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SOMMARIO .......................................................................................................... I
INTRODUZIONE .................................................................................................. 3
1 LETTERATURA SULL’ARGOMENTO .......................................................... 6
1.1 Corpora e Linguistica dei Corpora .................................................................. 6
1.1.1 Nascita e ascesa della Linguistica dei Corpora ............................................. 6
1.1.2 Definizione, compilazione e applicazioni pratiche dei corpora ..................... 8
1.1.3 Diversi orientamenti nella Linguistica dei Corpora: Corpus-based vs.
Corpus-Driven Linguistics .................................................................................. 17
1.1.4 La teoria contestuale del significato ........................................................... 20
1.1.5 La linguistica post-firthiana: il principio fraseologico di Sinclair ................ 25
1.2 Analisi del discorso ......................................................................................... 30
1.2.1 Discourse Studies: forme e funzioni del linguaggio .................................... 30
1.2.2 Discourse Studies: approcci allo studio del discorso ................................... 33
1.2.3 Discorso come costruzione della realtà: identità, attività e significati situati 36
1.2.4 Critical Discourse Analysis: obiettivi critici dell‟Analisi Critica del Discorso
........................................................................................................................... 42
1.2.5 Norman Fairclough e la Critical Discourse Analysis: il discorso come
“momento delle pratiche sociali” ........................................................................ 44
1.2.6 Linguaggio, ideologia e potere ................................................................... 49
1.3 Il discorso del Global Warming ...................................................................... 54
1.3.1 Global Warming: da questione scientifica a questione politica ................... 54
1.3.2 La ricostruzione mediatica e i discorsi del Global Warming ....................... 57
1.3.3 La ricostruzione mediatica del Global Warming: l‟imminente catastrofe .... 62
1.3.4 La ricostruzione mediatica del Global Warming: dall‟incertezza scientifica
all‟inganno ......................................................................................................... 66
i
2 METODOLOGIA D’ANALISI ........................................................................ 70
ii
Introduzione
Tra la fine del XX secolo e l‟inizio del XXI, la questione del riscaldamento
globale e del correlato cambiamento climatico è diventata di fondamentale
importanza per l‟intera società contemporanea.
Il crescente interesse per questo problema ha comportato una sua continua
evoluzione, testimoniata principalmente dalle numerose modifiche che la sua
trattazione ha subito. Queste modifiche, infatti, hanno fortemente influenzato lo
sviluppo stesso della questione, spesso nuocendo alla parallela evoluzione degli studi
scientifici sul fenomeno.
È da tali premesse che questo lavoro vuol partire. L‟obiettivo principale,
difatti, è quello di verificare lo stato attuale del problema, rilevando e studiando gli
elementi distintivi del discorso del global warming, e fondando quest‟analisi sugli
assunti teorici della Linguistica dei Corpora e dell‟Analisi Critica del Discorso.
Il termine global warming indica generalmente una crescita significativa nella
temperatura terrestre, imputabile principalmente a una forte concentrazione di gas
serra nell‟atmosfera, derivante principalmente, secondo il parere degli scienziati,
dall‟attività industriale dell‟uomo. La problematicità di questo fenomeno è da subito
chiara per la comunità scientifica, che cerca di attirare l‟attenzione politica sul tema
per agire e prevenire le previste conseguenze negative del riscaldamento globale
sulla natura e conseguentemente sul benessere della stessa umanità. Tuttavia, una
volta ottenuta tale attenzione, gli scienziati perdono il loro iniziale ruolo
predominante nella definizione del problema, e vengono sostituiti nelle negoziazioni,
alle quali essi tanto avevano aspirato, da figure politiche. Questo rappresenta il primo
passo dell‟evoluzione “sociale” del problema, alla quale si è accennato pocanzi.
Difatti, l‟uso strumentale che la politica fa della scienza, sfruttando incertezze e
contraddizioni insite in quest‟ultima per i propri interessi, segna il passaggio del
global warming da questione puramente scientifica a questione politica.
3
L‟accendersi dell‟interesse politico per la questione non è da attribuirsi,
tuttavia, soltanto alle “spinte” ricevute dagli scienziati. Fino all‟inizio degli anni ‟90
del secolo scorso, infatti, l‟interesse pubblico per il problema era pressoché assente e,
di conseguenza, le richieste di azione politica erano scarse. Questo si spiega,
principalmente, con il fatto che fino ad allora la copertura mediatica della questione
era stata inadeguata, se non del tutto assente.
Diversi studi sociali hanno dimostrato, infatti, che i media rappresentano la
principale fonte d‟informazione per il pubblico, e che hanno un ruolo centrale nella
messa a punto dell‟agenda pubblica, cioè nella selezione delle informazioni e delle
questioni più o meno importanti: una maggiore copertura mediatica di una questione
fa percepire quest‟ultima come rilevante. In particolar modo, i mezzi di
comunicazione influiscono sulla comprensione pubblica della conoscenza scientifica,
soprattutto perché, nella maggior parte dei casi, il pubblico riceve tale conoscenza
quasi esclusivamente dai media e raramente da canali scientifici diretti. I media,
dunque, non rispecchiano semplicemente la realtà scientifica, ma la ricostruiscono
secondo determinate “scelte mediatiche” (quali il previsto impatto sociale di un
evento, le norme e i principi giornalistici, etc.), divenendo veicolo fondamentale per
la diffusione del global warming come questione sociale.
È evidente, quindi, che la rappresentazione mediatica della questione è
profondamente condizionata dai soggetti che la mettono in essere e, pertanto, muta
col mutare di tali soggetti. Questa ricostruzione si suddivide essenzialmente in due
discorsi: da un lato, il discorso che presenta il global warming come un problema da
affrontare con immediatezza, prospettando quadri catastrofici per il prossimo futuro
nell‟eventualità in cui non si agisca in tal senso; dall‟altro, il discorso che, facendo
leva principalmente sull‟incertezza scientifica, mira a screditare ogni eventuale
problematicità della questione.
Il presente lavoro prende il via proprio da tali ricostruzioni. Si è ritenuto
opportuno, quindi, offrire innanzitutto una panoramica sulla Linguistica dei Corpora
e sull‟Analisi Critica del Discorso.
La Linguistica dei Corpora, difatti, ha profondamente modificato l‟approccio
dei linguisti verso la lingua e i corpora rappresentano oggigiorno uno strumento
fondamentale nello studio del linguaggio. I software d‟accesso ai corpora elettronici,
in effetti, consentono agli studiosi di andare oltre le categorie tradizionalmente
4
attribuite al linguaggio e di attingere dalla lingua in uso nuovi elementi mai rilevati o
considerati in precedenza.
Questo approccio si basa principalmente sulla teoria contestuale del
significato di J. R. Firth, che considera il linguaggio come una delle attività principali
tramite la quale l‟individuo, in quanto uomo sociale, si esprime ed esprime se stesso
per interagire con gli altri e con l‟ambiente che lo circonda.
Da questi assunti teorici parte anche l‟Analisi Critica del Discorso, che
considera il linguaggio come una pratica sociale, dal quale, pertanto, non si può
prescindere nello studio dei rapporti sociali, delle istituzioni, e più in generale della
realtà sociale. L‟obiettivo che si pone l‟Analisi Critica del Discorso è di studiare le
relazioni (spesso opache) tra discorso e società, concentrandosi in particolar modo
sulle relazioni di potere, controllo, discriminazione che si manifestano (o sono
comunque veicolate in modo più o meno trasparente) nel discorso, e che non sempre
vengono percepite dai partecipanti. Lo scopo è, quindi, mostrare tale parzialità agli
individui e renderli consci delle influenze reciproche esistenti tra linguaggio e
strutture sociali delle quali sono solitamente ignari.
Il processo di ricostruzione della questione del global warming è, dunque,
facilmente comprensibile se lo si inquadra all‟interno di tale approccio critico
all‟analisi del discorso, facendo particolare riferimento ai concetti di ideologia e
potere. Infatti, i media possono essere considerati in una prospettiva critica come
strumento della classe dominante, che riesce a imporre, tramite il linguaggio e il
discorso, la propria ideologia, facendola apparire così come senso comune ed
effettiva rappresentazione della realtà.
Come già accennato in precedenza, l‟analisi qui condotta si concentra
principalmente sullo stato attuale della questione, esaminando un corpus specialistico
formato da testi giornalistici e accademici, prodotti e pubblicati nel periodo
compreso tra gennaio 2009 e marzo 2010, in relazione ad un corpus più ampio di
riferimento. L‟obiettivo finale è, quindi, rilevare e studiare le caratteristiche
fondamentali della rappresentazione mediatica del fenomeno del global warming e di
individuare le strategie linguistiche utilizzate, ricollegandole, se possibile, ai
differenti discorsi (citati pocanzi) che caratterizzano il dibattito sul riscaldamento
globale.
5
1
Letteratura sull’argomento
6
in linguistica introdotto da Noam Chomsky frena nuovamente lo sviluppo della
corpus linguistics: con la sua grammatica generativa Chomsky rifiuta ogni
riferimento nelle indagini linguistiche ai dati ottenuti tramite l‟osservazione diretta
dell‟uso di una lingua; la linguistica deve studiare non l‟esecuzione di una lingua ma
la competenza dei suoi parlanti. Dunque, egli rigetta assolutamente le indagini basate
sui corpora, sostenendo che la finitezza (che per Chomsky rappresenta al contempo
anche l‟incompletezza) dei corpora non consente la descrizione delle infinite
possibilità di esecuzione del linguaggio; l‟intuizione rappresenta per lui il punto di
partenza per ottenere informazioni utili sul linguaggio e sul suo utilizzo. Infatti, nella
distinzione (strettamente legata a quella saussuriana tra langue e parole) che egli fa
tra competenza (le strutture innate del linguaggio possedute dall‟uomo) e
performance (l‟esecuzione linguistica di queste strutture), i corpora rappresentano la
performance e l‟intuizione la competenza; pertanto, è l‟intuizione la sola a poter
fornire una descrizione valida del linguaggio contenendo in se stessa anche quelle
realizzazioni potenziali di una lingua che i corpora non possono contemplare nella
loro finitezza.
La forte influenza della linguistica chomskyana non ferma, comunque, lo
sviluppo della Linguistica dei Corpora, che proprio in quegli anni vede la nascita del
primo corpus elettronico (il Brown Corpus, del quale si parlerà più avanti), che
rappresenta una pietra miliare nella storia della Linguistica dei Corpora, e che fu
fortemente criticato dal linguista americano. Inoltre, la progressiva evoluzione della
Linguistica dei Corpora confuta l‟argomento principale che Chomsky aveva portato
avanti contro di essa, cioè la contrapposizione tra intuizione e corpus, che è
considerata una falsa contrapposizione1 poiché considerati, nella corpus linguistics,
elementi necessari l‟uno all‟altro affinché l‟analisi dei dati sia significativa ai fini
della ricerca linguistica. D‟altra parte, reputando l‟intuizione unico mezzo per
l‟analisi del linguaggio si presuppone l‟esistenza di un parlante ideale, e allo stesso
tempo di una lingua ideale invariabile, che studi effettuati in vari campi della
linguistica, primo fra tutti la sociolinguistica, hanno dimostrato impossibile,
sottolineando sia la non-uniformità della lingua che la conseguente variabilità delle
competenze dei parlanti a seconda, per esempio, della loro appartenenza sociale.
L‟intuizione è, quindi, profondamente influenzata da quei fattori “esterni” che
1
Cfr. G. Leech, “Corpora” in K. Malmkjær (ed.), The Linguistics Encyclopedia, London, Routledge,
2002 (prima ed. 1991), p. 85.
7
Chomsky mirava ad escludere dal concetto di competenza. Pertanto, pur
riconoscendo i limiti che i corpora possono avere, essi integrano con successo
l‟approccio introspettivo chomskyano, mostrando fatti non accessibili alla sola
intuizione.2
2
Cfr. E. Tognini-Bonelli, Corpus Linguistics at Work, Amsterdam, Benjamins, 2001, passim; S.
Hunston, Corpora in Applied Linguistics, CUP, Cambridge (2002), passim; G. Leech, op. cit., passim;
C. F. Meyer, English Corpus Linguistics. An Introduction, CUP, Cambridge (2004), passim.
3
Cfr. S. Hunston, op. cit. p. 1.
4
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p.2; S. Hunston, op. cit., p. 2; A. O‟Keeffe, M. McCarthy, R. Carter,
From Corpus to Classroom: Language Use and Language Teaching, CUP, Cambridge (2007), pp. 1-
2.
8
britannico, americano e australiano, che ad oggi contiene circa 500 milioni di parole,
o del COCA – Corpus Of Contemporary American English – che contiene una
raccolta di testi scritti e orali di inglese americano dal 1990 ad oggi ed è destinato a
crescere ulteriormente).
Il fatto stesso che attualmente il corpus venga inteso esclusivamente come
elettronico sottintende, quindi, la possibilità di studiare una quantità molto più ampia
di testi; di conseguenza, di rilevare con più facilità i diversi aspetti della lingua che si
sta considerando e di trovare molte più informazioni grazie ai software usati per
l‟analisi degli stessi corpora.
Occorre, tuttavia, completare la definizione data, perché non si tratta
semplicemente di testi memorizzati su un computer ai quali si accede tramite
software. Infatti, i testi raccolti si presumono essere rappresentativi della lingua che
si sta studiando, o comunque rappresentativi delle categorie che il linguista vuole
indagare con il suo studio. Inoltre, la lingua che appare all‟interno del corpus deve
essere una reale ed effettiva realizzazione della lingua analizzata e non invece una
semplice riproduzione che non metterebbe a disposizione tutte le sfumature del
linguaggio (come accade, per esempio, nella maggior parte degli esempi usati nei
libri di grammatica, che vengono per lo più costruiti ed inventati ad hoc), sfumature
che gli esempi autentici del corpus possono invece fornire.5
Bisogna altresì specificare che corpora e testi non devono essere confusi.
Infatti, una volta inseriti nel corpus, i testi cessano di essere tali e diventano
strumento per un‟analisi verticale e non più orizzontale come invece accade nello
studio tradizionale dei testi. Il testo, e quindi la lingua, vengono frammentati per
poter analizzare i caratteri formali, o sociali, che spesso possono presentarsi in
maniera ripetitiva all‟interno di un testo. Quest‟ultimo, perciò, non sarà più un
coerente evento comunicativo ma il suo esatto contrario.6
Il corpus di per sé non contiene nuove informazioni su una lingua. È il
software utilizzato per l‟analisi che ci fornisce gli strumenti necessari sia per ottenere
un maggior numero di informazioni (impossibili da percepire per l‟occhio umano in
un‟analisi manuale) sia per rielaborarle e studiarle da una diversa angolazione.
5
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., pp. 2-4.
6
Ibid.
9
I corpora si prestano così ad analisi quantitative e qualitative. Nel primo caso,
ci si baserà sullo studio della frequenza, nel secondo invece entreranno in gioco la
fraseologia e la collocazione.
Nell‟analisi quantitativa si studiano prevalentemente le singole parole di un
corpus. Si analizzano cioè le occorrenze di determinate parole, interessanti per lo
studio che si sta conducendo, e la loro frequenza. L‟analisi statistica che ne risulta è
molto precisa e ben lontana dalle semplici percezioni umane. Essa diventa
interessante quando i risultati ottenuti in un corpus sono confrontati con altri corpora;
per esempio, si può ricercare la frequenza di determinate parole in corpus
specialistico (del linguaggio scientifico, politico, etc.) per poi confrontarla con quella
di un corpus più ampio (definito di riferimento) e verificare così quali sono le parole
specificatamente riconducibili all‟ambito rappresentato dal corpus in esame.
La maggior parte dei software consente di accedere a un corpus attraverso le
cosiddette linee di concordanza, che permettono di studiare il ricorrere con regolarità
di una parola o di una frase in un contesto più ampio e rappresentano la modalità
“base” per la processazione dei dati che il corpus ci offre. La fraseologia consente
perciò di analizzare quei fenomeni che sono spesso difficili da spiegare a uno
studente straniero. Il perché un certo aggettivo ricorra sempre con una certa
preposizione, o perché sia accompagnato da diverse preposizioni in diversi enunciati
senza un‟apparente regola, possono trovare risposta nella fraseologia, che grazie
appunto alle linee di concordanza (tipico esempio dello studio verticale al quale si è
accennato in precedenza) consente di mostrare, in maniera molto più immediata,
associazioni semantiche o grammaticali (patterns) che sarebbero invece difficilmente
rilevabili in uno studio “orizzontale”.
A indicare le diverse fraseologie di una parola è la collocazione, ovvero la
tendenza di diverse parole a ricorrere insieme. Essa sarà definita colligazione se si
presenta fra elementi lessicali ed elementi grammaticali. Dal punto di vista statistico
la quantità dei dati ottenuti attraverso la collocazione è maggiore rispetto a quello
fornito dalle linee di concordanza; difatti, essa consente di ottenere immediatamente
una lista dei collocati più frequenti, fornendo perciò informazioni simili a quelle
ottenute tramite le linee, ma rendendo più agevole il reperimento delle associazioni
precedentemente citate.
10
Poiché i corpora vengono compilati per obiettivi specifici, è possibile
individuarne diversi tipi, che possiedono caratteristiche rispondenti ai propositi per i
quali sono stati concepiti. Quelli più usati sono:7
I corpora specialistici. Vogliono essere rappresentativi di un
determinato tipo di testo, poiché utilizzati per indagare particolari
registri di una lingua (accademico, politico, etc.). Essi possono anche
essere rappresentativi di un determinato argomento sul quale si vuole
indagare dal punto di vista linguistico.
I corpora generali. Non mirano a rappresentare un registro specifico
di una lingua, ma contengono una quantità di testi il più ampia
possibile, che possa essere rappresentativa delle diverse varietà
sociolinguistiche, diatopiche, diacroniche, etc. di una lingua. Mentre i
corpora specialistici sono di dimensioni ridotte, quelli generali sono
molto ampi, proprio perché tentano di essere punto di riferimento, per
esempio per traduzioni o per l‟apprendimento di una lingua. Per
questa loro basilare caratteristica sono spesso usati anche in
comparazione con molti corpus specialistici. In questo caso sono detti
reference corpus (corpus di riferimento).
I learner corpora. Sono una raccolta di testi prodotti da apprendenti
di una lingua. L‟obiettivo è quello di identificare le differenze fra
questi stessi studenti o fra questi e madrelingua (in questo ultimo caso
è necessario un corpus di parlanti nativi confrontabile).
I corpora comparabili. Sono due o più corpora di lingue diverse o di
diverse varietà di una stessa lingua che possono essere pertanto
confrontati per reperire analogie o differenze fra le lingue o le varietà
interessate dall‟analisi.
I corpora paralleli. Due o più corpora di lingue diverse, ognuno
contenente testi che sono stati tradotti da una lingua all‟altra (es. un
libro in inglese e la sua traduzione in italiano), o testi che sono stati
prodotti simultaneamente in due o più lingue (come ad esempio le
leggi dell‟Unione Europea).
7
Cfr. S. Hunston, op. cit., pp. 14-16; A. O‟Keeffe, M. McCarthy, R. Carter, op. cit., p. 19.
11
Monitor corpora. Corpora dinamici che sono progettati per tracciare i
cambiamenti correnti di una lingua. Questi corpora si differenziano
dagli altri perché vengono aggiornati annualmente, mensilmente o
addirittura giornalmente, così da crescere rapidamente. I diversi testi
presenti all‟interno del corpus, che rappresentano i diversi registri
linguistici, vengono ovviamente aggiornati in maniera proporzionale,
di modo che essi siano sempre confrontabili fra loro e offrano
opportunità di analisi quanto più corrette possibili.
I corpora diacronici o storici. Corpora contenenti testi di periodi
storici differenti, sono usati soprattutto per tracciare lo sviluppo di una
lingua nel tempo.
Per la compilazione di un corpus vi sono diverse linee guida che vanno
rispettate affinché esso sia utile a un‟analisi linguistica.
Gli aspetti da considerare nella realizzazione di un corpus sono vari; le
dimensioni, il contenuto, la rappresentatività, l‟autenticità rappresentano quelli
fondamentali per creare un corpus valido ai fini della ricerca che si vuole condurre.
Infatti, nel compilare un corpus è necessario considerare sempre l‟obiettivo finale,
ovvero i propositi di analisi per i quali il corpus viene realizzato.
Con lo sviluppo dell‟informatica, le dimensioni dei corpora sono andate
crescendo, sottolineando come la loro grandezza sia strettamente connessa
all‟efficienza di analisi del software utilizzato per processare i dati. I primi corpora,
come il Brown corpus, erano relativamente piccoli non tanto per gli obiettivi di
studio quanto per l‟impossibilità pratica di inserire un numero maggiore di testi,
causata dalla carenza di strumenti informatici. Se lo sviluppo dei computer ha
facilitato la creazione di corpora della lingua scritta, quella dei corpora della lingua
parlata è ancora dimensionata dall‟insufficienza di tecnologie adeguate. Ciò
nonostante, come abbiamo visto elencando i vari tipi di corpus, le diverse dimensioni
sono oggi principalmente legate ai diversi scopi di ricerca. Un corpus molto ampio,
per esempio, sarà principalmente utilizzato per ricerche lessicografiche e per la
compilazione di dizionari; uno più piccolo potrà essere utilizzato invece per analisi
grammaticali. 8
8
Cfr. C. F. Meyer, op. cit., pp. 12-15.
12
Altro aspetto da considerare nella creazione di un corpus è il suo contenuto,
per il quale non si può prescindere dagli obiettivi della ricerca linguistica. Un corpus
generale conterrà una quantità maggiore di registri e di varietà di una lingua rispetto
a un corpus specialistico. Il primo, infatti, si presterà ad analisi diverse e dovrà
pertanto fornire il maggior numero di dati possibile; il secondo invece, sarà
compilato secondo criteri più restrittivi che ridurranno, di conseguenza, anche il
numero di registri e le varietà in esso contenuto.
Nel considerare le dimensioni e il contenuto non bisogna dimenticare la
necessità del corpus di essere rappresentativo della lingua o della varietà della lingua
che si sta studiando. La rappresentatività concerne sia la lingua rappresentata che i
diversi testi che vengono inseriti all‟interno del corpus: per costruire un corpus
rappresentativo bisogna valutare attentamente lo scopo d‟analisi e, di conseguenza, i
testi che si vogliono inserire al suo interno. Quale lingua si vuole rappresentare nel
corpus? Quali registri o varietà di quella data lingua si vogliono studiare? E
conseguentemente, quale campione della popolazione si vuole includere nello
studio? Una volta trovata la risposta adeguata a queste domande, diventa
fondamentale la scelta della quantità e della varietà dei testi da inserire nel corpus.
Essi devono essere quanto più bilanciati possibile di modo che i diversi registri siano
rappresentati in maniera adeguata e sia quindi possibile estrapolare delle
generalizzazioni dai dati osservati.9
Strettamente legata alla rappresentatività è l’autenticità. Nello scegliere ciò
che può far parte del corpus, si deve avere la certezza che esso sia estratto da una
“comunicazione genuina”,10 sia essa scritta o parlata. Se il corpus deve fornirci delle
evidenze, queste evidenze devono essere relative ad un reale ed effettivo uso della
lingua. Il corpus deve perciò costituire un campione coerente di un elemento molto
più ampio, che è ovviamente impossibile includere interamente nella ricerca che si
sta effettuando.
Ma perché usare i corpora? Cosa si può ottenere dalla loro analisi?
Come già ampiamente detto, l‟analisi dei corpora ci aiuta a studiare e a
meglio comprendere il “comportamento” delle componenti di una lingua. Esso ci
fornisce gli elementi necessari per avviare un‟analisi che va al di là della mera
9
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., pp. 57-58; S. Hunston, op. cit., pp. 28-30; C. F. Meyer, op. cit., cap.
1.
10
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 55.
13
intuizione, sulla quale prevalentemente i parlanti nativi si basano. D‟altronde,
l‟intuizione può fare ben poco da sola quando si tratta di definire aspetti specifici di
una lingua, specialmente quando si parla delle già citate frequenza, collocazione e
fraseologia. Difatti, gli elementi riferibili a queste categorie sono difficilmente
accessibili persino ai madrelingua, che spesso appaiono addirittura sorpresi se messi
davanti a nuove evidenze fornite loro dall‟analisi dei corpora.11 Tuttavia, l‟intuizione
resta sempre uno strumento fondamentale: è, infatti, l‟intuizione che consente
l‟interpretazione delle informazioni date dal corpus; se essa può ben poco nel
rilevamento di determinati aspetti della lingua senza l‟aiuto dei corpora, lo stesso
vale per questi ultimi, che di essa hanno bisogno per eventuali interpretazioni e
generalizzazioni a partire dai dati ottenuti dall‟analisi.
Le applicazioni dei corpora in ambito linguistico sono molteplici. I principali
ambiti nei quali essi sono utilizzati sono:12
Lessicografia: i corpora, specialmente quelli molto ampi, sono utili
nella creazione di dizionari, poiché consentono di basare le voci
contenute nei dizionari sull‟uso effettivo della lingua e non solo
sull‟intuizione. Il progetto pioniere in tale campo è stato il COBUILD
(Collins Birmingham University International Language Database).
Grammatica e didattica: i corpora sono utilizzati sia per
l‟insegnamento che l‟apprendimento di una lingua. Sono molto utili
agli insegnanti poiché evidenziano aspetti non immediatamente
intuibili. A loro volta gli studenti possono usare i corpora per
analizzare in maniera indipendente aspetti della lingua studiata, o per
confrontarla con la loro lingua madre. Inoltre, l‟uso dei corpora ha
modificato anche l‟approccio degli studiosi di grammatica
permettendo lo studio della frequenza e della distribuzione di
determinati schemi (chiamati patterns), o delle differenze d‟uso della
grammatica nelle diverse varietà di una stessa lingua.
