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Sommario:
Io faccio nuove tutte le cose; La scure, la chioma e la
radice; Una sorridente penitenza
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un attentato alla sua facciata. Il prezzo del profetare diventa
allora molto salato.
Fa paura ad esempio leggere come profezia la presenza
sempre più forte dell’Islam. Eppure, a parte i giudizi storici,
sociologici e teologici, in questi uomini che pubblicamente si
inginocchiano per affermare la presenza di un Dio che li ama, io
leggo un forte invito ai cristiani a riscoprire un rapporto diretto
da figlio a Padre, immediato e pubblico con Dio. Un invito a
mascolinizzare la Chiesa, diventata troppo femminile,
eliminando quanto meno quegli aspetti teatrali e quell’infantile
buonismo che contrastano con una sana virilità.
Dunque, se vogliamo fare nuove tutte le cose, dobbiamo
cominciare dall’istituzione (che il cardinal Tardini considerava
una struttura ameboide e gommosa) perché, nel rapporto tra
l’uomo e Dio, essa sostituisce alla persona viva del Cristo
Messia, la mediazione della religione (gerarchia ecclesiastica e
corpus di norme organizzative, morali e disciplinari). Non si è
lontani dal vero affermando che oggi, nella Chiesa, alla dottrina
della fede si è sostituita la fede nella dottrina ecclesiastica, e che
alla chiarezza del “si-no” suggerito da Gesù, si sono sostituite
l’ipocrisia e la retorica che fanno tutt’uno con una sistematica
deviazione dell’attenzione del credente.
Come un fantasma che ha bisogno di un lenzuolo per vantare
una concretezza, l’istituzione (che è sempre e comunque
un’astrazione) si è coperta di vesti sontuose, di protocolli, di
disciplina e di tutto ciò che le consenta di apparire. Pure sa bene
che verisimilmente Gesù fu crocifisso nudo, e mentre entrava
nell’eone dell’anima, lasciò all’umanità non già il suo ultimo
corpo fisico, ma le futili negatività simboleggiate dai panni che
lo rivestivano. Una lezione diventata il nutrimento degli uomini
di fede.
Chi, come Francesco e tanti altri, vuole imitare il Cristo e
collaborare alla costruzione della sua Regina, cioè della Chiesa,
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tenta di liberarsi interiormente di tutte le mondane strutture, e
quindi anche delle muraglie che, nei secoli, l’istituzione ha
costruito intorno alla semplice Verità di Gesù. Tenta di ritornare
ad essere un uomo-sacramento; di riproporsi nella sua
immediatezza (e questo era il Kerigma) come proposta d’amore
e di vita modulabile a seconda della persona che l’accoglie; non
si preoccupa di essere virtuoso, ma ambisce ad essere testimone
di vita, e perciò utile al suo prossimo nel quale identifica il
Cristo.
La nudità però spaventa l’istituzione, in quanto riporta
l’uomo a quella primitiva immaterialità che si esprimeva in
corpi dei quali non c’era motivo di vergognarsi; e fa paura a
quei teologi che, amando abiti intessuti di idee e di immagini,
vogliono che Gesù rimanga sempre vestito. L’uomo-Dio va
brachettonato.
Invocando il Padre, quando inizia a predicare (tale preghiera
è ineliminabile) un uomo che si è denudato intuisce
istintivamente (ed in Paolo trova la conferma) che nell’annuncio
della fede non possono esistere mediazioni di regole, di parole e
atteggiamenti stabiliti dagli uomini e da chi li tiene uniti come
imperatore, Papa o vescovo.
Dicendo Padre, egli entra direttamente nel mistico Corpo del
Figlio e scopre la propria autonomia nelle parole del malfattore
crocifisso: “ricordati di me nel tuo regno” e nella risposta di
Gesù: “oggi sarai con me nel giardino”. Rifugge allora da chi
propone difficili e tortuosi cammini penitenziali che si pagano in
moneta di sofferenza. Avanzare verso il Padre può infatti
realizzarsi in grande serenità perché, senza badare alla chiarezza
o all’opacità della vissuta esistenza, ad ognuno il Cristo dice:
”Io sono alla tua porta e busso, e se tu mi apri entrerò e cenerò
con te”.
Questa lezione, che continuamente riceviamo dai santi, ci
invita a non affannarci a scalare il cielo, ma piuttosto ad aprire la
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porta del cuore. Ma l’istituzione ecclesiastica, quella stessa che
duemila anni fa impediva ai “servi” (i cosiddetti bambini) di
accostarsi a Gesù per essere consacrati, continua purtroppo a
imporre cento percorsi obbligati come unica via di crescita e di
sicurezza nella fede.
Io penso che sia giunto il momento di liberarsi dell’umana
sapienza, del buon senso, delle vecchie prassi e di quant’altro
nasce dall’orgoglio di chi presume di disporre delle vie che
portano a Dio. Di credere che da questa deriva di morte ci potrà
salvare solo una Lepanto dello Spirito, se la flotta
dell’istituzione sarà armata di umiltà.
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divieti, ma quella Cena eucaristica, che ora è prigioniera, come
uno spazio tanto ampio da ospitare l’intera umanità.
