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POSTILLE SUL LESSICO SARDO

Author(s): P. E. Guarnerio
Source: Romania, Vol. 20, No. 77 (1891), pp. 56-69
Published by: Librairie Droz
Stable URL: https://www.jstor.org/stable/45042302
Accessed: 27-08-2020 01:08 UTC

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO

ABBUDDARE e ABBUDARE.

Il Caix, St. d. et ., 13 1, collega con l'it. abbottarsi « riempirsi di


cibo, saziarsi » il srd. abbuddatu « sazio, impinzato » quasi da
*ad-bot-are, ravvisandovi cioè un derivato dalla rad. bot-,
d'onde bot-ulus, ecc. Ma il Caix non ha posto mente che la
voce srd., nel senso da lui addotto, deve avere -dd- che risale,
come ognun sa, a -II- e non mai a Bisogna dunque cercarne
altrove l'etimo. E anzitutto gioverà notare che nel srd. sono due
serie di voci, che possono, secondo l'apparente grafia comune,
recare confusione.
Alla prima appartengono : abbuddare v. n. e p. log. « saziarsi,
farsi una panciata, impinzarsi » ; abbuddada sf. log. « saziata,
panciata » e per traslato nella varietà del Goceano « stilettata,
punta »; e abbuddadu ag. log. « sazio, impinzato ». All' altra :
abbudare v. n. log. e abbuddassi gali. « farsi folto, crescere in
erba e non in ispiga » e abbudadu ag. log., abbuddatu gali.
« folto », nelle quali due forme galluresi il doppo -dd- non in-
dica che le pronuncia intensa -del d. Ora la prima di queste serie
non può risalire che a bulla, che dal senso di vescica1, cosa
che si gonfia, si empie, passò a quello di budello, come si vede
nelle seguenti voci, che a lei mettono capo indubbiamente con
- Il - in - dd -, per quanto nella determinazione del significato
possa esservi commistione della rad. bot- (bud-^) : budda sf.
dial. com. « budello »; buddales sm. pl. log. « budella », p. e.
pienàresi sos buddales « impinzarsi, satollarsi bene »; buddone sm.

i. Questo senso è ancora in bull-unca sf. log. di Bitti « vescica, bernoccolo,


furoncolo », e in bu-bull-ica sf. log. del Goceano « vescica », d'onde abbubul-
licare log. « rigonfiare, levar la vescica », con raddoppiamento della prima
sillaba e il suff. dimin. -ic-> fors'anche con avvicinamento a buscica vesica.

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 57
log., -o«/ mer. e sett. « ingordo, avido, buzzone, panciuto
buddari sm. log. « ghiottone ».; buddudu ag. mer. « ventr
panciuto ». L'altra serie invece si deve riconnettere a bu
che si continua tal quale nel log. e gali, per indicare una sp
di alga o erba palustre, della quale, secca che sia, s'intesson
seggiole e simili, e infatti : budedda sf. log. « stuoja », ond
vrb. abbudare non significa altro che « farsi erba, farsi folto »
quindi « crescere più in foglie che in frutti ».

ANDANA, ÁNDALA, ANDERA.

Alla voce log. andàina « ordine, fila » addotta da G. P


nella sua bella nota intorno a andain indaginem Ro
XIX, 452, altre se ne possono aggiungere, le quali, pur
escludendo l'influsso che vi deve aver recato il vrb. andare ,
si allontanano dal significato più comune, che hanno gene
mente i diversi continuatori romanzi di indaginem, e cioè
« cammino angusto, traccia, ordine ». Infatti allato al
andàina è il mer. andana (appunto come ali. al log farr
farraginem è il mer. farraniy it. ferrana , etc.) che
« ordine di cannoni nella nave » e « fianchi del vascell
dove adunque l'idea fondamentale primitiva di « fila, ordi
si è ristretta nel primo caso ad una significazione tutť affa
speciale, riferendola ai cannoni delle navi, ma dove, nel seco
caso, si "continua bene il concetto di « cammino angusto,
saggio stretto », qual' è appunto sui fianchi del bastime
Un' altra forma, con accento ritratto e con - n - della desin
dissimilato in -/- (cfr. mer. rúndili all. al log. n'indine , ec
poi ándala sf. mer., nel semplice valore primitivo di « tracc
e una terza forma infine, con sostituzione del sufi". - era (cfr.
pastera ajuola ali. al log. pastina vigneto, terra zappata) è an
sf. log. « camminetto, viuzza, traccia » e propriamente il c
minare qua e là in caccia, rintracciando la fiera, il che cor
ponde bene all' idea di « pista » che è nel lat. indaginem

I. E ha un bel riscontro, come mi suggerisce l'amico E. G. Parodi


genov. andaina «r andana, spazio in lunghezza tra due file, come di navi
alberi e simili » ; cfr. Voc. dell' Olivieri.

