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La Vita

Nato nel 1863, D'Annunzio si trasferì ancora giovane da Pescara a Roma, in cerca di

gloria letteraria e di una vita elegante nell'alta società. Divenne famoso per scandali,

amori e amicizie importanti. Dopo un periodo trascorso alla villa della Cappoccina,

vicino a Firenze, dovette fuggire dai creditori riparando in Francia. Rientrò in Italia

alla vigilia della Prima Guerra mondiale, della quale fu uno dei profeti e dei cantori.

Arruolatosi volontario, compì famose imprese belliche. Poi, dopo la guerra, si gettò

nell'impresa di Fiume, durata un anno. Dopo il 1922 fu a parole glorificato dal regime

fascista, ma di fatto emarginato nella sua villa-museo del Vittoriale, dove morì nel

1938.

Fu scrittore, drammaturgo, poeta, militare, politico, giornalista e patriota italiano

simbolo del decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale.

Soprannominato “ il Vate”, cioè poeta sacro, profeta, cantore dell’ Italia ubertina,

occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 e nella

vita politica dal 1914 al 1924.


La poetica

D'Annunzio fu sempre aperto alla sperimentazione di nuovi temi e forme, ma legò il

suo nome soprattutto alla prima fase del Decadentismo europeo, ovvero l'estetismo.

Il decadentismo è un periodo storico-letterario che mette in evidenza gli elementi

comuni a tutti gli generi, che non emergono subito, ma vengono mescolati al verismo

e positivismo. Infatti, i primi anni del 900 rappresentano l′evoluzione di stati d′animo

nuovi, espressi con carattere verista. Essi, assieme alle strutture liriche e teatrali,

vengono affrontate con un nuovo modo decadente, in cui vi è il rifiuto del metodo

razionale, ricorso alle tecniche della poesia simbolista e la messa in campo della

priorità assoluta, ossia il culto del bello: estetismo.

Colui, che rappresentò la figura più importante del tale movimento, fu D′Annunzio

“il piacere”.Annunzio, il quale, pur partendo dalle esperienze veriste, sviluppa la

propria letteratura, fondata sull′estetismo.

Nato nel 1863 a Pescara, già da giovane ebbe una personalità estrema, e influì molto

sulla letteratura e costume del tempo. Nel 81 si stabilì a Roma dove, a contatto con

gli ambienti letterari iniziò l′attività di scrittore e uomo del mondo. Ben presto

diviene lo scrittore preferito dell′alta società romana, svolgendo l ′attività di lirico e

narratore, che lo mise al centro della vita letteraria italiana. Egli prese parte attiva

della guerra, nel 15 e, nel 1918, ferito in un incidente di volo, perse l′occhio destro.

Alla fine della guerra, contribuì a formare l′atmosfera che permise la nascita del

fascismo, e si interessò molto della vita politica, sostenendo soprattutto Mussolini.


Anche la sua produzione letteraria fu altrettanto ricca e può essere considerata

poliedrica poiché scrisse di tutto, dai articoli di giornali alle poesie, opere teatrali,

romanzi. Egli rappresenta il grande cultore dell′estetismo e già alla fine del XVIII

secolo, utilizzo i mezzi di comunicazione, come i mezzi di propaganda di se stesso,

poiché si vede come il poeta-divo, un idolo per tutti. La sua produzione letteraria

ebbe un percorso variegato. Egli era abituato a svolgere una vita mondana, per tale

motivo scrive le opere teatrali che gli permettono di avere il rapporto diretto con il

pubblico e di guadagnare.

Come abbiamo già visto in precedenza, l′opera che inaugura il decadentismo italiano

è “Il Piacere” 1889.

Tale opera rappresenta il primo romanzo autobiografico di D′Annunzio. Il romanzo si

apre con incontro del protagonista, Andrea Sperelli con amante Elena Muti, che egli

non vede da molto tempo. Lo scrittore narra di varie vicende della relazione passata

fra i due, e del desiderio di Andrea nel rinnovare i rapporti con la donna. Al rifiuto di

questa, Andrea si rifiuta alla vita mondana, una vita che rappresenta un′opera d′arte,

vive come se non ci fosse un domani, come faceva stesso il poeta. Il desiderio della

donna amata è talmente forte, che pur di raggiungimento del piacere, il protagonista

decide di sacrificare tutti i valori morali, vendendo la propria anima al diavolo.

