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FACOLTA’ TEOLOGICA DI SICILIA «SAN GIOVANNI EVANGELISTA»

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

Nota di lettura – Cristologia.

Dal Kerigma al Dogma

Cristo Immagine di Dio – Le tradizioni patristiche su Col 1,15.

Allievo Docente

Gabriella Scalas Ch.ma Prof.ssa Nicole Oliveri

Anno di corso II

Anno accademico 2019 – 2020

PALERMO
Non ha detto:

Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza,

ma lo fece a immagine di Dio.

Qual è dunque l’altra immagine di Dio,

a somiglianza della quale immagine è stato fatto l’uomo,

se non il nostro Salvatore?”.

[Origene - Omelie sulla genesi - I,13] 1

1
Cf. M. Simonetti, Omelie sulla Genesi, Città Nuova, Roma 2002,63.
Introduzione
Ogni volta che leggo un libro dedicato alle dispute dogmatiche penso che non basti una vita
per ringraziare i Padri e i Dottori della Chiesa che instancabilmente hanno lavorato per produrre una
ricchezza di contenuti e metodi di riflessione che costituiscono per noi una grossa eredità. Oggi più
che mai abbiamo bisogno di trovare argomenti forti e validi per sostenere dibattiti sulla cristologia
odierna. Non a caso l’autore del libro oggetto della nota ci spiega come ogni volta che si ravvede la
necessità di rinnovare la dottrina per renderla adeguata ai tempi, finiamo con “esplorare le soluzioni
dei padri per conoscerne sempre meglio le reali intenzioni e anche i fattori storici e culturali che li
hanno condizionati”2.

La questione in capo alle succitate soluzioni sta nella difficoltà di capire cosa sia derivato da una
esegesi genuina del testo biblico e cosa invece sia stato influenzato da filosofie ellenistiche. Questa
discriminante è utile soprattutto perché stanti noi in un mondo globalizzato - che si è fatto un
piccolo quartiere multietnico - abbiamo la necessità di capire come i Padri abbiano fronteggiato le
dottrine eretiche. Questa conoscenza, infatti, potrebbe darci l’opportunità di stabilire un metodo per
dialogare con altre religioni e altre filosofie senza cadere nell’errore di stravolgere la nostra fede.

Del libro che si compone di tre sezioni tematiche, ho focalizzato la mia attenzione su quella
dedicata all’esegesi patristica di alcuni tra i più importanti testi cristologici del Nuovo Testamento.
In questo capitolo l’autore parla in particolare dell’esegesi dei versi di Col. 1,15.

I versi, oggetto dell’argomentazione, fanno parte di un inno che recita: “Egli è immagine del Dio
invisibile generato prima di ogni creatura perché per mezzo di lui sono state create tutte le cose …
tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte
sussistono il Lui. Perché piacque a Dio di fare abitare il Lui ogni pienezza e per mezzo di lui tutte
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col. 1,15). Marguerat sostiene che l’inno
comunicava un messaggio di conforto rispetto alla convinzione molto diffusa nel mondo ellenistico
che gli elementi e le potenze del cosmo si affrontassero in un conflitto permanente. Questa
convinzione era alimentata dall’esperienza dell’angoscia di un vissuto misero, conflittuale, instabile
e fragile. L’inno appariva come una “contro-esperienza religiosa che vedeva il Cristo preesistente
come garanzia della coerenza del cosmo. In questo modo rendeva possibile una nuova esperienza
del mondo in quanto buona creazione di Dio”.3 Data la natura dei versi e il loro significato appare
abbastanza naturale che alcuni Padri li abbiano usati quando la pressione gnostica ed eretica cercò
2
R.Cantalamessa, Dal Kerigma al Dogma – Studi sulla patrologia dei Padri, Vita e pensiero, Milano 2006,7.
3
D.Marguerat, Introduzione al Nuovo Testamento, Claudiana Srl, Torino 2015,295.
6
di diffondere il disprezzo per il mondo fisico. Da essi trassero i concetti di immagine, di visibilità,
di somiglianza, spesso richiamando Gen. 1,27 soprattutto in quei momenti in cui si sentiva forte la
necessità di creare un ponte logico tra il Dio creatore e il Dio salvatore.