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58 P.-E. GUARNERIO

BARRA e CARRA.

II Körting, Lat. -rom. Wort., 1062, mette innanzi l'ipotesi


che la rad. barr-, che ha cosi vari rappresentanti in tutte le
famiglie delle lingue romanze, provenga da quadra con la
nota risoluzione propria del srd. log. qu- in b- e poi con -dr-
assimilato in -rr-; e foneticamente rispetto al srd. non vi
sarebbe nulla da osservare, come nessuna difficoltà offrirebbe
10 svolgimento ideologico, pel quale da quadra « tavola di
forma quadrata » si sarebbe passato a tutti i significati, che
sono stati assunti dai diversi continuatori romanzi della rad.
barr-. Se non che, dal modo in cui il Körting propone la sua
congettura, risulterebbe che la risoluzione di quadra in barra
sia come originaria del Logudoro, dove appunto è caratteristico
qu- in b -, e di là si sia diffusa nel resto della famiglia neo-latina.
Ciò non è e parmi risulterà chiaro da quanto segue.
Nel srd. corn, il sf. barra oltre il significato proprio a presso-
ché tutte le lingue romanze di « traversa, spranga, paletto, cate-
naccio » e simili, assume altresì quello di « mascella, ganascia » ,
d'onde per traslato una serie di voci, quali barr-udu barr-osu
« vorace, divoratore » oppure « loquace, ciarlone, millantatore ».
In questo senso di « mascella » gli è compagno il cat. che
chiama barra appunto « Vos en que están encastadas las dents y cai -
xals », definizione che spiega, parmi, abbastanza evidentemente
11 trapasso metaforico, onde barra da « traversa, spranga » venne
a indicare « la traversa della bocca in cui sono i denti , la ma-
scella », e l'immagine ci sarà confermata da un altro esempio,
affatto speciale al sardo e al còrso, che vedremo più innanzi.
Questo significato srd. cat. così caratteristico era forse da
ricordarsi nella serie dei casi che registra il Körting, l. c.,
rispetto ai quali è da osservare che insieme a barra il srd. com.
dice pure : abbarrare -ai -a « fermare, arrestarsi, metter argine »,
abbarrare una tanca « assiepare un campo », e barracca, barri-
cada, barriera, barrile coi diminuì, barrileddu - ottu , ecc., tutte
voci che non offrono nulla di caratteristico al srd., nè nella
forma nè nel significato, e sono molto probabilmente accattate
dalla lingua della coltura, allo stesso modo che è preso a impres-
tito dallo sp. il srd. mer. barriga « ventre ». All' incontro, o
nell' una o nelT altra varietà e segnatamente nel log., conser-

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 59
vansi alcuni continuatori di quadra, nella forma pur legitt
di carra , cioè con la perdita dell' elemento labiale di qu - e anco
con -dr- in -rr-, i quali meritano particolare menzione.
In causa del significato che si distacca completamente da tu
gli altri e rimane isolato, passi per primo carra sf. log. e se
« piazza dove si fa il mercato » e anche oggidì a Sassari son
ben note la carra grande e la carra piccola , denominazioni tr
zionali di una piazza e di una via del centro della città, che
I'Hofmann, Die log. u. camp. Mundart , Marburg, 1885, pp
e 109, fa risalire a quadra, quasi platea quadra piazz
forma quadrata. Entrando poi nella serie delle voci, che si co
gano a quadra come « tavola di foggia particolare e vaso fa
di tavole », abbiamo : carra e il diminut. carretta o -itta sf.
cuarra o quarra mer. « stajo, misura di solidi », nei quali ad
que quadra ha assunto l'idea di doglio adibito ad un uso
ciale x. Da questa accezione si passa quindi a quella più gene
che è in carrada sf. mer. « botte », coi diminut. carrade
sm. log. e mer. « botticello », carraņolu sm. log. e carricci
sf. mer. « doglietto, doglietta » e col collettivo carradâmini
mer. « bottume, quantità di vasi vinari d'ogni maniera. » In