Questo romanzo rappresenta non solo la parte preponderante di D′Annunzio, ma

anche ciò, che poi verrà chiamato l′ultimo D′Annunzio, poiché riconosce di aver

fallito, mettendo però a risalto la bellezza come valore assoluto. L′estetismo non

viene rappresentato qui soltanto nell′arte, ma anche nella descrizione di vari oggetti
bizzarri del passato, che rappresentano il culto del bello, unico valore assoluto del

mondo decadente, per cui l′arte è fine a sé stessa e il mondo non è altro che un

concetto inferiore.

D′Annunzio voleva riformare lo stile della poesia italiana. Per fare ciò, compose “Le

Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi” 1903. l′opera è composta da 3

volumi, ma inizialmente il progetto dovette contenere 7 volumi, ispirati a 7

costellazioni (pleiadi): Maia, Elettra, Alcione, Merope, Asterope, Taigete e Celeno. Il

primo libro: Maia: opera a sfondo biografico, in cui egli si presenta come Ulisse,

esaltato dalla conquista del progresso. Egli, ispirandosi agli antichi classici della

Grecia sia a se stesso da parte divina, si avvia alla scoperta dello stile ideale e

perfetto. Il secondo libro: Elettra: pone grandi speranze nel passato storico e rifiuta,

per un dato periodo, il progresso. Nel terzo libro, egli invece ritorna a considerare il

progresso come strumento essenziale, poiché vede il panorama italiano come il

panorama perfetto in cui può nascere la figura del superuomo.

La scoperta del superuomo di Nietzsche, offrì a d Annunzio la possibilità di risolvere

′ le contraddizioni del suo estetismo. Con la conoscenza di superuomo, egli riuscì a

comprendere il vero compito del artista, il quale guida l′umanità alla più piena

espressione di sé, e alla conoscenza delle proprietà segrete e profonde della realtà.

Questa nuova prospettiva, contribuì alla nascita dell′opera “Le Vergini delle rocce”

1894-95.

Questa opera fu molto importante, poiché dominata da una violenza polemica contro

il volgare mondo borghese, contro il gusto della guerra e della morte. Egli tentò di
costruire dei personaggi complessi, i quali cadranno delle vicende più complesse,

provando sentimento negativo molto forte per il mondo, cadendo nel falso e nel

vuoto. Questo, era il suo modo sincero e schietto, a superare sé stesso e il limiti della

società borghese.

Oltre ai romanzi, scrisse varie poesie, utilizzando il linguaggio al quanto raffinato e

prezioso, che coincide anche con il suo stile di vita.

La poesia, che esprime in particolar modo la sensibilità dannunziana è

“Consolazione”, scritta nel 1891. Tale opera, dopo il periodo estetizzante del poeta,

rappresenta un momento di stanchezza, del desiderio di ritorno nella spensierata

giovinezza, vicino alla madre. Il titolo è molto importante, poiché allude all

′intenzione del poeta di confortare la madre, che è l′unica che si preoccupa del figlio.

Questa poesia ci racconta il gran desiderio del poeta di rifugiarsi nel calore famigliare

e di recuperare i valori sentimentali di una vita semplice. La rinascita del poeta qui

viene simboleggiata dalla primavera, ma al quanto illusoria poiché è settembre e tutto

si prepara all′inverno. Il giardino è abbandonato, il viso della madre è pallido, l

′atmosfera è malinconica, anche la scena rappresenta un andare verso il nulla. Anche

il successivo rifiorimento del giardino è illusorio, come il rinascere spirituale del

poeta. Anche il componimento dell ′opera è confuso, passando dalla vita alla morte e

il contrario, egli mostra il suo stato d′animo debole, sconfitto dalla stanchezza, in cui l

′unico desiderio è rifugiare tra le braccia della madre, unica forza e sostegno. Essa

esprime la volontà del poeta di lasciar indietro le esperienze della vita mondana e di

ritornare alla vita semplice della giovinezza.