Le tradizioni patristiche su Col 1,15.


Il capitolo in oggetto dipana la trattazione focalizzando l’attenzione su pochi autori: Ireneo
di Lione, Tertulliano e Origene. I primi due sono esponenti della scuola antiochena mentre il terzo è
rappresentante della scuola alessandrina. I tre autori, come è stato già accennato, hanno dovuto
elaborare, qualche volta a più riprese, le loro riflessioni sulla natura del Cristo per contrastare
l’avanzata di eresie come lo gnosticismo, il monarchianismo, il patripassianismo e il marcionismo
che si andavano insinuando nelle maglie allargate di una dottrina troppo debole perché ancora in
piena formazione.

I temi su cui si giocava la partita della formazione del dogma erano quelli caldi che
derivavano dal dato biblico e si sviluppavano in modo da creare un filo di congiunzione tra la
creazione, l’incarnazione, la fine dei tempi e quindi la salvezza nella resurrezione. Attorno ad
essi si articolava la speculazione su termini come immagine, somiglianza, natura, persona intesa
come volto e persona intesa come sostanza o natura, ora vedendo in essi un modo per definire lo
statuto ontologico di Cristo, ora per delinearne il dinamismo nella storia e la funzionalità rispetto
all’economia salvifica divina. Il metodo e gli argomenti necessari venivano selezionati in relazione
alle problematiche che di volta in volta si presentavano. Per delle dottrine come lo gnosticismo, per
esempio, che erano fondate sul dualismo “mondo terreno, carne vessillo del degrado” da una
parte e “Dio in quanto sfera accessibile solo allo spirito” dall’altra, senza alcuna possibilità di
scambio tra le due parti, era ovvio che la creazione fosse opera di un Dio malvagio che non poteva
essersi incarnato in quel Dio di bontà che aveva aperto le porte del regno dei cieli. Proprio
sull’impossibilità di scambio bisognava, allora, centrare la questione della possibilità di un ponte tra
Dio e il mondo. Ireneo vescovo di Lione, primo autore esaminato da Cantalamessa. ha operato
proprio in tal senso.

Il testo di Col. 1,15 si prestava bene allo scopo di Ireneo il quale - ci spiega Cantalamessa -
espresse la sua riflessione in termini che possono essere sintetizzati così: “Immagine di Dio è il
Verbo incarnato - Cristo; l’uomo fu creato a immagine di Dio, in quanto fu creato secondo il
modello del Verbo incarnato che è Cristo”.4 Frase che tradisce immediatamente la necessità per

4
R.Cantalamessa, Dal Kerigma al Dogma – Studi sulla patrologia dei Padri, Vita e pensiero, Milano 2006,155.
7
Ireneo di affrontare l’eresia degli gnostici che non potevano ammettere l’incarnazione di Dio
nell’uomo. Per arrivare alla riflessione succitata il vescovo di Lione sviluppò il tema centrale
dell’unità che “si esprime nel tempo attraverso la realizzazione del piano divino, concepito nel
segreto di Dio, eseguito alle origini non da un intermediario, un dio subalterno che gli gnostici
chiamano demiurgo, ma dal Figlio e dallo spirito Santo che Ireneo chiama con una espressione
biblica le mani di Dio”.5 Ireneo avvertiva la necessità di inserire nel piano salvifico l’uomo e Cristo;
quindi sviluppò grazie al testo paolino altri due temi: quello dell’immagine che vedeva l’uomo
come creatura divina fatta ad immagine del Figlio (Dio) e quello della somiglianza che vedeva in
Cristo incarnato, morto e risorto la meta per arrivare alla salvezza. L’uomo, posto al vertice di tutto
il creato, aveva ricevuto il dono imperdibile dell’immagine. Aveva ricevuto anche il dono della
somiglianza che - perso per colpa del peccato - poteva essere riacquistato partecipando della grazia,
mediante il Verbo che incarnandosi aveva reso la carne perfetta e salvabile, trasfigurata nello
Spirito Santo, riflettente la gloria divina. Il Cristo era quindi immagine di Dio, modello della forma
originaria dell’uomo (tema dell’immagine) e meta del suo itinerario verso la perfezione (tema della
somiglianza). Questa teoria tra somiglianza e immagine univa in modo logico creazione,
incarnazione e salvezza attraverso Cristo mediatore, immagine visibile (incarnato) del volto di Dio
(invisibile). Una visibilità possibile solo attraverso l’incarnazione ma che voleva dire accessibilità ai
sensi (agli occhi), non all’intelletto come invece sarà per Tertulliano e per gli alessandrini.

