Sei sulla pagina 1di 1

D IRIT TO , P ROCE D URA , ESECUZIONE P E NALE  - R EATO  -   L OMBARDI F ILIP P O  - 29/10/2014

SUI RAPPORTI TRA CONDOTTA DISTRATTIVA


ED APPROPRIAZIONE NEI DELITTI DI
PECULATO E APPROPRIAZIONE INDEBITA -
CASS. PEN. 44176/2014 - Filippo LOMBARDI
Cassazione Penale, sez. sez. II, sentenza 15 ottobre 2014 – 23 ottobre 2014, n. 44176

La condotta di "appropriazione" si configura quando il soggetto agente, immesso nel possesso della res
altrui, compie verso la stessa atti incompatibili con la destinazione funzionale impressa e con il maggior
diritto altrui, e compatibili con il diritto di proprietà sulla cosa. In altri termini, l"agente si comporta uti
dominus nei confronti del bene in suo possesso, e ciò avviene mediante due momenti cronologici: con la
c.d. "espropriazione", il reo recide il nesso funzionale tra la res in suo possesso e il fine eterodefinito; con
la c.d. "impropriazione", egli fa ricadere la res nella propria sfera di dominio (in questo momento si
verifica la interversio possessionis), esplicando verso la stessa poteri che sarebbero consentiti solo al
relativo proprietario.

La condotta appropriativa è elemento strutturale comune ai delitti di peculato e di appropriazione indebita


(rispettivamente artt. 314, 646 c.p.). Ci si chiede quale sia il rapporto tra queste due fattispecie
criminose e la diversa nozione di "distrazione", che si verifica quando il bene viene deviato dalla sua
funzione primigenia per essere assoggettato ad altro vincolo finalistico.

Con la L. 86/1990, la condotta distrattiva venne espressamente esclusa dall"ambito operativo del delitto
di peculato, dunque ci si cominciò a domandare circa la persistente rilevanza penale di tale condotta.

Mentre secondo una prima tesi doveva essere esclusa la rilevanza penale della fattispecie distrattiva, gli
orientamenti più accreditati continuavano a ritenerla punibile: secondo alcuni, posto che la stessa
nozione di "appropriazione" presuppone una distrazione (cioè una cesura del nesso funzionale originario,
al fine di essere assoggettato, il bene, alla signoria dell"autore), l"art. 314 c.p. doveva essere interpretato
come direttamente punitivo rispetto alla condotta di distrazione, nonostante l"espressa cancellazione di
detto elemento dalla norma; secondo altri, la distrazione finiva per rifluire nell"alveo dell"art. 323 c.p.
(abuso d"ufficio).

La Corte di Cassazione, con la sentenza qui annotata, statuisce nel senso che occorre distinguere tra la
"distrazione a profitto proprio", finalizzata all"appagamento di interessi privati, che va inglobata nel
peculato, e la "distrazione a vantaggio della p.a.", che si configura quando la cosa, pur essendo asportata
dall"originario alveo funzionale a vocazione pubblica, non venga assoggettata ad una indebita signoria
privata, bensì venga comunque utilizzato per il perseguimento di finalità istituzionali. In questo secondo
caso, potrà vagliarsi la configurabilità del delitto di abuso d'ufficio.

Ricapitolando i rapporti tra distrazione e peculato: la distrazione rientra ancora nella fattispecie di
peculato quando è finalizzata al vantaggio personale, mentre rientra nell"abuso d"ufficio quando è svolta
in senso comunque rispettoso di una vocazione pubblicistica.

Il testo della norma sull"appropriazione indebita (art. 646 c.p.), non ha, al contrario, mai contemplato la
"distrazione", dunque ci si interroga circa l"ampiezza della nozione di "appropriazione" in detta figura
criminosa, ed in particolar modo se essa contempli anche condotte parzialmente diverse
dall"appropriazione stricto sensu.

Nella sentenza qui annotata, la Corte interviene anche su questo aspetto: il delitto di appropriazione
indebita si configura anche con riferimento alle due ulteriori fattispecie di "distrazione" e di "uso
indebito", verificandosi la seconda quando l"agente eccede i limiti di utilizzo della res così come risultino
dal titolo, in modo tale che si verifichi un impossessamento pur temporaneo ed una perdita in capo al
legittimo proprietario.

Potrebbero piacerti anche