Questo periodo della vita, caratterizzato non più dalla sicurezza, ma dalla nostalgia e

rimpianti, viene espresso anche nella poesia “La pioggia nel pineto”, 1902. Egli si

trova nella compagnia della donna amata, Ermione, nella pineta nei pressi di Marina

di Pisa, ed insieme sono sopresi dalla pioggia. Il poeta, descrive in maniera

dettagliata, il suono che produce la pioggia quando cade sulle diverse varietà di

vegetazione. Per il suddetto motivo, questa poesia viene considerata l′espressione più

alta del panismo: fusione tra l′uomo e la natura. Tale fusione, già nella 3 strofa, viene

compiuta. Infatti, egli parla della donna amata, facendo riferimento ai vari elementi

della natura, facendole compire la metamorfosi, ossia la trasformazione dell ′uomo in

un elemento naturale, immergendosi totalmente nella natura. Questa poesia è

importante per il movimento decadente, poiché mette in evidenza uno degli

argomenti principali che è il desiderio il un rapporto più stretto tra l′uomo e la natura,

presente già nel simbolismo. Uno dei suoi ultimi romanzi è “Forse che si forse che

no” 1910. Qui, il protagonista estende il suo grande interesse all′arte dei nuovi mezzi

della tecnica (automobile e aeroplano). Egli vive una vita di esploratore delle nuove

strade per l′umanità, tutto proiettato verso la scoperta e la conquista. Questa opera

mette in risalto l′amore e il tradimento intrecciati, in cui l′amante di Paolo si suicida,

e Isabella, l′amante di Aldo, impazzisce, non riuscendo a reggere il colpo. Nonostante

tali vicende, Paolo, il pilota, riesce a compiere il volo più alto di qualsiasi altro uomo.

Tale romanzo evidenzia quindi, conflitti estremi e angosciosi, in cui, prevale l

importanza delle nuove tecnologie e del progresso, e l amore viene ′ ′ visto come
semplicemente la portatrice di valori estetico-sessuali, mostrando cosi la fine dell

′impegno di d′Annunzio nel romanzo e nella fiducia nell′estetismo.

Una delle ultime opere di d′Annunzio è “Notturno” 1921.Questa è una poesia in

prosa, che rappresenta una fusione tra i ricordi della 1 guerra mondiale e le sue

sensazioni. È un opera particola, perché egli, avendo perso un occhio, si trova a casa,

immobile, rischiando di perdere l′altro occhio. Con quest′opera, d ′Annunzio sviluppa

una concezione più moderata e intima, e cerca di conoscere un poco sé stesso. Infatti,

proprio con il “Notturno” il poeta si mostra più umano e sensibile, permettendoci cosi

di conoscere il suo vero animo. Infatti, ci troviamo di fronte a prose di confessioni e

ricordi, pagine piene di nostalgia e rimpianti, permettendo, non solo ai lettori, di

scoprire il vero lui, ma di scoprire a lui il vero sé stesso.


Contesto storico

Il 28 Luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’ impero austro- ungarico al

Regno di Serbia, in seguito all’ attentato di Sarajevo, era ufficialmente iniziata la

Prima Guerra Mondiale.

L’opera in oggetto si configura come l’ Orazione a Garibaldi, ad opera di D’

Annunzio, giovane celebrità per il pubblico, in occasione dell’ inaugurazione del

monumento dedicato alla psediazione garibaldina del 1860.

In quell’occasione, il 5 Maggio 1915, due cortei composti in tutto da 20.000 persone

circa, raggiunsero l’ area dello scoglio di Quarto da cui era partita l’ impresa di

Giuseppe Garibaldi.

Quando tenne il suo discorso in realtà D’annunzio non poteva sapere che l ‘ Italia si

era ritirata dalla Triplice.

L’opera è tesa a circondare l’evento di un alone di sacralità.

Il timbro principalmente usato è un timbro religioso e religiosi, anzi biblici sono

alcuni dei rimandi simbolici avanzati nel testo che analizzeremo più nel dettaglio

successivamente.

