (risp. concava) e la restrizione di f ad X I [x0 , x0 + δ [ è concava (risp. con-
vessa).
Si dice che x0 è un punto di flesso proprio per f se esiste un numero reale positivo δ tale che la restri-
zione di f ad X I ]x0 − δ , x 0 ] è strettamente convessa (risp. strettamente concava) e la restrizione di f ad
X I [x0 , x0 + δ [ è strettamente concava (risp. strettamente convessa).

Nella figura 1.4.5 è rappresentato il grafico di una funzione che ha in x0 un punto di flesso e nella fi-
gura 1.4.6 è rappresentato il grafico di una funzione che ha in x0 un punto di flesso proprio.

§.1.5.FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE SIMMETRICHE.

DEF.l.5.l. Siano: X una parte non vuota di R ed x0 un numero reale.


Si dice che X è simmetrica rispetto ad x0 se, per ogni numero reale x, dire che x0 − x appartiene ad X
equivale a dire che x0 + x appartiene ad X.

D'immediata verifica è la seguente proposizione:


43
1.5.2. Siano: X una parte non vuota di R ed x0 un numero reale.
Se X è simmetrica rispetto ad x0 allora sono vere le seguenti due equivalenze:
1°). X limitata inferiormente ⇔ X limitata superiormente.
2°). X dotata di minimo ⇔ X dotata di massimo.

ESEMPI.1.5.3.

1°). Sia X un intervallo non vuoto di R.


Se X è chiuso e limitato o aperto e limitato allora X è simmetrico solo rispetto al suo punto medio.
Se è X = R allora X è simmetrico rispetto ad ogni suo punto.
Se X è un intervallo limitato superiormente semiaperto o inferiormente semiaperto o se X è un interval-
lo non limitato superiormente e limitato inferiormente o non limitato inferiormente e limitato superiormente
allora non esiste alcun numero reale rispetto al quale X è simmetrico.

2°). Z è simmetrico rispetto ad ogni suo punto ed anche rispetto al punto medio di ogni intervallo di R
avente per estremi due elementi consecutivi di Z.

3°). Q è simmetrico rispetto ad ogni suo elemento.

DEF.l.5.4. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale x0 tale che X sia simmetrica rispetto ad x0 e tale inoltre che, per ogni nume-
ro reale x per cui x0 − x appartiene ad X, risulta f ( x 0 − x ) = f ( x0 + x ) allora si dice che f è x0 -simmetrica.
Se esistono due numeri reali x0 ed y 0 tali che X sia simmetrica rispetto ad x0 e tale inoltre che, per
ogni numero reale x per cui x0 − x appartiene ad X, risulta f ( x0 − x ) − y 0 = −( f ( x0 + x ) − y 0 ) allora si dice
che f è (x 0 , y 0 ) -simmetrica.

DEF.l.5.5. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Si dice che f è una funzione pari se f è 0-simmetrica o, equivalentemente, se per ogni elemento x di X
risulta f (− x ) = f ( x ) .
Si dice che f è una funzione dispari se f è (0,0 ) -simmetrica o, equivalentemente, se per ogni elemento x
di X risulta f (− x ) = − f ( x ) .

OSSERVAZIONE.l.5.6. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale x0 (risp. una coppia di numeri reali (x 0 , y 0 ) ) tale che la funzione f risulti
x0 -simmetrica (risp. (x 0 , y 0 ) -simmetrica) allora per tracciare il grafico di f è sufficiente tracciare il grafico
G ′ della restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ e denotare quindi con G ′′ la curva del piano simmetrica della curva
G ′ rispetto alla retta di equazione x = x 0 (risp. rispetto al punto (x 0 , y 0 ) ) il grafico della funzione f è la cur-
va G ′ U G ′′ .

Chiudiamo questo paragrafo enunciando le seguenti due proposizioni d'immediata verifica:

1.5.7. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale x0 tale che la funzione f risulti x0 -simmetrica, allora:
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia decrescente (risp.
crescente) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia crescente (risp. decrescente).
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia strettamente decre-
scente (risp. strettamente crescente) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia strettamente crescente (risp.
strettamente decrescente).
44
Se esiste una coppia di numeri reali (x 0 , y 0 ) tale che la funzione f risulti (x 0 , y 0 ) -simmetrica, allora:
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia decrescente (risp.
crescente) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia decrescente (risp. crescente).
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia strettamente decre-
scente (risp. strettamente crescente) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia strettamente decrescente
(risp. strettamente crescente).

1.5.8. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale x0 tale, che la funzione f risulti x0 -simmetrica e tale inoltre che
X I ]− ∞, x 0 ] sia un intervallo, allora:
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia convessa (risp.
concava) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia convessa (risp. concava).
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia strettamente con-
vessa (risp. strettamente concava) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia strettamente convessa (risp.
strettamente concava).
Se esiste una coppia di numeri reali (x 0 , y 0 ) tale che la funzione f risulti (x 0 , y 0 ) -simmetrica e tale i-
noltre che X I ]− ∞, x 0 ] sia un intervallo, allora:
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia convessa (risp. con-
cava) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia concava (risp. convessa).
Condizione necessaria e sufficiente affinché la restrizione di f ad X I ]− ∞, x 0 ] sia strettamente con-
vessa (risp. strettamente concava) è che la restrizione di f ad X I [x0 ,+∞[ sia strettamente concava (risp.
strettamente convessa).

§.1.6.FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE PERIODICHE.

DEF.l.6.1. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale positivo w tale che, per ogni elemento x di X e per ogni elemento k di
Z , x + kw appartiene ad X e risulta f ( x + kw) = f (x ) , allora si dice che la funzione f è w-periodica o, equiva-
lentemente, che la funzione f è periodica di periodo w.

OSSERVAZIONE.1.6.2. Siano: X una parte non vuota di R ed f una funzione reale definita in X.
Se esiste un numero reale positivo w tale che la funzione f è w-periodica allora:
1°). Per ogni numero intero positivo n la funzione f è nw-periodica.
2°). La parte X di R è non limitata sia inferiormente che superiormente.
3°). Per tracciare il grafico di f è sufficiente tracciare il grafico della restrizione di f ad X I [0, w[ ed
osservare che, per ogni elemento k di Z, il grafico della restrizione di f ad X I [(k − 1)w, kw[ è il traslato del
grafico della restrizione di f ad X I [0, w[ ottenuto facendo in modo che il punto (0,0 ) si sovrapponga al
punto ((k − 1)w,0 ) ed il punto (w,0 ) si sovrapponga al punto (kw,0 ) .

Avendo fin qui definito le principali proprietà delle funzioni reali di una variabile reale che nel seguito
avremo modo di studiare è ora opportuno porre la seguente definizione che servirà a rendere più spedito il
linguaggio:

DEF.1.6.3. Siano: X una parte non vuota di R, Y una parte non vuota di X ed f una funzione reale defi-
nita in X.
Se la restrizione di f ad Y è dotata di minimo (risp. di massimo) allora diremo che f è dotata di minimo
(risp. dotata di massimo) in Y.
45
Se la restrizione di f ad Y è limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) allora diremo che f è
limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) in Y.
Se la restrizione di f ad Y è limitata allora diremo che f è limitata in Y.
Se la restrizione di f ad Y è monotona (risp. strettamente monotona) allora diremo che f è monotona
(risp. strettamente monotona) in Y.
Se la restrizione di f ad Y è concava o convessa (risp. strettamente concava o strettamente convessa) al-
lora diremo che f è concava o convessa (risp. strettamente concava o strettamente convessa) in Y.
Se la restrizione di f ad Y è x0 -simmetrica (risp. (x 0 , y 0 ) -simmetrica) allora diremo che f è x0 -sim-
metrica (risp. (x 0 , y 0 ) -simmetrica) in Y.
Se la restrizione di f ad Y è w-periodica allora diremo che f è w-periodica in Y.

§.1.7.LE SUCCESSIONI DI NUMERI REALI-IL NUMERO DI NEPERO. Se S è un insieme non


vuoto una funzione x definita in N ed a valori in S si chiama anche successione di elementi di S, il valore
x(n ) di x in n, più spesso, si denota col simbolo x n ed in questo caso la successione si denota pure con uno
dei due seguenti simboli: ( x n )n∈N o x1 , x 2 ,...., x n ,.... e, quando non è chiaro quale è l'insieme dei valori della
successione, può completarsi il simbolo usato con la scrittura: x n ∈ S per ogni numero intero positivo n.

Per esempio il simbolo ([n,+∞[)n∈N sta a denotare la funzione n ∈ N → [n,+∞[ ed il simbolo


( n + 1)
n 2
, sta a denotare la funzione n ∈ N → n n 2 + 1 , la prima successione qui considerata può anche
n∈N

denotarsi col simbolo [1,+∞[, [2,+∞[,...., [n,+∞[,.... ed è un esempio di successione di intervalli chiusi di R non
limitati superiormente e la seconda successione qui considerata può anche denotarsi col simbolo
2, 5 ,...., n n 2 + 1,.... ed è un esempio di successione di numeri reali positivi.

Di non difficile verifica è la seguente proposizione:

1.7.1. Sia ( x n )n∈N una successione di numeri reali.


Condizione necessaria e sufficiente affinché ( x n )n∈N sia decrescente (risp. strettamente decrescente) è
che, per ogni numero intero positivo n, risulti: x n ≥ x n +1 (risp. x n > x n +1 ).
Condizione necessaria e sufficiente affinché ( x n )n∈N sia crescente (risp. strettamente crescente) è che,
per ogni numero intero positivo n, risulti: x n ≤ x n +1 (risp. x n < x n +1 ).

Poniamo ora la seguente definizione:

DEF.l.7.2. Siano: S un insieme, non vuoto, ( x n )n∈N una successione di elementi di S ed (nh )h∈N una
successione strettamente crescente di numeri interi positivi.
Si dice successione estratta dalla successione ( x n )n∈N tramite la successione (nh )h∈N la successione
( )
x nh h∈N composta dalla successione ( x n )n∈N e dalla successione (nh )h∈N .

OSSERVAZIONE.l.7.3. Si noti che se (nh )h∈N è una successione strettamente crescente di numeri in-
teri positivi l'insieme dei valori n( N ) della successione (nh )h∈N è una parte non vuota di N, non limitata su-
periormente e risulta: n1 = min n( N ) e, se h è un numero intero maggiore di uno, nh =
= min (n( N ) − {n1 , n 2 ,...., n h −1 }) ), viceversa, se N ′ è una parte non vuota di N non limitata superiormente, al-
lora posto: n1 = min n( N ′) e, per ogni numero intero h maggiore di uno, nk = min ( N ′ − {n1 , n2 ,...., nk −1 }) la
successione (nh )h∈N è strettamente crescente e biunivoca su N ′ , conseguentemente se S è un insieme non
vuoto, se ( x n )n∈N è una successione di elementi di S, se N ′ è una parte non vuota di N non limitata supe-
46
riormente e se (nh )h∈N è la successione strettamente crescente e biunivoca su N ′ allora parlare di restrizione
della successione ( x n )n∈N ad N ′ è la stessa cosa che parlare di successione estratta dalla successione ( x n )n∈N
tramite la successione (nh )h∈N .

Per esempio è facile rendersi conto che (2h )h∈N e 3 h ( ) h∈N sono due successioni strettamente crescenti
di numeri interi positivi e quindi ([2h,+∞[)h∈N e ([3 ,+∞[ )h
h∈N sono, la prima successione estratta dalla suc-

cessione ([n,+∞[)n∈N tramite la successione (2h )h∈N e la seconda successione estratta dalla successione
([n,+∞[)n∈N tramite la successione 3 h ( ) h∈N .

Al Lettore il compito di scrivere le due successioni estratte dalla successione ( n + 1)


n 2
n∈N tramite le
due successioni di numeri interi positivi strettamente crescenti prima considerate.

Molto utile per le applicazioni è la seguente definizione:

DEF.l.7.4. Siano: x0 un numero reale ed ( x n )n∈N una successione di numeri reali.


Si dice che ( x n )n∈N è una successione che approssima per difetto (risp. che approssima per eccesso) x0
se ( x n )n∈N è strettamente crescente (risp. strettamente decrescente) e risulta: sup x n = x0 (risp. inf x n = x0 ).
n∈N n∈N

Allo scopo di illustrare con un esempio la nozione di successione approssimante introdotta nella defi-
nizione 1.7.4 consideriamo la seguente successione di numeri razionali: (1 + 1 n ) n∈N ed osserviamo che
n
( )
possono dimostrarsi le seguenti due affermazioni:

l°). La successione (1 + 1 n )( n
)
n∈N è strettamente crescente, cioè, per ogni numero intero positivo n, ri-
sulta: (1 + 1 n ) < (1 + 1 (n + 1))
n n +1
.
2°). Per ogni numero intero positivo n risulta: 2 ≤ (1 + 1 n ) < 3 , cioè la successione (1 + 1 n )
n
( n
)
n∈N è
limitata.

Poniamo ora la seguente definizione:

DEF.1.7.5. Si dice numero di NEPERO e si denota col simbolo e il numero reale sup(1 + 1 n ) .
n

n∈N

È immediato rendersi conto che è: 2 < e ≤ 3 , d'altra parte è possibile dimostrare che e non è un numero
razionale e quindi è: 2 < e < 3 .

Il numero razionale 2,7182818285 ha le cifre decimali coincidenti con le prime dieci cifre decimali del
numero di NEPERO o, ciò che è lo stesso, il numero razionale 2,7182818285 approssima il numero di
NEPERO per difetto a meno di 1 10.000.000.000. .

Consideriamo ora la successione (1 + 1 n ) ( n +1


)
n∈N ed osserviamo che si può dimostrare la seguente af-
fermazione:

3°). La successione (1 + 1 n )( n +1
)
n∈N è strettamente decrescente, cioè, per ogni numero intero positivo n,
risulta: (1 + 1 n ) > (1 + 1 (n + 1))
n +1 n+ 2
.

D'altra parte, per ogni numero intero positivo n, è: 0 < (1 + 1 n ) − (1 + 1 n ) = (1 + 1 n ) n < 3 n ,


n +1 n n
47
quindi possiamo asserire che l'insieme degli elementi della successione (1 + 1 n ) ( n +1
)
n∈N e l'insieme degli e-
(
lementi della successione (1 + 1 n )
n +1
)
n∈N sono due parti contigue di R e pertanto è: inf (1 + 1 n ) ( n +1
)
n∈N = e.

Da quanto fin qui detto consegue che (1 + 1 n ) ( n


)
n∈N è una successione di numeri razionali approssi-
(
mante e per difetto e (1 + 1 n )
n +1
)
n∈N è una successione di numeri razionali approssimante e per eccesso, i-
noltre, se nei calcoli sostituiamo e con (1 + 1 n ) allora si commette un errore per difetto minore di 3 n ,
n

mentre se nei calcoli sostituiamo e con (1 + 1 n )


n +1
allora si commette un errore per eccesso sempre minore di
3 n.

Chiudiamo questo paragrafo osservando che la circostanza che l'insieme Q dei numeri razionali è den-
so in R ci permette di dimostrare che se x0 è un numero reale esistono due successioni di numeri razionali,
la prima che approssima x0 per difetto e la seconda che approssima x0 per eccesso.

Al Lettore il non difficile compito di dimostrare quanto sopra affermato.

§.1.8. LE FUNZIONI ELEMENTARI. In questo paragrafo definiremo alcune funzioni reali di una
variabile reale a cui daremo il nome di funzioni elementari e metteremo in evidenza alcune loro proprietà.

Nel seguito di questo paragrafo quando, data una funzione reale di una variabile reale f, parleremo di
grafico di f intenderemo parlare della rappresentazione del grafico di f su un piano su cui sia stato fissato un
sistema di assi cartesiani ortogonali.

1.8.1.(LA FUNZIONE COSTANTE). Sia c un numero reale, la funzione c : x ∈ R → c si chiama la


funzione costante, il suo grafico è la retta del piano di equazione y = c .
Se X è una parte non vuota di R è: c( X ) = {c} e c(∅ ) = ∅ ed essendo c( X ) = {c} la funzione costante è
dotata sia di minimo che di massimo ed ogni elemento di R è sia un punto di minimo che un punto di massi-
mo per c.
Se Y è una parte di R è: c −1 (Y ) = R se c ∈ Y e c −1 (Y ) = ∅ se c ∉ Y .
Se X è una parte non vuota di R la restrizione di c ad X si chiama la funzione costante in X.
⎧ x ∈ ∅ se è a ≤ c
Se a e un numero reale è: c( x ) < a ⇔ ⎨ e conseguentemente risulta c( x ) ≥ a ⇔
⎩ x ∈ R se è a > c
⎧ x ∈ R se è a ≤ c ⎧ x ∈ ∅ se è a < c ⎧ x ∈ R se è a < c
⇔⎨ ed essendo c( x ) ≤ a ⇔ ⎨ è pure c( x ) > a ⇔ ⎨ .
⎩ x ∈ ∅ se è a > c ⎩ x ∈ R se è a ≥ c ⎩ x ∈ ∅ se è a ≥ c

1.8.2.(LA FUNZIONE IDENTICA). La funzione i : x ∈ R → x si chiama la funzione identica, il suo


grafico è la retta del piano di equazione y = x (la retta bisettrice del primo e terzo quadrante).
La funzione identica è strettamente crescente e quindi biunivoca su R, la sua inversa è ancora la fun-
zione identica.
Se X è una parte di R è: i ( X ) = X ed essendo i (R ) = R la funzione identica non è limitata né inferior-
mente né superiormente.
Se Y è una parte di R è: i −1 (Y ) = Y .
Se X è una parte non vuota di R la restrizione i X di i ad X si chiama la funzione identica di X, i X è
biunivoca su X, conseguentemente è limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) se X è limitata infe-
riormente (risp. limitata superiormente), è dotata di minimo (risp. di massimo) se X è dotata di minimo (risp.
di massimo) ed ha un solo punto di minimo: il minimo di X (risp. un solo punto di massimo: il massimo di
X).
Se a è un numero reale evidentemente risulta: i ( x ) < a ⇔ x ∈ ]− ∞, a[ ed i ( x ) ≤ a ⇔ x ∈ ]− ∞, a ] e con-
48
seguentemente risulta i ( x ) ≥ a ⇔ x ∈ [a,+∞[ ed i ( x ) > a ⇔ x ∈ ]a,+∞[ .

1.8.3.(LA FUNZIONE VALORE ASSOLUTO). La funzione : x ∈ R → x si chiama la funzione


valore assoluto, essendo: x = x se è x ≥ 0 e x = − x se è x < 0 , il grafico della restrizione di a [0,+∞[
coincide con la semiretta del piano bisettrice del primo quadrante ed il grafico della restrizione di a
]− ∞,0] coincide con la semiretta del piano bisettrice del secondo quadrante, quindi la funzione non è
biunivoca.
È anche immediato rendersi conto che la restrizione di a [0,+∞[ è strettamente crescente e la restri-
zione di a ]− ∞,0] è strettamente decrescente.
⎧x ∈ ∅ se è a ≤ 0 ⎧x ∈ ∅ se è a < 0
Se a e un numero reale è: x < a ⇔ ⎨ e x ≤a⇔⎨ e conse-
⎩ x ∈ ]− a, a[ se è a > 0 ⎩ x ∈ [− a, a ] se è a ≥ 0
⎧x ∈ R se è a ≤ 0 ⎧x ∈ R se è a < 0
guentemente risulta: x ≥ a ⇔ ⎨ e x >a⇔⎨ .
⎩ x ∈ ]− ∞, a ] U [a,+∞[ se è a > 0 ⎩ x ∈ ]− ∞, a[ U ]a,+∞[ se è a ≥ 0

Essendo: R = [0,+∞[ la funzione valore assoluto è limitata inferiormente, è dotata di minimo, il suo
minimo è 0, ha un solo punto di minimo in 0 e non è limitata superiormente.
Si osservi in fine che la funzione è convessa ma non strettamente convessa.

1.8.4.(LA FUNZIONE POTENZA ENNESIMA E LA FUNZIONE RADICE ENNESIMA). Ri-


cordiamo che se n è un numero intero positivo ed x è un numero reale col simbolo x n si denota il numero
reale x se è n = 1 ed il numero reale che è il prodotto di n numeri reali tutti uguali ad x se è n > 1 , ciò ricor-
dato la funzione p n : x ∈ R → x n si chiama la funzione potenza ennesima.
È evidente che per ogni numero reale x, è: p n (− x ) = − p n ( x ) se n è dispari e p n (− x ) = p n ( x ) se n è pa-
ri, conseguentemente p n è una funzione dispari se n è dispari è una funzione pari se n è pari, pertanto per
tracciare il grafico della funzione p n è sufficiente tracciare il grafico della restrizione di p n a [0,+∞[ .

