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TOMMASO HEINZE

CREAZIONE

EVOLUZIONE

EDIZIONI CENTRO BIBLICO Via Carriera Grande, 37 ­ 80139 NAPOLI

TITOLO ORIGINALE: CREATION VS. EVOLUTION HANDBOOK TRADUZIONE DALL'INGLESE DI
GIULIO MONTAGNA

Proprietà letteraria riservata Copyright © 1973, by Baker Book House

Prima edizione in italiano 1976 Seconda edizione rivista e aggiornata 1980

Printed in Italy, 1980 (40­3­1980)

La Tipografia di D. Oliva ­ Napoli

INTRODUZIONE

Mi sembrava d'avere davanti a me un altro giovane. Dall'atteggiamento di arroganza e condiscendenza di chi ha
una conoscenza superiore era passato ad un meditativo silenzio, interrotto di tanto in tanto da un'altra domanda.
Aveva appena capito, per la prima volta nella sua vita, che i resti fossili del cavallo, tanto spesso ritenuti la prova
più chiara dell'evoluzione, costituivano, invece, un genere di prova errato! Benché l'evidenza di un cambiamento
graduale da quattro dita per le gambe anteriori e tre per le posteriori ad un solo dito per ciascuna di esse fosse
stata ben presentata a lui e alla maggioranza degli studenti, come prova dell'evoluzione, essa provava in pratica il
contrario! Era un passaggio dal complesso al semplice! Da un numero maggiore di dita ad uno minore! Se si
immagina questo genere di cambiamento portato alle sue estreme conseguenze, un cavallo potrebbe ridursi ad una
sola cellula, ma una sola cellula non potrebbe mai divenire un cavallo, né una persona. Malgrado questa sua
fragilità fondamentale, l'argomento delle dita del cavallo viene abitualmente presentato come una delle migliori
prove a favore dell'evoluzione. Essa infatti è una delle migliori, non perché sia buona in se stessa, ma a paragone
delle altre.

Dovunque, i giovani si danno alla rivolta, alle droghe o si isolano individualmente da un mondo senza senso e senza
scopo, che ritengono si sia formato per caso e che non
abbia nessun fine. E questo li ha portati finora ad una crescente distruzione di se stessi e della società quale essi
conoscono, e non ad una soluzione positiva.

Essi non hanno creduto nell'evoluzione per la forza delle prove addotte, ma perché, come nel caso dello studente
sopra citato, non hanno udito quasi per niente l'altra campana e ritengono naturalmente che non esista alcuna
prova a favore della creazione del mondo da parte di Dio. In realtà esistono buone prove a favore della creazione
divina e si potrebbero citare, al posto dello studente sopra menzionato a proposito della prova del cavallo, molte
altre esperienze interessanti, eluse da qualunque altro tipo di prove in campi più qualificati. Penso a quel
giovanissimo studente universitario, assistente ricercatore, che mi dava appuntamento nella biblioteca universitaria
durante l'intervallo fra le sue ore di lavoro. Aveva i capelli lunghi e prendeva la droga, ma la sua mente era aperta,
voleva conoscere.

La Bibbia dice: « Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ». Questo studio è stato intrapreso nel desiderio di
presentare la verità, accurata dal punto di vista scientifico, in una forma concisa che ne permetta la lettura alle
persone occupate.

Presento qui i miei sinceri ringraziamenti ai molti che hanno contribuito a rendere possibile la pubblicazione di
questo libro: i professori delle varie discipline scientifiche toccate, che hanno dato consigli e hanno controllato
l'accuratezza scientifica; tutti quelli che hanno collaborato alle ricerche, alla stesura a macchina del testo e alle
correzioni del manoscritto. Senza il loro aiuto questo piccolo manuale non avrebbe mai visto la luce.

tommaso heinze

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

Introduzione  ­   T. F. Heinze Intro  ­   www.creationism.org
Introduzione
Capitolo primo 
T. F. Heinze Intro
L'EVOLUZIONE   www.creationism.org
E NOI << >>

L'effetto della teoria dell'evoluzione nella tua vita oggi e domani

« Perché dovrei leggere un libro sulla controversia creazione­evoluzione? Che differenza pratica fa nella mia vita? ».
Una buona domanda da fare! Vediamo cambiamenti fantastici nella società che ci circonda perché la gente sta
iniziando a capire le implicazioni di questa controversia nella vita di ogni giorno.

« Se noi siamo i prodotti di variazioni genetiche dovute al caso, piuttosto che esseri creati da Dio, perché dovremmo
vivere secondo un codice morale sorpassato? Un codice basato su comandamenti sbagliati di un Dio che non esiste?
» essa si chiede.

Nella città di Washington, sede del governo degli Stati Uniti, un paese dove per molti anni è stata insegnata la teoria
dell'evoluzione, si uccidono più bambini con l'aborto di quanti se ne lasciano vivere e più della metà delle madri di
quelli nati non hanno marito. Questa città rappresenta un esempio estremo, ma in gran parte del mondo la
pornografia, la criminalità, la violenza e la disonestà sono in rapido aumento.

La maniera di vivere delle persone si basa, almeno in parte, su ciò che esse credono. L'evoluzione insegna che la
prima vita si generò spontaneamente come singola cellula. Poi, mediante cambiamenti genetici prodottisi per puro
caso, si sviluppò gradatamente in forme di vita più complesse perché i più forti riuscissero ad eliminare i più deboli
o a produrre una maggiore prole. Sostituire la sopravvivenza del più forte come nuova base di morale e di etica al
comandamento di Dio di amarci l'un l'altro, comporta inevitabilmente molti sacrifici per il nostro modo di vivere.
Chissà, se non distruggerà la civiltà quale noi l'abbiamo conosciuta. Le relazioni basate sull'onestà, la gentilezza e la
fedeltà sessuale sono condannate a diventare sempre meno comuni. Questa degradazione della società è
probabilmente necessaria se la teoria dell'evoluzione è vera, ma dobbiamo fare del tutto per respingerla se non lo è.
Lo scopo di questo libro è appunto quello di aiutarti ad esaminare per te stesso le prove pro e contro le teorie
dell'evoluzione e della creazione divina. Vale la pena di spendere qualsiasi tempo e di fare qualsiasi sforzo per
arrivare a conoscere a fondo queste prove.

La scienza cambia

Un giovane medico, mio amico, continuando gli studi per diventare professore, ha dovuto di recente frequentare un
corso di biochimica, materia che già aveva studiato otto anni prima. Non si trattava di « rinfrescare la memoria » né
aveva imparato male tale materia la prima volta. La ragione era semplice: la biochimica era tanto cambiata in otto «
brevi » anni che il corso da lui frequentato non rappresentava più il pensiero scientifico attuale sulla materia.

« Quasi tutto quello che da anni credevamo vero, si è dimostrato falso o inesatto alla luce delle scoperte successive »
ha detto il professer Edward Teller in una conferenza tenuta alla Università di California, nel corso della quale
descriveva il progresso compiuto dalla scienza dopo la seconda guerra mondiale. « In pratica vi è una sola
affermazione scientifica che oserei oggi fare in maniera assoluta, ed è questa: Non v'è nulla di più veloce della
velocità della luce, forse » 1.

Se la verità assoluta è sempre la stessa, se essa concordasse in maniera completa con la scienza di ieri, non
concorderebbe con quella di oggi, e se concorda con quella di oggi, non concorderà con quella di domani. Il fatto
che la scienza compie dei progressi nel corso delle sue scoperte e che quindi cambia le sue interpretazioni non ne
riduce in alcun modo il valore. Dobbiamo riconoscere tuttavia che una certa tesi non è necessariamente inesatta dal
punto di vista scientifico solo perché non concorda con una teoria che molti, o persino tutti gli scienziati sostengono
in un certo momento. Al contrario, anzi, qualunque principio che concordava con ogni aspetto della scienza di ieri
sarebbe inesatto secondo quella di oggi, ed uno che concordi su ogni punto con quella di oggi, potrebbe dimostrarsi
errato domani. Senz'altro la idea di una creazione non gode il favore di gran parte degli scienziati di oggi, ma dopo
l'esame delle prove vedremo che vi sono buone ragioni scientifiche perché essa torni alla ribalta domani.

