Introduzione
Ma nell’artificio quasi sempre egli metteva tutto sé; vi
spendeva la ricchezza del suo spirito largamente; vi si
obliava così che non di rado rimaneva ingannato dal
suo stesso inganno, insidiato dalla sua stessa insidia,
ferito dalle sue stesse armi, a simiglianza di un incan-
tatore il quale fosse preso nel cerchio del suo incante-
simo (Il Piacere)
Quello che mi ha affascinato dell’opera e del personaggio
D’Annunzio è stata sempre la dialettica fra, da una parte, sottile e raffi-
nata coscienza di sé e teatralizzazione di questa autocoscienza e,
dall’altra, il bisogno continuo di ritrovare una naturalezza, una grazia del
vivere perduta, in un certo senso un’incoscienza o una dimenticanza di
sé.
Certamente anche la ricerca della naturalezza è stata a più riprese
teatralizzata con nonchalance nelle sue opere; D’Annunzio è arrivato ad
ordire con precisione tutti i sentimenti e le emozioni più autentiche del
corpo e della mente: pensiamo innanzitutto alle poesie di Poema paradi-
siaco (1893), dove D’Annunzio si autoconsola dai vizi e dai piaceri
autoinflittisi, e si mette in scena come uomo di estrema e ricercata
semplicità, ma pensiamo anche a tante dichiarazioni dell’artista nonché
ai continui riferimenti, in vari romanzi dannunziani, a una naturalezza
minuziosamente ricercata1 (come lo dimostrano i racconti sulle delizie
1
A proposito della sua ostentazione di semplicità culinaria, ricordiamo una sua famosa
frase: «la gente sciocca pensa che cucinare un ovo in guscio o un ovo sodo sia facile.
É arte difficilissima, da rari maestri. É più difficile del comporre un incensurabile
sonetto» (G. D’Annunzio, Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di
Gabriele D’Annunzio tentato di morire, P. Gibellini (dir.) Milano, Mondadori, 1977,
p. 228. Sul D’annunzio gastronomo cf. anche P. Sorge (dir.), A tavola con
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D’Annunzio come personaggio nell’immaginario
della cucina povera di Aurispa del Trionfo della morte (1894)). A questo
proposito ricordo una frase emblematica di Thovez circa il sentire di
Gabriele D’Annunzio: «Non sente, ma immagina di sentire quello che
sentirebbe se sentisse»2.
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Iconografia dannunziana : il corpo «esposto» in fotografia
dell’identità nel suo ultimo libro, Soma et séma5 – e che riprende molti
degli insegnamenti di Didier Anzieu e del suo libro L’io-pelle6.
Il corpo è al centro della vita e dell’opera di D’Annunzio, sia esso il
suo corpo, sia esso il corpo dei suoi eroi e delle sue eroine. D’annunzio
non solo ha potuto praticare e teorizzare il corpo forte, il proprio, attra-
verso lo sport e le azioni plateali, compiacendosene e mitizzandolo ma,
e soprattutto, è grande artista nell’indagare i corpi altrui, i corpi malati
delle sue eroine, vinti dall’isteria o dalla sterilità, come ce ne dà magni-
fica descrizione Luciano Curreri in alcuni suoi saggi su Il Trionfo della
Morte e Le Vergini delle Rocce7.