Allo scopo quindi di tracciare il grafico della restrizione della funzione p n a [0,+∞[ osserviamo che è
possibile dimostrare che sussistono le due seguenti affermazioni:

l°). La restrizione della funzione p n a [0,+∞[ è strettamente crescente e biunivoca su [0,+∞[ .


2°). Se è n > 1 la restrizione della funzione p n a [0,+∞[ è strettamente convessa.

Osserviamo ora che se è n = 1 la funzione p1 coincide con la funzione identica, mentre se è n > 1 il
grafico della restrizione di p n a [0,+∞[ ha l'andamento della curva tracciata nel primo riquadro della figura
1.8.1, nel secondo riquadro della figura 1.8.1 è rappresentato il grafico della funzione p n nell'ipotesi che n
sia un numero intero dispari maggiore di uno e nel terzo riquadro della figura 1.8.1 è rappresentato il grafico
della funzione p n nell'ipotesi che n sia un numero intero positivo pari.

Da quanto fin qui detto è immediato rendersi conto che sussistono le seguenti altre due affermazioni:
49
3°). Se n è un numero intero positivo dispari allora p n è strettamente crescente e risulta p n (R ) = R ,
conseguentemente p n non è limitata né inferiormente né superiormente e se inoltre n è un numero dispari
maggiore di uno allora la restrizione di p n a ]− ∞,0] è strettamente concava e pertanto, in quest'ultima ipote-
si, 0 è un punto di flesso proprio per la funzione p n .
4°). Se n è un numero intero positivo pari allora la restrizione di p n a ]− ∞,0] è strettamente decre-
scente e risulta p n (R ) = [0,+∞[ , conseguentemente p n è limitata inferiormente, è dotata di minimo, il suo
minimo è zero, ha un solo punto di minimo in 0 e non è limitata superiormente, inoltre p n è strettamente
convessa.

Quanto affermato nel punto l°) legittima la seguente definizione:

DEF.l.8.5. (DEFINIZIONE DI FUNZIONE RADICE ENNESIMA). Sia n un numero intero positi-


vo.
Si dice funzione radice ennesima la funzione inversa della restrizione della funzione p n a [0,+∞[ , cioè
la funzione x ∈ [0,+∞[ → y ∈ [0,+∞[ tale che risulti x = y n .

Se ora poniamo x = y n ⇔ n x = y possiamo scrivere la funzione radice ennesima sotto la seguente al-
tra forma: x ∈ [0,+∞[ → n x ∈ [0,+∞[ e ricordando quanto asserito nella proposizione 1.3.3 possiamo dire che
la funzione radice ennesima è strettamente crescente, è limitata inferiormente, è dotata di minimo, il suo mi-
nimo è zero, ha un solo punto di minimo in 0, non è limitata superiormente ed è strettamente concava.

Al Lettore il compito di tracciare il grafico della funzione radice ennesima ricordando quanto afferma-
to nell'osservazione 1.1.5 e tenendo presente il grafico tracciato nel primo riquadro della figura 1.8.1.

Notiamo ancora che, ricordando quanto affermato nel punto 3°), se n è un numero intero positivo di-
spari, è possibile definire la funzione inversa della funzione p n .

È ora evidente che se n è un numero intero dispari la funzione p n−1 è un prolungamento su R della fun-
zione radice ennesima, pertanto è possibile definire la radice ennesima di un numero reale negativo nell'ipo-
tesi che n sia un numero intero positivo dispari. Così facendo però, se non si presta molta attenzione nel fare
i calcoli, è facile incorrere in errori, per questo motivo per noi nel seguito quando si parlerà di funzione radi-
ce ennesima supporremo questa sempre definita nell'intervallo [0,+∞[ .
D'altra parte se proprio si vuole definire la radice ennesima di un numero reale negativo quando n è un
⎧⎪n x se è x ∈ [0,+∞[
numero intero positivo dispari può considerarsi la seguente funzione: η n : x ∈ R → ⎨
⎪⎩− − x se è x ∈ ]− ∞,0[
n

che, come è facile verificare, coincide con la funzione p n−1 , col vantaggio però che così facendo si sono eli-
minate le cause che inducono a commettere nei calcoli quegli errori di cui si è sopra parlato.

Al Lettore il facile compito di tracciare il grafico della funzione η n .

1.8.6.(LA FUNZIONE ESPONENZIALE E LA FUNZIONE LOGARITMICA). Se a è un numero


reale maggiore di zero ed x è un numero reale, definire la funzione esponenziale vuole dire dare significato
al simbolo a x facendo in modo che se x è un numero intero positivo allora, così come si è ricordato all'inizio
del punto 1.8.4, il simbolo a x denota il prodotto di x numeri reali tutti uguali ad a.
Per questo cominciamo col dire cosa debba intendersi per a x quando x è un elemento di Z, a tale sco-
po è sufficiente porre a x uguale al prodotto di x numeri reali tutti uguali ad a se x è un numero intero positi-
vo, a 0 = 1 e, se x è un numero intero negativo, porre: a x = 1 a − x (per esempio: a −5 = 1 a 5 ).
50
Siamo ora in grado di dire cosa debba intendersi per a x quando x è un numero razionale. Per questo
ricordiamo che se x è un numero razionale esistono un numero intero m ed un numero intero positivo n tali

= (a m )
m
1n
che risulti x = m n e quindi porre: a = ax n
= n a m (per esempio: a −1, 4 = a −7 5 = 5 a −7 = 1 5
a 7 ).

Possiamo quindi considerare la seguente funzione f a : x ∈ Q → a x ∈ ]0,+∞[ ed osservare che è possibi-


le dimostrare che la funzione f a gode delle seguenti tre proprietà:

l°). Se è 0 < a < 1 allora la funzione f a è strettamente decrescente, la funzione f 1 è costante ed assu-
me in ogni elemento di Q il valore uno e, se è a > 1 la funzione f a è strettamente crescente.
2°). Se x è un numero reale allora gli insiemi f a (Q I ]− ∞, x[) ed f a (Q I ]x,+∞[) sono contigui e se è
0 < a < 1 allora f a (Q I ]− ∞, x[) è l'insieme sovrastante ed f a (Q I ]x,+∞[) è l'insieme sottostante,
f1 (Q I ]− ∞, x[) = f1 (Q I ]x,+∞[) = {1} e, se è a > 1 , f a (Q I ]− ∞, x[) è l'insieme sottostante ed f a (Q I
I ]x,+∞[) è l'insieme sovrastante.
3°). Se x appartiene a Q allora l'elemento separatore di f a (Q I ]− ∞, x[) ed f a (Q I ]x,+∞[) è f a ( x ) .

È ora evidente che la funzione:

(*) x ∈ R → (l'elemento separatore di f a (Q I ]− ∞, x[) e di f a (Q I ]x,+∞[) ) ∈ ]0,+∞[

risulta essere, in virtù della proprietà 3°), un prolungamento su R della funzione f a e la proprietà l°) permet-
te di dimostrare che:

4°). Se è 0 < a < 1 la funzione (*) è strettamente decrescente e (biunivoca) su ]0,+∞[ , se è a = 1 la


funzione (*) è costante ed assume in ogni elemento di R il valore uno e se è a > 1 la funzione (*) è stretta-
mente crescente e (biunivoca) su ]0,+∞[ .

Inoltre può dimostrarsi che la funzione (*) gode della seguente altra proprietà:

5°). La funzione (*) è l'unico prolungamento su R della funzione f a che è monotono.

La proprietà 5°) ora enunciata legittima la seguente definizione:

DEF.1.8.7.(DEFINIZIONE DI FUNZIONE ESPONENZIALE). Se a è un numero reale maggiore


di zero si dice funzione esponenziale di base a la funzione (*) e, se x è un numero reale, il valore che essa as-
sume in x si denota col simbolo a x .

Pertanto la funzione esponenziale possiamo scriverla nel seguente modo: x ∈ R → a x ∈ ]0,+∞[ .

È ora facile rendersi conto che, se x è un numero reale, si ha:

a x = inf f a (Q I ]− ∞, x[) = inf a y = sup f a (Q I ]x,+∞[) = sup a y se è 0 < a < 1


y∈Q , y < x y∈Q , y > x

a x = sup f a (Q I ]− ∞, x[) = sup a y = inf f a (Q I ]x,+∞[) = inf a y se è a > 1


y∈Q , y < x y∈Q , y > x

Per comodità ricordiamo ancora che:

6°). Se è 0 < a < 1 dire che la funzione esponenziale di base a è strettamente decrescente equivale a di-
51
re che ∀( x ′, x ′′) ∈ R 2 se è x ′ < x ′′ allora è a x′ > a x′′ .
Se è a > 1 dire che la funzione esponenziale di base a è strettamente crescente equivale a dire che
∀( x ′, x ′′) ∈ R 2 se è x ′ < x ′′ allora è a x′ < a x′′ .

Ricordiamo anche che quando si parla di funzione esponenziale senza specificare la base si intende la
funzione esponenziale di base il numero e di NEPERO e spesso, se x è un numero reale, si pone: e x = exp x .

È ora immediato dimostrare la seguente proposizione:

1.8.8. Se a è un numero reale maggiore di zero e diverso da uno allora la funzione esponenziale di base
a è strettamente convessa.

DIM. Per questo siano x ed y due numeri reali distinti ed osserviamo che essendo la funzione esponen-
ziale di base a strettamente monotona e biunivoca e pertanto risulta: a x 2 − a y 2 ≠ 0 ⇔ a x 2 − a y 2 > 0 ⇔ ( )
2

( )
⇔ a x − 2a x 2 a y 2 + a y > 0 ⇔ a ( x + y ) 2 < a x + a y 2 e ciò, in virtù della proposizione 1.4.3, dimostra quanto
asserito.

Siamo ora in grado di tracciare il grafico della funzione esponenziale di base a (nel primo riquadro del-
la figura 1.8.2 è riportato il grafico della funzione esponenziale con 0 < a < 1 e nel secondo riquadro della
figura 1.8.2 è riportato il grafico della funzione esponenziale con a > 1 ).

Ricordiamo in fine esplicitamente che se a e b sono due numeri reali maggiori di zero ed x ed y sono
( )
due numeri reali allora si ha: a 0 = 1, a 1 = a, a − x = 1 a x , a x a y = a x + y , a x a y = a x − y , a x
y
= a xy ed a x b x =
= (ab ) .
x

La proprietà 4°) legittima la seguente definizione:

DEF.l.8.9.(DEFINIZIONE DI FUNZIONE LOGARITMICA). Siano: a un numero reale maggiore


di zero e diverso da uno ed x un numero reale positivo.
L'applicazione inversa della funzione esponenziale di base a si chiama la funzione logaritmica di base
a ed il suo valore in x si denota col simbolo log a x che si legge logaritmo in base a di x.

OSSERVAZIONE.1.8.10. Si noti che se a è un numero reale maggiore di zero e diverso da uno, se x è


un numero reale positivo e se y e un numero reale allora è: a log a x = x e log a a y = y .

Dalla proposizione 1.3.3 e dalla proprietà 4°) consegue la seguente altra proposizione:

1.8.11. Se a è un numero reale maggiore di zero e diverso da uno allora la funzione logaritmica di base
a è un'applicazione di ]0,+∞[ biunivoca su R, strettamente decrescente se è, 0 < a < 1 e strettamente cre-
scente se è a > 1 .

Per comodità ricordiamo ancora che:

7°). Se è 0 < a < 1 dire che la funzione logaritmica di base a è strettamente decrescente equivale a dire
che ∀( x ′, x ′′) ∈ ]0,+∞[ se è x ′ < x ′′ allora è log a x ′ > log a x ′′ .
2

Se è a > 1 dire che la funzione logaritmica di base a è strettamente crescente equivale a dire che
52
∀( x ′, x ′′) ∈ ]0,+∞[ se è x ′ < x ′′ allora è log a x ′ < log a x ′′ .
2

Ricordiamo anche che quando si parla di funzione logaritmica senza specificare la base si intende la
funzione logaritmica in base il numero e di NEPERO e, se x è un numero reale positivo, porremo;
log e x = log x .

Tenendo presente quanto detto nell'osservazione 1.1.5 e ricordando la figura 1.8.2 siamo in grado di
tracciare il grafico della funzione logaritmica di base a (nel primo riquadro della figura 1.8.3 è riportato il
grafico della funzione logaritmica con 0 < a < 1 e nel secondo riquadro della figura 1.8.3 è riportato il grafi-
co della funzione logaritmica con a > 1 ).

Osserviamo ancora che se a e b sono due numeri reali maggiori di zero e diversi da uno, se x ed y sono
due numeri reali positivi e se z è un numero reale allora si ha: log a ( xy ) = log a x + log a y, log a x z =
= z log a x, log a ( x y ) = log a x − log a y, e log a x = log b x log b a .

Osserviamo in fine che se a è un numero reale maggiore di zero e diverso da uno è: log a 1 = 0 e
log a a = 1 .

1.8.12.(LA FUNZIONE POTENZA) Se p è un numero reale la funzione x ∈ ]0,+∞[ → x p ∈ ]0,+∞[ si


chiama la funzione potenza di esponente p.

Si noti che la funzione potenza di esponente zero è la restrizione a ]0,+∞[ della funzione costante u-
guale ad uno, si noti ancora che se p è un numero intero positivo allora la funzione potenza di esponente p è
la restrizione a ]0,+∞[ della funzione potenza piesima e se p è il reciproco di un numero intero positivo allo-
ra la funzione potenza di esponente p è la restrizione a ]0,+∞[ della funzione radice 1/p-esima.

OSSERVAZIONE.1.8.13. Si osservi che se x è un numero reale positivo e p è un numero reale diverso


da zero si ha: x p = e log x = e p log x , conseguentemente, se poniamo f : x ∈ ]0,+∞[ → p log x ∈ R e g : y ∈
p

∈ R → e y ∈ ]0,+∞[ la funzione potenza di esponente p è uguale alla funzione g o f composta dalla funzione
g e dalla funzione f e pertanto essendo la funzione f biunivoca su R, strettamente decrescente se p è negativo
e strettamente crescente se p è positivo e la funzione g biunivoca su ]0,+∞[ e strettamente crescente, ricor-
dando le proposizioni 0.2.11 e 1.3.10, possiamo asserire che sussiste la seguente altra proposizione:

1.8.14. Se p è un numero reale diverso da zero allora la funzione potenza di esponente p è biunivoca su
]0,+∞[ ed è strettamente decrescente se p è negativo, è strettamente crescente se p è positivo.
Osserviamo che è possibile dimostrare la seguente altra proposizione:

1.8.15. Se p è un numero reale diverso da zero e da uno allora la funzione potenza di esponente p è
strettamente convessa se è p < 0 o p > 1 è strettamente concava se è 0 < p < 1 .

Siamo ora in grado di tracciare il grafico della funzione potenza di esponente p (nel primo riquadro
della figura 1.8.4 è riportato il grafico della funzione potenza di esponente p negativo, nel secondo riquadro
della figura 1.8.4 è riportato il grafico della funzione potenza di esponente p maggiore di zero e minore di
53
uno e nel terzo riquadro della figura 1.8.4 è riportato il grafico della funzione potenza di esponente p mag-
giore di uno).

ESERCIZIO.1.8.16. Se n è un numero intero positivo tracciare il grafico della funzione f n : x ∈


x ∈ R − {0} → 1 x n .

Osserviamo che la restrizione f n0 di f n a ]0,+∞[ è uguale alla funzione potenza di esponente − n ,


conseguentemente il grafico di f n0 ha un andamento analogo a quello del grafico tracciato nel primo riqua-
dro della figura 1.8.4.
Osserviamo inoltre che per ogni numero reale x diverso da zero risulta: f n (− x ) = − f n ( x ) se n è dispari
ed f n (− x ) = f n ( x ) se n è pari, quindi possiamo asserire che f n è una funzione dispari se n è dispari ed è una
funzione pari se n è pari.
Ricordando in fine quanto asserito nell'osservazione 1.5.6 siamo ora in grado di tracciare il grafico

della funzione f n (nella figura 1.8.5 è tracciato il grafico della funzione f n nell'ipotesi che n sia dispari e
nella figura 1.8.6 è tracciato il grafico della funzione f n nell’ipotesi che n sia pari)

1.8.17.(CENNI SULLE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE). Se denotiamo con Γ il sottoinsieme


{ }
di R : ( x, y ) ∈ R 2 , x 2 + y 2 = 1 , Γ è la circonferenza di R 2 con centro nell'origine degli assi coordinati e
2

raggio uguale ad uno.

DEF.1.8.18. Sia A un punto di Γ .


Si dice misura in radianti dell'angolo P0̂ A (si veda la figura 1.8.7) la lunghezza dell'arco di Γ di e-
stremi P ed A.

È immediato convincersi che la funzione x ∈ [0,2π [ → A ∈ Γ con A tale che la lunghezza dell'arco di
Γ di estremi P ed A sia uguale ad x è biunivoca su Γ , ciò legittima la seguente definizione:

DEF.1.8.19. Siano: A un punto di Γ ed x la misura in radianti dell'angolo P0̂ A .


Si dice coseno (risp. seno) di x e si denota col simbolo cos x (risp. senx ) l'ascissa (risp. l'ordinata) del
punto A.
54

Siano ora: f c : x ∈ [0,2π [ → cos x ∈ [− 1,1] ed f s : x ∈ [0,2π [ → senx ∈ [− 1,1].

È immediato convincersi che è: f c ([0,2π [) = f s ([0,2π [) = [− 1,1] , pertanto le funzioni f c ed f s sono en-
trambe limitate e dotate sia di minimo che di massimo, il loro minimo è − 1 ed il loro massimo è 1, π è l'u-
nico punto di minimo di f c , 3π 2 è l'unico punto di minimo di f s , 0 è l'unico punto di massimo di f c e
π 2 è l'unico punto di massimo di f s

È possibile ora dimostrare che: la restrizione a ]0,2π [ di f c è π -simmetrica e di f s è (π ,0 ) -simme-


trica, la restrizione a [0, π ] di f c è (π 2 ,0 ) -simmetrica e di f s è π 2 -simmetrica e la restrizione a [0, π 2]
di f c è strettamente decrescente e strettamente concava e di f s è strettamente crescente e strettamente con-
cava, osservando in fine che è: f c (π 2 ) = f s (0) = 0 siamo in grado di tracciare i grafici delle funzioni f c ed
f s (nel primo riquadro della figura 1.8.8 è tracciato il grafico della funzione f c e nel secondo riquadro della
figura 1.8.8 è tracciato il grafico della funzione f s ).

Si noti anche che π 2 e 3π 2 sono due punti di flesso proprio per la funzione f c mentre π è l'unico
punto di flesso proprio per la funzione f s .

1.8.20. (VALORI CHE LE FUNZIONI f c ED f s ASSUMONO IN 0, π 6 , π 4 , π 3 E π 2 ).

È evidente che è: cos 0 = 1 e sen0 = 0 .

Se è x = π 6 essendo il triangolo 0 AA ' equiangolo (si veda la figura 1.8.9) è anche equilatero e per-
tanto risu1ta: sen(π 6 ) = 1 2 e cos(π 6 ) = 1 − (1 2 ) = 3 2 .
2

Se è x = π 4 essendo il triangolo 0 AQ rettangolo in Q ed isoscele (si veda il primo riquadro della fi-
gura 1.8.10), si ha: cos(π 4) = sen(π 4 ) e quindi è: 2 cos 2 (π 4) = 2sen 2 (π 4 ) = 1 e conseguentemente risul-
ta: cos(π 4 ) = sen(π 4 ) = 1 2 = 2 2 .

Se è x = π 3 essendo il triangolo 0 AP equiangolo (si veda il secondo riquadro della figura 1.8.10) è
anche equilatero e pertanto è: cos(π 3) = 1 2 e sen(π 3) = 1 − (1 2 ) = 3 2 .
2

È in fine evidente che è: cos(π 2 ) = 0 e sen(π 2 ) = 1 .


55
OSSERVAZIONE.1.8.21. È immediato rendersi conto che se x è un numero reale allora esiste un solo
elemento di Z tale che il numero reale x + 2kπ appartenga a [0,2π [ .

