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Deviazione e Normalizzazione

Corsiste
Barbara Caporaletti
Daniela Del Rosso

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Deviazione e Normalizzazione
Il 5 aprile del 1934, nel corso del congresso Internazionale di Roma, Maria
Montessori tenne la seconda conferenza intitolata “Deviazione e
Normalizzazione”.
L’autrice esordisce affermando, come a scusarsi, che il termine
normalizzazione è imperfetto, inadatto a descrivere il concetto nuovo che
vuole significare e per questo è fonte di fraintendimenti e malintesi. La
parola normalizzazione descrive quel fenomeno che la dottoressa osservò
verificarsi e ripetersi in tutte le sue scuole: la manifestazione della natura
profonda e normale del bambino, la liberazione di quelle forze interiori che
prendono il sopravvento per determinare un carattere vitale e costruttivo, il
fiorire delle qualità armoniche e la scomparsa dei difetti e delle deviazioni.
Il periodo che va da 0 a 6 anni è la parte più importante della vita per ciò
che riguarda la formazione del carattere. A questa età il bambino non può
essere influenzato dall’esempio o dalla costrizione dell’adulto, ma è la
natura stessa che pone le fondamenta del carattere, il quale allora risulta un
elemento della creazione e non dell’educazione. Il bambino in questo
periodo non comprende le distinzioni fra il bene e il male.
Nel secondo periodo, dai 6 ai 12 anni incomincia ad essere cosciente del
bene e del male non solo nelle proprie azioni ma pure in quelle degli altri.
Si forma la coscienza morale.
Nel terzo periodo dai 12 ai 18 anni sorge il sentimento dell’amore per il
proprio paese, quello di appartenere ad un gruppo e dell’onore del gruppo,
si manifesta cioè la coscienza sociale. Ogni periodo pone le fondamenta
per il successivo: “Anche il bruco e la farfalla sono tanto differenti
nell’aspetto e nelle loro manifestazioni, eppure la bellezza della farfalla è
conseguenza della sua vita allo stato di bruco, non proviene dall’imitare
l’esempio di un’altra farfalla”, afferma la Montessori. La dottoressa
conclude questa metafora sostenendo che “Per costruire il futuro è
necessario vigilare sul presente, quanto più verranno curati i bisogni di un
periodo, tanto maggior successo avrà il successivo” ( La mente del
bambino, p. 189).
Se lo sviluppo dell’embrione è condizionato dal concepimento, la
gestazione è influenzata dalle condizioni della madre. Traumi, esperienze
violente, ostacoli importanti incontrati nei primi due o tre anni di vita
possono alterare il carattere provocando delle deviazioni. Il carattere del
bambino si sviluppa quindi in relazione al suo ambiente di vita, alle
vicende personali che lo forgiano sul piano psichico fin dalla nascita, agli
ostacoli che incontra o alla libertà che ne favorisce uno sviluppo armonico.
I bambini che all’età di tre anni arrivano a scuola mostrano caratteristiche
differenti gli uni dagli altri, una varietà di “difetti infantili”, dice la
Montessori, che hanno un peso diverso a seconda del periodo in cui sono
sorti e dell’esperienza che li ha suscitati.
La dottoressa raggruppa in due categorie i difetti che possono presentare i
bambini di quest’età: quelli del bambino forte che lotta e vince gli ostacoli
presenti nell’ambiente e quelli del bambino debole che soccombe per
sfavorevoli condizioni.
Difetti dei bambini forti
Tra le principali caratteristiche che riscontriamo in questi bambini c’è la
disubbidienza, l’istinto di distruzione, sono frequenti scoppi d’ira, atti di
ribellione e di aggressione, capricci violenti, desiderio del possesso: sono
bambini che tendono ad impadronirsi di quello che hanno gli altri bambini
e manifestano invidia ed egoismo. Grandi disturbatori, spesso urlano,
strillano. Si distraggono facilmente, faticano a mantenere l’attenzione sul
proprio compito e presentano difficoltà nella coordinazione dei movimenti.
Hanno una forte immaginazione.