Tertulliano si mosse nel solco tracciato da Ireneo sostenendo l’idea triadica dell’uomo
immagine di Cristo immagine di Dio. Questa concezione, implicita nei versi della lettera paolina,
diede vita a quelle teorie che Tertulliano contrappose a marcioniti e monarchiani. Nell’Adversus
Marcionem, sua opera più vasta e ispirata all’Adversus Haeres di Ireneo scrisse: “Libero e dotato di
proprio arbitrio e di proprio potere, io trovo che l’uomo è stato creato da Dio non verificando in
esso nessuna immagine e nessuna somiglianza con Dio più valida della conformazione del
medesimo status”. (II,5,5).

Interpreta poi il passo biblico Cor. 4,3-6 che recita: “Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato
per quelli che sono sulla via della perfezione, per gli increduli ai quali Dio di questo mondo ha
accecato le menti, affinchè non risplenda per loro la luce del vangelo della gloria di Cristo che è
l’immagine di Dio….. E Dio disse: rifulga la luce dalle tenebre, rifulge nei nostri cuori per far
risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo”. In questo modo,
accosta al tema dell’immagine il nuovo termine di persona (volto), così da poter concludere che Dio

5
A.G.Hamman, L'Uomo immagine somigliante di Dio, Edizioni Paoline srl, Milano 1991,22.
8
invisibile si mostra sul volto di Cristo e che l’uomo è stato creato dal Dio trascendente (e creatore)
secondo il volto di Cristo, attraverso il quale può arrivare a conoscere la luce divina. L’unità
dell’AT e del NT viene così salvata dal pericolo del dualismo dei marcioniti attraverso una parabola
che andava dalla creazione alla salvezza senza però dire nulla dell’incarnazione (tema caro ad
Ireneo).

Il dato dell’incarnazione viene affrontato chiaramente quanto Tertulliano, dovendo spiegare il


mostrarsi di Dio nell’AT, affermò che con le teofanie “Il Figlio di Dio veniva preparando se stesso
e gli uomini alla futura esistenza terrena”.6 L’ipotesi di immagine che ne veniva fuori era ancora
una volta dinamico e funzionale: esso affermava non la natura del Verbo quanto piuttosto il suo
agire in nome di Dio. L’idea di immagine subì una ulteriore evoluzione a causa della necessità di
contrastare le teorie patripassiane. L’immagine allora non fu più il volto e si discostò dal dato
dell’incarnazione per assumere la valenza di persona nel senso di natura, legata più allo status
ontologico del Verbo. Si ebbe quindi l’affermazione delle due persone Padre/Figlio in un’unica
natura “unae substantiae, duae naturae”, che riportava a galla il problema della visibilità di Dio.
Tertulliano trovò come soluzione l’idea che, delle due persone, il Padre era invisibile, mentre il
Figlio era visibile perché era una portio ex summa. Solo più avanti la nozione di immagine fu
riaccostata all’incarnazione: Gesù diventò il rappresentator patris e il concetto di immagine
riacquistò la sua accezione dinamico/funzionale ma con una particolarità nella sua accessibilità: in
Cristo il Padre si rendeva visibile non agli occhi della carne ma a quelli della mente.7