Traduzione: attraverso i corpora comparabili è possibile studiare
traduzioni apparentemente equivalenti di un testo, mentre i corpora
11
Cfr. S. Hunston, op. cit., p. 21.
12
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 1; S. Hunston, op. cit., pp. 13-14, cap. 5; C. F. Meyer, op. cit.,
cap. 1; A. O‟Keeffe, M. McCarthy, R. Carter, op. cit., pp. 17-22.
14
paralleli danno la possibilità di vedere come certe parole o frasi siano
state tradotte nel passato e rilevare le differenze con il presente.
Sociolinguistica: in questo caso i corpora vengono usati per studiare
le attitudini culturali di una società attraverso il linguaggio. Vengono
costruiti e ordinati secondo variabili sociali o geografiche: lo status
sociale, l‟età, le aree geografiche alle quali i parlanti appartengono.
Alcuni poi sono molto “ristretti” e contengono solo determinate
varietà di linguaggio. Un esempio può essere rappresentato dal COLT,
il Corpus of London Teenagers.
Questi ambiti traggono, pertanto, ampio beneficio dall‟uso dei corpora nelle
relative ricerche linguistiche. I diversi metodi di analisi dei corpora ai quali si è
accennato in precedenza (frequenza, fraseologia, collocazione) consentono, infatti,
un‟investigazione profonda delle parole, il cui significato non è più considerato
intrinseco alla parola ma desumibile attraverso l‟analisi di quella parola all‟interno
del contesto linguistico (co-testo) nel quale essa è inserita.
Attraverso l‟impiego delle linee di concordanza, i corpora ci forniscono non
solo la frequenza di utilizzo all‟interno del corpus di una data parola ma anche il già
menzionato contesto linguistico, e rappresentano il metodo principale attraverso il
quale questo contesto viene studiato.13 Il co-testo consente di acquisire una nuova
prospettiva di studio, non più diretta alla singola parola, ma a tutto ciò che aiuta a
creare il significato e a dare quindi senso a quella parola.
Le linee di concordanza sono particolarmente usate in grammatica, poiché
forniscono informazioni fondamentali sulle associazioni grammaticali e sintattiche
che tipicamente caratterizzano una data parola e consentono di individuare, di
conseguenza, determinate costruzioni ricorrenti; sono inoltre centrali nelle ricerche
lessicografiche. Difatti, se la questione centrale in lessicografia è il significato delle
parole, negli ultimi decenni le linee di concordanza hanno consentito di ampliare
definizioni delle voci contenute nei dizionari e di aggiungere nuove informazioni
utili, in particolar modo, agli apprendenti di una lingua, ma anche ai parlanti nativi,
la cui competenza non può ovviamente contemplare tutti gli aspetti presenti nell‟uso
di una lingua. Le informazioni che si ricavano dall‟analisi delle linee di concordanza
13
Cfr. S. Hunston, op. cit., p. 38.
15
consentono di delineare i cosiddetti profili lessico-grammaticali di una parola.
Attraverso la loro analisi, infatti, possiamo: 14
1. Verificare l‟eventuale polisemia della parola data;
2. Verificare l‟eventuale uso metaforico della parola;
3. Rilevare se la parola assume diverse connotazioni (positive o negative) in
diversi contesti, e se queste connotazioni dipendono da tali contesti e/o
dai diversi significati che la parola può assumere (la cosiddetta prosodia
semantica).
4. Verificare l‟eventuale uso della parola data all‟interno di forme pre-
costruite che assumono un significato indipendente dai singoli elementi le
compongono (idiomi o espressioni fisse);
5. Verificare, infine, quali sono le principali associazioni sintattiche (es.
associazioni ricorrenti con determinate preposizioni) e semantiche (es.
associazioni ricorrenti con determinati tipi di verbi [di movimento, di
stato, etc.], o con determinati vocaboli riferibili ad un unico campo
semantico [preferenza semantica]) che possono essere evinte dalle
concordanze analizzate.
Le linee di concordanza e i profili lessico-grammaticali risultanti dalla loro
analisi pongono perciò l‟accento su diversi aspetti, in particolar modo sulla
frequenza, sul co-testo (fraseologia e collocazione), sulla varietà linguistica e
sull‟autenticità. La frequenza è stata enfatizzata principalmente grazie alla quantità
maggiore di dati osservabili, che ha consentito di rilevare nuovi significati per parole
che sembravano essere già definite: l‟esempio che ci presenta Hunston15 è quello di
KNOW, che è passato dai 20 significati elencati nel Longmann nel 1987 ai trenta del
COBUILD nel 1995. Importante è anche la scelta da parte di molti dizionari di
definire come uniche unità di significato determinate costruzioni relative a una parola
(enfatizzando quindi le associazioni lessico-grammaticali) come nel caso di
BRINK16, per il quale la nuova definizione di on the brink of inserita nei dizionari ne
chiarisce meglio il senso, sottolineando lo stretto legame fra parola e co-testo, grazie
anche esempi direttamente tratti dai corpora che sottolineano quindi l‟importanza
14
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 19; S. Hunston, op. cit., pp. 20-23; A. O‟Keeffe, M. McCarthy,
R. Carter, op. cit., p. 14.
15
Cfr. S. Hunston, op. cit., p. 97.
16
Ibid.
16
dell‟autenticità. Infine, l‟uso delle linee di concordanza in lessicografia ha consentito
di approfondire le informazioni relative alla varietà linguistica, e di inserire nuovi
significati ed esempi ricollegabili all‟uso in diversi registri o varietà diatopiche.
Nei prossimi paragrafi l‟importanza dei profili lessico-grammaticali nello
studio del significato sarà ulteriormente sottolineata, alla luce delle teorie che stanno
alla base della Linguistica dei Corpora e degli approcci all‟analisi del linguaggio che
da esse si sono sviluppati.
17
Cfr. G. Leech, “Corpora and theories of linguistic performance.” In J. Svartivik (Ed.), Directions in
Corpus Linguistics: Proceedings of the Nobel Symposium 82, Stockholm, August 4-8, 1991, Mouton
de Gruyter, New York (1992), p.105, cit. in Meyer op. cit., p. xi.
18
Cfr. M. A. K. Halliday, Towards a language-based theory of learning”. Linguistics and Education
Vol. 5 (2): 93-116 (1993c), p. 116, cit. in E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 1.
19
Cfr. E. Tognini-Bonelli, ibid.
17
Questo nuovo approccio, come il paragrafo precedente ha illustrato, si
caratterizza per la descrizione empirica dell‟uso del linguaggio, grazie soprattutto
alle nuove tecnologie che permettono un accesso più rapido e un‟analisi più profonda
dei dati.
All‟interno del dibattito sulla vera natura della Linguistica dei Corpora e sul
nuovo approccio empirico alla descrizione del linguaggio che la caratterizza, si
inserisce la distinzione che Tognini-Bonelli fa fra due tipologie di ricerca linguistica
caratterizzate dall‟uso dei corpora: la ricerca corpus-based e la ricerca corpus-
driven.20 La differenza fondamentale tra questi due approcci è il diverso punto di
partenza nell‟analisi linguistica che comporta, di conseguenza, un diverso uso dei
corpora e dei dati da essi estratti.
Una ricerca corpus-based parte, infatti, da teorie già esistenti, le quali sono
studiate tramite i corpora, utilizzando perciò categorie pre-esistenti per analizzare i
dati ottenuti. Pertanto, in questo approccio, alla base della ricerca sta la teoria e il
corpus è, secondo il punto di vista di Tognini-Bonelli, considerato un mero deposito
di dati, di esempi, 21 che il linguista usa solo per confermare la teoria da cui è partito
rifiutando tutti quei risultati (dati dalla variabilità naturalmente insita nel linguaggio e
che il corpus mette in evidenza) che non sono utili per confermarla e che potrebbero,
quindi, minarne la stabilità. Infatti, come la storia della linguistica dimostra, le teorie
linguistiche precedenti ai corpora hanno sempre lasciato poco spazio alla varietà
linguistica, all‟attenzione prestata all‟effettivo uso di una lingua (si vedano il
pensiero saussuriano e chomskyano mostrati ad inizio capitolo), considerandoli
qualcosa di incidente e di non fondamentale per la descrizione del linguaggio. È
chiaro quindi lo stretto legame fra la concezione della Linguistica dei Corpora come
mera base metodologica e l‟approccio corpus-based: il corpus non fornisce nuove
informazioni al linguista, il quale ne analizza i dati partendo da questi presupposti,
ma solo evidenze che confermano, o completano senza modificarla, la teoria alla
quale egli fa riferimento. Il linguista tende perciò a rifiutare tutti quei dati, messi a
disposizione dal corpus, che possono offrire soluzioni alternative a ciò che la teoria
di partenza afferma.
Tognini-Bonelli individua tre metodi principali che un linguista,
nell‟approccio corpus-based, può usare per risolvere l‟incompatibilità tra i dati
20
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 84.
21
Ibid.
18
ottenuti dal corpus e la teoria che vuole sostenere: l‟insulation, la standardisation e
l‟instantiation.22
Il primo metodo, insulation, è probabilmente quello con l‟atteggiamento più
radicale nei confronti dei dati empirici. Infatti, il linguista, partendo dalla dicotomia
che ha sempre caratterizzato la linguistica, vale a dire quella tra competenza e
esecuzione, e presupponendo una preminenza della prima sulla seconda, sceglie quali
dati possono essere compatibili con la teoria esposta, tralasciando gli altri. Pertanto,
pur riconoscendo l‟importanza dei dati empirici per lo studio del linguaggio, è
l‟intuizione del linguista ad avere, per così dire, l‟ultima parola sull‟utilità dei dati
osservati. Se essi si allontanano dalla teoria, non sono presi in considerazione, e si
eviterà ogni possibile confronto fra questi e la teoria che si sta esponendo. 23
La standardisation, invece, prevede la semplificazione della grande quantità
dei dati ottenuti dal corpus al fine di rendere più immediata la loro analisi. Per
semplificare i dati si procede all‟annotazione del corpus, ovvero all‟inserimento dei
cosiddetti tags, che categorizzano i dati perché possano essere così studiati secondo
le categorie linguistiche già esistenti “to reconcile the statements of an intuitive
grammar and the evidence of a corpus”. 24 Secondo il linguista che fa uso di questo
metodo, infatti, il corpus non annotato non dà le informazioni necessarie all‟analisi
ed è pertanto necessario aggiungere queste informazioni mancanti. Tuttavia, Tognini-
Bonelli sottolinea che questo processo può provocare l‟adattamento dei dati alla
teoria di riferimento, e falsare pertanto i risultati delle analisi. Come nel caso
dell‟isolamento, la langue resta sempre prevalente sulla parole.
Infine, l‟ultimo metodo, quello dell‟instantiation, permette di presentare
almeno parte dei dati ricavati dal corpus come probabilità di scelta all‟interno di un
più ampio sistema paradigmatico. Tuttavia, proprio il loro carattere probabilistico
non consente di influire su questo sistema, in quanto prioritario. Ovviamente, l‟uso di
uno di questi metodi non esclude l‟altro, poiché, in tutti e tre i casi, le evidenze del
corpus sono rese secondarie rispetto alla teoria.
Una ricerca corpus-based, quindi, a prescindere da qualsiasi metodo si
avvalga per l‟analisi dei corpus, seppur migliorando la descrizione del linguaggio,
22
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., pp. 68-sgg.
23
Ibid.
24
Ivi, p. 71.
19
non si allontana da ciò che la teoria ha già affermato in precedenza e non fornisce
nuove idee per l‟analisi dei dati.25
Questo approccio si differenzia profondamente da quello corpus-driven, che
Tognini-Bonelli pone su una corsia preferenziale. Quest‟ultimo rispecchia, difatti, la
concezione, già menzionata, della corpus linguistics come pre-application
methodology. Infatti, come già si è detto, in quanto pre-application la Linguistica dei
Corpora definisce essa stessa le proprie regole, e nell‟usare l‟approccio corpus-
driven il linguista fa tabula rasa di tutte le categorie pre-costituite che può possedere,
usando il corpus per studiare senza pre-concetti una lingua. Non si parte, pertanto, da
una teoria pre-esistente: tutti i dati e le evidenze estratte dal corpus permettono di
descrivere in maniera del tutto nuova il linguaggio, definendo così nuove regole. La
visione del corpus come mero contenitore di dati sparisce, esso diventa vero e
proprio punto di partenza per le analisi linguistiche. Da esso vengono estratte nuove
informazioni e rilevate nuove categorie che niente hanno a che fare con le categorie
pre-esistenti utilizzate invece nelle ricerche corpus-based,26 e che permettono
pertanto nuovi sviluppi in tutti i campi che si sono elencati nella sezione precedente.
L‟approccio corpus-driven, quindi, partendo dal presupposto che il corpus sia
rappresentativo del campione linguistico che si vuole studiare (in caso contrario non
sarebbe possibile nessuna generalizzazione a partire dai dati empirici), propone una
diversa prospettiva di studio sul significato, poiché lo radica profondamente nel
contesto nella quale è inserito, rendendo imprescindibile da quest‟ultimo il suo
studio.27
Per poter meglio comprendere il differente punto di vista applicato in questa
ricerca è essenziale parlare, nella sezione successiva, dell‟importante teoria che ne
sta alla base, ovvero quella contestuale – funzionale del significato di J. R. Firth.
25
Ivi, capp. 4-5.
26
Cfr. J. M. Sinclair, “An International Project in Multilingual Lexicography”, International Journal
of Lexicography, Vol. 9 (3): 177-196 (1996b), cit. in V. B. Y. Ooi, Computer Corpus Lexicography,
Edinburgh University Press, Edinburgh (1998), p. 51.
27
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 183.
20
strettamente dipendenti dal contesto linguistico e sociale: esso è, pertanto, funzione
in contesto.28
Innanzitutto, è importante sottolineare che l‟oggetto centrale di studio è, per
Firth, l‟uomo, con la sua connaturata necessità di esprimersi e comunicare con il
mondo attorno a sé. Perciò, il linguaggio è visto come una delle attività principali
tramite la quale l‟individuo, in quanto uomo sociale, si esprime ed esprime se stesso
per interagire con gli altri e con l‟ambiente che lo circonda. Gli atti comunicativi che
egli attua investono, pertanto, il suo aspetto umano, la dimensione socio-culturale
nella quale si trova e il comportamento dei locutori e interlocutori in tale ambiente.
Questi atti comunicativi devono, perciò, essere studiati all‟interno di questo contesto,
nella loro effettiva realizzazione da parte del parlante (integrando così aspetti
linguistici ed extra-linguistici). A questo proposito, Firth introduce il concetto di
contesto situazionale. Firth riprende questo concetto dall‟antropologo Malinowski,
suo contemporaneo, che lo aveva formulato in seguito agli studi svolti nelle isole
Trobriand sulla cultura e la lingua della popolazione indigena, affermando che la
lingua di quest‟ultima non poteva tollerare la traduzione dei singoli enunciati, poiché
essa sarebbe stata comunque incomprensibile posta al di fuori del contesto nel quale
questi enunciati erano stati prodotti. 29
Tuttavia, Firth reinterpreta il contesto situazionale in maniera astratta,
concependolo come una serie di categorie verbali e non-verbali che mettono in
relazione i partecipanti (con le loro personalità e le loro azioni verbali e non-verbali),
gli oggetti rilevanti e gli effetti dell‟azione verbale, e che vanno applicate di volta in
volta agli eventi linguistici. 30 Queste categorie evidenziano come ogni elemento
presente nel contesto durante la realizzazione dell‟evento comunicativo contribuisca
a spiegare il significato di quest‟ultimo.
È chiaro quindi che le dicotomie presentate nel primo paragrafo, tra langue e
parole, tra competence e performance, che in linguistica hanno visto prevalere
sempre la struttura astratta e ideale (langue e competence) sull‟effettiva realizzazione
(parole e performance) del linguaggio, per Firth non hanno ragione di esistere: nel
linguaggio e nella sua realizzazione non vi è nulla di presupposto, e il significato
28
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 131; K. Malmkjær, “Systemic-functional grammar”, in K.
Malmkjær (ed.), op. cit., p. 520.
29
Cfr. K. Malmkjær, “Functionalist linguistics”, in K. Malmkjær, op. cit., pp. 167-170.
30
Ibid.
21
viene definito come una serie di “relazioni situazionali”: esse sono (in quanto parole)
il vero oggetto di studio della linguistica. 31
Altro aspetto, centrale nella teoria del significato firthiana, è la visione
sistematica degli atti comunicativi umani. Secondo Firth, infatti, nell‟agire
sistematicamente l‟uomo produce degli eventi che si ripetono con continuità e sono,
pertanto, più facilmente categorizzabili. Questa ripetitività consente al linguista di
estrarre dalla sequenza ininterrotta degli eventi ciò che può essere visto come
regolare e “tipico”, per poi discernerlo e astrarlo dalla personale realizzazione dei
parlanti. Egli accetta l‟infinitezza del linguaggio, cercando di ordinarlo a partire
dall‟osservabile. È evidente come la Linguistica dei Corpora, e in particolare
l‟approccio corpus-driven, riprenda e faccia sua questa metodologia: i corpora,
difatti, permettono la categorizzazione di cui parlava Firth. Tramite l‟analisi dei
corpora è possibile rilevare la frequenza delle occorrenze, che offre una chiara
visione e quantificazione della “continuità della ripetizione” ricercata da Firth. 32 La
complessità del linguaggio rende ovviamente più difficile il suo studio ed è per
questo che Firth propone la divisione in tanti livelli di analisi quanti sono gli aspetti
del linguaggio: elementi lessicali, grammaticali, fonologici funzionano
rispettivamente all‟interno del contesto lessicale, grammaticale o fonologico e
pertanto ognuno di essi avrà un livello diverso di analisi. Qualunque definizione del
significato si faccia a partire da questi livelli di analisi deve sempre vedere il
significato come funzione in contesto, e non può prescindere da quest‟ultimo.
Considerando il contesto lessicale, vi è un ulteriore concetto introdotto da
Firth, profondamente legato alla ripetitività degli eventi e alla loro categorizzazione:
la collocazione. Sostenendo, infatti, che il significato di una parola è desumibile dal
suo uso, e interessato all‟organizzazione delle parole nel testo e alla possibilità di
alcune parole a occorrere spesso insieme, Firth definisce la collocazione come la
combinazione di una data parola con quelle che la circondano:
The habitual collocations in which words […] appear are […] the mere
word accompaniment, the other word-material in which they are most
commonly or most characteristically embedded. 33
31
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., pp. 159-160.
32
Ibid.
33
Cfr. F. R. Palmer, Selected Papers of J. R. Firth 1952-59, Longman, London (1968), p. 180, cit. in
Tognini-Bonelli, op. cit., p. 162.
22
La collocazione non è un evento deterministico ma probabilistico e non offre
pertanto regole fisse, ma la ripetitività con cui si presenta è importante perché ci aiuta
a capire come agisce una parola all‟interno di una determinata lingua:34 ci dice con
quali parole occorre solitamente, quali significati questa associazione può attivare e
se questi significati sono legati ad un determinato stile o registro.
Essendo insita, secondo il pensiero firthiano, nel contesto lessicale, la
collocazione non può prescindere da esso, e il significato che la collocazione fornisce
non può che riguardare il livello lessicale della parola (si parla quindi di significato
co-testuale) che Firth distingue dal significato contestuale proprio perché, a
differenza di quest‟ultimo, il significato co-testuale “is an abstraction at the
syntagmatic level” e quindi “is not directly concerned with the conceptual or idea
approach to the meaning of words”.35
Anche in questo caso, è possibile rimarcare l‟importanza dei corpora e della
relativa linguistica nei contributi dati a questo concetto. Difatti, benché il concetto di
collocazione non sia stato approfondito da Firth, i software di analisi dei corpora
hanno dato, come già è stato detto, la possibilità di processare molti dati e hanno
pertanto consentito di osservare quella che Tognini-Bonelli chiama la “pervasiva
natura della collocazione”, 36 natura che ha permesso di riconoscerne la fondamentale
importanza nella definizione del significato.
Secondo Firth, il linguaggio è caratterizzato da strutture osservabili 37 il cui
studio parte proprio dall‟analisi della collocazione. Tuttavia, la descrizione di queste
strutture a livello lessicale fornita dalla collocazione non basta. Infatti, Firth
sottolinea che:
34
Cfr. A. O‟Keeffe, M. McCarthy, R. Carter, op. cit., p. 59.
35
Cfr. J. R. Firth, Papers in Linguistics 1934–51, Oxford University Press, London (1957), p. 196,
cit. in A. Partington, Patterns and Meaning: using corpora for English language research and
teaching, Benjamins, Amsterdam (1998), p. 15, e in M. McCarthy, “Lexis and Lexicology” in K.
Malmkjær (ed.), op. cit., p. 342.
36
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 162.
37
Ivi, p. 163.
38
Cfr. F. R. Palmer, op. cit., p. 23, cit. in Tognini-Bonelli, op. cit., p. 162.
23
comportando la colligazione l‟utilizzo di categorie (es. pronomi, verbi etc.), essa
presuppone un‟astrazione a partire dal livello empirico della collocazione. 39
È evidente che la teoria firthiana ha rappresentato un approccio totalmente
nuovo al linguaggio, soprattutto alla luce delle teorie che hanno avuto un ruolo
centrale in linguistica, in particolare lo strutturalismo e la grammatica generativa.
Queste sono caratterizzate, infatti, dalla superiorità del sistema linguistico ideale
insisto in ogni parlante rispetto alla sua naturale realizzazione, preminenza che
sembra non accettare pertanto ogni descrizione del linguaggio a partire dal suo uso
effettivo. Si è visto come Firth privilegi, invece, proprio quest‟ultimo: il concetto di
contesto situazionale che sta alla base della sua teoria ne è una conferma; non si può
prescindere da esso per ogni eventuale asserzione sul significato e, perciò, non si può
prescindere dall‟analisi del linguaggio così come viene effettivamente realizzato dal
parlante.
Ecco dove la teoria firthiana e l‟approccio corpus-driven s‟incontrano: come
sosteneva Firth, il linguista che fa uso di questo approccio utilizza, per descrivere il
linguaggio, le evidenze fornite dal corpus, che come si è già ampiamente detto,
contiene esclusivamente realizzazioni del linguaggio così come esso occorre
naturalmente, tralasciando le categorie linguistiche pre-esistenti (e appartenenti al
sistema ideale su cui la linguistica si è sempre basata). Pertanto, egli non può
prescindere dal contesto (in questo caso linguistico) in cui queste evidenze sono
inserite. Inoltre, il linguista, all‟interno di un approccio corpus-driven, analizza il
corpus alla luce della ripetitività degli eventi, ed evidenzia quelli che, seguendo il
pensiero firthiano, possono essere formalizzati, ovvero possono essere definiti tipici
all‟interno del corpus che si sta utilizzando.
Trattandosi di contesto linguistico (perciò co-testo), il linguista non può
prescindere da altri due concetti centrali nel pensiero di Firth: la collocazione e la
colligazione. Si è visto, infatti, che entrambi questi concetti concernono
intrinsecamente la ripetitività degli eventi in ambito testuale. All‟interno del corpus,
e grazie agli strumenti di analisi, la collocazione è uno fra i primi eventi visibili al
linguista: innanzitutto, attraverso le linee di concordanza che possono, ad esempio,
essere ordinate alfabeticamente secondo le parole che precedono (o seguono) la
parola da cui l‟analisi è partita, facilitando così il suo reperimento nell‟immediato co-
39
Ibid.
24
testo di quella parola; oppure, attraverso liste dei collocati più frequenti e/o rilevanti
della parola data.
40
Cfr. M. Hoey, Patterns of Lexis in Text, Oxford University Press, Oxford (1991a), pp. 6-7, cit. in M.
Hoey, Lexical Priming: a new theory of word and language. Routledge, London (2005), p. 2, e in A.
Partington, op. cit., p. 16.
41
Cfr. G. Leech, Semantics, Penguin, Harmondsworth (1974), p. 20, cit. in A. Partington, ibid.
42
Cfr. J. M. Sinclair, Corpus, Concordance, Collocation. Oxford University Press, Oxford (1991), p.
170, cit. in A. Partington, op. cit., p. 15.
43
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 89.
44
Op. cit., p. 90.
25
collocazione e colligazione, e quindi lessico e grammatica, tralascerebbe molte delle
informazioni contenute nel corpus.
La definizione del significato a partire dai profili lessico-grammaticali,
incontrati nella sezione 1.1.2, sembra essere la risposta più adatta a questa divisione
derivante dalla categorizzazione dei dati contenuti in un corpus sulla base di teorie
pre-esistenti. I profili lessico-grammaticali, infatti, prevedono una visione unitaria di
lessico e grammatica. Questa visione unitaria si riflette nell‟introduzione della
nozione di pattern, che:
45
Cfr. A. O‟Keeffe, M. McCarthy, R. Carter, op. cit., p. 61.
46
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., capp. 5-6; S. Hunston, op. cit., cap. 6.
47
Cfr. S. Hunston, op. cit., p. 137.
26
L‟idiom principle si oppone quindi all‟open-choice principle (terminological
tendency), che basandosi sulla sintassi, concepisce il linguaggio come una serie di
slot in cui il locutore inserisce di volta in volta gli elementi lessicali. Quest‟ultimo è
utilizzato, secondo Sinclair, solo quando non è disponibile nessuna fraseologia per il
parlante.48
Da questo principio emerge chiaramente la stretta connessione fra pattern e
significato. I diversi significati di una parola, per esempio, possono condividere
alcuni pattern, oppure essere distinti proprio dai diversi pattern ai quali si associano.
