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Vulnerabilità sismica dei ponti

Andrea Dall'Asta
Professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni
Scuola di Architettura e Design
Università degli studi di Camerino

Il rischio sismico dei ponti è un problema riconducibile principalmente alla loro funzione di
collegamento e al delicato ruolo che possono essere chiamati a svolgere nel caso di
eventi disastrosi di diversa natura. La loro capacità di resistere e rimanere funzionali dopo
un evento sismico è un tema che richiede quindi particolare attenzione perché le maggiori
sollecitazioni della struttura si manifestano proprio in quelle situazioni dove sono richiesti
interventi di soccorso. Sotto questo aspetto, i ponti non sono tutti uguali ed è importante
disporre di un'analisi della rete stradale esistente per individuare quelli che svolgono un
ruolo strategico per la protezione civile e disporre di strumenti di programmazione che
permettano di definire razionalmente le priorità per la pianificazione nel tempo degli
interventi di adeguamento.
Gran parte della rete stradale nazionale è stata realizzata negli anni 60-70, nel successivo
ventennio si è assistito ad una fase di graduale ampliamento mentre gran parte delle
risorse degli ultimi anni sono state indirizzate verso l'adeguamento, la riparazione o la
sostituzione dell'esistente. La vulnerabilità sismica che si osserva sui ponti e viadotti della
rete attuale è sicuramente imputabile ad un quadro di conoscenze e di indicazioni
normative che fino a pochi anni fa risultava assolutamente inadeguato. Fino al 2003, anno
di emanazione dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio 3274/03, le indicazioni
normative si limitavano ad alcune prescrizioni di dettaglio sui sistemi di collegamento. In
generale, una cultura della progettazione sismica dei ponti ha trovato applicazione solo di
recente, con l'effettiva diffusione delle Norme Tecniche per le Costruzione del 2008, e
l'elevato livello di vulnerabilità che si osserva sui ponti esistenti è da attribuire ad una
concezione strutturale inadeguata, più che a carenze nelle caratteristiche prestazionali dei
materiali o all'adozione di azioni sismiche di progetto ridotte. Nel panorama complessivo,
anche le tecniche costruttive hanno giocato un ruolo importante. Oggi la tipologia più
diffusa di impalcato prevede la realizzazione di una struttura piuttosto leggera composta
con travi affiancate in acciaio e soletta superiore in c.a.. Diversamente, i ponti realizzati in
epoca precedente, fino a circa 15 anni fa, presentavano regolarmente un impalcato in
c.a.p., spesso realizzato con travi prefabbricate, e la loro massa sismica risulta
particolarmente elevata.
Nell'affrontare la questione della vulnerabilità dei ponti è utile tenere presente che, sotto
l'aspetto della risposta sismica, un ponte è sostanzialmente diverso da un edificio
multipiano. L'edificio è un sistema in serie, dove le forze agiscono su piani rigidi e le
strutture resistenti di ogni livello si fanno carico delle azioni dei piani superiori, a livello di
fondazione viene trasferita tutta l'azione sismica della costruzione, spesso indicata come
"taglio alla base". Da questo assetto complessivo conseguono gran parte delle indicazioni
generali di progetto. La situazione dei ponti è decisamente diversa perché le azioni
agiscono su un impalcato solitamente deformabile e si trasferiscono su più sottostrutture
(sistema in parallelo), anche loro deformabili e con massa significativa. I concetti di
ripartizione orizzontale e di taglio alla base, familiari per gli edifici, vanno rivisti in un
contesto più articolato e risultano parzialmente utili per controllare la risposta sismica dei
ponti.

