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ISSN 1826-3534

18 SETTEMBRE 2019

Fra ipocrisia organizzata e


allargamento strategico: l’Unione
europea, i Balcani occidentali e alcune
prospettive di crisi dello stato di diritto

di Alessandro Rosanò
Assegnista di ricerca in Diritto dell’Unione europea
Università degli Studi di Torino
Fra ipocrisia organizzata e allargamento strategico:
l’Unione europea, i Balcani occidentali e alcune
prospettive di crisi dello stato di diritto *
di Alessandro Rosanò
Assegnista di ricerca in Diritto dell’Unione europea
Università degli Studi di Torino
Sommario: 1. Introduzione. 2. Gli obblighi assunti quanto allo stato di diritto da parte degli Stati dei
Balcani occidentali mediante gli accordi di stabilizzazione e associazione. 3. Il concetto di stato di diritto
nel diritto dell’Unione europea. 4. La nozione di indipendenza del potere giudiziario nel diritto
dell’Unione europea. 5. Il contributo del Consiglio d’Europa quanto allo stato di diritto e all’indipendenza
del potere giudiziario. 5.1. Alcune pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo quanto
all’indipendenza del potere giudiziario in Albania, Macedonia e Serbia. 5.2. Le risoluzioni e i rapporti
dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e i pareri della Commissione di Venezia
sull’indipendenza del potere giudiziario negli Stati dei Balcani occidentali. 6. Conclusioni.

1. Introduzione
Nel discorso sullo stato dell’Unione del 2017, il Presidente della Commissione europea Jean-Claude
Juncker ha dichiarato che, ove intenda conseguire maggiore stabilità per se stessa e i propri Stati, l’Unione
europea (UE) non potrà esimersi dal mantenere “prospettive di allargamento credibili per i Balcani
occidentali”1.
A distanza di pochi mesi, la Commissione ha pubblicato una comunicazione, nella quale ha preconizzato
l’ingresso di nuovi Stati nell’UE entro il 2025, riconoscendo che i negoziati per l’adesione del Montenegro
e della Serbia erano stati positivamente avviati, che avrebbe raccomandato l’avvio delle trattative a tal fine

*Articolo sottoposto a referaggio.


1 Discorso del Presidente Jean-Claude Juncker sullo stato dell’Unione, Bruxelles, 13 settembre 2017,
SPEECH/17/3165.

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rilevanti con l’Albania e la Macedonia2 e che, col tempo e i dovuti sforzi, anche la Bosnia-Erzegovina e il
Kosovo3 avrebbero potuto aspirare a far parte dell’Unione4.
Si tratta, di certo, di una tappa fondamentale nell’ambito di un processo iniziato molto tempo prima5.
Infatti, le discussioni quanto all’ingresso di questi Stati nell’UE risalgono almeno alla fine degli anni
Novanta6, quando fu avviato il processo di stabilizzazione e associazione, da intendersi quale approccio
regionale mirante a favorire l’integrazione dell’area balcanica nel contesto dell’Unione7. Propriamente,
attraverso la conclusione e l’implementazione di trattati internazionali denominati accordi di
stabilizzazione e associazione (nel prosieguo, ASA), conclusi tra le Comunità europee, prima, l’Unione
europea, poi, e gli Stati balcanici, si è cercato di favorire un allineamento progressivo del contesto politico,
economico e giuridico proprio di tali realtà agli standard dell’Europa unita.
La comunicazione della Commissione, allora, rappresenta il riconoscimento degli sforzi compiuti da parte
degli Stati in parola nell’ambito di un percorso di cambiamento e adattamento che dovrebbe culminare
nella loro adesione all’Unione europea8.

2 Nel 2018, risolvendo così una disputa con la Grecia che durava da lungo tempo, la Macedonia ha deciso di
cambiare la propria denominazione ufficiale in “Repubblica di Macedonia del Nord”. Nel prosieguo, si utilizzerà
per semplicità il nome “Macedonia”. Sul punto, v. I. BANTEKAS, The Authority of States to Use Names in International
Law and the Macedonian Affair: Unilateral Entitlements, Historic Titles, and Trademark Analogies, in Leiden Journal of
International Law, n. 22/2009, pp. 563-582 e V.A. FRIEDMAN, The Name’s Macedonia. North Macedonia, in Foreign
Affairs, I ottobre 2018.
3 In tutti i documenti nei quali viene menzionato il Kosovo, l’UE si premura di specificare che ciò non è da

intendersi quale riconoscimento della sua indipendenza (circa la quale, v. R.J. DELAHUNTY – A. PEREZ, The
Kosovo Crisis: A Dostoievskian Dialogue on International Law, Statecraft, and Soulcraft, in Vanderbilt Journal of Transnational
Law, n. 42/2009, pp. 55-142 e A. TANCREDI, Il parere della Corte Internazionale di giustizia sulla decisione di indipendenza
del Kosovo, in Rivista di diritto internazionale, n. 93/2010, pp. 994-1052). Resta il fatto, comunque, che, allo stato attuale,
se il Kosovo aderisse all’UE, lo farebbe come entità autonoma e non come parte di un altro Stato.
4 COMMISSIONE EUROPEA, Una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell’UE per i Balcani

occidentali, COM(2018) 65 def, p. 1.


5 Per una prima panoramica, v. R. BELLONI, European Integration and the Western Balkans: Lessons, Prospects and

Obstacles, in Journal of Balkan and Near Eastern Studies, n. 11/2009, pp. 313-331.
6 Da parte sua, il Consiglio europeo affermò a partire dagli inizi degli anni 2000 la propria volontà di portare a

realizzazione la prospettiva europea degli Stati in questione, riconoscendo loro il ruolo di candidati potenziali
all’adesione, prevedendo l’attivazione di meccanismi di assistenza tecnica ed economica (Conclusioni del Consiglio
europeo di Santa Maria da Feira, 19 e 20 giugno 2000, punto 67) e ribadendo più volte tale impostazione (si vedano,
ad esempio, Conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen del 12 e 13 dicembre 2002, punto 23, Conclusioni
del Consiglio europeo di Bruxelles, 20 e 21 marzo 2003, punto 82 e Conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles,
9 marzo 2017, punto 13).
7 Nelle Conclusioni del Consiglio europeo di Salonicco, 19 e 20 giugno 2003, punto 41, si trova la definizione

particolarmente icastica del processo di stabilizzazione e associazione quale “quadro per la rotta europea dei paesi
dei Balcani occidentali”. Per un’introduzione al riguardo, v. M.A. VACHUDOVA, Strategies for Democratization and
European Integration in the Balkans, in M. CREMONA (ed.), The Enlargement of the European Union, Oxford, 2003, pp.
141-160
8 In questi termini, ma in relazione all’allargamento del 2004, v. M. CREMONA, Introduction, in M. CREMONA

(ed.), The Enlargement, op.cit., p. 1.

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Al tempo stesso, tuttavia, la Commissione ha sottolineato come nessuno degli Stati menzionati soddisfi
ancora le condizioni per accedere all’UE e, segnatamente, i criteri di Copenaghen. Come noto, al
Consiglio europeo tenutosi nella capitale danese nel 1993, furono fissati i requisiti per l’adesione degli
Stati dell’Europa centrale e orientale, chiarendosi che:
L'appartenenza all'Unione richiede che il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale che
garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze,
l'esistenza di una economia di mercato funzionante nonché la capacità di rispondere alle pressioni
concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione. Presuppone anche la capacità dei paesi
candidati di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l'adesione agli obiettivi di un'unione
politica, economica e monetaria9.
Da allora, i criteri così individuati – rispettivamente, politico, economico e giuridico-amministrativo
relativo all’acquis communautaire – hanno segnato la strada ideale delle riforme che devono essere realizzate
da parte da parte degli Stati che intendano ottenere lo status di Stato membro e hanno trovato espresso
riconoscimento anche nel Trattato di Lisbona, visto che, ai sensi dell’art. 49 del Trattato sull’Unione
europea (TUE) e nell’ambito della procedura di adesione ivi descritta, “si tiene conto dei criteri di
ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo”.
Nella sua comunicazione, la Commissione ha rilevato l’esistenza di una serie di problemi attinenti alla
scarsa competitività delle economie della regione, alla pendenza di dispute tra gli Stati interessati dal
possibile allargamento e agli atteggiamenti ambigui dei leader politici quanto al destino europeo dei loro
Stati10. Soprattutto, però, sono state sottolineate numerose criticità relative alla tenuta dello stato di diritto
inerenti all’alto livello di corruzione, alla presenza di reti criminali particolarmente radicate e dedite al
traffico illegale di armi e sostanze stupefacenti e alla tratta di esseri umani, all’esigenza di rafforzare le
istituzioni politiche e di riformare la pubblica amministrazione e, ancora, all’indipendenza, qualità ed
efficienza del potere giudiziario11.
Le tematiche dello stato di diritto e dell’indipendenza del potere giudiziario sono di sicuro interesse, se si
pone mente alle vicende, etichettate quali crisi dello stato di diritto, che, in tempi recenti, hanno

9 Conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen, 21 e 22 marzo 1993, punto 7. Per quel che riguarda i criteri
di Copenaghen e, più in generale, l’allargamento dell’UE, v. T. MARKTLER, The Power of the Copenhagen Criteria, in
Croatian Yearbook of European Law & Policy, n. 2/2006, pp. 343-363, A. LANG, La politica di allargamento dell’Unione
europea, in Studi sull’integrazione europea, n. 5/2010, pp. 477-491, W. SADURSKI, Constitutionalism and the Enlargement
of Europe, Oxford, 2012 e C. HILLION, EU Enlargement, Oxford, 2014.
10 COMMISSIONE EUROPEA, Una prospettiva di allargamento, op.cit., p. 3.
11 Ivi, pp. 4-5.