L’ intera orazione è ricca di richiami mistici che riprendono la simbologia classica e

cristiana, con continue allusioni al fuoco sacro simbolo di rigenerazione, di ardore

guarresco e di eroismo, fusione tra vita e morte.

D’ Annunzio riesce a dare forma agli umori di un Italia convinta di poter contare in

Europa spinta dall’ affermazione della sua identità.


A tratti si possono ritrovare dei versi che sottolineano il discorso quasi diretto con la

folla, una sorta di dialogo evidenziato dalle virgolette alte che esplicitano le varie

apostrofe.

L'iperbole (dal greco antico: ὑπερβολή, hyperbolḗ, «eccesso») è una figura retorica

che consiste nell'esagerare la descrizione della realtà tramite espressioni che

l'amplifichino, per eccesso o per difetto. E’ possibile trovare la stessa in vari versi del

teso, tesa all’ esagerazione in crescendo come ai V.1 Popolo grande di Genova. V2

Liguri delle due riviere. V.3 Italiani di ogni generazione e di ogni confessione…v.25

gente d’ Italia e v.26 con lo stesso richiamo

Per antonomasia (antonomàsia; dal verbo greco ἀντονομάζω, antonomázo,

«cambiare nome») si intende una figura retorica utilizzata con diverse funzioni e

scopi.

Tra le funzioni principali della figura sono:

 Attribuire delle caratteristiche adattabili ed estendibili ad altri soggetti

utilizzando il nome proprio di un determinato individuo, a partire dalle qualità

specifiche di quest'ultimo. Ad una persona aggressiva e distruttiva potremmo


ad esempio dire Sei un vero Attila!, con ciò intendendo che Attila è il

distruttore per antonomasia.

 Riferirsi a un individuo con un epiteto, che, sempre a partire dalle qualità del

soggetto, diviene un nome per indicarlo, come nella frase In vista nuove

rivelazioni sul pianeta rosso, dove il «pianeta rosso» sta per Marte. Oppure:

Ha incontrato il Maligno, dove «il Maligno» per antonomasia è il Diavolo.

Nel teso è utilizzata soprattutto nella parte iniziale. La stessa Orazione esordisce al

primo verso con l’ utilizzo dell’ Antonomasia con “Maestà del Re d ‘ Italia” o al v.11

“colui che nel bronzo toreggia…

e al v. 66 identificando Garibaldi come “Il duce nel bronzo”, Garibaldi che veniva

omaggiato in quella sede di quella statua in bronzo in piazza per le sue gesta.

La ripetizione (dal latino repetǐtǐo, -ōnis, da repetěre, composto di re-- con valore

iterativo e di petěre, «chiedere») è una figura retorica che produce una successione

di membri uguali o solo leggermente variati nella forma, nella funzione sintattica o

nel senso. La ripetizione nel brano oggetto di studio è utilizzata ripetendo la stessa

parola più volte come al v.4,v.42,v.44 e 45, v.48, v.58 con entrambe le parole di

fuoco e soffio, v.66 , v. 92 e 96

L’anastrofe (pronuncia: anàstrôfe, dal greco ἀναστροφή, anastrofhē, «inversione») o

anteposizione è una figura retorica consistente nell'inversione dell'ordine abituale di


un gruppo di termini successivi. È affine all'iperbato ma, a differenza di esso, non

implica l'inserimento di un inciso tra i termini. E’ possibile trovare tale figura retorica

nei versi: v.6, v.14,v. 38 e 39, v.71, v.78 e v.100

il climax (dal greco κλῖμαξ, pronuncia klímaks, «scala») indica un processo in

crescendo, o meno propriamente, per influsso della lingua inglese in cui il termine ha

assunto un significato diverso, il culmine, l'acme del processo stesso. Benché il

termine greco sia femminile, in italiano viene usato prevalentemente al maschile.

