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In quanto corsista di medicina di base, ho avuto modo di fare esperienza diretta ambulatoriale in alcuni
studi medici e di sperimentare i vari aspetti della nostra professione. Il medico di base è, da sempre, la
prima persona a cui il paziente si rivolge quando ha un problema, con cui si confronta e a cui chiede
spiegazioni, proprio perché vi è un rapporto e una fiducia che ha avuto modo di accrescersi nel tempo.
L’aspetto psicologico e di accoglienza verso il paziente, richiede una certa sensibilità ed è molto importante.
Infatti spesso le persone hanno bisogno di un ascolto che sia il più possibile pieno e libero da pregiudizi, in
modo da poter rivelare fino in fondo i propri disagi. L’osservazione e l’analisi sono degli strumenti validi che
ci aiutano a capire la persona, i suoi bisogni, e a scegliere il modo più adatto con cui interagire. Su questo si
basa la nostra comunicazione, che deve essere chiara ed efficace. La raccolta dei dati e quanto detto prima,
ci fanno da guida nello studio dell’esame obiettivo e nella corretta interpretazione dei segni e dei sintomi
riportati dal paziente. Avvalendoci delle nostre capacità logiche e delle nostre conoscenze mediche,
possiamo integrare i vari elementi di diagnosi a nostra disposizione. Negli ultimi tempi, la rete telematica è
entrata in modo dirompente a far parte degli strumenti che coadiuvano il nostro lavoro in vari modi. Ad
esempio tramite l’accesso in rete e la dematerializzazione delle ricette, e permettendoci inoltre di elaborare
una testimonianza della storia anamnestica del paziente, attraverso l’uso del diario clinico. Tuttavia questo
sistema ha fatto emergere alcune criticità. Nel nostro studio ci troviamo, di frequente, davanti a pazienti
che si sono già informati su internet circa i propri sintomi e che magari sono arrivati a conclusioni erronee,
proprio perché deficitari di vere e proprie conoscenze mediche. La così detta “diagnosi fai da te” è infatti
strettamente legata all’attuale superamento della nostra figura e sempre più spesso, all’avanzamento di
richieste nella forma di pretese infondate. Di fronte a ciò, due sono i possibili atteggiamenti del medico. Nel
primo caso egli, spinto da paure ed incertezze, cerca in tutti i modi di accontentare il paziente; ordina test e
visite per difendersi contro eventuali azioni legali, fino ad arrivare alla medicina difensiva, che è priva di una
vera e propria razionalità clinica. In tal modo non si pone più al centro delle nostre azioni il paziente, ma
bensì la nostra tutela professionale e inoltre questo è uno dei principali motivi della crisi della medicina di
base. Il secondo atteggiamento che tutti noi, a mio avviso, dovremmo sia promuovere che mettere in
pratica, è di quel medico umile e aperto al dialogo, che porta avanti le sue idee e le sue scelte, convinto di
volersene assumere la piena responsabilità. Solo in questo modo si può ristabilire una collaborazione
armonica tra le due parti, e noi stessi possiamo adempiere, finalmente, ai compiti di prevenzione e di
educazione sanitaria a cui siamo chiamati. E’ necessario quindi dare maggiore attenzione alla medicina di
base, partendo già dal suo studio nelle singole università, perché così noi giovani medici possiamo portarne
avanti il valore e cambiare la mentalità comune. La rivoluzione che è in atto, deve avvalersi di internet, della
semeiotica medica, dello studio del paziente e di tutti gli elementi che abbiamo oggi a nostra disposizione,
dando ad ognuno di essi il giusto peso e senza tralasciarne alcuno. Diventeremo così gli artefici di una
nuova e più completa coscienza medica e presteremo il nostro esempio agli altri colleghi. Mi permetto
infine di concludere con una citazione che rispecchia lo spirito del mio scritto: “Sii il cambiamento che vuoi
vedere nel mondo” (M.Gandhi).