Quello che è stato insegnato riguardo all'evoluzione umana è forse il migliore esempio di come la scienza cambi
idea con il passare del tempo. Perciò, a rischio di essere accusato di non aver presentato il mio soggetto in un ordine
logico, vorrei subito considerare questo soggetto affascinante.

I fossili umani

Quando pensiamo all'evoluzione umana, ci vengono immediatamente in mente i quadri e le statue, che vediamo
spesso nei musei e nei libri e che raffigurano qualcosa a mezza strada fra l'uomo e la scimmia. Tali esseri, in verità,
sono esistiti soltanto nella mente dei loro artisti. Una fotografia di L.S.B. Leakey2, vari anni fa, richiamò la mia
attenzione su questo fatto. Fra le dita stringeva un frammento di osso, tanto piccolo da essere appena visibile.
Nell'articolo annunziava che il suo ritrovamento colmava un importante vuoto nella conoscenza della storia
dell'evoluzione dell'uomo.

Partendo da minuscoli frammenti come questo, gli evoluzionisti costruiscono dei grandi modelli raffiguranti non la
persona o l'animale come erano, poiché è impossibile saperlo, ma come avrebbero dovuto essere per adattarsi alla
teoria evoluzionistica. Questa è un'accusa grave, ma cercherò di provarla. Per prima cosa riconosco subito che non
tutti i casi sono gli stessi e che a volte le ossa forniscono al disegnatore un ausilio per il disegno che deve fare, ma il
numero delle ossa in possesso degli scienziati è molto limitato. Esaminiamone alcune che sono state ritenute le più
importanti.

L'uomo di Piltdown (di solito, come in questo caso, ai fossili considerati nella linea umana, è stato dato il nome del
luogo in cui sono stati trovati), costituì una delle più importanti scoperte di fossili umani. Esso venne rinvenuto in
una cava di ghiaia nel Sussex, in Inghilterra, nel 1912, e venne generalmente usato come prova convincente
dell'evoluzione dell'uomo in testi pro evoluzionisti. L'Enciclopedia Britannica, la più autorevole nella lingua inglese,
lo considerava il secondo per importanza, fra i fossili che dimostravano l'evoluzione dell'uomo. Degli artisti
evoluzionisti, partendo da un pugno di ossa, crearono i loro modelli e i loro disegni per musei e per libri di testo.
Dopo molti anni si scoprì che l'uomo di Piltdown non era che una burla premeditata! La mascella era quella di una
scimmia antropomorfa ed il cranio quello di un uomo moderno, malgrado il fatto che rapporti compilati da esperti
affermavano trattarsi di un essere tanto primitivo che si dubitava avesse potuto parlare. Tanto la mascella quanto i
denti erano stati alterati perché sembrassero antichi. Uno degli os­sicini del naso proveniva probabilmente da
un'altra parte del corpo di un animale di piccole proporzioni.

Mentre da un lato non dimostra l'evoluzione, l'uomo di Piltdown dimostra la difficoltà, se non l'impossibilità di
ricostruire con precisione uomini che non vivono più. Alcuni scienziati, sin dall'inizio, si mostrarono scettici circa
l'uomo di Piltdown, com'è avvenuto anche per altri fossili umani. Tuttavia fu quarantenni dopo che esso venne infine
discreditato. Oggi le statue dell'uomo di Piltdown sono state rimosse dai musei e i disegni che lo rappresentavano dai
libri, benché il danno da esso arrecato, nel distruggere la fede nella creazione dell'uomo da parte di Dio, sussista
ancora nella vita di molti. È lamentevole che non si sia più guardinghi nell'insegnare agli scolari, come fatti, cose
che scienziati di fama ritengono dubbie.

Un altro fossile che era stato accolto come un progenitore del genere umano fu l'uomo del Nebraska, anche chiamato
con il suo più altisonante nome scientifico Hesperopite­co. Si trattava, in pratica, di null'altro che di un dente, ma era
tutto quello che era necessario perché degli esperti costruissero l'intero uomo che, naturalmente, aveva proprio
l'aspetto sognato da un evoluzionista. Attualmente forse continuerebbe a discreditare la creazione dell'uomo se non
avesse posto termine alla sua carriera la scoperta che si trattava del dente di un porco e non di un uomo.

Questi esempi servono a metterci in guardia contro la grande eventualità di errori nell'interpretazione delle prove
fornite dai fossili, allorquando si ha un'idea preconcetta con la quale si vuol far calzare tutto.
La grandezza della scatola cranica e la grandezza e la forma delle altre ossa vengono usate per determinare il grado
di evoluzione. Ma va ricordato che anche fra le persone viventi oggi esiste una grande differenza. Le ossa del
pigmeo attuale o dell'aborigeno australiano paragonate a quelle di un giocatore di pallacanestro mostrano una grande
differenza e, se poste nell'ordine giusto, potrebbero servire per dimostrare o l'evoluzione o la degenerazione per
coloro che non sapessero che queste persone sono vissute nella stessa epoca. Per mostrare una diversità nei confronti
dell'uomo moderno è realmente necessario paragonare gli ossi fossili con quelli dell'uomo moderno più
specificamente simile e non con l'uomo medio.

Provare l'età dell'uomo fossile comporta un certo numero di altre difficoltà, una delle quali è costituita dal fatto che
si ha l'abitudine di seppellire i morti invece di lasciarli negli strati nei quali hanno vissuto e camminato. Questa
abitudine potrebbe creare un'enorme differenza se la regione nella quale vivevano avesse subito un'erosione, poiché
basterebbe scavare di poco per porre il morto in strati formatisi molti anni prima. Un'altra difficoltà è che i fossili
non si formano normalmente, se non si è verificata una pressione, di solito sotto l'acqua. In condizioni ordinarie i
corpi si decompongono. E a rendere più complicato il problema, gli scheletri non vengono di solito rinvenuti
insieme, ma in pezzi sparsi qua e là.

Alle difficoltà sopra menzionate si aggiunge quella costituita dalla datazione, generalmente molto incerta, in quanto
basata sulla speranza che sia vera l'evoluzione che essa cerca di provare. Si tratta di stabilire l'età dei fossili mediante
l'età degli strati che li contengono, la quale è di solito a sua volta determinata dall'età dei campioni fossili
contenutivi. La difficoltà di datazione dei fossili umani è ancora più evidente poiché per il periodo del Pleistocene,
nel quale, secondo gli evoluzionisti, si sviluppò l'uomo, si hanno poche prove di evoluzione di altre forme di vita e si
manca perciò di fossili guida. Si cerca di fissare una data per questo periodo mediante i cambiamenti climatici, e la
sua durata sarebbe stabilita sulla base delle ere glaciali. Il numero delle ere glaciali postulate per l'America varia da
una a cinque, ma il più comunemente indicato è di quattro. Il completo accordo manca ancora e le prove raccolte in
altre parti del mondo non contribuiscono molto ad appoggiare l'idea di quattro ere glaciali. Per esempio « nuovi studi
fondamentali compiuti da A.I. Popov cambiano radicalmente i fatti conosciuti sull'era glaciale in Siberia occidentale.
Il fenomeno dominante osservabile del Quaternario era una vasta invasione del mare e non una glaciazione » 3.