Difetti dei bambini deboli


I bambini che appartengono a questa categoria sono tipi passivi, pigri,
tendenti all’inerzia, sono lamentosi, piangono per ottenere qualcosa e
cercano di far lavorare gli altri al posto loro; si annoiano facilmente: hanno
bisogno di continui stimoli a cui perdono rapidamente interesse e vogliono
essere sempre divertiti; possono essere lenti nell’apprendere. Hanno paura
di tutto, si appoggiano molto agli adulti e si sottomettono al loro volere,
sono timidi e spesso bugiardi, a volte rubano. Questa debolezza sul piano
psichico può tradursi in disturbi fisici come inappetenza, turbe digestive di
origine psicosomatica, stanchezza, fino all’anemia. Possono soffrire di
incubi o avere un sonno agitato.

Spesso i difetti dei bambini deboli vengono accettati con più favore
dall’adulto perché considerati di natura “buoni” quindi l’adulto tende ad
alimentare queste caratteristiche.
Secondo la Montessori i difetti di carattere sono dovuti tutti a un
trattamento sbagliato che il bambino ha avuto nei primi anni della sua vita;
per la maestra, che ha osservato attentamente i suoi bimbi in classe,
diventa importante conoscere come si è svolto il ciclo dell’attività
costruttiva di ogni singolo bambino, chiedendo ai genitori informazioni su
di lui e sul suo ambiente di vita a partire dalla nascita. La mancanza di
alimento necessario allo sviluppo della vita psichica fa soffrire i bambini
di fame mentale e questo causa i più svariati disagi: quando i fanciulli
vengono trascurati, non fornendo loro stimoli intellettuali e sensoriali
adeguati, la loro mente è vuota e confusa perché non si è dato loro
possibilità di costruirla.
Altrettanto dannoso è l’atteggiamento dell’adulto che fa tutto al posto del
bambino o gli impone la sua volontà: ne risultano bambini che non avendo
potuto compiere liberamente i propri cicli di attività diventano passivi e
mostrano disinteresse per tutto. L’energia psichica deve incarnarsi nel
movimento per comporre l’unità dell’essere umano. Se l’unità non ha
potuto essere raggiunta (per la sostituzione dell’adulto al bambino o per
mancanza di motivi di attività nell’ambiente) energia psichica e
movimento si svolgono separatamente, in modo disorganizzato e ne deriva
“l’uomo spezzato”: l’intelligenza che avrebbe dovuto costruirsi attraverso
le esperienze del movimento fugge verso la fantasia, l’immaginazione; se
la mente divaga lontano dalla realtà la mano si muove senza scopo, il
corpo senza ordine e le azioni dei bambini restano incomplete perché
l’energia passa attraverso le cose senza potersi fermare.
Come dice Maria Montessori : “E’ l’adulto che provoca nel bambino le sue
incapacità, le sue confusioni, le sue ribellioni; è l’adulto che spezza il
carattere del bambino e ne reprime gli impulsi vitali e poi l’adulto stesso si
affanna a correggere gli errori, le deviazioni psichiche, i rilassamenti del
carattere che egli stesso ha prodotto nel bambino” (Il bambino in famiglia,
p.137).