L'osservazione 1.8.21 legittima la seguente definizione:

DEF.1.8.22. Siano: x un numero reale e k l'elemento di Z tale che x + 2kπ appartenga a [0,2π [ .
Si dice coseno (risp. seno) di x e si denota col simbolo cos x (risp. senx ) l'elemento di [− 1,1] cos( x +
+ 2kπ ) (risp. sen(x + 2kπ ) ).

Poniamo ora la seguente definizione:

DEF.1.8.23.(DEFINIZIONE DI FUNZIONE COSENO E DI FUNZIONE SENO). Si dice funzio-


ne coseno (risp. funzione seno) la funzione x ∈ R → cos x ∈ [− 1,1] (risp. x ∈ R → senx ∈ [− 1,1] ).

È evidente che la funzione coseno e la funzione seno sono entrambe periodiche di periodo 2π , inoltre
è immediato rendersi conto che la funzione coseno è pari e la funzione seno è dispari, essendo evidentemen-
te cos R = senR = [− 1,1] le funzioni coseno e seno sono entrambe limitate, entrambe dotate sia di minimo
che di massimo, il loro minimo è − 1 ed il loro massimo è 1, in fine è immediato rendersi conto che, per ogni
numero intero k, π + 2kπ è un punto di minimo per la funzione coseno, 3π 2 + 2kπ è un punto di minimo
per la funzione seno, 2kπ è un punto di massimo per la funzione coseno, π 2 + 2kπ è un punto di massimo
per la funzione seno, π 2 + kπ è un punto di flesso proprio per la funzione coseno e kπ è un punto di flesso
proprio per la funzione seno.

Al Lettore il non difficile compito di tracciare il grafico della restrizione all'intervallo [− 4π ,4π ] sia
della funzione coseno che della funzione seno.

Osserviamo ora che è immediato rendersi conto che, per ogni numero reale x, è: cos 2 x + sen 2 x = 1 .

Ricordiamo anche che se x ed y sono due numeri reali è possibile dimostrare che è:

⎧cos( x + y ) = cos x cos y − senxseny ⎧sen( x + y ) = senx cos y + cos xseny


(∗) ⎨ ⎨
⎩cos( x − y ) = cos x cos y + senxseny ⎩sen( x − y ) = senx cos y − cos xseny

Di non difficile verifica sono le seguenti due equivalenze: cos x = 0 ⇔ ∃h ∈ Z : x = π 2 + hπ e


senx = 0 ⇔ ∃h ∈ Z : x = hπ .

Le equivalenze sopra scritte legittimano la seguente definizione:

DEF.1.8.24.(DEFINIZIONE DI FUNZIONE TANGENTE E DI FUNZIONE COTANGENTE).


Si dice funzione tangente (risp. funzione cotangente) la funzione x ∈ R − U {π 2 + hπ } → senx cos x (risp.
h∈Z

x ∈ R − U {hπ } → cos x senx ).


h∈Z

Se x è un elemento di R − U {π 2 + hπ } (risp. di R − U {hπ }) si pone: senx cos x = tgx (risp.


h∈Z h∈Z

cos x senx = cot gx ) e al numero reale tgx (risp. cot gx ) si da il nome di tangente (risp. cotangente) di x.

Servendosi delle uguaglianze (∗) si dimostra facilmente che:

l°). La funzione tangente e la funzione cotangente sono entrambe periodiche di periodo π .


56

Con semplici considerazioni si dimostra anche che:

2°). La restrizione della funzione tangente all'intervallo ]− π 2 , π 2[ è una funzione dispari e la restri-
zione della funzione cotangente all'intervallo ]0, π [ , è una funzione (π 2 ,0 ) -simmetrica.

Essendo i triangoli 0 AB,0TP ed 0T ′P ′ simili è evidente che, se diciamo x la misura in radianti dell'an-
golo A0̂ B , si ha: tgx = TP e cot gx = T ′P ′ . (si veda la figura 1.8.11).

Da quanto ora messo in evidenza consegue facilmente che:

3°). La restrizione della funzione tangente all'intervallo [0, π 2[ è strettamente crescente e biunivoca su
[0,+∞[ e la restrizione della funzione cotangente all'intervallo ]0, π 2] è strettamente decrescete e biunivoca
su [0,+∞[ .

Servendosi delle uguaglianze (∗) e tenendo presente quanto affermato in 3°) si può dimostrare che:

4°). La restrizione della funzione tangente all'intervallo [0, π 2[ è strettamente convessa e la restrizione
della funzione cotangente all'intervallo ]0, π 2] è strettamente convessa.

Dopo quanto affermato nei punti 1°),2°),3°) e 4°) è facile rendersi conto che nel primo riquadro della
figura 1.8.12 è riportato il grafico della restrizione a ]− π 2 , π 2[ della funzione tangente e nel secondo ri-
quadro della figura 1.8.12 è riportato il grafico della restrizione a ]0, π [ della funzione cotangente.

Osserviamo in fine che (0,0 ) è un punto di flesso proprio per la funzione tangente e (π 2 ,0 ) è un pun-
to di flesso proprio per la funzione cotangente.

Al Lettore il compito di far vedere che si ha: tg 0 = 0, tg (π 6) = 3 3 , tg (π 4 ) = 1, tg (π 3) = 3 ,


cot g (π 6 ) = 3 , cot g (π 4) = 1, cot g (π 3) = 3 3 , cot g (π 2) = 0 .

Il Lettore farà un utile esercizio se traccia il grafico della restrizione a ]− 3π 2 ,− π 2[ U ]− π 2 , π 2[ U


U ]π 2 ,3π 2[ della funzione tangente ed il grafico della restrizione a ]− π ,0[ U ]0, π [ U ]π ,2π [ della funzione
cotangente.

1.8.25.(LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE INVERSE). Cominciamo con l'osservare che è


immediato rendersi conto che è:

1°). La funzione x ∈ [− π 2 , π 2] → senx ∈ [− 1,1] (la restrizione della funzione seno all'intervallo
[− π 2 , π 2] ) è strettamente crescente e biunivoca su [− 1,1] .
2°). La funzione x ∈ [0, π ] → cos x ∈ [− 1,1] (la restrizione della funzione coseno all'intervallo [0, π ] ) è
strettamente decrescente e biunivoca su [− 1,1] .
57
3°). La funzione x ∈ ]− π 2 , π 2[ → tgx ∈ R (la restrizione della funzione tangente all'intervallo
]− π 2 , π 2[ ) è strettamente crescente e biunivoca su R.
4°). La funzione x ∈ ]0, π [ → cot gx ∈ R (la restrizione della funzione cotangente all'intervallo ]0, π [ ) è
strettamente decrescente e biunivoca su R.

Quanto sopra osservato legittima la seguente definizione:

DEF.1.8.26.(LA DEFINIZIONE DI FUNZIONE ARCOSENO, DI FUNZIONE ARCOCOSENO,


DI FUNZIONE ARCOTANGENTE E DI FUNZIONE ARCOCOTANGENTE):

La funzione inversa della restrizione della funzione seno all'intervallo [− π 2 , π 2] si chiama la fun-
zione arcoseno e, se x è un elemento di [− 1,1] , il suo valore in x si denota col simbolo arcsenx che si legge
arcoseno di x ( x ∈ [− 1,1] → arcsenx ∈ [− π 2 , π 2] ).
La funzione inversa della restrizione della funzione coseno all'intervallo [0, π ] si chiama la funzione
arcocoseno e, se x è un elemento di [− 1,1] , il suo valore in x si denota col simbolo arccos x che si legge ar-
cocoseno di x ( x ∈ [− 1,1] → arccos x ∈ [0, π ] ).
La funzione inversa della restrizione della funzione tangente all'intervallo ]− π 2 , π 2[ si chiama la
funzione arcotangente e, se x è un numero reale, il suo valore in x si denota col simbolo arctgx che si legge
arcotangente di x ( x ∈ R → arctgx ∈ ]− π 2 , π 2[ ).
La funzione inversa della restrizione della funzione cotangente all'intervallo ]0, π [ si chiama la funzio-
ne arcocotangente e, se x è un numero reale, il suo valore in x si denota col simbolo arc cot gx che si legge
arcocotangente di x ( x ∈ R → arc cot gx ∈ ]0, π [ ).

OSSERVAZIONE. 1.8.27. Si noti che:


Se x è un elemento di [− 1,1] ed y è un elemento di [− π 2 , π 2] si ha: y = arcsenx ⇔ seny = x e con-
seguentemente risulta: y = arcsen(seny ) ed x = sen(arcsenx ) .
Se x è un elemento di [− 1,1] ed y è un elemento di [0, π ] si ha: y = arccos x ⇔ cos y = x e conseguen-
temente risulta: y = arccos(cos y ) ed x = cos(arccos x ) .
Se x è un numero reale ed y è un elemento di ]− π 2 , π 2[ si ha: y = arctgx ⇔ tgy = x e conseguen-
temente risulta: y = arctg (tgy ) ed x = tg (arctgx ) .
Se x è un numero reale ed y è un elemento di ]0, π [ si ha: y = arc cot gx ⇔ cot gy = x e conseguente-
mente risulta: y = arc cot g (cot gy ) ed x = cot g (arc cot gx ) .

Ricordando la proposizione 1.3.3, dalle 1°), 2°), 3°) e 4°) consegue la seguente proposizione:

1.8.28. Arcoseno è una funzione strettamente crescente e biunivoca su [− π 2 , π 2] .


Arcocoseno è una funzione strettamente decrescente e biunivoca su [0, π ] .
Arcotangente è una funzione strettamente crescente e biunivoca su ]− π 2 , π 2[ .
Arcocotangente è una funzione strettamente decrescente e biunivoca su ]0, π [ .

Possiamo quindi affermare che le funzioni arcoseno ed arcocoseno sono entrambe limitate e dotate sia
di minimo che di massimo. Il minimo della funzione arcoseno è − π 2 ed il punto di minimo è − 1 , il mini-
mo della funzione arcocoseno è 0 ed il punto di minimo è 1, il massimo della funzione arcoseno è π 2 ed il
punto di massimo è 1, il massimo della funzione arcocoseno è π ed il punto di massimo è − 1 .
Le funzioni arcotangente ed arcocotangente sono entrambe limitate e non dotate né di minimo né di
massimo e risulta: inf arctgx = − π 2 , sup arctgx = π 2 , inf arc cot gx = 0 e sup arc cot gx = π .
x∈R x∈R x∈R x∈R
58
Tenendo presente quanto affermato nell'osservazione 1.1.5 e ricordando i grafici della restrizione della
funzione seno all'intervallo [− π 2 , π 2] , della funzione coseno all'intervallo [0, π ] , della funzione tangente
all'intervallo ]− π 2 , π 2[ e della funzione cotangente all'intervallo ]0, π [ è facile rendersi conto che nella fi-
gura 1.8.13 nel primo riquadro è riportato il grafico della funzione arcoseno, nel secondo riquadro è riportato
il grafico della funzione arcocoseno, nel terzo riquadro è riportato il grafico della funzione arcotangente e nel
quarto riquadro è riportato il grafico della funzione arcocotangente.

Osserviamo ancora che le funzioni arcoseno, ed arcotangente sono dispari, le funzioni arcocoseno ed
arcocotangente sono (0, π 2 ) -simmetriche, la restrizione della funzione arcoseno all'intervallo [0,1] e la re-
strizione della funzione arcocotangente all'intervallo [0,+∞[ sono strettamente convesse e la restrizione della
funzione arcocoseno all'intervallo [0,1] e la restrizione della funzione arcotangente all'intervallo [0,+∞[ sono
strettamente concave e pertanto le funzioni arcoseno, arcocoseno, arcotangente ed arcocotangente hanno tut-
te e quattro in zero un punto di flesso proprio.

Al Lettore in fine il facile compito di verificare le seguenti uguaglianze:

( ) ( )
arcsen(− 1) = − π 2 , arcsen − 3 2 = − π 3 , arcsen − 2 2 = − π 4 , arcsen(− 1 2 ) = − π 6 , arcsen0 = 0
( ) ( )
arcsen(1 2) = π 6 , arcsen 2 2 = π 4 , arcsen 3 2 = π 3 , arcsen1 = π 2 .
( ) ( )
arccos(− 1) = π , arccos − 3 2 = 5π 6 , arccos − 2 2 = 3π 4 , arccos(− 1 2) = 2π 3 , arccos 0 = π 2
arccos(1 2) = π 3 , arccos( 2 2) = π 4 , arccos( 3 2) = π 6 , arccos1 = 0 .
arctg (− 3 ) = − π 3 , arctg (− 1) = − π 4 , arctg (− 3 3) = − π 6 , arctg 0 = 0, arctg ( 3 3) = π 3 , arctg1 =
= π 4 , arctg ( 3 ) = π 3 .
arc cot g (− 3 ) = 5π 6 , arc cot g (− 1) = 3π 4 , arc cot g (− 3 3) = 2π 3 , arc cot g 0 = π 2 , arc cot g ( 3 3) =
= π 3 , arc cot g1 = π 4 , arc cot g ( 3 ) = π 6 .

Chiudiamo questo paragrafo ricordando per comodità che:

5°). Dire che la funzione arcoseno è strettamente crescente equivale a dire che ∀( x ′, x ′′) ∈ [− 1,1] se è
2

x ′ < x ′′ allora è arcsenx ′ < arcsenx ′′ .


6°). Dire che la funzione arcocoseno è strettamente decrescente equivale a dire che ∀( x ′, x ′′) ∈ [− 1,1]
2

se è x ′ < x ′′ allora è arccos x ′ > arccos x ′′ .


7°). Dire che la funzione arcotangente è strettamente crescente equivale a dire che ∀( x ′, x ′′) ∈ R 2 se è
x ′ < x ′′ allora è arctgx ′ < arctgx ′′ .
8°). Dire che la funzione arcocotangente è strettamente decrescente equivale a dire che ∀( x ′, x ′′) ∈ R 2
se è x ′ < x ′′ allora è arc cot gx ′ > arc cot gx ′′ .

§.1.9.EQUAZIONI E DISEQUAZIONI-INSIEME DI DEFINIZIONE DI UNA FUNZIONE.


Cominciamo col formulare alcuni problemi:
59
PRIMO PROBLEMA. Se X è una parte non vuota di R, f è una funzione reale definita in X ed a è un
numero reale, determinare l'insieme: {x ∈ X , f ( x ) = a} = {x ∈ X , f ( x ) ∈ {a}} = f −1 ({a}) .

Questo primo problema formulato si denota col simbolo f ( x ) = a e si dice equazione reale nell'inco-
gnita x e primo membro f ( x ) .

Ogni elemento di f −1
({a}) si dice soluzione dell'equazione f (x ) = a .

Se f −1 ({a}) è vuoto allora si dice che l'equazione f ( x ) = a è incompatibile o, equivalentemente,che


l'equazione f ( x ) = a non ha soluzioni.

Se f −1 ({a}) è non vuoto allora si dice che l'equazione f ( x ) = a è compatibile o, equivalentemente, che
l'equazione f ( x ) = a ha almeno una soluzione.

SECONDO PROBLEMA. Se X è una parte non vuota di R, f è una funzione reale definita in X ed a è
un numero reale, determinare l'insieme: {x ∈ X , f ( x ) > a} = {x ∈ X , f ( x ) ∈ ]a,+∞[} = f −1 (]a,+∞[) (risp.
{x ∈ X , f (x ) < a} = {x ∈ X , f (x ) ∈ ]− ∞, a[} = f −1 (]− ∞, a[) ).
Il secondo problema formulato si denota col simbolo f ( x ) > a (risp. f ( x ) < a ) e si dice disequazione
stretta reale nell'incognita x e primo membro f ( x ) .

Ogni elemento di f −1
(]a,+∞[) (risp. f −1
(]− ∞, a[) ) si dice soluzione della disequazione stretta
f ( x ) > a (risp. f ( x ) < a ).

Se f −1 (]a,+∞[) (risp. f −1 (]− ∞, a[) ) è vuoto allora .si dice che la disequazione stretta f ( x ) > a (risp.
f ( x ) < a ) è incompatibile o, equivalentemente, che la disequazione stretta f ( x ) > a (risp. f ( x ) < a ) non ha
soluzioni.
Se f −1 (]a,+∞[) (risp. f −1 (]− ∞, a[) ) è non vuoto allora si dice che la disequazione stretta f ( x ) > a
(risp. f ( x ) < a ) è compatibile o, equivalentemente, che la disequazione stretta f ( x ) > a (risp. f ( x ) < a ) ha
almeno una soluzione.

TERZO PROBLEMA. Se X è una parte non vuota di R, f è una funzione reale definita in X ed a è un
numero reale, determinare l'insieme: {x ∈ X , f ( x ) ≥ a} = {x ∈ X , f (x ) ∈ [a,+∞[} = f −1 ([a,+∞[) (risp. {x ∈ X ,
f ( x ) ≤ a} = {x ∈ X , f ( x ) ∈ ]− ∞, a ]} = f −1
(]− ∞, a]) ).
Il terzo problema formulato si denota col simbolo f ( x ) ≥ a (risp. f ( x ) ≤ a ) e si dice disequazione rea-
le nell'incognita x e primo membro f ( x ) .

Ogni elemento di f −1
([a,+∞[) (risp. f −1
(]− ∞, a]) ) si dice soluzione della disequazione f (x ) ≥ a (risp.
f ( x ) ≤ a ).

Se f −1 ([a,+∞[) (risp. f −1 (]− ∞, a ]) ) è vuoto allora si dice che la disequazione f ( x ) ≥ a (risp.


f ( x ) ≤ a ) è in compatibile o, equivalentemente, che la disequazione f ( x ) ≥ a (risp. f ( x ) ≤ a ) non ha solu-
zioni.
Se f −1 ([a,+∞[) (risp. f −1 (]− ∞, a ]) ) è non vuoto allora si dice che la disequazione f ( x ) ≥ a (risp.
f ( x ) ≤ a ) è compatibile o, equivalentemente, che la disequazione f ( x ) ≥ a (risp. f ( x ) ≤ a ) ha almeno una
soluzione.
60

OSSERVAZIONE. 1.9.1. Si noti che se X è una parte non vuota di R, f è una funzione reale definita in
X ed a è un numero reale allora è: f −1 ([a,+∞[) = f −1 ({a}) U f −1 (]a,+∞[) , f −1 (]− ∞, a[) = X − f −1 ([a,+∞[) ed
f −1 (]− ∞, a ]) = X − f −1 (]a,+∞[) e quindi possiamo asserire che per risolvere una qualunque delle disequa-
zioni relative ad f ed a è sufficiente risolvere l'equazione f ( x ) = a e la disequazione stretta f ( x ) > a .

Al Lettore il non difficile compito di far vedere che per risolvere una qualunque delle disequazioni re-
lative ad f ed a è sufficiente risolvere l'equazione f ( x ) = a e la disequazione stretta f ( x ) < a .

Di non difficile dimostrazione sono le seguenti due proposizioni:

1.9.2. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale biunivoca definita in X ed a un numero
reale.
Se a non appartiene ad f ( X ) allora l'equazione f ( x ) = a è incompatibile.
Se a appartiene ad f ( X ) allora l'equazione f ( x ) = a ha una sola soluzione: f −1
(a ) .
1.9.3. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale strettamente monotona definita in X e ta-
le che f ( X ) sia un intervallo di R ed a un numero reale.
Se a non appartiene ad f ( X ) ed è f ( x ) > a per ogni elemento x di X allora risulta: f ( x ) > a ⇔ x ∈
∈ X , f ( x ) ≥ a ⇔ x ∈ X , f ( x ) < a ⇔ x ∈ ∅ ed f ( x ) ≤ a ⇔ x ∈ ∅ .
Se a non appartiene ad f ( X ) ed è f ( x ) < a per ogni elemento x di X allora risulta: f ( x ) > a ⇔ x ∈ ∅
f ( x ) ≥ a ⇔ x ∈ ∅, f ( x ) < a ⇔ x ∈ X ed f ( x ) ≤ a ⇔ x ∈ X .
Se a appartiene ad f ( X ) ed f è strettamente crescente allora risulta: f ( x ) > a ⇔ x ∈ X I] f −1 (a ),+∞[ ,
f ( x ) ≥ a ⇔ x ∈ X I [ f −1 (a ),+∞[, f ( x ) < a ⇔ x ∈ X I] − ∞, f −1 (a )[ ed f ( x ) ≤ a ⇔ x ∈ X I] − ∞, f −1 (a )] .
Se a appartiene ad f ( X ) ed f è strettamente decrescente allora risulta: f ( x ) > a ⇔ x ∈ X I
I] − ∞, f −1 (a )[ , f ( x ) ≥ a ⇔ x ∈ X I] − ∞, f −1
(a )], f (x ) < a ⇔ x ∈ X I] f −1 (a ),+∞[ ed f ( x ) ≤ a ⇔ x ∈ X I
I [ f −1 (a ),+∞[ .

