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MARIACARLA DE GIORGI

LA RECEZIONE DELLA TEORIA NOTAZIONALE GRECA


NEL RINASCIMENTO EUROPEO

La recezione della cultura musicale classica, intesa come processo


attivo di recupero, rilettura e interpretazione delle fonti antiche, vide
nel Rinascimento europeo i frutti di quel lungo ed erudito lavoro fi-
lologico-critico avviato dall’Umanesimo allo scopo di riscoprire e tra-
smettere le fonti teorico-musicali greche. La ricerca puntuale e
approfondita di antiche poetiche e prassi trovò terreno fertile nello
studio di una particolare branca ‘specialistica’ della teoria classica, fa-
cente capo ad Aristosseno1, di cui si rivalutava l’approccio percettivo-
sensibile alla musica, considerato di maggiore utilità per la pratica
compositiva, rispetto alle astratte speculazioni matematico-empiriche
di matrice pitagorica2.
D’altra parte la riconquista musicale del passato, finalizzata a una
ricostruzione viva della musica greca, risultava fortemente dettata da
esigenze estetico-musicali contingenti, da domande sempre più ur-
genti, che cercavano risposta nelle fonti greco-classiche, in parte an-
cora del tutto sconosciute.

1
Cf. C.V. PALISCA, Studies in the History of Italian Music and Music Theory, Oxford
1994, pp. 189-199; ID., Humanism in Italian Renaissance Musical Thought, New
Haven 1986, pp. 272, 275, 313-315.
2
V. GALILEI, Dialogo della musica antica e della musica moderna, Firenze 1581, p.
113. Cf. D.P. WALKER, Vincenzo Galilei and Zarlino, in ID. (ed.), Studies in Musical
Science in the Late Renaissance, vol. 37, London 1978, pp.14-26; C.V. PALISCA, Scien-
tific Empiricism in Musical Thought, in H.H. RHYS (ed.), Seventeenth Century Science
and the Arts, Princeton 1961, pp. 91-137.
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Centro della recezione e rielaborazione del pensiero musicale greco


nel Cinquecento fu Firenze, che riunì un’élite di filologi, letterati e
musici facenti capo alla Camerata Bardi, i cui intenti programmatici
in àmbito teorico-musicale e poetico-drammaturgico vedevano pro-
prio nella ricostruzione della antiqua prattica musicale greca la chiave
di volta per un autentico rinnovamento della moderna prattica, in cui
il rapporto testo-parola sembrava ‘compromesso’3.
In tal senso risulta di particolare interesse storico l’iter perseguito
dai filomusici della Camerata fiorentina alla riscoperta della semio-
grafia musicale greco-antica e dei tonoi o modi, trasmessici dalla trat-
tatistica greca d’epoca tardo-ellenistica, che fu tradotta in latino e
riletta con acribia, nel tentativo di ricercare e sperimentare nuove
forme sulle antiche, riportate alla luce e studiate nella teoria come
nella pratica.
In questo processo di recupero delle fonti antiche, favorito da una
serie di illustri committenze di traduzioni latine, emerge con sempre
maggiore evidenza nel Cinquecento l’interesse verso scritti teorici di
natura tecnico-specialistica, legati alla descrizione della pratica nota-
zionale. Tra questi emerge sempre più un autore considerato di focale
importanza per la trasmissione della notazione antica, Alipio, scrittore
tardo-ellenistico vissuto nel IV secolo d.C. e conosciuto come autore
del più completo trattato sulla notazione greca, tramandatoci con il
titolo di Eisagogè Mousiké, diffuso poi nella versione latina con il titolo
di Introductio musica.
Considerato nel Medioevo addirittura come l’ideatore del si-
stema notazionale greco, e come tale citato da Cassiodoro nel II libro
delle Institutiones musicae4, Alipio e la conoscenza delle sue tavole no-
tazionali diventano oggetto delle dispute intellettuali di alcuni tra
i più importanti umanisti e letterati del Rinascimento italiano ed
europeo.
In realtà la tendenza, sempre più evidente già a partire dalla metà
del Quattrocento, a razionalizzare la pratica musicale secondo i pre-
cetti della musica teorica, vista sempre più come strettamente con-

3
Il Galilei nel suo Dialogo denuncia un uso ormai indifferenziato della modalità
tra i moderni, tale da impedire al testo poetico «di esprimere li suoi affetti», vd.
V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 78.
4
R.A.B. MYNORS (ed.), Cassiodoro, Institutiones musicae 2.5., Oxford 1961.
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nessa all’arte della composizione, costituisce un ulteriore stimolo d’ap-