Inoltre, le ricerche nei corpora hanno dimostrato che parole che condividono lo
stesso pattern, tendono a condividere lo stesso significato. Ancora una volta, il
significato si sposta dalla singola parola alla sua fraseologia. Di conseguenza,
Sinclair afferma che pattern e significato non solo sono strettamente connessi, ma fra
loro non vi è nessuna distinzione.49
L‟identità tra pattern e significato porta a ridefinire anche l‟unità da
considerare nella creazione del significato, che non può più essere la singola parola.
Infatti, se pattern e significato devono, secondo la visione di Sinclair, procedere
insieme, allora lessico, sintassi, semantica e pragmatica si trovano a essere in
interrelazione creando così nuove e complesse unità di significato,50 in cui il
significato è determinato da tutti gli elementi presenti all‟interno di questa unità
estesa.
Vi sono due concetti (oltre a quello di collocazione e colligazione), presentati
in precedenza nel definire i profili lessico-grammaticali, cioè la preferenza semantica
e la prosodia semantica, che spiegano in maniera chiara il perché dell‟individuazione
di nuove unità di significato.
Per quanto concerne la preferenza semantica, essa può essere definita:
The relation of co-occurrence between the phrasal unit and words from
characteristic lexical fields. Recurrent collocates provide observable
evidence of the characteristic topic of the surrounding text.51
48
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., pp. 104-105; S. Hunston, op. cit., p. 143; A. O‟Keeffe, M.
McCarthy, R. Carter, op. cit., p. 60; M. Stubbs, “The search for units of meaning: Sinclair on
Empirical Semantics”, Journal of Applied Linguistics, Vol. 30 (1): 115-137 (2009), p. 126.
49
Cfr. J. M. Sinclair, op. cit., p. 7, cit. in E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 99; S. Hunston, op. cit., p.
138.
50
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., cap. 6; M. Stubbs, op. cit., p. 116.
51
Cfr. M. Stubbs, op. cit., p. 125.
27
Questo concetto si riferisce a quelle associazioni semantiche esistenti fra un
elemento lessicale e i suoi collocati, che appartengono a uno stesso campo semantico
e pertanto condividono parte del significato. Un‟accurata analisi della preferenza
semantica delle parole è molto utile, per esempio, nello studio della sinonimia.
Infatti, esistono molti termini che in apparenza possono sembrare sinonimi, e che
spesso il dizionario ci presenta come tali. Tuttavia, uno studio sulle loro preferenze
semantiche può dimostrare come le loro diverse associazioni semantiche non
permettano la loro intercambiabilità. Un esempio può essere rappresentato dagli
aggettivi sheer, complete, absolute e utter che spesso sono presentati come sinonimi
alternativi gli uni agli altri. Uno studio fatto da Partington52 ha mostrato, infatti, che
ognuno di questi aggettivi si associa con un diverso set di collocati, appartenenti a
diversi campi semantici. Nel caso di complete, per esempio, questo si colloca con
espressioni di assenza, cambiamento, distruzione. Si differenzia perciò
profondamente da sheer, il quale si colloca fra le altre con espressioni di forza,
persistenza, forti emozioni. Pertanto, questi due aggettivi non possono essere
considerati sinonimi.
La preferenza semantica è strettamente connessa a un altro concetto, quello di
prosodia semantica. Quest‟ultima viene descritta come “the function of the whole
extended unit. It is a generalization about the communicative purpose of the unit”. 53
Essa rappresenta il significato pragmatico dell‟unità di significato, la sua funzione
all‟interno del discorso. Le scelte semantiche che un parlante fa possono, infatti,
implicare una connotazione positiva o negativa nei confronti dell‟evento, o cosa,
descritti. Utilizzando l‟esempio precedente dei sinonimi, si è detto che sheer tende a
collocarsi tra le altre con espressioni relative a forti emozioni. Potrebbe quindi essere
considerato in questo caso un sinonimo di utter, anch‟esso associato a tali
espressioni. Tuttavia, mentre le forti emozioni con le quali si associa sheer sono sia
positive che negative (es: anger, joy etc.), utter sembra associarsi esclusivamente con
emozioni negative (es: disbelief, despair, etc.). Perciò, la loro intercambiabilità non è
automatica. Il parlante, infatti, nello scegliere l‟uno o l‟altro, attuerà una scelta che
andrà a influenzare la connotazione dell‟intero discorso.
La prosodia semantica può anche suggerire un significato nascosto e mostrare
quindi la vera attitudine che invece il parlante ha cercato di nascondere.
52
Cfr. Partington, op. cit., cap. 2.
53
Cfr. M. Stubbs, op. cit.: p. 125
28
Quest‟attitudine, quindi, può essere estratta dallo studio delle scelte semantiche
effettuate dal parlante. Un esempio può essere rappresentato dalla seguente frase:
Your English is downright perfect
Downright può essere tradotto in questo caso con l‟avverbio assolutamente. Il
dizionario, infatti, offre come sinonimi del termine gli avverbi corrispondenti agli
aggettivi citati in precedenza (absolutely, completely, utterly). Tornando all‟esempio,
se si analizzano alcune linee di concordanza relative a downright (tratte dal COCA –
Corpus of Contemporary American English) si nota subito dai suoi collocati che esso
si associa abitualmente con comportamenti o qualità negative:
54
Cfr. E. Tognini-Bonelli, op. cit., p. 105.
29
1.2 Analisi del discorso1
One can approach discourse analysis from two types of problem, which turn out
to be related. The first is the problem of continuing descriptive linguistics beyond
the limits of a single sentence at a time. The other is the question of correlating
'culture' and language.2
1
Esistono diverse teorie e approcci all‟Analisi del discorso. In questa sezione si fa principalmente
riferimento al pensiero di James Paul Gee e all‟approccio critico di Norman Fairclough (Critical
Discourse Analysis). Per una panoramica generale sui diversi approcci allo studio del discorso si
rimanda principalmente all‟esaustivo testo di Jan Renkema (v. bibliografia), e agli autori al suo
interno citati.
2
Cfr. Z. Harris, “Discourse Analysis”, Language, Vol. 28 (1):1-30 (1952), p. 1.
3
Cfr. J. P. Gee, An introduction to Discourse Analysis: Theory and Method, Routledge, London
(1999), cap.2.
4
Cfr. J. Renkema, An Introduction to Discourse Studies, John Benjamins, Amsterdam & Philadelphia
(2004), p.1.
30
Con il termine discorso si definisce genericamente il linguaggio in uso in una
determinata situazione. Tuttavia, la varietà delle situazioni e del linguaggio comporta
altrettanta varietà anche nel discorso, che può manifestarsi in diverse forme proprio
in relazione alle diverse situazioni. Non è semplice, quindi, capire esattamente cosa
s‟intenda per discorso e saperlo riconoscere, al di là della definizione data pocanzi.
Come già detto, lo studio del linguaggio in uso, consente di andare oltre il livello del
singolo enunciato, che da sempre aveva caratterizzato la linguistica, e di considerare,
invece, una serie di enunciati, connessi fra loro non solo per le informazioni che
contengono ma anche e soprattutto per la funzione che svolgono. Si parla, perciò,
non più di frase ma di testo.
Per poter individuare la presenza di un testo, e conseguentemente di un
discorso, è necessario rilevare alcune sue caratteristiche fondamentali: le principali
sono sicuramente la coesione e la coerenza, che individuano, rispettivamente, le
connessioni esistenti all‟interno del testo (e quindi a livello grammaticale e
sintattico), e le connessioni esistenti tra il testo e il contesto extra-linguistico.5 Queste
ultime possono essere espresse nel testo, per esempio, attraverso la deissi (elementi
linguistici che permettono il riferimento alla situazione spazio-temporale), o
attraverso l’organizzazione e la prospettiva (con riferimento, rispettivamente,
all‟ordine – d‟importanza – secondo il quale sono presentate le diverse informazioni,
e ai diversi punti di vista – diversi gradi di focalizzazione, di empatia, di ideologia –
dei parlanti che vanno ad influenzare la presentazione delle informazioni). 6
Lo studio delle relazioni tra forme e funzioni del linguaggio mira, perciò, a
comprendere il nesso esistente tra la scelta da parte del parlante di usare una
determinata forma di linguaggio (la scelta, per esempio, di utilizzare un minor grado
di focalizzazione o di empatia, piuttosto che uno maggiore) in un dato contesto e la
funzione che il linguaggio va a svolgere nella situazione data, in associazione,
appunto, alla forma usata.
Quando si parla di funzione del linguaggio, si pensa, solitamente, alla mera
comunicazione d‟informazioni. Tale concezione sta alla base del noto modello
comunicativo di Shannon e Weaver: in questo modello il linguaggio è visto come un
mezzo per la trasmissione di un messaggio da un mittente (che codifica il messaggio)
5
Cfr. J. Renkema, op. cit., pp. 48-51.
6
Ivi, pp. 121-129.
31
a un ricevente (che lo decodifica).7 È evidente che questo modello semplifica fin
troppo un processo molto complesso, quello della comunicazione appunto.
Innanzitutto, l‟uso dei termini mittente e ricevente esclude un coinvolgimento diretto
e reciproco dei partecipanti, riducendo la loro comunicazione a “trasmissione
(codifica) – ricezione (decodifica)” di un messaggio ed escludendo, di conseguenza,
le possibili influenze che i partecipanti possono avere gli uni sugli altri e, quindi,
sullo stesso messaggio. Inoltre, tale modello non prende in considerazione un aspetto
fondamentale del linguaggio (e conseguentemente anche della comunicazione), ossia
l‟influenza fondamentale, citata a inizio sezione, che esso ha sulla situazione (il
contesto nel quale avviene la comunicazione e nel quale si instaura il rapporto fra i
partecipanti) e su quella che quest‟ultima può avere sul linguaggio stesso. 8 Infatti,
questo duplice livello sul quale opera il linguaggio mostra chiaramente che
comunicare informazioni è solo una delle tante funzioni che il linguaggio può
svolgere e non è certamente quella principale.9
Il noto linguista Roman Jakobson supera, in parte, il modello comunicativo
sopra presentato, ampliandolo fino a comprendere il contesto, al quale affida un
ruolo fondamentale, e assegnando ad ogni elemento presente nel modello una
determinata funzione. Il contesto (primo elemento) possiede, secondo Jakobson, la
funzione più importante, cioè quella referenziale, poiché nel comunicare l‟uomo fa, e
deve sempre fare, riferimento a qualcosa che sta al di fuori, nel mondo che lo
circonda. Le altre cinque funzioni sono inerenti a ciascuno degli altrettanti elementi
del modello jakobsoniano. Al mittente appartiene la funzione emotiva, mentre quella
conativa si riferisce all‟attitudine del mittente nei confronti del ricevente (ad esempio
nel caso in cui a quest‟ultimo sia impartito un ordine, o gli vengano date delle
istruzioni). Se, invece, ci si concentra esclusivamente sul messaggio, si può
individuare la cosiddetta funzione poetica del linguaggio (con la presenza, per
esempio, di metafore e/o altre figure retoriche). Infine, il linguaggio può orientarsi
sul canale di comunicazione, o sullo stesso codice, usati per comunicare: si parlerà in
questo caso, rispettivamente, di funzione fàtica e di funzione metalinguistica. Queste
funzioni possono, naturalmente, attuarsi in combinazione. Ovviamente, le funzioni
7
Cfr. C. E. Shannon & W. Weaver, The mathematical theory of communication. University of Illinois
Press, Urbana (1949), cit. in J. Renkema, op. cit., pp. 40-41.
8
Cfr. J. Renkema, op. cit., pp. 41-43.
9
Cfr. J. P. Gee, op. cit., p. 1.
32
del linguaggio possono essere molteplici, ma le sei descritte da Jakobson
rappresentano per i linguisti e gli analisti del discorso, un importante punto di
partenza, poiché consentono, appunto, l‟individuazione delle innumerevoli funzioni
del discorso e dei tipi di discorso che ad esse si ricollegano. 10
È evidente che descrivere in maniera esaustiva e definitiva le funzioni del
linguaggio è impossibile, proprio per il ruolo fondamentale che la situazione gioca
nell‟uso del linguaggio. Essendo svariate le situazioni, numerose saranno anche le
forme e le funzioni del linguaggio attivate per adeguarsi a tale contesto.
Tale varietà comporta anche relazioni complesse tra forme e funzioni. Perciò,
perché il loro studio sia esaustivo, esso deve comprendere diverse prospettive di
analisi, tra di loro ovviamente correlate. Ciò spiega la necessità di una base comune
per lo studio del discorso. Tale base è appunto tradizionalmente detta Analisi del
discorso, che può, però, essere più propriamente definita Discourse Studies,11 poiché
quest‟ultimo termine permette di far capire che tale campo di studi non comprende
solo un metodo di analisi, ma anche specifici obiettivi teoretici. Quest‟ambito
comune è fondamentale, poiché consente di mettere in relazione e, in alcuni casi, di
fondere le diverse prospettive, offrendo sempre nuovi contributi alla ricerca sul
linguaggio e sul discorso.
10
Cfr. J. Renkema, op. cit., pp. 59-61.
11
Ivi, p. 2.
12
Cfr. D. Schiffrin, Approaches to Discourse. Blackwell, Oxford (1993), passim.
13
Cfr. J. L. Austin, J. O. Urmson, M. Sbisà, How to do things with words. Oxford University Press,
Oxford (1976), cit. in J. Renkema, op. cit., p. 13.
33
Questa teoria afferma che tutti gli enunciati che un individuo realizza sono
vere e proprie azioni, che hanno delle determinate ripercussioni sulla realtà. In
particolare, John Austin14 individua tre tipi di azione che un individuo può compiere
attraverso i suoi enunciati: la locuzione, l‟illocuzione e la perlocuzione.
La prima individua l‟esecuzione concreta dell‟enunciato da parte
dell‟individuo; la seconda invece determina la realizzazione immediata di un‟azione
col solo fatto di aver prodotto un enunciato. È questo il caso per esempio di una
promessa, un ordine o una minaccia, che si realizzano (e dunque sono azioni) nel
momento stesso in cui il locutore formula l‟enunciato. Quando, invece, l‟enunciato
formulato produce un effetto sull‟interlocutore si è in presenza della terza azione: la
perlocuzione. Per esempio, l‟ordine espresso tramite la locuzione e l‟illocuzione, può
produrre l‟esecuzione di quest‟ordine da parte dell‟interlocutore. Pertanto, tali
enunciati devono essere considerati veri e proprio atti comunicativi.
Tuttavia, secondo Grice,15 perché l‟intento che il locutore vuole esprimere
attraverso la locuzione e l‟illocuzione sia chiaro all‟interlocutore, gli enunciati
devono essere governati dal cosiddetto principio di cooperazione che afferma:
14
Cfr. J. Renkema, op. cit., p. 13.
15
H. Grice, “Logic and Conversation”, in P. Cole & J. L. Morgan (ed.), Syntax and Semantics: Vol. 3.
Speech Acts (pp. 41-58). Academic Press, New York (1975), cit. in J. Renkema, op. cit., pp. 18-19.
16
Cfr. J. Renkema, op. cit., pp. 18-19.
17
Cfr. E. Goffman, The Presentation of Self in Every Day Life, University of Edinburgh Press,
Edinburgh (1956), cit. in J. Renkema, op. cit., pp. 24-28.
34
Un altro approccio, correlato alla teoria degli speech acts, è quello
pragmatico18 che integra questa teoria studiando gli atti comunicativi e le loro
funzioni in relazione, non solo al rapporto tra i partecipanti, ma, soprattutto, alla
situazione in cui questi atti vengono realizzati. Perciò, l‟approccio pragmatico si
concentra sull‟analisi delle regole sociali usate dai partecipanti nell‟interazione. Tali
regole sono formulate principalmente a partire dalle continuità di determinati
atteggiamenti che i partecipanti mostrano nell‟interagire, che quindi le applicano in
maniera inconscia. Per questo motivo tali regole non sono fisse, ma possono essere
violate o subire modifiche.
Un altro approccio molto utile per lo studio del linguaggio e del contesto
sociale all‟interno del quale il linguaggio viene usato, è sicuramente quello socio –
semiotico,19 sviluppato dai linguisti Halliday e Hasan a partire dal pensiero firthiano
presentato nel paragrafo precedente (v. sezione 1.1.4), che si concentra, quindi, sul
ruolo (attivo) dei partecipanti alla comunicazione e sul contesto sociale di
riferimento. Halliday e Hasan individuano tre aspetti di tale contesto, fondamentali
per la sua interpretazione: field, tenor e mode. Il primo concerne l‟ambito del
discorso, in altre parole l‟azione sociale che si realizza all‟interno di quel contesto
sociale; il secondo, invece, si riferisce ai partecipanti all‟azione sociale,
individuando il loro ruolo in tale azione e le relazioni instaurate in conseguenza del
ruolo assunto. Infine, il terzo aspetto concerne il ruolo del linguaggio all‟interno
della situazione che si sta studiando, individuato principalmente attraverso le forme e
le funzioni che il linguaggio assume in quel determinato contesto.20
Alla linguistica sistemico - funzionale (l‟approccio socio-semiotico sopra
descritto) di Halliday, si rifà in parte anche l’Analisi Critica del Discorso, 21 che mira
a studiare il ruolo del discorso nella riproduzione, trasformazione e lotta delle
relazioni di potere (v. sezioni 1.2.4, 1.2.5 e 1.2.6).
Queste diversi approcci non vanno, ovviamente, visti in modo separato l‟uno
dall‟altro, poiché ognuno di essi influenza o è influenzato dagli altri e ognuno di essi
contribuisce a spiegare e descrivere diversi aspetti del discorso. Ciò spiega la
18
Cfr. J. Renkema, op. cit., pp. 35-38.
19
Cfr. M. A. K. Halliday, Language as Social Semiotic: The Social Interpretation of language and
meaning. Arnold, London (1978), cit. in J. Renkema, op. cit., p. 46.
20
A questi tre aspetti corrispondono altrettanti aspetti del discorso: quello ideazionale, interpersonale
e testuale che verranno descritti più nello specifico nella sezione 1.2.4 e 1.2.5.
21
Cfr. N. Fairclough, Analyzing Discourse. Textual Analysis for Social Research. Routledge, London
& New York (2003), p. 5.
35
necessità di quella base comune, i Discourse Studies, di cui si è parlato nella sezione
precedente.
Il linguaggio, inseparabile dal contesto nel quale è prodotto, può essere quindi
considerato azione e interazione sociale. Su questo punto insiste, in particolar
modo, Gee.
Superata la visione del linguaggio come mero mezzo di trasmissione
d‟informazioni, l‟interrelazione tra linguaggio e contesto e il conseguente carattere
sociale del linguaggio (sopraccitati), dimostrano che il linguaggio possiede ben due
funzioni primarie che vedono, da un lato, il linguaggio come azione e, dall‟altro,
come affiliazione. Il linguaggio come azione consente all‟uomo di realizzare ed
eseguire le attività sociali; in quanto affiliazione, invece, consente all‟individuo di
relazionarsi all‟interno delle culture, dei gruppi sociali, delle istituzioni. È evidente
che queste due funzioni non sono attivate separatamente l‟una dall‟altra ma, al
contrario, agiscono in connessione fra loro. Difatti, le attività sociali (realizzate
dall‟uomo) e le istituzioni, le culture e i gruppi sociali (nei quali l‟uomo è inserito) si
creano e si trasformano reciprocamente: da un lato, infatti, le culture, i gruppi sociali
e le istituzioni danno forma alle attività sociali ma, dall‟altro, è attraverso
quest‟ultime che si producono, riproducono e trasformano culture, gruppi sociali e
istituzioni. 22 Perciò, tramite l‟uso del linguaggio e la conseguente attuazione di
determinate funzioni, l‟uomo crea il mondo (la situazione) all‟interno del quale egli
comunica. Allo stesso tempo, però, come ampiamente detto nella sezione 1.2.1, tale
contesto influisce sul linguaggio che l‟individuo decide di utilizzare, in quanto egli lo
sceglie proprio per adeguarsi a quella determinata situazione. Chi ha e svolge,
pertanto, l‟influenza maggiore sull‟altro?
This is rather like the “chicken and egg” question: Which comes first?
The situation we‟re in (e.g. a committee meeting)? Or the language we
use (our committee ways of talking and interacting)? Is this a “committee
meeting” because we are speaking and acting this way, or are we
speaking and acting this way because this is a committee meeting? After
all, if we did not speak and act in certain ways, committees could not
22
Cfr. J. P. Gee, op. cit., pp. 1-segg.
36
exist; but then, if institutions, committees, and committee meetings didn‟t
already exist, speaking and acting this way would be nonsense. 23
23
Cfr. J. P. Gee, op. cit. p. 11.
24
Cfr. J. P. Gee & J. L. Green, “Discourse Analysis, Learning, and Social Practice: A Methodological
Study”, Review of Research in Education, Vol. 23: 119-169 (1998), pp. 127-128; J. P. Gee, op. cit.,
pp. 80-82.
25
Cfr. J. P. Gee, op. cit., p. 17.
26
Sul concetto di contesto come creazione dei partecipanti, cfr. T. A. van Dijk, “Discourse, context
and cognition”, Discourse Studies, Vol. 8 (1): 159-177 (2006).
37
che i partecipanti possiedono, entrambe fondamentali per
l‟interazione.27
Questi aspetti rappresentano un‟ulteriore dimostrazione della riflessività del
linguaggio poiché, pur essendo inerenti alla situazione, sono contemporaneamente
costituiti e attivati dall‟individuo tramite il linguaggio. Perciò, attraverso il Discorso,
l‟individuo riconosce se stesso e gli altri attivando diverse identità (i.e. posizioni,
ruoli sociali) e attività sociali in diverse situazioni; allo stesso tempo, mediante
questo processo di riconoscimento di sé stesso e degli altri (identità), e del contesto
(attività), egli realizza un Discorso.
Identità e attività vengono attivate dai partecipanti in relazione alla situazione
d‟interazione. Ciò significa che ogni identità e ogni attività è situata (socialmente)
all‟interno di una data situazione: situata in quanto, per ogni situazione, l‟individuo
si presenta come una, e una sola, identità attivando una, e una sola, attività in modo
da poter essere riconosciuto dagli altri partecipanti, radicandole profondamente,
quindi, in quel contesto. Inoltre, egli associa a ogni situazione, e quindi a ogni
identità e attività situata, un determinato linguaggio sociale,28 che contribuisce al
processo di riconoscimento. Ciò significa che inserito in una specifica situazione (ad
esempio una riunione di lavoro), l‟individuo sceglierà di usare una determinata forma
di linguaggio, diversa rispetto a quella che utilizzerebbe in un‟altra (ad esempio una
cena fra amici). L‟utilizzo di un linguaggio sociale piuttosto che di un altro, è
fondamentale nell‟attivazione delle identità e delle attività situate. Difatti, scegliendo
un linguaggio sociale (caratterizzato da un suo vocabolario e una sua sintassi) un
individuo rivela chi è in quel contesto e, contemporaneamente, identifica e riconosce
chi sono i suoi interlocutori e in quale attività sono unitamente impegnati. 29
Strettamente connessa al processo di riconoscimento sopra descritto –
caratterizzato dall‟identificazione della situazione, e quindi delle identità e delle
attività che la caratterizzano – è l‟individuazione, da parte dei partecipanti
all‟interazione, dei significati specifici che gli enunciati assumono in quanto prodotti
all‟interno di tale situazione con l‟uso di un determinato linguaggio sociale. Una
stessa parola, perciò, potrà assumere diversi significati in relazione al contesto, al
27
Cfr. J. P. Gee & J. L. Green, op. cit., pp. 134-135; J. P. Gee, op. cit., pp. 82-83.
28
Cfr. M. Bakhtin, The dialogic imagination, University of Texas Press, Austin, 1981 e M. Bakhtin,
Speech genres and other late essays, University of Texas Press, Austin (1986), cit. in J. P. Gee & J. L.
Green, op. cit., p. 140; J. P. Gee, op. cit., pp. 25-segg.
29
Cfr. J. P. Gee & J. L. Green, op. cit., p. 143.
38
linguaggio sociale usato e alle identità e attività interessate dall‟interazione. Ciò è
dovuto principalmente al fatto che i partecipanti all‟interazione, inseriti in una data
situazione, riconoscono e assegnano alle parole “on the spot”30 determinati
significati, sia grazie alla percezione che essi hanno del contesto nel quale
interagiscono, sia in base alla conoscenza pregressa di tale situazione ( e di simili
interazioni). Si parla, in questo caso, di significati situati,31 significati, cioè,
profondamente radicati nella situazione, e intrinsecamente vincolati alle identità e
alle attività (sociali) adottate e attivate dai partecipanti all‟interazione. Il
riconoscimento di questi significati, ovviamente, non è frutto del “lavoro”
individuale ma è necessariamente il risultato della negoziazione che i partecipanti
attuano durante l‟interazione. Infatti, ogni individuo porta con sé un bagaglio di
conoscenze e di esperienze concernenti il mondo (sia fisico sia sociale) di cui egli si
avvale per individuare, nel mondo appunto, degli schemi, dei modelli, ricorrenti che
gli permettono, così, di dargli significato. Ciò significa che la mente umana non
procede attraverso regole generali e decontestualizzate,32 ma estrae sempre dal
contesto, dall‟esperienza, quei modelli ricorrenti che solo successivamente egli
generalizza per poter comprendere e spiegare le future esperienze, attraverso
l‟identificazione dei succitati significati situati. Perché questi vengano individuati, è
necessario che la generalizzazione dei modelli si collochi ad un livello intermedio,
permettendo, così, di percepire sempre i diversi aspetti di uno stesso pattern, in modo
tale che dai diversi aspetti possano essere poi estratti i vari significati, attribuibili di
volta in volta ad ogni situazione ed esperienza. Pertanto, conoscere un significato
situato non significa “saper dire” qualcosa, ma saperlo riconoscere in diversi ambiti e
situazioni.