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interessato alcuni Stati membri dell’Unione europea12. In Ungheria e in Polonia, l’affermazione politica
di movimenti sovranisti, populisti e xenofobi ha fatto da preludio a una serie di riforme che ha investito
in primo luogo la magistratura, al fine di sottoporla al controllo dell’esecutivo, aprendo così la strada a
una “cattura dello Stato” da parte della maggioranza parlamentare e del governo. La ragione sottostante
a simili iniziative è di facile comprensione, evidentemente, e deve essere ricondotta alla volontà di
rimuovere un contrappeso al libero esplicarsi del potere politico. Ciò, quindi, ha giustificato interventi
che hanno interessato, nell’uno come nell’altro Stato, l’organo di autogoverno del potere giudiziario, la
Corte costituzionale e i tribunali ordinari13.
Situazioni di difficile soluzione si stanno inoltre ponendo in ulteriori parti d’Europa14 e questo spiega
perché un’opera di consolidamento sia necessaria prima che altri Stati entrino a far parte dell’UE, di modo
da evitare che problemi del tipo ora descritto possano riproporsi. Le crisi dello stato di diritto di cui si è
detto impongono di considerare con estrema attenzione la possibilità che l’ingresso di Stati non ancora
pronti possa determinare il sorgere di ulteriori contesti critici, tali da moltiplicare i fronti sui quali si
troverà impegnata l’Unione negli anni a venire e tali, almeno potenzialmente, da comprometterne la
stabilità.
Non è un caso, allora, che la Commissione europea abbia rilevato che gli Stati coinvolti nel processo di
allargamento sono interessati da tale sfida e devono, in particolare, “migliorare il funzionamento e
l’indipendenza del sistema giudiziario, che continua a patire di casi di giustizia selettiva e di interferenza
della sfera politica nei lavori degli organi della magistratura”15, aggiungendo inoltre che “una riforma

12 Per una prima introduzione al tema, v. A. DI GREGORIO, Lo stato di salute della rule of law in Europa: c‘è un regresso
generalizzato nei nuovi Stati membri dell‘Unione?, in DPCE online, n. 28/2016, pp.175-202 e K.L. SCHEPPELE – L.
PECH, Illiberalism Within: Rule of Law Backsliding in the EU, in Cambridge Yearbook of European Legal Studies, n. 19/2017,
pp. 3-47.
13 Per quanto riguarda l’Ungheria, v. G. HALMAI, From the “Rule of Law Revolution“ to the Constitutional Counter-

Revolution in Hungary, in European Yearbook of Human Rights, n. 1/2012, pp. 367-384, N. CHRONOWSKI – M.
VARJU, Two Eras of Hungarian Constitutionalism: From the Rule of Law to Rule by Law, in Hague Journal on the Rule of
Law, n. 8/2016, pp. 271-289 e K. KELEMEN, The New Hungarian Constitution: Legal Critiques from Europe, in Review
of Central and East European Law, n. 42/2017, pp. 1-49. Sulla Polonia, v. A. ANGELI, Polonia: le derive di una democrazia
(quasi) maggioritaria: tra rischio di paralisi dell‘organo di giustizia costituzionale e dualismo giuridico, in federalismi.it, n. 2016/17,
pp. 1-36, W. SADURSKI, How Democracy Dies (in Poland): A Case Study of Anti-Constitutional Populist Backsliding, Sidney
School Research Paper n. 18/01, 2018 e T.T. KONCEWICZ, The Capture of the Polish Constitutional Tribunal and
Beyond: of Institution(s), Fidelities and the Rule of Law in Flux, in Review of Central and Eastern European Law, n. 43/2018,
pp. 116-173.
14 Al riguardo, v. R. CARP, The Struggle for the Rule of Law in Romania as an EU Member State: The Role of the Cooperation

and Verification Mechanism, in Utrecht Law Review, n. 10/2014, pp. 1-16 e S. PAVLOVSKA-HILAIEL, The EU’s
Losing Battle Against Corruption in Bulgaria, in Hague Journal on the Rule of Law, n. 7/2015, pp. 199-217.
15 COMMISSIONE EUROPEA, La strategia di allargamento dell'UE, COM(2015) 611 def, p. 6.

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efficace del sistema giudiziario è un processo di lungo respiro che richiede una volontà politica costante
in tutto lo spettro politico”16.
Il presente contributo mira, dunque, ad affrontare queste tematiche. Pertanto, in primo luogo si intende
individuare quali siano gli impegni assunti in materia da parte degli Stati dei Balcani occidentali mediante
gli ASA (par. 2), per poi chiarire cosa questi implichino alla luce dell’elaborazione normativa,
giurisprudenziale e dottrinale relativa al concetto di stato di diritto nell’ordinamento dell’Unione europea
(par. 3), nonché alla luce della nozione di indipendenza del potere giudiziario (par. 4) come sviluppata da
parte della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).
Successivamente, si proporrà una panoramica quanto alle pronunce della Corte europea dei diritti
dell’Uomo (Corte EDU), alle risoluzioni e ai rapporti dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio
d’Europa (APCE) e ai pareri della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto
(Commissione di Venezia)17 che hanno evidenziato la presenza di numerose carenze circa l’indipedenza
dei giudici negli Stati in questione (par. 5).
In ragione di ciò, si concluderà sostenendo che sussistano delle ragioni per ritardare l'ingresso degli Stati
dei Balcani occidentali e che, tuttavia, esso si verificherà, in ragione della sua dimensione prettamente
strategica connessa alla stabilità dell’area e, di riflesso, a quella dell’Unione europea. Per meglio chiarire
tali questioni, si farà ricorso allo schema concettuale dell’ipocrisia organizzata, riferendolo all’azione
dell’UE.

2. Gli obblighi assunti quanto allo stato di diritto da parte degli Stati dei Balcani occidentali
mediante gli accordi di stabilizzazione e associazione
Nel primo ASA, concluso con la Macedonia18, si individua lo stato di diritto tra i principi generali posti a
fondamento delle politiche interne ed esterne delle parti contraenti ed elemento essenziale dell’accordo.

16 COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione 2018 sulla politica di allargamento dell'UE, COM(2018) 450 def, p. 2.
Sulla rilevanza degli interventi relativi al potere giudiziario ai fini dell’adesione all’UE, v. A. SEIBERT-FOHR,
Judicial Independence in European Union Accessions: The Emergence of a European Basic Principle, in German Yearbook of
International Law, n. 52/2009, pp. 405-436.
17 La Commissione di Venezia è un organo consultivo del Consiglio d’Europa che opera al fine della promozione

della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani. I suoi pareri attengono a proposte di riforma o riforme
costituzionali o legislative e presentano una valutazione quanto alla conformità di tali interventi rispetto ai canoni
suddetti. Sul ruolo della Commissione di Venezia, v. G. CAGGIANO, La Commissione per la Democrazia attraverso il
Diritto, in Rivista di diritto europeo, n. 3/1989, pp. 417-420, G. BUQUICCHIO - P. GARRONE, Vers un espace
constitutionnel commun? Le role de la Commission de Venice, in B. HALLER (ed), Law in Greater Europe: towards a common
legal area. Studies in honour of Heinrich Klebes, The Hague, 2000, pp. 3-21 e M. DE VISSER, A Critical Assessment of the
Role of the Venice Commission in Processes of Domestic Constitutional Reform, in American Journal of Comparative Law, n.
63/2015, pp. 963-1008.
18 Si tratta dello Stabilisation and Association Agreement between the European Communities and their Member States, of the one

part, and the former Yugoslav Republic of Macedonia, of the other part, in G.U.U.E. L 84 del 20 marzo 2004, p. 13, firmato

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Quanto alle disposizioni di dettaglio, nel titolo dedicato alla giustizia e agli affari interni, si prevede
l’impegno a realizzare un consolidamento dello stato di diritto e delle istituzioni nazionali a tutti i livelli
attraverso interventi relativi alla pubblica amministrazione, in generale, e al law enforcement e al potere
giudiziario, in particolare.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si stabilisce, propriamente, un intervento specifico quanto al
rafforzamento dell’indipendenza del potere giudiziario e l’attivazione di programmi in materia di
educazione e formazione che dovrebbero favorire, tra l’altro, la promozione della democrazia e dello
stato di diritto. Ulteriormente, nell’ambito del ravvicinamento delle legislazioni nazionali al diritto
dell’Unione europea, si richiede l’avvio di riforme del settore giudiziario.
Posto tale modello di riferimento, gli accordi stipulati successivamente hanno aggiunto delle ulteriori
previsioni rilevanti. Ad esempio, gli ASA conclusi con l’Albania19, il Montenegro20, la Serbia21, la Bosnia-
Erzegovina22 e il Kosovo23 riconoscono espressamente l’impegno a sostenere gli sforzi degli Stati
balcanici a rafforzare la democrazia e lo stato di diritto quale obiettivo loro proprio e, inoltre, l’esigenza
di una cooperazione che permetta ciò in relazione alla politica economica e commerciale attraverso la
predisposizione di un quadro giuridico stabile. Con l’eccezione dell’accordo con la Bosnia, si stabiliscono
altresì forme di cooperazione finalizzate a implementare lo stato di diritto nell’ambito della pubblica
amministrazione.
L’ASA con il Kosovo contiene poi una previsione eclettica rispetto al modello offerto dagli altri accordi,
sulla base della quale lo Stato balcanico si impegna a cooperare e a sviluppare relazioni di buon vicinato
con gli Stati della regione al fine, tra l’altro, dello sviluppo di progetti di comune interesse relativi – anche
– allo stato di diritto. Infine, il medesimo ASA impegna le parti a cooperare al fine di rafforzare le strutture

il 9 aprile 2001 ed entrato in vigore il I aprile 2004. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 2,
68, 74, e 91.
19 Stabilisation and Association Agreement between the European Communities and their Member States, of the one part, and the

Republic of Albania, of the other part, in G.U.U.E. L 107 del 28 aprile 2009, p. 166, firmato il 12 giugno 2006 ed entrato
in vigore il I aprile 2009. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 1, 2, 78, 87 e 111.
20 Stabilisation and Association Agreement between the European Communities and their Member States of the one part, and the

Republic of Montenegro, of the other part, in G.U.U.E. L 108 del 29 aprile 2010, p. 1, firmato il 15 ottobre 2007 ed entrato
in vigore il I Maggio 2010. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 1, 2, 80, 89 e 114.
21 Stabilisation and Association Agreement between the European Communities and their Member States of the one part, and the

Republic of Serbia, of the other part, in G.U.U.E. L 278 del 18 ottobre 2013, p. 14, firmato il 29 aprile 2008 ed entrato
in vigore il I settembre 2013. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 1, 2, 80, 90 e 114.
22 Stabilisation and Association Agreement between the European Communities and their Member States, of the one part, and Bosnia

and Herzegovina, of the other part, in G.U.U.E. L 164 del 30 giugno 2015, p. 2, firmato il 16 giugno 2008 ed entrato in
vigore il I giugno 2015. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 1, 2, 78 e 87.
23 Stabilisation and Association agreement between the European Union and the European Atomic Energy Community, of the one

part, and Kosovo, of the other part, in G.U.U.E. L 71 del 16 marzo 2016, p. 3, firmato il 27 ottobre 2015 ed entrato in
vigore il I aprile 2016. Le disposizioni rilevanti sono quelle contenute agli articoli 1, 3, 83, 105 e 120.