Questa figura retorica è molto usato dallo scrittore in questo brano. Ne ho riscontrato

l’ utilizzi in svariati versi che vogliono porre l’ enfasi sul crescendo ( di fatti si tratta

di tutti climax ascendenti) delle emozioni o situazioni, come al verso : v. 2,3 e 4 per

rappresentare una circoscrizione di persone sempre più estesa, al v. 4 e 5, ancora,

ponendo l’accento sulla condizione di fratellanza, v. 7 e 8

“immemori,increduli,indegni..”, v.18 “un’ altra vita,, la vita di la, la vita dell’oltre?”,

v.37 “…guarda,scopre,rialza..”, v.48 e 49 “risolgono,rifasciano,riarmano,ricingono”,

v.69 “parla, opera, aspetta”, v.88 “clamore, dispute, risse…”, v.95 “soffri, affanni,

smanii”, v.101 “dolore,travaglia,tramboscia”

La metafora (dal greco μεταφορά, da metaphérō, «io trasporto») in linguistica è un

tropo, ovvero una figura retorica che implica un trasferimento di significato. [1] Si ha

quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne

sostituisce un altro la cui "essenza" o funzione va a sovrapporsi a quella del termine


originario creando, così, immagini di forte carica espressiva. [2] Differisce dalla

similitudine per l'assenza di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali ("come"). È

tradizionalmente annoverata tra le figure di significato. L’ uso di questa figura

retorica è il più utilizzato, nella percezione del significato, dall’ autore. Ne ritroviamo

al v.4 con rappresentazione dell’ Italia come “un’ unica madre” di tutti i cittadini,v.13

dove i nemici vengono identificati come “mostri”,v. 24 “giorno di porpora”, come

giorno di sacrifici, di morti… v.45 “messaggeri aerei”, v. 46 “portando nel sasso il

piede ed il cucito”

L'anafora (dal greco ἀναφορά, anaphorá, «ripresa», da aná, "indietro" o "di nuovo",

e phéro, "io porto") è una figura retorica che consiste nel ripetere una o più parole

all'inizio di frasi o di versi successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto: si

tratta del modulo tipico della ripetizione.[1]

La figura è indicata anche come epanàfora o iterazione.

Gli elementi ripetuti possono essere copiati o variati in qualche modo.[1]

Analoga all'anafora è l'epifora, che però colloca gli elementi ripetuti alla fine.

Anafora ed epifora possono combinarsi nella simploche. L'anafora può inoltre far

parte di una climax o seguire un'anadiplosi. Se ad esser ripetuta è una congiunzione

coordinativa (come in italiano è e), si ottiene un polisindeto.

Questa figura retorica è ritrovata nei versi 17 e 19,v. 29 e 30


L'analogia indica in filosofia un rapporto di somiglianza fra due enti, detti analoghi,

tale che dall'eguaglianza o similarità constatata tra alcuni elementi di tali enti si possa

dedurre l'eguaglianza o somiglianza anche di tutti gli altri loro elementi. Più

genericamente, nell'uso comune, l'analogia è il rapporto che la mente coglie fra due o

più cose che hanno nella loro costituzione, nel loro comportamento o nei loro

processi qualche tratto comune. Diversamente dalla logica, non si occupa dei sistemi

inferenziali e delle categorie di pensiero

Come la metafora essa viene utilizzata per palesare meglio un significato

associandolo ad un altro e in questo brano riscontriamo tale figura nei versi v.19

“come per fare….come per celebrare…come per ottenere..”, v.30 “ come il frutto

decumano..come quell’ onda..”, v.40 “..come le mani del Dio…”, v.96 “Come una

sciagura…”

L'ossimoro (dal greco ὀξύμωρον, composto da ὀξύς, «acuto» e μωρός, «ottuso») è

una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o

comunque in forte antitesi tra loro. Esempi: disgustoso piacere, illustre sconosciuta,

silenzio assordante, lucida follia

V.51 “bende funebri.. bianco delle nostre bandiere”,


L'apostrofe (sostantivo femminile dal greco apostrophé, da apostréphein, «volgere

indietro») è una figura retorica e si ha quando un personaggio o la voce narrante si

rivolge a un uditore ideale diverso da quello reale al fine di persuadere meglio

quest'ultimo.

V.65, v. 84

La sinestesia (dal greco syn, 'insieme', e aisthánomai, 'percepisco') è una figura

retorica, in particolare un tipo di metafora ("metafora sinestetica"), che prevede

l'accostamento di due parole appartenenti a due sfere sensoriali diverse.

v.55 “pietre gridano”

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