Le prove tendono a far pensare, secondo questi autori, che molte di quelle che erano considerate prove di una
glaciazione non erano altro che risultati del ghiaccio trasportato dal mare. Se invece di esservi quattro distinte ere
glaciali, l'erosione glaciale si è verificata solo durante un periodo, il periodo del Pleistocene ne risulterebbe
drasticamente abbreviato.

Le parole di Frederick Johnson, che scriveva insieme a Willard Libby, la più alta autorità riconosciuta sulla
datazione mediante il radiocarbonio, difendono la datazione col carbonio contro le critiche mossegli da sostenitori di
altri metodi e mettono anch'esse in risalto la precarietà delle datazioni in questo periodo: 
 

In geologia, alcune, ma non tutte le critiche circa le date ottenute mediante il radiocarbonio, sono basate
su deduzioni riguardanti il comportamento di una lastra di ghiaccio attualmente inesistente. Non v'è
alcuna maniera per provare o negare le ipotesi circa la velocità con la quale il ghiaccio ha avanzato o si
è ritirato, il grado di precisione del tentativo di calcolare gli anni passati contando gli strati formati in
fondo a vecchi laghi o il significato delle modificazioni della vegetazione4.

Egli conclude che è « assurdo » criticare le date ottenute mediante il carbonio sulla base di questo tipo di prove. La
confusione che risulta nella datazione di un periodo nel quale si suppone l'uomo stesse evolvendosi viene fatta
risaltare nella discussione presentata nell'Enciclopedia Britannica circa l'ultima era glaciale: « Si constata che la
datazione mediante il radiocarbonio assegna soltanto la metà del tempo concesso dalle più antiche valutazioni... I
geologi conservatori ritengono a proposito delle ere glaciali che si dovrebbero proseguire le ricerche per ottenere
ulteriori e più ampie informazioni. Nel frattempo si deve rispettare il lavoro di stratigrafia, lavoro e ricerca
attentamente documentati »5. Ciò significa che per adesso si seguiranno le date più antiche invece di quelle ottenute
mediante il radiocarbonio che ridurrebbero il tempo della metà. Ma come vedremo esistono prove convincenti che le
date ottenute mediante il radiocarbonio sono esse stesse troppo antiche.
I fossili, che gli evoluzionisti hanno considerato umani o appartenenti alla linea evolutiva dell'uomo, sono da anni
fonte di estrema confusione. La tendenza di ciascuno degli scopritori era quella di considerare la propria scoperta
come qualcosa di unico, di un tipo completamente diverso da quella degli altri, sottraendola a volte gelosamente allo
sguardo sfavorevole dei colleghi scienziati.

È emersa nondimeno una quadruplice classificazione dei presunti anelli di congiunzione fra l'uomo e gli animali
inferiori che è diventata la classica spiegazione dell'evoluzione umana. Malgrado ciò, la storia della ricerca di una
connessione tra l'uomo e gli animali è la storia di un processo continuo di scoprire e scartare un presupposto anello
di congiunzione dopo l'altro, allorché si scoprono fossili di uomini che vissero prima degli intermedi. Ciò sta
spostando la ricerca di una forma intermedia a strati sempre più vecchi. Mostreremo più avanti che c'è qualche
evidenza nei fossili che ci consente di prevedere la continuazione di questo processo fino agli strati più vecchi. Nel
frattempo, bisogna leggere ciò che segue realizzando che tutti gli anelli di congiunzione di questo classico sistema di
classificazione sono già stati scartati. Nel 1972 quando Richard Leakey trovò il cranio 1740, che menzioneremo più
avanti, dichiarò che ciò eliminava completamente la classica spiegazione dell'evoluzione umana e che non aveva
nulla da mettere al suo posto. A quanto pare, neppure nessun altro è stato capace di sostituirlo, perché i testi vanno
ancora presentando il vecchio smentito sistema dell'evoluzione umana. Dunque esaminiamo questo sistema
iniziando dall'anello più antico.

L'Australopiteco

Si tratta di animali simili a gorilla, almeno per quel che riguarda la cresta ossea rinvenuta a volte alla sommità del
cranio e le dimensioni del cervello. I denti sono tuttavia alquanto simili a quelli dell'uomo. Inoltre è probabile che
questi esseri camminassero in posizione eretta. Di essi si sa ben poco altro, poiché i fossili rinvenuti sono pochi e
fram­mentari. I fossili più noti appartenenti a questo gruppo sono lo Zinjantropo e l'Homo habilis, rinvenuti in
Africa dal dot­tor Leakey.

Il più completo di questi ritrovamenti effettuati dal Leakey è un cranio che, al momento del suo rinvenimento era
sminuzzato in più di quattrocento pezzi ritrovati setacciando tonnellate di terra fra le quali erano sparsi. Occorse più
di un anno per mettere insieme i pezzi, ed un collega del Leakey disse che era come ricostituire un uovo schiacciato
da un autocarro6.

Malgrado la forma di tali pezzi, non solo il cranio è stato ricostruito in maniera da soddisfare i requisiti
dell'evoluzione, ma sono state presentate illustrazioni del suo aspetto completo di barba. Mentre, di solito,
ricostruzioni di tal genere vengono eseguite con grande cautela e mettendo in guardia circa i loro limiti,
sventuratamente esse sono spesso impiegate da altri per « smerciare » l'evoluzione agli scolari, senza il beneficio
delle riserve e delle messe in guardia espresse al riguardo.

I metodi convenzionali di datazione facevano risalire lo Zinjantropo a più di seicentomila anni or sono. Il metodo del
potassio e argon, ad un milione e settecentomila anni7.

La maggior parte delle autorità, oggi sostiene che l'uomo moderno non si è sviluppato dall'Australopiteco, ma che
invece tutti e due provengono da qualche altro animale ancora sconosciuto.

II Pitecantropo o Homo erectus

Il secondo gruppo è quello del Pitecantropo che si ritiene avesse caratteristiche intermedie fra la famiglia del­
l'Australopiteco e noi e che sarebbe vissuto mezzo milione di anni or sono.

Fra i fossili più importanti di questo gruppo c'è il Sinantropo, anche conosciuto sotto il nome di uomo di Pechino,
poiché questi fossili furono rinvenuti in Cina, nei pressi di Pechino. Questi avanzi consistevano soprattutto in denti,
mandibole e parti di quattordici crani che presumibilmente erano stati fracassati per poterne mangiare il cervello che,
per ciascun cranio, costituiva una quantità di carne che andava dai cm3 915 ai 1225. Insieme a questi fossili c'erano
prove dell'uso del fuoco e di utensili. Tutti questi fossili sono apparentemente andati perduti nel tentativo di farli
uscire dalla Cina durante la seconda guerra mondiale.
L'altro ben noto rappresentante di questo gruppo è l'uomo di Giava, di cui si hanno una calotta cranica ed un femore.
Fu rinvenuto dapprima da Eugène Dubois insieme ad altri crani umani ordinari di cui egli non fece cenno per
trent'anni, fino a quando l'uomo di Giava non fu comunemente accettato. Più tardi vennero rinvenute parti di quattro
altri crani, alcuni denti e frammenti di mandibole e di femori. I femori sarebbero stati identici a quelli dell'uomo
moderno. Ciò attribuisce all'uomo di Giava, una posizione di rilievo nell'evoluzione, poiché alcuni descrivono la
testa del Pitecantropo come simile a quella di una scimmia antropomorfa. Tuttavia, poiché furono trovati anche crani
umani normali, esiste sempre la possibilità che le gambe accompagnassero i crani umani e non l'uomo di Giava,
poiché tutto fu trovato nella ghiaia depositata sull'argine di un fiume. Se vivevano ambedue nella stessa epoca, si
escluderebbe così l'importanza dell'uomo di Giava dal punto di vista evolutivo. Per quel che riguarda i denti,
tuttavia, essi rassomigliereb­bero a quelli umani sotto molti aspetti, ma ne differirebbero sotto altri.

