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6. Il d.lgs. n. 80/1998 e la recente giurisprudenza costituzionale

Notevole rilevanza, hanno avuto, in tema di giurisdizione esclusiva, le previsioni di cui agli artt. 33 e 34 del d.lgs. 80/1998, che hanno dato una
prima applicazione al criterio di riparto “per materie omogenee”. L'art. 33 del d.lgs. n. 80/ 1998 devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul
mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità.
Secondo l’elencazione contenuta nel comma 2 dell’articolo citato, tali controversie erano quelle: concernenti l’istituzione modificazione o estinzione
di soggetti gestori di pubblici servizi; tra amministrazioni pubbliche e gestori comunque denominati di pubblici servizi; in materia di vigilanza e
controllo di tali soggetti; aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture; riguardanti le attività e le
prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, comprese quelle rese nell’ambito del Servizio
sanitario nazionale, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie e delle
controversie in materia di invalidità.
L'art. 34 del d.lgs. n. 80/1998 devolveva invece alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti ed i comportamenti delle Amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia,
materia che dalla medesima norma veniva intesa come tutti gli aspetti dell’uso del territorio. Nulla innovando, comunque, né quanto alla
giurisdizione del giudice delle acque, né quanto alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la
corresponsione delle indennità di esproprio.
Le previsioni del d.lgs. n. 80/1998 hanno dato luogo ad una serie di contrasti in giurisprudenza, oltre che in dottrina, quanto alla loro portata e
quanto alla ridefinizione concreta degli ambiti propri della giurisdizione esclusiva. L’individuazione della nozione dì “pubblico servizio” e di “uso
del territorio" ai fini delle norme in questione è stata lungamente dibattuta, dando luogo a numerosi conflitti di giurisdizione tra giudice ordinario e
giudice amministrativo, che hanno coinvolto anche la Corte costituzionale.
Quanto alla materia dei servizi pubblici, le posizioni assunte dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione hanno mostrato un
sotterraneo conflitto. Il contrasto, infatti, non era da ricercarsi tanto nelle soluzioni concrete cui le varie pronunce sono addivenute, quanto nel
fondamento teorico che si poneva alla base delle diverse posizioni. Infatti, nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione si è delineata
espressamente l’esistenza di due tipi di interpretazione, una di tipo pubblicistico ed una di tipo privatistico; e le si è legittimate entrambe, affermando
che entrambe le interpretazioni, dato il carattere polisenso dell’espressione “pubblico servizio”, erano in qualche modo accettabili. La Cassazione,
tuttavia, ha fissato il discrimine fra le due interpretazioni sulla base del dettato costituzionale ed ha assunto che solo una di esse potesse ritenersi
accettabile.
In realtà, però, la norma costituzionale non milita affatto in tal senso. Ciò, perchè il dubbio interpretativo in questione attiene eminentemente alla
definizione di che cosa sia pubblico servizio, definizione che non trova alcuna accoglienza nella nostra Carta fondamentale. Tanto che la stessa
Cassazione ha concluso, sia pur con formula dubitativa, che il significato preciso della nuova materia di giurisdizione esclusiva, indicata dall’art. 33
come pubblici servizi, doveva essere tratto soprattutto dal contenuto di questa disposizione normativa; disposizione che non si è ispirata ad una
nozione soggettiva di servizio pubblico, ritenendo che esso possa essere svolto anche da soggetti privati, ed ha invece recepito la nozione oggettiva di
servizio pubblico.
Ma anche l’assunzione della nozione oggettiva di pubblico servizio non consente -ed è questa la diversità di impostazione tra Cassazione e
Consiglio di Stato- che sia definibile come servizio pubblico ogni attività privata soggetta a controllo, vigilanza o mera autorizzazione da parte di
una PA. Il servizio pubblico, nell’interpretazione che ne offre la Cassazione, consiste in quell’attività indirizzata istituzionalmente al pubblico,
mirando a soddisfare direttamente esigenze della collettività in coerenza con i compiti dell’Amministrazione pubblica.
Il criterio distintivo pare possa essere individuato nella distinzione tra servizi che il privato, imprenditore, rende all’Amministrazione, per i bisogni
dell’Amministrazione come apparato, ed i servizi viceversa che il privato, incaricato dall’Amministrazione a qualsiasi titolo, renda direttamente ai
soggetti terzi, ai soggetti privati. In quest'ottica per esempio il trasporto ferroviario, l’erogazione di energia elettrica e gas, il servizio postale, il
servizio di telecomunicazioni, sono tutti servizi resi alla collettività e come tali rientrano nei servizi pubblici di cui all’art. 33. Viceversa, i servizi
privati resi alle Amministrazioni pubbliche, e cioè quei servizi che le Amministrazioni chiedono di ricevere da prestatori privati per proprie esigenze
di funzionamento, non sono destinati a soddisfare esigenze della collettività e, come tali, non rientrano nel novero dei servizi pubblici.
E ciò -contrariamente a quanto assume la Cassazione- non perché agli uni o agli altri si applichino norme di diritto pubblico o di diritto comune: la
giurisdizione esclusiva infatti è affrancata dalla necessità di distinguere tra diritto pubblico e diritto privato, ma per il fatto che mentre alcuni sono
servizi resi nell’interesse del pubblico, della collettività, e come tali sono servizi pubblici, gli altri sono servizi resi nell’interesse (proprio)
dell’Amministrazione e come tali non sono servizi pubblici. Questo criterio che non contrasta con le linee di fondo della giurisprudenza di
Cassazione, né contrasta con le soluzioni accolte dall’Adunanza Plenaria, sembra, anche allo stato attuale, una possibile e non troppo illogica chiave
di lettura
Anche per sopire detti contrasti interpretativi, il legislatore aveva precisato che “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento dei lavori, servizi e forniture svolti da soggetti comunque tenuti, nella scelta
del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica previsti dalla
normativa statale o regionale”.

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