i. Non è da tacersi carrainari sm. log., carradinà sett. « moneta anti


che non può essere altro che quadra denarii, 1/4 di denaro, come
propone I'Hofmann, 0. c ., 100. - In questo esempio quadra ha il sens
quarto, come lo ha parimenti nel tose, quarra « quarteruola, la quarta
dello stajo », dove però si rimane ancora all' idea di « doglio, vaso
misura », già addotto dal Caix, St., 465, ma erroneamente da quad
vi poteva accompagnare, come proveniente dallo stesso etimo, l'it. qu
« sorta di misura corrispondente alla spanna e anche nome di peso, lo st
che dramma » che pure il Parodi, Rom., XVIII, 604-$, propende a ritener
quad rum. Aggiungi infine il crs. querinu « quartiere, ossia la quarta
della pieve », Viale, Canti pop. corsi , p. 72.
2. La desinenza dimin. -Il- conservata incolume la manifesterebbe vo
accattata dall' it. carratello, che secondo il Diez, Less. 4 362, seguit
Körting, Less., nm. 1693, deriva da "carratellum dimin. di carr
« carico di un carro » ; se non che le altre voci srd. affini, carrada, ecc.,
permettono di ritenerla importata. Si tratterà solo di una commistion
vero e proprio srd. *carradeddu con l'it. carratello , il quale alla sua v
anziché risalire a "carrata, non sarà che una voce rifatta su altra diale
derivata da quadra; cfr. infatti le diverse voci dialettali it. registrat
Mussafia, Rom., II, 121.

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6o P. E. GUARNERIO

sì arriva a carrajolu smģ log. e sett. « acq


che porta l'acqua potabile per le case col m
quasi *carr-ariu e il suff. dimin., com
*furr-ariu *furn-ariuI; d'onde il vrb. c
l'acquajuolo, il portatore o venditore d'ac
Da quanto precede risulta chiaro il fatto,
offre nulla di caratteristico nel srd., eccezio
di mascella, e di vero i suoi derivati o son
lingue romanze o sono addirittura accatt
mentre invece la forma carra vi appare in
cui mette capo una serie di voci, alcune d
srd. soltanto, sia nella forma che nel s
adunque è l'ipotesi del Körting, e l'origine
da trovarsi.

Biccu, b'icculu, ecc.

Accanto a biccu e biccare , biccada , biccadedda e tutta la serie


della stessa famiglia, quali biccada, biccafigu , bicchirussu log. e
biccugrussu mer. frisone, biccalinna mer. picchio, biccangia mer.
specie di anatra, quasi *bicc-ania, che risalgono a beccus
con influenza della rad. pie-, cfr. Körting, Less., 1098, è pure
un' altra serie di voci che provengono ancora dallo stesso etimo
becc- e sempre con influenza di pie-2, ma nel senso figurato
di « cosa piccola, minuzia, pezzetto ». Infatti biccu sm. gali,
vale « pezzo, brandello », e il log. ha la frase istarc bicca-bìcca o
bicchi'bicchi 3 « levare qualche cosa a poco a poco, spilluzzicare »,

i. Un altro bel raffronto è linnajolu sm. log. « venditore e portatore di


legna » da *1 ig n- ari u e il suff. dimin.
2. Limitandoci qui ai soli derivati con l'idea di « piccolo », a questa rad.
pie- risalgono : pic-occu pic-occheddu ag. log. , pic-ulu ag. log. e sett. « piccolo-
ino », e con -cc- palatino, come nell' it., pićć-occu -a log. e mer. « ragazzo -a »,
picc-occheddu -a mer. « ragazzino -a » , pićć-innu -a ; e più comunemente con
-če- in- : piņ-innu -a « ragazzo -a », e con sostituzione di suffisso : piņ-icu
ag. log. del Goceano e pķņ-ulu log. e sett. « piccolo », e anche « mezzo
denaro sardo » piccola moneta, cfr. Spano, Ort. 1, 51 n., come appunto l'it.
piccolo efr. ant. pite, ecc., v. Diez, Less A 251.
3. Tanto è vera la commistione dibecc-epic- che i derivati dell' uno si
confondono con quelli dell' altro ; cosi biccalinna e insieme piccalinnaf pichi-pi-
clń avv. log. accanto a bicchi-bicchi, p. e. mandigare pichi-pichi « spilluzzicare » ecc.

