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 RITI

È difficile dare una definizione condivisa di “rito”.


Negli anni ’70 gli antropologi pensavano che la società moderna avrebbe portato ad una scomparsa dei riti.

Il rito invece è tornato nella modernità ed è diventato un campo importante per analizzare il mondo
contemporaneo.
Revitalizzazione di feste e rituali nell’Europa contemporanea a partire dagli anni ’90.

1) Che cos’è un rito? Innanzitutto il rito è una pratica sociale ripetitiva, composta da una sequenza di
attività simboliche condivise da una collettività (che possono far uso di gesti, discorso, canto, danza,
etc)

La ripetitività di un comportamento è sufficiente a designare un atto come rituale? Se così fosse anche gli
animali avrebbero comportamenti rituali. In realtà, non esiste una definizione riconosciuta e fissata. C’è una
notevole varietà e incompatibilità tra le varie definizioni di rito.

2) Il rito è una pratica separata dalla normale routine quotidiana


3) Che fa uso di uno schema rituale culturalmente definito riconosciuti dagli attori, anche se questi
non hanno mai assistito prima a quel rito (azione codificata)
4) Il rito si collega molto spesso ad un insieme di idee che sono codificate in un mito.
5) Il rito ha una valenza simbolica. Ha alla base uno o più significati simbolici.

Il rito ha una efficace sociale in quanto produce senso e ordina il disordine.


I riti sono insiemi di condotte individuali o collettive codificate e di carattere ripetitivo, di carica simbolica.
Tali condotte sono fondate su una adesione mentale a certi valori della quale l’attore piò anche non essere
consapevole.
L’efficacia che ci sia aspetta non dipende da una logica puramente empirica. Il rito deve fare riferimento a
simboli riconosciuti da una società; esso è un linguaggio efficace, che agisce sulla realtà sociale. Per avere
un rito è necessario vere un certo numero di operazioni, gesti, parole, oggetti prestabiliti.

Il rito è di solito officiato da un’autorità.


Nel rito si genera autorità. L’autorità si impone ai partecipanti nell’esecuzione del rituale.

Il rito, che è un prodotto umano, viene legittimato ricorrendo ad un’entità che sta fuori dagli uomini (un
dio, lo stato, la società etc.)

Durkheim: “Le forme elementari della cita religiosa”

Per Durkheim i riti sono momenti di effervescenza collettiva. I riti generano l’appartenenza al
gruppo; rifondano l’ordine morale, rinsaldano i sentimenti collettivi-> classificazione dei riti per
approfondirne la valenza sociale.
I riti provocano una frattura nella vita quotidiana. Dal quotidiano si passa al tempo collettivo
durante il quale l’anima si rigenera. I riti hanno l’effetto di rafforzare i sentimenti di appartenenza
collettiva e di dipendenza da un ordine morale superiore. Su questa base Durkheim stabilisce un
parallelismo tra i riti cristiani e i riti positivi del totemismo australiani.

I riti si svolgono in genere all’interno di un cerimoniale o di una festa, religiosa o non. La nozione di rito non
si idetifica tuttavia con la nozione di cerimonia o di festa.
Il rito è una categoria analitica che serve ad interpretare la realtà
La cerimonia = modello di comportamento simbolico pubblico e formalizzato che può contenere diversi
“riti”, o forme di comportamento rituale.
La festa è un insieme di attività cerimoniali, festose, celebrative, fissate nel calendario.
I riti profani sono eventi pubblici, ricorrenti, spontanei o organizzati che non hanno una finalità
strettamente riconducibile alla sfera religiosa ma mettono in gioco rappresentazioni (attraverso simboli)
che sono sacre a tutte gli effetti

 I riti della bandiera come “riti profani”


La bandiera è il simbolo centrale di tutti gli Stati Nazionali ed è per questo elemento sacro al
centro di numerosi e diversificati riti “civili”
Le bandiere sono esposte, benedette, issate, ma anche strappate, contestate, calpestate.
La bandiera rappresenta simbolicamente l’unità della nazione. Simbolo sacro ma non religioso

Rito come azione: La performance (messa in scena) di un rito non può essere separata dal suo “testo”.
Un preciso ordine di atti che produce una performance.
Coloro che partecipano ad un rito non son robot passivi, ma individui attivi che scelgono all’interno del
codice rituale – carattere aperto del comportamento umano.