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kosovare operanti nel campo della prevenzione e repressione del terrorismo e del suo finanziamento,
soprattutto con riferimento ai fenomeni aventi una dimensione transnazionale e ciò, comunque, in
maniera coerente con una serie di valori, incluso lo stato di diritto.
Dunque, può affermarsi che i temi tanto dello stato di diritto, quanto dell’indipendenza del potere
giudiziario occupano una posizione di rilievo nell’ambito degli accordi ora menzionati. Tuttavia, va notato
come né nell’uno, né nell’altro caso venga fornita una definizione dei concetti utilizzati.
Posto che lo scopo primario degli ASA è favorire l’avvicinamento degli Stati balcanici ai canoni europei,
è chiaro allora che è al diritto dell’Unione europea che bisogna guardare per riempire di significato tali
nozioni e comprendere, di conseguenza, quali iniziative debbano essere intraprese per arrivare a un
allineamento rispetto a certi standard.

3. Il concetto di stato di diritto nel diritto dell’Unione europea


Per quel che riguarda il versante normativo del diritto dell'UE, i riconoscimenti in favore dello stato di
diritto giunsero tardi e solamente con il passaggio dalla dimensione economica a quella più propriamente
politica del progetto europeo. Infatti, fu nel preambolo al Trattato di Maastricht del 1992 che gli Stati
firmatari, per la prima volta, affermarono il proprio attaccamento ai principi della libertà, della democrazia
e del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello stato di diritto, in relazione
al processo di integrazione europea. Con il Trattato di Amsterdam del 1997, fu modificato il par. 1 dell'art.
F, riconoscendosi così che l'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, comuni agli Stati membri, e venne introdotta
la procedura di cui all'articolo F.1, diretta a constatare e sanzionare le violazioni gravi e persistenti dei
principi suddetti da parte di uno Stato membro.
A seguito delle modifiche realizzate dal Trattato di Lisbona del 2007, l'art. 2 del TUE pone un elenco di
valori fondanti l'Unione24, tra i quali rientra lo stato di diritto, mentre l'art. 7 conferma, con le modifiche
previste già dal Trattato di Nizza, la procedura introdotta dieci anni prima al fine di assicurare la
protezione di quell’assetto assiologico25. Per quanto riguarda l'azione esterna dell'Unione, l'art. 21 del

24 Sulla rilevanza di tale previsione, v. A. VON BOGDANDY, Founding Principles of EU Law: A Theoretical and
Doctrinal Sketch, in European Law Journal, n. 16/2010, pp. 95-111.
25 Secondo tale procedura, un terzo degli Stati membri, il Parlamento europeo o la Commissione europea possono

avanzare una proposta quanto alla sussistenza di un evidente rischio di violazione grave dei valori dell'UE da parte
di uno Stato membro. La deliberazione spetta al Consiglio, a maggioranza dei quattro quinti dei componenti. Su
proposta, invece, di un terzo degli Stati membri o della Commissione e previa approvazione del Parlamento
europeo, il Consiglio europeo può riconoscere la violazione grave e persistente di uno dei suddetti valori in uno
degli Stati membri, deliberando all'unanimità. La decisione quanto all'irrogazione di sanzioni, che possono
comportare anche la sospensione dei diritti di voto in seno al Consiglio, spetta al Consiglio stesso, che vi provvede
a maggioranza qualificata. Su questa procedura, v. W. SADURSKI, Adding Bite to a Bark: The Story of Article 7, E.U.

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TUE individua anche lo stato di diritto tra i principi che l'Unione si prefigge di promuovere nel resto del
mondo26.
Nel frattempo, si erano registrate alcune ulteriori tappe degne di menzione. Merita di essere qui
nuovamente evocato il Consiglio europeo di Copenaghen, al quale si è fatto riferimento supra. Come
detto, in tale occasione si definirono i criteri ai quali avrebbero dovuto conformarsi gli Stati terzi che
avessero inteso aderire al processo di integrazione europea, prevedendosi – tra l'altro – che essi dovessero
aver raggiunto una stabilità istituzionale funzionale a garantire il rispetto di un valore individuato, nella
versione italiana delle Conclusioni della riunione, quale principio di legalità ma, rispettivamente, nella
versione inglese e in quella tedesca, attraverso il ricorso alle più ampie e pregnanti espressioni di rule of
law e Rechtsstaat.
Infine, anche nel preambolo alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione è presente un riferimento allo
stato di diritto quale principio fondativo dell'Unione europea.
Sul piano giurisprudenziale, il primo riconoscimento in favore del concetto di stato di diritto risale al 1976
e si può identificare nelle conclusioni dell'Avvocato Generale Trabucchi nella causa Kramer, in materia di
misure ad effetto equivalente e norme internazionali relative alla protezione delle risorse biologiche del
mare. Ricostruendo le competenze della Comunità economica europea (CEE) in tale ambito, l'Avvocato
Generale nominò lo stato di diritto quale elemento caratterizzante i rapporti tra la Comunità stessa e gli
Stati membri27.
Per una prima pronuncia da parte della Corte di giustizia, si deve invece considerare una sentenza del
1979 relativa a un rinvio pregiudiziale diretto a chiarire il significato di disposizioni di diritto
sovranazionale in materia di responsabilità di uno Stato membro per danno cagionato da un atto
normativo nazionale basato su un regolamento comunitario successivamente dichiarato invalido. In tale
sentenza, si può leggere che detto principio comporta per gli amministrati il diritto di contestare in sede
giurisdizionale la validità dei regolamenti e che lo stesso principio implica pure, per tutti i soggetti di
diritto comunitario, l'obbligo di riconoscere la piena efficacia dei regolamenti finché il giudice competente
non ne abbia dichiarato l'invalidità28.

Enlargement, and Jörg Haider, in Columbia Journal of European Law, n. 16/2010, pp. 385-426, L.F.M. BESSELINK, The
Bite, the Bark and the Howl: Article 7 TEU and the Rule of Law Initiatives, in A. JAKAB – D. KOCHENOV (eds), The
Enforcement of EU Law and Values: Ensuring Member States' Compliance, Oxford, 2016, pp. 128-144 e D. KOCHENOV,
Busting the myths nuclear: A commentary on Article 7 TEU, EUI Working Paper, LAW 2017/10.
26 Per un'analisi di tale tema, v. L. PECH, Rule of law as a guiding principle of the European Union's external action, CLEER

Working Paper 2012/3.


27 Conclusioni dell'Avvocato Generale Trabucchi del 22 giugno 1976, cause riunite 3, 4 e 6-76, Kramer, p. 1318.
28 CGUE, sentenza del 13 febbraio 1979, causa 101/78, Granaria c. Hoofproduktschap voor Akkerbouwprodukten, punto

5. Tuttavia, va detto che mentre nella versione inglese si etichetta questo quale principio del rule of law e in quella
tedesca quale principio del Rechtsstaat, nella versione italiana e in quella francese si parla di principio,

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L'affermazione più nota è, presumibilmente, quella contenuta nella sentenza Les Verts, ove la Corte
sottolineò come la CEE fosse una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le
sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti rispetto alla carta costituzionale di
base costituita dal trattato e che proprio il trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di
procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle
istituzioni29.
In seguito, nel parere sul progetto di accordo relativo allo Spazio economico europeo, la Corte confermò
tale impostazione, ribadendo che il Trattato CEE costituisce la carta costituzionale di una comunità di
diritto30 ed elaborando, così, un vero proprio topos giurisprudenziale che ha accompagnato gli sviluppi
successivi della giurisprudenza di Lussemburgo31.
È stato detto al riguardo che l'Unione non mira a introdurre una concezione propria dello stato di diritto,
ma a promuovere il significato generalmente accolto negli Stati membri e a imporre a questi ultimi il
compito di promuoverlo32. Ancorché il rapporto di derivazione dalle esperienze nazionali sia innegabile,
rimane comunque il problema di stabilire cosa debba intendersi per stato di diritto nell'ordinamento
dell'Unione.
Nelle sentenze sopra richiamate, la Corte di giustizia sembra delineare una nozione relativa a un
ordinamento giuridico retto dalla preminenza della legge (individuata nel diritto dell'Unione), in cui,
pertanto, atti e comportamenti di Stati e istituzioni sono sempre valutabili sulla base di un parametro di
legittimità superiore.
In realtà, nel corso del tempo, la giurisprudenza comunitaria ha registrato una serie di pronunce che
permette di individuare molteplici caratteri distintivi dello stato di diritto, quali la certezza del diritto33, il

rispettivamente, di legittimità comunitaria e di legalité communautaire. Non a caso, in A. VON BOGDANDY, I


principi fondamentali dell'Unione europea. Un contributo allo sviluppo del costituzionalismo europeo, Napoli, 2011, pp. 64-65, si
afferma che l'espressione stato di diritto sarebbe difficilmente relazionabile all'ordinamento sovranazionale, dato il
riferimento all'elemento della statualità, che mancherebbe nel caso dell'UE. Secondo l'Autore, sarebbe da preferirsi
l'espressione primato del diritto (prééminance du droit), in quanto essa permetterebbe una rilettura in chiave
costituzionale della giurisprudenza della Corte di giustizia e una costituzionalizzazione del processo di integrazione
europea. La tesi appare almeno parzialmente contestabile, sul piano sostanziale, se si valorizza la cessione di
sovranità statale in favore dell'UE. Va comunque detto che la Corte di giustizia, nelle pronunce successive, non
pare essersi posta tale problema.
29 CGUE, sentenza del 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts c. Parlamento europeo, punto 23.
30 CGUE, parere del 14 dicembre 1994, avis 1/91, Accord EEE – I, punto 21.
31 Si vedano, ad esempio, CGUE, sentenza del 3 settembre 2008, cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi e

Al Barakaat Foundation c. Consiglio e Commissione, punto 281, sentenza del 3 ottobre 2013, causa C-583/11 P, Inuit
Tapiriit Kanatami e a. c. Parlamento e Consiglio, punto 91 e sentenza del 6 ottobre 2015, causa C-362/14, Schrems, punto
60.
32 T. KONSTADINIDES, The Rule of Law in the European Union. The Internal Dimension, Oxford, 2017, p. 1.
33 CGUE, sentenza del 12 novembre 1981, cause riunite da 212 a 217/80, Meridione Industria Salumi, punto 10.