Formuliamo ora il seguente altro problema:

QUARTO PROBLEMA. Siano: H e G due parti non vuote di R, h una funzione reale definita in H e
g una funzione reale definita in G.
Determinare il più grande sottoinsieme X di G in cui abbia significato l'espressione: f (x ) = h( g ( x )) .

Il quarto problema formulato si denota col simbolo x → f ( x ) e si esprime anche dicendo: trovare l'in-
sieme di definizione della funzione f.

OSSERVAZIONE.1.9.4. Si noti che, usando le stesse notazioni usate per formulare il quarto proble-
ma, se g X è la restrizione della funzione g ad X, risulta: f = h o g X .

ESERCIZI.1.9.5.

l°). x → log 2 ( x − 5) .
Essendo: x − 5 > 0 ⇔ x > 5 ⇔ x ∈ ]5,+∞[ si ha x ∈ ]5,+∞[ → log 2 ( x − 5) .

( )
2°). x → log x 2 − 4 .
Essendo: x 2 − 4 > 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,−2[ U ]2,+∞[ si ha x ∈ ]− ∞,−2[ U ]2,+∞[ → log x 2 − 4 . ( )
61
3°). x → log1 4 (1 − 3 x ).
Essendo: 1 − 3 x > 0 ⇔ 3 x < 1 = 3log 3 1 = 30 ⇔ x < 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,0[ si ha x ∈ ]− ∞,0[ → log1 4 (1 − 3 x ) .

(
4°). x → log 7 5 2 x − 3 ⋅ 5 x + 2 )
( )
Essendo: 5 2 x − 3 ⋅ 5 x + 2 > 0 ⇔ 5 x − 3 ⋅ 5 x + 2 > 0 ⇔ 5 x ∈ ]− ∞,1[ U ]2,+∞[ ⇔ 5 x < 1 = 5 log5 1 = 5 0
2
o
(
5 x > 2 = 5 log5 2 ⇔ x < 0 o x > log 5 2 si ha x ∈ ]− ∞,0[ U ]log 5 2,+∞[ → log 7 5 2 x − 3 ⋅ 5 x + 2 . )
5°). x → log(arctg log 2 (5 x + 1) − 1) .
Essendo: arctg log 2 (5 x + 1) − 1 > 0 ⇔ arctg log 2 (5 x + 1) > 1 = arctg (tg1) ⇔ 5 x + 1 > 2 tg1 ⇔ x > 2 tg1 − (
( ) ( )
− 1) 5 ⇔ x ∈] 2 tg1 − 1 5 ,+∞[ si ha x ∈] 2 tg1 − 1 5 ,+∞[→ log(arctg log 2 (5 x + 1) − 1) .

6°). x → arctg log 3 4 (2 x − 4 ) .


Essendo: ( ) ( )
x → arctg log 3 4 2 x − 4 ⇔ x → log 3 4 2 x − 4 ⇔ 2 x − 4 > 0 ⇔ 2 x > 4 = 2 log 2 4 = 2 2 ⇔ x >
> 2 ⇔ x ∈ ]2,+∞[ si ha x ∈ ]2,+∞[ → arctg log 3 4 (2 − 4)
x

7°). x → arc cot g log 5 (5 x − 1) .


Essendo: x → arc cot g log 5 (5 x − 1) ⇔ x → log 5 (5 x − 1) ⇔ 5 x − 1 > 0 ⇔ x > 1 5 ⇔ x ∈ ]1 5 ,+∞[ si ha
x ∈ ]1 5 ,+∞[ → arc cot g log 5 (5 x − 1)

8°). x → arctg log 2 (1 − log 5 7 (1 + 3x )).


Essendo: x → arctg log 2 (1 − log 5 7 (1 + 3x )) ⇔ x → log 2 (1 − log 5 7 (1 + 3 x )) ⇔ 1 − log 5 7 (1 + 3x ) > 0 ⇔
⇔ log 5 7 (1 + 3x ) < 1 = log 5 7 (5 7 ) ⇔ 1 + 3x > 5 7 ⇔ x > − 2 21 ⇔ x ∈ ]− 2 21,+∞[ si ha x ∈ ]− 2 21,+∞[ →
→ arctg log 2 (1 − log 5 7 (1 + 3x )) .

9°). x → arcsen(7 x − 2 ) .
Essendo: − 1 ≤ 7 x − 2 ≤ 1 ⇔ 1 ≤ 7 x ≤ 3 ⇔ 1 7 ≤ x ≤ 3 7 si ha x ∈ [1 7 , 3 7] → arcsen (7 x − 2 ) .

10°). x → arccos(3 − log1 2 (3x + 5)) .


Essendo: − 1 ≤ 3 − log1 2 (3x + 5) ≤ 1 ⇔ −4 ≤ − log1 2 (3x + 5) ≤ −2 ⇔ 2 ≤ log1 2 (3x + 5) ≤ 4 ⇔ log1 2 1 4 ≤
≤ log1 2 (3x + 5) ≤ log1 2 1 16 ⇔ 1 16 ≤ 3x + 5 ≤ 1 4 ⇔ − 79 48 ≤ x ≤ −19 12 ⇔ x ∈ [− 79 48 ,−19 12] si ha x ∈
∈ [− 79 48 , − 19 12] → arccos(3 − log1 2 (3x + 5)) .

11°). x → log(arcsen(2 − 5 x ) − π 4 ) .
Essendo: arcsen(2 − 5 x ) − π 4 > 0 ⇔ arcsen(2 − 5 x ) > π 4 = arcsen(sen(π 4)) = arcsen 2 2 ⇔ ( )
⇔ 2 2 < 2 − 5x ≤ 1 ⇔ ( ) ( ) (
2 − 4 2 < −5 x ≤ −1 ⇔ 1 ≤ 5 x < 4 − 2 2 ⇔ 1 5 ≤ x < 4 − 2 10 ⇔ x ∈ )
( ) ( )
∈ [1 5 , 4 − 2 10 [ si ha x ∈ [1 5 , 4 − 2 10 [→ log(arcsen(2 − 5 x ) − π 4 ) .

12°). x → arccos log 3 8 (1 − 3x ) − π 3 .


Essendo: arccos log 3 8 (1 − 3x ) − π 3 ≥ 0 ⇔ arccos log 3 8 (1 − 3x ) ≥ π 3 = arccos(cos(π 3)) = arccos1 2 ⇔
⇔ −1 ≤ log 3 8 (1 − 3x ) ≤ 1 2 ⇔ log 3 8 (8 3) ≤ log 3 8 (1 − 3x ) ≤ log 3 8 3 8 ⇔ 3 8 ≤ 1 − 3 x ≤ 8 3 ⇔ 3 8 − 1 ≤
( )
≤ −3 x ≤ 5 3 ⇔ − 5 3 ≤ 3 x ≤ 1 − 3 8 ⇔ − 5 9 ≤ x ≤ 1 − 3 8 3 ⇔ x ∈ [− 5 9 , 1 − 3 8 3] ( ) si ha x∈
( )
∈ [− 5 9 , 1 − 3 8 3] → arccos log 3 8 (1 − 3x ) − π 3 .
62

13°). x → log(arcsen(log1 3 (3 x + 1)) − π 6) .


Essendo: arcsen(log1 3 (3x + 1)) − π 6 > 0 ⇔ arcsen(log1 3 (3x + 1)) > π 6 = arcsen(sen(π 6)) =
= arcsen(1 2 ) ⇔ 1 2 < log1 3 (3x + 1) ≤ 1 ⇔ log1 3 ( )
3 3 < log1 3 (3x + 1) ≤ log1 3 (1 3) ⇔ 1 3 ≤ 3x + 1 < 3 3 ⇔
⇔ −2 9 ≤ x < ( )
3 − 3 9 si ha x ∈ [− 2 9 , ( )
3 − 3 9 [→ log(arcsen(log1 3 (3x + 1)) − π 6) .

14°). x → log 3 4 log log 7 8 log 2 (1 − x ) .


Essendo: log log 7 8 log 2 (1 − x ) > 0 = log 1 ⇔ log 7 8 log 2 (1 − x ) > 1 = log 7 8 (7 8) ⇔ 0 < log 2 (1 − x ) <
< 7 8 ⇔ log 2 1 < log 2 (1 − x ) < log 2 8 2 7 ⇔ 1 − 8 2 7 < x < 0 ⇔ x ∈]1 − 8 2 7 ,0[ si ha x ∈]1 − 8 2 7 ,0[→
→ log 3 4 log log 7 8 log 2 (1 − x )

−3 x − 4
15°). x → 4 2 x −1 .
2

x 2 −3 x − 4
−1 ≥ 0 ⇔ 2x −3 x − 4
≥ 1 = 2 log 2 1 = 2 0 ⇔ x 2 − 3 x − 4 ≥ 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,−1] U [4,+∞[ si ha
2
Essendo: 2
x ∈ ]− ∞,−1] U [4,+∞[ → 4 2 x −3 x − 4
−1 .
2

16°). x → log 3 x ( 2
+ 2 x −6
−9 . )
3 x + 2 x −6 − 9 > 0 ⇔ 3 x + 2 x −6 > 9 = 3log3 9 = 3 2 ⇔ x 2 + 2 x − 6 > 2 ⇔ x 2 + 2 x − 8 > 0 ⇔ x ∈
2 2
Essendo:
∈ ]− ∞,−4[ U ]2,+∞[ si ha x ∈ ]− ∞,−4[ U ]2,+∞[ → log 3 x + 2 x −6 − 9 .
2
( )
17°). x → (3 2x
− 1)(x 2 − 9) .
Essendo: 2x
(3 )( ) (
− 1 x 2 − 9 ≥ 0 ⇔ 32 x − 1 ≥ 0 e x 2 − 9 ≥ 0 o 32 x − 1 ≤ 0 e x 2 − 9 ≤ 0 ed essendo ) ( )
3 2x
−1 ≥ 0 ⇔ 3 ≥ 1 = 3
2x log 3 1
= 3 ⇔ 2 x ≥ 0 ⇔ x ≥ 0 e x − 9 ≥ 0 ⇔ x ≥ 9 ⇔ x ∈ ]− ∞,−3] U [3,+∞[
0 2 2

superiormente al segmento sono riportati i segni di 3 2 x − 1 ed inferiormente al seg-


mento sono riportati i segni di x 2 − 9 ) risulta 3 2 x − 1 x 2 − 9 ≥ 0 ⇔ x ∈ [− 3,0] U [3,+∞[ si ha ( )( )
x ∈ [− 3,0] U [3,+∞[ → (3 2x
− 1)(x 2 − 9) .

((
18°). x → log x 2 − 3x + 2 log 5 ( x + 1) . ) )
Essendo: (x 2
− 3x + 2 )log 5 ( x + 1) > 0 ⇔ (x 2 − 3x + 2 > 0 e log 5 ( x + 1) > 0 ) o (x 2
− 3x + 2 < 0 e
log 5 ( x + 1) < 0) ed essendo: x − 3x + 2 > 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,1[ U ]2,+∞[
2
e log 5 ( x + 1) > 0 = log 5 1 ⇔
⇔ x +1 > 1 ⇔ x > 0 superiormente al segmento sono riportati i segni di
x 2 − 3x + 2 ed inferiormente al segmento sono riportati i segni di log 5 ( x + 1) ) risulta
(x 2
− 3x + 2)log 5 ( x + 1) > 0 ⇔ x ∈ ]0,1[ U ]2,+∞[ si ha x ∈ ]0,1[ U ]2,+∞[ → log((x 2 − 3 x + 2 )log 5 ( x + 1)) .

19°). x → (x 4
− 16 ) (3 + 2 x − x 2 ) .
( )( ) (
Essendo: x 4 − 16 3 + 2 x − x 2 ≥ 0 ⇔ x 4 − 16 ≥ 0 e 3 + 2 x − x 2 > 0 o x 4 − 16 ≤ 0 e 3 + 2 x − x 2 < 0 ed ) ( )
essendo x 4 − 16 ≥ 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,−2] U [2,+∞[ e 3 + 2 x − x 2 > 0 ⇔ x ∈ ]− 1,3[
superiormente al segmento sono riportati i segni di x 4 − 16 ed inferiormente al segmento sono riportati i se-
gni di 3 + 2 x − x 2 ) risulta ( )(
x 4 − 16 3 + 2 x − x 2 ≥ 0 ⇔ x ∈ [− 2,−1[ U [2,3[ si ha x ∈ [− 2,−1[ U )
U [2,3[ → (x 4
)(
− 16 3 + 2 x − x 2 . )
63
20°). x → arcsen(( x + 1) ( x − 1)) .
Essendo: − 1 ≤ ( x + 1) ( x − 1) ≤ 1 ⇔ ( x + 1) ( x − 1) ≥ −1 e ( x + 1) ( x − 1) ≤ 1 ed essendo (x + 1) (x − 1) ≥
≥ −1 ⇔ ( x + 1) ( x − 1) + 1 ≥ 0 ⇔ 2 x ( x − 1) ≥ 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,0] U ]1,+∞[ e (x + 1) ( x − 1) ≤ 1 ⇔ ( x + 1) ( x − 1) −
− 1 ≤ 0 ⇔ 2 ( x − 1) ≤ 0 ⇔ x ∈ ]− ∞,1[ risulta − 1 ≤ ( x + 1) (x − 1) ≤ 1 ⇔ x ∈ (]− ∞,0] U ]1,+∞[) I ]− ∞,1[ = ]− ∞,0]
si ha x ∈ ]− ∞,0] → arcsen(( x + 1) (x − 1))

( )
21°). x → log x 3 + x + 1 .
Essendo: log(x + x + 1) ≥ 0 ⇔ log e
3 0
= log 1 ⇔ x 3 + x + 1 ≥ 1 ⇔ x(x 2 + 1) ≥ 0 ⇔ x ∈ [0,+∞[ si ha
x ∈ [0,+∞[ → log(x + x + 1) .
3

22°). x → arcsen( x − 1 − 2 ) .
Essendo: − 1 ≤ x − 1 − 2 ≤ 1 ⇔ 1 ≤ x − 1 ≤ 3 ⇔ x − 1 ≥ 1 e x − 1 ≤ 3 ed essendo x −1 ≥ 1 ⇔ x −1 ≤
≤ −1 o x − 1 ≥ 1 ⇔ x ≤ 0 o x ≥ 2 ⇔ x ∈ ]− ∞,0] U [2,+∞[ ed x − 1 ≤ 3 ⇔ −2 ≤ x ≤ 4 ⇔ x ∈ [− 2,4] risulta − 1 ≤
≤ x − 1 − 2 ≤ 1 ⇔ x ∈ (]− ∞,0] U [2,+∞[) I [− 2,4] si ha x ∈ [− 2,0] U [2,4] → arcsen( x − 1 − 2 ) .

(
23°). x → arcsen 2 x − 1 − 1 . )
Essendo: − 1 ≤ 2 x − 1 − 1 ≤ 1 ⇔ 0 ≤ 2 x − 1 ≤ 2 ⇔ 2 x − 1 ≤ 2 ⇔ −2 ≤ 2 x − 1 ≤ 2 ⇔ −1 ≤ 2 x ≤ 3 ⇔ 2 x ≤
(
≤ 3 = 3log 2 3 ⇔ x ≤ log 2 3 si ha x ∈ ]− ∞, log 2 3] → arcsen 2 x − 1 − 1 . )
( (
24°). x → arcsen log 2 3 x − 1 + 2 . ))
Essendo: ( ( )) ( ( )) (
arcsen log 2 3 x − 1 + 2 ≥ 0 ⇔ arcsen log 2 3 x − 1 ≥ −2 ⇔ −1 ≤ log 2 3 x − 1 ≤ 1 ⇔ )
( )
⇔ log 2 (1 2) ≤ log 2 3 x − 1 ≤ log 2 2 ⇔ 1 2 ≤ 3 x − 1 ≤ 2 ⇔ 3 2 ≤ 3 x ≤ 3 ⇔ 3log 3 (3 2 ) ≤ 3 x ≤ 31 ⇔ log 3 (3 2) ≤ x ≤ 1
( (
si ha x ∈ [log 3 (3 2 ),1] → arcsen log 2 3 x − 1 + 2 . ))
CAPITOLO 2-LIMITI DELLE FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE.

§.2.1.PRELIMINARI. In questo paragrafo porremo alcune definizioni e dimostreremo alcuni teoremi


che sono essenziali per quanto diremo in seguito.

DEF.2.1.1. Siano: x un numero reale ed I x un sottoinsieme di R.


Si dice che I x è un intorno di x se I x è un intervallo aperto e limitato di R avente centro in x.

OSSERVAZIONE.2.1.2. Si noti che se x è un numero reale allora un numero reale positivo δ indivi-
dua l'intorno ]x − δ , x + δ [ di x, viceversa, se I x è un intorno di x e poniamo δ = x − inf I x = sup I x − x , si ha
I x = ]x − δ , x + δ [ .

DEF.2.1.3. Sia X una parte di R.


Si dice che X è una parte aperta di R se è X = ∅ o se, essendo X ≠ ∅ , per ogni elemento x di X esiste
un intorno di x incluso in X.

DEF.2.1.4. Sia X una parte di R.


Si dice che X è una parte chiusa di R se l'insieme − X = {x ∈ R, x ∉ X } è una parte aperta di R o, equi-
valentemente, se per ogni elemento x di − X esiste un intorno di x incluso in − X .

Si può dimostrare facilmente la seguente proposizione:

2.1.5. Se n è un numero intero maggiore di uno ed X 1 , X 2 ,...., X n sono n parti aperte (risp. chiuse) di
n n
R, allora U Xi e
i =1
IX
i =1
i sono due parti aperte (risp. chiuse) di R.

ESEMPI.2.1.6. Si noti che se a e b sono due numeri reali allora gli intervalli ]a, b[, ]a,+∞[ e ]− ∞, a[
sono tre parti aperte di R, gli intervalli [a, b], [a,+∞[ e ]− ∞, a ] sono tre parti chiuse di R e se è a < b , allora
gli intervalli [a, b[ ed ]a, b] sono due parti di R né aperte né chiuse.

Si noti ancora che N e Z sono due parti chiuse di R e che Q ed R − Q sono due altri esempi di parti di
R né aperte né chiuse.

Si noti in fine che R e ∅ sono due parti di R contemporaneamente aperte e chiuse ed è possibile dimo-
strare che R e ∅ sono le sole parti di R contemporaneamente aperte e chiuse.

DEF.2.1.7. Siano: X una parte di R ed x0 un numero reale.


Si dice che x0 è un punto di accumulazione di X se ad ogni intorno di x0 appartiene almeno un punto
di X distinto da x0 o, equivalentemente, se per ogni numero reale positivo δ risulta: ( X −
− {x 0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ ≠ ∅ .

DEF.2.1.8. Siano: X una parte di R ed x0 un numero reale.


Si dice che x0 è un punto isolato di X se x0 appartiene ad X e non è di accumulazione di X o, equiva-
lentemente, se esiste un numero reale positivo δ tale che risulti: X I ]x 0 − δ , x0 + δ [ = {x0 } .

OSSERVAZIONE.2.1.9. Si noti che se X è una parte di R ed x0 è un punto di accumulazione di X al-


65
lora è immediato rendersi conto che ad ogni intorno di x0 appartengono infiniti elementi di X e conseguen-
temente X è costituito da infiniti elementi, d'altra parte, tenendo conto di quanto qui sopra affermato e ricor-
dando che N e Z sono due parti di R localmente finite in R, è facile rendersi conto che N e Z non hanno punti
di accumulazione, esistono quindi parti di R costituite da infiniti elementi che non hanno punti di accumula-
zione.

A completamento di quanto detto nell'osservazione 2.1.9 enunciamo la seguente proposizione:

2.1.10.(TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS). Se X è una parte di R limitata e costituita da


infiniti elementi allora esiste almeno un numero reale che è punto di accumulazione di X.

D'immediata dimostrazione è la seguente altra proposizione:

2.1.11. Sia X una parte di R.


Condizione necessaria e sufficiente affinché X sia una parte chiusa di R è che comunque si prenda un
elemento x di − X x non è di accumulazione di X

DIM. Infatti si ha: X chiuso ⇔ − X aperto ⇔ ∀x ∈ − X ∃I x ⊆ − X ⇔ ∀x ∈ − X ∃I x tale che risulti:


X I I x = ∅ ⇔ ∀x ∈ − X x non è di accumulazione di X.