Tali significati non devono essere concepiti come qualcosa di statico e
inamovibile, ma come immagini dinamiche che la mente umana crea, modifica e
adatta in relazione alla propria esperienza socioculturale. 33 Tuttavia, le conoscenze
30
Cfr. J. P. Gee & J. L. Green, op. cit., p. 122.
31
Cfr. Ibid.; J. P. Gee, op. cit., pp. 46-47.
32
Cfr. J. P. Gee, “Discourse and socio-cultural studies in reading”, Reading Online, 4(3), (2000), p. 2.
http://www.readingonline.org/articles/art_index.asp?HREF=/articles/handbook/gee/index.html, [09-
02-2010]; J. P. Gee, op. cit., 1999, p. 48.
33
Cfr. J. P. Gee, op. cit., 1999, p. 49.
39
del singolo individuo non sono sufficienti per questo processo. Il contributo degli
altri individui, con le loro rispettive esperienze e conoscenze, è fondamentale. 34
Il riconoscimento di un pattern e del correlato significato situato è possibile,
quindi, principalmente grazie alla presenza di quelli che Gee definisce modelli
culturali. Per modello culturale s‟intende:
34
Cfr. J. P. Gee, op. cit., 2000, p. 2.
35
Cfr. J. P. Gee, op. cit., 1999, p. 44.
36
Ivi, pp. 49-50.
40
Come già si è detto nella prima sezione, esiste un numero illimitato di
possibili situazioni d‟interazione. Ogni situazione, infatti, è definita dal contesto
materiale, personale, sociale, istituzionale, culturale e storico all‟interno del quale i
partecipanti interagiscono. Tuttavia, sono proprio i partecipanti all‟interazione che
permettono di meglio definire tale situazione. Ogni individuo reca sempre con sé,
infatti, i propri valori, le proprie attitudini e consuetudini (a loro volta situate in un
determinato contesto materiale, personale, sociale, istituzionale e storico) che si
riflettono, inevitabilmente, sull‟interazione (attivando quelle identità e attività che si
sono definite all‟inizio di questa sezione) e che permettono, quindi, di caratterizzare
in modo più specifico sia i partecipanti sia la situazione nella quale agiscono.
A questo proposito, i concetti di modello culturale e di significato situato
sono fondamentali nello studio del linguaggio e del discorso: infatti, studiando quali
significati situati sono stati attivati dai partecipanti è possibile definire il modello
culturale al quale essi fanno riferimento e, di conseguenza, identificare le diverse
identità e attività che i partecipanti attivano in quella determinata circostanza e
definire anche i diversi aspetti del contesto descritti in precedenza (semiotico,
materiale, politico, socioculturale). La scelta di determinati modelli culturali, con i
correlati significati situati è chiaramente vincolata dalle istituzioni, che rappresentano
“the values and interests of distinctive groups of people”,37 e che gestiscono la
distribuzione dei cosiddetti beni sociali, cioè tutto ciò che è percepito da un gruppo
come fonte di potere, di status sociale e, più in generale tutto ciò che è considerato di
valore, come la conoscenza, le tecnologie, etc.38 Attraverso l‟uso del linguaggio, e
quindi tramite la scelta di specifici modelli culturali e dei correlati significati situati,
l‟individuo manifesta la sua percezione dell‟istituzione e, di conseguenza, la sua
percezione sulla distribuzione di tali beni. Ciò implica la possibilità da parte
dell‟uomo di usare il linguaggio per imprimere sulla realtà la propria prospettiva, la
propria percezione del giusto o sbagliato, di ciò che considera all‟interno o al di fuori
della norma, in breve per esprimere il proprio giudizio sulla distribuzione dei beni
sociali sopraccitati. Pertanto, il linguaggio, i modelli culturali, i significati situati e i
discorsi sono sempre politici, intendendo per politica “anything and anyplace (talk,
texts, media, action, interaction, institutions) where social goods are at stake”.39 È
37
Cfr. J. P. Gee & J. L. Green, op. cit., p. 145.
38
Cfr. J. P. Gee, op. cit., 1999, p. 70.
39
Ibid.
41
questo l‟aspetto politico che caratterizza (insieme con quello semiotico,
socioculturale e materiale) la situazione d‟interazione (v. p. 32).
In questa prospettiva sociale, l‟Analisi del Discorso si occupa di spiegare
come l‟individuo usa il linguaggio per creare la situazione, studiando i diversi aspetti
che caratterizzano quest‟ultima.40 Più precisamente, essa mira a studiare il processo
di produzione di questi aspetti, analizzando tutte quelle scelte linguistiche ( e socio-
linguistiche) che l‟individuo compie per costruire e attivare i differenti aspetti che
compongono la situazione d‟interazione: i linguaggi sociali, i significati situati, i
modelli culturali, insieme alle identità e attività che contraddistinguono l‟individuo,
sono tutti strumenti d’analisi41 fondamentali per la comprensione del ruolo che il
linguaggio ha nella costruzione della realtà.
Alla fine degli anni ‟70 si sviluppa, principalmente in Australia e nel Regno
Unito, una corrente linguistica definita “critica”. Essa si basa essenzialmente sulla
linguistica sistemico - funzionale di Halliday: 42 questa vede il linguaggio, e
conseguentemente il suo studio, profondamente radicato nel contesto, idea che deriva
a sua volta dal pensiero firthiano presentato nella prima sezione (v. 1.1.4) che, come
si è visto, assegna un ruolo fondamentale al cosiddetto contesto situazionale, senza la
cui conoscenza non è possibile assegnare coerente significato agli enunciati e ai testi
prodotti al suo interno.
L‟Analisi Critica del Discorso (termine che tra la fine degli anni ‟80 e l‟inizio
degli anni „90 s‟impone su quello di Linguistica Critica) riprende da Halliday i
concetti e i metodi chiave. Infatti, seguendo il pensiero di Halliday, il quale ritiene
che il linguaggio debba essere studiato in quanto “semiotica sociale”, 43 i linguisti
critici considerano il linguaggio come “atto sociale”; esso è parte integrante della vita
40
Cfr. J. P. Gee, op. cit., 1999, p. 92.
41
Ivi, capp. 2-3.
42
Cfr. M. A. K. Halliday, Introduction to Functional Grammar. Arnold, London (1994), cit. in
Wodak, R. & Meyer, M. (ed.) Methods of Critical Discourse Analysis, Sage, London (2001), p. 6.
43
Cfr. M. A. K. Halliday, op. cit., 1978, cit. in N. Fairclough, “Critical linguistics/critical discourse
analysis” (2000), in K. Malmkjær (ed.) op. cit., p. 104.
42
sociale dell‟individuo 44 dalla quale, pertanto, non si può prescindere nello studio dei
rapporti sociali, delle istituzioni, e più in generale della realtà sociale.
In quanto atto sociale il linguaggio svolge all‟interno dei testi tre principali
funzioni, che agiscono simultaneamente: una funzione ideazionale, una
interpersonale e una testuale. 45 Nella sua prima funzione, è inteso come strumento
di rappresentazione della realtà, poiché riferito all‟esperienza che l‟individuo ha del
mondo e dei suoi fenomeni. Agisce, invece, interpersonalmente quando l‟individuo,
con i suoi valori e attitudini, s‟inserisce all‟interno dell‟interazione sociale stabilendo
delle relazioni con gli altri partecipanti. La terza funzione è quella che permette alle
due funzioni sopraccitate di operare: infatti, è tramite la funzione testuale che viene
resa possibile la produzione di testi, la cui comprensione è condivisa da tutti i
partecipanti. Questo è possibile poiché essa rende “operativi” 46 i testi nel contesto
all‟interno del quale essi occorrono.
Partendo dalla concezione (esposta pocanzi) del linguaggio inteso come
pratica sociale,47 si può facilmente affermare che la Critical Discourse Analysis
(CDA) mira a studiare e analizzare testi scritti e parlati con l‟obiettivo di mostrare
come le relazioni sociali, le identità, la conoscenza e il potere sono costruiti tramite i
testi, ossia di svelare le fonti (discorsive) di potere, dominio, diseguaglianza e
pregiudizi. Contemporaneamente, essa studia come queste fonti discorsive sono
mantenute e riprodotte all‟interno di specifici contesti sociali. politici e storici. 48
In questa prospettiva l‟approccio all‟analisi del discorso è, quindi,
necessariamente critico, poiché essa mira sempre a svelare quelle relazioni di
causalità (spesso opache):
between (a) discursive practices, events and texts, and (b) wider social
and cultural structures, relations and processes; […]and to explore how
44
Cfr. N. Fairclough, Analyzing Discourse. Textual Analysis for Social Research. Routledge, London
& New York (2003), p. 2.
45
Cfr. M. A. K Halliday, Language, Context, and Text. Aspects of Language in a Social-Semiotic
perspective, Deakin University, Victoria, 1985, cit. in J. Renkema, op. cit., pp. 46-47; N. Fairclough,
Critical Discourse Analysis. The critical study of language. Longman, London (1995), p. 6; N.
Fairclough, op. cit., 2000, pp. 103-104.
46
Cfr. M. A. K. Halliday, Learning How to Mean: Explorations in the Development of Language,
Arnold, London (1975), p. 17, cit. in K. Malmkjær, op. cit., p. 170.
47
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p.131-133; R. Wodak, & M. Meyer, op. cit., p. 1.
48
Cfr. T. A. van Dijk, “Principles of critical discourse analysis”. Discourse & Society, Vol. 4(2): 249-
283 (1993), p. 252.
43
the opacity of these relationships between discourse and society is itself a
factor securing power and hegemony. 49
49
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 132-133.
50
Cfr. T. A. Van Dijk, Racism in the Press, Arnold, London (1986), p. 4, cit. in R. Wodak, & M.
Meyer op. cit., p. 1.
51
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 28, 97.
52
Cfr. N. Fairclough, “Critical discourse analysis as a method in social scientific research”, pp. 121-
138 (2001), in R. Wodak, & M. Meyer op. cit., p. 122.
53
Cfr. N. Fairclough, Discourse and Social Change. Cambridge, Polity Press (1992); N. Fairclough,
op. cit., 1995; N. Fairclough, in R. Wodak, & M. Meyer op. cit.; N. Fairclough, “The Dialectics of
Discourse”, Textus XIV, Vol. 2: 231-42 (2001a); N. Fairclough, op. cit., 2002, in K. Malmkjær (ed.),
op. cit., pp. , pp. 84-93; N. Fairclough, op. cit., 2003; N. Fairclough, “Critical Discourse Analysis”,
Marges Linguistiques Vol. 9: 76-94 (2005).
54
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 2003, p. 23; N. Fairclough, op. cit., 2005, p.76.
44
verbale, immagini, etc. – presenti nella vita sociale) come condizione fondamentale
per tutti i processi e le pratiche sociali, poiché è al loro interno che la vita sociale è
prodotta.
Per pratica sociale, Fairclough intende una data forma di attività sociale
(un‟istituzione, un‟organizzazione, etc.) articolazione di diversi elementi sociali (e
quindi anche del discorso), più o meno stabilizzata.55
Partendo dalle pratiche sociali, la Critical Discourse Analysis (CDA)
analizza le relazioni dialettiche esistenti tra il discorso e gli altri elementi delle
pratiche sociali (tra i quali il mondo materiale, le attività – azioni e interazioni – i
soggetti con i loro valori, le loro relazioni sociali, la loro consapevolezza, etc.).
Relazioni dialettiche poiché ogni elemento non è mai completamente separato dagli
altri, ma ognuno di essi contiene, anche solo parzialmente, gli altri. Questo accade
perché il linguaggio, inteso come pratica sociale, è contemporaneamente costituito
da, e costitutivo della, realtà sociale.
In base a tale proprietà del linguaggio, 56 il discorso appare all‟interno delle
pratiche sociali e degli eventi sociali principalmente come azione, come
rappresentazione e come identificazione. Parallelamente a queste forme il discorso
attiva tre aspetti: rispettivamente i generi (azione), i discorsi (rappresentazione) e gli
stili (identificazione). Con generi Fairclough intende i diversi modi di azione e
produzione della vita sociale dal punto di vista semiotico, ossia l‟uso del linguaggio
in associazione a una particolare attività sociale (es: recensioni, diversi tipi di
intervista, articoli, etc.).57 Il discorso come rappresentazione costituisce i discorsi,
intesi come diverse rappresentazioni della realtà sociale: uno stesso aspetto può
quindi essere descritto in diversi modi, in relazione ai diversi punti di vista degli
attori sociali. 58 Il discorso come identificazione, invece, costituisce determinate
identità sociali, e gli stili costituiscono tali identità nel loro aspetto semiotico. 59
55
Cfr. N. Fairclough, in R. Wodak, & M. Meyer op. cit., p. 122; N. Fairclough, op. cit., 2001a, p. 231;
N. Fairclough, op. cit., 2003, p. 25; N. Fairclough, op. cit., 2005, p. 77.
56
Confronta il concetto di riflessività incontrato nella sezione precedente.
57
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, pp. 14, 135.
58
Fairclough distingue due tipi di discorso. In una prima accezione (astratta) è inteso come semiosi
(insieme del linguaggio verbale, non verbale, etc.), che comprende, quindi, tutti gli aspetti semiotici
della vita sociale. Nella sua seconda accezione, invece, il discorso è inteso come particolare
rappresentazione della realtà fornita dall‟attore sociale (si può parlare in questo caso, per esempio, di
diversi discorsi politici che rappresentano le diverse posizioni degli attori sociali su uno stesso
problema).
59
Cfr. N. Fairclough, in R. Wodak, & M. Meyer op. cit., pp. 123-124.
45
Generi, discorsi e stili costituiscono insieme i cosiddetti ordini del discorso,60
che rappresentato l‟aspetto semiotico degli ordini sociali costituiti dalle pratiche
sociali: una specifica articolazione di determinati generi, discorsi, e stili, costituirà
uno specifico ordine di discorso (es: una specifica organizzazione educativa di una
società).
A tale proposito Fairclough specifica che, se il discorso (inteso come semiosi)
è elemento fondamentale dell‟intera realtà sociale, ogni parte di quest‟ultima
possiede un aspetto semiotico. Così, alle strutture sociali (entità astratte, come detto
in precedenza) corrisponderà il linguaggio, inteso come sistema, che contiene in sé
le potenziali realizzazioni e combinazioni degli elementi linguistici. Come visto
pocanzi, alle pratiche sociali corrispondono gli ordini del discorso, i cui elementi
linguistici sono, come si è detto, i generi, i discorsi e gli stili (la cui articolazione in
parte stabilizzata crea quelle convenzioni linguistiche, quelle norme sull‟uso del
linguaggio cui attingere nelle realizzazioni concrete degli eventi discorsivi). Nelle
loro particolari articolazioni, gli ordini di discorso comportano determinate
realizzazioni fra quelle potenziali offerte dal linguaggio, permettendo così la
formazione dei testi, che rappresentano perciò l‟aspetto semiotico degli eventi
sociali, e che più genericamente vengono definiti come “frammenti” di linguaggio
(inteso qui come semiosi), sia esso scritto o orale.61
Come si può notare, sia l‟articolazione degli aspetti sociali sia di quelli
semiotici, sono caratterizzate, nell‟approccio di Fairclough, da una struttura
tridimensionale, struttura che caratterizza di conseguenza la stessa CDA. L‟Analisi
Critica del Discorso, infatti, a partire da questi tre aspetti, 62 attua tre diversi tipi di
analisi, tra loro ovviamente correlati: 63
Analisi testuale (con particolare riferimento alla struttura – texture –
del testo, senza la quale il contenuto non potrebbe essere a sua volta
analizzato);
Analisi delle pratiche discorsive (concernente la produzione,
distribuzione e interpretazione dei testi);
60
Cfr. M. Foucault, “The order of discourse”, 1984, in M. Shapiro (ed.) The Politics of Language.
Blackwell, Oxford, cit. in N. Fairclough, op. cit. (2005), p. 77.
61
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 4.
62
Cioè, strutture sociali, pratiche sociali e eventi sociali, ai quali corrispondono rispettivamente le
pratiche socioculturali, le pratiche discorsive e i testi.
63
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, pp. 133-135.
46
Analisi delle pratiche socioculturali.
Questi tre tipi di analisi sono essenziali nello studio degli eventi discorsivi
poiché Fairclough individua all‟interno di tali eventi tre livelli: 64 quello testuale (in
quanto ogni evento discorsivo è sempre un testo, scritto o orale), quello relativo alle
pratiche discorsive (in quanto ogni evento discorsivo è sempre una particolare
occorrenza di una pratica discorsiva) e, infine, quello della pratiche socioculturali
(poiché ogni evento discorsivo ne costituisce sempre una parte).
L‟analisi testuale sarà caratterizzata dallo studio del testo a partire dalle tre
funzioni del linguaggio (ideazionale, interpersonale e testuale) derivate, come si è
detto ad inizio sezione, dalla linguistica sistemico – funzionale di Halliday. Queste
funzioni sono strettamente connesse ai tre tipi di significato che Fairclough individua
all‟interno del testo: azione e identificazione (ai quali corrisponde la funzione
interpersonale) e rappresentazione (corrispondente alla funzione ideazionale). I
testi, infatti, sono considerati spazi sociali in cui, tramite questi significati e funzioni,
occorrono due processi sociali fondamentali: in quanto azione e identificazione,
costituiscono identità (soggetti) e relazioni sociali; in quanto rappresentazione,
costituiscono una rappresentazione dei diversi aspetti della realtà sociale. Si noti che
tali significati si ricollegano ai generi, ai discorsi e agli stili, che Fairclough considera
“respectively relatively stable and durable ways of acting, representing and
identifying”.65 Per questo motivo, l‟analisi del testo è, allo stesso tempo, analisi dei
significati e delle forme utilizzate per realizzarli nei testi, e analisi “interdiscorsiva”,
ossia analisi delle articolazioni di generi, discorsi e stili che si concretizzano
all‟interno di un testo. L‟analisi interdiscorsiva consente di mostrare la profonda
relazione esistente tra i particolari eventi discorsivi (realizzati dai testi) e le norme
sull‟uso del linguaggio (le convenzioni linguistiche) di una particolare sfera sociale.
Queste convenzioni sono definite, come detto in precedenza, ordini del discorso66
che, in quanto convenzioni, sottolineano la forte influenza sul discorso (e quindi sul
linguaggio) degli altri elementi sociali. Ciò implica la relativa influenza della società
e della storia sui testi, poiché sono queste a fornire le risorse, ossia i vari ordini del
discorso ai quali un testo può attingere.
64
Ibid.
65
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 2003, p. 27-28.
66
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 132.
47
Contemporaneamente, tuttavia, i testi possono modificare tali risorse,
combinando diversi generi, diversi discorsi al suo interno. Essi, quindi, possono
essere allo stesso tempo ripetizione (di un determinato ordine di discorso) e
creazione (di nuove risorse attraverso la combinazione di diversi generi e discorsi).
Questa tensione67 tra ripetizione e creazione si rivela principalmente nell‟omogeneità
o eterogeneità di un testo. Attraverso questa tensione, esplicata dalle funzioni e dai
significati reperibili all‟interno dei testi, questi ultimi diventano prova tangibile dei
conflitti, dei processi e dei cambiamenti socioculturali. 68 In particolare, l‟eterogeneità
è espressione, secondo Fairclough, 69 delle contraddizioni sociali, poiché un testo
eterogeneo comporta una relazione conflittuale e contraddittoria tra il produttore di
un testo e l‟audience che la interpreta.
Il rapporto tra testo (evento discorsivo) e pratiche socioculturali è mediato,
come detto in precedenza, dalle pratiche discorsive. L‟analisi di quest‟ultime, cioè
l‟analisi della produzione, distribuzione e utilizzo dei testi, è dunque fondamentale
poiché, attraverso l‟interpretazione di questi eventi discorsivi, consente di spiegare la
relazione esistente tra quest‟ultimi e i processi socioculturali, cioè il loro legame con
gli ordini del discorso. Infatti, studiare la produzione e interpretazione di un testo
significa capire quali pratiche discorsive vengono attivate a partire dagli ordini del
discorso, e come esse vengono articolate per dar vita, appunto, al testo. L‟ordine di
discorso di una determinata sfera sociale, infatti, individua l‟insieme delle pratiche
discorsive di tale sfera (“for instance in schools, the discursive practices of the
classroom, […] of the playground […]”).70
Come già accennato, all‟analisi del testo e a quella delle pratiche discorsive si
affianca, all‟interno di questo approccio tridimensionale proposto da Fairclough,
l‟analisi del discorso al livello delle pratiche socioculturali. Questa si divide, a sua
volta, in tre livelli di analisi: situazionale, istituzionale e sociale, poiché ogni evento
discorsivo è radicato in ognuno di questi livelli. Ogni testo, infatti, è radicato nella
situazione nella quale viene prodotto, situazione e condizione che lo rende (o può
renderlo) differente da altri testi; tale produzione è però influenzata dall‟istituzione
nella quale tale produzione si realizza; infine, ogni testo è necessariamente radicato
67
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, pp. 7-8, 88-89.
68
Ivi, p. 8, 98, 132.
69
Ivi, p. 8.
70
Ibid.
48
nella società della quale istituzioni e situazioni fanno parte. A ognuno di questi livelli
corrisponde, perciò, una specifica e determinata interpretazione dell‟evento
discorsivo.71
Perciò, perché il discorso possa essere analizzato e studiato al livello
socioculturale, la semplice analisi del discorso non è più sufficiente. Essa deve essere
affiancata da altre teorie e metodi, quali quelli della teoria sociale o culturale. Per
questo motivo è necessaria l‟Analisi Critica del Discorso: essa consente di integrare
diverse teorie e metodi per analizzare socialmente il discorso, e mostrare quelle
relazioni (opache) di causalità (v. sezione 1.2.4) esistenti tra il discorso e la società.
Come ampiamente detto nelle due sezioni precedenti, l‟obiettivo che si pone
l‟Analisi Critica del Discorso è di studiare le relazioni (spesso opache) tra discorso e
società, concentrandosi in particolar modo sulle relazioni di potere, controllo,
discriminazione che si manifestano (o sono comunque veicolate in modo più o meno
trasparente) nel discorso, considerato “an opaque power object in modern societies”
che la “CDA aims to make it more visible and transparent”. 72 Tali relazioni sono
considerate opache poiché gli effetti del discorso (e quindi i messaggi che esso
veicola, le relazioni – di potere, di controllo, etc. – che esso mira a sostenere o a
ostacolare) non sempre vengono percepite dai partecipanti.
Fondamentale nell‟analisi di queste relazioni è il concetto d‟ideologia. Van
Dijk la definisce come l‟insieme di “the fundamental beliefs that form the basis of
the social representations of a group”73 che stanno alla base delle pratiche sociali e,
di conseguenza, anche del discorso. Il discorso, tuttavia, com‟è stato ampiamente
spiegato nelle sezioni precedenti, si struttura in diversi livelli: di conseguenza,
l‟ideologia pervade il discorso in tutti i suoi livelli, da quello più astratto (che
individua il linguaggio come sistema) a quello più concreto degli specifici eventi
discorsivi. La presenza dell‟ideologia al livello più alto (della struttura) consente di
mostrare il condizionamento che norme sociali e convenzioni attuano sulle pratiche
discorsive; contemporaneamente, la collocazione dell‟ideologia all‟interno degli
71
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 97-98.
72
Cfr. J. Blommaert & C. Bulcaen, “Critical Discourse Analysis”, Annual Review of Anthropology,
Vol. 29: 447-466 (2000), p. 448.
73
Cfr. T. A. van Dijk, Ideology and Discourse. A Multidisciplinary Introduction (2000), p. 86,
http://www.discourses.org/unpublished/ [06-01-2010]
49
eventi discorsivi, permette di mostrare quest‟ultima come un processo che si realizza
in tali eventi.74
Questo spiega perché un solo tipo di analisi (ad esempio la sola analisi
testuale) non sia sufficiente per rilevare la presenza di elementi ideologici in un
discorso e nelle relazioni fra questo e la società, e come vi sia invece la necessità di
un approccio come quello offerto dall‟Analisi Critica del Discorso. Infatti, uno studio
realizzato su tre dimensioni, come quello proposto da Fairclough, consente di
integrare lo studio delle micro e macro-strutture sociali e discorsive e delle relazioni
tra loro esistenti, attraverso la mediazione delle pratiche sociali, delle istituzioni, che
forniscono le risorse (convenzioni, norme, etc.) necessarie per la realizzazione dei
particolari eventi sociali e discorsivi. Infatti, si tende sempre a identificare un evento
sociale (e quindi anche uno discorsivo) come pertinente a una determinata
istituzione, a un determinato ordine sociale e, pertanto, caratterizzato dalle
convezioni e norme che da questo ordine sono fornite (come nel caso della famiglia,
della scuola, intese appunto come istituzioni di una società). A ognuno di questi
ordini sociali corrisponde, come già detto, un ordine di discorso (vedi sezione 1.2.4),
che identifica l‟insieme delle pratiche discorsive presenti in un‟istituzione.
Quest‟ultima, perciò, in quanto “apparatus of verbal interaction” 75 può essere
considerata un ordine di discorso.