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divieto di interventi arbitrari o sproporzionati del potere esecutivo34, il principio di legalità35, l'uguaglianza
dinanzi alla legge36, la separazione dei poteri37 e la tutela giurisdizionale indipendente ed effettiva38, tutti
riconosciuti quali principi generali del diritto dell'Unione.
Interrogandosi sul punto e conducendo un'approfondita analisi di carattere comparatistico, autorevole
dottrina ha sostanzialmente confermato tale percorso giurisprudenziale, individuando gli elementi
costitutivi di uno stato di diritto – anche per quel che attiene all'ordinamento sovranazionale – nella
sottoposizione di tutte le pubbliche autorità a un controllo giurisdizionale esercitato da un'autorità
giudiziaria indipendente, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nell'individuazione di
un chiaro fondamento normativo per l'esercizio dei pubblici poteri e nel bisogno di una normativa di alta
qualità per quel che riguarda la conoscibilità, l'intelligibilità e la coerenza della stessa 39.
Da ultimo, anche la Commissione europea ha ribadito l'impostazione di cui si è dato ora conto
nell'allegato I alla comunicazione sul quadro dell'Unione per rafforzare lo Stato di diritto40.

4. La nozione di indipendenza del potere giudiziario nel diritto dell’Unione europea


Nel corso del tempo, l'indipendenza quale caratteristica intrinseca all'esercizio delle funzioni giudiziarie
ha assunto vario rilievo nella giurisprudenza di Lussemburgo. Secondo un orientamento costantemente
ribadito, si tratta di uno degli elementi sulla base dei quali deve essere condotta la valutazione circa la
nozione autonoma di organo giurisdizionale nazionale e la legittimazione a sollevare questioni
pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia41. Al riguardo, la Corte ha avuto modo di chiarire che il requisito
dell'indipendenza presenta due aspetti. Il primo, esterno, presuppone l'esercizio delle funzioni in piena

34 CGUE, sentenza del 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst c. Commissione, punto 19.
35 CGUE, sentenza del 29 aprile 2004, causa C-469/99 P, CAS Succhi di Frutta, punto 63.
36 CGUE, sentenza del 14 settembre 2010, causa C-550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals, punto 54.
37 CGUE, sentenza del 22 dicembre 2010, causa C-279/09, DEB, punto 58.
38 CGUE, sentenza del 29 giugno 2010, causa C-550/09, E. ed F., punto 44.
39 W. VAN GERVEN, The European Union. A Polity of States and Peoples, Stanford, 2005, pp. 104-153.
40 Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio, Nuovo quadro dell'UE per rafforzare lo Stato di

diritto, 11 marzo 2014, COM(2014) 158 def. Sul meccanismo ivi previsto, v. M. PARODI, L'UE nel ruolo di garante
dello Stato di diritto. Riflessioni sul nuovo quadro giuridico introdotto dalla Commissione, in federalismi.it, n. 19/2014, L.S.
ROSSI, Un nuovo soft instrument per garantire il rispetto della Rule of Law nell'Unione europea, in SIDIBlog, 11 maggio 2015
e D. KOCHENOV – L. PECH, Better Late than Never? On the European Commission’s Rule of Law Framework and its
First Activation, in Journal of Common Market Studies, n. 54/2016, pp. 1062-1074.
41 Si vedano, a titolo meramente esemplificativo, CGUE, sentenza del 30 giugno 1966, causa 61-65, Vaasen-Goebbels

c. Beambtenfonds voor het Mijnbedrijf, p. 418, sentenza del 21 aprile 1988, causa 338/85, Pardini c. Ministero del Commercio
con l'Estero, punto 9, sentenza dell'11 giugno 1987, causa 14/86, Pretore di Salò c. X, punto 7, sentenza del 27 aprile
1994, causa C-393/92, Almelo, punto 21 e sentenza del 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult, punto
23. Per un'introduzione al tema, v. M. BROBERG – N. FENGER, Preliminary References to the European Court of
Justice, II ed., Oxford, 2014, pp. 60-105.

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autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione e senza ricevere ordini o istruzioni. Il secondo,
interno, attiene all'imparzialità dell'organo e riguarda l'equidistanza dalle parti della controversia42.
Successivamente, la Corte ha dato rilievo a tale componente nell'ambito di tre cause dirette ad accertare
quali organi nazionali possano essere qualificati quali autorità competenti a emettere un mandato d’arresto
europeo (MAE). Propriamente, le questioni formulate da parte di un giudice olandese hanno inteso
chiarire se rientrino in tale categoria le autorità di polizia, ove abbiano emesso il MAE autonomamente e
nell'ipotesi in cui esso sia stato confermato dall'autorità giudiziaria requirente, e il Ministero della giustizia
di uno Stato membro.
Secondo la Corte di giustizia, ai fini della disciplina sul MAE, quella di autorità giudiziaria rappresenta
un'ulteriore nozione autonoma di diritto dell'Unione che non necessariamente ricomprende solo i giudici
o gli organi giurisdizionali di uno Stato membro. Infatti, essa designa, più in generale, tutte le autorità
chiamate a partecipare all’amministrazione della giustizia in un ordinamento giuridico. Questo, tuttavia,
non permette di ricomprendere i servizi di polizia, in quanto il concetto si riferisce al potere giudiziario
quale entità distinta dal potere esecutivo, in ragione del principio di separazione dei poteri43. Ciò risulta
vero a maggior ragione nel caso del Ministero della giustizia, in quanto autorità politica. Opinare
diversamente implicherebbe il riconoscimento in favore dell'esecutivo di un potere decisionale quanto
alla procedura di consegna che è proprio quanto la disciplina del MAE ha inteso escludere, introducendo
invece un sistema semplificato fondato sulla libera circolazione delle decisioni giudiziarie, sostitutivo del
meccanismo – di natura eminentemente politica – delle estradizioni44. Quanto, invece, al caso in cui il
mandato d'arresto emesso dalla polizia sia confermato dal pubblico ministero, tale situazione non genera
problemi, proprio in ragione dell'intervento di un'autorità che fa parte a pieno titolo dell'amministrazione
della giustizia45.
In seguito, è intervenuta la sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses, relativa alla compatibilità tra la
disciplina di diritto portoghese che aveva comportato una riduzione temporanea dell'importo della
retribuzione spettante ai funzionari pubblici, tra i quali i giudici contabili, con il diritto primario
dell'Unione. Più precisamente, i parametri di riferimento sono stati individuati nell’art. 19, par. 1, comma
2, del TUE e nell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. Il primo stabilisce che gli Stati membri

42 Al riguardo, CGUE, sentenza del 19 settembre 2006, causa C-506/04, Wilson, punti 51-52, sentenza del 17 luglio
2014, cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi, punto 22 e sentenza del 16 febbraio 2017, causa C-503/15, Margarit
Panicello, punto 37.
43 CGUE, sentenza del 10 novembre 2016, causa C-452/16 PPU, Poltorak, punti 33-34.
44 CGUE, sentenza del 10 novembre 2016, causa C-477/16 PPU, Kovalkovas, punti 40-42.
45 CGUE, sentenza del 10 novembre 2016, causa C-453/16 PPU, Özçelik, punti 33-38.

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individuano i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori
disciplinati dal diritto dell'Unione, mentre il secondo riconosce il diritto a un giudice imparziale.
Concentrando la propria attenzione sul primo di tali parametri, la Corte di giustizia ha affermato che esso
concretizza il valore dello stato di diritto e che spetta agli Stati membri garantire che gli organi
giurisdizionali nazionali soddisfino i requisiti di una tutela effettiva. Tra questi, rientra l'indipendenza, la
quale presuppone – come già ricordato – che gli organi considerati esercitino le loro funzioni in piena
autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o
istruzioni da alcuna fonte, e che siano pertanto tutelati da interventi o pressioni dall’esterno che
compromettano l’autonomia di giudizio dei suoi membri e ne influenzino le decisioni46.
Dunque, tramite questa pronuncia, l’orientamento sopra ricordato, sviluppatosi in materia di rinvio
pregiudiziale, è stato – per così dire – definitivamente incanalato nell’alveo del valore “stato di diritto” e
ha acquistato una peculiare rilevanza a tal fine.
Da ultimo, nella sentenza Minister for Justice and Equality, i giudici di Lussemburgo hanno riconosciuto che
nell’Unione europea, intesa quale Unione di diritto, i consociati hanno il diritto di contestare la legittimità
di provvedimenti nazionali concernenti l’applicazione del diritto sovranazionale nei loro confronti. Per
fare ciò, non può prescindersi dalla presenza di un sistema di tutela giurisdizionale effettiva e
indipendente, nel quale si sostanzia il valore dello stato di diritto. Al riguardo, la Corte ha sottolineato la
centralità delle regole relative alla composizione degli organi giurisdizionali, alla nomina, alla durata delle
funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei singoli membri, le quali sono
funzionali a fugare i dubbi circa possibili influenze esterne, e l’importanza di un regime disciplinare che
operi quale strumento di garanzia, e non come meccanismo di controllo politico delle decisioni
giudiziarie47.