Nel riportare questi « fatti » a proposito del Pitecantropo e dell'Australopiteco, ho cercato di essere quanto più
obiettivo possibile e di presentare il pensiero corrente della maggioranza. Ma le autorità in questo campo sono in
disaccordo fra loro e anche riguardo alle proprie precedenti affermazioni, sia a proposito delle opinioni circa
l'evoluzione, sia circa il volume cerebrale, l'uso del fuoco e degli utensili degli uomini o degli animali cui
appartengono i fossili, o di altri che abitarono la caverna molti anni dopo, ecc. Tutto ciò che si può realmente dire,
quindi, è che il Pitecantropo e l'Australopiteco vivevano un tempo ma che ora sono estinti. Come si dirà anche nella
parte riguardante l'anatomia comparata, le interpreta­zioni dipendono dalle opinioni basilari di coloro che
interpretano. Se pensano che la somiglianzà debba per forza mostrare derivazione, vengono ad una conclusione. Se
pensano invece che la somiglianzà di disegno indichi la creazione dallo stesso creatore arrivano ad una conclusione
diversa.

È possibile che Dio abbia creato l'Homo erectus così come era.

Un'altra possibile spiegazione è quella che esso fu prodotto da mutazioni, che operando nella loro solita direzione in
persone normali diedero origine ad una razza degenerata.

Un'affascinante ma non tanto probabile variazione è quella dell'evoluzionista dott. Geoffrey Bourne, un noto
primatolo­eista il quale ritiene che sia la scimmia ad essersi sviluppata dall'uomo! 8 Poiché per lungo tempo l'Homo
erectus è stato considerato dagli evoluzionisti un anello di congiunzione fra l'uomo e la scimmia e ora sembra che
l'uomo sia vissuto assai prima dell'Homo erectus, il dott. Bourne pensa che il primo Homo erectus, si sviluppò
dall'uomo e poi la scimmia dall'Homo erectus! Sebbene il dott. Bourne non abbia convinto molti che la scimmia si
sviluppò così dall'uomo, il fatto che un coltissimo ed eminente scienziato ritenga che la prova si dovrebbe
interpretare proprio in maniera opposta a quella normalmente impiegata dagli altri evoluzionisti, mostra quanto in
effetti sia debole l'evidenza a favore dell'evoluzione umana.

L'uomo di Neanderthal

Anche a proposito dell'uomo di Neanderthal i malintesi sono stati altrettanto grandi come nel caso dell'inganno di
Piltdown. In merito a ciò, l'Enciclopedia Britannica dice: « La concezione popolare, secondo cui questi individui
avevano stazione goffa ed andatura dinoccolata con ginocchia piegate, sembra sia dovuta in larga parte all'erronea
interpretazio­ne di certe caratteristiche delle ossa delle ginocchia di uno degli scheletri di Neanderthal scoperti agli
inizi del XX se­colo » 9.

Rivedo questo nel 1979. Da cento anni ci si serve dell'uomo di Neanderthal per insegnare l'evoluzione. Il materiale
fossile a nostra disposizione è di gran lunga più abbondante per l'uomo di Neanderthal che per gli altri gruppi che
abbiamo già esaminato. La maggior parte di esso è stato a nostra disposizione da anni; alcuni di questi fossili da
prima di quello impiegato per l'interpretazione evolutiva, ma solo negli ultimi anni, con la scoperta che uomini
moderni esistevano molto prima di quelli di Neanderthal si comincia a cessare di servirsi di lui come un anello
nell'evoluzione dell'uomo! Come i musei dovettero disfarsi delle statue dell'uomo di Piltdown, adesso stanno
cambiando quelle di Neanderthal. Cito l'estratto di un articolo del « Portland Oregonian » degli inizi del 1971, circa
il cambiamento delle statue dell'uomo di Neanderthal al Chicago Field Museum of Natural History. Esso si intitola:
« Lento avanzamento dell'uomo di Neanderthal » (in un'epoca in cui si può raggiungere la luna in un paio di giorni,
lento è senz'altro il termine da impiegare!). 
 
« L'idea che si aveva dell'uomo di Neanderthal era quella di un povero scemo peloso e tanto curvato che
le dita si trascinavano per terra, mentre gli occhi incavati scrutavano da sotto massicce sopracciglia
cercando carne.

« In primo luogo, diceva Cole, l'uomo di Neanderthal stava ritto come noi. Il capo era eretto, ben
disposto sulla colonna vertebrale, altrimenti avrebbe perso l'equilibrio.

« Aveva un buon volume cerebrale e non c'era quella sorta di gobba muscolosa che andava dalle spalle
al collo, come appariva invece nella vecchia immagine da sostituire ».

Poiché gran parte del ragionamento in favore dell'evoluzione è basato sul minor volume cerebrale del Pitecantropo e
dell'Australopiteco, è interessante notare che il volume cerebrale medio dell'uomo di Neanderthal è maggiore di
circa cm3 100 rispetto a quello medio dell'uomo odierno che è di cm3 135010. È anche interessante osservare quanto
poco importante divenga la questione del volume cerebrale quando ci occupiamo di volumi cerebrali più grandi di
quelli dell'uomo di oggi invece che di quelli più piccoli. A proposito di tale ragionamento, il ben noto antropologo
M. F. Ashley Mon­tague scrive: 
 

« Paragonato all'uomo moderno, l'uomo di Neanderthal si distingue per la fronte molto meno
schiacciata di quanto appaia, in quanto l'apparenza viene accentuata dalla presenza di arcate
sopraccigliari molto sviluppate...

« Nonostante il fatto che le conclusioni relative all'intelligenza dedotte dalla forma della testa siano state
da tempo dimostrate infondate, vi sono tuttavia alcuni studiosi i quali, dimentichi di questo fatto,
asseriscono che l'uomo di Neanderthal non doveva esser molto intelligente, poiché aveva sopracciglia
alquanto più sporgenti delle loro. Resta il fatto che, entro una certa gamma di variazioni, né il volume,
né la forma, né la misura del cervello degli ominidi si trova legato minimamente all'intelligenza.
Individui il cui cervello non superava i cm3 750 si sono dimostrati d'intelligenza perfettamente normale.
È noto che persone con fronte bassa non sono mentalmente né migliori né peggiori di quelli che l'hanno
alta... » 11.

Le epoche che oggi sono assegnate ai fossili di Neanderthal variano dal 30.000 al 60.000 a.C. Però a volte si sentono
ancora date fino al 150.000 a.C. prima attribuite ad essi. I fossili che vengono ritenuti più antichi dimostrano essere
quelli maggiormente simili all'uomo moderno 12, mostrando che egli si è sviluppato da noi e non viceversa. L'uomo
di Neanderthal prova semplicemente che l'uomo ha una terribile tendenza a forzare l'evidenza perché questa coincida
con le sue teorie. Ci si chiede quante altre prove date dai fossili in favore dell'evoluzione verrebbero a cadere se se
ne sapesse qualcosa di più a loro riguardo, o se ciò che sappiamo già non fosse interpretato partendo da presupposti
evoluzionistici.

Per riassumere, allora, l'insegnamento che l'uomo si sarebbe evoluto dall'uomo di Neanderthal che camminava
piegato ed era stupido, è stato basato sull'immaginazione degli evoluzionisti e su di un fossile che aveva una malattia
delle ossa. Questo è stato un errore molto più grave di quello dell'uomo di Piltdown, in quanto che esistevano molti
scheletri di Neanderthal che mostravano che tutti gli altri camminavano ritti come noi.