profondimento per alcuni tra i più eminenti musici e filologi fioren-
tini, il cui metodo d’indagine, non solo per l’esame autoptico delle
fonti, ma anche e soprattutto per l’approccio fenomenologico e fisico-
matematico alla teoria musicale greco-antica, avrà un ruolo determi-
nante nella trattatistica musicale del Rinascimento.
Dopo la metà del Cinquecento si sviluppa un vero e proprio di-
battito scientifico sulla teoria notazionale greca e la sua semiografia,
che porta ad un approccio storico-critico delle fonti, esaminate in det-
taglio e reinterpretate «secondo la moderna prattica di trascrizione»5
nell’intento primario di assimilare e comprendere le strutture melo-
dico-modali e i meccanismi interni regolatori dell’antica «composi-
zione» greca. Tuttavia quello che potremmo definire come
l’«elemento scatenante» di tale dibattito è rappresentato dal rinveni-
mento di alcuni frammenti musicali notati, appartenenti ad un par-
ticolare filone della tradizione manoscritta, caratterizzato dalla
trasmissione di testi teorici «specializzati» nella descrizione del si-
stema musicale greco e della sua notazione6.
Infatti in alcuni codici della tradizione manoscritta, in cui è conser-
vato il trattato di Alipio, costituita da un corpus di ben 34 manoscritti7,

5
Cf. G. BARDI, Discorso mandato a Giulio Caccini detto Romano, sopra la musica
anticha e ‘l cantar bene, in G.B. DONI, Lyra Barberina, II, Firenze 1763, pp. 233-
248. Bardi trascrive in notazione moderna il sistema dei tonoi secondo Tolemeo,
prendendolo come modello per un sistema tonale moderno e suggerendo, a chi si
accinga a metter in musica «madrigale o canzone o altra poesia», di rammentare i
concetti che il testo vuole esprimere, per poi scegliere il «tuono» giusto, che ad
esempio nel caso della canzone Italia mia bench’il parlar sia indarno sarebbe il «tuono
dorio», p. 243. Ercole Bottrigari in effetti in Il Melone, discorso armonico, Ferrara
1602, pp. 39-46, sperimenterà il genere cromatico greco nella composizione del
madrigale Il cantar novo, servendosi proprio delle note dell’antico modo dorico nel
genere cromatico. Anche il Doni trascriverà il sistema modale tolemaico di sette
tonoi, sviluppando poi una serie di strumenti nuovi, tra cui la famosa lira barberina,
in grado di permettere l’uso dei tonoi antichi e delle loro modulazioni. Cf. G.B.
DONI, Compendio del Trattato de’ generi e de’ modi della musica, Roma 1635, pp. 33-
34. ID., Lyra Barberina, I, Firenze 1763, pp. 1-70.
6
T.J. MATHIESEN, Hermes or Clio? The Trasmission of Ancient Greek Music Theory,
in N.VAN DEUSEN - A.E. FORD (eds.), Musical Humanism and its Legacy: Essays in
Honor of Claude V. Palisca, Lewiston-New York 1990, pp. 37-64.
7
T.J. MATHIESEN, Ancient Greek Music Theory: A Catalogue Raissoné of Manuscripts,
Répertoire International des Sources Musicales, B/XI, München 1988.
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sono trasmessi gli inni di Mesomede, gli unici frammenti musicali notati
conosciuti nel Rinascimento e diffusi grazie all’edizione riportata da Vin-
cenzo Galilei nel suo Dialogo della musica antica e della musica moderna,
pubblicato a Firenze nel 15818.
Solo cinque anni dopo Francesco Patrizi nel suo trattato Della Poe-
tica, divisa in la deca historiale e la deca disputata, pubblicato a Ferrara
nel 15869, tenterà di restituire la musica alla «odierna pratica» con
una sua trascrizione in notazione moderna, coadiuvata dalle tavole no-
tazionali di Alipio10.
I codices musici, contenenti Alipio e gli altri teorici della notazione
musicale greca, rivelano l’esistenza di un filone della tradizione ma-
noscritta strettamente «specialistico», caratterizzato non solo dall’ac-
corpamento di autori della tarda antichità, come Cleonide, Bacchio,
Gaudenzio, Tolemeo e Aristide Quintiliano, ma anche dall’approccio
tipicamente fenomenologico e speculativo di tali teorici, definiti «se-
guaci di Aristosseno» proprio per l’impronta dichiaratamente aristos-
senica, che si evidenzia sia nell’analisi dettagliata del sistema musicale
greco e dei suoi elementi costitutivi, quali intervalli, consonanze e
dissonanze, altezza dei suoni, sistema delle scale, sia nella descrizione
del sistema di notazione, visto anche nelle rispettive relazioni tra i di-
versi modi e tonoi.
La fonte manoscritta più autorevole per filologi e cultori della
musica greca del Cinquecento è rappresentata dal codice Vaticano gr.
19111, a cui si attinge in particolare per le tavole notazionali di Alipio,