Origene, come in precedenza gli altri autori studiati, collegò l’esegesi di Gen. 1,27 a Col.
1,15 accostando il tema dell’immagine (l’uomo ad immagine di Dio) a quello cristologico (Cristo
immagine di Dio), sostenendo però che “Quest’uomo di cui si dice che è fatto ad immagine di Dio;
né d’altronde, per l’uomo corporeo, la Scrittura usa il termine fatto bensì plasmato, come scritto
poco dopo...Quello che fu fatto a immagine di Dio è il nostro uomo interiore, invisibile incorporale,
incorrotto e immortale.”8 Quindi nello schema antropologico origeniano, evidentemente
influenzato dalla filosofia greca, l’uomo consisteva dello spirito/anima ed era spinto al bene
dall’influsso dello spirito divino presente in lui in virtù del battesimo; invece sollecitato al male
dalla forza irrazionale della sua carne, eredità del peccato di Adamo. Il concetto di immagine

6
R.Cantalamessa, Dal Kerigma al Dogma – Studi sulla patrologia dei Padri, Vita e pensiero, Milano 2006,159.

7
Cf. Ib.,159.

8
Ib.,165.
9
invisibile finisce per rappresentare l’uomo interiore, qualcosa che non può essere visto ma che può
essere conosciuto. Origene arriva ad affermare “quanto Giovanni scrive: - Chi ha visto il Figlio ha
visto il Padre Gv. 14,9- di fatto sta intendendo dire che chi ha conosciuto il Figlio ha conosciuto il
Padre”.9 Sulla base di questo concetto di immagine, Origene si avvicinò al testo paolino per
cercare di interpretarlo ed elaborare la sua cristologia. In prima battuta distinse l’immagine
artificiale (l’uomo fatto ad immagine di Dio), prodotta in una sostanza estranea, dalla immagine
naturale (il Figlio è immagine di Dio) che era il Figlio rispetto al Padre. In questo senso lo statuto
del concetto di immagine era ontologico, cioè non aveva alcun dinamismo legato all’incarnazione.
Quando Origene introdusse la dottrina della processione del Figlio come volere dell’intelligenza del
Padre, l’essere immagine non significò più solo l’essenza, la natura, ma anche il concetto
(funzionale) giovanneo di “Figlio il cui cibo è fare la volontà del Padre” Gv. 4,34. Grazie al dato
dalla volontà del Padre espressa nel Figlio, il concetto di immagine si arricchì di altri attributi come
la santità, l’amore, la verità. L’immagine era per Origene viale, strada che permetteva la conoscenza
tra il Dio trascendente e l’uomo attraverso il Figlio mediatore. Quest’ultimo termine era già
presente in Ireneo, il quale riteneva che Cristo fosse intermediario perché portava in sé le due nature
divina e umana. Per Origene lo era, invece, in quanto primigenia creatura che sta tra la natura
dell’ingenerato e tutte le creature.

Conclusione
Per brevità non è possibile né proseguire nell’analisi di altri paragrafi né approfondire quelli presi in
considerazione. Credo che nell’esposizione appaiano evidenti le differenze di percorso dei tre autori
ma anche il fatto che la dialettica su cui si è costruito il dogma cristologico ha fatto uso puntuale del
testo paolino Col. 1,15 ora per definire l’immagine cristologica, ora per definire quella
antropologica, ora facendone un dato ontologico ora un dato funzionale. I Padri, fini esegeti,
accostando i vari passi studiati, seppero rendere ragione della loro fede.

9
R.Cantalamessa, Dal Kerigma al Dogma – Studi sulla patrologia dei Padri, Vita e pensiero, Milano 2006,167.
10
Bibliografia
Fonti
M. Simonetti, Omelie sulla Genesi, Città Nuova, Roma 2002.
Studi
R. Cantalamessa, Dal Kerigma al Dogma-Studi sulla patrologia dei Padri, Vita e pensiero, Milano
2006.
D. Marguerat, Introduzione al Nuovo Testamento, Claudiana Srl, Torino 2015.
A. G. Hamman, L'Uomo immagine somigliante di Dio, Edizioni Paoline Srl, Milano 1991.

Indice
Introduzione....................................................................................................................................................... 6

Le tradizioni patristiche su Col 1,15.................................................................................................................. 7

Conclusione ..................................................................................................................................................... 10

Bibliografia ...................................................................................................................................................... 11

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