46 CGUE, sentenza del 27 febbraio 2018, causa C-64/16, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, punti 32, 37-38 e
42. Su quest'ultimo sviluppo giurisprudenziale, v. A. MIGLIO, Indipendenza del giudice, crisi dello stato di diritto e tutela
giurisdizionale effettiva negli Stati membri dell'Unione europea, in Diritti umani e diritto internazionale, n. 12/2018, pp. 421-
431.
47 CGUE, sentenza del 25 luglio 2018, causa C-216/18 PPU, Minister for Justice and Equality, punti 48-54, 66-67. La

pronuncia, da collocarsi nella cornice della vicenda polacca, riguardava la possibilità di non dare esecuzione ad
alcuni MAE emessi dalle autorità giudiziarie polacche al fine di ottenere dalle controparti irlandesi la consegna di
un proprio cittadino per l’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti. La difesa del cittadino polacco aveva
contestato la richiesta, rilevando – tra l’altro – che, a causa delle riforme dell’ordinamento giudiziario approvate in
Polonia dal 2016 in poi, non sarebbe stato adeguatamente garantito il diritto a un processo equo in quello Stato.
La Corte di giustizia ha ritenuto che spetti alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione dei MAE valutare se
ciò corrisponda al vero o meno, attraverso un test articolato in due fasi, valutando in primo luogo se nello Stato di
emissione sussista un rischio reale di violazione del contenuto essenziale del diritto a un processo equo in ragione
di carenze sistematiche o generalizzate inerenti al potere giudiziario. Se tale verifica ha un esito positivo, l’autorità
giudiziaria dello Stato di esecuzione deve stabilire se il consegnando corra, in concreto, un rischio reale di violazione
del proprio diritto. In tal caso, l’esecuzione del MAE dovrà essere sospesa. Quanto a tale sentenza, di cui molto si

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5. Il contributo del Consiglio d’Europa quanto allo stato di diritto e all’indipendenza del potere
giudiziario
Con l’eccezione del Kosovo, tutti gli Stati dei Balcani occidentali sono Parti contraenti del Consiglio
d’Europa e hanno provveduto alla firma e alla ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Il Kosovo, tuttavia, intende aderire al Consiglio
d’Europa e, pertanto, è stato fatto oggetto di ripetute valutazioni da parte dell’APCE e, inoltre, fa parte
della Commissione di Venezia. Dunque, al fine di valutare la situazione degli Stati qui presi in
considerazione quanto al loro livello di compliance rispetto al principio dello stato di diritto e
all’indipendenza del potere giudiziario, può assumere un certo rilievo un’analisi che tenga conto tanto
delle pronunce della Corte EDU, quanto delle risoluzioni e dei rapporti dell’APCE, quanto ancora dei
pareri della Commissione di Venezia.
Preliminarmente, per quel che riguarda la normativa del Consiglio d'Europa, è da notare come il concetto
di stato di diritto sia richiamato due volte nello Statuto di tale organizzazione: nel preambolo, esso è
individuato come uno dei valori spirituali e morali che costituiscono il patrimonio comune dei popoli
degli Stati contraenti; all'art. 3, si afferma che ogni membro riconosce tale principio e il principio secondo
cui ogni persona soggetta alla giurisdizione statale deve godere dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali48. Quanto alla CEDU, solo nel preambolo si ravvisa un riferimento a esso, nuovamente
evocato quale elemento costitutivo del patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici proprio degli
Stati parte della CEDU.
Quanto, invece, alla nozione di indipendenza del potere giudiziario, essa risulta presente soltanto nella
CEDU, all'art. 6 ove, nell'ambito del diritto a un equo processo, si riconosce a chiunque il diritto a vedere
esaminata la propria causa da un tribunale indipendente e imparziale.
Tuttavia, né nell'uno, né nell'altro caso, vengono fornite delle definizioni. Sotto questo punto di vista,
comunque, soccorrono la giurisprudenza della Corte EDU e i pareri della Commissione di Venezia.
Quanto alla prima, i giudici di Strasburgo hanno avuto modo di riconoscere che lo stato di diritto è
elemento che permea ogni previsione della CEDU, di cui, pertanto, deve sempre tenersi conto a fini

è discusso, v. D. SARMIENTO, A comment on the CJEU’s judgment in LM, in Maastricht Journal of European and
Comparative Law, n. 25/2018, pp. 385-387, A. VON BOGDANDY – P. BOGDANOWICZ – I. CANOR – M.
SCHMIDT – M. TABOROWSKI, Drawing Red Lines and Giving (Some Bite) – the CJEU’s Deficiencies Judgment on the
European Rule of Law, in Verfassungsblog, 3 agosto 2018 e, volendo, A. ROSANÒ, Crisi dello Stato di diritto e occasioni
perdute. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sulle carenze del sistema giudiziario, in Eurojus.it, 6 settembre
2018.
48 Statuto del Consiglio d'Europa, firmato a Londra il 5 maggio 1949. Si segnala che, nella versione italiana, viene

utilizzata la formula "preminenza del diritto", in luogo di stato di diritto. Tuttavia, nella versione inglese, si ricorre
all'espressione rule of law.

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interpretativi, e che si ricollega primariamente al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva49. Questa
impostazione quanto alla rilevanza da attribuirsi allo stato di diritto nell'ambito della CEDU, ribadita nel
corso del tempo50, ha portato a riconoscere che il concetto in parola, da intendersi quale principio
fondamentale di una società democratica, comporta, tra l'altro, il dovere da parte degli Stati di conformarsi
alle pronunce giudiziarie emesse contro di loro51 e quello di prevedere rimedi di diritto interno attivabili
contro le interferenze poste in essere dagli Stati stessi rispetto ai diritti garantiti dalla Convenzione52.
Dunque, la Corte ha avuto modo sia di chiarire il principio in questione, sia di ricollegarlo al regolare
funzionamento dei meccanismi di tutela giurisdizionale. Affinché questi possano operare, però, assume
rilievo l'indipendenza del potere giudiziario quale presupposto. Partendo dalla considerazione di matrice
anglosassone secondo cui "justice must not only be done; it must also be seen to be done"53, la Corte ha
sottolineato che, al fine di stabilire se un organo giudiziario sia indipendente rispetto a influenze
provenienti dal potere esecutivo o dalle parti della controversia, sia necessario considerare le modalità di
nomina dei suoi componenti, la durata in carica di questi54 e l'esistenza di garanzie rispetto a
condizionamenti esterni55.
Da parte sua, la Commissione di Venezia ha individuato sei indicatori caratteristici dello stato di diritto:
il principio di legalità, il principio di certezza del diritto, il divieto di determinazioni puramente
discrezionali da parte del potere pubblico, l'accesso a tribunali indipendenti e imparziali, il rispetto per i
diritti umani e la non discriminazione dinanzi alla legge56.
Quanto al tema dell'indipendenza del potere giudiziario, la Commissione ha avuto modo di riconoscere
alcuni standard rilevanti in materia, quali quelli relativi alle nomine e alle progressioni di carriera fondate
sul merito, all'istituzione di un organo di autogoverno competente al riguardo, all'inamovibilità dei
magistrati, al livello adeguato di remunerazione, all'introduzione di regole quanto all'incompatibilità della

49 Corte EDU, sentenza del 21 febbraio 1975, ricorso n. 4451/70, Golder c. Regno Unito, punto 34.
50 Corte EDU, sentenza del 25 giugno 1996, ricorso n. 19776/92, Amuur c. Francia, punto 50 e sentenza dell'8
novembre 2007, ricorso n. 11287/03, Lelièvre c. Belgio, punto 104.
51 Corte EDU, sentenza del 25 marzo 1999, ricorso n. 31107/96, Iatridis c. Grecia, punto 58.
52 Corte EDU, sentenza del 17 maggio 2016, ricorsi n. 42461/13 e 44357/13, Karàcsony e altri c. Ungheria, punto 156.
53 Corte EDU, sentenza del 17 gennaio 1970, ricorso n. 2689/65, Delcourt c. Belgio, punto 31.
54 Quanto a tali due requisiti, si vedano ad esempio Corte EDU, sentenza del 16 luglio 1971, ricorso n. 2614/65,

Ringeisen c. Austria, punto 95 e sentenza del 23 giugno 1981, ricorsi n. 6878/75 e 7238/75, Le Compte, Van Leuven e
De Meyere c. Belgio, punto 55.
55 Corte EDU, sentenza del I ottobre 1982, ricorso n. 8692, Piersack c. Belgio, punto n. 27; tutti i requisiti ora nominati

sono stati confermati in Corte EDU, sentenza del 28 giugno 1984, ricorsi n. 7819/77 e 7878/77, Campbell e Fell c.
Regno Unito, punto 78.
56 COMMISSIONE DI VENEZIA, Report on the Rule of Law, 25-26 marzo 2011, CDL-AD(2011)003, p. 10.

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funzione di magistrato con altri incarichi e all'attribuzione dei casi sulla base di criteri oggettivi e
trasparenti57.

5.1. Alcune pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo quanto all’indipendenza del
potere giudiziario in Albania, Macedonia e Serbia
Per quanto attiene all’Albania, si può ricordare una sentenza di condanna per violazione dell’art. 6, par.
1, CEDU relativa alla composizione della Corte Suprema: infatti, sei dei quindici componenti della Corte
si erano già pronunciati circa lo stesso caso, in precedenti fasi del giudizio58. Per ragioni similari, la Corte
ha avuto modo di condannare la Macedonia in una serie di casi inerenti a decisioni assunte dall’organo di
autogoverno del potere giudiziario quanto a illeciti professionali asseritamente commessi da alcuni
magistrati e ai dubbi che la composizione di questo organo suscitava in ragione del canone di
indipendenza: ciò, in quanto nell’organo di autogoverno sedevano, a seconda delle situazioni, un membro
che già si era pronunciato in relazione al caso specifico59; il Presidente della Corte Suprema, che aveva già
avuto modo di conoscere della controversia in fasi precedenti della vicenda processuale, e il Ministro
della giustizia, ossia un componente del potere esecutivo60; o ancora membri che avevano dato avvio a
un procedimento per illeciti professionali, provvedendo a presentare elementi di prova, prendendo poi
parte anche alla deliberazione nel merito61.