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 6 I

appunto come dicesse « stare beccando pezzetto per pezz


di poi col suff. -ul- : bicculu sm. log. « pezzo, brano, t
bicculude pane tozzo di pane, b. de Unna « pezzetto di leg
chero della chitarra », e con -ul-ell- : bicculeddu « bran
pezzettino » ; d'onde i vrb. bicculare log. « spizzicare, sp
care, prendere a poco a poco », bicchiare gali, nello stess
con la risoluzione propria della varietà gali, di - ci - in
inoltre col prefisso is- (ex-) : isbiccare log. « levare un
scantonare, smussare » oltre che nel senso proprio di « d
beccata », e isbiculare log., -à sett. « sbriciolare » ; inf
grande varietà di suffissi : biccheddu sm. log. e gali. «
glio », d'onde biccheddare log., bicchiddá gall. « frastagl
col quale andrà isbichillittare log. « torre un pezzo e bezz
a biccuaccas modo avverbiale log. e sett. « a ritagli » e in
ficazione affatto particolare : biccuessa sf. log. « ricamo
fatto a ghirigori in forma di esse . »
Notevole è altresì il senso traslato a cui si arriva in bieca sf.
log. del Goceano « audacia », che è certamente della stessa rad.
di cui parliamo, quasi dicesse « la punta », onde atordigare sa
bieca « togliere l'audacia », quasi « rintuzzare la punta ».
Per ultimo non si può disgiungere dalla famiglia di voci di
cui tocchiamo, il dimin. bicchiriola sf. log. « membro virile » ;
poiché se la omofonia e il significato figurato a cui è assunto,
fanno a tutta prima pensare a un derivato da *[bom]biculu,
quasi ne fosse un ulteriore dimin., d'altra parte la gutt. sorda
anziché la sonora tra vocali, e l'assoluta mancanza nel srd. di
altre traccie di continuatori di [bomjbyx, come nome d'in-
setti o di cose a questi comparabili, cfr. Arch . glott ., II, 41, fa
dubitare della realtà della coincidenza, persuadendoci che qui
non si abbia che un dimin. di bicc-1; e quanto al senso non
occorrerà richiamare l'attenzione sull' analogia della forma, che
da bicculu « bischero della chitarra, pezzetto di legno » deve aver

I. Foggiati allo stesso modo sono fra gli altri : pipiriolu log. « pifferina, fis-
chietto », d'onde pipiriolare log. « suonare con la pifferina », cfr. Diez, Less A
2$ i , e Z infirióla festa, della Concezione, 8 dicembre, da %infu cinto 'infa incinta,
sost. deverbale da un *sinfiri - cingere, cfr. sinfillu mer. viticcio del ser-
mento, quasi *cing-iculu con -ťl- legittimam. in -II- : un proverbio raccolto
a Sìligo dice : A sa Z infirióla - O faghe bentu - 0 faghe ranfola - E si non
fàghede - Nè ran fola nè bentu - Faghe barania dies - De su male tempus .

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6 2 P. E. GUARNERIO

condotto alla significazione figurata sopra a


nuto nel tose, bìschero . Al qual senso si c
« babbeo, babbaccio, sciocco » (cfr. it. minch
è in bicchilloi bicchilloni mer. e bicchimme
sassar., tutti anch' essi da bicc - con diver
suffissi.
Erroneamente il Caix, St. d. et., 210, poneva a raffronto il
mer. bicchilloi (e in ogni caso meglio sarebbe stato bicchilloni ) col
tose, bacchillone « uomo fatto che si balocca e fa fanciullaggini »,
eh' egli considerava come ulteriore derivazione, insieme con
bacocco, di hocco « scioccone, ebete » dal nominat, buceo1; e
infatti la desinenza -Moni e anche - ulloni , che occorrono abbas-
tanza frequentemente nella varietà mer., risalgono correttamente
a un precedente -il-ion- (-ill-ion-) -ul-ion- (-ull-ion-), onde
bicchilloni non sarà che *bicch-ill-ion-, come gurdilloni
« ciocca di frutta » è da *gurd-ill-ion-, cfr. gurd-oni pure
mer. e budrone log., butroni sett. « grappolo »dabotrone, cugul-
loni da *cucullione, gurgulloni o grugulloni da gurgulione,
matalloni « fastellaccio » e figurât. « uomo grosso » da mata
albero, ecc.

CANTERZU.