Ne La mente del bambino La dottoressa sottolinea come da secoli


l’opinione pubblica ha suddiviso i bambini in tre categorie:
1) Quelli i cui difetti che devono essere corretti (violenti, capricciosi,
irrequieti, disubbidienti…)
2) Quelli che vengono considerati buoni e servono da modello (timidi,
passivi, affettuosi, ubbidienti….)
3) Quelli che vengono considerati superiori, quasi dei geni ( buon
intuito, curiosità spiccata, fervida immaginazione, fanno molte
domande…)
I bambini appartenenti alla prima categoria sono in genere i bambini del
tipo forte che mettono in seria difficoltà genitori ed educatori che non
sanno come comportarsi con loro. I bambini delle altre due categorie, non
destando particolari problemi, suscitano orgoglio e sono considerati
desiderabili sia dai genitori che dagli educatori.
La Montessori afferma che nelle scuole che ha creato è possibile osservare
come, non appena i bambini si interessano a un lavoro che li attrae, tutte
queste distinzioni si perdono, le qualità considerate cattive, buone o
superiori scompaiono, resta solo un bambino che seguendo una direttiva
interiore sceglie liberamente il lavoro da svolgere, si occupa di ciò che gli
da serenità e gioia e realizza una disciplina spontanea.
Messi in un ambiente che offra loro la possibilità di svolgere un’attività
ordinata i bambini sviluppano un tipo psichico unico con delle
caratteristiche peculiari, un bambino la cui personalità è riuscita a
costruirsi normalmente.
Quando l’ambiente richiama con le sue attrattive e offre motivi per
un’attività costruttiva tutte le energie del bambino si concentrano e le
deviazioni scompaiono.

In riferimento all’immagine realizzata dalla dottoressa, vediamo


rappresentati nella parte destra del ventaglio alcuni dei difetti dei bambini
mentre la mediana perpendicolare larga definisce la linea della normalità,
simbolo di concentrazione in un punto.
Quando i bimbi possono concentrarsi, le linee alla destra della mediana
scompaiono e il bimbo normalizzato, che ha perso i suoi difetti
superficiali, manifesta la sua natura più profonda espressa da alcune
caratteristiche descritte nella parte sinistra della figura: la concentrazione,
la determinazione, il lavoro continuo nella gioia, la calma, la padronanza
di sé e dei propri gesti, la fiducia in se stesso, la riflessività, l’aderenza alla
realtà, la disciplina spontanea, i sentimenti sociali di aiuto e di
comprensione per gli altri.
La Normalizzazione, secondo i principi montessoriani, non è un intervento
diretto sul bambino perché nessuna pedagogia e neppure l’amore sono in
grado di modificare comportamenti deviati in comportamenti normali; non
è una azione correttiva dell’adulto nei confronti del bambino deviato, ma è
un processo attraverso il quale è il bambino stesso che cambia la direzione,
grazie ad un ambiente di vita e di attività nel quale egli ritrova impulsi e
interessi necessari al suo sviluppo: la possiamo quindi chiamare
un’autocorrezione, un’ auto guarigione.

Lavoro e libertà sono necessari allo sviluppo del bambino insieme alla vita
sociale con i compagni; nella costruzione dei piccoli fondamentale è la
concentrazione, per questo la natura, nel suo lavoro di edificazione
dell’essere umano, impone interessi intensi al bambino, interessi che
impegnano la personalità.
Un lavoro appropriato, interessante, scelto liberamente, in grado di
concentrare, fa aumentare le energie e le capacità mentali e dà padronanza
di se stessi: così si ottiene la normalizzazione.
A questo scopo occorre strutturare un ambiente ricco di motivi di attività:
infatti, in un ambiente dove prevale “la voce delle cose” il bambino
depone le sue difese che sono dirette nei confronti delle persone e non
degli oggetti. I materiali di sviluppo devono essere usati secondo lo scopo
a cui sono costruiti per arrivare ad un ordine mentale e devono essere usati
esattamente per raggiungere la coordinazione dei movimenti. L’ordine
mentale e la coordinazione dei movimenti guidano e conducono alla
concentrazione la quale, una volta raggiunta, libera le azioni del bambino e
quindi lo porta alla guarigione dei suoi difetti.

