I primi film sonori italiani furono realizzati dalla Cines nel 1930: "La canzone dell'amore" di
Gennaro Righelli. Il primo, in particolare, fu un successo internazionale, come film e soprattutto
come canzone. Sull'onda di tale successo, fu proprio la "commedia con canzoni" il genere su cui
puntò la cinematografia italiana per rispondere allo strapotere di Hollywood, già allora
predominante in Italia e in Europa.
Il divario di mezzi e risorse rispetto al cinema americano era però incolmabile, e si ricercò la co-
produzione internazionale, in particolare con la Germania. Dal legame con il cinema tedesco
nacquero infatti film come "La segretaria privata" (1931) di Goffredo Alessandrini, con Elsa
Merlini e Nino Besozzi, e "La telefonista" (1932) di Nunzio Malasomma: era l'inizio del filone
dei "telefoni bianchi". Contemporaneamente, Mario Camerini dirigeva "Gli uomini, che
mascalzoni..." (1932), variante sullo stesso filone, portata al successo dalla canzone "Parlami
d'amore Mariù" (di Bixio e Cherubini), interpretata dalla stella emergente Vittorio De Sica. Fu
questo l'unico film italiano in concorso alla prima Mostra del Cinema di Venezia, istituita nello
stesso 1932. Furono proprio i film di Camerini, insieme a quelli di Blasetti, a segnare una prima
rinascita del cinema italiano dopo la crisi del decennio precedente.
A tale rinascita contribuirono poi anche le iniziative del regime fascista, in particolare il Centro
Sperimentale di Cinematografia (1935) e Cinecittà (1937): il cinema italiano divenne presto
un'industria capace di produrre ottanta pellicole l'anno e di generare divi come Amedeo Nazzari,
Assia Noris e Alida Valli. L'interesse del regime per questo settore era però finalizzato
soprattutto alla propaganda: per Mussolini, il cinema era "l'arma più forte", il mezzo ideale per
diffondere e celebrare la sua immagine e quella del fascismo, di cui doveva veicolare i valori e le
prospettive. Non a caso, già nel 1924 era nata L'Unione Cinematografica Educativa (poi nota
come Istituto LUCE), l'ente incaricato di realizzare e diffondere i cinegiornali e i documentari
del regime.
Tra i film più direttamente associati alla propaganda fascista si ricordano pellicole come
"Scipione l'Africano" (1937) di Carmine Gallone, "Luciano Serra pilota" (1938) e "Abuna
Messias" (1939) di Goffredo Alessandrini, che esaltavano la politica imperialista del regime e in
particolare la Guerra d'Etiopia.
Nel giro di qualche anno però, il cinema di propaganda perse il suo potere di fascinazione sul
pubblico, soprattutto da quando gli esiti nefasti* del secondo conflitto mondiale cominciarono ad
essere evidenti ai più, mentre il filone dei "telefoni bianchi" veniva soppiantato da commedie più
realistiche e in particolare dal fenomeno Totò.
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