8
V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 97.
9
F. PATRIZI, Della Poetica, Ferrara 1586. Cf. F. PATRIZI, Della Poetica, divisa in
la deca historiale e la deca disputata, vol. I, Firenze 1969, pp. 329-330.
10
L’analisi semiografica del Patrizi vuole dimostrare, – nonostante l’equivoco
nell’interpretazione del segno zeta della notazione vocale, da lui confuso con lo
stesso segno della notazione strumentale, e considerato perciò come paranete die-
zeugmenon e non come paramese – «come seppure questa ode sia in tuono di lidio
composta, nondimeno stimo io che, essendo i medesimi segni communi a tre altri
tropi, ipodorio, ipofrigio e ipolidio, in essi anco si possa cantare e sonare …». Par-
tendo da questo ragionamento conclude che tutta la poesia melica greca «si cantasse
co’ segni propri de’ tuoni di ciascuna sillaba de’ versi, variandoli secondo i sette o
otto tropi», perfettamente rispondenti ai sette modi tolemaici e agli otto modi
boeziani, intorno a cui Mei e Galilei avevano tanto discusso.
11
Per una descrizione dettagliata del codice cf. T.J. MATHIESEN, Ancient Greek,
cit., nr. 214, pp. 536-548.
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secondo l’espressa testimonianza fornitaci dalla corrispondenza epi-


stolare tra Girolamo Mei e Vincenzo Galilei12.
Inoltre Galilei nel suo Dialogo sopra la musica degli antichi e dei mo-
derni, dice testualmente di aver ottenuto «con non poche difficoltà»
una copia del «libro di Alipio, il quale si trova particolarmente in
Roma nella libreria Vaticana»13, alludendo in tal modo alla principale
fonte manoscritta da cui trae spunto per le sue speculazioni sul sistema
notazionale greco.
Ma a questo punto è lecito chiedersi come e per mezzo di chi av-
venga nel Rinascimento la conoscenza e diffusione di questi trattati
«specialistici», e con essi di Alipio.
Sappiamo bene come la scarsa padronanza del greco avesse impe-
dito, durante tutto il Medioevo, la conoscenza diretta della trattati-
stica musicale antica, che tuttavia era giunta per via indiretta, filtrata
tramite citazioni e glosse contenute negli scritti teorici di autori tardo-
romani, di notevole portata teorico-musicale come Boezio (De insti-
tutione musicae), Marziano Capella (De nuptiis Philologiae et Mercuri) e
Cassiodoro (Institutiones musicae).
I primi passi dell’Umanesimo alla riscoperta dei testi teorico-mu-
sicali greci muovono, attraverso il veicolo della traduzione latina (tab.
1), da istanze filosofico-morali, volte allo studio e alla comprensione
della dottrina musicale degli éthe e di «quelle armonie antique che pos-
sano muovere gli affetti umani»14. Ne sono una illustre testimonianza
le opere di traduzione e commento dei Dialogi di Platone (1300) e dei
Problemata dello pseudo-Aristotele, commentati poi nell’Expositio pro-
blematum Aristotelis (1310) da parte di Pietro d’Abano15.
Il Quattrocento evidenzia invece un chiaro spostamento d’inte-
resse verso autori più «specialistici», come Aristide Quintiliano,
l’Anonimo del Bellermann, Bacchio e Briennio, le cui traduzioni, ter-

12
Cf. GIROLAMO MEI, Letters on Ancient and Modern Music to Vincenzo Galilei and
Giovanni Bardi. A study with annotated texts by Claude V. Palisca, Musicological Stud-
ies and Documents, 3, Roma 19602; vd. Letter no. 5- 15 May 1579, pp. 155-162.
13
Cf. V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 91.
14
Ibid., p. 63.
15
P. D’ABANO, Expositio problematum Aristotelis, Mantova 1475. Cf. F.A. GALLO,
Musici scriptores graeci, in F.E. CRANZ - P.O. KRISTELLER (eds.), Catalogus traslationum
et commentariorum: Medieval and Renaissance Traslations and Commentaries, III, Wa-
shington 1976.
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minate nel 1494, come testimonia il manoscritto autografo16, furono


commissionate a Gianfranco Burana da uno dei maggiori teorici mu-
sicali del tempo, Franchino Gaffurio17. Una tappa fondamentale in
questo processo di recupero è segnata dal 1499, anno in cui è datata
la traduzione latina degli Harmonica di Tolemeo realizzata da Nicolò
Leoniceno18, grazie al quale l’interesse per Tolemeo acquisisce un ruolo
importante per l’interpretazione del sistema musicale greco. Giorgio
Valla, che pure aveva tradotto Cleonide e Aristotele in Cleonidis Har-
monicum, 1497, e Aristotelis Poetica, 1498, affianca a questi due scritti
alcune sue traduzioni di passi della Sectio Canonis di Euclide e degli
Harmonica di Tolemeo, pubblicati poi in De expetendis et fugiendis rebus
(vol. V-IX), pubblicato postumo a Venezia nel 150119. Nel 1545 il
grecista calabrese Giovan Battista Augio produrrà una seconda im-
portante traduzione latina degli Harmonica di Tolemeo, contribuendo
a focalizzare sempre più l’attenzione verso trattati teorici incentrati
sul sistema notazionale greco e la sua semiografia20.
Di grande rilievo risulta la pubblicazione da parte dell’Accademia
Veneta della prima traduzione latina degli Harmonica di Aristosseno,
1562, ad opera di Antonio Gogava, che a questa aggiunge una nuova
traduzione degli Harmonica di Tolemeo21. Nell’introduzione il Gogava
ci informa di aver ricevuto da Zarlino il suggerimento a produrre una
traduzione di Aristosseno, per l’importanza dei suoi scritti teorici, che
accanto a quelli di Tolemeo avrebbero avuto un ruolo di primo piano
nell’interpretazione del sistema musicale greco e dei suoi tonoi.
Sono questi autori dunque a risvegliare la necessità di una cono-
scenza più approfondita della trattatistica sul sistema semiografico
greco, portando alla riscoperta di opere come l’Introductio musica di
Alipio e l’Harmonica Introductio di Gaudenzio, che intorno al 1550
verranno finalmente tradotte in àmbito bolognese, secondo quanto