L'Homo sapiens (l'uomo moderno)

L'uomo di Cro­Magnon sarebbe l'autore dei famosi dipinti cavernicoli che si fanno risalire ad un periodo che va da
34.000 a 10.000 anni a.C.. Questi dipinti mostrano una esecuzione uguale a quella di artisti moderni.
Particolarmente famosi sono i dipinti rinvenuti a Lascaux, in Francia, e che risalirebbero a 30.000 anni a.C., ma che
il metodo di datazione col radiocarbonio pone intorno all'ottavo millennio a.C. Poiché ciò non si accorda con la
teoria della grande antichità di questi dipinti, queste date vengono respinte, col pretesto ch'esse mostrano
semplicemente che la caverna era ancora abitata a quell'epoca 13. Non viene però spiegato come mai dopo 20.000
anni di esposizione al fumo dei fuochi accesi dai cavernicoli (dai cui carboni vengono le date) quei dipinti potessero
apparire ancora vivi e in buono stato.

È interessante notare che il cervello dell'uomo di Cro­Magnon aveva una capacità di cm3 1550­1750, cioè di cm3
200­400 superiore a quella dell'uomo moderno 14.

Il Cranio di Swanscombe, rinvenuto nel 1935 era considerato dagli evoluzionisti come uno dei più antichi fossili
umani normali. « Misurate valutazioni basate su considerazioni di natura geologica danno un'antichità di non meno
di 100.000 anni, oppure, secondo la prova potassio­argon, probabilmente almeno 200.000 anni! » 15. Il cranio di
Steinheim costituisce un altro fossile ritenuto appartenente allo stesso periodo del cranio di Swanscombe.

La prova che prima dell'epoca di Neanderthal vi erano uomini normali avrebbe dovuto dimostrare agli evoluzionisti
che questi non erano provenuti dall'uomo di Neanderthal, ma non fu così. Questo fatto mostra quale sia la
confusione esistente a proposito dei fossili umani.

Nel 1965 venne rinvenuto a Vértesszöllös l'uomo d'Ungheria, fossile di particolare importanza poiché si ritiene che
siano ben definite le epoche dei vari strati di quella zona 16. All'epoca in cui si stabilì la sua datazione, l'uomo
d'Ungheria venne classificato come Pitecantropo, perché concordava con l'età di 400.000 anni assegnatagli 17.
Successivi esami dei fossili hanno mostrato invece che si trattava di esempi di Homo sapiens 18. Poiché esisteva
quasi nell'epoca stessa del Pitecantropo una delle nostre attuali specie, ciò rendeva quasi impossibile la nostra
evoluzione da lui e molto difficile quella a partire dall'altro candidato l'Australopiteco.

Il ritrovamento del cranio 1740, avvenuto ad opera di Richard Leaky nel 1972, sembra aver eliminato ancora più
definitivamente dalla linea dei nostri possibili progenitori sia l'Homo erectus che l'Australopiteco. Il cranio 1740 fu
trovato in strati che si suppone si fossero formati milioni di anni prima dell'Homo erectus e contemporaneamente
con l'Australopiteco, ma è essenzialmente di forma umana. La massa cerebrale (si riferisce sia stata di 800 cm3) era
alquanto piccola per accertare se si trattava di un essere umano o di un animale estinto. Comunque se non
apparteneva a un essere umano, la prova, confermata da scoperte successive, indica che il possessore del cranio
1740 era più simile all'uomo che non gli uomini scimmia dai quali, comunemente, ci è stato insegnato ci siamo
evoluti. Una di queste scoperte successive consiste in orme umane trovate nel 1979 che, secondo Mary Lea­key,
stabiliscono il fatto che 3.600.000 anni fa l'uomo camminava ritto come noi.

Molte persone autorevoli concorderebbero con la dichiarazione di Leakey che il cranio 1740 respinge tutto quanto si
era creduto precedentemente intorno all'evoluzione umana e che non è chiaro che cosa si dovrebbe mettere al suo
posto.

Ciò non costituisce tuttavia un grave colpo per l'evoluzione come potrebbe sembrare, poiché molti evoluzionisti seri
avevano già eliminato queste come eventuali possibilità ed essendo restati sforniti di qualcosa di ragionevole su cui
appoggiare, si erano trincerati dietro l'illusorio « antenato comune ». Poiché la caratteristica dell'antenato comune
sembra sia quella di non lasciar fossili, è ancor più difficile provare che non siamo suoi discendenti. Ci sono anche
alcuni che suggeriscono come nostro progenitore un dente chiamato Ramopiteco del quale non si conosce quasi
niente.

L'anello trovato

Mentre le ricerche in corso vanno squalificando ora l'uno ora l'altro di questi esseri proposti come candidati per un
preistorico anello di congiunzione fra l'uomo e gli animali inferiori, le ricerche archeologiche stanno confermando la
prova storica, a favore di un genere diverso di anello: un anello fra l'uomo e Dio. Profezie di come questo anello
avrebbe sofferto e sarebbe morto per togliere i peccati che avevano separato l'uomo da Dio furono scritte nei minimi
dettagli da 500 a 800 anni prima della nascita di Gesù Cristo e, in seguito, si verificarono esattamente come era stato
predétto Alcune delle più importanti, incluso il libro di Isaia sono comprese nel gruppo chiamato i Rotoli del Mar
Morto, i quali rotoli, sigillati in orci di terracotta intorno al 150 a.C., furono trovati nel 1947. In più, anche intorno al
150 a.C., l'intero Vecchio Testamento, in cui queste predizioni si trovano, fu tradotto in greco e questa traduzione
coincide non soltanto con quelle parti del testo ebraico comprese fra i Rotoli del Mar Morto, ma anche con il
tradizionale Vecchio Testamento ebraico, le cui copie ancora esistenti furono trascritte molto dopo il tempo di
Cristo. Il fatto che questi manoscritti concordano, e alcuni furono sotterrati assai prima del loro compimento e
recuperati di recente, rende impossibile che qualcuno, più tardi, abbia cambiato le profezie per farli aderire in
meravigliosa armonia agli avvenimenti reali. In esse, ira l'altro, troviamo le seguenti cose riguardanti l'anello tra noi
e Dio, predette 500­800 anni prima che accadessero: 
 

­­ Che la madre di Cristo sarebbe stata una vergine;

­­ Il nome del piccolo villaggio (Betlem) dove Egli sarebbe nato;

­­ Che Egli sarebbe stato portato in Egitto;

­­ Il nome della piccola città (Nazaret) in cui sarebbe cresciuto dopo il ritorno dall'Egitto;

­­ Che Egli sarebbe morto con le mani e i piedi trafitti;

­­ Che nella Sua morte avrebbe preso su di Sé i peccati degli uominni;

­­ Che Egli sarebbe risorto dai morti.

Il Nuovo Testamento, insieme con altri documenti storici che comprovano la sua precisione, testimonia che queste
cose si verificarono esattamente come erano state profetizzate nel Vecchio Testamento. Perciò la Bibbia, una prova
storica di impeccabile attestazione archeologica, nel Vecchio e nel Nuovo Testamento dichiara che l'uomo fu creato
da Dio e che in seguito ne fu separato dal peccato. Poi mostra come Dio preparò il ritorno dell'uomo separato, a Lui,
tramite Cristo, che è il nostro anello di congiunzione con Dio Padre. Quando questo Anello manca nella vita di
qualcuno, lascia il vuoto di una mancata relazione. Molti tentano di negare ciò con varie razionalizzazioni progettate
per dar credito alle proprie vecchie opinioni e per tentare di dimostrare che questo Anello non esiste. Molti altri,
comunque, affermano di aver ricevuto questo Anello di congiunzione con Dio, Gesù Cristo, credendo che la Sua
morte cancellò i peccati. Grandi cambiamenti si sono verificati nella vita di molti di questi credenti ed è difficile
spiegarli con mezzi naturali. Anzi, dimostrano il tocco di Dio. Gli assassini iniziano ad amare; i ladri vanno a
lavorare per sostenere se stessi e per aiutare gli altri; gli alcolizzati e i drogati vengono liberati.