Fairclough fa notare che tale ordine, sociale e discorsivo, è spesso
caratterizzato dalla supremazia di determinati modi di vedere e parlare (“ways of
making meaning”),76 di determinate rappresentazioni ideologiche imposte dal gruppo
dominante principalmente attraverso l‟uso del linguaggio e del discorso, i quali
diventano, quindi, strumento del potere. Difatti, le relazioni di potere che
s‟instaurano all‟interno dell‟istituzione, “which are precipitated in discourse”, 77
consentono a determinate rappresentazioni ideologiche di divenire dominanti,
egemoniche e, di conseguenza, tendono a perdere agli occhi dei membri
dell‟istituzione il loro carattere ideologico.
Per spiegare il concetto di egemonia, Fairclough si rifà alla definizione data
da Gramsci: la intende, quindi, come il potere morale e intellettuale di un
74
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, p. 71.
75
Ivi, p. 38.
76
Cfr, N. Fairclough, in R. Wodak, & M. Meyer op. cit., p. 124.
77
Cfr. J. Renkema, op. cit., p. 283.
50
determinato gruppo sociale distinguendola dalla dominazione, che individua invece il
potere coercitivo, che ricorre alla forza per ottenere il controllo. Con l‟egemonia,
infatti, il controllo è stabilito tramite il consenso che viene creato principalmente
tramite il discorso.78 Difatti, l‟egemonia, agendo attraverso il discorso, consente di
naturalizzare,79 agli occhi dei membri dell‟istituzione, le rappresentazioni
ideologiche del gruppo dominante, che diventano senso comune, dissociandosi dal
particolare interesse del gruppo, della classe che l‟ha generata. Tali rappresentazioni
sono definite da Fairclough formazioni ideologiche – discorsive, termine che meglio
evidenzia l‟interrelazione fra ideologia e discorso in tale processo. Una volta
naturalizzate, esse vengono percepite come parte delle norme, delle convenzioni
dell‟istituzione, come ordini di discorso sui quali, dunque, i soggetti si baseranno nel
condurre discorsi e pratiche, divenendo allo stesso tempo inconsapevoli del loro
modo di parlare e dei modi di pensare che ne stanno dietro.
La naturalizzazione è attuata nel discorso principalmente tramite il ricorso
all‟implicito, cioè a quegli elementi nascosti, al non-detto, che influenzano sia la
produzione sia l‟interpretazione di un testo, spingendo a produrlo e a interpretarlo
(inconsapevolmente appunto) in una certa maniera. Ovviamente, più la
naturalizzazione è meccanizzata, meno consapevolezza vi sarà da parte dei
partecipanti.
È importante sottolineare che il potere ideologico - discorsivo che permette di
rendere tale formazione dominante opera sempre in associazione agli altri poteri
presenti all‟interno di un‟istituzione, quello politico, economico, etc., in quanto il
discorso, come già detto, costituisce la realtà e a sua volta è costituito da essa sempre
all‟interno delle restrizioni, non solo ideologiche, ma anche politiche, economiche,
etc. presenti nell‟istituzione. Quest‟ultima, com‟è stato detto in precedenza, può
essere considerata un ordine di discorso. Pertanto, da un lato permette ai suoi membri
di interagire, in quanto fornisce le risorse fondamentali per farlo, ma allo stesso
tempo, nel fornire tali risorse, restringe le loro azioni sociali (e quindi anche
discorsive), in quanto essi possono far ricorso esclusivamente a quelle determinate
risorse. Questo spiega anche la preferenza di Fairclough del termine “soggetto”80 al
più generico “partecipante”. Il primo, infatti, ha il doppio significato di “attore” (che
78
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 1995, pp. 92-96.
79
Ivi, pp. 28, 94.
80
Ivi, p. 39.
51
può agire all‟interno dell‟istituzione) e di “assoggettato” (che deve agire secondo
determinate restrizioni imposte dalla stessa istituzione). Le risorse messe a
disposizione dall‟istituzione contengono anche quelle formazioni ideologiche –
discorsive naturalizzate, che le consentono di costruire i soggetti sia dal punto di
vista ideologico sia discorsivo.81 Questo spiega perché i membri di un‟istituzione,
poiché cresciuti all‟interno di quella stessa istituzione, acquisiscono come senso
comune, come convenzioni e norme, tali rappresentazioni.
Tuttavia, all‟interno di un‟istituzione possono sussistere diverse posizioni
ideologiche. Perciò, determinate rappresentazioni diventano dominanti sempre
rispetto ad altre che sono, comunque, sempre presenti. Dunque, la presenza di una
determinata formazione ideologica – discorsiva egemonica non implica una sua
accettazione passiva da parte di tutti i membri dell‟istituzione, ma può essere
contestata da gruppi marginali, alternativi, con differenti posizioni ideologiche, il cui
obiettivo è quello di denaturalizzare la rappresentazione dominante per sostituirla
con altre.82 Difatti, come spiega van Dijk,83 alcune ideologie agiscono per legittimare
l‟egemonia, mentre altre operano per combatterla.
Tale contestazione sta alla base degli scontri sociali che avvengono
all‟interno di un‟istituzione: alcune forze sociali lotteranno per mantenere egemonica
una determinata formazione ideologica, altre invece tenteranno di farne prevalere
un‟altra. I cambiamenti sociali che ne derivano, quindi, sono strettamente correlati ai
cambiamenti che si possono riscontrare nelle pratiche discorsive di un gruppo, di
un‟istituzione. Difatti, “an order of discourse is not a closed or rigid system, but
rather an open system, which can be changed by what happens in actual
interactions.”84 Pertanto, l‟analisi “interdiscorsiva” proposta da Fairclough (v.
sezione 1.2.5) consente di connettere discorso e contesto, e di mostrare,
conseguentemente, come i cambiamenti linguistici riscontrabili in un testo siano allo
stesso tempo causa ed effetto (in base alla relazione dialettica che caratterizza
discorso e realtà sociale) dei cambiamenti sociali in atto all‟interno dell‟istituzione.
Il discorso ha, perciò, un ruolo fondamentale nella produzione, nel
mantenimento e nella trasformazione delle relazioni di potere, in virtù del fatto che
81
Ibid.
82
Cfr. N. Fairclough, in R. Wodak, & M. Meyer op. cit., p. 124.
83
Cfr. T. A. van Dijk, “Ideology and Discourse Analysis”, Journal of Political Ideologies, Vol. 11
(2): 115-140 (2006), p. 117.
84
Cfr. N. Fairclough, op. cit., 2005, p. 79.
52
essi non solo forniscono ai partecipanti determinate rappresentazioni su com‟è il
mondo, ma anche immaginari, cioè rappresentazioni su come il mondo potrebbe o
dovrebbe essere.85 Questi immaginari, possono essere imposti in modo indiretto
(principalmente attraverso quella che Fairclough definisce inculcation)86 da chi
detiene il potere, tramite la trasformazione di dati ordini di discorso già esistenti
portando, quindi, all‟adozione di nuove pratiche (sociali e discorsive) che vengono
spesso recepite, si è visto, in maniera inconsapevole, soprattutto in conseguenza del
carattere spesso opaco del discorso.
Tuttavia, si è anche visto che il potere dominante può essere combattuto da
posizioni “minoritarie”, che cercano di denaturalizzare una formazione ideologica
egemonica, proponendo sempre nuovi, o comunque alternativi, modi di agire,
rappresentare e essere (delineati dagli ordini di discorso). Questi ultimi, infatti,
rappresentando l‟insieme delle convenzioni, sono uno strumento fondamentale per il
mantenimento del potere, e le lotte e gli scontri che si originano a livello sociale e
discorsivo hanno come obiettivo il loro controllo.
85
Ivi, p. 81-82.
86
Ibid.
53
1.3 Il discorso del Global Warming
Se si discute di Big Bang solo gli esperti intervengono,
se si parla di clima tutti si sentono autorizzati a farlo.
(Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana)1
1
Il Venerdì di Repubblica, 13-11-2009.
2
Cfr. M. Paterson, Global Warming and Global Politics, Routledge, London & New York, 1996, pp.
22-23; J. M. Dispensa & R. J. Brulle, “Media Social Construction of Environmental Issues: Focus on
Global Warming – A comparative study”, International Journal of Sociology and Social Policy, Vol.
23(10): 74-105 (2003), p. 88.
3
Cfr. M. Paterson, op. cit., p. 145; A. McCright & R. E. Dunlap, “Challenging Global Warming as a
Social Problem: An Analysis of the Conservative Movement‟s Counter-Claims”, Social Problems,
Vol. 47 (4): 499-522 (2000), p. 499.
54
sempre maggiore consapevolezza che, in quegli anni, si sviluppa attorno al global
warming e la necessità condivisa di un coordinamento a livello internazionale.
Difatti, una volta emersa, all‟interno della comunità scientifica, l‟importanza
del riscaldamento globale e degli effetti che esso avrebbe potuto produrre a livello
globale, gli scienziati cominciano a promuovere diverse conferenze scientifiche
internazionali. Queste sono convocate principalmente con l‟obiettivo, da un lato, di
rafforzare il consenso attorno alle osservazioni e considerazioni scientifiche nel
frattempo sviluppate e, dall‟altro, di ottenere l‟attenzione politica sul problema, per
agire e prevenire le previste conseguenze negative del cambiamento climatico sulla
natura e conseguentemente sul benessere della stessa umanità.
La prima di tali conferenze si tiene nel 1985 a Villach, in Austria, organizzata
dal WCP, durante la quale non solo vengono presentati i risultati delle ricerche sul
ruolo della CO2 nel riscaldamento (in atto e previsto) delle temperature globali, ma
viene anche ribadito il consenso dell‟intera comunità scientifica (interessata nelle
ricerche) sui risultati ottenuti. La conferenza apre, in un certo senso, la strada alla
politicizzazione del global warming. Infatti, il consenso sempre più diffuso tra gli
scienziati, sulla necessità di un‟azione preventiva contro il riscaldamento globale,
preme ovviamente per un intervento delle istituzioni. Esse sono considerate le uniche
in grado di mettere in pratica le azioni suggerite dagli esperti, in quanto queste
andrebbero necessariamente a toccare interessi economici e politici che la scienza da
sola non potrebbe certo fronteggiare.
Le negoziazioni successive alla conferenza, organizzate principalmente
all‟interno dell‟UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate
Change), nata con lo scopo di stilare una convenzione internazionale sul
riscaldamento globale, segnano il primo passaggio del global warming da questione
puramente scientifica a questione anche politica. A questa prima tappa segue, nel
1988, l‟istituzione dell‟IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) con lo
scopo, come spiega Paterson,4 di rendere noti i risultati delle ricerche sul fenomeno e
di suggerire alle nazioni iniziative utili a contrastarlo, consolidando ulteriormente il
già forte consenso scientifico.
4
Cfr. M. Paterson, op. cit., p. 146.
55
Tuttavia, Paterson5 fa notare che, una volta trasferita la questione sul piano
politico, gli scienziati sono sostituiti nelle negoziazioni da soggetti politici,
principalmente ministri degli esteri, in modo particolare per quanto concerne le
nazioni industrializzate. Il ruolo della scienza in queste negoziazioni diventa, quindi,
marginale, ed essa tende a perdere qualsiasi prerogativa sulle decisioni prese al loro
interno. Ne è una dimostrazione, per esempio, la profonda distanza fra le relazioni
presentate dall‟IPCC (che affermano la necessità di diminuire le emissioni, di avviare
un‟economia sostenibile per l‟ambiente) e le effettive decisioni prese in sede ONU
(che puntano spesso a una stabilizzazione piuttosto che a una riduzione delle
emissioni). Questo evidenzia che gli interessi dei singoli stati cominciano a prevalere
su quelli internazionali. Nuovi attori sociali appaiono sul campo, con l‟obiettivo di
far sentire la propria voce, rendendo sempre più difficile il raggiungimento di un
accordo: al consenso scientifico non corrisponde, perciò, un altrettanto esteso
consenso politico. La politica anzi, sembra spesso utilizzare la scienza per i propri
propositi, evidenziando con più o meno enfasi (secondo gli interessi dei diversi stati)
eventuali incertezze insite nelle affermazioni degli scienziati.
Diversi scienziati sociali si sono dedicati allo studio del rapporto esistente tra
scienza e politica, in merito alla questione del global warming, giungendo a diverse e
spesso contrastanti conclusioni. Hart e Victor6 considerano scienza e politica
completamente separate, tendenti a interagire solo nel momento in cui la prima
necessiti di fondi per finanziare le proprie ricerche, agendo quindi come un vero e
proprio imprenditore. Shackley, 7 invece, assume una posizione più scettica,
scetticismo volto principalmente alla convinzione che la scienza sia effettivamente
indipendente dalla politica e agisca di conseguenza, offrendo, perciò, una conoscenza
oggettiva e priva di preconcetti. In particolare, Shackley si concentra sul discorso
scientifico e sulle dinamiche che lo rendono strumento strategico sia per i soggetti
politici che lo utilizzano per la legittimazione di specifiche pratiche sia per gli
scienziati che, attraverso tale discorso, riescono ad imporre determinati argomenti,
piuttosto che altri, nell‟agenda internazionale. Il discorso scientifico, perciò, possiede
5
Ivi, p. 148-151.
6
Cfr. D. M. Hart & D. G. Victor “Scientific Elites and the Making of U.S. Policy for Climate Change
Research, 1957-1974”, Social Studies of Science, vol. 23 (4): 643-680 (1993), cit. in M. Paterson, op.
cit., p. 153.
7
Cfr. S. Shackley, “Global Climate Science and Policy Making: Multiple Studies, Reduced Realities”,
CSEC Working Paper 94.27, Centre for the Study of Environmental Change, Lancaster University,
Lancaster (1994), cit. in M. Paterson, ibid.
56
un‟elevata forza retorica, che rende la conoscenza, sotto un punto di vista critico (v.
sezioni 1.2.4-5-6), motivo di lotta. Infatti, Shackley, rifacendosi all‟Analisi Critica
del Discorso, radica il discorso e la conoscenza scientifica nelle relazioni di potere.
Se un discorso scientifico riesce a prevalere su un altro, questo dipende non solo dal
consenso interno alla comunità scientifica che l‟ha prodotto ma anche dalla sua
capacità di ancorarsi strettamente alla politica. La politica, però, una volta creato
questo legame, utilizzerà tale discorso, come già detto, per legittimare determinate
posizioni. Shackley8 sottolinea come sia fondamentale, in questo frangente,
l‟incertezza. Dal punto di vista scientifico essa concerne solo determinate variabili
all‟interno dei modelli utilizzati per le previsioni sul global warming ed è, quindi,
poco influente sui risultati che gli stessi modelli propongono. Dal punto di vista
politico, al contrario, l‟incertezza (in un certo senso fisiologica) della scienza, sarà
utilizzata in maniera strumentale dalle diverse figure politiche per far prevalere e
legittimare, appunto, le proprie posizioni, andando a minare, quindi, l‟autorità
scientifica.
Queste ricerche sociali, focalizzate sull‟analisi del discorso scientifico sono,
perciò, molto utili per mostrare l‟influenza della politica sulla scienza e il modo
attraverso il quale la politica sfrutta incertezze e contraddizioni insite nella scienza
per i propri interessi, segnando un distacco netto nella rispettiva gestione del global
warming.
8
Cfr. S. Shackley & B. Wynne, “Representing Uncertainty in Global Climate Change Science and
Policy: Boundary-Ordering Devices and Authority”. Science, Technology, & Human Values, Vol.
21(3): 275-302 (1996), passim; S. Shackley, P. C. Young, S. Parkinson, B. Wynne, “Uncertainty,
Complexity and Concepts of Good Science in Climate Change Modelling: are GMCs the Best
Tools?”. Climatic Change, Vol. 38(2): 159-205 (1998), cit. in M. Paterson, op. cit., p. 154.
9
Cfr. S. Ungar, “The Rise and (Relative) Decline of Global Warming as a Social Problem”. The
Sociological Quarterly, Vol. 33(4): 483-501 (1992), pp. 483,489-492; J. Williams, “The
57
scorso, benché la questione fosse in discussione in numerose conferenze, la copertura
mediatica era pressoché nulla e, di conseguenza, il fenomeno non destava interesse
pubblico.
L‟accendersi dell‟interesse per il global warming si spiega, secondo alcuni, 10
con i fenomeni meteorologici di quel periodo, con particolare riferimento alla
straordinaria siccità che nel 1988 colpì molto duramente tutti gli Stati Uniti. Difatti,
questo avvenimento pose per la prima volta la popolazione davanti ad uno dei tanti
scenari che gli scienziati avevano, sin dalla fine degli anni ‟70, prospettato per il
futuro. Ciò significa che, per la prima volta, la cittadinanza si ritrova, o almeno
percepisce di essere, concretamente coinvolta in tale riscaldamento. Ungar evidenzia
l‟importanza, in questo contesto, della paura: maggiore sarà la percezione del
pericolo da parte della popolazione, maggiore saranno le richieste di azione politica
per far fronte al pericolo stesso.
Ciò nonostante, l‟evento in sé non avrebbe comportato un aumento
dell‟interesse se esso non fosse stato associato dai media alle ricerche scientifiche sul
global warming.11 TV e stampa furono, di fatto, in quel frangente, veicolo
fondamentale per la diffusione del global warming come questione sociale. I mass
media rappresentano, infatti, la principale fonte d‟informazione per il pubblico. Essi
hanno un ruolo centrale nella messa a punto dell‟agenda pubblica, cioè nella
selezione delle informazioni e delle questioni più o meno importanti: una maggiore
copertura mediatica di una questione fa percepire quest‟ultima come rilevante. Di
conseguenza, i media influiscono profondamente sulla consapevolezza del pubblico e
sulla sua percezione di determinati temi ed eventi. 12 In particolar modo, i mezzi di
comunicazione influiscono sulla comprensione pubblica della conoscenza scientifica,
Phenomenology of Global Warming: The Role of Proposed Solutions as Competitive Factors in the
Public Arenas of Discourse”. Human Ecology Review, Vol. 7 (2): 63-72 (2000), p. 64; D. Demeritt,
“The Construction of Global Warming and the Politics of Science”. Annals of the Association of
American Geographers, Vol. 91 (2): 307-337 (2001), p. 307.
10
Cfr. S. Ungar, ibid.; D. Demeritt, ibid.
11
Cfr. J. B. Corbett, & J. L. Durfee, “Testing Public (Un)Certainty of Science: Media Representation
of Global Warming”. Science Communication, Vol. 26 (2): 129-151 (2004), p. 130.
12
Cfr. S. Ungar, “Bringing the Issue Back in: Comparing the Marketability of the Ozone Hole and
Global Warming”. Social Problems, Vol. 45 (4): 510-527 (1998), p. 517; A. Carvalho, “Media(ted)
Discourses and Climate Change: a Focus on Political Subjectivity and (Dis)Engagement” (Opinion)
Climate Change, 8pp. (2010), p. 1. http://wires.wiley.com/WileyCDA/WiresArticle/wisId-
WCC13.html [28-02-2010].
58
soprattutto perché, nella maggior parte dei casi, il pubblico riceve tale conoscenza
quasi esclusivamente dai media e raramente da canali scientifici diretti. 13
I numerosi studi effettuati sui rapporti fra media e discorso scientifico hanno
dimostrato, infatti, che i media non rispecchiano semplicemente la realtà scientifica
ma la ricostruiscono. Questa ricostruzione è il risultato delle diverse scelte (la scelta
di prediligere una questione piuttosto che un‟altra, di darle una certa rilevanza, anche
grazie all‟intervento di “esperti”) che stanno alla base delle selezione della notizia o
più in generale della questione da trattare. Queste scelte sono a loro volta guidate da
diversi fattori, quali il previsto impatto sociale che una questione può avere,
determinati principi giornalistici e norme (news values).14 Sono i media, quindi, che
costruiscono, e presentano, il global warming come problema sociale.
Questo processo di ricostruzione è facilmente comprensibile se lo si inquadra
all‟interno dell‟approccio critico descritto nella sezioni 1.2.4-6, facendo particolare
riferimento ai concetti di ideologia e potere. Infatti, essendo i media principale fonte
d‟informazioni su molti aspetti e questioni del mondo moderno, essi possono essere
considerati in una prospettiva critica come strumento della classe dominante, che
riesce a imporre, tramite il linguaggio e il discorso, la propria ideologia, facendola
apparire così come senso comune ed effettiva rappresentazione della realtà. 15 Di
conseguenza, l‟immagine del global warming che i media offrono è percepita dal
pubblico come effettiva realtà dei fatti. Se il pubblico non ha la possibilità di
accedere alle informazioni tramite altri canali, la ricostruzione offerta dai media è
allora considerata oggettivamente valida.
I diversi studi sulla costruzione mediatica del global warming come problema
sociale hanno permesso di mostrare le numerose ricostruzioni e i relativi discorsi che
i media hanno prodotto sulla questione negli ultimi vent‟anni, discorsi spesso
discordanti tra di loro o concentrati in determinate nazioni piuttosto che in altre.
13
Cfr. K. M. Wilson, “Mass media as sources of global warming knowledge”. Mass Communications
Review, 22 (1-2), 75-89 (1995), cit. in M. T. Boykoff, “The Cultural Politics of Climate Change
Discourse in UK Tabloids”. Political Geography, Vol. 27: 549-569 (2008), p. 550; A. Carvalho,
“Ideological Cultures and Media Discourses on Scientific Knowledge: re-reading News on Climate
Change”. Public Understanding of Science, Vol. 16 (2): 223-243 (2007), p. 223; H. Doulton & K.
Brown, “Ten Years to prevent Catastrophe? Discourses of Climate Change and International
Development in the UK Press”. Global Environmental Change, Vol. 19: 191-202 (2009), p. 191.
14
Cfr. M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, “Climate Change and Journalistic Norms: A Case-Study of
US Mass-Media Coverage”. Geoforum, Vol. 38: 1190-1204 (2007), p. 1190-1193; A. Carvalho, op.
cit., 2007, p. 223.
15
Cfr. A. Carvalho, op. cit., 2007, pp. 225-227.
59
Carvalho 16 e Carvalho e Burgess17 si sono concentrate, rispettivamente, sul ruolo
dell‟ideologia nella ricostruzione del cambiamento climatico e sui vari circuiti
culturali del global warming, susseguitisi in questi ultimi vent‟anni, all‟interno dei
principali quotidiani britannici, rilevando diversi approcci al problema nei diversi
giornali, ma anche un evolversi della costruzione in relazione alla cronologia degli
articoli. Nel periodo 1985-1990, per esempio, si assiste a un‟importante
trasformazione del discorso sul global warming, poiché i giornali, che inizialmente
consultano direttamente gli scienziati per la descrizione del problema, deviano la loro
attenzione dagli aspetti prettamente scientifici della questione, dedicandosi
principalmente a quelli politici ed economici che, con il passaggio della questione dal
piano scientifico a quello politico (presentato in 1.3.1), hanno improvvisamente
scavalcato i primi. 18
Boykoff e Boykoff, 19 invece, si sono dedicati principalmente all‟analisi delle
norme giornalistiche e dell‟influenza che esse esercitano nella ricostruzione
mediatica del global warming. Dal loro studio è emerso che nei principali quotidiani
statunitensi vi è una forte divergenza tra la realtà scientifica e quella mediatica,
dovuta principalmente a un uso erroneo del principio di equilibrio.20 Il tentativo dei
quotidiani di aderire il più possibile a tale principio, con lo scopo di offrire
un‟informazione obiettiva, ha portato, secondo gli autori, a una distorsione della
questione: si è dato, infatti, peso eccessivo a coloro che negano che il riscaldamento
globale rappresenti un problema o che vi sia consenso attorno ad esso, quando invece
gli scettici costituiscono un gruppo minoritario rispetto all‟attestato consenso
scientifico sul problema. Questa tesi è stata confermata da altri studi, quali quelli
condotti da Dispensa e Brulle e da Corbett e Durfee, 21 che hanno ulteriormente
dimostrato come il consenso scientifico esistente sulla questione del cambiamento
climatico non abbia forte risalto nei media americani, fatto dovuto principalmente al
già citato equilibrio di “voci” che i giornalisti mirano a seguire nel riferire qualsiasi
16
Cfr. A. Carvalho, op. cit., 2007.
17
Cfr. A. Carvalho & J. Burgess, “Cultural Circuits of Climate Change in U.K. Broadsheet
Newspapers, 1985-2003”. Risk Analysis, Vol. 25 (6): 1457-1469 (2005).
18
Cfr. A. Carvalho, op. cit., 2007, p. 232; A. Carvalho & J. Burgess, op. cit., pp. 462-463.
19
Cfr. M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, “Balance as Bias: Global Warming and the US Prestige
Press”. Global Environmental Change, Vol. 14: 125-136 (2004); M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, op.
cit., 2007.
20
Cfr. M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, op. cit., 2004, pp. 133-134.
21
Cfr. J. M. Dispensa & R. J. Brulle, op. cit.; J. B. Corbett & J. L. Durfee, Op. cit.
60
notizia ma anche, come riferiscono Dispensa e Brulle, alla forte influenza che le
lobby economiche americane esercitano sui media stessi. 22
Gli studi sui media americani e britannici hanno mostrato profonde differenze
nella costruzione mediatica del global warming dei due paesi. Innanzitutto,
Boykoff23 ha dimostrato che nel Regno Unito vi è una maggiore copertura mediatica
del problema, come mostra la figura sottostante, relativa agli anni 2003-2006.24
Figura 1.
Copertura mediatica del global warming negli Stati Uniti e nel Regno Unito per il periodo 2003-2006.