OSSERVAZIONE.2.1.12. Si noti che la proposizione 2.1.11 può, equivalentemente, essere enunciata


nel seguente altro modo:

Sia X una parte di R.


Condizione necessaria e sufficiente affinché X sia una parte chiusa di R è che o X non ha punti di ac-
cumulazione o, se X ha punti di accumulazione, allora questi appartengono tutti ad X.

Osserviamo ancora che può dimostrarsi la seguente altra proposizione:

2.1.13. Sia X una parte di R.


Se X è limitata inferiormente (risp. limitata superiormente) e non è dotata di minimo (risp. di massi-
mo), allora inf X (risp. sup X ) è un punto di accumulazione di X.
Conseguentemente se X è una parte di R non vuota, chiusa e limitata inferiormente (risp. limitata supe-
riormente), allora X è dotata di minimo (risp. di massimo).

ESEMPI.2.1.14.

l°). Se X, è una parte non vuota di R costituita da un numero finito di elementi allora, in virtù di quanto
affermato nell'osservazione 2.1.9, non esistono punti di accumulazione di X e conseguentemente, in virtù
della proposizione 2.1.11, X è una parte chiusa di R ed essendo evidentemente X una parte limitata di R in
virtù della proposizione 2.1.13, X è dotata di minimo e di massimo.

2°). Se Y è una parte di R localmente finita in R allora Y è una parte chiusa di R.

3°). Se a e b sono due numeri reali ed è a minore di b, allora tutti e soli gli elementi dell'intervallo
[a, b] sono i punti di accumulazione di ognuno degli intervalli [a, b], [a, b[, ]a, b] ed ]a, b[ .
4°). Se a è un numero reale allora tutti e soli gli elementi dell'intervallo ]− ∞, a ] (risp. [a,+∞[ ) sono i
punti di accumulazione di ognuno degli intervalli ]− ∞, a ] e ]− ∞, a[ , (risp. [a,+∞[ ed ]a,+∞[ ).

5°). È facile in fine rendersi conto che R è l'insieme dei punti di accumulazione di R, R − Q e Q.
66
Poniamo ora la seguente altra definizione:

DEF.2.1.15. Siano: X una parte di R ed x0 un elemento di X.


Si dice che x0 è un punto interno ad X se esiste un intorno di x0 incluso in X.
o
Il sottoinsieme di X costituito da tutti e soli i punti interni ad X si denota col simbolo X e si chiama
l'interno di X.

ESEMPI.2.1.16.

1°). Se a e b sono due numeri reali ed è a minore di b allora l'intervallo ]a, b[ è l'interno di ognuno de-
gli intervalli [a, b], [a, b[, ]a, b] ed ]a, b[ .

2°). Se a è un numero reale allora l'intervallo ]− ∞, a[ , (risp. ]a,+∞[ ) è l'interno di ognuno degli inter-
valli ]− ∞, a ] e ]− ∞, a[ , (risp. [a,+∞[ ed ]a,+∞[ ).

o o
3°). Se X è un intervallo di R con X ≠ ∅ e se Y è una parte di X localmente finita in X allora è Y = ∅ .

o
4°). Se X è una parte di R aperta e non vuota allora è X = X .

o
5°). È immediato rendersi conto che è: Q = ∅ e (R − Q ) = ∅ .
o

D'immediata dimostrazione è la seguente proposizione:

2.1.17. Siano: X un intervallo di R avente interno non vuoto ed Y una parte di X.


Condizione necessaria e sufficiente affinché Y sia una parte localmente finita in X e che ogni punto in-
terno ad X non sia di accumulazione di Y.
Conseguentemente se Y è una parte di X localmente finita in X, allora ogni elemento di Y interno ad X
è un punto isolato di Y.

Per quello che diremo nel paragrafo seguente utile è anche porre le seguenti altre due definizioni:

DEF.2.1.18. Si chiama R ampliato e si denota col simbolo R̂ l'insieme R U {− ∞,+∞}.

DEF.2.1.19. Sia I −∞ (risp. I + ∞ ) una parte di R.


Si dice che I −∞ (risp. I + ∞ ) è un intorno di − ∞ (risp. di + ∞ ) se I −∞ (risp. I + ∞ ) è un intervallo aperto
di R limitato superiormente e non limitato inferiormente (risp. limitato inferiormente e non limitato supe-
riormente) .

OSSERVAZIONE.2.1.20. Si noti che se a è un numero reale allora a individua l’intorno ]− ∞, a[ ,


(risp. ]a,+∞[ ) di − ∞ (risp. di + ∞ ) e viceversa, se I −∞ (risp. I + ∞ ) è un intorno di − ∞ (risp. di + ∞ ) e po-
niamo a = sup I −∞ (risp. a = inf I + ∞ ) si ha: I −∞ = ]− ∞, a[ (risp. I + ∞ = ]a,+∞[ ).

E' ora immediato dimostrare le seguenti due proposizioni:

2.1.21. Se a e b sono due elementi distinti di R̂ allora esistono un intorno I a di a ed un intorno I b di b


non aventi punti in comune o, ciò che è lo stesso, tali che risulti: I a I I b = ∅ e quindi I a ed I b sono due
parti separate di R e se è a minore di b I a è la parte sottostante.
67
2.1.22. Se a è un elemento di R̂ ed I a′ ed I a′′ sono due intorni di a allora I a′ I I a′′ è ancora un intorno
di a.

OSSERVAZIONE.2.1.23. Si noti che dalla proposizione 2.1.22 consegue che se a è un elemento di R̂ ,


se n è un numero intero maggiore di uno e se I 1,a , I 2,a ,...., I n ,a sono n intorni di a, allora I 1,a I I 2,a I .... I I n ,a
è ancora un intorno di a, in particolare, se a è un numero reale e diciamo δ il più piccolo dei numeri
sup I 1,a − a, sup I 2,a − a,...., sup I n ,a − a risulta: I 1,a I I 2,a I .... I I n ,a = ]a − δ , a + δ [ se invece a = −∞ e di-
ciamo δ il più piccolo dei numeri sup I 1,a , sup I 2,a ,...., sup I n ,a , risulta: I 1,a I I 2,a I .... I I n ,a = ]− ∞, δ [ ed in
fine se è a = +∞ e diciamo δ il più grande dei numeri inf I 1,a , inf I 2,a ,...., inf I n ,a , risulta:
I 1,a I I 2,a I .... I I n ,a I = ]δ ,+∞[ .

OSSERVAZIONE.2.1.24. Si noti che se X è una parte di R allora è immediato rendersi conto che:
Condizione necessaria e sufficiente affinché X sia non limitata inferiormente (risp. non limitata supe-
riormente) é che ad ogni intorno di − ∞ (risp. di + ∞ ) appartengano infiniti elementi di X.

Per questa ragione alcuni dicono che se X è non limitato inferiormente (risp. non limitato superiormen-
te) allora − ∞ (risp. + ∞ ) è un punto di accumulazione di X. Noi non adotteremo tale dizione.

§.2.2.LA DEFINIZIONE DI LIMITE. Cominciamo col porre la seguente definizione:

DEF.2.2.1. Siano: X una parte di R ed x0 un elemento di R̂ .


Si dice che x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X se, essendo x0 un numero rea-
le, x0 è un punto di accumulazione di X, se invece è x0 = −∞ allora X è non limitato inferiormente e se in
fine è x0 = +∞ allora X è non limitato superiormente o equivalentemente se ad ogni intorno di x0 apparten-
gono infiniti elementi di X.

ESEMPI.2.2.2.

l°). È evidente che ogni elemento di R̂ è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su R, su Q
e su R − Q .

2°). Se a è un numero reale è evidente che ogni elemento di ]− ∞, a ] U {− ∞} è un elemento di R̂ in cui


possa effettuarsi il limite su ]− ∞, a ] e su ]− ∞, a[ ed ogni elemento di [a,+∞[ U {+ ∞} è un elemento di R̂ in
cui possa effettuarsi il limite su [a,+∞[ e su ]a,+∞[ .

3°). Se a e b sono due numeri reali ed è a minore di b, allora ogni elemento di [a, b] è un elemento di
R̂ in cui possa effettuarsi il limite su [a, b] , su [a, b[ , su ]a, b] e su ]a, b[ .

4°). − ∞ e + ∞ sono gli unici elementi di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su Z, mentre + ∞ è l'uni-
co elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su N.

5°). Se X è una parte di R costituita da un numero finito di elementi allora non vi sono elementi di R̂
in cui possa effettuarsi il limite su X.

6°). Ricordando le proposizioni 2.1.10 e 2.1.17 non è difficile rendersi conto che se X è un intervallo di
R ed Y è una parte di X localmente finita in X costituita da infiniti elementi, allora l'insieme degli elementi di
68
R̂ in cui possa effettuarsi il limite su Y è non vuoto ed incluso in {inf X , sup X }.

Siamo ora in grado di porre la seguente definizione:

DEF.2.2.3.(DEFINIZIONE DI LIMITE). Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale de-
finita in X ed x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se esiste un elemento L di R̂ per cui risulta:

(*) ∀I L ∃I x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 allora f ( x ) ∈ I L ,

allora si dice che L è un limite della funzione f al tendere di x ad x0 o, equivalentemente, che L è un limite di
f (x ) quando x tende ad x0 e si denota col simbolo: lim f ( x ) = L .
x → x0

D'immediata verifica è la seguente proposizione:

2.2.4.(TEOREMA DELL'UNICITÀ DEL LIMITE). Se X è una parte non vuota di R, se f è una fun-
zione reale definita in X e se x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X allora esiste al più
un elemento L di R̂ per cui risulta: lim f ( x ) = L .
x → x0

DIM. Dimostriamo il teorema per assurdo, supponiamo quindi che L ′ ed L ′′ siano due elementi distin-
ti di R̂ per cui risulti: lim f ( x ) = L ′ e lim f (x ) = L ′′ . In questa ipotesi, in virtù della proposizione 2.1.21,
x → x0 x → x0

esistono un intorno I ′ di L ′ ed un intorno I ′′ di L ′′ non aventi punti in comune, inoltre essendo


lim f ( x ) = L ′ , in corrispondenza dell'intorno I ′ di L ′ , esiste un intorno J ′ di x0 tale che se
x → x0

x ∈ ( X − {x0 }) I J ′ allora f ( x ) ∈ I ′ ed essendo anche lim f ( x ) = L ′′ , in corrispondenza dell'intorno I ′′ di


x → x0

L ′′ esiste un intorno J ′′ di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I J ′′ allora f ( x ) ∈ I ′′ , ed essendo, in virtù della


proposizione 2.1.22, J ′ I J ′′ ancora un intorno di x0 , se x è un elemento di x ∈ ( X − {x0 }) I J ′ I J ′′ allora
f (x ) dovrebbe appartenere ad I ′ I I ′′ e ciò è assurdo.
L'asserto resta così dimostrato.

La proposizione 2.2.4 legittima la seguente definizione:

DEF.2.2.5. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0 un elemento di R̂
in cui possa effettuarsi il limite su X ed L un elemento di R̂ .
Se è lim f ( x ) = L allora si dice che f è regolare in x0 , in particolare, se L è un numero reale allora si
x → x0

dice che f converge in x0 o ancora che f converge ad L in x0 , se invece è L = −∞ o L = +∞ allora si dice


che f diverge in x0 e più precisamente se è L = −∞ si dice che f diverge negativamente in x0 se è L = +∞ si
dice che f diverge positivamente in x0 .

OSSERVAZIONE.2.2.6. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un
elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se f è regolare in x0 e se L è l'elemento di R̂ per cui è lim f ( x ) = L , allora la definizione di limite (*)
x → x0

può essere scritta equivalentemente nel seguente altro modo:

∀I L ∃I x0 tale che il grafico della restrizione di f ad ( X − {x 0 }) I I x0 è incluso in I x0 × I L .


69

Si noti ancora che dire che f non è regolare in x0 o, equivalentemente, che non esiste il limite della
funzione f al tendere di x ad x0 equivale a dire che:

(**) ∀L ∈ Rˆ ∃I L tale che ∀I x0 ∃x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 tale che f ( x ) ∉ I L .

ESEMPI.2.2.7.

1°). Siano: X una parte non vuota di R, x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X, a un
numero reale e consideriamo le seguenti due funzioni: x ∈ X → a ed x ∈ X → x .
Servendosi della definizione di limite (*) è immediato rendersi conto che è: lim a = a e lim x = x0 ,
x → x0 x → x0

pertanto possiamo affermare che la funzione costante in X è convergente in ogni elemento x0 di R̂ in cui
possa effettuarsi il limite su X ed il suo limite è a e la funzione identica di X converge in ogni punto di accu-
mulazione x0 di X ed il suo limite è x0 , diverge negativamente in − ∞ se X è non limitato inferiormente e
diverge positivamente in + ∞ se X è non limitato superiormente

⎧1 se è x ≤ 0 ⎧1 se x ∈ Q
2°). Consideriamo le seguenti due funzioni: f : x ∈ R → ⎨ e g : x∈R → ⎨ .
⎩0 se è x > 0 ⎩0 se x ∈ R − Q
Ricordando la definizione di limite (*) e la proposizione (**) riportata nell'osservazione 2.2.6 è facile
rendersi conto che se x0 è un elemento di ]− ∞,0[ U {− ∞} è lim f ( x ) = 1 , non esiste il lim f ( x ) e se x0 è un
x → x0 x →0

elemento di ]0,+∞[ U {+ ∞} è lim f (x ) = 0 , mentre se x0 è un elemento di R̂ allora non esiste il lim g ( x ) .


x → x0 x → x0

Passiamo ora ad esaminare un po’ più approfonditamente la definizione di limite 2.2.3 analizzandola
nei suoi diversi casi particolari.

Prima di iniziare l'analisi che ci siamo proposto di fare riportiamo qui di seguito, per comodità del Let-
tore, alcune proprietà del valore assoluto che sono essenziali per capire quanto diremo:

Se h e k sono. due numeri reali allora è: h ≠ k ⇔ h − k > 0 .

Se h e k sono due numeri reali ed r è un numero reale positivo allora è: h ∈ ]k − r , k + r [ ⇔


⇔ k − r < h < k + r ⇔ −r < h − k < r ⇔ h − k < r .

1° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0
un punto di accumulazione di X, L un numero reale e supponiamo che sia: lim f ( x ) = L , in questo caso la
x → x0

proposizione (*) può scriversi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e 0 < x − x0 < δ allora è f ( x ) − L < ε

Infatti fissato un numero reale positivo ε , in corrispondenza dell'intorno ]L − ε , L + ε [ di L, esiste un


intorno di x0 , e quindi un numero reale positivo δ , tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ allora
f ( x ) ∈ ]L − ε , L + ε [ e notando che; è: x ∈ ( X − {x0 }) I ]x 0 − δ , x0 + δ [ ⇔ x ∈ X e x ≠ x 0 e x ∈]x0 −
− δ , x0 + δ [⇔ x ∈ X e x ≠ x0 e x − x0 < δ ⇔ x ∈ X e 0 < x − x0 < δ ed f ( x ) ∈ ]L − ε , L + ε [ ⇔
⇔ f ( x ) − L < ε risulta dimostrato quanto asserito.
70
2° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0
un punto di accumulazione di X e supponiamo che sia: lim f (x ) = −∞ , in questo caso la proposizione (*)
x → x0

può scriversi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e 0 < x − x0 < δ allora è f ( x ) < −ε

Infatti fissato un numero reale positivo ε , in corrispondenza dell'intorno ]− ∞,−ε [ di − ∞ , esiste un in-
torno di x0 , e quindi un numero reale positivo δ , tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ allora
f ( x ) ∈ ]− ∞,−ε [ e notando che è: x ∈ ( X − {x 0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ ⇔ x ∈ X e 0 < x − x0 < δ ed f ( x ) ∈
∈ ]− ∞,−ε [ ⇔ f ( x ) < −ε risulta dimostrato quanto asserito.

3° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0
un punto di accumulazione di X e supponiamo che sia: lim f (x ) = +∞ , in questo caso la proposizione (*)
x → x0

può scriversi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e 0 < x − x0 < δ allora è f ( x ) > ε .

Infatti fissato un numero reale positivo ε , in corrispondenza dell'intorno ]ε ,+∞[ di + ∞ , esiste un in-
torno di x0 , e quindi un numero reale positivo δ , tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ allora
f ( x ) ∈ ]ε ,+∞[ e notando che è: x ∈ ( X − {x0 }) I ]x 0 − δ , x0 + δ [ ⇔ x ∈ X e 0 < x − x 0 < δ ed f ( x ) ∈
∈ ]ε ,+∞[ ⇔ f ( x ) > ε risulta dimostrato quanto asserito.

4° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata inferiormente f una fun-
zione reale definita in X, L un numero reale e supponiamo che sia: lim f ( x ) = L , in questo caso la proposi-
x → −∞

zione (*) può scriversi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x < −δ allora è f ( x ) − L < ε .

Infatti fissato un numero reale positivo ε , in corrispondenza dell'intorno ]L − ε , L + ε [ di L, esiste un


intorno di − ∞ , e quindi un numero reale positivo δ , tale che se x ∈ ( X − {− ∞}) I ]− ∞,−δ [ allora
f ( x ) ∈ ]L − ε , L + ε [ e notando che è: x ∈ ( X − {− ∞}) I ]− ∞,−δ [ ⇔ x ∈ X e x < −δ ed f ( x ) ∈]L −
− ε , L + ε [⇔ f (x ) − L < ε risulta dimostrato quanto asserito

Al Lettore il non difficile compito di dimostrare quanto asserito nei seguenti altri cinque casi particola-
ri:

5° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata inferiormente, f una fun-
zione reale definita in X e supponiamo che sia: lim f ( x ) = −∞ , in questo caso la proposizione (*) può scri-
x → −∞
versi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x < −δ allora è f ( x ) < −ε .

6° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata inferiormente, f una fun-
zione reale definita in X e supponiamo che sia: lim f ( x ) = +∞ , in questo caso la proposizione (*) può scri-
x → −∞
versi equivalentemente nella seguente altra forma:
71

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x < −δ allora è f ( x ) > ε .

7° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata superiormente, f una fun-
zione reale definita in X, L un numero reale è supponiamo che sia lim f (x ) = L , in questo caso la proposi-
x → +∞

zione (*) può scriversi equivalentèmente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x > δ allora è f ( x ) − L < ε .

8° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata superiormente, f una fun-
zione reale definita in X e supponiamo che sia: lim f ( x ) = −∞ , in questo caso la proposizione (*) può scri-
x → +∞

versi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x > δ allora è f ( x ) < −ε .

9° CASO PARTICOLARE. Siano: X una parte non vuota di R non limitata superiormente, f una fun-
zione reale definita in X e supponiamo che sia: lim f ( x ) = +∞ , in questo caso la proposizione (*) può scri-
x → +∞

versi equivalentemente nella seguente altra forma:

∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X e x > δ allora è f ( x ) > ε .

§.2.3.PRIMI TEOREMI SUI LIMITI. In questo paragrafo metteremo in evidenza alcune delle prin-
cipali proprietà delle funzioni reali regolari in un elemento di R̂ .

2.3.1. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un elemento di R̂ in
cui possa effettuarsi il limite su X.
Se L è un numero reale allora è: ⎛⎜ lim f ( x ) = L ⎞⎟ ⇔ ⎛⎜ lim ( f (x ) − L ) = 0 ⎞⎟ ⇔ ⎛⎜ lim f ( x ) − L = 0 ⎞⎟
⎝ x → x0 ⎠ ⎝ x → x0 ⎠ ⎝ x → x0 ⎠

Conseguentemente risulta: lim f ( x ) = 0 ⇔ lim f ( x ) = 0 .


x → x0 x → x0

DIM. Basta osservare che ognuna delle tre proposizioni considerate nell'enunciato è equivalente alla
seguente altra proposizione: ∀ε > 0 ∃I x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 allora è f ( x ) − L < ε .