Ho cercato di esaminare nel modo più obbiettivo possibile le prove e sono costretto a concludere che più cerchiamo
l'evidenza solida di una connessione tra l'uomo e gli animali, più troviamo soltanto anelli rotti. D'altronde esiste
un'adeguata e crescente quantità di evidenze che sostengono l'affermazione che alcuni di noi fanno, non solo di
essere stati creati da Dio, ma anche di averlo conosciuto tramite un Anello vivente che esiste e agisce ancora oggidì.

La persona saggia non riposerà finché non abbia valutato attentamente le prove a favore di questo anello tra noi e
Dio e non soltanto gli attacchi che i nemici hanno lanciato contro di esso. Molte persone che hanno intrapreso
un'esame personale di queste prove cercando di dimostrare che Dio non esiste hanno invece trovato Dio e lo hanno
conosciuto in un modo personale.

Il fondamento dell'evoluzione

Abbiamo visto soltanto un esempio di come le idee degli evoluzionisti cambiano, riguardo all'evoluzione umana, ma
nei cento anni che sono passati dal momento in cui per la prima volta venne divulgata la teoria dell'evoluzione, una
vera marea di dati scientifici ha divelto uno dopo l'altro­i pilastri della sua struttura scientifica. La generazione
spontanea e l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, sono due delle « verità » scientifiche, adesso crollate, che a suo
tempo aiutarono molto a rendere accettevole l'evoluzione. Mentre sì continua a costruire sulla sovrastruttura e la
saldezza dell'evoluzione sembra più inespugnabile che mai, è tempo di dare una buona occhiata alle fondamenta.
Tale è lo scopo di questo libro.

Il problema, se la vita che ci circonda esiste perché creata da Dio o per evoluzione, viene troppo spesso considerato
come un'antitesi fra scienza e religione. Poiché la maggior parte delle persone religiose, soprattutto quelle che
credono alla Bibbia, appartengono al campo dei « creazionisti », si trae la conclusione che l'altro campo, quello degli
« evoluzionisti » costituisca quello scientifico. E poiché nessuno vuol sembrare antiscientifico, dal momento che
s'insegna che l'evoluzione costituisce la risposta scientifica al problema, ciò tende a trascinare quasi tutti ciecamente
nel campo « evoluzionista ». Nell'istruzione che viene impartita oggi non viene quasi mai presentata l'evidenza
scientifica a favore della creazione da parte di Dio. Scopo di questo libro è quello di avviare ad un esame critico
tanto dei fatti scientifici presentati come prova dell'evoluzione quanto di quelli che la nagano. Il fatto che la Bibbia
insegni che Iddio ha creato il mondo, lungi dal classificare la creazione come una teoria fuori moda, costituisce in
realtà un punto in suo favore. Più di qualunque altro libro la Bibbia è stata attaccata implacabilmente nel corso dei
secoli. Eppure essa si leva ancor oggi come la forza più grande e più influente per la salvaguardia del bene. La sua
posizione, invece di uscire indebolita dal conflitto e dalla controversia del passato, ne esce rafforzata a mano a mano
che, punto dopo punto, laddove era stata attaccata, essa si dimostra veritiera contrariamente alle teorie avverse.

L'importanza del punto di vista personale

Alcune prove, allorché vengono esaminate col presupposto che Dio non esiste o che non ha contatti efficaci con la
sua creazione, potrebbero essere logicamente considerate a sostegno della teoria dell'evoluzione. Le stesse prove,
esaminate col presupposto della sua esistenza, portano spesso a conclusioni completamente diverse.

Quando ci troviamo di fronte a prove che possono essere spiegate in due diverse maniere, sembra cosa del tutto
antiscientifica non attribuire importanza ad una di queste maniere solo perché non concorda con la propria idea sul
modo nel quale avrebbe dovuto accadere qualcosa. Questa concezione ristretta è tuttavia esattamente quanto ci si
aspetta da ogni studente nella maggior parte dei nostri sistemi scolastici di oggi, nei quali l'evoluzione viene
presentata come un fatto che tutti, tranne gli stupidi e gli antiscientifici, accettano senza discussioni. Alcuni libri
arrivano al punto di affermare che sarebbe persino antiscientifico considerare la altra possibilità.

Ma per esser onesti e per usare il metodo scientifico, si deve anche permettere allo studente di esaminare le prove
che vengono presentate dall'altro « punto di vista » e lo scopo di questo lavoro è appunto di procedere ad un esame
del genere.

Prima di continuare, dobbiamo distinguere tra i fatti e le prove con cui la scienza deve operare, e la loro
interpretazione.

I fatti stessi non sono in contrasto con la teoria della creazione. Il problema sta nell'interpretazione.

Quando qualcuno è convinto della veridicità di un'idea e cerca le prove per dimostrarla, il suo giudizio tenderà ad
esser parziale e ad interpretare qualunque cosa in maniera da dimostrare l'argomento che gli sta a cuore.

La base filosofica dell'evoluzione

Come e perché prese vita l'idea tanto difesa dell'evoluzione? Alcune radici del pensiero evoluzionista possono farsi
risalire alla filosofia e alla mitologia greche.

Ma l'antenato più diretto dell'evoluzione fu il razionalismo, che sorse prima di Darwin, con la sua incredulità nei
confronti di Dio e del miracoloso, espressa nelle parole: « Se non lo vedo non ci credo! », atteggiamento applicato
soprattutto nei confronti di Dio e del soprannaturale. Così nacque il bisogno filosofico per un'alternativa alla
creazione di Dio.

Così erano poste le basi che avrebbero permesso a Darwin di presentare una spiegazione dell'esistenza degli esseri
viventi senza una creazione divina. La sua idea fu accettata perché la società era già preparata. La prima edizione del
suo libro fu tutta esaurita il primo giorno della vendita perché dava proprio quella spiegazione che le filosofie del
tempo richiedevano.

Tralasciando qui l'aspetto storico, esaminiamo il problema dal punto di vista della logica. È chiaro nella nostra
esperienza che ogni cosa che esiste si è prodotta o è stata creata da qualcosa. Perciò deve essere stata causata o da se
stessa o da qualcosa al di fuori di se stessa. Se si fosse costruita da sé, avrebbe dovuto precedere se stessa
nell'esistenza; il che è impossibile. Perciò l'esistenza di qualsiasi oggetto, persona o animale deriva da qualcosa o da
qualcuno che già esisteva prima.

Questa causa che c'era prima era finita o infinita. Se era finita dipendeva da un'altra causa esistente prima, che a sua
volta era stata generata da un'altra prima d'essa e così: all'infinito. Per l'evoluzionista ateo, allora, l'ultima causa è
una seria infinita di esseri finiti. Di solito, egli non si rende conto di questo e si ferma soltanto alla considerazione di
un progenitore alla volta. Per esempio, può chiedersi da dove provengono gli uomini. Poi si pone la domanda da
dove è venuto quello che ha dato vita all'uomo, eccetera fino a chiedersi da dove è venuta la terra e poi il sistema
solare e così via. Ma raramente egli si chiede dell'origine di ciò che era assolutamente prima dell'inizio della catena.
Come risultato, vediamo nelle pubblicazioni scientifiche, una graduale estensione dell'età attribuita all'Universo.

L'alternativa ad una serie infinita di cause di esseri finiti è l'esistenza di un essere infinito come prima causa.

Questo indica il presupposto filosofico delle controversie tra creazione ed evoluzione.

Adesso possiamo esaminare più specificamente i presupposti dell'evoluzione e la debolezza delle sue prove.