16
Verona, Biblioteca Capitolare, Ms. CCXL.
17
Cf. F.A. GALLO, Le traduzioni dal greco per Franchino Gaffurio, «Acta Musico-
logica» 35 (1963), pp. 172-174.
18
Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Ms. Vat. lat. 4570; Londra, Brit. Libr.,
Ms. Harley 3306; Bibl. Apost. Vat., Ms. Vat. lat. 3744. Cf. D. VITALIANI, Della
vita e delle opere di Nicolò Leoniceno Vicentino, Verona 1892.
19
Venezia, Aldo Manuzio, 1501. Vd. AA. VV., Giorgio Valla tra scienza e sa-
pienza, Firenze 1981; Cf. C.V. PALISCA, Humanism, cit., pp. 67-87.
20
Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ms. P 133 sup., 10 r – 71 v.
21
C.V. PALISCA, Aristoxenus redeemed, cit., pp. 193-195.
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risulta da una loro versione autografa, conservata nel Manoscritto B


46 del Civico Museo Bibliografico di Bologna22. D’altra parte Alipio
e le sue tavole notazionali divengono, a partire dalla metà del Cin-
quecento, oggetto di studio e discussione non solo in Italia, bensì
anche in Francia. Di questo ci fornisce una chiara testimonianza la ci-
tazione delle tavole notazionali di Alipio nel trattato di Pontus de
Tyard, Solitaire second ou Prose de la musique, del 1555, che l’autore dice
di aver preso da un codice greco di Alipio molto antico conservato a
Parigi23, presumibilmente MS Strasbourg, Argentorati gr. C.III.31, a
cui attinge poi il francese Johannes Pena per l’Harmonica Introductio
di Cleonide e la Sectio canonis di Euclide, tradotti in latino nel 155724.
Si dovrà aspettare gli inizi del Seicento per l’edizione e traduzione la-
tina del trattato di Alipio in Johannes Meursius, Auctores Musici anti-
quissimi, Leida 1616, e poi in Marcus Meibom, Antiquae musicae
scriptores septem, pubblicato ad Amsterdam nel 1652.
Indubbiamente con il passaggio dalla rilettura delle fonti, filtrate
attraverso la traduzione latina, alla fase interpretativa di analisi e rie-
laborazione del dato teorico-musicale, esaminate in funzione di una
ricostruzione organica e dettagliata del sistema musicale greco, si
entra nel cuore di quell’acceso dibattito sulla musica degli antichi
rapportata a quella dei moderni, che tanto caratterizzerà il panorama
teorico-musicale del Cinquecento25.
Gioseffo Zarlino, il magister theoriae della musica del Cinquecento, si
fa trascrivere dal grecista Michele Soffiano da Chio la copia di un codice
con una delle tavole notazionali di Alipio, esattamente quella corrispon-
dente al modo lidio nel diatonico, da lui poi pubblicata nel secondo ca-
pitolo dell’VIII libro dei Sopplimenti musicali, (1588)26. (Es. 1) Questa
committenza è interessante perché ci porta a comprendere più da vicino
come le ragioni dell’approccio zarliniano alla notazione greca fossero