Non mi occuperò di analizzare la messa in scena del corpo a partire
dalle opere di D’Annunzio, ma vorrei farlo a partire dalla giovane arte
che in quell’epoca ha saputo rendere conto della messa in posa del
corpo, della sua esposizione: la fotografia. Non si tratterà di fare come
già ha fatto Marina Miraglia nell’articolo all’interno del catalogo
D’Annunzio e la promozione delle arti8, dove si tenta di descrivere per
sommi capi come l’evoluzione stilistica di D’Annunzio dal verismo al
naturalismo sentimentale e poi al simbolismo rifletta l’evoluzione degli
stili fotografici di quell’epoca (partendo dalle foto di Michetti fino a
quelle di Primoli, ovvero dalla fotografia documentaria alla fotografia
detta “pittorica”). Né ci interessa indagare il grado di preraffaelitismo
nella fotografia di Primoli o confermare il giudizio di classicismo delle
foto di Van Gloeden. Piuttosto partirò dall’immagine fotografica per
mostrare il funzionamento di diverse estesie corporali e tentare una
fenomenologia identitaria attraverso le diverse esposizioni del corpo in
fotografia. Si tratta di vedere se l’iconografia dei testi fotografici che ho
scelto può confermare oppure rivelare qualcosa di più o di diverso sul
personaggio D’Annunzio.
In effetti, nel disporre il proprio e altrui corpo in vista di una fotogra-
fia, si mette in scena il corpo perché sia guardato da un preciso punto di
vista, a partire dalla buona distanza rispetto all’obbiettivo; luogo, quello
dell’obbiettivo, occupato non solo dal fotografo, ma dagli osservatori
prefigurati possibili e futuri. Lo sguardo del personaggio fotografato e la
disposizione del suo corpo ci dicono qualcosa sul modo che il personag-
gio ha di concepire se stesso e i suoi osservatori, e del modo in cui il
5
J. Fontanille, Soma et séma. Figures du corps, Paris, Maisonneuve et Larose, 2004;
vers. it. Figure del corpo. Per una semiotica dell’impronta, Roma, Meltemi, 2004.
6
D. Anzieu, Le Moi-peau, Paris, Bordas, 1985, tr. it. L’io-pelle, Roma, Borla.
7
L. Curreri, Metamorfosi della seduzione. La donna, il corpo malato, la statua in
D’Annunzio e dintorni, Pisa, ETS, 2008.
8
M. Miraglia, «D’Annunzio e la fotografia», in R. Bossaglia e M. Quesada (dir.),
Gabriele D’Annunzio e la promozione delle Arti, Milano, Mondadori, 1989, p. 55-59.
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D’Annunzio come personaggio nell’immaginario
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Cf. a questo proposito P. Basso Fossali e M. G. Dondero, Semiotica della fotografia.
Investigazioni teoriche e pratiche di analisi, Rimini, Guaraldi, 2006.
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L. Curreri, op. cit. p. 154, p. 149.
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D’Annunzio come personaggio nell’immaginario
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J. Fontanille, op. cit.
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Questa foto è stata attestata come ritratto di Gabriele D’Annunzio e scattata
dall’amico Francesco Michetti da vari autori, fra cui A. Andreoli (cf. Andreoli, A.
Album D’Annunzio, Milano, Mondadori, 1990), ma è stata riconosciuta come foto-
grafia del 1905 ritraente Guido Treves dalla studiosa L. Granatella (Granatella, Ar-
restate l’autore! D’Annunzio in scena. Cronache, testimonianze, illustrazioni, docu-
menti inediti e rari del primo grande spettacolo del Novecento (2 vol.), Roma,
Bulzoni, 1993). Ringrazio gli studiosi Luciano Curreri, Pippo Traina, Pippo Pappo-
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D’Annunzio come personaggio nell’immaginario
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Cf. a questo proposito A. Andreoli (dir.), D’Annunzio. L’uomo l’eroe il poeta, Roma,
De Luca, 2001.
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D’Annunzio come personaggio nell’immaginario
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A. Andreoli, Album D’Annunzio, Milano, Mondadori, 1990, p. 364.
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Ringrazio Pierluigi Basso per aver discusso con me sul rapporto tra grazia e osten-
tazione.
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Iconografia dannunziana : il corpo «esposto» in fotografia
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Sulla relazione tra grazia e sacralità, a partire dall’opera batesoniana, mi permetto di
rimandare a M. G. Dondero, Fotografare il sacro. Indagini semiotiche, Roma, Mel-
temi, 2007.
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