Carvalho e Carvalho e Burgess, invece, negli studi già citati sui circuiti
culturali e sul ruolo dell‟ideologia, hanno mostrato che, nei quotidiani britannici, il
consenso scientifico sul global warming e la sua problematicità sono raramente
messi in dubbio. Le autrici hanno rilevato una tendenza scettica principalmente nel
Times (giornale tradizionalmente conservatore) e in misura minore anche
nell‟Independent. Tuttavia, l‟Independent e il Guardian appoggiano essenzialmente
il discorso scientifico sul fenomeno, concentrandosi sui rischi del cambiamento
climatico e sulle azioni che la politica è chiamata ad attuare per far fronte al
22
Cfr. J. M. Dispensa & R. J. Brulle, op. cit., pp. 98-100.
23
Cfr. M. T. Boykoff, “Flogging a dead norm? Newspaper coverage of anthropogenic climate change
in the United States and United Kingdom from 2003 to 2006”. Area, Vol. 39 (2): 1-12 (2007); B. Diaz
Nosty, “Moving Toward Communication Solutions for Sustainable Innovation. Building Climate
Change in the Media”. Infoamerica ICR, pp. 91-115 (2009), passim.
24
Tratta da M. T. Boykoff, op. cit., 2007, p. 4.
61
problema.25 Questi risultati hanno avuto ulteriore conferma nella ricerca di Doulton e
Brown,26 i quali hanno verificato che gli articoli provenienti dal Guardian e
dall‟Independent sostengono fondamentalmente la visione del global warming come
catastrofe, mentre il Times punta più verso un discorso che gli autori definiscono
“ottimistico” e “razionalistico”,27 che sottolinea l‟incertezza scientifica e mette,
dunque, in dubbio la necessità di azione.
Perciò, sono essenzialmente due i discorsi sviluppatisi attorno alla questione
del cambiamento climatico: da un lato, il discorso che presenta il global warming
come un problema da affrontare con immediatezza, prospettando quadri catastrofici
per il prossimo futuro nell‟eventualità in cui non si agisca in tal senso; dall‟altro, il
discorso che, facendo leva principalmente sull‟incertezza scientifica, mira a
screditare ogni eventuale problematicità della questione.
Come anticipato nella sezione precedente, uno dei discorsi che strettamente
concernono la ricostruzione mediatica del riscaldamento globale è quello che mira a
offrire un‟immagine catastrofica del futuro del pianeta come diretta conseguenza del
cambiamento climatico. Come spiega von Storch, 28 vi è un‟opposizione tra una
costruzione scientifica della conoscenza sul climate change e una costruzione
culturale, che provoca la profonda discrepanza tra scienza e media della quale si è
detto in precedenza (v. sezione 1.3.2). von Storch evidenzia che questa differenza
riguarda principalmente il linguaggio usato per descrivere il fenomeno: le eventuali
conseguenze prospettate dalla scienza tramite i modelli climatici diventano, nella
parallela costruzione culturale, un pericolo imminente, un rischio per il pianeta e
quindi per l’intera civiltà, dovute a un problema (il riscaldamento del pianeta)
causato dall‟uomo, il quale diventa, pertanto, soggetto alla ritorsione della natura.29
25
Cfr. A. Carvalho, op. cit., 2007, pp. 237-239; A. Carvalho & J. Burgess, op. cit., pp. 1463- 1467.
26
Cfr. H. Doulton & K. Brown, op. cit., pp. 199-201.
27
Ivi, p. 200.
28
Cfr. H. von Storch, “Climate Research and Policy Advice: Scientific and Cultural Construction of
Knowledge”. Environmental Science and Policy, Vol. 12: 741-747 (2009), pp. 741-742.
29
Ibid.
62
La ricerca sui circuiti culturali del global warming di Carvalho e Burgess
citata in precedenza30 ripercorre lo sviluppo di questo discorso nei principali
quotidiani britannici, 31 dal 1985 al 2003, rilevando la presenza di tre principali
circuiti (1985-1990; 1991-1996; 1997-2003) relativi alla ricostruzione del
cambiamento climatico, non solo come problema, ma anche, e soprattutto, come
qualcosa di pericoloso. Come già accennato in precedenza, nel primo circuito
individuato nella ricerca, gli scienziati perdono il loro potere sulla questione. La
costruzione culturale, quindi, prende il sopravvento, a discapito di quella scientifica.
Altri attori sociali, principalmente politici, si arrogano la responsabilità di definire la
questione, ed è a loro che ora i media si rivolgono. Il cambiamento climatico viene
ben presto presentato come qualcosa di molto rischioso, alla quale si deve far fronte
il più presto possibile. Per sostenere questa costruzione i media associano eventi
atmosferici estremi (come la siccità del ‟88 negli USA, già citata) al global
warming32 senza, tuttavia, avere nessun riscontro scientifico sulla loro reale
dipendenza dal cambiamento climatico. Il legame tra gli eventi naturali (spesso
disastrosi) e il riscaldamento globale diventa ancora più forte nel terzo circuito
individuato da Carvalho e Burgess. Tra il 1997 e il 2003, infatti, numerose calamità
naturali come inondazioni, uragani o temperature troppo elevate in diverse zone del
pianeta diventano ulteriore pretesto e occasione per introdurre nel discorso “a new
sense of urgency attached to risks from climate change”. 33
L‟associazione tra eventi naturali e global warming è particolarmente
evidente in uno dei più recenti studi di Boykoff. 34 Egli, concentrandosi sui tabloids
del Regno Unito, rileva come la maggior parte degli articoli concernenti il
cambiamento climatico, facendo principalmente riferimento a calamità naturali,
assumano spesso toni apocalittici, sensazionalistici, quasi escludendo ogni possibilità
di salvezza per il pianeta e conseguentemente per l‟uomo. Titoli quali “HOW THE
WORLD WILL END” (Daily Mail, 28-12-2002), o “POLLUTION IS TURNING
THE SEAS INTO ACID” (Daily Mail, 11-11-2006)35 dimostrano chiaramente questa
tendenza.
30
Cfr. A. Carvalho & J. Burgess, op. cit., passim.
31
Cioè The Guardian, The Times e The Independent.
32
Cfr. S. Ungar, op. cit., pp. 510-512.
33
Cfr. A. Carvalho & J. Burgess, op. cit., p. 1466.
34
Cfr. M. T. Boykoff, op. cit., 2008, passim.
35
Ivi, p. 561.
63
Il discorso sul cambiamento climatico, pertanto, si arricchisce sempre più di
parole quali catastrofe, disastro, estinzione, terrore, che facilmente richiamano il
linguaggio religioso, e il cui unico risultato è creare panico nel pubblico.36 Al
linguaggio religioso si è affiancata negli ultimi anni, soprattutto dopo l‟attacco alle
Torri Gemelle, la metafora bellica e, più in particolare, quella terroristica: il
cambiamento climatico è equiparato a un‟arma di distruzione di massa e la guerra al
global warming viene accomunata alla, o addirittura considerata più urgente della,
guerra al terrorismo.37 Il linguaggio religioso appare ancora nella contrapposizione
fra inferno (ciò che il riscaldamento climatico produrrà in caso d‟inerzia da parte
dell‟uomo) e paradiso (ciò che il pianeta resterà se si agisce con rapidità) e, ancora,
tra peccato e salvezza. Questo lessico è usato in molti casi anche dagli ambientalisti
con lo scopo di spingere all‟azione la scienza e la popolazione. Tuttavia, come
sottolinea Hulme, benché essi chiedano di prendere decisioni utili a contrastare il
fenomeno, non presentano con fermezza iniziative concrete da attuare.38
Il climate change diventa, attraverso questo discorso, allo stesso tempo una
catastrofe potenziale e qualcosa d‟inevitabile. Come detto in precedenza, sembra
quasi che l‟obiettivo dei media, o degli ambientalisti, sia spaventare la popolazione,
con l‟intento di indurla poi all‟azione, al cambiamento delle proprie abitudini per
fronteggiare il pericolo. Come rilevano Weingart et al.,39 questa particolare
costruzione culturale del riscaldamento globale ha provocato una drammatizzazione
del fenomeno, trasformando l‟ipotesi scientifica sulle probabili conseguenze nella
certezza di un‟imminente catastrofe. L‟alterazione del global warming verificatasi
con la sua costruzione culturale ha determinato, secondo gli autori, la perdita di
credibilità della scienza e il conseguente sviluppo dei movimenti che osteggiano il
carattere problematico del cambiamento climatico. Inoltre, la costruzione apocalittica
e drammatica del fenomeno, spesso utilizzata (come nel caso degli ambientalisti) per
spingere all‟azione il pubblico, può produrre, in realtà, l‟effetto contrario. Infatti, tale
36
Cfr. M. Hulme, “The Conquering of Climate: Discourses of Fear and their Dissolution”. The
Geographical Journal, Vol. 174 (1): 5-16 (2008), pp. 5-6, 11; Grady, H. “Religious Talk to Fight
Climate Change”, BBC News, 25-01-2010, http://news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-
/2/hi/science/nature/8468233.stm [28-02-2010].
37
Cfr. A. Carvalho & J. Burgess, op. cit., p. 1467; M. Hulme, op. cit., p. 11; H. Doulton & K. Brown,
op. cit., p. 196.
38
Cfr. H. Grady, op. cit., passim.
39
Cfr. P. Weingart, A. Engels, P. Pansegrau “Risks of Communication: Discourses on Climate
Change in Science, Politics and the Mass Media”. Public Understanding of Science, Vol. 9: 261-283
(2000), cit. in H. von Storch, op. cit., pp. 745-746.
64
rappresentazione può spingere il pubblico, da un lato, a considerare inevitabili le
conseguenze e a ridursi così all‟inazione, considerando al di fuori della sua portata
ogni possibile miglioramento.40 Dall‟altro, il pubblico può individuare in questi
“extreme events” l‟unica spia del global warming e, nel caso in cui non ne sia
direttamente interessato, essere portato a considerare il riscaldamento globale come
un problema altrui che non lo riguarda, pertanto, in prima persona, provocando anche
in questo caso esclusivamente inazione.
Risbey, 41 a questo proposito, afferma che il problema fondamentale di questo
discorso non sta nel presentare il global warming come una minaccia per l‟intera
società, ma nel presentarlo in modo parziale e non credibile, cioè non offrendo
nessuna alternativa a questo pericolo. Vi sono, invece, secondo l‟autore, numerose
soluzioni alla portata della popolazione che, se ben informata su tutti i diversi aspetti
di questo pericolo, può rovesciare la tendenza all‟inazione finora registrata. Proporre
soluzioni al problema nei media, nelle arene pubbliche del discorso, è fondamentale
per attirare l‟attenzione pubblica su di esso. Williams, 42 tuttavia, afferma la necessità
di proporre “packageable solutions”, cioè soluzioni che possono essere facilmente
messe in relazione con i principali temi culturali (di modernità e progresso) e con le
conoscenze precedenti a essi associati, e ai quali la società fa riferimento. Queste
sono principalmente soluzioni biologiche o tecnologiche, che consentono al pubblico
di meglio comprendere un problema complesso come il global warming
inquadrandolo all‟interno d‟interpretazioni comuni del mondo. Si differenziano,
quindi, secondo Williams, da soluzioni non-packageable, quali quelle economiche,
politiche o gli stessi richiami all‟azione sociale. Queste ultime, infatti, non sono
inquadrate dal pubblico all‟interno della loro interpretazione della realtà. Pertanto,
non consentono al global warming di ottenere un‟adeguata risonanza mediatica,
lasciando così spazio e vantaggio alle contro-affermazioni degli oppositori, alle quali
è dedicata la prossima sezione.
40
Cfr. G. Ereaut & N. Segnit, Warm words: how are we telling the climate story and can we tell it
better? (Technical Report), Institute for Public Policy Research, London (2006), cit. In J. S. Risbey,
“The New Climate Discourse: Alarmist or Alarming?”. Global Environmental Change, Vol. 18: 26-37
(2008), p. 34; J. S. Risbey, op. cit., p. 32.
41 Cfr. J. S. Risbey, op. cit., p. 32.
42 Cfr. J. Williams, op. cit., pp. 63-72.
65
1.3.4 La ricostruzione mediatica del Global Warming:
dall’incertezza scientifica all’inganno
I principali studi sul discorso del global warming e sulla sua costruzione
mediatica hanno rilevato che gli scienziati, primaria fonte d‟informazioni negli anni
‟80, sono stati presto sostituiti da figure politiche ed economiche. Ovviamente,
l‟attenzione mediatica per nuove fonti ha comportato l‟alterazione della prospettiva
con la quale le notizie sono presentate al pubblico. Come già accennato, si è passati
da notizie che descrivevano la questione in termini puramente scientifici, a notizie
sui dibattiti politici, sulle negoziazioni, sulle azioni proposte e sui diversi interessi
toccati da queste. I costi economici che queste azioni avrebbero potuto comportare
per le nazioni e per le industrie sono stati la ragione principale dello sviluppo e della
diffusione di una nutrita opposizione alla problematicità del riscaldamento globale.
L‟analisi dei media ha dimostrato, inoltre, come il “movimento degli scettici” del
global warming abbia ricevuto con il passare degli anni una sempre più crescente
copertura mediatica (in particolar modo negli Stati Uniti) che ha ovviamente
danneggiato le posizioni, almeno teoricamente più autorevoli, degli scienziati.
Questo aumento nella copertura mediatica è stato considerato da Boykoff e
Boykoff43 una conseguenza dell‟applicazione del principio di equilibrio, che vincola
il giornalista a fornire in modo equilibrato, appunto, le diverse opinioni relative ad
una determinata questione. I due autori fanno notare che tale principio è in questo
caso utilizzato in maniera erronea, poiché consente agli scettici di avere la stessa
copertura mediatica degli scienziati pur essendo in minoranza e nonostante siano,
nella maggior parte dei casi, dei “non-esperti”. Lo studio dei due autori sui quotidiani
statunitensi dal 1998 al 2002 ha rivelato che l‟utilizzo di questo principio ha
provocato una distorsione, intesa come “the divergence of prestige-press global-
warming coverage from the general consensus of the scientific community”. 44
Tuttavia, in uno studio successivo, Boykoff45 ha rilevato che, mentre tale divergenza
43
Cfr. M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, op. cit., 2004, passim.
44
Ivi, p. 127. Con il termine prestige-press ci si riferisce alla stampa di “qualità”. Nello studio di
Boykoff e Boykoff il termine individua i principali quotidiani USA, cioè il New York Times, il
Washington Post, il Los Angeles Times e il Wall Street Journal.
45
Cfr. M. T. Boykoff, op. cit., 2007, pp. 5-10.
66
era ancora molto forte nel periodo 2003-2004, essa si è drasticamente ridotta nel
periodo 2005-2006, come mostra la Figura 2.46
Figura 2. Copertura mediatica del global warming negli Stati Uniti nel periodo 2003-2006
Dispensa e Brulle,47 invece, nel loro studio comparativo della stampa americana,
neo-zelandese e finlandese, hanno associato la maggiore copertura mediatica degli
scettici presente nei giornali americani, rispetto a quelli delle altre due nazioni sotto
esame, principalmente alla struttura economica degli USA. Difatti, è negli Stati Uniti
che l‟industria petrolifera è maggiormente diffusa e ha, pertanto, maggior interesse a
convogliare l‟attenzione su qualsiasi punto debole che il problema del global
warming può avere, in maniera tale che i suoi interessi non siano toccati. 48
Il discorso scettico sull‟effettiva problematicità del fenomeno si articola
principalmente in tre affermazioni, ognuna delle quali interpreta i diversi aspetti,
rintracciati dagli scettici all‟interno del dibattito sul global warming, come punti
deboli del dibattito stesso.49
Innanzitutto, gli scettici attaccano le basi scientifiche del global warming,
definendole fragili o addirittura errate. Essi costruiscono il loro discorso
principalmente sull‟incertezza scientifica, con l‟obiettivo di minare sia l‟autorità
scientifica, sia la convinzione che vi sia ampio consenso attorno alla questione. La
ricerca scientifica dedicata al cambiamento climatico è, così, definita junk
(spazzatura, robaccia); lo stesso IPCC viene accusato di manipolare i rapporti per far
46
Tratta da Boykoff, op. cit., 2007, p. 5.
47
Cfr. J. M. Dispensa & R. J. Brulle, op. cit., passim.
48
Ivi, p. 100.
49
Cfr. A. McCright & R. E. Dunlap, op. cit., 2000, p. 510; A. McCright & R. Dunlap, „Defeating
Kyoto: The Conservative Movement‟s Impact on U.S. Climate Change Policy‟, Social Problems, 50
(3): 348-73 (2003), p. 354.
67
apparire il consenso dove, invece, non c‟è, e il global warming è ridotto a un mito, a
una mera strategia politica e ambientalista per avere maggior controllo sulla società.
Lo scopo è, perciò, quello di mettere in cattiva luce la scienza e la sua credibilità, e di
negare che il riscaldamento globale stia effettivamente avendo luogo.
Perciò, gli scettici mirano principalmente a negare l‟esistenza stessa del
fenomeno. Tuttavia, essi affermano che se il global warming dovesse comunque
verificarsi, esso avrebbe esclusivamente effetti benefici. Un eventuale riscaldamento
del clima, infatti, migliorerebbe la qualità della vita, la salute e persino l‟agricoltura.
La prospettiva sul cambiamento climatico viene così rovesciata e ogni eventuale
problematicità del fenomeno viene confutata: non solo si contesta la scienza con
l‟accusa di aver ingannato il pubblico sul fenomeno, ma si “corre ai ripari”
precisando che, seppure dovesse verificarsi, il riscaldamento porterebbe solo
vantaggi per la società.
Infine, il discorso scettico si concentra sulle strategie d‟azione proposte o
avviate principalmente dalle istituzioni per bloccare il fenomeno, definendole
dannose per la società. Le azioni, quindi, avrebbero effetti negativi sull‟economia,
sulla sicurezza e sulla sovranità nazionali, e sullo stesso ambiente. Esse sono
contestate poiché implicherebbero costi troppo alti da sostenere, perché
minaccerebbe le industrie e, dunque, la prosperità della stessa nazione americana. In
breve, il movimento conservatore afferma che, mentre la ricerca scientifica sul
riscaldamento globale si fa sempre più incerta, gli effetti devastanti che la politica del
contrasto al global warming produrrebbe sono invece sempre più certi.
Queste tre contro-dichiarazioni sono state individuate, dagli studi effettuati da
McCright e Dunlap, 50 all‟interno del discorso utilizzato, per contrastare la
problematicità del global warming, dal movimento conservatore mobilitatosi negli
Stati Uniti all‟inizio degli anni „90. Tuttavia, come già ampiamente sostenuto finora,
i media sono veicolo fondamentale per la diffusione di determinate costruzioni
sociali piuttosto che di altre e il potere che i contro-movimenti riescono a esercitare
su di essi influisce necessariamente su questa costruzione. Oltre alle ricerche, già
citate di Boykoff, 51 Boykoff e Boykoff, 52 Dispensa e Brulle,53 lo studio di Antilla,54
50
Cfr. A. McCright & R. E. Dunlap, op. cit., 2000 e 2003, passim.
51
Cfr. M. T. Boykoff, op. cit., 2007.
52
Cfr. M. T. Boykoff & J. M. Boykoff, op. cit., 2004.
53
Cfr. J. M. Dispensa & R. J. Brulle, op. cit., passim.
68
dedicato alla copertura mediatica americana del fenomeno nel periodo compreso tra
la primavera del 2003 e quella del 2004, ha mostrato che le dichiarazioni del
movimento conservatore, rilevate da McCright e Dunlap, hanno avuto ampio spazio
nei giornali statunitensi. Antilla ha riscontrato, infatti, che, benché un numero
cospicuo di articoli sostenesse la scienza e la sua validità, la costruzione scettica di
una ricerca scientifica incerta e controversa era predominante e risultante, non solo
dall‟utilizzo ingannevole dei principi di equilibrio e oggettività, ma anche e
soprattutto dal ricorso a fonti manifestamente scettiche che hanno provocato ulteriore
disinformazione sulla questione.55 I media americani, dunque, sono risultati
profondamente permeati dal discorso scettico diversamente da quanto, come spiegato
precedentemente (v. sezione 1.3.2), accade nei media inglesi.
54
Cfr. L. Antilla, “Climate of scepticism: US Newspaper Coverage of the Science of Climate
Change”. Global Environmental Change, Vol. 15: 338-352 (2005).
55
Ivi, p. 350.
69
2
Metodologia d’analisi
2.1 Corpora
Ai fini della ricerca linguistica sul discorso del global warming qui condotta,
sono stati utilizzati per l‟analisi due differenti corpus, uno di riferimento e uno
specialistico. Come è stato spiegato nel primo capitolo, infatti, corpora di riferimento
e corpora specialistici sono spesso utilizzati insieme, poiché l‟ampiezza di testi e
registri linguistici del primo consente di rilevare caratteristiche generali di una
lingua, o di un determinato discorso come in questo caso specifico, in modo tale da
poterle poi confrontare con il secondo, all‟interno del quale i registri e i testi sono
stati opportunamente selezionati prima di iniziare la ricerca.
Il primo corpus utilizzato è stato il COCA (cioè il Corpus of Contemporary
American English), usato come reference corpus per rilevare, appunto, le
caratteristiche principali del discorso sul global warming. Il secondo invece, è stato
creato ad hoc per tale ricerca, in base a criteri che saranno spiegati successivamente,
per poter verificare se le caratteristiche trovate nel primo corpus si ripetono e se ne
appaiono delle altre eventualmente assenti nel reference corpus.
70
per ogni anno, che include circa 20 milioni di parole, e uniformemente divise in 5
diversi registri: SPOKEN, FICTION, MAGAZINES, NEWSPAPERS, ACADEMIC
con, all‟incirca, 80 milioni di parole per registro. Per il solo anno 2009, il numero di
parole è ovviamente inferiore, in quanto la raccolta dei testi si ferma al giugno 2009.
Il corpus viene infatti aggiornato una o due volte all‟anno. La ripartizione è mostrata
in Tabella 1, che fornisce i dati aggiornati all‟agosto 2009.1
1
Tabella disponibile online e scaricabile dal sito http://www.americancorpus.org/.
71
In MAGAZINES svariati articoli sono stati raccolti da quasi 100 riviste
dedicate a diversi argomenti d‟interesse popolare, quali salute, giardinaggio,
economia e finanze, sport, religione, etc.
Il registro NEWSPAPERS comprende, invece, articoli appartenenti ai 10
principali quotidiani degli Stati Uniti (tra i quali il New York Times, il San Francisco
Chronicle, etc.), che si è cercato di bilanciare tra le diverse sezioni (notizie locali,
sport, economia, etc.).
Infine, in ACADEMIC sono contenute circa 100 riviste accademiche,
selezionate in modo tale da comprendere diversi ambiti (secondo la classificazione
della Library of Congress):2 filosofia, psicologia, religione, storia mondiale,
educazione, tecnologia, etc.
2
Cfr. http://www.loc.gov/catdir/cpso/lcc.html [08-04-2010].
3
È importante sottolineare che negli Stati Uniti non esistono veri e propri tabloid come quelli
britannici. Difatti, i quotidiani americani che rientrano nel genere tabloid tendono ad essere meno
sensazionalistici rispetto a quelli del Regno Unito, ma si caratterizzano anch‟essi per una predilezione
verso notizie di gossip, scandalistiche e, comunque, non di primo piano. In entrambi i casi, sia
britannico sia statunitense, ci si allontana, dunque, dalla quality press (cfr. la sezione 1.3 del capitolo
1) rappresentata, in questo caso, dai quotidiani scelti per l‟analisi, sopraccitati. Per tale ragione, d‟ora
in avanti con il termine “tabloid” si farà riferimento sia a The Sun sia a The New York Post.
72
Per quanto concerne i testi accademici (ACADEMIC, v. Tabella 2) sono stati
selezionati alcuni articoli dalle versioni online delle riviste Science e Nature,
rispettivamente 20 e 22, con una media di circa 35 mila parole per rivista, e altri 27
testi provenienti da diverse riviste accademiche (v. Tabella 2, scientific journals) e
scaricati principalmente tramite i siti www.sciencedirect.com,
www3.interscience.wiley.com e www.jstor.org.
La Tabella 2 presenta i TYPES, i TOKENS e la RATIO 4 di questi testi,
individuati tramite il software WORDSMITH 3.0 (v. sezione 2.2.2).
N° TOT. PER
TOT. PER NAZIONE TOT. PER GENERE TOTALE ASSOLUTO
TESTI QUOTIDIANO/RIVISTA
TYPES 6429
THE NEW
60 TOKENS 50887
YORK TIMES
RATIO 12,63
TYPES = 10768
THE WALL TYPES 6468
USA
TYPES 4734
THE NEW TYPES = 14493
40 TOKENS 24532
YORK POST
RATIO 19,30 TOKENS = 236505
TYPES 6407 TYPES = 21376
THE TIMES 60 TOKENS 52827 RATIO = 6,13
RATIO 12,13
TYPES = 9509
TYPES 5839 TOKENS = 502929
THE TOKENS = 110803
UK
60 TOKENS 45340
GUARDIAN
RATIO 12,88 RATIO = 8,58
TYPES 2787 RATIO = 4,25
THE SUN 40 TOKENS 12636
RATIO 22,06
TYPES 5080
NATURE 20 TOKENS 34612
RATIO 14,68 TYPES = 14422
ACADEMIC
TYPES 4895
SCIENCE 22 TOKENS 34493 TOKENS = 266424
RATIO 14,19 RATIO = 5,41
TYPES 11887
SCIENTIFIC
27 TOKENS 197319
JOURNALS
RATIO 6,02
4
Con il termine TOKENS ci si riferisce all‟effettivo numero di parole presenti in un testo, mentre
TYPES si riferisce al numero di parole differenti presenti nello stesso testo. Se, per esempio, un testo
contiene 1000 parole, vi saranno 1000 TOKENS, ma il numero di TYPES sarà inevitabilmente
minore, in quanto, in quest‟ultimo caso, ogni parola (che può ovviamente ripetersi più volte all‟interno
di un testo) verrà considerata una sola volta nel conteggio dei TYPES. La RATIO indica, invece, il
rapporto tra TYPES e TOKENS.