Oltre il comune barra « mascella, ganascia » già veduto, e i


log. e mer. massidda maxilla e trempa tempora, entrambi per
« gota, guancia », in tutte le varietà, eccezion fatta del sassar.
che conosce solamente barra e l'oscuro cãvanu 2, occorre un'

i. Di questo nomin, si ha invece chiara traccia in buccalotfo log., biiccalottu


sass. « balordo, sciocco », d'ond g abbuccalotadu « stolido, stupido » e abbuccalotare
« stupefarsi », quasi bucc- e il suff. - al - (come da mincia menťla è minciale
log., -ali mer. minchione, balordo) e di più il suff. -ott- di solito spregiativo
(come da maccu maccottu e macchilottu , da bovu bovottu , goffone, ecc.). E inoltre
in buccamindottu mer. « credulo, credenzone » , che presuppone un sostant.
*buccdmini , come da budda buddàmini veduto or ora, da maccu macchimini , ecc ,
e poi ancora il suff. -ott- con attrazione analogica di altre voci parimenti in -d-
ottu.

2. Del quale taccio per ora, rimandando al Körting, Less., 3548, che dopo
aver ricordato l'esito negativo delle ipotesi del Gröber, Wölfflins Arch., II,
430, propone dubitativamente ca vu s.

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 6ļ
altra voce per guancia, che parmi esclusivamente indigena della
Sardegna e della Corsica, ed è nel log. cantería, mer. cantrexu ,
gali, cantegghia e al di là dello stretto nel còrso cantechia e cante-
ghia. Tutte queste forme, addotte già del Mussafia, Beit.,
62 n., ma senza tentarne l'etimo, non possono risalire fonetica-
mente che a un *canteriu, cfr. improvcriu log. dileggio da
improperiu, e con altra vocal tonica log. chivariu mer. civraxu
da cibariu, log. abbador^u, mer. aquadroxu* aquatoriu, log.
messador^a, gali, missatogghia « falce da mietere » *messatoria,
ecc. Ora il lessico latino ha cantherius1 che vale « trave che
porta il letto », « palo o sbarra transversale da sostenere viti »
e in genere « parapetto, sponda, spalletta, balaustrata » ; e da qui,
con un trapasso metaforico simile a quello già veduto nel caso
di barra, deve essere venuta la voce sarda-còrsa, per indicare
« la sponda dei denti » « il parapetto della bocca » ovverosia
la guancia », d'onde poi le derivazioni secondarie : canter^ada
e iscanteriada sf. log., iscantigghiata gali. « schiaffo », e canterale
sm. log. « sguancia della briglia ».

CHÍRRIU, CHIRRIARE, CHIRRIOLU, eCC.


ISCHERIARE, A ISCHÉRIU.

La prima serie di queste voci non può risalire che a cernere


« vagliare, dividere, separare », e sarebbe tratto in inganno dalla
omofonia chi le volesse collegare a chirrioni sm. « ciocca di
capelli », chirrioni de lana « pennacchio », eh. de stappa « bioccolo
di stoppa » e chirrionudu ag. « velloso », manifestamente de-
sunte col suff. -i-on- da cirrus « ciocca di capelli » « pennacchio
o cresta sul capo degli uccelli », le quali sono date dallo Spano,
Foe., come esclusivamente mer., ma debbono, come lo accusa
il eh - per c - lat., essere d'origine log.
Senza tener conto del log. chérrere « crivellare, stacciare, abbu-
rattare » e del sost. pure log. chérriu « canestrello per stacciare »,
come parimenti del gali, darri « vagliare, crivellare, abburattare »,
tutti legittimamente dal primitivo cernere, passiamo alle voci
di derivazione secondaria, nelle quali all' idea specifica di

i . E da questo non potrà disgiungersi il sm. canteìlu travicello log. d'Ozieri


(Spano, Voc.)ē, cfr. b. lat. can tell u s in Caix, St., 2$iĚ

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6ą p. e. guarnerio
« vagliare » subentra quella generica di « separ
quindi « fare in parti, in brani » e di poi i so
brano » e simili. E per primo è chirriare log. « se
allontanare » quasi *cern-iare 1 con e atona in
Tempio chirriigghia y prs. sng. ind. « distacc
mettendo Y -i- alla tonica, chlrriu sm. log. « orlo
« un tratto di paese, contrada, regione », e c
com. « brano, brandello, lembo », p. e. fàgher a c
ciare, fare a brandelli » e dicesi festa de chirriolu
suole distribuire un brano di carne o d'altro
Infine col prefisso is - (ex-) ischirriare log. « separ
p. e. ischirriàresi dai su masone « sbrancarsi »,
-i ai mer. « lacerare, fare a pezzi, sbranare ».
Da non confondersi con questa prima serie è
log., d'onde l'avverb. a ischériu , il quale oltre
di « scegliere » e nelP avv. « a scelta », ha an
fico di « separare, cernere il grano o la farina
vazione secondaria da quaerere e il prefiss
quaer-iare;e infatti il log. chèrere o chérrere
di -r- in analogia con gli inf. abbérrere aprire
mórrere morire, ecc., ma Ia prs. sng. ind. ch
« volere » e da questo significato ognun vede,
leggieri quello di « scegliere » generico e speci
ampliata poi è -r- semplice, ischeriare> perchè
l'analogia con la serie sopra indicata abbérrere