22
Bologna, Civ. mus. bibl. musicale, Ms. B 46, 34-62; Bologna, Bibl.Univ., Ms.
595 L 9, 8 – 17 v. Cf. F.A. GALLO, Die Kenntnis der Griechischen Theoretikerquellen in
der italienischen Renaissance, Geschichte der Theorie, 7, Darmstadt 1989, pp. 9-37.
23
Cf. PONTUS DE TYARD, Solitaire second, éd. par C.M. YANDELL, Genève 1980,
p. 96.
24
Parigi, Andreas Wechel, 1557. Cf. F.A. GALLO, Die Kenntnis, cit., p. 25.
25
J. SOLOMON, The Transference of Ancient Greek Musicological Treatises from Greek
to Latin, in Atti del XIV Congresso della Società Internazionale di Musicologia, Bologna
1987, Torino 1990, pp. 168-172.
26
G. ZARLINO, Sopplimenti Musicali, Venezia 1588.
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frutto di una rivalsa intellettuale nei confronti del suo «Discepolo», Vin-
cenzo Galilei. Il modo lidio, che Zarlino cerca di analizzare nella sua
struttura e semiografia, corrisponde infatti al modo in cui sono notati gli
inni di Mesomede, pubblicati poco prima, nel 1581, dal Galilei nel suo
Dialogo. Zarlino si serve di questa tabella di Alipio per dimostrare la sua
teoria su «qual fusse appresso gli Antichi l’Harmonia», da considerarsi
non come «il semplice canto d’una sola parte, ma come il concento tra la
Voce del Recitante e le chorde dell’Instrumento». I «caratteri o cifere in
doppio ordine», descritti da Alipio servono a sostegno di tale assunto,
rafforzato dall’autorità indiscussa di Boezio:
«Il concento tra l’Instrumento e la Voce del recitante … si può
con molti esempi dimostrare. Prima dai caratteri o cifere che usa-
vano, come dimostra Boethio nel Cap. 3. del 4. Libro Della Mu-
sica, et Alipio nel suo Introdottorio alle cose musicali; il quale descrive
le Cifere di 32 Modi per tutti tre i generi della melodia; essendo-
che cotali cifere sono doppie; percioche è opinione di Boethio, che
gli uni servissero nell’esprimere la Modulazione intesa e fatta dal
poeta … et gli altri dell’Instrumento»27.

Tuttavia Zarlino nonostante voglia qui dar prova della sua dotta
conoscenza di Alipio e delle sue tavole non riesce a celare il suo disin-
teresse nei confronti di tali «caratteri o cifere», affermando quanto il
sistema di notazione, che «tenevano gli antichi nel descrivere i lor Con-
centi et Cantilene», risultasse al teorico moderno «di poca utilità».
La polemica con Galilei presenta toni più accesi nella rilettura in-
terpretativa del sistema musicale greco. Infatti nel quarto capitolo del
VI libro dei Sopplimenti Zarlino, riferendosi a «i moderni sapienti poco
intendenti della musica» (Es. 2), attacca la «dimostrazione dei tonoi,
secondo la mente di Aristosseno», fatta da Mei-Galilei e pubblicata
poi da Galilei28. (Es. 3) Tale interpretazione del sistema musicale re-
stituiva le differenti versioni dei teorici in riferimento al numero, al-
l’ordine e alla disposizione dei tonoi, portando avanti la tesi secondo
cui Aristosseno avrebbe ritenuto più valido un uso di «tredici Tuoni»,
invece che dei «quindici tuoni» di Alipio. Galilei rispecchia perfet-
tamente la ricostruzione del sistema tonale greco fatta dal Mei, il
primo filologo a studiare con rigore metodologico la teoria dei tonoi e

27
G. ZARLINO, Sopplimenti, cit., VIII.2, p. 279.
28
V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 57.
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il sistema notazionale di Alipio. Quale profonda conoscenza possedesse


il Mei della teoria musicale greca antica si può dedurre con chiarezza
dalla corrispondenza col suo maestro Pietro Vettori e più tardi con
Vincenzo Galilei29. Di sicuro il carteggio, intrattenuto da Mei con
Galilei e Giovanni Bardi negli anni 1572-78, ebbe un ruolo di primo
piano non solo nella riscoperta delle tavole di Alipio e degli inni di
Mesomede, ma ancor più in quel difficile processo di riappropriazione
semiografica del sistema musicale greco.
Le ricerche del Mei rivelano nel suo IV libro del De modis musicis
antiquorum libri quattuor30, il puntuale studio filologico delle fonti e
la prospettiva storico-critica nell’interpretazione del sistema dei tonoi.
Mei mette in evidenza l’esistenza di un processo evolutivo del sistema
musicale greco nei secoli, spiegando in tal modo la presenza di sistemi
differenti nella disposizione, nel numero e nella nomenclatura. Di
conseguenza quel divario esistente tra i diversi sistemi, presentatici
da Aristosseno (13 tonoi), da Alipio (15 tonoi), da Tolemeo (7 tonoi) e
infine da Boezio (8 tonoi), sarebbe attribuibile a differenti epoche sto-
riche e a indirizzi teorici diversi. Secondo l’analisi del Mei il sistema
di Tolemeo, costituito da sette tonoi, veniva posto in stretta correla-
zione alle sette specie di ottava del lidio, frigio, dorio con i rispettivi 3
ipotonoi al grave e il misolidio all’acuto. Quello di Aristosseno invece,
formato da 13 tonoi, – a cui «i novissimi studiosi della scienza armo-
nica aggiungono 2 tonoi», raggiungendo il numero dei 15 tonoi di
Alipio – illustrava il sistema teleion ametabolon nei 15 tonoi, con i 5 modi
principali, dorio, iastio, frigio, eolio, lidio, completati dai rispettivi 5
ipo-tonoi e 5 ipertonoi. Infine, pur apprezzando la logica del sistema di