73
2.2 Strumenti d’analisi
A
B
74
È stato pocanzi citata la ricerca tramite LIST che consente, appunto, di
mostrare le concordanze relative alla parola che si sta analizzando. Come è
facilmente deducibile dalla Figura 1, tuttavia, è possibile porre diverse query.
Attraverso l‟opzione CHART, per esempio, è possibile visualizzare nel
riquadro (B) la frequenza della parola cercata nelle diverse sezioni del corpus, come
mostra la Figura 2, permettendo così eventuale confronti fra diversi generi o periodi.
75
comportamento delle due parole con un determinato collocato sarà necessario
inserire quest‟ultimo sempre nella finestra CONTEXT.
Essendo il COCA un corpus provvisto di tags,5 è possibile effettuare la
ricerca dei collocati anche selezionando esclusivamente sostantivi, verbi o, ancora,
aggettivi, così da poter meglio conoscere e studiare il significato e le caratteristiche
di una parola. La scelta delle diverse categorie grammaticali si effettua tramite la
finestra POS LIST, visibile nel riquadro di sinistra della schermata in Figura 1 e
illustrata nello specifico in Figura 4.
5
Taggare un corpus, significa assegnare ad ogni parola presente nel corpus una specifica categoria
grammaticale (ad essa propria), operazione che facilita, per esempio, la definizione del profilo lessico-
grammaticale (visto nel primo capitolo) di una parola.
76
2.2.2 WordSmith 3.0
6
© Mike Scott & Oxford University Press, 1998.
77
CONCORD, invece, consente di creare le linee di concordanza relative ad
una determinata parola (o frase), permettendo così di studiarla in contesto e
fornendo, inoltre, le informazioni relative ai diversi collocati della parola sotto
analisi.
78
tendenze più significative nella frequenza delle parole. Quelle che risultano avere
una particolare frequenza nel testo (o nel corpus) sotto analisi, rispetto al loro
comportamento nel corpus di riferimento, vengono considerate “parole chiave” di
quel testo.
79
Partendo dall‟analisi del contesto linguistico di global warming, si è
riscontrata la presenza di numerosi termini che, all‟interno del discorso sul
riscaldamento globale, si ricollegano ad un linguaggio metaforico centrale all‟interno
di tale discorso. Difatti, la loro presenza è parsa subito profondamente connessa a
particolari posizioni all‟interno dei dibattiti sul cambiamento climatico.
Da queste premesse si è passati all‟analisi del corpus specialistico, per
verificare, come già detto, se i dati raccolti nel corpus di riferimento trovassero o
meno un riscontro. Quest‟analisi, effettuata interamente tramite WordSmith, ha in
parte confermato le tendenze rilevate all‟interno del COCA, ma ha permesso allo
stesso tempo di rilevare nuove caratteristiche nel discorso sul cambiamento
climatico. Anche in questa seconda parte, si è rivelato fondamentale il profilo
collocazionale di global warming, dal quale si è partiti per poi approfondire i risultati
che, col procedere dell‟esame, si sono ottenuti. Infatti, lo studio del corpus
specialistico ha consentito di identificare ulteriori associazioni che hanno confermato
la forte prosodia negativa che lo caratterizza.
Conseguentemente, muovendo da questi nuovi dati si è approfondito l‟uso
delle metafore precedentemente individuate, mettendo in evidenza il loro stretto
legame con le diverse posizioni ideologiche che emergono dal dibattito e che ne
caratterizzano i diversi discorsi. Da qui, si è cercato di evidenziare le diverse funzioni
che i locutori assegnano a queste metafore, di individuare la loro effettiva
realizzazione all‟interno del discorso, mostrando tale concretizzazione, in particolar
modo, all‟interno dei testi giornalistici che compongono il corpus specialistico, i
quali si sono dimostrati principali veicoli di diffusione di questi discorsi e, pertanto,
fondamentali per la loro identificazione e descrizione.
80
3
Il discorso del Global Warming:
Analisi
81
Figura 1. Percentuali e n° di occorrenze relative a GLOBAL WARMING all’interno del COCA.
La Tabella 1a fornisce diversi dati: il numero totale delle volte nelle quali
queste parole appaiono nel corpus in associazione a GLOBAL WARMING (TOT);
la percentuale di associazione dei collocati con la parola data in base alle loro
82
occorrenze totali nel corpus (%); infine l‟MI, valore molto importante poiché, se
risulta maggiore di tre, implica un forte legame semantico fra la parola e i suoi
collocati.
Prendendo come esempio il primo collocato dell‟elenco (v. Tabella 1a),
HUMAN-INDUCED, benché il totale delle associazioni con la parola in esame sia
minore rispetto ad altri collocati, l‟alta percentuale mostra come, nel 12,50% delle
sue apparizioni nel corpus, HUMAN-INDUCED è associato a global warming.
Inoltre, esso ha il più elevato MI tra i collocati, uguale a 10,53. Uno studio separato
su HUMAN-INDUCED all‟interno del COCA ha mostrato come esso sia
strettamente legato al campo semantico del clima e riscaldamento globale; infatti, gli
unici suoi collocati con un MI > 3 e una frequenza ≥5 rientrano in questo campo:
83
3.1.1 Principali associazioni lessicali
OZONE DEPLETION
Sempre in riferimento alla Tabella 1a possiamo notare che tra i primi 4
collocati sono presenti, oltre all‟aggettivo HUMAN-INDUCED, due sostantivi
interessanti per l‟analisi qui condotta: DEPLETION e OZONE.
È importante notare che questi due sostantivi occorrono nella maggior parte
dei casi insieme, con OZONE in posizione appositiva. Inoltre, molte delle
concordanze rilevate nel corpus fanno riferimento agli anni „90 (47 per il periodo
compreso fra il 1990 e il 1999, solo 19 per il periodo compreso fra il 2000 e il 2009).
Questo è, probabilmente, dovuto al fatto che il problema del buco dell‟ozono ha
riguardato principalmente gli anni „90, durante i quali si sono presi provvedimenti
per fermare l‟ulteriore assottigliamento dello strato d‟ozono e, pertanto, la sua
associazione con global warming, se non è venuta a mancare, si è comunque ridotta.
A questo proposito è importante notare che nel decennio 2000-2009 l‟associazione
tra global warming e ozone depletion si ha principalmente in testi accademici, mentre
è minore in altri registri, quali newspaper e magazine. Negli anni ‟90 invece, le linee
di concordanza che testimoniano quest‟associazione sono più omogeneamente
distribuite tra i diversi registri, riportando comunque un‟alta percentuale di presenza
nei testi accademici, che non è invece riscontrabile per global warming nel totale
delle sue occorrenze. Infatti, nel COCA si nota che su 69 apparizioni di OZONE, 34
(quasi la metà) riguardano testi accademici, mentre sulle oltre 4000 di GLOBAL
WARMING sono 867 quelle presenti nel registro accademico e 1519 quelle nei
magazine. Questi dati sottolineano che quest‟ultimo è entrato ormai nell‟uso comune
(e che forse spesso se ne abusa) molto più di quanto non sia avvenuto a suo tempo
per OZONE (DEPLETION) che sembra essere rimasto molto più nel linguaggio
specialistico dei giornali accademici, apparendo molto più raramente negli altri
registri.
Per avere conferma di queste osservazioni si è voluto verificare
l‟atteggiamento di OZONE DEPLETION all‟interno del COCA, indipendentemente
da GLOBAL WARMING. Il fatto che, su 335 linee di concordanza, 191 compaiano
in testi accademici, 95 in magazine e 24 in newspaper dà credito alle considerazioni
fatte in precedenza. A questo è possibile aggiungere un altro particolare che sembra
rafforzare l‟idea esposta: nel registro fiction presente nel COCA, che raggruppa libri
84
e film di vari generi, e che quindi si presuppone a disposizione di un grande
pubblico, non sono presenti linee di concordanza relative a OZONE DEPLETION; al
contrario, per quanto concerne GLOBAL WARMING sono presenti 91 concordanze.
Perciò, benché anche per quest‟ultimo l‟uso in tale registro sia ridotto, è evidente che
ha una diffusione molto più ampia e meno contenuta rispetto al primo che sembra
appartenere a un gergo tecnico e pertanto piuttosto circoscritto.
HOAX
Altro sostantivo che cattura l‟attenzione nell‟elenco dei collocati presentato
sopra (v. Tabella 1a) è sicuramente HOAX. Esso, infatti, appare solo 12 volte in
associazione con la nostra parola nodo, ma ha un elevato MI, uguale a 7,40, che
sottolinea la stretta correlazione semantica fra i due collocati.
HOAX è così definito nel Longman Dictionary:
I significati presentati dal Longman sono chiaramente molto vicini fra loro.
La sfumatura di significato può, perciò, non rendere evidenti le diverse
interpretazioni che la combinazione di HOAX con GLOBAL WARMING può
produrre. Infatti, se il lettore percepisce HOAX nel suo primo significato, a false
warning about something dangereous, il global warming sarà, benché qualcosa di
falso, pur sempre qualcosa da considerare pericoloso. Se invece è percepito come
“an attempt to make people believe something that is not true”, è evidente come
venga ulteriormente evidenziata la falsità attribuita a global warming, mentre
quest‟ultimo tende a perdere ogni eventuale pericolosità. È chiaro che non è possibile
estrarre dalle linee di concordanza la vera intenzione del locutore che ha fatto uso di
85
HOAX, soprattutto perché la sua interpretazione sarà fortemente influenzata anche
dalle idee in proposito dell‟interlocutore. Nell‟eventualità in cui quest‟ultimo, infatti,
nutra dei dubbi sulla realtà del riscaldamento globale, l‟ambivalenza di HOAX sarà
diversamente interpretata secondo la diversa natura dei dubbi. Si può supporre,
tuttavia, che questo termine sia stato preferito ad altri con significato simile proprio
per questa sua ambivalenza, che può influire con più probabilità sul pensiero del
lettore/ascoltatore.
Analizzando il comportamento di HOAX nel contesto a esso proprio,
verificando pertanto i suoi collocati con i quali esso viene utilizzato, è possibile
notare alcuni particolari, che possono aiutare a comprendere le scelte d‟uso di questo
sostantivo in associazione con GLOBAL WARMING.
86
L‟uso di HOAX con PERPETRATED, invece, presenta un‟altra particolarità:
si noti, infatti, in (4), (5), (6) che l‟uso di questo verbo è strettamente correlato alla
vittima dell‟inganno che, in tutte le 4 concordanze, è rappresentato dallo stesso
oggetto, cioè la popolazione; inoltre, in (4), (5) e (7), è esplicato anche il soggetto
che ha commesso l‟inganno, appartenente in tutti e tre i casi al mondo politico.
Perciò, si può presupporre che l‟uso di PERPETRATED illustrato in Tabella 4,
associato alla popolazione e al mondo politico possa ripercuotersi anche nel suo uso
in associazione a GLOBAL WARMING, come si può notare nelle Tabelle 5 e 6.
Dalle linee di concordanza indicate in Tabella 5 è possibile evincere alcune
informazioni sull‟associazione fra GLOBAL WARMING e HOAX.
1)Thank you. : Absolutely. : And coming up, the global warming hoax
is rearing its ugly head
2) sives by shamelessly promoting the unfounded global warming hoax.
// Anrig
3) an James Inhofe of Oklahoma, who once called global warming the
biggest hoax ever perpetrated on
4)Inhofe who still calls the threat of catastrophic global warming "
a hoax. " Boxer has made
5) Senator James Inhofe (R-OK), who has called global warming " the
greatest hoax ever perpetrated on the American people, " has
6) Sen. James Inhofe has drawn […]by calling global warming a "
hoax, " but that's not likely to
7)to be talking to Senator Jim Inhofe. He says global warming is a
hoax. Our story about him last week got him pretty upset.
8) spent most of the decade trying to dismiss global warming as a
liberal hoax, Lugar has since the late 1990s been calling for action
9)Inhofe, who is a born-again Christian. He calls global warming " a
hoax " and says evangelicals should heed the biblical injunction to
10) getting hot in here. The senator who says global warming is
a hoax to join us. Our story about Jim Inhofe‟s claim made
87
concordanza poiché, mentre in (1) e (2) il locutore fa suo il termine, e quindi fa sua
anche l‟idea che ne sta alla base, nelle altre concordanze il termine viene presentato
dal locutore come idea altrui, da cui pertanto sembra dissociarsi.
Inoltre, questa idea sembra appartenere a un soggetto specifico che ricorre in
quasi tutte le concordanze in Tabella 5: il senatore repubblicano James Inhofe. Due
concordanze in particolare (5 e 6) riportano quelle che sembrano i suoi primi
riferimenti al global warming come HOAX. È importante notare che quattro linee di
concordanza in particolare (v. Tabella 6), provenienti da quattro testi differenti,
appartenenti a quattro registri diversi (spoken, magazine, academic, newspaper),
riportano le esatte parole del senatore, evidenziando come il suo intervento abbia
fatto scalpore. Si noti anche l‟uso di PERPETRATED, al quale si è accennato in
precedenza.
88
climatici che gli scienziati paventano come conseguenze del riscaldamento globale,
non stanno in realtà avendo luogo, ma si tratta soltanto di cambiamenti periodici:
CULPRIT e CONTRIBUTOR
Le concordanze in Tabella 7 mostrano chiaramente il comportamento di un
altro collocato di GLOBAL WARMING (v. Tabella 1a): CULPRIT.
89
Tabella 7. Concordanze relative al collocato CULPRIT.
90
Per quanto concerne gli aggettivi che appaiono usualmente in associazione a
CULPRIT, l‟uso di superlativi quali MAJOR (presente in due collocazioni) e
BIGGEST, ma anche di PRINCIPAL e PRIMARY, sottolineano che quello
individuato è un “colpevole” fra tanti ma che, tuttavia, rimane quello fondamentale.
Questi aggettivi sono usati solamente in relazione alla seconda costruzione mostrata
in precedenza ((b) e (c)), e si riferiscono quindi esclusivamente a CARBON
DIOXIDE. Al contrario, nella costruzione (a), nella quale CULPRIT è attribuito a
GLOBAL WARMING, gli aggettivi non identificano GLOBAL WARMING come
“uno fra tanti” ma come il solo CULPRIT. (v. (1), (3), (4) e (5)).
L‟associazione con determinati aggettivi, sopraccitata, è visibile anche nelle
linee di concordanza relative a un altro collocato di GLOBAL WARMING, cioè
CONTRIBUTOR.
91
CANCER, DESTRUCTION, FAILURE. Al contrario, CONTRIBUTOR non sembra
collocarsi con nessun elemento che possa produrre una connotazione negativa del
termine. Piuttosto, esso sembra associarsi a sostantivi appartenenti in particolar modo
a due campi semantici: il primo, quello dei media, con sostantivi quali NEWS,
MAGAZINE (che risultano essere i primi due collocati), SHOW,
CORRESPONDENT; il secondo a quello politico, con sostantivi quali CAMPAIGN,
REPUBLICAN, PRESIDENT. Considerando l‟associazione fra CONTRIBUTOR e
GLOBAL WARMING, la presenza di questi campi semantici sembra dare a
quest‟ultimo una dimensione pubblica e sociale, priva di un‟esplicita connotazione
valutativa.
Si può supporre, inoltre, in base ai profili collocazionali presentati per i due
termini, che la scelta di usare CULPRIT o CONTRIBUTOR, comporti l‟attribuzione
da parte del locutore di una determinata prosodia semantica, realizzabile in termini di
“stance”, cioè di atteggiamento, da parte del locutore rispetto a quanto preso in
esame. Una partecipazione emotiva al problema, infatti, può essere marcata in
termini di “colpa” con l‟uso di CULPRIT, mentre la scelta dell‟altro termine può
indicare una posizione neutrale e perciò più obiettiva.
CAUSE
I collocati presentati in Tabella 1a, com‟è già stato detto, sono stati ordinati
secondo l‟MI-score, ovvero secondo un valore che sottolinea la loro connessione
semantica con la parola nodo. Tuttavia, i collocati possono essere ordinati anche
secondo la frequenza di apparizione con la parola nodo. In tal modo, l‟elenco dei
collocati cambia sensibilmente. Come mostra la Tabella 1b, infatti, fra i primi
collocati si trovano, per esempio, EFFECTS, ISSUE, CAUSE, etc., assenti, invece,
in Tabella 1a.
Nel caso di CAUSE, la Tabella 1b mostra che esso appare in associazione a
GLOBAL WARMING in sessanta concordanze, nelle quali si presenta sia come
sostantivo che come verbo. Considerando il sostantivo CAUSE, dal COCA è
possibile evincere che esso si associa con GLOBAL WARMING seguendo
soprattutto la seguente costruzione:
(e) the + AGG + CAUSE + of + GLOBAL WARMING (v. Tab. 9).
92
Tabella 9. Concordanze mostranti la struttura CAUSE + of + GLOBAL WARMING
93
prosodia negativa che accompagna CAUSE, cosi come il profilo collocazionale di
CULPRIT l‟aveva mostrata per quest‟ultimo.
Da notare, infine, la presenza, fra i collocati di cause of, di alcuni sostantivi
slegati dal profilo collocazionale delineato pocanzi, tra i quali si possono individuare
FREEDOM, PEACE e JUSTICE. Per poter comprendere la presenza di sostantivi
così differenti da quelli elencati sopra, è necessario sottolineare che la prosodia
semantica negativa che caratterizza CAUSE concerne principalmente uno dei due
sensi individuati, ossia CAUSE come ragione, cagione o motivo. Nel suo secondo
senso, quello di obiettivo o ideale, esso tende ad associarsi con sostantivi quali
appunto FREEDOM e PEACE che connotano CAUSE positivamente. Si noti,
tuttavia, che fra i primi venti collocati di CAUSE, quelli che si associano al suo
secondo significato sono in numero minore rispetto a quelli che si associano al
primo. Questo sembra dimostrare la maggiore diffusione del primo profilo
collocazionale e, di conseguenza, sembra influenzare maggiormente la connotazione
di GLOBAL WARMING quando CAUSE è a esso associato.
ISSUE/ISSUES
Tabella 10. Concordanze relative al collocato ISSUE
94
che risulta essere una delle più ricorrenti per questo collocato; su 68 concordanze
relative a ISSUE (v. Tabella 1b), infatti, il pattern sopra presentato si ripete in ben
22. Solitamente questo costrutto è preceduto da verbi o espressioni che sottolineano
la necessità di agire, di interessarsi alla questione esposta: le concordanze in Tabella
10 e 11 presentano, per esempio, verbi quali ADDRESS, ACT, DEAL WITH, e
espressioni come ACTION ON, APPROACH TO, etc. Dall‟ampliamento delle
concordanze relative alla collocazione di ISSUE con GLOBAL WARMING è
possibile evincere che questa azione e questo interesse nei confronti del global
warming, esplicati dalle espressioni sopra presentate, devono avere carattere
pubblico e politico.
Difatti (v. Tabella 11), il contesto immediatamente precedente e successivo a
al costrutto (f) evidenzia la presenza di termini quali COUNTRY, PUBLIC
ATTENTION, UNITED NATIONS, CONSERVATIVE, etc., chiaramente riferibili
al campo semantico politico e che, più in generale, presuppongono il carattere sociale
e l‟interesse pubblico della questione presentata (in questo caso GLOBAL
WARMING).
Tabella 11. Concordanze che sottolineano l’associazione tra ISSUE, GLOBAL WARMING e termini
appartenenti al campo semantico della politica e più in generale del sociale e del pubblico.
1)global warming is now the most important issue facing the country
2)ore public attention to the issue of global warming than the
3)consequences. In April the issue of global warming went before
the United Nations Security Council.
4)the United States' stubbornness to act on the pressing issue of
global warming.
5)conservative approach to the issue of global warming: I believe
6) Global warming is certainly a scientific, technical, economic,
political and strategic issue.
7)And by last October, the only issue appearing more than global
warming in campaign ads was the Iraq war.
8)opportunity for policy action on the global warming issue. #
95
associarsi con termini comunemente negativi può portare a sostenere che il suo uso
con GLOBAL WARMING connoti negativamente anche quest‟ultimo.
Il carattere sociale di global warming è ulteriormente sottolineato nell‟analisi
della sua collocazione con la forma plurale di ISSUE che, come si evince dalla
Tabella 1b, è anch‟esso fra i primi collocati di GLOBAL WARMING.
96
(h) ISSUES + SUCH AS + S + and + S
Questa struttura sembra essere strettamente connessa al cambiamento del campo
semantico dei sostantivi che a esso si combinano. Dalle concordanze 8-13, infatti, si
può evincere che, accanto a GLOBAL WARMING, spiccano espressioni riferibili al
campo semantico dell‟inquinamento ambientale. Ne sono un esempio termini come
RECYCLING, NUCLEAR WASTE o ACID RAIN che, associandosi a GLOBAL
WARMING, tendono a influenzare il senso attribuito a quest‟ultimo, che è percepito
dal lettore/interlocutore all‟interno dello stesso campo semantico dei termini che lo
accompagnano. In relazione a quanto detto è importante sottolineare la presenza fra i
primi collocati di ISSUES (ricercati sempre all‟interno del COCA) dell‟aggettivo
ENVIRONMENTAL, che risulta essere il secondo con 1877 concordanze. Lo stesso
aggettivo compare anche fra i primi collocati del costrutto „ISSUES + SUCH AS‟
(risultando il settimo) sottolineando quindi la connessione tra il campo semantico
dell‟ambiente e questo costrutto della quale si è discusso pocanzi.
Quest‟associazione sembra essere strettamente legata al registro accademico.
Difatti, delle 27 concordanze nelle quali questo costrutto si associa a
ENVIRONMENTAL, 15 appartengono al registro accademico. Questo legame è
ulteriormente sottolineato dal fatto che, delle 1877 concordanze nelle quali ISSUES
si associa a ENVIRONMENTAL, ben 1191 appartengono al registro accademico.
Un altro particolare che sembra evidenziare questo nesso è il fatto che il
costrutto (g), incontrato pocanzi (v. concordanze 1-6 in Tabella 12), appare
specialmente nei registri magazine e news, mentre il secondo (h) (v. concordanze 8-
13 in Tabella 12) sembra essere una prerogativa del registro accademico; questa
peculiarità è ribadita nel COCA, dal quale si evince che il costrutto „ISSUES +
SUCH AS‟ appare in 1150 linee di concordanza, delle quali ben 568 appartenenti al
registro academic, mentre „ISSUES + LIKE‟ appare in 1048 concordanze, delle quali
solo 108 si trovano all‟interno del registro accademico. In particolare, la costruzione
„ISSUES LIKE GLOBAL WARMING‟ non compare mai in tale registro, mentre su
sei concordanze relative a „ISSUES SUCH AS GLOBAL WARMING‟, tre
appartengono al registro accademico.
ACTION
È già emerso nel corso dell‟analisi che nel contesto linguistico di GLOBAL
WARMING sono presenti termini che ribadiscono la necessità di agire, di
97
interessarsi al problema (v. Tabella 10 e 11). Un altro collocato di GLOBAL
WARMING, ACTION, ribadisce tale caratteristica. ACTION appare in 30
concordanze relative a GLOBAL WARMING, alcune delle quali sono mostrate in
Tabella 13.
Come si può facilmente evincere da questa Tabella, vi sono alcuni pattern che
si ripetono e che caratterizzano l‟associazione fra questo collocato e la parola nodo.
Il più ricorrente, ACTION + on + GLOBAL WARMING, compare in ben 16
concordanze, qui evidenziato nelle concordanze 1-9. Tale costrutto può essere in
alcuni casi preceduto dal lemma CALL, come mostrano le concordanze 1-4:
(i) CALL + for/to + ACTION + on + GLOBAL WARMING,
che sembra rafforzare ulteriormente il collocato, che esprime già di per sé la
necessità di azione, menzionata in precedenza (v. ISSUE/S). Ciò accade anche in
presenza di un altro pattern:
(l) ACTION + to + V + GLOBAL WARMING (v. concordanze 10-14),
che può essere preceduto in alcuni casi dal verbo TAKE (v. 13-14). A rafforzare
ulteriormente questa costruzione, tuttavia, contribuisce in particolar modo la
presenza di verbi (V) quali COMBAT, FIGHT e CURB, che descrivono l‟azione che
deve essere compiuta per meglio affrontare il global warming.
È necessario rilevare, inoltre, la presenza di alcuni termini che precedono il
collocato, come PRESIDENTIAL e GOVERNMENT che, ancora una volta,
riconfermano la stretta correlazione tra il discorso del global warming e il mondo
politico.
98
Un approfondimento su ACTION all‟interno del COCA, in particolare sul
pattern „ACTION + on‟, ha mostrato che tale costrutto è in prevalenza usato in
ambito politico ed economico, proprio per il ricorrere nel suo contesto di termini
riconducibili a tale campo semantico, come POLICY, INDUSTRIES, EUROPEAN
COMMISSION, etc. Il contesto di „ACTION ON‟, inoltre, mette in evidenza un‟altra
proprietà: oltre a parole appartenenti al campo semantico della politica, infatti, si è
rilevata la presenza di espressioni quali HEALTH (CARE/INSURANCE),
SMOKING, etc., che individuano problemi e questioni di carattere sociale, ma anche
di vocaboli quali CLIMATE e ENVIRONMENTAL (tra i primi dieci collocati). I
primi riconducono il discorso a una dimensione pubblica; i secondi, invece, sono
riconducibili al campo semantico dell‟ambiente; caratteristiche, queste, già osservate
durante l‟analisi di ISSUE/S (v. Tabella 12) e che, vista la collocazione di ACTION
con GLOBAL WARMING, vanno ad influenzare ulteriormente il significato e la
percezione di quest‟ultimo da parte dell‟interlocutore/lettore.