Introduzione ai problemi dell'evoluzione

Kerkut benché evoluzionista, nel suo libro spiega che, nel presiedere agli esami che i suoi studenti sostengono per
conseguire una seconda laurea, ama chiedere le evidenze a favore dell'evoluzione. Essi rispondono senza esitare, ma
all'improvviso precipitano nella confusione e nello shock alla richiesta di prove contro di essa. Dice che i giovani
non si erano neppure accorti che esistesse qualche prova contro l'evoluzione. Egli poi elenca sette presupposti che
formano la « teoria generale dell'evoluzione », sottolineando il fatto interessante che nessuno di essi può essere
verificato in maniera sperimentale. 
 

1. Il primo presupposto è che le cose non viventi diedero vita alla materia vivente, cioè la generazione
spontanea;

2. Il secondo presupposto è che la generazione spontanea si fosse verificata una sola volta (gli altri
presupposti sono conseguenza del secondo);

3. Il terzo presupposto è che il virus, i batteri, le piante e gli animali sono tutti interdipendenti;

4. Il quarto è che i protozoi diedero vita ai metazoi;

5. Il quinto è che i vari tipi d'invertebrati sono legati fra loro;

6. Il sesto è che gli invertebrati hanno dato vita ai vertebrati;

7. Fra i vertebrati i pesci hanno dato vita agli anfibi, gli anfibi ai rettili ed i rettili agli uccelli ed ai
mammiferi.

Quest'ultimo pressuposto viene a volte espresso in altri termini, e cioè che gli attuali rettili ed anfibi
avevano un ceppo ancestrale comune, e così via 19.

Kerkut critica la « Teoria generale dell'evoluzione » per la mancanza di prove che la sostengono. Egli suggerisce
invece la possibilità che la vita sia iniziata varie volte, ciascuna dando inizio a sua volta a linee separate delle piante
e degli animali.

Insieme alla mancanza di prove di connessioni tra le varie linee, l'evoluzione manca anche di una spiegazione per
l'origine della prima vita.

Questo è dimostrato dal gran numero di teorie che vengono presentate, ciascuna con le relative prove dimostranti
che i suoi predecessori avevano torto. Il problema dello inizio al quale non si poteva dare risposta, è stato tuttavia
superato dal punto di vista psicologico. Si è postulato che il processo si è attuato in un numero incomprensibilmente
grande di anni. La reazione naturale di fronte a milioni o a miliardi di anni è di immaginare che qualunque cosa
poteva accadere in quello spazio di tempo. In tal modo si potevano lasciare senza risposta i problemi basilari,
nascondendoli dietro tali montagne di anni che nessuno li avrebbe più notati. Gli uomini erano stati liberati in
maniera da poter credere quel che le nozioni filosofiche del momento richiedevano.

Poiché l'evoluzione non fornisce le risposte ai quesiti basilari, mentre la creazione lo fa, perché allora tanti scienziati
accettano l'evoluzione? Non è perché la creazione si trovi in conflitto con i fatti della scienza. Infatti benché il
racconto della creazione nella Scrittura non concordi con certe interpretazioni dei fatti, essa concorda bene con i fatti
stessi. L'evoluzione è largamente accettata poiché oggi la maggioranza degli scienziati non fanno che riflettere su
quello che è stato loro insegnato. La maggior parte dei testi scientifici presentano l'evoluzione come la sola
possibilità intellettuale. Vi sono poi alcuni scienziati, i quali si rendono conto che se accettano il racconto biblico
della creazione significa che l'uomo non progredisce verso l'alto e verso la perfezione, ma che è invece caduto nel
peccato e deve accettare la salvezza che Dio gli offre in Gesù Cristo. L'orgoglio e la ribellione contro questo piano
divino spiegano la prontezza con la quale alcuni accettano l'interpretazione evoluzionistica delle prove.

L'evoluzione costituisce un tentativo di spiegare l'esistenza delle cose viventi da un punto di vista ateo. Benché nei
testi scolastici vengano presentate solo le prove che tendono a mostrare che l'evoluzione è giusta, non v'è alcuna
buona ragione per cui si debba accettare la teoria senza la possibilità di esaminare le pecche. Il presentarla come un
fatto non fa dell'evoluzione un fatto! Vedremo invece che essa solleva tanti problemi senza risposta, per cui quelli
che l'accettano devono farlo per fede.

L'evoluzionista Enrico Tortonese ammettendola nel suo articolo Evoluzione, contenuto nel Grande Dizionario
Enciclopedico dice: « Tuttavia, anche se non possiamo dubitare dell'evoluzione organica, incontriamo le più gravi
difficoltà quando la vogliamo spiegare: molte teorie sono state esposte, ma nessuna è in grado di rispondere a tutti i
nostri interrogativi ». Avendo ammesso che non è possibile spiegare come abbia potuto avvenire l'evoluzione, e che
molti scienziati hanno cercato per anni le spiegazioni di essa, è interessante vedere come Tortonese cerca di spiegare
la sua fede in essa. Leggendo più avanti troviamo: « Le difficoltà incontrate per spiegare il meccanismo evolutivo ...
hanno suggerito l'ipotesi che l'evoluzione sia un processo ormai finito ». Perciò, ammettendo che attualmente non si
produca più evoluzione nella natura, egli accetta per fede che nel passato essa avvenne, perché è evidente che gli
esseri viventi esistono, e se non si accetta la creazione come opera divina, l'evoluzione è l'unica altra seria possibilità
che ci viene oggi proposta.

La maggioranza tuttavia, consapevole dei problemi che solleva tale posizione, è incline a sostenere che essa avviene
ancora, ma tanto lentamente da essere quasi impercettibile. Altri hanno cercato di eliminare le difficoltà dicendo che
la evoluzione ha prodotto la vita, che vediamo d'intorno a noi, perché Iddio ha deciso di servirsi dell'evoluzione per
produrre questa vita. Questa idea che tende ad un compromesso fra le due opposte teorie, della creazione divina e
dell'evoluzione, non viene accettata né da quelli che credono alla Bibbia né dalla maggioranza di quelli che credono
all'evoluzione.

Adesso che abbiamo dato uno sguardo generale ai problemi dell'evoluzione iniziarne dal primo passo esaminando
l'origine della materia. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

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L'origine della materia

« Io non credo in Dio! La scienza ha provato che non c'è! » Queste sono le parole di uno studente universitario col
quale un giorno parlavo a Castellammare di Stabia, ma riflettono un'idea che troppo spesso viene elargita ai nostri
studenti, cioè che la materia è eterna, che è sempre esistita e perciò, non essendo mai stata creata, un creatore non
c'è.

Io espressi il mio grande interesse per l'argomento e gli domandai: « Mi potresti dare una di queste prove? »

Il giovane di rimando: « Ebbene eccola! (pausa) ­­ ebbene ­­ uh ­ uh ­ ehm ­ uh ­­ Ebbene dammi tu una prova che
Dio c'è! »

Io sto ancora aspettando che qualcuno mi dia la prova che Dio non esiste, ma le prove che io diedi a favore di Dio, a
quello studente, furono press'a poco queste, anche se qui l'ho perfezionate con citazioni più esatte.

L'ateo insiste che un creatore non esiste perché, dice, la materia è sempre esistita, ma è chiaro che la materia non è
sempre esistita. La terra è talmente calda che all'interno è ancora allo stato fuso, però è sospesa nello spazio che è
estremamente freddo. Essa sta perdendo rapidamente il suo calore e sta giungendo alla temperatura dello spazio che
la circonda, tuttavia non è ancora fredda. Se si stesse raffreddando da tutta l'eternità, sarebbe già fredda, ma non è
così. È perciò stata creata tanto recentemente che non ha avuto il tempo di raffreddarsi completamente, quindi la
materia non è eterna. La terra ha avuto un'origine recente.