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affiora lo sterco che l’uomo si porta dentro. Ed io voglio
penitenzialmente continuare a sorridere, perché alla fine forse ci
resterà nelle mani solo lo spazio della nostra anima e l’arma del
sorriso. Ed essa sarà più adeguata della spada di Simone
nell’orto, ma a patto che ci accompagni lo Spirito.
Per suggerire alla barca di Pietro una diversa rotta,
pacatamente e senza violenza, anzi sorridendo, cominciamo
innanzitutto a correggere i nostri atteggiamenti di ossequio (cosa
diversa dal rispetto) nei suoi confronti, rivendicando
l’irriducibile libertà che lo Spirito di Gesù ci ha donato.
Ricominciamo a chiamarci fratelli e non monsignore,
eccellenza, eminenza, santo o beatissimo.
Avevo anche ipotizzato, ma solo nella mia mente, l’uso
dell’arma del ridicolo (in voga nel ‘68) adatta a smascherare
tante vuotaggini e tanti isterismi. Confesso che la soluzione mi
aveva sedotto, ma poi ho scoperto il suo limite. Ho considerato
che se pure avesse abbattuto qualcuno o qualcosa, non avrebbe
avuto la forza di rendere liberi. Consumatosi lo scontro, anche
vittorioso, si sarebbe riformata un’altra pseudo testa dell’ameba,
forse peggiore della prima, ed allora saremmo stati tentati di
passare dall’arma immateriale a mezzi più coercitivi.
Piuttosto perdoniamoli i peccatori, e sosteniamo con la
preghiera eucaristica il Pietro romano perché, seppure in un
carcere dorato, anche lui, come il Simone di duemila anni fa, è
prigioniero. Ma chiediamogli pure una riforma per nulla costosa:
vestire più dimessamente, togliere dallo stemma il triregno,
eliminare l’aggettivo santo dal suo nome, ed infine, celebrare
l’Eucarestia vestito da semplice sacerdote pronunciando
un’evangelica e non politica omelia.
Poiché ciò che non è possibile all’uomo è possibile a Dio,
attendendo la caduta delle mura di Gerico e lo squarciarsi del
pesante velo del tempio, mi piace immaginare l’Eucarestia
restituita al suo splendore. Questa era la fine dei tempi che
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Marco ha disegnato nel suo discorso escatologico: “L’unico Dio
si metterà sotto i veli (eucaristici) e l’altare darà tutto il suo
splendore”.
Perciò grido sui tetti quanto molti si sussurrano
nell’orecchio; e spero che fra tante voci di dolenti e sbandati
cristiani, mi sia giunta anche quello dello Spirito.
Epifania 2011
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Vincenzo M. Romano è nato in Aversa nel 1933; dottore in
giurisprudenza, ha esercitato per 15 anni l’avvocatura e per circa
40 anni la docenza di Diritto Amministrativo nella Università
Federico II di Napoli.
Sacerdote dal 1970, laureato e renunziato in Teologia
Dogmatica, ha insegnato per molti anni Sacra Scrittura ai laici.
Parallelamente ad un continuo ed intenso impegno pastorale,
da decenni esplora nuove vie di comprensione dei testi biblici,
secondo personali metodologie collegabili alla Patristica ed alla
Mistica; e attua una ricerca teologica coraggiosa e solitaria, tesa a
evidenziare nella S. Scrittura risposte adeguate alle tante domande
che i ‘segni dei tempi’ pongono all’uomo ed al credente.
Saggi
Sia la luce - ed. Dehoniane Napoli 1971 pgg. 192
Una comunione per l’uomo solo - ed. Dehoniane Napoli 1981
pgg.174
249
Il terzo millennio di Penelope - Quaderni V.M.R. n. 10 (1998)
pgg. 174
Meditazioni sui sacramenti vol. I Ed. Uni-Service (2010) pgg.
389
Meditazioni sui sacramenti vol.II - Eucarestia, ed.Uni-Service
(2010) pgg. 312
Il cistercense e l’ornitorinco – Ed. T. Pironti (2010) pgg. 279
AA. VV.
Educazione allo sviluppo - ed. Unicef 1997 pgg 65-76
Per la convivenza fra le culture nella realtà italiana - ed. Unicef
1998 pgg. 77-81.
Crisi della tradizione e pensiero credente - ed. A. Guida -Napoli
(1995) pgg. 51-68
Atti primo congresso eucaristico - Basilica Grumo Nevano
(1984) pgg. 80-98
La Parola e i segni - ed. Dehoniane (1984):
n.1 Liturgia delle ceneri
n.3 Te deum; Epifania - Candelora
n 5 Liturgie per l’ascensione e la Pentecoste
n.7 Le quarantore
n.8 Celebriamo il Natale
n.9 Adorazione dell’Eucarestia
n.10 Meditiamo sui santi e sui morti
La donna alle soglie del 2000 (1993) p.113-126
Ecoteologia - una perspectiva desde s. Augustin - Mexico 1996
(pgg. 153-171)
Riabilitazione del pavimento pelvico - ed. Idelson Gnocchi
(2009) pgg. 167
Religione e geografia - II ed. Loffredo - Napoli (2000) pgg. 25-
78
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