99
realtà accessibile a molti, avvicinando così il pubblico al problema e rendendolo
consapevole della “realtà dei fatti”1 o, comunque, rafforzando una particolare visione
della realtà piuttosto che un‟altra.2
Tramite queste metafore si attua, quindi, una concettualizzazione3 di tali idee
astratte che permette di dare loro forma e, di conseguenza, rende più lineare il
riferimento a esse. Il profondo legame che si crea fra dominio sorgente e dominio
obiettivo (v. nota 3) consente al linguaggio metaforico di creare nuove “realtà”
manipolando le diverse immagini che una metafora (concettuale) può offrire. 4 La
possibilità di avvalersi di numerosi e diversi sistemi metaforici, inoltre, implica che
l‟uso di una metafora piuttosto che di un‟altra ha l‟obiettivo di far prevalere una
determinata rappresentazione ideologica su altre, rendendo quest‟ultima dominante
(v. sezione 1.2.6). L‟uso di queste metafore favorisce, infatti, il processo di
naturalizzazione (visto nella sezione 1.2.6) di una determinata visione della realtà, in
quanto molte di queste metafore sono invisibili e, quindi, difficilmente percepibili
come tali. 5
Come detto a inizio sezione, nell‟analizzare il contesto linguistico di global
warming si è riscontrata la presenza di numerose parole che, all‟interno del discorso
sul riscaldamento globale, diventano elementi chiave nel linguaggio metaforico che
caratterizza tale discorso. A questo proposito è necessario evidenziare la presenza di
un cospicuo numero di verbi i quali, opportunamente suddivisi in base al loro campo
semantico, permettono di individuare differenti metafore che vanno a influenzare
fortemente la percezione dello stesso global warming.
La Tabella sottostante mostra i principali verbi (ricercati per lemma) che
appaiono in associazione a global warming.
1
Cfr. R. Holme, Mind, Metaphor and Language Teaching, Palgrave Macmillan, New York, (2004),
pp. 11-13.
2
Cfr. V. Koller, Metaphor and gender in business media discourse: A critical cognitive study. New
York: Palgrave Macmillan (2004), p. 4, cit. in S. Palmer Baghestani, “It’s good to be thin”: The
impact of metaphor on our beliefs about diet and exercise. Master thesis, Miami University, (2008), p.
8.
3
Attraverso tali metafore (cosiddette concettuali), si ha, cioè, un trasferimento di significato da un
dominio detto sorgente (che identifica solitamente strutture del mondo fisico) a un dominio definito
obiettivo (che individua solitamente strutture astratte). Attraverso questo trasferimento, determinate
proprietà del dominio sorgente, del quale si ha solitamente esperienza diretta e che è, quindi,
facilmente esprimibile da un punto di vista linguistico, vengono usate per descrivere proprietà del
dominio obiettivo, il cui carattere solitamente astratto ne rende invece difficile l‟espressione
linguistica. Per una migliore comprensione delle metafore concettuali cfr. G. Lakoff & M. Johnson,
Metaphors we live by, Chicago University Press, Chicago, (1980).
4
Cfr. G. Lakoff & M. Johnson, op. cit., pp. 10-13, cit. in S. Palmer Baghestani, op. cit., p. 8.
5
Cfr. V. Koller, ibid.
100
Tabella 14. Lista dei principali verbi che si collocano con global warming.
n° Collocati TOT n° Collocati TOT
1 [CAUSE] 148 14 [ADDRESS] 34
2 [SAY] 126 15 [HELP] 34
3 [CONTRIBUTE] 85 16 [CURB] 33
4 [FIGHT] 57 17 [SLOW] 33
5 [REDUCE] 53 18 [AFFECT] 29
6 [COMBAT] 53 19 [DEAL] 19
7 [BELIEVE] 42 20 [RAISE] 17
8 [TALK] 42 21 [ACCELERATE] 15
9 [INCREASE] 41 22 [CUT] 12
10 [TAKE] 41 23 [LIMIT] 11
11 [STOP] 38 24 [REVERSE] 10
12 [MAKE] 37 25 [BATTLE] 10
13 [LEAD] 35 26 [HALT] 7
Com‟è possibile evincere dalla Tabella 14, inoltre, alcuni verbi sono stati
messi in risalto con diverse colorazioni per evidenziare i diversi campi semantici ai
quali essi appartengono. I diversi gruppi semantici individuati, infatti, permettono di
mettere in evidenza, poi, in contesto le diverse metafore ad essi associate.
Si considerino per esempio, i verbi FIGHT, COMBAT, BATTLE (evidenziati
in azzurro nella Tabella 14). Ancora prima di vedere il loro contesto d‟uso essi
richiamano alla mente l‟immagine della guerra, della lotta. La natura astratta di un
concetto come quello del riscaldamento globale rende subito evidente che la
collocazione di questi verbi con global warming presuppone un loro utilizzo
metaforico, in quanto la sua non-fisicità non consente l‟effettiva realizzazione di una
guerra. Si può, pertanto, ipotizzare l‟uso di una metafora bellica. Le concordanze
che seguono (v. Tabella 15 e 16) consentono un‟analisi più approfondita del
fenomeno.
101
Tabella 16. Concordanze relative a COMBAT, BATTLE e WAR.
6
Lakoff e Johnson individuano principalmente tre tipi di metafore, strutturali, ontologiche e di
orientamento. Attraverso le metafore strutturali un concetto (il dominio obiettivo) viene strutturato,
appunto, nei termini di un altro concetto (il dominio sorgente). Il dominio sorgente, pertanto, sarà
utilizzato per strutturare non solo un singolo aspetto del dominio obiettivo, ma per rappresentarne le
diverse caratteristiche. Le metafore ontologiche, invece, consentono la descrizione di idee, emozioni,
eventi, etc., in termini di entità fisiche. Infine, le metafore di orientamento descrivono entità
solitamente astratte in relazione all‟orientamento spaziale e temporale, come succede nel caso delle
felicità e della tristezza, descritte in termini di alto e basso (felicità si trova più su rispetto alla
tristezza).
102
indica metaforicamente i mezzi e gli strumenti utili per attuare tale azione, come
mostra chiaramente la concordanza (20), dove energie rinnovabili come quella solare
e eolica diventano armi indispensabili per condurre questa guerra. Si ripete spesso,
inoltre, FRONT (anche FOREFRONT) che va a indicare la posizione nella quale i
soggetti (impegnati in questa guerra) sono situati. Questi ultimi sono raramente
definiti in termini metaforici e, quando questo accade, descrivono non l‟intera
popolazione ma soggetti specifici. Si vedano le concordanze (9) e (13). Nella prima,
gli automobilisti (drivers) sono presentati come GUERRILLA WARRIORS, mentre,
nella seconda sono i climatologi (climate researchers) a essere descritti come
VICTIMS.
Le proprietà del dominio sorgente (in questo caso la guerra), permeano
profondamente, attraverso il linguaggio metaforico qui utilizzato, il dominio
obiettivo (situato nel discorso sul riscaldamento globale). Le concordanze (14) e
(17), per esempio, presentano la naturalizzazione di tale linguaggio (della quale si è
parlato in precedenza). Frasi come “save the world”, “unite the world” e, ancora,
“(you can) be remembered for the effort”, infatti, sono difficilmente percepite come
delle metafore, eppure richiamano il linguaggio propagandistico utilizzato
principalmente, da figure governative, per la promozione delle campagne militari,
specialmente quelle di stampo internazionale, come per esempio quelle irachena e
afghana degli ultimi anni. Sembra, quindi, crearsi una stretta correlazione fra il tema
del riscaldamento globale e quello della guerra. Si consideri come esempio, tra le
concordanze sopra riportate, la numero (18), all‟interno della quale si crea un
parallelo alquanto evidente fra la guerra in Iraq e il riscaldamento globale. La guerra
del golfo viene, infatti, utilizzata in questo caso come termine di paragone per
descrivere l‟atteggiamento (governativo) nei confronti del cambiamento climatico.
Un‟ulteriore analisi all‟interno del corpus pare confermare la profonda
correlazione esistente tra il tema della guerra e quello del cambiamento climatico.
GLOBAL WARMING, infatti, compare frequentemente in associazione alla guerra
in Iraq (per un totale di 27 concordanze), sul terrorismo (18 concordanze) e altri
eventi bellici o comunque violenti, come mostrano chiaramente le concordanza
riportate a titolo illustrativo in Tabella 17.
103
Tabella 17. Concordanze relative alla correlazione fra il tema della guerra e global warming.
104
global warming. Anche gli altri lemmi evidenziati (in viola) nella tabella 14, infatti,
presuppongono una percezione sensibile delle entità alle quali si riferiscono.
Le concordanze in Tabella 18, relative a STOP, ACCELERATE, SLOW e
HALT, evidenziano la visione di global warming come un oggetto fisico, in
particolare riprendendo le caratteristiche di una automobile, che può pertanto
fermarsi, accelerare, rallentare, invertire l‟andatura. Il movimento che questa
immagine racchiude presuppone, quindi, oltre al carattere ontologico della metafora,
anche quello di orientamento (v. nota 6).
Tabella 18. Concordanze relative a STOP, HALT, SLOW, ACCELERATE, REVERSE + global warming.
Tale percezione fisica del riscaldamento globale è messa in risalto anche dal
contesto linguistico che emerge dalle concordanze. Termini quali EFFORT (che
appare in numerose concordanze), MOVEMENT, ACTION, STEP(S), PACE,
presuppongono, infatti, un impegno, uno sforzo fisico, come comprovano anche le
concordanze riportate in Tabella 19, che rimarcano ulteriormente la rappresentazione
“corporea” del global warming.
105
Tabella 19. Concordanze relative alla metafora ontologica nel discorso sul global warming.
106
INCREASE e GROW evidenziano, infine, l‟ulteriore ricorso alla metafora di
orientamento (già incontrata durante la descrizione di GLOBAL WARMING =
AUTO) presupponendo un movimento (un‟espansione) verso l‟alto (o in avanti)
dell‟oggetto al quale si riferiscono. L‟orientamento spaziale è messo in evidenza
anche nelle concordanze in Tabella 20.
107
3.2 Il discorso del Global Warming nel corpus
specialistico
Nella precedente sezione relativa al corpus di riferimento sono distintamente
emerse le caratteristiche fondamentali che caratterizzano il discorso che ruota attorno
al fenomeno del riscaldamento globale e del conseguente cambiamento climatico: le
associazioni lessicali hanno mostrato, da un lato, la dimensione sociale di questo
tema e, dall‟altro, una prosodia semantica fortemente negativa, in parte confermata
dalla ricorrente metafora bellica individuata nella sezione 3.1.2.
I dati estratti dal corpus specialistico (v. capitolo 2 per la sua composizione)
hanno, in parte, confermato la tendenza individuata nel reference corpus ma, allo
stesso tempo, hanno permesso di rilevare ulteriori elementi distintivi del discorso sul
global warming.
In tale corpus global warming compare in 924 concordanze delle quali solo
207 appartengono a testi accademici, mentre le altre si concentrano interamente nei
testi giornalistici.
Tra i collocati, individuati tramite il software WordSmith e illustrati in
Tabella 21,
sono presenti alcune parole già individuate nella precedente analisi svolta all‟interno
del COCA (v. Tabella 1a e 1b), quali CAUSE(D), EMISSIONS, CLIMATE,
IMPACT, CHANGE ma, contemporaneamente, è da evidenziare la presenta di altri
elementi lessicali che, invece, non risultano fra i primi collocati all‟interno del
reference corpus.
Funge sicuramente da esempio MADE che, in Tabella 21, si presenta come il
primo collocato mentre è assente nella Tabella relativa al COCA (v. Tabelle 1a e 1b).
108
L‟analisi condotta sui testi del corpus ha permesso di rilevare un‟interessante
tendenza nell‟uso di questo collocato. Difatti, sono state rilevate 29 concordanze che
sottolineano l‟immediata associazione fra MADE e GLOBAL WARMING. Di
queste 29 concordanze, ben 25 mostrano che l‟associazione tra MADE e GLOBAL
WARMING si regge principalmente su un altro elemento, MAN, individuabile in
posizione appositiva rispetto a MADE, come mostrano le concordanze riportate a
titolo d‟esempio in Tabella 22.
109
rispettivamente, gli scienziati che non credono alla responsabilità umana del
fenomeno e gli scienziati che, invece, fanno tacere i dissensi con la forza. 1
Tabella 23.
Concordanze che mostrano il legame fra l’uso di MAN-MADE e il discorso scettico sul global warming.
1
Tale presunto dissenso, come ampiamente spiegato in 1.3.4, è una delle principali argomentazioni
degli scettici usata per confutare l‟effettiva pericolosità del riscaldamento globale.
110
la veridicità di queste e-mail, il risalto dato alla loro pubblicazione è tale da instillare,
comunque, il dubbio nel lettore.
Una tendenza simile a quella descritta per MAN-MADE si ha nel caso di
SCIENTISTS e di parole ad esso correlato, quali SCIENCE e SCIENTIFIC, i quali
appaiono in associazione a global warming, rispettivamente, in 30, 18 e 14
concordanze. L‟appartenenza, per quanto concerne SCIENTISTS, di 25 concordanze
al registro giornalistico può, in una certa misura, spiegarsi con la necessità per i
quotidiani di ricorrere a fonti attendibili per le loro notizie ma, anche, con la volontà
di legittimare un discorso apertamente “filo-scientifico”, che si ricollega in parte al
discorso catastrofista descritto nella sezione 1.3.3 (vedi), e che le concordanze in
Tabella 24 sembrano confermare:
Tabella 25.
SCIENTISTS, SCIENCE, SCIENTIFIC e connotazione negativa del discorso sul global warming.
SCIENTISTS
1)exaggerated claims about global warming‟s risks, chided climate
scientists for predicting an ice age three decades ago an
2)eather, Mr. Inhofe said by e-mail, reinforced doubts about
scientists‟ conclusion that global warming was “unequivocal”
3)ritish university, which global warming skeptics say show
111
scientists have been conspiring to hide evidence that doe
4)He condemned scientists who refused to publish the data
underpinning th
5) been alleged that climate change scientists have been
manipulating global warming data be
6)Climate scientists are hyping the global warming crisis in order
7) f a United Nations panel said it will investigate claims that
scientists manipulated data about global warming, days b
8)welcomed the UN's investigation into claims that scientists
twisted global warming data —
112
scientifico sull‟effettiva presenza del cambiamento climatico) è sempre subordinata
alla riaffermazione di quest‟ultima.
Dalla sezione relativa alle metafore rilevate nel discorso del global warming,
si può facilmente evincere che la metafora bellica è quella che svolge un ruolo
prominente nel discorso sul riscaldamento globale, nello specifico nel discorso che
presenta il cambiamento climatico come un pericolo da evitare. Attraverso questa
metafora, quindi, si cerca di superare il discorso puramente catastrofista proponendo
una lotta, una guerra appunto, per fermare il riscaldamento, anche se sovente non
vengono specificate quali armi devono essere utilizzate per questa battaglia, avendo
come risultato quello di acuire il carattere catastrofico del fenomeno e di far
percepire come molto improbabile una sua eventuale soluzione. Se queste armi
vengono nominate, la loro descrizione non è mai approfondita e, pertanto, la
conoscenza del problema resta per il lettore sempre piuttosto generica, come
illustrano le concordanze in Tabella 26.
COMBAT
1)The enactment of laws to combat global warming is an established
priority of the new ad
2)global warming and the usefulness of government action to combat
it.
3) promising swift and comprehensive action to combat global climate
change,
4) effective agreement to combat global warming can be secured in
Copenhagen
5) that the United States is aggressively taking actions to combat
global warming,
6) Accord - was an "important first step" but "not sufficient to
combat the threat of climate change
FIGHT
7) be valuable to the federal government when making decisions on
how to fight climate change in the face of such rationality.
8) Andreas Carlgren said, as two weeks of negotiations for a global
deal to fight climate change opened in the Danish capital
9) common goals in promoting clean energy to fight climate change
10) sharpest critics, on Tuesday promoted common ground with China
in the fight to combat global warming. "I think this climate
11) on Congress to enact a tax on greenhouse-gas emissions in order
to fight global warming
12)The European Union has offered about $10 billion to fight global
warming,
113
Solo in pochi casi, infatti, come mostrano le concordanze (9) e (11), sono
chiaramente esposti gli strumenti proposti, o attuati, per combattere il riscaldamento
del pianeta.
È interessante notare, inoltre, il particolare uso che diversi testi fanno della
metafora bellica, nello specifico nell‟utilizzare FIGHT. Tutte le concordanze
riportate in Tabella 27, come illustra la didascalia,
114
facciano frequentemente ricorso (molto più che i quotidiani britannici) ad argomenti
politici piuttosto che a temi scientifici nel delineare la questione del riscaldamento
globale. Di frequente, perciò, si citano leggi, negoziati, trattati (nazionali e
internazionali) così come Stati e personalità eminenti che combattono in prima linea
per questi obiettivi.
La tendenza qui registrata non fa che confermare l‟evoluzione della questione
del riscaldamento globale da puramente scientifica a profondamente politica,
evoluzione ampiamente descritta alla fine del primo capitolo (v. sezione 1.3).
115
Conclusioni
Il percorso seguito in questa tesi, che ha guidato l‟intero lavoro di analisi qui
svolto, parte principalmente dalla volontà di andare oltre il tanto abusato termine
global warming (ne è una testimonianza il suo, oramai larghissimo, uso anche in
Italia). Lo scopo era quello di illustrarne i caratteri intrinseci, per offrire al lettore un
approccio diverso, mentalmente più ampio, al problema e alla sua trattazione, in
particolar modo quella mediatica.
Il fenomeno del riscaldamento globale, infatti, è un problema che concerne
l‟intero pianeta e, parallelamente, riguarda ogni singolo soggetto nella sua
quotidianità. Tuttavia, nonostante la sua fondamentale importanza per il futuro
dell‟intera popolazione mondiale, la sua comprensione è strettamente dipendente dal
mezzo attraverso il quale esso è presentato.
Innanzitutto, è emerso dalla letteratura di riferimento sull‟argomento che i
media rappresentano attualmente il veicolo principale e fondamentale per la
diffusione e comprensione del cambiamento climatico, la principale fonte
d‟informazione per il pubblico che difficilmente accede direttamente a testi
scientifici o li sa interpretare. TV e giornali fungono, quindi, da tramite per la
conoscenza scientifica non semplicemente riferendo ma ricostruendo la realtà
scientifica e dando in questo modo status di “questione sociale” al global warming.
Trattandosi proprio di una RI-costruzione, essa non può risultare neutra e obiettiva ed
è evidente, dunque, quanto i media influiscano profondamente sulla consapevolezza
del pubblico e sulla sua percezione e elaborazione finale dell‟argomento. Tale
ricostruzione è manifesta nei due principali discorsi sul riscaldamento globale
individuati in itinere, riconducibili, rispettivamente, agli scettici, che cercano di
minare la veridicità e la certezza scientifica sul fenomeno del cambiamento
climatico, e a coloro che, invece, riconoscono la sua problematicità.
116
Queste prime osservazioni sul tema del global warming, ricavate
principalmente dai lavori di autorevoli studiosi, hanno rappresentato una sorta
d‟introduzione per l‟analisi linguistica condotta successivamente.
La parte dell‟analisi dedicata alle principali associazioni lessicali di global
warming ha mostrato che le scelte linguistiche attuate all‟interno di un discorso non
sono mai frutto del caso ma risultato di scelte ben specifiche da parte di chi scrive,
anche se spesso inconsapevoli o, per meglio dire, automatiche. Ogni parola, infatti,
come insegnano la Linguistica dei Corpora e l‟Analisi Critica del Discorso, reca al
suo interno un peso specifico non solo linguistico ma semantico e culturale, che la
rende “loaded” anche nel momento in cui essa sembra avere una posizione neutra
all‟interno di un testo/discorso.
Si veda, a tal proposito, l‟uso di CULPRIT e CONTRIBUTOR, la cui analisi
ha dimostrato come la scelta del primo piuttosto che del secondo implichi
l‟attribuzione da parte del locutore di una determinata prosodia semantica,
realizzabile in termini di un determinato atteggiamento, da parte del locutore. Una
partecipazione emotiva al problema, infatti, può essere marcata in termini di “colpa”
con l‟uso di CULPRIT, mentre la scelta dell‟altro termine può indicare una posizione
neutrale e perciò più obiettiva. Lo stesso accade con l‟utilizzo di CAUSE e di
ISSUE(S). In entrambi casi, infatti, l‟analisi dei loro specifici profili collocazionali
ha permesso di rilevare come questi due sostantivi posseggano intrinsecamente una
forte connotazione negativa che si ripercuote, di conseguenza, sulla percezione di
global warming.
Quest‟ultimo, pertanto, è pervaso da una notevole prosodia negativa che,
conseguentemente, va a influenzare il corrispondente discorso. Si tratta, in questo
caso, del discorso portato avanti da coloro che sostengono la posizione scientifica (in
contrapposizione agli scettici) e la certezza circa l‟effettiva pericolosità del fenomeno
del cambiamento climatico. La prosodia negativa rilevata s‟inserisce proprio in tale
contesto. Vi è, infatti, la volontà precisa da parte del locutore/scrittore di porre
l‟accento su tutti gli aspetti del riscaldamento globale che risultano negativi,
sfavorevoli, pericolosi per l‟uomo e per il pianeta, in maniera tale da attirare con
maggiore probabilità l‟attenzione dell‟interlocutore/lettore e di portarlo alla
condivisione della tesi espressa nel testo/discorso. Infatti, se si è evidenziato che il
ricorso a immagini esplicitamente negative (quali eventi atmosferici estremi e
catastrofici) comporta un accrescimento nell‟attenzione da parte del lettore, la
117
prosodia negativa descritta pocanzi, essendo percepita in maniera indiretta, può
addirittura implicare un maggiore livello di attenzione e una maggiore propensione
verso questo determinato punto di vista da parte dell‟interlocutore.
Il ricorso a queste strategie sottolinea come il global warming si allontani
sempre più dalla sua dimensione prettamente scientifica e si inserisca in un‟altra
profondamente sociale e in particolar modo politica. Le associazioni lessicali
forniscono ulteriore riprova di questa tendenza, come hanno dimostrato i dati ottenuti
dalle diverse analisi di OZONE DEPLETION e ACTION che, seppure in due modi
differenti, hanno chiaramente illustrato la “trasformazione mediatica” del fenomeno
qui studiato. Il primo, infatti, ha evidenziato la diffusione molto più ampia di global
warming in contesti giornalistici e più in generale mediatici, mostrando come questo
sia oramai entrato nell‟uso comune, lasciandosi alle spalle molto della sua origine
accademica e scientifica. Il secondo, invece, ha sottolineato l‟appartenenza di global
warming ad una dimensione sociale e, in particolar modo, politica. Si assiste
nuovamente, pertanto, a un‟influenza implicita da parte del contesto linguistico di
global warming sulla percezione di quest‟ultimo da parte dell‟interlocutore/lettore.
La metamorfosi subita dal discorso del global warming, ampiamente
documentata dall‟analisi prettamente lessicale, è risultata altrettanto lampante nelle
metafore rilevate all‟interno di questo discorso. In particolare, la metafora bellica,
creando un parallelo tra il tema del riscaldamento globale e quello della guerra (e del
terrorismo), tema, quest‟ultimo decisamente “politico”, ha mostrato esplicitamente la
dimensione ugualmente politica raggiunta dal global warming. Inoltre, l‟ampio
utilizzo di questa metafora nei testi giornalistici sottolinea il maggiore interesse di
quest‟ultimi per la politica del contrasto al global warming piuttosto che per gli
aspetti scientifici del problema, che vanno definitivamente a porsi in secondo piano
rispetto a quelli politici.
Tuttavia, la sempre maggiore attenzione da parte dei media, e nel caso qui
analizzato dei giornali, per l‟azione politica a discapito della descrizione scientifica
del problema ha comportato una forte ascesa del movimento degli scettici, che hanno
utilizzato ogni piccola crepa in questa costruzione per inserirsi e inculcare il dubbio
nel lettore/interlocutore. L‟analisi ha chiaramente mostrato questa tendenza,
rilevando la notevole diffusione degli argomenti che caratterizzano il pensiero
scettico, dall‟incertezza scientifica all‟idea del complotto ordito dagli scienziati per
convincere di un consenso del quale gli scettici negano, invece, l‟esistenza.
118
Inoltre, l‟analisi sembra avvalorare l‟idea che il principale colpevole di questa
ampia copertura mediatica di queste posizioni sia la famosa regola dell‟equilibrio
delle “voci”, tipica del giornalismo. La tendenza a coprire posizioni opposte in modo
identico, proprio in nome di questa regola, provoca in realtà una profonda
diseguaglianza nell‟informazione, presentando spesso come prevalente una posizione
che in realtà non lo è (come quella scettica) ma che, naturalmente, il lettore
percepisce come tale.
Il lavoro qui svolto non vuole essere esaustivo, ma offrire nuovi spunti di
discussione per ulteriori ricerche su questo fenomeno, il cui dibattito è in continua
evoluzione.
119
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