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Dispense 

Dal Naturalismo al Verismo 


 
Gli  scrittori  veristi  derivano,  pur  con  notevoli  differenze,  dal  Naturalismo,  che  si 
afferma  in  Francia  dal  1870.  Il  retroterra  culturale  e  filosofico  del  Naturalismo  è  il 
Positivismo,  un  movimento  di  pensiero  che  è  l’espressione  della  nuova  società 
industriale della società borghese.  
Il  Positivismo  è  caratterizzato  dal  rifiuto  di  ogni  visione di tipo religioso o metafisico 
e  dalla  convinzione  che  tutto  il reale sia un gioco di forze materiali, fisiche, chimiche, 
biologiche,  regolate  da  ferree  leggi  meccaniche.  Il  positivista  crede  solo  nei  fatti 
positivi,  dimostrabili  scientificamente.  Inoltre  ha  fiducia  nel  progresso,  garantito 
dalle conquiste scientifiche.  
Uno  dei  modelli  letterari  del  Naturalismo  francese  fu  Gustave  Flaubert,  autore  di 
Madame  Bovary.  Egli  approda  alla  sua teoria dell’impersonalità ed afferma: “L’artista 
deve  essere  nella  sua  opera  come  Dio  nella  creazione,  invisibile  e  onnipotente,  in 
modo che lo si senta ovunque ma non lo si veda mai”.  
Altri  personaggi  importanti  furono  i  fratelli  Edmond  e  Jules de Gouncourt, per la loro 
cura  di  costruire  i  loro  romanzi  in  base  ad  una  descrizione  minuziosa degli ambienti 
sociali  rappresentati  e  per  l’attenzione  dimostrata  ai  ceti  inferiori  e  a  fenomeni  di 
degradazione umana.  
I  Naturalisti  francesi  ritengono  che  il  romanziere  abbia  un  compito importantissimo, 
aiutare  le  scienze  politiche ed economiche nel regolare la società ed eliminare le sue 
storture,  fornendo  ai  legislatori  e  ai  politici  gli  strumenti  per  dirigere  i  fenomeni 
sociali.  Zola,  altro  importante  scrittore  naturalista,  sosteneva  infatti  che  il  lavoro 
dello  scrittore  scienziato  poteva  essere  svolto  solo  in  un  regime  repubblicano  e 
democratico.  
Sono a questo punto evidenti le differenze con il Verismo italiano.  
Per  Verga  la  scientificità  consisteva  nella  forma  dell’opera,  ovvero  nella  perfetta 
impersonalità,  ancora  più  estrema  rispetto  a  quella  di  Flaubert  (linguaggio  ricco  di 
paragoni,  proverbi,  modi  di  dire,  imprecazioni  e  struttura  dialettale).  Nei  romanzi 
francesi  non  esiste  niente  di  simile  alla  regressione  del  narratore tipica del Verismo; 
esiste sempre un distacco netto tra narratore e personaggi, cosa che non avviene nel 
Verga.  Guardiamo  un  esempio:  in  ​Germinal  di  Zola,  quasi  all’inizio,  si  descrive  la 
cucina  dei  minatori:  “Nonostante  la  pulizia,  un  odore  di  cipolle  cotte,  stagnante  dal 
giorno  prima,  avvelenava  l’aria  calda”.  Da  questa  frase  già  si  capisce  che  il  termine 
avvelenava  non  può  appartenere  al  livello  dei  minatori,  che  si  nutrono 
quotidianamente  di  cipolle,  ma  esprime  il  giudizio  dello  scrittore.  Notate  quindi  la 
differenza  con  l’incipit  di  ​Rosso  Malpelo​,  dove  il  narratore  è  allo  stesso  livello  dei 
personaggi  (“Rosso  Malpelo  si  chiamava  così  perché  aveva  i  capelli  rossi  e  aveva  i 
capelli rossi perché era cattivo”).  
Per  Zola  impersonalità  significa  distaccarsi da ciò che racconta, per Verga eclissarsi 
nel punto di vista dei suoi personaggi.  
Inoltre  la  sua  visione  è  radicalmente  pessimistica.  La  letteratura  dunque,  a  suo 
parere,  non  può  essere  uno  strumento  che  contribuisce  a  migliorare  la realtà, ma ha 
la  funzione  di  studiare  la  realtà  e  di  riprodurla  fedelmente,  in  modo  che  ciascuno  si 
possa adeguare.  

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