57 COMMISSIONE DI VENEZIA, Report on the Independence of the Judicial System. Part I: The Independence of Judges, 12-
13 marzo 2010, CDL-AD(2010)004, pp. 17-18. Sul tema, v. L.F. MÜLLER, Judicial Independence as a Council of Europe
Standard, in German Yearbook of International Law, n. 52/2009, pp. 461-482.
58 Corte EDU, sentenza del 13 novembre 2007, ricorso n. 33771/02, Driza c. Albania, punto 81. Nel caso specifico,

la questione riguardava l’imparzialità dell’organo giudicante. Al riguardo, deve ricordarsi che la Corte di Strasburgo
distingue tra imparzialità soggettiva, la quale si ricollega all’assenza di pregiudizi personali da parte del giudice
chiamato a pronunciarsi sulla causa, e oggettiva, da ricollegarsi all’organo giudicante e, propriamente, alla sua
composizione quale elemento che offra garanzie sufficienti quanto alla possibilità di ottenere un processo giusto
(a titolo meramente esemplificativo, si rinvia a Corte EDU, sentenza del 15 ottobre 2009, ricorso n. 17056/06,
Micallef c. Malta, punti 94 e 97 e sentenza del 9 gennaio 2018, ricorso n. 63246/10, Nicholas c. Cipro, punto 49).
Questo spinge la Corte a ritenere che l’imparzialità oggettiva e l’indipendenza siano due concetti strettamente legati,
visto che la presenza della prima contribuisce a escludere qualsiasi legittimo dubbio quanto alla seconda (sul punto,
si vedano, ad esempio, Corte EDU, sentenza del 25 febbraio 1997, ricorso n. 22107/93, Findlay c. Regno Unito,
punto 73 e sentenza 9 novembre 2006, ricorso n. 65411/01, Sacilor Lormines c. Francia, punto 62).
59 Corte EDU, sentenza del 30 marzo 2015, ricorso n. 6899/12, Mitrinovski c. Repubblica di Macedonia, punto 45.
60 Corte EDU, sentenza del 7 gennaio 2016, ricorso n. 48783/07, Gerovska Popčevska c. Repubblica di Macedonia, punti

52 e 56.
61 Corte EDU, sentenza del 7 gennaio 2016, ricorso n. 56381/09 e 58738/09, Jakšovski e Trifunovski c. Repubblica di

Macedonia, punti 43 e 45.

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Sia quanto alla Macedonia62, sia quanto Serbia63, alcune pronunce della Corte EDU hanno riguardato la
mancanza di coerenza ravvisata nella giurisprudenza di alcune corti. Da parte loro, i giudici di Strasburgo
hanno sottolineato come certe divergenze interpretative possano essere accettate in quanto tratto
caratteristico di qualsiasi sistema giudiziario che sia basato sulla presenza di una pluralità di organi di
giustizia e, dunque, in quanto conferma dell’indipendenza del potere giudiziario nel condurre le proprie
valutazioni. Tuttavia, il riconoscimento di questo dato di fatto non può legittimare una situazione in cui
le incoerenze mettano in discussione il principio della certezza del diritto, soprattutto ove esse siano
individuate nelle pronunce di una stessa corte. Pertanto, la certezza del diritto funge da limite rispetto a
una situazione in cui l’indipendenza del potere giudiziario sconfina nella mera arbitrarietà.

5.2. Le risoluzioni e i rapporti dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e i pareri


della Commissione di Venezia sull’indipendenza del potere giudiziario negli Stati dei Balcani
occidentali
Una delle questioni più affrontate da parte dell’APCE e della Commissione di Venezia in relazione
all’indipendenza del potere giudiziario è quella attinente alla composizione degli organi di autogoverno
della magistratura e alle modalità di scelta dei loro membri, nonché ad alcuni aspetti procedurali.
Quanto alla Serbia e a una proposta di riforma costituzionale che interesserebbe le istituzioni di
autogoverno – una per la magistratura giudicante, l’altra per quella requirente –, la Commissione ha
ravvisato una serie di problemi. Circa la prima di tali istituzioni, essa risulterebbe composta da dieci
membri elettivi e da alcuni membri di diritto, tra i quali rientrerebbe il Ministro della giustizia. Tale
circostanza e la previsione della cessazione dall’incarico nel caso in cui non sia possibile assumere una
decisione nel termine di trenta giorni dal ricevimento di una causa non hanno incontrato il favore della
Commissione, la quale si è espressa in senso contrario anche rispetto alla composizione dell’organo di
autogoverno della magistratura requirente. Infatti, di esso entrerebbero a far parte soggetti di nomina
esclusivamente parlamentare e, nel caso di sfiducia espressa dagli altri membri nei confronti di uno, la
pronuncia definitiva sul punto spetterebbe nuovamente al Parlamento64.

62 Corte EDU, sentenza del 25 aprile 2013, ricorso n. 45117/08, Balažoski c. Repubblica di Macedonia, punto 33.
63 Corte EDU, sentenza del I dicembre 2009, ricorsi n. 44698/06 e altri 30, Vincič e altri c. Serbia, punto 56, sentenza
del 5 ottobre 2010, ricorsi n. 47460/07 e altri 29, Rakić e altri c. Serbia, punto 43, sentenza del 13 settembre 2011,
ricorso n. 37204/08, Živič c. Serbia, punto 46 e sentenza del 26 giugno 2018, ricorsi n. 27471/15 e altri 12, Mirkovič
c. Serbia, punto 142.
64 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Draft Amendments to the Law on the State Prosecutorial Council of

Serbia, 10-11 ottobre 2014, CDL-AD(2014)029. Il tema della politicizzazione della pubblica amministrazione è di
particolare rilievo per quanto riguarda la Serbia. Al riguardo, v. P. DAGRASIC, Serbia and the European Union: A
View from Brussels, in L’Europe en formation, n. 349-350/2008, pp. 147-157.

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Per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, la Commissione ha ravvisato una serie di problemi derivanti
dall’esclusione dall’organo di autogoverno di esponenti della classe forense, dal fatto che il Parlamento
possa sia nominare i componenti di tale organo, senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento del
potere giudiziario, sia provvedere alla rimozione del Presidente e del Vice Presidente dello stesso e
dall’assenza di rimedi esperibili avverso le decisioni di tale organo quanto alla nomina dei giudici65.
Nel caso del Montenegro, si è criticato il fatto che le decisioni dell’organo di autogoverno non siano
impugnabili66, mentre, quanto alla Macedonia, l’attenzione si è concentrata sul fatto che tali pronunce
possano essere solamente confermate o cassate da una corte d’appello, la quale però non può decidere
nel merito della controversia. Pertanto, ove la corte non confermi, spetterà nuovamente all’organo di
autogoverno rendere una nuova decisione sulla medesima controversia67.
In relazione all’Albania, l’APCE e la Commissione hanno ravvisato dei problemi inerenti al ruolo del
Ministro della giustizia nell’ambito dell’organo di autogoverno della magistratura con riferimento alle
deliberazioni relative all’avvio e alla conclusione dei procedimenti disciplinari68 e alle allocazioni
economiche del potere giudiziario69.
Quanto ad altri aspetti problematici, essi sono stati individuati nell’assenza di una Corte Suprema
bosniaca70, nella mancata osservanza delle sentenze della Corte EDU in questo Stato71 e nel fatto che, dal
2006 in poi, nessun Procuratore Generale bosniaco abbia portato a termine il proprio mandato per ragioni
di corruzione o connesse ai conflitti etnici72; nel riconoscimento in capo al Ministero della giustizia

65 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Draft Law on the High Judicial and Prosecutorial Council of Bosnia and
Herzegovina, 21-22 marzo 2014, CDL-AD(2014)008, pp. 8, 10-11, 16-17. In generale, quanto alla Bosnia, v. V.
DZIHIC – A. WIESER, The Crisis of Expectations – Europeanisation as “Acquis Démocratique” and its Limits. The Case of
Bosnia-Herzegovina and Serbia, in L’Europe en formation, n. 349-350/2008, pp. 81-98.
66 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Draft Laws on Courts and on Rights and Duties of Judges and on the

Judicial Council of Montenegro, 12-13 dicembre 2014, CDL-AD(2014)038, p. 13.


67 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Law Amending the Law on the Judicial Council and on the Law

Amending the Law on Courts, 19-20 ottobre 2018, CDL-AD(2018)022, p. 9. Ulteriormente, quanto al contesto
macedone, v. M. RISTESKA, The role of the EU in promoting good governance in Macedonia: towards efficiency and effectiveness
or deliberative democracy?, in Nationalities Papers, n. 41/2013, pp. 431-446, M. KARADZOSKI - A. ADAMCZYK,
Macedonia and Her Difficult Neighbours on the Path to the EU, in Yearbook of Polish European Studies, n. 17/2017, pp. 209-
228 e O. KOSTOSKA, Macedonia’s Stalled Bid for EU Membership: Is the Solution in Sight?, in Romanian Journal of
European Affairs, n. 18/2018, pp. 54-76.
68 APCE, The honouring of obligations and commitments by Albania, Doc. 13586, 2 settembre 2014, punto 84.
69 COMMISSIONE DI VENEZIA, Final Opinion on the Revised Draft Constitutional Amendments on the Judiciary, 11-12

marzo 2016, CDL-AD(2016)009, pp. 8-9.


70 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on Legal Certainty and the Independence of the Judiciary in Bosnia and

Herzegovina, 15-16 giugno 2012, CDL-AD(2012)014, pp. 14-15.


71 APCE, The progress of the Assembly’s monitoring procedure (January-December 2018) and the periodic review of the honouring of

obligations by Iceland and Italy, Risoluzione 2261 (2019), 24 gennaio 2019, punto 5.3.
72 APCE, The honouring of obligations and commitments by Bosnia and Herzegovina, Doc. 14465, 8 gennaio 2018, punto

150.