29
Epistolarmente il Mei comunica a Vettori, in una lettera del 21 febbr. 1562
(purtroppo andata perduta) e a Galilei nella sua prima lettera dell’8 maggio 1572,
tutte le fonti da lui visionate, presentando una lista di ben 19 scrittori di musica
tra cui, dopo Aristosseno e Aristide Quintiliano, figura proprio Alipio «scrittore
de le note che i greci usavano nel notare le corde di tutti i modi e tuoni in ciascuno
genere, mancavi al ultimo non so quanto», alludendo in tal modo alle tavole del-
l’enarmonico, che come sappiamo sono incomplete, essendo solo nove i tonoi tra-
scritti e non quindici come dovrebbero essere. Cf. G. MEI, Letters, cit., pp. 118-121.
30
G. MEI, De modis musicis antiquorum libri quattuor. Autografo conservato presso
la Biblioteca Apostolica Vaticana, Ms. Vat. lat. 5523. Il trattato fu poi tradotto e
pubblicato in compendio da Pier del Nero nel 1602 a Venezia, col titolo Dei nomi
delle note del monocordo. Cf. G. MEI, De modis, Tokio 1991. D. RESTANI, L’itinerario
di Girolamo Mei. Dalla “Poetica” alla Musica, in Studi e testi per la storia della musica,
7, Firenze 1990.
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Tolemeo, dubitava anche in questo caso della diffusione nell’uso co-


mune di questo sistema di sette tonoi, sostenendo perciò che il sistema
più diffuso nella pratica sarebbe dovuto essere quello di otto tonoi, re-
spinto da Tolemeo a causa dell’ipermisiolidio, ritenuto da Mei frustra…
excogitatus ac plane superfluus, riconosciuto anche da Boezio invece nel
suo IV libro come il vero sistema modale greco31.
Il problema dei modi è trattato da Mei anche nelle lettere dove egli
mette in rilievo la funzione centrale della mese, il «centro dei tuoni», in
relazione anche alla distanza intervallare tra le diverse specie di ottava,
intese come una serie ordinata d’intervalli, d’altezze dei suoni e di parti-
colari andamenti melodici, associati a vari stili etnico-regionali. La fun-
zione centrale delle strutture intervallari, nella costruzione delle principali
consonanze d’ottava, della quarta e della quinta, viene spiegata in rispet-
tivi diagrammi, ripresi nelle lettere e riportati da Galilei ancora una volta
nel suo Dialogo. L’interpretazione del sistema musicale greco da parte del
Mei si basa fondamentalmente sugli Harmonica di Aristosseno, per di-
mostrare come l’originaria scala d’ottava fosse stata raddoppiata con l’ag-
giunta di un tetracordo hyperbolaion all’acuto e di uno hypaton al grave, in
modo tale da formare il systema teleion (sistema perfetto), sul quale poi si
sarebbero innestate le scale traspositive o tonoi, seguendo un’identica suc-
cessione intervallare, trasposta a diverse altezze.
Tutte queste sue speculazioni sui tonoi vengono comunicate a Ga-
lilei e alla Camerata Bardi, tramite una serie di descriptiones32, che, in
alcuni membri eccellenti della Camerata come lo stesso Bardi e Gio-
vanni Doni, accendono il desiderio di riproporre con una serie di in-
teressanti esperimenti i vecchi tonoi in trasposizioni moderne33.
L’interesse per i tonoi e la notazione di Alipio divengono sempre
più concreti, spingendo così il Galilei a chiedere al Mei di trascrivergli
una copia delle tavole di Alipio34.

31
G. MEI, De modis II, p. 56. Mei dunque si ricongiunge in tal modo all’auctoritas
di Boezio, da cui però invita a prendere le distanze per l’assimilazione degli otto tonoi
greci ai modi ecclesiastici, cf. C.M. BOWER, Boethius’ “De institutione musica” and the
Latin Reception of Greek Musical Theory, in Atti del XIV Congresso, cit., pp. 155-161.
32
Cf. la lettera a Giovanni Bardi del 17 gennaio 1578, riportata in G. MEI, Let-
ters, cit., pp. 148-155.
33
Vedi in proposito n. 5.
34
Cf. la lettera del 15 maggio 1579: «Mandovi in risposta alla vostra del 4
maggio questa lettera con una copia di mia mano di caratteri delle corde secondo
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LA RECEZIONE DELLA TEORIA NOTAZIONALE GRECA 99