FLARÍA, FARIFARL

La prima voce è del lessico mer. e vale « f


Spano, Voc., ossia « flore de cinixu chi bolat de
Di^.y e tal senso mi porterebbe a tutta prima
derivazione da *f al i v a, la nota forma metat
mento di / di favilla, che è in tanti dial,

i . Per questi vrb. in - tare v. appresso nelP articolo furr


2. NelP Ort . i, 51, lo Spano dopo avere esattamen
dimin. di corria corrigia coreggia e chirriolu lembo, stri
estremità, attribuisce alla festa sopra indicata l'appellativo
essere confusione di voci, perchè nel Voc. dice bene /. de

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POSTILLE SUL LESSICO SARĎO 6 $
Arch . glott ., II, 342; se non che lo stento di un' inserzione di
-/- fra / ed a e la risoluzione insolita di -l- in -r-, mi inducono
a ravvisarvi piuttosto un sostant. derivato dal vrb. flagrare,
quasi *flagr-ia con -gr- in -r-, come nelle altre voci mer.
aresti agre s tis, pixarega picem graecam, ecc. Ma mentre i tose.
fiara « vampa, fiamma » e fioraglia « fiamma di paglia e simili
materie » che bene il Caix, St. d. et., 318, trae da flagrare, ne
conservano il primitivo significato di mandar fiamme, qui il
senso si è ristretto in anguste proporzioni, fino a indicare sol-
tanto le faville che sono nella cenere calda.
Dallo stesso etimo poi è certo da far discendere anche l'altra
voce farifari sm. mer. e pure log. « cinigia, cenere calda con
faville », che non è altro che una reduplicazione del vrb., quasi
*flagra-flagra, dapprima ridotto con la risoluzione soprad-
detta di -gr- in -r- a *flari-flari (e per la composizione cfr.
toppitoppi zoppicante, ecc.), e di poi a *frari-frari per assimi-
milazione, d'onde infine farifari con caduta del primo r per
ragione contraria, cioè dissimilazione.

FÚRRIA-FŮRRIA, FURRIARE, FURRIOLU, eCC.

La famiglia di queste voci, rispetto al senso, deve risalire alla


base, d'onde viene l'it. frugare e simili ; e infatti nel significato
di « cercare con ansietà, cercare tentando, mestare, ecc. » è
contenuta l'idea di « girare e rigirare », « volgere e rivolgere »,
che è appunto il concetto fondamentale delle voci di cui si
tocca. Se non che in luogo del dieziano *furcareI da furca,

I. A*fùrcaredafurcasi dovranno all' incontro far risalire le altre voci


srd. che si mantengono al senso di « frugare ». Così da un metatetico
*früc'lare da *fùrc'lare con ü atono in 0, come di frequente nel log. e
mer. (cfr. lograre lucrare, gorteddu cültellu, romigai rù migar e, ecc.) e
di poi con inseťzione di 0 e il raddoppiamente del -r- intervocalico, cfr.
Hofmann, ó. c 56 (che però erroneamente dà forrogare che non esiste;
correggi il g in /), si viene alla base *forroc'lare, donde con -e'/- in -j-
log., -g- mer., *ģģ- sett. (cfr. orija origa areģģa, ecc.) si ha forrojare log., /arro-
gai mer .,furruģģa sett. « frugare, rovistare, sconvolgere » e anche « grufolare
e razzolare » ; e i sost. forroju log. , forrogu mer., furroģģu sett. « frugamento
ricerca, tumulto, confusione » ; e le derivazioni posteriori : forrojadura log.
-gadura mer. « frugata, sconvolgimento » ; forrojadore log. , -gadori mer. « fru-
Romania , XX. 5