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montenegrino del potere di definire le regole di procedura, organizzazione e a funzionamento interno
delle corti73; nella difficoltà ad assumere nuovi magistrati e ad assicurare una rappresentanza a tutte le
componenti etniche del Kosovo in seno al potere giudiziario74 o, ancora, nella proposta di riforma
avanzata in Serbia che prevede la nomina dei pubblici ministeri, oltre che del Procuratore Generale, da
parte del Parlamento, dinanzi al quale essi sarebbero responsabili75.
Un tema peculiare affrontato in riferimento all’Albania è stato quello dell’introduzione di meccanismi
diretti a contrastare la diffusione del fenomeno corruttivo nell’ambito del potere giudiziario. A tal fine, è
stato attribuito un ruolo di controllo a degli organi denominati commissioni indipendenti e camere
indipendenti, in relazione ai quali la Commissione di Venezia ha sollevato dei dubbi quanto alla loro
permeabilità da parte di influenze esterne76. Inoltre, la Commissione di Venezia ha criticato l’assenza di
un rimedio esperibile dinanzi a un’autorità giudiziaria avverso i provvedimenti adottati dagli organi ora
nominati, la durata del processo di controllo (undici anni) e la nomina da parte del Primo Ministro, quali
componenti di questi, di giuristi stranieri ai quali è attribuito il potere di pronunciarsi nuovamente su un
caso già affrontato dalle commissioni e dalle camere e di riassegnarlo a un’altra commissione o camera77.
In generale, comunque, la corruzione appare come una malattia che affligge e che continua ad affliggere
il potere giudiziario di tutti gli Stati della regione, nonostante i richiami dell’APCE a intervenire sul
punto78.

6. Conclusioni
Il processo di allargamento viene costantemente monitorato da parte della Commissione europea, la quale
provvede, ogni anno, a pubblicare dei rapporti relativi ai singoli Stati e ai loro eventuali progressi e
arretramenti.

73 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Draft Laws on Courts and on Rights and Duties of Judges and on the
Judicial Council of Montenegro, op.cit., p. 8.
74 APCE, The situation in Kosovo and the role of the Council of Europe, Doc. 13939, 8 gennaio 2016, punti 39 e 41. Per

una panoramica delle questioni aperte in Kosovo, v. V. MORINA, Prospective Constitutional Changes in Kosovo
Emanating from the EU Pre-accession Process, in Croatian Yearbook of European Law & Policy, n. 12/2016, pp. 299-317.
75 COMMISSIONE DI VENEZIA, Opinion on the Draft Amendments to the Constitutional Provisions on the Judiciary, 22-

23 giugno 2018, CDL-AD(2018)011, p. 18.


76 COMMISSIONE DI VENEZIA, Final Opinion on the Revised Draft Constitutional Amendments on the Judiciary, op.cit.,

p. 14
77 Ivi, pp. 9, 15 e 16.
78 APCE, Judicial corruption: urgent need to implement the Assembly’s proposals, Risoluzione 2098 (2016), 29 gennaio 2016.

La ragione pare risiedere nei bassi stipendi di cui godono i magistrati e nelle scarse misure di sicurezza disposte a
loro favore (così, quanto al caso albanese, A. KUSHI, La via verso l’integrazione europea: alcuni spunti comparati
dall’esperienza albanese, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2018, p. 774).

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Dovendo tenere conto di una pluralità di tematiche che, ricollegandosi alle competenze proprie dell'UE,
vanno dalla libera circolazione delle merci alla proprietà intellettuale, dagli appalti pubblici all'agricoltura,
l'analisi della Commissione non si spinge, né può spingersi, a un livello di approfondimento paragonabile
a quello dei pareri della Commissione di Venezia. Pertanto, per quel che attiene allo stato di diritto e
all'indipendenza del potere giudiziario – così come per quel che riguarda le altre questioni connesse
all'allargamento –, essa si limita a offrire una panoramica generale, eventualmente sottolineando specifici
problemi di maggior rilievo79.
Ciò non significa che la Commissione europea non sia consapevole delle questioni evidenziate da parte
degli organi che fanno capo al Consiglio d’Europa e non è un caso che, con riferimento ai due temi
affrontati nel presente scritto, l'esecutivo europeo non esprima un giudizio pienamente positivo in
relazione a nessuno degli Stati dei Balcani occidentali, limitandosi invece a riconoscere la presenza di un
certo livello di preparazione e ad ammettere che siano stati fatti dei progressi moderati80 o buoni81.
Tuttavia, il problema principale non attiene al maggiore o minore livello di preparazione degli Stati in
parola o ai loro progressi. È un dato di comune esperienza e di buon senso quello che porta a dire che il
percorso verso la piena realizzazione degli ideali della democrazia e dello stato di diritto è lungo e
complesso e non risulta basato soltanto sull’adozione di Costituzioni e leggi o sulla creazione di istituzioni
di un certo tipo. Ciò che è necessario, invece, è lo sviluppo di una prassi in cui si manifesti, autenticamente
e quotidianamente, l’essenza di un sistema di pesi e contrappesi.
Dunque, come si diceva, l’aspetto problematico non sta nelle carenze ora esistenti negli Stati dei Balcani
occidentali: considerato che il loro cammino democratico è iniziato negli Anni Novanta82, è normale che
la situazione sia quale essa si presenta oggi ed è da ritenere che, col tempo, essa possa migliorare.
Al contrario, l’elemento di criticità risiede nel fatto che, secondo la Commissione europea, entro il 2025
si verificherà un nuovo allargamento. Questo dovrebbe significare che, entro sette anni, tutte le questioni
sottese all’adesione all’UE e, in particolare, quelle relative allo stato di diritto e all’indipendenza del potere
giudiziario, saranno state risolte con riferimento almeno ad alcuni degli Stati dei Balcani occidentali.

79 Per un approfondimento sul tema in oggetto, si rinvia a T. CERRUTI, Lo stato di diritto nel processo di allargamento
ai Balcani occidentali, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 1/2019, pp. 137-166.
80 COMMISSIONE EUROPEA, Montenegro 2018 Report, SWD(2018) 150 final, p. 4, Bosnia-Herzegovina 2018 Report,

SWD(2018) 155 final, p. 8, Serbia 2018 Report, SWD(2018) 152 final, p. 13 e Kosovo 2018 Report, SWD(2018) 156
final, p. 13.
81 COMMISSIONE EUROPEA, The Former Yugoslav Republic of Macedonia 2018 Report, SWD(2018) 154 final, p.

18, Albania 2018 Report, SWD(2018) 151 final, p. 16.


82 Per un’introduzione, v. M. CALAMO SPECCHIA – M. CARLI – G. DI PLINIO – R TONIATTI (a cura di),

I Balcani occidentali. Le Costituzioni della transizione, Torino, 2008 e L. MONTANARI – R. TONIATTI – J. WOELK
(a cura di), Il pluralismo nella transizione costituzionale dei Balcani: diritti e garanzie, Trento, 2010.

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Il che può essere ma, alla luce delle crisi dello stato di diritto in atto nell’UE, può valere la pena ricordare
i giudizi espressi da parte della stessa Commissione europea quanto all’Ungheria e alla Polonia nel 1997.
Ad appena otto anni dalla loro ritrovata indipendenza rispetto all’Unione Sovietica, tali Stati si videro
riconoscere lo status di democrazie a pieno titolo, pienamente in compliance rispetto al criterio politico di
adesione83.
Gli sviluppi successivi portano a credere che simili giudizi siano stati avventati, che più tempo sarebbe
stato necessario per permettere l’affermazione di una prassi democratica e che, rileggendo le Conclusioni
del Consiglio europeo di Copenaghen, si sarebbe dovuto tenere maggiormente in conto la frase, spesso
negletta, che segue all’enunciazione dei tre criteri: “La capacità dell'Unione di assorbire nuovi membri,
mantenendo nello stesso tempo inalterato il ritmo dell'integrazione europea, riveste parimenti grande
importanza, nell'interesse generale dell'Unione e dei paesi candidati”84.
Ora come allora, si ripropone il medesimo tema e sorgono spontanei degli interrogativi circa un’eventuale
mancanza di coerenza dell’UE rispetto al processo di allargamento e alle finalità perseguite dall’Unione
tramite esso.
Tali interrogativi paiono affrontabili e risolvibili ricorrendo non allo schema concettuale classico utilizzato
in materia, ossia quello fondato sulle nozioni di external incentives e rule transfer che porta a individuare nel
processo di allargamento un meccanismo di riproposizione del modello europeo85, in quanto esso sembra
inidoneo a rendere conto dei problemi di coerenza di cui si è detto. Sembra allora preferibile uno schema
differente, basato sul concetto di ipocrisia organizzata, che necessita però di alcune parole di spiegazione.
Strutture complesse quali le multinazionali, le organizzazioni internazionali, gli Stati vengono giudicate
con riferimento al prodotto della loro azione, inteso, a seconda dei casi, in senso stretto, quale derivato
materiale di un ciclo produttivo, o metaforico, quale output del loro operato (si pensi a una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite o a una legge approvata da un parlamento
nazionale). Al tempo stesso, esse sono fatte oggetto di valutazione anche in ragione di un elemento
esterno. Propriamente, il contesto sociale in cui tali realtà si inseriscono si interroga circa la capacità di
quel prodotto di essere coerente con gli interessi – politici, economici, culturali – fatti propri dal
medesimo contesto. Il punto è che il contesto sociale di riferimento non è mai uniforme e, dunque, non
esprime mai un unico interesse rilevante.

83 COMMISSIONE EUROPEA, Opinion on Hungary’s Application for Membership of the European Union, 15 luglio 1997,
DOC/97/13, p. 20 e Opinion on Poland’s Application for Membership of the European Union, 15 luglio 1997, DOC/97/16.
84 Conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen, op.cit.
85 F. SCHIMMELFENNIG – U. SEDELMEIER, Governance by Conditionality: EU Rule Transfer to the Candidate

Countries of Central and Eastern Europe, in Journal of European Public Policy, n. 11/2009, pp. 661-679.