I materiali permettono il controllo dell’errore per cui i bambini si rendono


conto da soli se hanno commesso uno sbaglio e sono in grado di
correggersi autonomamente, costruendo così sicurezza in se stessi e
guadagnando autostima. Anche l’uso di materiali veri come bicchieri
frangibili aumentano l’attenzione e la precisione dei movimenti; l’utilizzo
di tutti i materiali reali che richiedono prudenza favoriscono il senso di
responsabilità di sé e verso gli altri.
L’insegnante che ha predisposto l’ambiente da un punto di vista
organizzativo, ma anche come clima, sollecita e guida il bambino a trovare
l’esercizio, ponendosi in una condizione di osservazione.
Occorre fare attenzione a distinguere un bambino concentrato da uno
occupato, il bambino concentrato mentre lavora, fa, pensa, riflette, si
prende il suo tempo; il bambino occupato passa da un materiale all’altro
senza soffermarsi, senza far pratica, in questo caso i difetti non
scompaiono perché è solo attraverso la concentrazione che avviene la
trasformazione.
Attraverso l’attività ordinata e costruttiva il bambino perde paure, pigrizia,
aggressività, timidezza e conquista un nuovo orizzonte che lo orienta e lo
immerge in modo più pieno nella realtà. E’ con il proprio lavoro che il
bambino fa risorgere i caratteri normali, può ricostruire sé stesso e
ritrovare quella energia vera e potente voluta dalla sua stessa natura.
Il lavoro e la mano sono il trait d’union tra il bambino e la
normalizzazione: la mano lavora e la mente è guida nel lavoro. La mano,
“organo dell’intelligenza”, è guidata dalla mente del bambino e porta al
suo sviluppo: grazie ai sensi il bimbo scopre il mondo che lo circonda,
grazie alle mani crea, attraverso i polpastrelli fa tanti esercizi che
stimolano la memoria muscolare.
Nello svolgere la pratica il bambino ha bisogno di sentirsi indipendente: il
distacco dall’aiuto dell’adulto lo conduce verso la libertà, che non si
intende anarchia del fare, ma anzi capacità di tirare fuori da sé i propri
talenti attraverso la sperimentazione e l’errore. L’indipendenza è
condizione necessaria a uno sviluppo psichico normale. Essere
indipendenti dall’adulto vuol dire nascere e quando il bambino
incomincia a fare da sé, a lavorare con la sua mano, nasce spiritualmente.
Purtroppo ci sono sempre meno adulti disposti a offrire ai bambini la
possibilità reale di esprimersi, a volte per pigrizia altre per mancanza di
sensibilità o di eccessiva fretta.
L’adulto deve stare attento a non sopraffare o sostituire anche per amore il
bambino perché questo va ad interferire nel normale sviluppo infantile:
Montessori ci presenta come esempio il parallelogramma delle forze nella
fisica: “(...) due forze che si incontrano, la forza latente del bambino
ancora potenziale, quindi debole e non definita, e il potere che l’adulto ha
già stabilito. Se questo incontra l’energia infantile deriva che il fanciullo
prende la diagonale cioè devia dalla linea diretta, dalla linea normale dello
sviluppo: per questo abbiamo chiamato “deviazione psichica” il carattere
provocato da che l’adulto, troppo potente, agisca inconsciamente e
intempestivamente sull’energia del fanciullo che dovrebbe essere quasi
sacra e la faccia derivare” (Il metodo del bambino e la formazione
dell’uomo, p. 85).
C’è un’unica direzione di sviluppo normale, mentre le deviazioni possono
essere numerose producendo differenti tipi di difetti. Qualunque
deviazione comunque si produce perché il bambino non può con le sue
forze e con il suo movimento penetrare l’ambiente, conoscerlo,
interessarsi, svolgendo la sua attività; il bambino piccolissimo e il bambino
normalizzato sono animati da un amore per l’ambiente che si può
paragonare a una spinta famelica per cercare cose capaci di nutrire il loro
spirito e se ne nutrono con l’attività.
Uno dei difetti più comuni nei bambini che non hanno potuto realizzarsi,
svilupparsi normalmente, è l’avidità di possedere, accompagnata da quella
di distruggere: l’amore per l’ambiente, che porta al lavoro ed alla
conoscenza, si trasforma in impulso a possedere l’ambiente; se i fanciulli
non hanno trovato motivi adatti ai loro bisogni vedono sole le cose e