2.3.2. Siano:X una parte non vuota di R, Y una parte non vuota di X, f una funzione reale definita in X
ed x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su Y.
Se L è un elemento di R̂ ed f Y , è la restrizione di f ad Y, allora è: ⎛⎜ lim f ( x ) = L ⎞⎟ ⇒ ⎛⎜ lim f Y ( x ) = L ⎞⎟ .
⎝ x → x0 ⎠ ⎝ x → x0 ⎠
Se inoltre esiste un intorno J x0 di x0 tale che risulti X I J x0 ⊆ Y , allora è; ⎛⎜ lim f ( x ) = L ⎞⎟ ⇔
⎝ x → x0 ⎠
⇔ ⎛⎜ lim f Y ( x ) = L ⎞⎟ .
⎝ x → x0 ⎠

Dalla proposizione 2.3.2 sopra enunciata consegue la seguente altra:

2.3.3. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un elemento di R̂ in
cui possa effettuarsi il limite su X.
72
Se esistono due parti non vuote di X, Y ′ ed Y ′′ , tali che x0 sia un elemento di R̂ in cui possa effet-
tuarsi il limite sia su Y ′ che su Y ′′ e se le restrizioni f Y ′ ed f Y ′′ di f ad Y ′ ed Y ′′ sono regolari in x0 e risul-
ta lim f Y ′ (x ) ≠ lim f Y ′′ (x ) , allora la funzione f non è regolare in x0
x → x0 x → x0

DIM. Infatti se la funzione f fosse regolare in x0 allora, in virtù della proposizione 2.3.2, dovrebbe es-
sere: lim f Y ′ ( x ) = lim f ( x ) = lim f Y ′′ ( x ) e ciò è assurdo, quindi, come volevasi, f non è regolare in x0 .
x → x0 x → x0 x → x0

ESEMPI.2.3.4. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X e w un numero
reale positivo.
Far vedere che se f è non costante e periodica di periodo w allora f è non regolare sia in − ∞ che in
+∞.
Infatti se x ′ ed x ′′ sono due elementi di [0, w[ I X tali che risulti f ( x ′) ≠ f ( x ′′) e poniamo:
Y ′ = U {x ′ + hw} ed Y ′′ = U {x ′′ + hw} per ogni elemento x di Y ′ è f ( x ) = f ( x ′) e per ogni elemento x di Y ′′
h∈Z h∈Z

è f ( x ) = f ( x ′′) , conseguentemente è; lim f Y ′ ( x ) = lim f Y ′ ( x ) = f (x ′) e lim f Y ′′ ( x ) = lim f Y ′′ ( x ) = f ( x ′′) e


x → −∞ x → +∞ x → −∞ x → +∞

ciò dimostra quanto asserito.

Si osservi quindi che in particolare non esistono il lim senx , il lim senx , il lim cos x , il lim cos x , il
x → −∞ x → +∞ x → −∞ x → +∞

lim tgx , il lim tgx , il lim cot gx ed il lim cot gx .


x → −∞ x → +∞ x → −∞ x → +∞

2.3.5. (TEOREMA DELLA PERMANENZA DEL SEGNO): Siano: X una parte non vuota di R, f
una funzione reale definita in X ed x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite, su X.
Se L è un elemento di R̂ e risulta lim f ( x ) = L > 0 (risp. lim f (x ) = L < 0 ), allora esiste un intorno
x → x0 x → x0

I x0 di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 risulta: f ( x ) > 0 (risp. f ( x ) < 0 ).

DIM. Essendo 0 ed L due elementi distinti di R̂ esistono un intorno I 0 di 0 ed un intorno I L di L non


aventi punti in comune ed essendo inoltre L > 0 (risp. L < 0 ), ogni elemento di I L è maggiore (risp. mino-
re) di zero, conseguentemente, se I x0 è un intorno di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 allora f ( x ) ∈ I L , co-
me volevasi è f ( x ) > 0 (risp. f ( x ) < 0 ).

2.3.6.(PRIMO TEOREMA DEL CONFRONTO). Siano: X una parte non vuota di R, f e g due fun-
zioni reali definite in X ed x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se le funzioni f e g sono entrambe regolari in x0 e se esiste un intorno I x0 di x0 tale che se
x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 è f ( x ) ≤ g ( x ) , allora è anche lim f ( x ) ≤ lim g (x ) .
x → x0 x → x0

DIM. Infatti se fosse lim f ( x ) > lim g ( x ) esisterebbero un intorno I di lim f ( x ) ed un intorno J di
x → x0 x → x0 x → x0

lim g ( x ) tali che ogni elemento di I è maggiore di ogni elemento di J e detti I x′0 un intorno di x0 tale che se
x → x0

x ∈ ( X − {x0 }) I I x′0 allora f ( x ) ∈ I ed I x′′0 un intorno x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x′′0 allora g ( x ) ∈ J , se
x è un elemento di ( X − {x0 }) I I x0 I I x′0 I I x′′0 sarebbe contemporaneamente f ( x ) ≤ g ( x ) ed f ( x ) > g ( x ) e
ciò è assurdo, quindi, come volevasi, risulta: lim f ( x ) ≤ lim g (x ) .
x → x0 x → x0

2.3.7. (SECONDO TEOREMA DEL CONFRONTO). Siano: X una parte non vuota di R, f, g ed h
73
tre funzioni reali definite in X, x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X ed L un elemento
di R̂ .
Se è lim g ( x ) = lim h( x ) = L e se esiste un intorno I x0 di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 è
x → x0 x → x0

g ( x ) ≤ f ( x ) ≤ h( x ) , allora è anche: lim f ( x ) = L .


x → x0

DIM. Sia I L un intorno di L e diciamo I x′0 un intorno di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x′0 allora
g ( x ) ∈ I L ed I x′′0 un intorno di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x′′0 allora h( x ) ∈ I L e poniamo J x0 =
= I x0 I I x′0 I I x′′0 ed osserviamo che se x ∈ ( X − {x0 }) I J x0 allora f ( x ) ∈ [g ( x ), h( x )] inoltre, essendo g ( x )
ed h( x ) due elementi di I L ed essendo I L un intervallo di R, è [g ( x ), h( x )] ⊆ I L e pertanto è f ( x ) ∈ I L , l'as-
serto resta così dimostrato quando si osserva che il ragionamento sopra fatto può essere ripetuto per ogni in-
torno I L di L.

Chiudiamo questo paragrafo enunciando la seguente altra proposizione:

2.3.8. Siano: X ed Y due parti non vuote di R, f una funzione reale definita in X ed avente valori in Y, g
una funzione reale definita in Y, x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X, y 0 un elemento
di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su Y ed L un elemento di R̂ .
Se è: lim f ( x ) = y 0 , lim g ( y ) = L e se inoltre esiste un intorno I x0 di x0 tale che se x ∈ ( X −
x → x0 y → y0

− {x0 }) I I x0 è f ( x ) ≠ y 0 , allora risulta: lim g ( f ( x )) = L .


x → x0

§.2.4.OPERAZIONI SUI LIMITI. Iniziamo questo paragrafo facendo alcune opportune convenzioni:

1°). − ∞ = + ∞ = +∞ a + (+ ∞ ) = (+ ∞ ) + a = +∞ ∀a ∈ R U {+ ∞} e
a + (− ∞ ) = (− ∞ ) + a = −∞ ∀a ∈ R U {− ∞} .

⎧+ ∞ ∀a ∈ ]0,+∞[ U {+ ∞} ⎧− ∞ ∀a ∈ ]0,+∞[ U {+ ∞}
2°). a(+ ∞ ) = (+ ∞ )a = ⎨ , a(− ∞ ) = (− ∞ )a = ⎨ e
⎩− ∞ ∀a ∈ ]− ∞,0[ U {− ∞} ⎩+ ∞ ∀a ∈ ]− ∞,0[ U {− ∞}
a (− ∞ ) = a (+ ∞ ) = 0 ∀a ∈ R .

⎧+ ∞ ∀a ∈ ]1,+∞[ U {+ ∞} ⎧0 ∀a ∈ ]1,+∞[ U {+ ∞}
3°). a +∞ = ⎨ e a −∞ = ⎨ .
⎩0 ∀a ∈ ]0,1[ ⎩+ ∞ ∀a ∈ ]0,1[

Notiamo che nessun significato è stato attribuito ai seguenti simboli:

4°). (− ∞ ) + (+ ∞ ), (+ ∞ ) + (− ∞ ), (+ ∞ ) − (+ ∞ ), (− ∞ ) − (− ∞ ) , 0(+ ∞ ), (+ ∞ )0,0(− ∞ ) e (− ∞ )0 .

a 0 ∀a ∈ Rˆ , (− ∞ ) (− ∞ ), (− ∞ ) (+ ∞ ), (+ ∞ ) (− ∞ ), (+ ∞ ) (+ ∞ ) , 1−∞ ,1+∞ , (+ ∞ ) e 0 0 .
0
5°).

e pertanto questi prendono il nome di forme indeterminate.

OSSERVAZIONE.2.4.1. Se si conviene di porre; log 0 = −∞ e log(+ ∞ ) = +∞ , per ricordare le ultime


quattro forme indeterminate sopra riportate si noti che se a è un elemento di [0,+∞[ U {+ ∞} e b è un elemen-
to di R̂ , essendo formalmente: a b = e b log a , a b e una forma indeterminata se e solo se b log a è una forma
indeterminata.
74

Le convenzioni 1°) e 2°) sopra riportate permettono di dimostrare la seguente proposizione:

2.4.2. Siano: X una parte non vuota di R, f e g due funzioni reali definite in X ed x0 un elemento di R̂
in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se f e g sono regolari in x0 e se lim f ( x ) + lim g (x ) ∈ Rˆ allora è: lim ( f ( x ) + g ( x )) = lim f ( x ) +
x → x0 x → x0 x → x0 x → x0

+ lim g ( x ) .
x → x0

Se f e g sono regolari in x0 e se lim f ( x ) lim g (x ) ∈ Rˆ allora è: lim f ( x )g ( x ) = lim f ( x ) lim g ( x ) .


x → x0 x → x0 x → x0 x → x0 x → x0

Se f e g sono regolari in x0 , se lim f ( x ) lim g (x ) ∈ Rˆ e se g ( x ) ≠ 0 per ogni elemento x di X allora è:


x → x0 x → x0

lim f ( x ) g ( x ) = lim f (x ) lim g (x ) .


x → x0 x → x0 x → x0

OSSERVAZIONE.2.4.3. Si noti che se X è una parte non vuota di R, se f e g sono due funzioni reali
definite in X e se x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X, allora se supponiamo le fun-
zioni f e g entrambe regolari in x0 si ha:

a) Non è lim ( f ( x ) + g ( x )) = lim f ( x ) + lim g (x ) solo se una delle due funzioni f o g diverge negativa-
x → x0 x → x0 x → x0

mente in x0 e l'altra diverge positivamente in x0 .


b) Non è lim f ( x )g ( x ) = lim f ( x ) lim g ( x ) solo se una delle due funzioni f o g converge a 0 in x0 e
x → x0 x → x0 x → x0

l'altra diverge in x0 .
c) Se g ( x ) ≠ 0 per ogni elemento x di X non è lim f ( x ) g ( x ) = lim f (x ) lim g (x ) solo se la funzione
x → x0 x → x0 x → x0

g converge a 0 in x0 oppure se entrambe le funzioni f e g divergono in x0 .

Conviene qui di seguito mettere in evidenza una proposizione che è un caso particolare della seconda
delle uguaglianze della proposizione 2.4.2:

2.4.4. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0 un elemento di R̂ in cui
possa effettuarsi il limite su X ed a un numero reale diverso da zero.
Se f è regolare in x0 allora è: lim af ( x ) = a lim f ( x ) .
x → x0 x → x0

Dimostriamo ora la seguente proposizione:

2.4.5. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un elemento di R̂ in
cui possa effettuarsi il limite su X.
Se per ogni elemento x di X − {x0 } è f ( x ) ≠ 0 , se è lim f (x ) = 0 e se esiste un intorno I x0 di x0 tale
x → x0

che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x0 è f ( x ) > 0 (risp. f ( x ) < 0 ), allora è: lim 1 f ( x ) = +∞ (risp. lim 1 f ( x ) = −∞ ).


x → x0 x → x0

DIM. Sia ε un numero reale positivo e diciamo I x′0 un intorno di x0 tale che se x ∈ ( X − {x0 }) I I x′0 è
f ( x ) < 1 ε , poniamo quindi J x0 = I x0 I I x′0 ed osserviamo che se x ∈ ( X − {x0 }) I J x0 allora è
0 < f ( x ) < 1 ε ⇔ 0 < f ( x )ε < 1 ⇔ ε < 1 f ( x ) (risp. 0 < − f ( x ) < 1 ε ⇔ 0 < − f ( x )ε < 1 ⇔ −ε > 1 f (x ) ), l'as-
serto resta così dimostrato quando si osserva che il ragionamento sopra fatto può essere ripetuto per ogni
numero reale positivo ε .
75
Di non difficile dimostrazione è la seguente altra proposizione:

2.4.6. Siano: X una parte non vuota di R, f e g due funzioni reali definite in X ed x0 un elemento di R̂
in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se la funzione f è limitata e se risulta lim g ( x ) = 0 , allora è: lim f ( x )g ( x ) = 0 .
x → x0 x → x0

DIM. Se h è un numero reale positivo tale che, per ogni elemento x di X, risulta f ( x ) ≤ h , allora per
ogni elemento x di X è: 0 ≤ f ( x )g ( x ) = f (x ) g ( x ) ≤ h g ( x ) ed essendo, in virtù delle proposizioni 2.4.4 e
2.3.1, lim h g (x ) = h lim g ( x ) = 0 , in virtù della proposizione 2.3.7 è lim f ( x )g ( x ) = 0 e di qui, in virtù
x → x0 x → x0 x → x0

della proposizione 2.3.1, consegue quanto asserito.

Al Lettore il non difficile compito di dimostrare la seguente altra proposizione:

2.4.7. Siano: X una parte non vuota di R, f e g due funzioni reali definite in X ed x0 un elemento di R̂
in cui possa effettuarsi il limite su X.
Se la funzione f è limitata superiormente (risp. limitata inferiormente) e se risulta lim g ( x ) = −∞ (risp.
x → x0

lim g ( x ) = +∞ ) allora è: lim ( f ( x ) + g ( x )) = −∞ (risp. lim ( f ( x ) + g ( x )) = +∞ ).


x → x0 x → x0 x → x0

§.2.5. LIMITE A SINISTRA E LIMITE A DESTRA.

DEF.2.5.1. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, ed x0 un punto di ac-
cumulazione di X I ]− ∞, x 0 ] (risp. X I [x0 ,+∞[ ).
Se esiste un elemento L di R̂ tale che risulti: lim f X I ]−∞ , x0 ] ( x ) = L (risp. lim f X I[x0 , +∞[ ( x ) = L ) allora si
x → x0 x → x0

dice che L è il limite della funzione f al tendere di x ad x0 dalla sinistra (risp. dalla destra) o, equivalente-
mente, che L è il limite di f ( x ) quando x tende ad x0 dalla sinistra (risp. dalla destra) e si denota col simbo-
lo: lim− f ( x ) = L (risp. lim+ f ( x ) = L ).
x → x0 x → x0

È immediato verificare che sussiste la seguente proposizione:

2.5.2. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un punto di accumu-
lazione di X I ]− ∞, x 0 ] (risp. X I [x0 ,+∞[ ).
Se L è un elemento di R̂ , condizione necessaria e sufficiente affinché sia: lim− f ( x ) = L (risp.
x → x0

lim f ( x ) = L ) è che ∀I L ∃δ > 0 tale che se x ∈ X I ]x0 − δ , x0 [ (risp. x ∈ X I ]x0 , x 0 + δ [ ) allora risulta
x → x0+

f (x ) ∈ I L .

OSSERVAZIONE.2.5.3. Si noti che se X è una parte non vuota di R, se f è una funzione reale definita
in X e se x0 è un punto di accumulazione di X I ]− ∞, x 0 ] (risp. X I [x0 ,+∞[ ), allora se L è un numero reale
è:
lim− f ( x ) = L (risp. lim+ f ( x ) = L ) ⇔
x → x0 x → x0

⇔ ∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X I ]x0 − δ , x0 [ (risp. x ∈ X I ]x0 , x0 + δ [ ) allora f ( x ) − L < ε .


lim f ( x ) = −∞ (risp. lim+ f ( x ) = −∞ ) ⇔
x → x0− x → x0
76
⇔ ∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X I ]x0 − δ , x0 [ (risp. x ∈ X I ]x0 , x0 + δ [ ) allora f ( x ) < −ε .
lim f ( x ) = +∞ (risp. lim+ f ( x ) = +∞ ) ⇔
x → x0− x → x0

⇔ ∀ε > 0 ∃δ > 0 tale che se x ∈ X I ]x0 − δ , x0 [ (risp. x ∈ X I ]x0 , x0 + δ [ ) allora f ( x ) > ε .

Dimostriamo ora la seguente proposizione:

2.5.4. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un punto di accumu-
lazione di X I ]− ∞, x 0 ] e di X I [x0 ,+∞[ .
Se L è un elemento di R̂ , allora è: lim f ( x ) = L ⇔ lim− f ( x ) = L e lim+ f ( x ) = L .
x → x0 x → x0 x → x0

DIM. Che la condizione sia necessaria consegue dalla proposizione 2.3.2.


Dimostriamo quindi la sufficienza della condizione. Per questo se I L è un intorno di L, essendo
lim− f ( x ) = L esiste un numero reale positivo δ ′ tale che se x ∈ X I ]x0 − δ ′, x0 [ allora f ( x ) ∈ I L ed essen-
x → x0

do anche lim+ f ( x ) = L esiste un numero reale positivo δ ′′ tale che se x ∈ X I ]x0 , x0 + δ ′′[ allora f ( x ) ∈ I L ,
x → x0

posto quindi δ = min{δ ′, δ ′′} se x è un elemento di ( X − {x0 }) I ]x0 − δ , x0 + δ [ allora f ( x ) ∈ I L , l'asserto re-
sta cosi dimostrato quando si osserva che il ragionamento fatto sopra può essere ripetuto per ogni intorno I L
di L.

Al Lettore il non difficile compito di dimostrare la seguente altra proposizione che è un'evidente gene-
ralizzazione della proposizione 2.5.4:

2.5.5. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X, x0 un elemento di R̂ in cui
possa effettuarsi il limite su X ed {X', X"} un ricoprimento di X tale che x0 sia un elemento di R̂ in cui pos-
sa effettuarsi il limite sia su X ′ che su X ′′ .
Se L è un elemento di R̂ , allora è: lim f ( x ) = L ⇔ lim f X ′ (x ) = L e lim f X ′′ ( x ) = L
x → x0 x → x0 x → x0

OSSERVAZIONE.2.5.6. Si noti che se X è una parte non vuota di R, x0 è un elemento di R̂ in cui


possa effettuarsi il limite su X ed {X', X"} è una partizione di X − {x0 } tale che x0 sia un elemento di R̂ in
cui possa effettuarsi il limite sia X' che su X" la proposizione 2.5.4 è un caso particolare della proposizione
2.5.5 nel senso che, in 2.5.4 è: x0 un numero reale e {X', X"} = {X I ]− ∞, x0 ], X I [x0 + ∞[} .

OSSERVAZIONE.2.5.7. Si noti che se X è una parte non vuota di R, se x0 è un elemento di R̂ in cui


possa effettuarsi il limite su X e se {X', X"} è una partizione di X − {x0 } allora possono presentarsi tre casi:
1°). x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X ′ e non su X ′′ .
2°). x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X ′′ e non su X ′ .
3°). x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite sia su X ′ che su X ′′ .

Se f è una funzione reale definita in X, nel primo caso considerare il lim f ( x ) equivale a considerare il
x → x0

lim f X ′ (x ) , nel secondo caso considerare lim f ( x ) equivale a considerare il lim f X ′′ ( x ) e nel terzo caso la
x → x0 x → x0 x → x0

relazione esistente tra il lim f ( x ) , il lim f X ′ (x ) ed il lim f X ′′ ( x ) è espressa dall'enunciato della proposizione
x → x0 x → x0 x → x0

2.5.5.
77
ESERCIZI.2.5.8.(LIMITI DELLE FUNZIONI RAZIONALI). Siano p e q due polinomi e conside-
riamo la funzione x ∈ R − {x ∈ R, q( x ) = 0} → p ( x ) q ( x ) , a questa funzione si suole dare il nome di funzione
razionale.
Osserviamo che l'insieme {x ∈ R, q( x ) = 0} se non è vuoto è costituito da un numero finito di elementi,
più precisamente se n è il grado del polinomio q a {x ∈ R, q ( x ) = 0} appartengono al più n elementi, pertanto
ogni elemento di R̂ è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su R − {x ∈ R, q( x ) = 0}.

