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A volte penso che Piero della Francesca sia il pittore più moderno del
Rinascimento. Geometrico, matematico e metafisico verrà snobbato fino
all’Ottocento dalla critica, portando Roberto Longhi a dire “quel complesso mimico
è stato scambiato per impassibilità superbia ieratismo mentre non è che il portato
inevitabile della poesia.”62
Bernard Benson lo definirà infatti il maestro “dell’arte non eloquente” perché in
effetti si respira sempre un’atmosfera trascendente nelle opere del maestro, magica,
con un’attenzione particolare alla divina proporzione e all’anima umana. Lavorerà
nella magnifica “periferia” rinascimentale, e da anziano e ormai cieco morirà in un
giorno particolarmente importante per la storia: il 12 ottobre 1492, quando venne
scoperto il Nuovo Mondo e si chiudeva un ciclo della storia. Particolarità che colpisce
dato che Piero aveva dedicato l’intera vita a creare un mondo ideale. Scherzi della
storia, e del destino, ma trovò comunque il tempo però di scrivere il De prospectiva
pingendi e il De quinque corporibus regularibus, considerati fra i testi scientifici più
importanti del Quattrocento.
62 Roberto Longhi, Breve ma veridica storia della pittura italiana, Abscondita editore, 2013, Milano, p. 108
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Nella Madonna di Senigallia Piero si sofferma sull’intimismo della scena e ogni
particolare è rappresentato accuratamente, come i riflessi delle unghie, dei gioielli e
dei veli. Un’opera straordinaria dove nella luce del meriggio appare il pulviscolo,
l’atmosfera metafisica dell’ambiente, la sua sensazione tattile63 e Piero in quest'opera
riesce magistralmente a mescolare la resa dei dettagli dell'arte fiamminga
all'umanesimo italiano, creando una perfetta sintonia che porta inevitabilmente alla
modernità. Il corallo al collo del Bambino rappresenta la futura passione e la rosa che
stringe in mano prefigura il mistero della passione.
Si respira aria mistica, è innegabile, ma dà importanza anche alla visione terrena.
I Lini contenuti nel cestino danno un senso di materialità e di casa, e il pulviscolo
risulta così incredibilmente terreno ma allo stesso tempo divino.
Albert Einstein sosteneva che “Ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare
che niente è un miracolo. L'altro è pensare che ogni cosa è un miracolo” e in effetti
il miracolo è nel quotidiano e non lo si deve cercare a tutti i costi nello straordinario.
Pensate al prodigio della natura dove tutto è in perfetto equilibrio e armonia o al
nostro corpo dove tutti gli organi lavorano in perfetta sintonia senza che noi neanche
ce ne accorgiamo. Essi sono già dei grandi miracoli.
La vita è già perfetta così com’è, e cerchiamo di vivere il quotidiano come un
miracolo. Il segreto è nelle piccole cose.
63 Philippe Daverio, Guardar lontano Veder vicino, Rizzoli, 2013, Milano, p. 136
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