desiderano possederle, vogliono tutto quello che vedono. Spesso i bambini
più forti litigano tra di loro per accaparrarsi un oggetto o per sottrarre
giochi agli altri, lottano per proteggere le cose di cui si sono impossessati,
che dopo poco rompono.
Il bambino deviato immagina che l’adulto è un essere potente che dispone
di tutte le cose e inizia un’azione di sfruttamento per poter ottenere da lui
quello che da solo non potrebbe avere. Arriva il capriccio: possedere tante
cose senza ragione. L’adulto all’inizio cede poi di fronte alle richieste
sempre più insistenti e insensate resiste; si arriva allo scontro e il bambino
lotta cercando di vincere anche attraverso il pianto e la preghiera. L’adulto
si convince di aver viziato il bambino cedendo alle sue richieste e cerca il
modo di correggerlo. Ma affrontare i difetti direttamente vuol dire far
nascere delle difese che spesso rendono impossibile ogni ulteriore azione.
Se l’adulto non mette in atto una serie di strategie nell’ambiente
organizzato dal punto di vista del clima, nell’approccio relazionale verbale
e non verbale, questi difetti non vengono normalizzati dal bambino stesso
che da adulto potrebbe diventare avido di potere.
L’unica strada per aiutare il bambino è fare in modo che trovi
nell’ambiente qualcosa che lo interessi, che lo affascini, allora l’istinto di
possedere un oggetto viene sublimato nel desiderio di conoscere
quell’oggetto e il bimbo se ne impossessa intellettualmente. Ad esempio è
molto comune vedere bambini che raccolgono fiori e subito dopo li
buttano via o li stracciano. Se invece il bambino conosce le diverse parti
del fiore, il tipo delle foglie, la forma del gambo, il desiderio di prendere e
distruggere è sostituito dal desiderio di osservare; egli prova per la pianta
un interesse intellettuale e se ne impossessa intellettualmente, ne sorveglia
la crescita, conta le sue foglie, le misura. Quando un bambino si
appassiona a un oggetto, lo conosce e lo ama, sente la bellezza di questa
conquista e si libera la gioia nel suo animo; diventa pieno di premura per
tutte le cose, le tratta con delicatezza e rispetto. Nel bambino si fa chiara
l’eredità del nostro essere umani, il fuoco che ci anima e ci guida
nell’avventura della vita sulla terra: l’ aspirazione a conoscere, amare e
servire. “E’ il bambino il costruttore spirituale di noi adulti, e gli ostacoli
che noi porremo al suo libero sviluppo diventeranno le pietre dei muri
della prigione dell’anima dell’uomo” (La mente del bambino, p. 215). Il
nostro compito è sostenere l’autocostruzione dell’uomo nel periodo
opportuno, permettendo al bambino di adoperare il suo potere creativo e di
svilupparsi normalmente secondo natura, perché i germi del
comportamento umano possono svilupparsi solo nel giusto ambiente di
libertà e di ordine.
Potremo riassumere dicendo che un bambino “normalizzato” è un bambino
che ha avuto in un ambiente preparato la possibilità di trovare una attività
che gli da piacere e può scegliere di farla liberamente, e mentre la svolge
in modo concentrato può sviluppare dei processi logici di causa-effetto, o
riflessioni filosofiche e porsi le grandi domande della vita. Questa libertà
individuale all’interno di un gruppo può essere rispettata sia nei momenti
di lavoro in autonomia che nei momenti di lavoro insieme, perché ogni
bambino si riconosce elemento prezioso per il raggiungimento di un unico
obiettivo.
La normalizzazione può ancora essere considerata come
un’armonizzazione dei vari aspetti che il bambino ha dentro di se in modo
da affrontare efficacemente gli errori fatti o le difficoltà incontrate e poter
manifestare con soddisfazione tutte le sue potenzialità, i suoi talenti
naturali vivendo in armonia con se stesso e con gli altri.
Bibliografia
Montessori M., La mente del bambino, Milano, Garzanti, 2018
Montessori M., Il metodo del bambino e la formazione dell’uomo, Roma,
Opera Nazionale Montessori, 2001
Montessori M., La scoperta del bambino, Milano, Garzanti, 2018
Montessori M., Il segreto dell’infanzia, Milano, Garzanti, 2020
Montessori M., Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti, 2018

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