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66 P. E. GUARNERIO

che ha Yü, la base d'onde esse discenderann


cercarsi in un derivato da fur-ris; ma
icare, come non senza ragione proponev
Stud., 62 n. pel cat. furgar, sp. hurgar, it.
normalmente nel log. non avrebbe pot
*furigare. E di vero, di fronte alla lunga
-igare legittimo continuatore di -icare, come
manigare e mandigare, meigare medicare, m
parmi ammissibile ciò che afferma 1' Asc
143 n., che il -e- di -ica -ico cada spora
tanto più che a tacere di mon^u-a mon i c
anch' esso non indigeno al log., l'unico ese
bardare barriu, che sarebbe da *carr-icare
questi hanno già dato correttamente nel log. g
Bisogna dunque pensare ad altro suffisso di
credo debba essere il suff. Mdiare, ch
Literaturbl ., 1884, col. 62, poneva a fond
in -eggiare. Saremo quindi a una base *
-id j -are in i-are e il raddoppiamento d
-are quasi *karak- dalla nota rad. krak
*cobrariu, ecc.) ci porta al log .furriare, d'
Venendo ora ad esaminare il successivo sv
gico delle voci, è da notare che il primitivo
volgere » oltre che nel vrb .furriare, si conse
modo avverbiale dial. com. « gira-gira », d

gatore » e figuratam. « insolente » ; inoltre dal me


suff. -011- : forrogonai e sforrogonai « frugare », e
« scavare », isforroju « scavo », e isforrojadittu « fru
I. Cfr. Hofmann, oē c., 85, il quale pure dubita
2. Non nego che nella serie dei vrb. log. in -iur
riserbo di studiare compiutamente in altra occasione
analogiche, e commistioni reciproche, in ispecie del
riguarda l'accento ritratto nei sostant. deverbali così
*carr-icu -are, dovrà il suo b- da c - al log., dove è c
captiva, ecc., e invece la desinenza -tu da -icu al
cfr. birdiu vit rie u, pér tia pertica, bíddiu *[um]
Intanto a conferma della risoluzione sopra addotta
rino i seguenti esempj : oe log. hodie, oi mer., o
menare v. a. log. « passare il meriggio all' ombra » e
da meridiare, d'onde meriadorýu sm. log. a

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 67
dell' arrosto allo spiedo; fúrriu sm. dial. com. « giro, volta,
giravolta » ; furriada sf. log. e mer. « girata, voltata, svolta » ;
furriolu ag. log. « girovago, spensierato ». Con significati
specifici e metaforici, ma sempre connessi all' idea di « girare »,
sono poi : futrióla sf. log. « rotella, giuoco dei ragazzi » ; fur -
rioitu sm. e furrióttula sf. log. e mer. « saliscendi, cricca », e
furriottu de vinu mer. « doglietto »; furrighesu sm. log. « fossa,
buca al centro dell' aja, dove si ficca il piuolo intorno al quale
si gira con la trebbia », sul qual signif. ha influito forse anche
il già veduto isforroju e simili; e con -r- scempia, così almeno
Spano, Foc., furigheddu sm. log. fusajuolo « quel piccolo stru-
mento di terra cotta o d'alabastro o d'altro, rotondo, bucato
nel mezzo, nel quale si infila la cocca a piè del fuso, acciocché,
aggravato per mezzo di esso, giri più unitamente e meglio »; e
furighedda sf. mer. « prurito », cioè « bisogno che fa dimenare,
girare le mani per grattarsi ».
Da questa prima idea fondamentale di « girare, volgere », si
passa poi a quella di « mutare », che ne è la conseguenza, e
passivamente « mutarsi, correggersi, convertirsi », come è dello
stesso vrb. furriai mer.; oppure all' idea di « indietreggiare »
come nel gali, furrià e passivam. « ritirarsi », da cui si può
distaccare furriador^u smģ log., furriadroxu mer. « ritiro, tenuta,
ovile » cioè luogo dove si ritira il bestiame; e infine a quella di
« cambiare violentem. » quindi « gettar via», come talvolta nel
log. furriare , d'onde furriadura sf. log. « rimasuglio » roba
dunque da buttare, e se è da buttare vuol dire che è « in abbon-

mezzodi » quasi ""meridiatoriu ťmeraju voce sincopata da ""meridiariu ,


come lo prova la forma log. di Padria meriaju' e anche nel mer. anime-
riai « meriggiare » e meri « dopopranzo », che presuppone un ""merli
legittimamente da mer i dies, con -e in -i caratteristica del mer. e poi -ii
contratto in - buttiare e guttiare v. n. log. « gocciolare, stillare »
che sarà *gutt-idiare, come ilsost. pure log. buttiu « goccia » sarà ""gutt-
ídiu, il cui accento non ritratto lo dimostra non di derivazione secondaria
deverbale, e infatti cfr. guttigghià e guttigghiu gali, e gtitteģģu sass. con Í nor-
malmente in e ; - infine lapia o labia sf. log. e sett. « caldajo » che sarà da
""lapidea, come il corrispondente tose, laveggio sarà *1 api deu, e non già
""lebetiu, come supponeva il Diez, Less A 380, e neppure *laveticu, come
corregge il Meyer-Lubke, poiché né il -b- dell' uno né il -v- dell' altro dànno
ragione del p 0 b log., e cfr. anche Parodi, Rom., XIX, 484 n.