Noi qui di seguito per evitare inutili complicazioni formali cercheremo di capire come calcolare i limiti
di una funzione razionale considerando alcuni esempi.

Se n è un numero intero positivo ed x0 è un numero reale calcolare: lim x n , lim x n e lim x n .


x → −∞ x → x0 x → +∞
n
Per questo basta osservare che x è il prodotto di n fattori tutti uguali ad x, ricordare che è
lim x = −∞ , lim x = x0 e lim x = +∞ e tenere presente la proposizione 2.4.2 per affermare che:
x → −∞ x → x0 x → +∞

⎧− ∞ se n è dispari
l°). lim x n = (− ∞ ) = (− 1) (+ ∞ ) = ⎨ , lim x n = x0n e lim x n = (+ ∞ ) = +∞ .
n n n n
x → −∞
⎩+ ∞ se n è pari x → x 0 x → +∞

Dalla prima e la terza delle uguaglianze sopra scritte consegue immediatamente che:

2°). lim 1 x n = 0 e lim 1 x n = 0 .


x → −∞ x → +∞

Ricordando ancora la proposizione 2.4.2 siamo ora in grado di calcolare i limiti dei polinomi:

( ) ( )
3°). Calcolare il lim 3x 4 + x 2 − 2 = lim x 4 3 + 1 x 2 − 2 x 4 = (− ∞ ) 3 = +∞3 = +∞ .
x → −∞ x → −∞
4

( ) ( )
4°). Calcolare il lim 7 x 3 + x = lim x 3 7 + 1 x 2 = (− ∞ ) 7 = −∞7 = −∞ .
x → −∞ x → −∞
3

( ) (
5°). Calcolare il lim − 5 x 7 + 3x 3 + x − 2 = lim x 7 − 5 + 3 x 4 + 1 x 6 − 1 x 7 = (− ∞ ) (− 5) = +∞ .
x → −∞ x → −∞
) 7

x → −2
( )
6°). Calcolare il lim − 3x 5 + 7 x 2 − 4 = −3(− 2) + 7(− 2) − 4 = 120 .
5 2

7°). Calcolare il lim(5 x 3 − 2 x + 1) = 5(33 ) − 2(3) + 1 = 130 .


x →3

8°). Calcolare il lim (5 x 4 − 7 x + 1) = lim x 4 (5 − 7 x 3 + 1 x 4 ) = (+ ∞ ) 5 = +∞5 = +∞ .


4
x → +∞ x → +∞

9°). Calcolare il lim (− 5 x 7 + 2 x 4 − 1) = lim x 7 (− 5 + 2 x 3 − 1 x 7 ) = (+ ∞ ) (− 5) = +∞(− 5) = −∞


7
x → +∞ x → +∞

Se a è un numero reale ed n è un numero intero positivo calcolare: lim− 1 ( x − a )


x→a
( n
) e lim (1 (x − a ) ).
x→a +
n

Cominciamo con l'osservare che è lim( x − a ) = 0 , che la funzione x ∈ ]− ∞, a[ → x − a è sempre nega-


x→a

tiva e che la funzione x ∈ ]a,+∞[ → x − a è sempre positiva, pertanto, ricordando la definizione di limite a
sinistra e di limite a destra e tenendo presente la proposizione 2.4.5, possiamo asserire che è:
lim− 1 ( x − a ) = −∞ e lim+ 1 ( x − a ) = +∞ , ricordando ora che 1 ( x − a ) è il prodotto di n fattori tutti uguali
n
x →a x →a

ad 1 ( x − a ) e tenendo presente la proposizione 2.4.2 possiamo affermare che è:


78

⎧− ∞ se n è dispari
10°). lim− 1 ( x − a ) = (− ∞ ) = (− 1) (+ ∞ ) = ⎨ e lim+ 1 ( x − a ) = (+ ∞ ) = +∞ .
n n n n n n
x→a
⎩+ ∞ se n è pari x → a

Dalle uguaglianze 10°), tenendo presente la proposizione 2.5.4,consegue che:

11°). Se n è dispari non esiste il lim1 ( x − a ) e se n è pari è: lim1 ( x − a ) = +∞ .


n n
x→a x→a

Siamo ora in grado di calcolare i limiti delle funzioni razionali:

7x4 − x + 2
=
(
x4 7 −1 x3 + 2 x4
=
7 −1 x3 + 2 x4 )
= −∞ .
12°). Calcolare il lim
x → −∞ 3 x 3 − x 2 + 1
lim
(
x → −∞ x 3 3 − 1 x + 1 x 3
lim
x → −∞
x
3 −1 x + 1 x3 )
− 7 x 8 + 3x 7 − x 3 + 1 3 − 7 + 3 x −1 x +1 x
5 8
= lim x = (− ∞ ) (− 7 2) = +∞ .
3
13°). Calcolare il lim
x → −∞ 2 x + 3x − 1
5 x → −∞ 2 + 3 x −1 x
4 5

5x 3 − 7 x 2 + x
=
(
x3 5 − 7 x + 1 x2
=
5 − 7 x +1 x2
= −5 4.
)
14°). Calcolare il lim
x → −∞ − 4x3 + 2
lim
x → −∞ x3 − 4 + 2 x3 (
lim
x → −∞ − 4 + 2 x3 )
− 2x5 + 7x 4 + 3 1 − 2 + 7 x + 3 x5
15°). Calcolare il lim = lim = 0(− 2) = 0 .
x → −∞ x 7 + 3x − 2 x → −∞ x 2 1 + 3 x 6 − 2 x 7

− 2x 5 + x3 + 2 2 − 2 +1 x + 2 x
2 5
= = (+ ∞ ) (− 2) = −∞ .
2
16°). Calcolare il lim lim x
x → +∞ x +x
3 x → +∞ 1+1 x 2

4x6 + 2x 4 + x 2 4 + 2 x2 +1 x4
17°). Calcolare il lim = lim = (− 4 8) = − 1 2 .
x → +∞ − 8 x 6 + 3 x + 2 x → +∞ − 8 + 3 x 5 + 2 x 6

5 x 5 + 3x 3 − x 2 + 2 1 5 + 3 x2 −1 x3 + 2 x5
18°). Calcolare il lim = lim = 0(− 5 3) = 0 .
x → +∞ − 3x 7 + 2 x → +∞ x 2 − 3 + 2 x7

5x 2 + 3x + 2 5 x 2 + 3x + 2
= (− 16 108)(+ ∞ ) = −∞ .
1
19°). Calcolare il lim = lim
x → −2 (x − 1) (x + 2)
3 4
x 2 x → −2 (x − 1) 3
x 2
( x + 2 )4

− 7x 3 + 2x − 1 − 7x3 + 2x − 1
= (− 3 7 ) lim1 (x − 1) e per-
1
= lim 2
3
20°). Calcolare il lim
( )
x →1 ( x − 1)3 x 2 + 1 (5 x + 2 ) (
x →1 x + 1 (5 x + 2 ) ( x − 1)3 ) x →1

− 7x 3 + 2x − 1 − 7x3 + 2x − 1
= +∞ e lim+ = −∞ e quindi il limite proposto non
( ) ( )
tanto è: lim−
x →1 ( x − 1)3 x 2 + 1 (5 x + 2 ) x →1 ( x − 1)3 x 2 + 1 (5 x + 2 )

esiste.

Osserviamo ora che è possibile dimostrare le seguenti tre proposizioni:

2.5.9. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un punto di accumu-
lazione di X I ]− ∞, x 0 ] (risp. di X I [x0 ,+∞[ ).
Se f è crescente in X allora è: lim− f (x ) = sup f ( X I ]− ∞, x0 [) (risp. lim+ f ( x ) = inf f ( X I ]x0 ,+∞[) ).
x → x0 x → x0
79
Se f è decrescente in X allora è: lim− f ( x ) = inf f ( X I ]− ∞, x0 [) (risp. lim+ f ( x ) = sup f ( X I ]x 0 ,+∞[) ).
x → x0 x → x0

2.5.10. Siano: X una parte non vuota di R non limitata inferiormente (risp. non limitata superiormente)
ed f una funzione reale definita in X.
Se f è crescente in X allora è: lim f ( x ) = sup f ( X ) (risp. lim f ( x ) = inf f ( X ) ).
x → +∞ x → −∞

Se f è decrescente in X allora è: lim f ( x ) = inf f ( X ) (risp. lim f ( x ) = sup f ( X ) ).


x → +∞ x → −∞

2.5.11. Siano: X una parte non vuota di R, f una funzione reale definita in X tale che f ( X ) sia una par-
te densa in ]inf f ( X ), sup f ( X )[ ed x0 un punto di X di accumulazione di X.
Se f è monotona in X allora è: lim f (x ) = f ( x0 ) .
x → x0

ESERCIZI.2.5.12.

1°). Osservando che la funzione radice ennesima, la funzione esponenziale di base a, la funzione loga-
ritmica di base a, la funzione potenza di esponente p, la funzione arcoseno, la funzione arcocoseno, la fun-
zione arcotangente e la funzione arcocotangente soddisfano tutte alle ipotesi della proposizione 2.5.11, si ha:

Se x0 è un elemento di [0,+∞[ allora è: lim n x = n x0 .


x → x0

Se x0 è un numero reale allora è: lim a = a x0 , lim arctgx = arctgx0 e lim arc cot gx = arc cot gx 0 .
x
x → x0 x → x0 x → x0

Se x0 è un elemento di ]0,+∞[ allora è: lim log a x = log a x0 e lim x = x 0p . p


x → x0 x → x0

Se x0 è un elemento di [− 1,1] allora è: lim arcsenx = arcsenx0 e lim arccos x = arccos x0 .


x → x0 x → x0

2°). Servendosi delle proposizioni 2.3.2, 2.5.11 e 2.5.4 si dimostrano le seguenti altre uguaglianze:

Se x0 è un numero reale allora è: lim senx = senx0 , lim cos x = cos x0 e lim x = x0 .
x → x0 x → x0 x → x0

Se x0 è un elemento di R − U {π 2 + hπ } allora è: lim tgx = tgx 0 .


x → x0
h∈Z

Se x0 è un elemento di R − U {hπ } allora è: lim cot gx = cot gx0 .


x → x0
h∈Z

3°). Osservando che la funzione radice ennesima, la funzione esponenziale di base a, la funzione loga-
ritmica di base a, la funzione potenza di esponente p, la funzione arcotangente e la funzione arcocotangente
soddisfano tutte alle ipotesi delle proposizioni 2.5.9 e 2.5.10, si ha:

lim n
x = sup[0,+∞[ = +∞ .
x → +∞

⎧sup]0,+∞[ = +∞ se è 0 < a < 1 ⎧inf ]0,+∞[ = 0 se è 0 < a < 1


lim a x = ⎨ e lim a x = ⎨ .
x → −∞
⎩inf ]0,+∞[ = 0 se è a > 1 x → +∞
⎩sup]0,+∞[ = +∞ se è a > 1

⎧sup R = +∞ se è 0 < a < 1 ⎧inf R = −∞ se è 0 < a < 1


lim log a x = ⎨ e lim log a x = ⎨ .
x →0
⎩inf R = −∞ se è a > 1 x → +∞
⎩sup R = +∞ se è a > 1

⎧inf ]0,+∞[ = 0 se è p > 0 ⎧sup]0,+∞[ = +∞ se è p > 0


lim x p = ⎨ e lim x p = ⎨ .
x →0
⎩sup]0,+∞[ = +∞ se è p < 0 x →+∞ ⎩inf ]0,+∞[ = 0 se è p < 0
80
lim arctgx = inf ]− π 2 , π 2[ = − π 2 e lim arctgx = sup]− π 2 , π 2[ = π 2
x → −∞ x → +∞

lim arc cot gx = sup]0, π [ = π e lim arc cot gx = inf ]0, π [ = 0 .


x → −∞ x → +∞

4°). Servendosi delle proposizioni 2.3.2, 2.5.9 e 2.5.4 si dimostrano le seguenti altre uguaglianze:

Se per ogni numero intero h si pone y h = hπ + π 2 si ha: lim− tgx = +∞ e lim+ tgx = −∞ .
x → yh x → yh

Se per ogni numero intero h si pone z h = hπ si ha: lim− cot gx = −∞ e lim+ cot gx = +∞ .
x→ zh x→ zh

5°). Servendosi della proposizione 2.4.5 far vedere che è:

lim 1 senx = −∞ lim 1 cos x = +∞ lim 1 log 3 x = −∞ lim 1 log1 3 x = +∞ lim 1 arcsenx = −∞
x →0 − x →(π 2 )− x →1− x →1− x →0 −

lim 1 arctgx = −∞ lim 1 senx = +∞ lim 1 cos x = −∞ lim 1 log 3 x = +∞ lim 1 log1 3 x = −∞
x →0 − x →0 + x →(π 2 )+ x →1+ x →1+

lim 1 arcsenx = +∞ lim+ 1 arctgx = +∞ .


x →0 + x →0

6°). Calcolare il lim− arctg (1 x ) .


x →0

Essendo il lim− 1 x = −∞ se poniamo y = 1 x , per la proposizione 2.3.8, si ha: lim− arctg (1 x ) =


x →0 x →0

= lim arctgy = − π 2 .
y → −∞

7°). Al Lettore il compito di far vedere che:

lim arctg (1 x ) = π 2 , lim− arc cot g (1 x ) = π e lim+ arc cot g (1 x ) = 0 .


x →0 + x →0 x →0

8°). Calcolare il lim 5 log 2 (3 x − 1) .


x → +∞

Cominciamo col calcolare lim log 2 (3 x − 1) , per questo osserviamo che essendo lim (3 x − 1) = +∞ , po-
x → +∞ x → +∞

sto y = 3 −1 x
risulta lim log 2 (3 − 1) = lim log 2 y = +∞
x → +∞
x
y → +∞
e pertanto posto ( )
z = log 2 3 x − 1 è

( )
lim 5 log 2 3 x − 1 = lim 5 z = +∞ .
x → +∞ z → +∞

9°). Al Lettore il compito di far vedere che:

lim arctg log1 2 log1 3 (x + 2 ) = − π 2 , lim arctg log1 2 log1 3 ( x + 2) = π 2 , lim arcsen((1 − x ) (1 + x )) =
x → −2 x → −1 x → +∞

= −π 2 .

10°). Calcolare il lim


x → +∞
( 4x 2
+ x + 1 − 2x . )
Essendo: 4x 2
+ x + 1 − 2x =
( 4x 2
+ x + 1 − 2x )( 4 x 2
+ x + 1 + 2x )= x +1
=
4x + x + 1 + 2x
2
4x + x + 1 + 2x
2

1+1 x
4 +1 x +1 x + 2 2
è lim
x → +∞
( 4x 2
+ x + 1 − 2x = 1 4 . )
81

11°). Calcolare il lim


x → −∞
( 3x 2
+ 5x − 1 + x . )
Essendo: 3x 2 + 5x − 1 + x =
( 3x 2
+ 5x − 1 + x )( 3x 2
+ 5x − 1 − x )= 2x + 5 − 1 x
risulta:
3x 2 + 5 x − 1 − x − 3 + 5 x −1 x2 −1
lim
x → −∞
( 3x 2
+ 5 x − 1 + x = +∞ .)
12°). Al Lettore il compito di far vedere che:

lim
x → +∞
( 9x 2
+ 2 x − 1 − 3x = 1 3 ,) x → −∞
(
lim 10 x 2 + 4 x − 2 + x = +∞ , )
( x + 7 x + 12 + 3x) = −∞ ,
lim
x → −∞
2

lim
x → +∞
( 7x 2
)
+ x + 1 − 2 x = +∞ , lim
x → +∞
( 5x 2
− x + 3 − 3 x ) = −∞ e lim ( x − x + 1 + x ) = 1 2 .
x → −∞
2

§.2.6. LIMITI NOTEVOLI. In questo paragrafo calcoleremo alcuni limiti che si riveleranno molto
utili per il calcolo di altri limiti.

Cominciamo con l'osservare che è possibile dimostrare la seguente proposizione:

2.6.1. Si consideri la seguente funzione reale x ∈ R − [− 1,0] → (1 + 1 x ) e si dimostri che risulta:


x

lim (1 + 1 x ) = e e lim (1 + 1 x ) = e .
x x
x → −∞ x → +∞

Siamo ora in grado di dimostrare le seguenti altre tre proposizioni:

2.6.2. Si consideri la funzione reale x ∈ ]− 1,+∞[ − {0} → (1 + x ) e si dimostri che è: lim(1 + x ) = e.


1x 1x
x →0

DIM. Essendo: lim− 1 x = −∞ e lim+ 1 x = +∞ posto 1 x = y , in virtù della proposizione 2.3.8, si ha:
x →0 x →0

lim (1 + x ) = lim (1 + 1 y ) = e e lim+ (1 + x ) = lim (1 + 1 y ) = e e di qui, in virtù della proposizione


1x y 1x y
x →0 − y → −∞ x →0 y → +∞

2.5.4, consegue l'asserto.

2.6.3. Sia a un numero reale positivo diverso da uno, si consideri quindi la funzione reale
x ∈ ]− 1,+∞[ − {0} → (log a (1 + x )) x e si dimostri che è: lim (log a (1 + x )) x = log a e .
x →0

DIM. Cominciamo con l'osservare che, per ogni elemento x di ]− 1,+∞[ − {0}, risulta:
(log a (1 + x )) x = log a (1 + x )1 x e ricordando che è lim(1 + x ) = e , posto (1 + x ) = y , come volevasi, è
1x 1x
x →0

lim (log a (1 + x )) x = lim log a y = log a e .


x →0 y →e

2.6.4. Sia a un numero rea1e positivo diverso da uno, si consideri quindi la funzione reale
x ∈ R − {0} → (a x − 1) x e si dimostri che è: lim (a x − 1) x = log a .
x →0

DIM. Essendo: lim(a x − 1) = 0 , posto a x −1 = y è x = log a (1 + y ) e quindi, in virtù della proposizione


x →0

2.3.8, come volevasi, si ha: lim (a x − 1) x = lim( y log a (1 + y )) = lim1 ((log a (1 + y )) y ) = 1 log a e = log a .
x →0 y →0 y →0

Dimostriamo ora la seguente altra proposizione:


82

⎛ ⎞
2.6.5. Si considerino le funzioni reali x ∈ R − {0} → senx x ed x ∈ R − ⎜⎜ U {π 2 + hπ } U {0}⎟⎟ → tgx x
⎝ h∈Z ⎠
e si dimostri che è: lim senx x = 1 e lim tgx x = 1 .
x →0 x →0

DIM. È immediato verificare che per ogni elemento x di ]− π 2 ,0[ è tgx ≤ x ≤ senx e per ogni elemen-
to x di ]0, π 2[ è senx ≤ x ≤ tgx e di qui consegue che per ogni elemento x di ]− π 2 , π 2[ − {0} è
cos x ≤ senx x ≤ 1 ricordando quindi che è lim cos x = cos 0 = 1 , in virtù della proposizione 2.3.7, come vo-
x →0

levasi, è lim senx x = 1 e di qui osservando che è tgx x = (senx x )(1 cos x ) , consegue che è vera anche l'altra
x →0

uguaglianza richiesta.

Dalla proposizione 2.6.5 sopra dimostrata conseguono le seguenti altre due proposizioni:

2.6.6. Si considerino le funzioni reali x ∈ R − {0} → (1 − cos x ) x ed x ∈ R − {0} → (1 − cos x ) x 2 e si


dimostri che è: lim (1 − cos x ) x = 0 e lim (1 − cos x ) x 2 = 1 2 .
x →0 x →0

DIM. Essendo per ogni numero reale x: cos 2 ( x 2) + sen 2 ( x 2 ) = 1 e cos 2 ( x 2) − sen 2 ( x 2) = cos x ri-
sulta: 1 − cos x = 2 sen 2 ( x 2) , pertanto posto y = x 2 è: (1 − cos x ) x = sen 2 y y = (seny )(seny y ) ed
(1 − cos x ) x 2 = sen 2 y (2 y 2 ) = (seny y )(seny y )(1 2) e di qui conseguono facilmente le due uguaglianze ri-
chieste.