Rito di passaggio: Un tipo di rituale che sanziona pubblicamente il passaggio di un individuo o di un gruppo
da una condizione sociale/spirituale o posizione ad un’altra. Nel 1909 l’antropologo-folklorista belga Arnold
Van Gennep introduce l’espressione “riti di passaggio” -> Ogni cambiamento di posizione dell’individuo in
molte società produce una perdita di equilibrio che deve essere compensata in un rituale che scandisce la
transizione.

La condizione di “margine” è la più delicata e incerta del passaggio. Il margine viene dopo il distacco dalla
condizione precedente e prima del raggiungimento della nuova condizione e identità sociale, professionale,
politica, religiosa etc.

Mauss: “Saggio sulla natura e la funzione del sacrificio”

Nella sua analisi del rito Mauss parte dall’analisi del sacrificio. La sua analisi si rivolge
principalmente ai fatti religiosi, tuttavia egli riconosce anche l’importanza di rituali non
appartenenti al campo religioso.
Mauss non si interessa a ciò che definisce morfologicamente un rito, ma alla sua efficacia, cioè al
modo in cui l’efficacia viene concepita. L’essenza del rito per Mauss consiste nell’atto di credere ai
suoi effetti mediante pratiche di simbolizzazione.

Douglas: “Purezza e pericolo”

Mary Douglas ha percorso la strada aperta da Mauss, accostando il rito all’azione simbolica efficace.
Douglas non è soddisfatta di una definizione del rito che lo relega al solo ambito religioso e ne
allarga la nozione. Si concentra sull’effetto del rito nella modificazione dell’esperienza.
Douglas apre il campo del rituale integrandovi tutte quelle azioni e gesti che lei chiama atti
simbolici e riconosce che esistono riti al di fuori della sfera religiosa.

Liminalità: è una fase di transizione ambigua del rito di passaggio nel quale un individuo o più individui che
si sottopongono al rito si trovano al di fuori della normale posizione sociale.
“essere sulla soglia”. Condizione ambigua, pericolosa che minaccia l’ordine sociale.
Chi si trova in questa condizione dà vita ad un intenso cameratismo (communitas) nel quale le differenze
diventano irrilevanti.

Concetto di communitas (Victor Turner): S’intende una comunità non strutturata o poco strutturata di
individui uguali. Si trova di frequente nei riti di passaggio. I periodi di communitas sono brevi perché la
communitas minaccia la struttura.

P. Bourdieu si interroga sulla funzione sociale del passaggio. Secondo lui la teoria della sequenza di
Van Gennep insiste troppo sugli aspetti temporali del rito e maschera una importante funzione del
rito, che è quella di separare chi lo ha subito da chi non lo subirà mai.
Bourdieu propone si sostituire il concetto di rito di passaggio con quello di rito di legittimazione o
rito di istituzione, mettendo in evidenza il potere delle autorità che lo instaurano.
Il rito più che far passare, istituisce, sanziona un nuovo ordine stabilito; esso assegna uno status e fa
vivere chi ha passato la prova secondo le regole del nuovo status. Questi riti di istituzione agiscono
sul reale.

La morte e i riti funerari: Ovunque la morte è un evento che sconvolge l’ordine sociale e psicologico degli
individui e della società; tutte le società cercano di attenuare lo shock della perdita con i riti funebri.
I rituali funebri possono cambiare molto da società a società e non sono gli stessi per tutti i membri di una
società, ma tutti hanno lo scopo di richiamare alla mente dei partecipanti i valori ed i significati su cui si
fonda la società e l’ordine del mondo per elaborare il lutto e per far transitare il defunto nella nuova
condizione di defunto e/o antenato.
La morte è una transizione che tutte le società rappresentano come riti speciali.

I riti di iniziazione sono i riti che esprimono meglio il modello di Van Gennap. Sono rituali che sanciscono il
passaggio di un individuo da una condizione ad un’altra (es. da condizione infantile a quella adulta).
Riti della pubertà: in molte società l’ingresso nell’età adulta era/è segnato da rituali a volte cruenti e duri,
diversi da uomo e donna: provefisiche, dolore, segregazione etc.

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