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68 P. E. GUARNERIÖ

danza » e così vale l'avv. a furriadura. Rim


furrighesos log. di Macomer « tombe scav
non è altro che il pl. di furrighesu « buca »
che fu assunto ad indicare, pel modo con
buchi, quella specie di piccole grotte scavat
incontrano nella Sardegna, in ispecie pr
dette altrimenti domos de janas1, cfr. Spa
Lovisato, Una pagina di preistoria sarda, R
Accad. d. Lincei, 1885-86.

PUZZONE, PIŹŹONI, PILLONI, eCC.

Accanto a puddu sm. gali. « cacchione » ri


e puddunà « germogliare, pullulare », le
continuatori di pu 11 u s come nome di
modo che puddu sm. log. « gallo », pud
puddasta, ecc., lo continuano come nome d
Arch. glott., VII, 518; altre voci occorro
come ad esse devonsi connettere di nec
duplice significato che sempre vi si ac
dovranno loro riunire pel comune etimo,
puļone sm. log. « uccello » e altresì « pollo
puipne decolovru « tallo di garofano » ,pu%on
p. de abe « sciamo », ecc., d'onde pugnare
gliare, pullulare » e ispu^onare vê a. log. «
levar tralci ». Nelle altre varietà dialettali p
pugione 3 sm. log. di Orune « ramoscello, t
gali, e puciunà tempiese, sempre nello ste

I . Questa voce che vale « fata, maliarda, incantat


farneticare al La Marmora e allo Spano, non s
¿ana secondo la posizione sintattica, come dia co
deorsum -jossu o ģossu , ecc.; e rimane bello o p
culto pagano di Diana, la triforme dea, presso il
romanza.

2. C'è anche bullone sm. log. « ramoscello tenero, pollone » e a


italianismo, sarà forse da mandare insieme a bullunca da bulla g
nè vi fa difficoltà il senso, chè i primi polloni si presentano app
« bernoccoli, gonfiori, vesciche ».
3. Pugiotii è anche nome di casato abbastanza diffuso nell isola.

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POSTILLE SUL LESSICO SARDO 69
tire » ; infine piloni sassar. « uccello » e ptigunà « germogliare »
con u atono in i per dissimilazione di u-o in i-o, come nel sa ss.
niixpla *nuceola, log. Untola e simili; la quale alterazione
ritorna nelle corrispondenti voci mer. : pilloni sm. « uccello »
e « germoglio, rampollo, virgulto », pillonai « uccellare », pil-
lonadorì - ora uccellatore-trice, ispillonai « levare i tralci ».
In tutta questa seconda serie di voci, così parallele nel
duplice significato di nome di pianta e insieme di bestia, si nota
subito che a -dd- normal continuatore di -//- della prima serie,
corrisponde log. sass., -//- mer., -ģ- gall, e -c- temp. Ora data
questa corrispondenza di risultati, non si può legittimamente
risalire per esse che ad una base comune - Ij - (-leu) o meglio in
accordo con la prima serie a - llj - (-lieu) a basterà cfr. log. chiņu,
mer. cxllu, gall, chiģu , temp. chicu da cilius, ovvero log. maņu
mer. mailu , ecc. da malleus, ecc. Avremo dunque una deri-
vazione secondaria di pull-us, cioè *pull-eu, d'onde col
stifF. -on, correttamente si svolgono tutte le voci sopra addotte ł.
P. E. Guarnerio.

i. E parimenti da *pulleu deriveranno pugi delle « Rime genovesi »,


Arch, glotte II. 188, 466, e pugli della « Parafrasi lombarda » id., VII,
100, 12, e in ciò conviene anche l'amico Parodi, per comunicazione privata
fattami, contrariamente a quello eh' egli stesso ne disse nelle sue Osservazioni
al less. gen. ant., ecc., in Giornale ligustico , XIII, p. 29. Anche il Meyer-
Lubke, Rom. Gr. 487, già ammetteva l'etimo *pulleu per diverse varietà romanze
come pel srd. pulone.

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