La difficoltà nell’approccio con il testo greco di Alipio è espressa


chiaramente dal Mei, quando scrive a Galilei di avergli mandato le
tavole nella lingua loro «perché m’è paruto fatica a tradurle. Abbiate
la comodità di dar questa briga a qualche altro amico, che con questa
occasione saluterete cento volte per mia parte». Tuttavia Galilei, a
differenza di Mei, non ebbe mai in visione l’antico trattato di Alipio,
visto che a un certo punto del Dialogo sostiene la tesi secondo cui Boe-
zio si sarebbe limitato ad esporre solo 8 modi, «seguitando l’exemplo
di Alipio»35. Nella stessa lettera Mei suggerisce al Galilei di guardare
«quelle Arie altre volte mandatevi, sopra le quali son notati i caratteri
della voce, per comprendere la funzione de li segni d’Alipio». Il rife-
rimento allude chiaramente alla notazione dei 4 inni di Mesomede,
pubblicati poi effettivamente dal Galilei36, il quale riferisce in pro-
posito che «le quattro antiche cantilene, composte nel modo lidio, da
uno degli antichi musici greci, furono trovate a Roma da un genti-
luomo nostro fiorentino, nella libreria del Cardinale Sant’Angiolo37,
in alcune carte che erano dopo un libro antichissimo della musica
d’Aristide Quintiliano e di Briennio e da esso fedelissimamente tratte
e per sua amorevolezza mandatemi in questa istessa copia». (Es. 4)
La pubblicazione degli inni da parte di Galilei ebbe un forte impatto
sulla Camerata Bardi, interessata più che mai a fruire di questo unico,
quanto prezioso testimone della musica greca, trascrivendone il con-
tenuto musicale in notazione moderna. Ma il passaggio dalla specu-
lazione teorica alla trascrizione in moderna notazione sarà visto da
Galilei con non poca diffidenza e timore. Ecco perché si sentirà in do-
vere di avvertire chi si accinge a trascriverli, – forse perché lui stesso

Alipio, nei tuoni che desiderate, allo scopo di paragonarli con i segni dati da Boe-
zio». Galilei aveva richiesto infatti a Mei solo le tavole di Alipio negli otto modi
del genere diatonico, rispondenti a quelli presentati da Boezio nell’VIII cap. del
IV libro del suo De Institutione musicae. Cf. G. MEI, Letters, cit., pp. 155-164.
35
Cf. V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 59. Questa affermazione verrà fortemente presa
di mira dallo Zarlino nel già citato IV cap. del VI libro dei suoi Sopplimenti, per di-
mostrare l’ignoranza di questi «moderni sapienti di musica», che pensano a para-
gonare i modi di Boezio con Alipio, non conoscendo le fonti, perché «se veramente
Boezio fusse stato consigliato da Alipio nei segni, avrebbe di certo saputo che i
tuoni non erano solo otto, ma quindici».
36
In V. GALILEI, Dialogo, cit., p. 97.
37
Il manoscritto è identificato dal Palisca con Modena, Estense, Ms. graec. II
F 8, cf. G. MEI, Letters, cit., p. 60.
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100 MARIACARLA DE GIORGI

aveva provato a farlo ed aveva notato delle anomalie sia nell’anda-


mento della melodia, che nella presenza di alcune note estranee al
modo di appartenenza, ossia il lidio – «che, se nel tradurli secondo
questa moderna pratica voi ci trovaste meno alcuni caratteri, o dei
differenti dal modo loro e alcuni movimenti fore dell’ordinario e co-
mune, ne incolpiate il tempo e la poca diligenza di quelli che più
volte gli hanno copiati». Gli inni verranno ripubblicati in trascrizione
dal letterato Francesco Patrizi e da Ercole Bottrigari, che nel terzo
dialogo del suo trattato Il Trimerone38 li restituirà, su invito del Bardi
e di Piero Strozzi, al modo lidio, collocandone l’estensione all’ottava
dal La al la, secondo il diagramma dei tonoi illustrato dallo stesso
Bardi nel suo Discorso39.
Gli effetti dell’ambizione umanistica nel ricercare, sperimentare
nuove forme sulle antiche, rileggere e speculare sulla teoria come sulla
pratica, condussero proprio al cader del secolo XVI ad eventi di radicale
importanza storico-musicologica. La definizione del nuovo stile mono-
dico accompagnato dal basso continuo e la declamazione lineare e in-
tonata del testo, secondo un modo ben definito di recitar cantando, visto
come importante veicolo di comunicazione degli affetti suggeriti dal
verso poetico, aprirono definitivamente la strada all’opera in musica40.
Tuttavia la rivalutazione critico-filologica del mondo antico, at-
tuata dalla civiltà umanistico-rinascimentale porterà inevitabilmente
con sé, nella teoria della musica del Sei-Settecento, archetipi e miti
culturali, di cui non si riuscirà a privarsi più tanto rapidamente. Non
c’è trattato del Seicento e oltre che non si appelli ab initio all’autorità
degli antichi scrittori, a cui comunque si dedica per principio una se-
zione della trattazione teorica. La teoria musicale del Seicento se da
una parte assisterà ad una certa mitizzazione della musica greca, ca-
ratterizzata da una chiara tendenza per l’astrazione filosofico-specula-
tiva con forti connotazioni teogoniche e teologiche di chiara impronta