2.6.7. Si considerino le funzioni reali x ∈ [− 1,1] − {0} → arcsenx x ed x ∈ R − {0} → arctgx x e si di-
mostri che è: lim arcsenx x = 1 e lim arctgx x = 1 .
x →0 x →0

DIM. Essendo: lim arcsenx = arcsen0 = 0 , posto arcsenx = y è x = seny e quindi, in virtù della pro-
x →0

posizione 2.3.8, come volevasi, si ha: lim arcsenx x = lim y seny = lim1 (seny y ) = 1 .
x →0 y →0 y →0

Essendo: lim arctgx = arctg 0 = 0 , posto arctgx = y è x = tgy e quindi, in virtù della proposizione
x →0

2.3.8, come volevasi, si ha: lim arctgx x = lim y tgy = lim(1 (tgy y )) = 1 .
x →0 y →0 y →0

OSSERVAZIONE.2.6.8. Si noti che se X è una parte non vuota di R, se f è una funzione reale definita
in X, se x0 è un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su X e risulta: lim f ( x ) = 0 e se per ogni e-
x → x0

f ( x ) ≠ 0 allora è immediato far vedere che risulta: lim (1 + f ( x ))


1 f (x )
lemento x di X è = e,
x → x0

senf ( x ) tgf ( x ) arcsenf (x ) arctgf ( x ) 1 − cos f ( x ) 1 − cos f (x )


lim = lim = lim = lim = 1 , lim = 0, lim =1 2
x → x0 f (x ) x → x0 f ( x ) x → x0 f (x ) x → x0 f (x ) x → x0 f (x ) x → x0 f 2 (x )
log a (1 + f ( x )) a f (x ) − 1
e, se a è un numero reale positivo e diverso da uno, lim = log a e e lim = log a .
x → x0 f (x ) x → x0 f (x )

ESERCIZI. 2.6.9.

1°). Se n è un numero intero maggiore di due far vedere che è: lim (1 − cos x ) x n = +∞ se n è pari, se
x →0

invece n è dispari, risulta: lim− (1 − cos x ) x = −∞ e lim+ (1 − cos x ) x = +∞ .


n n
x →0 x →0
83
Per questo basta osservare che n − 2 è un numero intero positivo e, per ogni elemento x di R − {0}, ri-
sulta: (1 − cos x ) x n = ((1 − cos x ) x 2 )(1 x n − 2 ) .

2°). Se a è un numero reale positivo diverso da uno ed n è un numero intero maggiore di uno al Lettore
il compito di far vedere che, se n è dispari, è: lim senx x n = +∞ , lim (a x − 1) x n = (+ ∞ ) log a e
x →0 x →0

lim (log a (1 + x )) x = (+ ∞ ) log a e , se invece n è pari risulta: lim− senx x n = −∞ , lim+ senx x n = +∞ ,
n
x →0 x →0 x →0

x →0 −
( )
lim a − 1 x = (− ∞ ) log a ,
x n
x →0 +
(
lim a − 1 x = (+ ∞ ) log a ,
x
) n
lim (log a (1 + x )) x = (− ∞ ) log a e
x →0 −
n
e
lim+ (log a (1 + x )) x n = (+ ∞ ) log a e .
x →0

arcsen(2 x − 1)
3°). Calcolare il lim .
x →0 log (1 − 5 x )
3

Essendo
(
arcsen 2 x − 1 arcsen 2 x − 1 2 x − 1
=
) x
1 ( =
)
− 1 arcsen 2 x − 1 2 x − 1 ( )
log 3 (1 − 5 x ) 2x −1 log 3 (1 − 5 x ) 2x −1
x
(− 5 x ) 5 x
− 5x
1
risulta lim
arcsen 2 − 1x
( )
= − (log 2 log 3) 5 .
log 3 (1 − 5 x ) x →0 log (1 − 5 x )
3
− 5x

arctg log 2 (1 + 5 xsenx )


4°). Calcolare il lim
x →0sen 3 xtgx − 1
.
( )
arctg log 2 (1 + 5 xsenx ) log 2 (1 + 5 xsenx ) senx
5x x
arctg log 2 (1 + 5 xsenx ) log 2 (1 + 5 xsenx ) 5 xsenx x
=
Essendo:
(
sen 3 xtgx − 1 ) sen 3 xtgx − 1 3 xtgx − 1 tgx
x x
(
è immediato ren-
)
3 xtgx − 1 xtgx x
arctg log 2 (1 + 5 xsenx )
= 5 log 2 e log 3 e .
sen(3 xtgx − 1)
dersi conto che è: lim
x →0

(
arcsen 3 2 x − 1 − 1 + cos 7 x )
5°). Calcolare il lim
x →0 log (1 − 4 x ) + arctg log 1 + x 3
3 2
.
( )
(
arcsen 3 2 x − 1 3 2 x − 1 )
2x −
1 − cos 7 x
49 x 2
(
arcsen 3 − 1 − 1 + cos 7 x
2x
) =
3 −1
2x
2x (7 x ) 2
Essendo:
log 3 (1 − 4 x ) + arctg log 2 1 + x 3 ( ) log 3 (1 − 4 x )
(− 4 x ) + arctg log 2 1 +3 x log 2 13+ x x 3
3 3
( ) ( )
− 4x log 2 1 + x x ( )
(
arcsen 3 2 x − 1 − 1 + cos 7 x )
= − log 2 3 2 . ( )
non è difficile rendersi conto che è: lim
x →0 log (1 − 4 x ) + arctg log 1 + x 3
3 2 ( )
( )
tg 1 − cos x 2 + log 5 1 + x 4 sen 2 x ( ).
6°). Calcolare il lim
x →0
(
sen 2 − 1 x8
)
( )
tg 1 − cos x 2 + log 5 1 + x 4 sen 2 x ( ) = ⎛⎜ tg (1 − cos x ) 1 − cos x
2 2
x4 +
(
log 5 1 + x 4 sen 2 x 4 )
Essendo:
(
sen 2 x − 1
8
) ⎜ 1 − cos x 2
⎝ x 4
x 4 sen 2 x
x
84
( +
)
tg 1 − cos x 2 1 − cos x 2 log 5 1 + x 4 sen 2 x sen 2 x 2
x
( )
sen x 2 ⎞
( )
2
x ⎟⎟
1
= 1 − cos x 2
x 4
x 4
sen 2
x x 2

x 2
(
⎠ sen 2 − 1 2 − 1 8
x8 x8
)x
sen 2 − 1 2 − 1
x8 x8
(
1 x 4 e pertanto ri-
)
2x −1 2x −1
8 8 8
x x8
( ) (
tg 1 − cos x 2 + log 5 1 + x 4 sen 2 x )
= log 2 e lim 1 x 4 = +∞ ( )
sulta: lim
x →0
sen 2 − 1
x8
( ) x →0

2 x − cos 3x 2
6

7°). Calcolare il lim


x → 0 sen 5 xsenx − 1 (
.
)
2 x − 1 6 1 − cos 3x 2 4 2 x − 1 2 1 − cos 3x 2
6 6

x + 9 x x + 9
2 x − cos 3 x 2
6
6 4 6 4
= x 9 x = x 9 x x2
Essendo:
(
sen 5 xsenx − 1 ) (
sen 5 xsenx − 1 5 xsenx − 1 senx
x x
)
sen 5 xsenx − 1 5 xsenx − 1 senx ( ) risulta:

5 xsenx − 1 xsenx x 5 xsenx − 1 xsenx x


2 x − cos 3x 2
6

= 9 log 5 e lim x 2 = 0 .
lim
(
x →0 sen 5 xsenx − 1 ) x →0

1 − cos 5 x 2 + arctg 2 x − 1 ( )
8°). Calcolare il lim
x →0 arcsen log 2 1 + sen 4 x
.
( )
1 − cos 5 x 2 2 arctg (2 x − 1) 2 x − 1
5x +
1 − cos 5 x 2 + arctg (2 x − 1)
x
25 x 4 2x −1 x
=
arcsen log 2 (1 + sen 4 x ) arcsen log 2 (1 + sen 4 x ) log 2 (1 + sen 4 x ) sen 4 x 4
Essendo: è facile ren-

log 2 (1 + sen 4 x )
x
sen 4 x x4
1 − cos 5 x 2 + arctg 2 x − 1 ( ) (
= log 2 2 lim 1 x 3 e quindi possiamo asserire che il limite )
dersi conto che è lim
x →0 (
arcsen log 2 1 + sen 4 x x →0 )
proposto non esiste.

9°). Calcolare il lim


1 − cos 7 x + arctg 3x + tg 2 x − 1
.
( 2
)
x →0 sen log(1 − 2 xtgx )
1 − cos 7 x arctg 3x tg 2 x − 1 2 x − 1 2 ( 2
) 2

Essendo:
1 − cos 7 x + arctg 3x + tg 2 x ( 2
−1
=
)
49 x 2
7 x +
3x
3 x +
2 x2
− 1 x2
x
, se
sen log(1 − 2 xtgx ) sen log(1 − 2 xtgx ) log(1 − 2 xtgx ) ⎛ tgx ⎞
⎜ − 2x x⎟
log(1 − 2 xtgx ) − 2 xtgx ⎝ x ⎠
1 − cos 7 x arctg 3 x tg 2 x − 1 2 x − 1 ( 2
) 2

x è positivo è
1 − cos 7 x + arctg 3 x + tg 2 x − 1
=
( 2
) 49 x 2
7 +
3x
3 +
2x −1
2
x2
x

−1
e se x
sen log(1 − 2 xtgx ) sen log(1 − 2 xtgx ) log(1 − 2 xtgx ) tgx x
2
log(1 − 2 xtgx ) − 2 xtgx x
1 − cos 7 x arctg 3 x tg 2 x − 1 2 x − 1 ( 2
) 2

è negativo è
1 − cos 7 x + arctg 3 x + tg 2 x − 1
2

=

49 x 2
7 +
3x ( 3 +
2 x2
− 1 ) x2
x

−1
sen log(1 − 2 xtgx ) sen log (1 − 2 xtgx ) log (1 − 2 xtgx ) 2
tgx x
log(1 − 2 xtgx ) − 2 xtgx x
quindi possiamo affermare che il limite proposto esiste ed è uguale a − ∞ .

10°). Al Lettore il compito di far vedere che risulta: lim


(2 xarctgx
− 1)log(1 + arcsenx )
= log 4 ,
x →0 (1 − cos x )sentgx
85

log(1 + x 4 ) + 1 − 7 x log(1 + x 2 )arctg 5 x + 2 tg 7 x − 1


4

lim = −∞ , lim = +∞ e che non esistono i seguenti altri


x →0 1 − cos 3x 3 x →0 sen 3 x
3 xarcsenx − 1 + log(1 + x 2 ) arctgsen 2 x + log(1 + 3tgx )
due limiti lim
x →0
( (
1 − cos 2 x − 1 senx
2
)) e lim
x →0 5x −1
.

§.2.7. IL CASO DELLE SUCCESSIONI DI NUMERI REALI. Ricordiamo che si dice successione
di numeri reali ogni funzione reale definita nell'insieme N dei numeri interi positivi, ricordiamo ancora che
l'unico elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su N è + ∞ , pertanto, per una successione ( x n )n∈N di
numeri reali ha luogo a considerarsi solo il lim x n che, per semplicità, nel seguito sarà denotato col simbolo
n → +∞

lim x n .
n

È immediato verificare che sussiste la seguente proposizione:

2.7.1. Se ( x n )n∈N è una successione di numeri reali ed L è un elemento di R̂ è:

lim x n = L ⇔ ∀I L ∃m ∈ N tale che se n > m allora è x n ∈ I L ,


n
se in particolare L è un numero reale, è:

lim x n = L ⇔ ∀ε > 0 ∃m ∈ N tale che se n > m allora è x n − L < ε ,


n

se è L = −∞ è:
lim x n = −∞ ⇔ ∀ε > 0 ∃m ∈ N tale che se n > m allora è x n < −ε ,
n
se è L = +∞ è:
lim x n = +∞ ⇔ ∀ε > 0 ∃m ∈ N tale che se n > m allora è x n > ε .
n

Osserviamo che la definizione 2.2.5 nel caso delle successioni può essere posta nel seguente modo:

DEF.2.7.2. Siano: ( x n )n∈N una successione di numeri reali ed L un elemento di R̂ .


Se è lim x n = L allora si dice che ( x n )n∈N è regolare, in particolare se L è un numero reale allora si di-
n

ce che ( x n )n∈N è convergente ad L, se invece è L = −∞ o L = +∞ allora si dice che ( x n )n∈N è divergente e


più precisamente se è L = −∞ si dice che ( x n )n∈N è divergente negativamente e se è L = +∞ si dice che
(xn )n∈N è divergente positivamente.
Naturalmente per i limiti delle successioni di numeri reali sono validi tutti i teoremi stabiliti nei para-
grafi 2.3 e2.4 ed il teorema 2.5.10.

Noi qui di seguito daremo gli enunciati di quei teoremi sopra ricordati che, nel caso delle successioni
di numeri reali, possono enunciarsi in modo differente. Per comodità del Lettore dopo il numero d'ordine del
teorema in questo paragrafo, scriveremo, in parentesi, il numero d'ordine del teorema originale:

2.7.3. (2.3.2). Siano: ( x n )n∈N una successione di numeri reali ed (nh )h∈N una successione strettamente
crescente di numeri interi positivi.
(
) (
Se L è un elemento di R̂ allora è: lim x n = L ⇒ lim x nh = L .
n
) h

= n + h − m allora è: (lim x = L ) ⇔ (lim x = L ) .


Se inoltre esiste un numero intero positivo m tale che, per ogni numero intero h maggiore di m, risulta
nh m n nh
n h
86

2.7.4.(2.3.3). Sia ( x n )n∈N una successione di numeri reali.


Se esistono due successioni strettamente crescenti di numeri interi positivi, (nh′ )h∈N ed (nh′′ )h∈N , tali che
( ) ( )
le successioni x n′h h∈N e x n′h′ h∈N siano regolari e risulti; lim x nh′ ≠ lim x nh′′ allora ( x n )n∈N è una successione
h h

non regolare.

ESEMPIO.2.7.5. Far vedere che la successione (−1) ( n


)
n∈N non è regolare.

2.7.6.(2.3.5). (TEOREMA DELLA PERMANENZA DEL SEGNO). Sia ( x n )n∈N una successione di
numeri reali.
Se L è un elemento di R̂ e risulta lim x n = L > 0 (risp. lim xn = L < 0 ), allora esiste un numero intero
n n

positivo m tale che se n > m risulta x n > 0 (risp. xn < 0 ).

2.7.7.(2.3.6). (PRIMO TEOREMA DEL CONFRONTO). Siano ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N due successioni
di numeri reali.
Se ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N sono regolari ed esiste un numero intero positivo m tale che se n > m è x n ≤ y n
allora è anche: lim x n ≤ lim y n .
n n

2.7.8.(2.3.7). (SECONDO TEOREMA DEL CONFRONTO). Siano: ( x n )n∈N , ( y n )n∈N e ( z n )n∈N tre
successioni di numeri reali ed L un elemento di R̂ .
Se è lim y n = lim z n = L e se esiste un numero intero positivo m tale che se n > m è y n ≤ x n ≤ z n , al-
n n

lora è anche lim x n = L .


n

2.7.9.(2.4.2). Siano: ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N due successioni di numeri reali.


Se ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N sono regolari e se lim x n + lim y n ∈ Rˆ allora è: lim( x n + y n ) = lim x n + lim y n .
n n n n n

Se ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N sono regolari e se lim x n lim y n ∈ Rˆ allora è: lim x n y n = lim x n lim y n .
n n n n n

Se ( x n )n∈N ed ( y n )n∈N sono regolari e se lim x n lim y n ∈ Rˆ allora, se è y n ≠ 0 per ogni elemento n di
n n

N, risulta: lim( x n y n ) = lim x n lim y n .


n n n

2.7.10.(2.4.4). Siano: ( x n )n∈N una successione di numeri reali ed a un numero reale diverso da zero.
Se ( x n )n∈N è regolare allora è: lim ax n = a lim x n .
n n

2.7.11.(2.4.5). Sia ( x n )n∈N una successione di numeri reali.


Se per ogni numero intero positivo n è x n ≠ 0 , se è lim x n = 0 e se esiste un numero intero positivo m
n

tale che se n > m è x n > 0 (risp. xn < 0 ) allora è: lim1 x n = +∞ (risp. lim1 xn = −∞ ).
n n

2.7.12.(2.5.10). Sia ( x n )n∈N una successione di numeri reali.


Se ( x n )n∈N è crescente allora è: lim x n = sup x n .
n n∈N

Se ( x n )n∈N è decrescente allora è: lim x n = inf x n .


n n∈N

ESEMPIO.2.7.13. Ricordando quanto esposto nel paragrafo 1.7 e tenendo presente quanto affermato
87
nell'enunciato della proposizione 2.7.12 è immediato rendersi conto che risulta: e=
= sup(1 + 1 n ) = lim(1 + 1 n ) ed e = inf (1 + 1 n ) = lim(1 + 1 n ) .
n n n +1 n +1

n∈N n n∈N n

ESERCIZIO.2.7.14. Il Lettore farà un utile esercizio se, ricordando le dimostrazioni delle proposizioni
2.3.5, 2.3.6 e 2.3.7, dimostra direttamente rispettivamente le proposizioni 2.7.6, 2.7.7 e 2.7.8.

Chiudiamo questo paragrafo dicendo che può dimostrarsi la seguente utile proposizione:

2.7.15. (TEOREMA FONDAMENTALE PER IL CALCOLO DEI LIMITI). Siano: X una parte
non vuota di R, f una funzione reale definita in X ed x0 un elemento di R̂ in cui possa effettuarsi il limite su
X.
Se L è un elemento di R̂ , allora condizione necessaria e sufficiente affinché sia: lim f ( x ) = L è che
x → x0

per ogni successione, ( x n )n∈N , di elementi di X − {x0 } avente per limite x0 risulti: lim f ( x n ) = L .
n

ESERCIZI.2.7.16.

l°). Se a è un numero reale far vedere che è: lim(a n n!) = 0 .

( )
n

n! = 0 .
n
In virtù della proposizione 2.3.1 l'asserto resterà dimostrato se facciamo vedere che è: lim a
n

Per questo cominciamo con l'osservare che in virtù della proposizione 2.7.15 è lim a = lim a
n x
e
n x → +∞

⎧0 se è a < 1

quindi possiamo asserire che è: lim a = ⎨1 se è a = 1 , d'altra parte, per ogni numero intero positivo n, è
n


n

⎩+ ∞ se è a > 1
0 < 1 n! < 1 n e risultando lim1 n = 0 , in virtù della proposizione 2.3.8, è lim1 n! = 0 e pertanto l'asserto è
n n

vero se è a ≤ 1 .
Supponiamo ora a > 1 ed osserviamo che se m è un numero intero maggiore di a , per ogni numero
intero n maggiore di m, è: 0< a
n
n! = a( m
)
m! ( a (m + 1))....( a n ) < a ( m
)
m! ( a (m + 1))
n−m
=
(
= (m + 1)
m
)
m! ( a (m + 1)) ed essendo a (m + 1) < 1 è lim( a (m + 1)) = 0 e quindi, in virtù della proposi-
n

n
n

n! = 0 e l'asserto resta così completamente dimostrato.


n
zione 2.7.8, come volevasi, risulta lim a
n

2°). Far vedere che si ha: lim (2 3n − 2 2 n 3 + 2 n 5) (2 n 3 + 1) = +∞ , lim (3n 5 + 5n 3 + 1) (− 7 n 5 + 3) = − 3 7 ,


n n

n
(
lim (n!) + n!
3
) ((n!) + 1) = 0 e lim ⎛⎜⎝ − 3( n )
4
n
4


(
+ 1⎞⎟ 2 n − 1 = −∞ )
Essendo lim 2 n = +∞ , lim (x 3 − 3 x 2 + 5 x ) (3 x + 1) = +∞ e, per ogni numero intero positivo n,

) (( ) ( )) ( ( ) )
n n

(2 )( n 3
( ) 2
− 2 3 + 2 5 2 3 + 1 = 2 − 3 2 n + 5 2 n 3 2 n + 1 , in virtù della proposizione 2.7.15 consegue
3n 2n n n

quanto asserito.
Al Lettore il compito di dimostrare le altre tre uguaglianze proposte.

3°). Far vedere che è: lim ar cos log(1 + 1 n ) = 0 , lim(4 3) sen(3 4 ) = 1 , lim n ⋅ arcsen(51 n − 1) = log 5
n n n
n n n

e lim arctg log 3 (n (n + 1)) = − π 2 .2


n
88
n n
(
Essendo (4 3) sen(3 4) = sen(3 4)
n
) ((3 4) ) è: lim(4 3) sen(3 4)
n
n
n n
= lim senx x = 1 .
x→0

Al Lettore il compito di dimostrare le altre tre uguaglianze proposte.

Potrebbero piacerti anche