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Si pensi al caso di una multinazionale. È da ritenere che centrale per essa sia l’interesse all’efficienza della
propria attività, di modo da generare un profitto. Tuttavia, dato il contesto dell'Europa occidentale,
l'attività di quella multinazionale non potrà prescindere dal prendere in considerazione e conformarsi ad
altri interessi e alle regole che li esprimono, quali quelli relativi alle condizioni e agli orari di lavoro o alla
tutela dell'ambiente. Per quel che riguarda le organizzazioni internazionali, si consideri, ad esempio,
l'Organizzazione delle Nazioni Unite e, in relazione a essa, l'esigenza di coniugare il principio di non
ingerenza con il rispetto dei diritti umani. Quanto agli Stati, si può far riferimento alle difficoltà che
potrebbe incontrare un legislatore nazionale nel definire una normativa che, in materia di lavoro, recepisca
sia gli interessi dei datori di lavoro, sia le istanze della classe operaia.
Allora, la compresenza di interessi differenti e, spesso, confliggenti, genera uno sdoppiamento nell'assetto
delle strutture sopra ricordate. Da un lato, è possibile individuare un'organizzazione formale, che si
occupa di mantenere le apparenze quanto al fatto che tutti gli interessi siano stati presi in considerazione
e tenuti in adeguato conto ai fini della realizzazione del prodotto; dall'altro, si introduce un'organizzazione
informale che opera in concreto e che indirizza la propria azione mirando alla soddisfazione di solamente
uno o, comunque, di pochi interessi, individuati come maggiormente rilevanti di volta in volta.
La situazione ora descritta prende il nome, appunto, di ipocrisia organizzata e, a dispetto di quanto
potrebbe far pensare il ricorso a un termine quale quello di ipocrisia, la letteratura in materia non la
interpreta come una caratteristica negativa86. Infatti – si sostiene – la valutazione che deve essere condotta
è di natura non morale, ma empirica, e lo standard di giudizio deve essere applicato non al singolo
individuo ma, come si è detto, a realtà complesse alle quali fanno riferimento molteplici soggetti portatori
di interessi. Pertanto, l'ipocrisia organizzata finisce per configurarsi non come fonte di biasimo, bensì
quale unica forma organizzativa idonea a permettere a queste strutture di operare.
Il quadro concettuale ora riassunto è già stato applicato in relazione all'azione dell'Unione europea e dei
suoi Stati membri, ancorché in ambiti limitati e introducendo talora un elemento di biasimo che non
risulta presente nel modello di riferimento. Ad esempio, parlando di una logica consequenziale che, in
termini di stretta razionalità, favorisce il ritorno economico a scapito di considerazioni di natura etica,
sono state criticate tanto l'incapacità dell'Unione di portare a piena applicazione le proprie regole sul
controllo delle esportazioni di armi, quanto la scelta di diversi governi nazionali di favorire fino al 2004 il

86Così, ad esempio, N. BRUNSSON, The Organization of Hypocrisy, Chichester, 1989, pp. 194-235. e S.D.
KRASNER, Sovereignty: Organized Hypocrisy, Princeton, 1999, pp. 220-238.

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commercio di queste con la Libia, nonostante le azioni del regime di Muhammar Gheddafi fossero in
palese contrasto con i valori basilari affermati dall'una e dagli altri87.
Ulteriormente, la dottrina ha evidenziato il contrasto esistente tra la retorica dell'Unione europea quanto
alle missioni di salvataggio in mare dei migranti e le azioni concrete, dirette primariamente a rafforzare i
controlli sulle frontiere marittime e a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina 88 e, più in
generale, tra l'aspirazione ad assicurare una protezione ai migranti e le pratiche dirette a impedire o,
comunque, rendere difficile l’ingresso nel territorio dell’Unione89.
Lo schema concettuale dell’ipocrisia organizzata sembra validamente applicabile anche ad altri ambiti di
intervento dell'Unione europea, come ad esempio quello dell’allargamento.
In questo caso, da un lato, si ravvisa una finalità di avvicinamento degli Stati terzi agli standard europei,
alla luce della quale bisognerebbe affermare che, ove quegli standard non siano raggiunti, l’adesione non
potrebbe avere luogo. Dall’altro lato, però, vanno considerate esigenze di differente natura che
potrebbero portare ad accettare l’accesso di nuovi Stati anche nel caso in cui essi non fossero ancora
pronti.
Il che permette di parlare, in relazione agli Stati dei Balcani occidentali, di una forma di allargamento
strategico perché basata più su di un calcolo, su ragioni di convenienza, che non sugli ideali fatti propri
dall’Unione europea. È, infatti, opinione sempre più diffusa quella secondo la quale l’ingresso degli Stati
dei Balcani occidentali sarebbe giustificato non tanto da considerazioni di ordine ideale – la promozione
dell’assetto valoriale dell’UE –, né da ragioni di natura economica – l'apertura di nuovi mercati, la ricerca
di manodopera a un costo inferiore rispetto a quello degli Stati membri –, bensì da valutazioni di tipo
geopolitico. Propriamente, la distruzione delle strutture socio-economiche di riferimento di questi Stati,
verificatasi in conseguenza del crollo della Jugoslavia e delle guerre succedutesi negli Anni Novanta,
avrebbe reso tale area del mondo instabile90, legittimando così un intervento da parte della comunità
internazionale finalizzato al mantenimento della pace91.
Quindi, sarebbero alla base del settimo allargamento esigenze non di promozione della democrazia e
dello stato di diritto, bensì di stabilizzazione di una determinata area geografica.

87 S.T. HANSEN – N. MARSH, Normative power and organized hypocrisy: European Union member states arms export to
Libya, in European Security, n. 24/2015, pp. 264-286.
88 E. CUSUMANO, Migrant rescue as organized hypocrisy: EU maritime missions offshore Libya between humanitarianism and

border control, in Cooperation and Conflict, n. 53/2018, pp. 1-22.


89 S. LAVENEX, 'Failing Forward' Towards Which Europe? Organized Hypocrisy in the Common European Asylum System,

in Journal of Common Market Studies, n. 56/2018, pp. 1195-1212.


90 F.-L. ALTMANN, EU und Westlicher Balkan: Eine schwierige Verlobung, in Südosteuropa, n. 36/2005, p. 208.
91 B. STAHL, “Another strategic accession”? The EU and Serbia (2000 – 2010), in Nationalities Papers, n. 41/2013, p. 454.

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L’adesione all’UE, allora, sarebbe un’adesione “a credito”, nel senso che tali Stati, pur non avendo ancora
le caratteristiche necessarie per il loro ingresso, entrerebbero comunque nell’Unione in ragione
dell’interesse, proprio di quest’ultima92, di svolgere una più stringente forma di controllo, funzionale a
evitare il sorgere di problemi alle sue frontiere sud-orientali93.
Pertanto, il fondamento di questo allargamento sarebbe da identificarsi in una valutazione
geopoliticamente egoistica che contrasta con le finalità ideali propugnate dall’UE o, quanto meno, che
non è direttamente collegata alla realizzazione di quelle finalità.
Vi è da chiedersi, però, se un simile calcolo giustifichi l’inserimento nell’Unione di ulteriori elementi
potenzialmente pregiudizievoli quanto alla tenuta dello stato di diritto. È vero che il processo di
allargamento influenza non solo gli Stati che vogliano aderire all’Unione, ma anche l’Unione stessa, la
quale è chiamata ad adattare le proprie regole attraverso il ricorso ai periodi transitori, a ripensare la
geometria delle proprie istituzioni e quindi, in qualche modo, a rimodellare la propria identità94. È altresì
vero che Jean Monnet preconizzò che l’Europa si sarebbe fatta nelle crisi e sarebbe stata la somma delle
soluzioni apportate alle stesse95 e che la storia delle Comunità europee, prima, e dell'Unione europea, ora,
sembra confermare tale asserzione. Dunque, si potrebbero derubricare i problemi ora esposti, relativi agli
Stati dei Balcani occidentali, a una forma in fieri di business as usual cui andrà in contro l'Unione e con la
quale riuscirà a confrontarsi positivamente, in virtù della capacità di adattamento di cui ha dato prova nel
corso degli anni.
Tuttavia, come detto da Winston Churchill, i Balcani producono più storia di quanta ne possano digerire.
Vicende drammatiche, neppure troppo lontane nel tempo, confermano che quell'area del mondo può
altresì produrre dosi significative di diritto internazionale. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, e

92 In tal senso, M.A. VACHUDOVA, EU Leverage and National Interests in the Balkans: The Puzzles of Enlargement Ten
Years On, in Journal of Common Market Studies, n. 52/2014, p. 123 e D. DUDLEY, The Price of European Integration:
Montenegro’s NATO Membership on the Path of EU Accession, in Mediterranean Quarterly, n. 28/2018, p. 15.
93 Fatte le debite distinzioni, si tratta di una scelta compiuta anche da parte del Consiglio d’Europa in relazione alla

Federazione russa e che potrebbe ripetersi con riferimento all’adesione del Kosovo. Come la Federazione russa,
nel 1996, non presentava i requisiti richiesti per l’ingresso nel Consiglio d’Europa, così il Kosovo, oggi, non ha
ancora sviluppato appieno tutte le caratteristiche funzionali a ciò. Il fatto che l’una sia entrata a far parte di questa
organizzazione e che l’altra, nel giro di pochi anni, riuscirà a ottenere il medesimo risultato si giustificherebbe alla
luce di un advance instalment on trust (l’espressione è utilizzata da J. PETAUX, Democracy and Human Rights for Europe:
The Council of Europe’s Contribution, Strasbourg, 2009, p. 125), ossia un prestito di capitale politico fatto dal Consiglio
d’Europa per poter intervenire in questi Stati in maniera molto più incisiva attraverso i propri organi, in primis la
Corte EDU. Sull’adesione della Federazione russa e del Kosovo al Consiglio d’Europa, v., rispettivamente, B.
BOWRING, Russia’s Accession to the Council of Europe and Human Rights: Compliance or Cross-Purposes?, in European
Human Rights Law Review, n. 6/1997, pp. 628-643 e K. ISTREFI, Kosovo’s Quest for Council of Europe Membership, in
Review of Central and East European Law, n. 43/2018, pp. 255-273.
94 M. DICOSOLA, Condizionalità, transizioni costituzionali e diritti delle minoranze negli Stati dell’ex Jugoslavia, in Diritto

Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2018, p. 670.


95 J. MONNET, Mémoires, Paris, 1976, p. 488.

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ove non si dovessero registrare i cambiamenti auspicati quanto allo stato di diritto, appare evidente il
rischio che, una volta ammessi a far parte dell'UE, gli Stati dei Balcani occidentali potrebbero favorire
anche la produzione di più diritto sovranazionale di quanto l’Unione europea possa volerne e
sopportarne.

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