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Anche i parametri prestazionali devono essere riconsiderati in funzione della specificità
della funzione. In generale, l'obiettivo di progetto prevede un'assenza di danneggiamento
significativo sulla sovrastruttura, sui collegamenti e sulle spalle mentre è accettabile un
danneggiamento dei giunti e delle pile. Il livello di danneggiamento deve essere comunque
calibrato in relazione al ruolo dell'attraversamento e ai tempi previsti per il ripristino della
funzionalità.
Questi criteri generali trovano poi diversa declinazione per le differenti tipologie strutturali,
che spaziano da quelle più diffuse dei ponti a travi appoggiate o continue, a quelle meno
diffuse come i ponti a telaio, ad arco e strallati, fino ad arrivare alla situazione decisamente
più complessa ma ampiamente diffusa sul territorio nazionale dei ponti storici in muratura.
E' quindi difficile inquadrare in modo unitario il problema della vulnerabilità dei ponti;
iniziare dai problemi caratteristici dei ponti a travata può comunque risultare utile.
Buona parte dei ponti a travata esistenti sono realizzati mediante uno schema statico di
travi semplicemente appoggiate su due pile contigue; sul piano orizzontale sono presenti
vincoli trasversali su entrambe le pile e vincoli longitudinali solo su una delle due. In
questo caso, lo schema è particolarmente semplice e si conclude all'interno della singola
campata.
L'azione sismica, trasversale o longitudinale, si trasferisce alle pile tramite i dispositivi di
vincolo e viene poi scaricata sulle fondazioni. In questa situazione l'impalcato, pur
essendo stato progettato considerando solo le azioni verticali, possiede generalmente le
caratteristiche di resistenza necessarie a trasferire le azioni sismiche alle sottostrutture
senza danneggiamenti significativi. I punti di maggior vulnerabilità sono solitamente i
dispositivi di appoggio che possono cedere perché progettati con azioni orizzontali troppo
basse e possono determinare il dislocamento dell'impalcato quando non siano presenti
ritegni adeguati. Solo nel caso di vincoli sufficientemente resistenti le azioni sismiche si
trasferiscono al sistema pila-fondazione. Le sottostrutture presentano spesso duttilità
limitata per una serie di motivi: i dettagli strutturali non permettono un'elevata rotazione
plastica della base della pila, si può verificare una rottura a taglio prematura, la fondazione
può non avere le capacità resistenti per assicurare l'equilibrio in condizioni di cerniera
plastica sulla pila. Tra le possibili cause di vulnerabilità vanno anche considerate le
caratteristiche meccaniche dei materiali e degli appoggi. Nel caso dei ponti, un problema
spesso evidente è legato al degrado causato dall'esposizione diretta delle strutture e ai
problemi connessi alle infiltrazioni di acqua per inadeguatezza dei giunti e
dell'impermeabilizzazione della soletta.
Il problema della vulnerabilità diventa più complesso e articolato quando lo schema statico
non si chiude all'interno della singola campata ma coinvolge un sistema strutturale più
ampio. Fino a 10-15 anni fa la grande maggioranza dei ponti di luce modesta veniva
realizzata utilizzando un dispositivo di vincolo longitudinale chiamato "catena cinematica".
Il sistema prevedeva la realizzazione di una soletta continua al di sopra di travi
prefabbricate separate tra loro e semplicemente appoggiate su ogni campata; il sistema
permette di eliminare il degrado delle sottostrutture legato alla presenza dei giunti senza
modificare significativamente la risposta ai carichi verticali. Tutta l'azione orizzontale di
progetto, al tempo modesta, veniva trasferita su un unico elemento delle sottostrutture,
solitamente il più rigido (oggi preferiremmo il più flessibile). Questo sistema presenta due
criticità evidenti. La prima questione riguarda la risposta sismica longitudinale: la
sottostruttura (spesso una spalla) la sua fondazione, il sistema di vincolo tra impalcato e
sottostruttura e i dispositivi di collegamento tra le campate adiacenti sono stati tutti
progettati per sostenere forze molto inferiori a quelle che si possono verificare durante il
terremoto di progetto. La seconda questione riguarda il comportamento trasversale: il
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sisma trasversale produce una flessione sul piano orizzontale dovuta alla continuità
dell'impalcato e i valori di picco del momento si misurano spesso sulle sezioni di appoggio
dove la sezione resistente si riduce alla sola soletta.
La risposta sismica trasversale diventa anche più importante quando l'impalcato è
effettivamente continuo. L'impalcato ripartisce le forze tra le sottostrutture
proporzionalmente alla loro rigidezza; l'implacato non è rigido e questa ripartizione
dipende anche dal rapporto tra la sua rigidezza, proporzionale alla larghezza, e quella
delle sottostrutture, approssimativamente legata all'altezza delle pile. La risposta dinamica
può essere particolarmente complessa nel caso diffuso di pile di diversa altezza, in genere
le azioni sismiche maggiori vengono trasferite alle pile più corte che di solito sono anche
quelle meno duttili e più vulnerabili nei confronti delle rotture a taglio.
In sintesi, nei ponti a travata la vulnerabilità sismica è in molti casi dovuta ad una
concezione inadeguata del sistema dei vincoli mentre degrado e limitata duttilità dei
componenti sono spesso aspetti secondari che possono ulteriormente limitare la capacità
sismica. Questa considerazione è alla base degli interventi di miglioramento sismico che,
semplificando, possono essere ricondotti a tre approcci di riferimento. Un primo modo di
migliorare la risposta, sfruttando le limitate capacità delle pile esistenti, consiste nel
cambiare lo schema statico, introducendo un sistema di vincolo (shock transmitter) che
interviene durante il sisma per coinvolgere un gruppo selezionato di sottostrutture,
continuando a consentire le deformazioni termiche in esercizio. Un secondo approccio, più
drastico, è quello di introdurre un sistema di isolamento sismico tra impalcato e
sottostrutture in modo da ridurre fortemente le azioni trasmesse dall'impalcato,
riconducendole a valori simili a quelli utilizzati nel progetto originario. A differenza del caso
degli edifici, l'isolamento sismico presenta un'efficacia parziale nel caso dei ponti perché
permette di ridurre solo le azioni che riguardano l'impalcato e non riduce le azioni sismiche
sulle pile, a volte alte e con massa particolarmente rilevante. Un ultimo approccio riguarda
il miglioramento delle caratteristiche prestazionali dei singoli elementi in termini di
incremento di duttilità delle pile e di incremento di resistenza dei vincoli e delle fondazioni.
Le schematizzazioni mal si adattano ai problemi reali e, in particolare, ai progetti di
adeguamento delle costruzioni esistenti e gli interventi reali richiedono spesso soluzioni
che combinano in maniera conveniente i tre approcci indicati.

Collasso strutturale per cedimento dei vincoli (Kobe 1995)

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Collasso per cedimento delle sottostrutture (Kobe 1995)

Profilo longitudinale

Deformata trasversale

Comportamento trasversale dei ponti su pile irregolari

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