38
Vd. pp. 102-104 del Trimerone de’ Fondamenti Armonici, il cui terzo dialogo fu
terminato dal Bottrigari nel 1599. Il trattato è conservato autografo a Bologna,
Biblioteca del Liceo Musicale Martini, Ms. B. 44.
39
G. BARDI, Discorso, cit., p. 239.
40
R. KATZ, Collective “Problem-Solving” in the History of Music: the case of the Came-
rata, «Journal of the History of Ideas» 45/3 (1984), pp. 361-377; J.W. HILL, Oratory
Music in Florence. I: Recitar cantando, 1583-1655, «Acta Musicologica» 51 (1979),
pp. 108-136.
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LA RECEZIONE DELLA TEORIA NOTAZIONALE GRECA 101

medievale, dall’altra mostrerà di aver bene assimilato la lezione dei


dotti filomusici del Rinascimento più attenti a razionalizzare nella
teoria come nella pratica la musica, intesa come fenomeno fisico-acu-
stico, da sperimentare in tutti i suoi aspetti pratici e organologici con
metodo rigorosamente scientifico-matematico. Questo singolare ap-
proccio interpretativo ben evidente in teorici come Marin Mersenne,
Harmonie universelle (1637) e Athanasius Kircher Musurgia universalis
(1650), evidenzia una non poco problematica convivenza di scienza e
miti culturali classici, cristianizzati in una concezione mistico-reli-
giosa della musica, in cui troverà spazio la teoria notazionale e il fa-
scino straordinario da essa suscitato per il documento, capace di
riportare in luce dopo secoli di oblio, la musica greca coi suoi segni.
Athanasius Kircher pubblicherà nel suo Musurgia universalis, subito
dopo le tavole di Alipio, un nuovo documento di musica greca, che
riporta in notazione, – guarda caso proprio nello stesso lidio degli inni
di Mesomede pubblicati dal Galilei – la 1° ode Pitica di Pindaro (Es.
5), ritrovata secondo la sua versione nel Monastero di S. Salvatore a
Messina, ma che in realtà rappresenta uno dei più clamorosi falsi sto-
rici, emblema eloquente di quella mitizzazione nostalgica della mu-
sica greca, a cui il barocco dette voce.

Lecce
mcdegiorgi@alice.it
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102 MARIACARLA DE GIORGI

Tab. 1. Traduzioni latine della trattatistica greca sulla notazione

QUATTROCENTO

Gianfranco Burana ! Franchino Gaffurio Aristide Quintiliano, De Musica (1494)


(committente) Anonymi Bellermanniani (1494)
Bacchio Senior, Introductio musica (1494)
Manuel Briennio, Harmonica (1494)

Tolemeo, Harmonica (1499)


Nicolò Leoniceno ! Franchino Gaffurio
(committente) Cleonide, Harmonicum introductorium (1497)
ps.- Euclide, Sectio Canonis (1497)
Giorgio Valla (passi da)Tolemeo, Harmonica e Aristotele, Poetica
in De expetendis et fugiendis rebus, 1501 (pubbl.
postumo)

CINQUECENTO

Giovan Battista Augio Tolemeo, Harmonica (1545)

Anonimo (Ms. B. 46 – Civ. Mus. Bibl. di Bologna) Alipio, Introductio musica (1550)
Gaudenzio, Harmonica Introductio (1550)

Johannes de Pena Cleonide, Harmonica Introductio (1557)


Euclide, Sectio canonis (1557)

Antonio Gogava! Gioseffo Zarlino Aristosseno, Harmonica (1562)


Tolemeo, Harmonica (1562)

SEICENTO

Johannes Meursius Auctores musices antiquissimi, hactenus non editi


Ioannes Meursius nunc primus vulgavit, et notas
addidit (1616): Aristosseno, Elementa harmonica,
Nicomaco, Harmonica Enchiridion,
Alipio, Introductio musica

Marcus Meibom Antiquae musicae scriptores septem, Graece et Latine


(1652): Aristosseno, Elementa harmonica
Cleonide (attr. a Euclide), Harmonica Introductio
Gaudenzio, Harmonica Introductio
Nicomaco, Harmonica Enchiridion
Alipio, Introductio musica
Bacchio, Introductio musica
Aristide Quintiliano, De musica
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Es. 1. Tavole d’Alipio nella trascrizione di Soffiano da Chio in Zarlino, Sopplimenti musicali, 8.2
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Es. 2. Dimostrazione dei tonoi secondo Aristosseno in Zarlino, Sopplimenti musicali, 8.2
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Es. 3. Dimostrazione dei tonoi secondo Aristosseno in Galilei, Dialogo, p. 57


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Es. 4. Quattro antiche Cantilene composte nel modo Lydio in Galilei, Dialogo, p. 97
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Es. 5. Musica veterum nostris notis musicis tono Lydio expressa


in Athanasius Kircher, Musurgia univesalis, p. 542
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