Una scoperta sorprendente fu fatta nell'esplorazione della luna. Poiché la luna è più piccola della terra e le cose
piccole si raffreddano con maggiore rapidità, gli scienziati si sorpresero molto nel trovare che anche la nostra
piccola luna è ancora calda rispetto a ciò che la circonda! È chiaro che ha cominciato a raffreddarsi così di recente
che ancora sta perdendo considerevole calore: dunque non può essere eterna.

Una scoperta più recente e ancora più sbalorditiva è stata fatta studiando le fotografie mandate dalla sonda Voyager
1 nel 1979. È quella della più grande attività vulcanica mai conosciuta nel sistema solare. Si è trovata su un satellite
ancora un po' più piccolo della nostra luna: si chiama Io e gira attorno al pianeta Giove. B.A. Smith, il capo gruppo
degli scienziati che studiano queste fotografie, ha detto: « I vulcani della terra non si avvicinano neppure a questa
forza! I vulcani di Io eruttano alla velocità di un fucile potente. Sapevamo già che Io era giovane, ma non avevamo
capito quanto fosse nuovo veramente; la superficie di Io si sta formando in questo momento! » 1.

Il nostro sole sta perdendo peso alla velocità di sei milioni di tonnellate al secondo. Sta durando dall'eternità questo
processo? Se così fosse ci deve essere stato un tempo in cui il sole era infinitamente grande e riempiva l'intero
spazio.

Se il sole e le stelle bruciano idrogeno o qualsiasi altro materiale per mezzo di una reazione radioattiva o di
qualunque altro mezzo noto, in un tempo infinito si sarebbero tutte consumate e la combustione sarebbe cessata. 
 

Oppure, prendiamo ad esempio gli elementi radioattivi come l'uranio e il torio. Questi si decompongono
continuamente; qualsiasi data quantità si dimezzerà in tanti (diciamo « X ») anni. Un numero « X » di
anni or sono, v'era quindi nel mondo il doppio della quantità ora esistente di uranio; 2x anni fa v'era il
quadrupla della quantità... e così via fino alla notte dei secoli. Giungiamo così alla conclusione che
un'eternità di anni or sono deve essere esistita una quantità infinita di quel solo elemento! E questo è
impossibile »2.

È impossibile non solo in teoria, ma anche sul piano pratico in quanto che la decomposizione di un elemento
radioattivo produce altri elementi che dovrebbero ancora oggi esistere in infinita quantità.

La continua espansione dell'universo, poiché le stelle e le galassie apparentemente vengono proiettate verso l'esterno
come da un punto centrale nel quale ebbero origine tutte, implica anche una data d'origine. « Si valuta che se si
espandesse al ritmo calcolato da questi teorici per un quinto del periodo di vita attribuito al sole, l'universo si
svuoterebbe virtualmente di galassie visibili » 3.

Tutto ciò ha costituito un tale problema per l'ateo che alcuni sono arrivati ad accettare la teoria secondo la quale
l'universo vive « ab eterno », passando attraverso periodi di espansione e di contrazione. L'impossibilità, comunque,
dì trovare una causa a questi cicli e la mancanza di ogni prova a riguardo ne hanno impedito l'accettazione generale.

L'esistenza di questa teoria però, mostra il riconoscimento da parte degli evoluzionisti che le prove propendono per
un momento creativo, e che le altre teorie per cui lo universo sarebbe cominciato come effetto di un'esplosione, o del
raffreddamento di gas non fanno nulla per rispondere alla domanda: « Da dove è venuta la materia esplosa; o da
dove sono venuti i gas? » Questo riconoscimento demolisce anche la solita affermazione degli atei: « Iddio non ha
creato l'universo », a meno che essi non riescano a cancellare le prove schiaccianti che invece dimostrano che esso
abbia avuto un inizio. Essi comprendono la necessità di una spiegazione di ripiego nel caso si scarti la normale
spiegazione della creazione divina. L'evoluzione come fede di ripiego, è alquanto superficiale e fornisce soltanto una
scappatoia anziché una risposta al quesito fondamentale: « Da dove è venuta la materia? ».

Perfezione dell'universo

Un ateo era seduto un giorno su un bel prato e guardava i fili d'erba, le foglie del trifoglio e i fiorellini. Più guardava
questa scena riposante più si sentiva turbato, perché dovunque guardava, alla ricerca del caso e del caos, trovava
simmetria. Dovunque avesse infatti voluto rivolgere lo sguardo, dal piccolo atomo al grande sistema solare, invece
del caos avrebbe trovato ordine. 
 

« Consideriamo la terra sulla quale viviamo. Essa è inclinata di un angolo di 23 gradi. Se non fosse così,
il vapor d'acqua degli oceani salirebbe al polo nord e al polo sud, condensandosi ed accumulandovi
montagne di ghiaccio.

Se il sole producesse la metà del suo calore geleremmo tutti, e se ne desse il doppio arrostiremmo »4.

« La terra gira alla velocità di milleseicento chilometri circa all'ora. Se girasse a soli centosessanta
chilometri, la durata del giorno e della notte ne sarebbe decuplicata, le piante sarebbero bruciate dal

sole durante il giorno e le pianticelle morrebbero per il gelo durante la notte... Se la luna fosse a soli
ottantamila chilometri dalla terra, il mare invaderebbe tutte le terre, comprese le più alte montagne... Se
gli oceani fossero più profondi, il biossido di carbonio e l'ossigeno sarebbero completamente assorbiti e
le piante non potrebbero esistere. Se l'atmosfera fosse più rada, migliaia di meteore che si bruciano ogni
giorno nell'aria, cadrebbero sulla terra causando terribili incendi »5.

Mentre la maggior parte delle cose si contraggono allorché gelano, l'acqua aumenta invece di 1/11 del suo volume.
Ciò fa galleggiare il ghiaccio sulla superficie di un lago, impedendo che esso geli al fondo e causi quindi la morte
dei pesci.

Proprio l'ateo che discute contro il principio di un universo che obbedisce all'ordine, incoscientemente regola il
proprio orologio su strumenti che a loro volta sono regolati sul corso delle orbite ordinate degli astri seguite da un
osservatorio in Inghilterra o da orologi atomici, traendo vantaggio così da un'altra prova della regolarità
dell'ambiente nel quale vive6.

Che cosa dà vita all'ordine invece che al disordine nel l'universo? Semplicemente il caso? Se questo fosse vero,
potremmo pensare che a causa di un'esplosione fra i rottami di uno scasso verrebbe fuori qualche orologio,
un'automobile nuova, o almeno una semplice casa! L'ordine esige che qualcuno metta le cose in ordine, ma la mente
che si ribella alla fede in Dio deve credere che l'universo complesso e meravigliosamente ordinato nel quale si trova
è venuto all'esistenza completamente da solo, che non è il risultato di una mente o di un piano, come avverrebbe se
si trovasse un bell'orologio svizzero formatosi a seguito di un'esplosione in un deposito di ferraglia. 
 

Come ha creato il mondo Iddio?

Pur non potendo sapere esattamente come Iddio ha creato il mondo, vi sono alcune cose da esaminare che
potrebbero dare qualche indicazione. Si dovrebbe per prima cosa notare che le prove già menzionate indicano in
modo schiacciante che v'è stato un momento in cui il mondo ha avuto origine, piuttosto che essere eterno. Poiché
non v'era presente nessun essere umano per descrivere questa origine, è ragionevole esaminare quello che Dio ne ha
rivelato nella Bibbia. Parti­colarmente utili sono tre passi: « Avanti che i monti fossero nati e che tu avessi formato
la terra e il mondo, anzi, ab eterno in eterno, tu sei Dio » (Sal. 90: 2). Qui troviamo affermato che Dio è eterno,
laddove il mondo venne creato ad un certo momento. « Le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti
» (Ebr. 11: 3). « Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia gran
potenza... » (Ger. 27: 5). Dio non ci descrive in maniera particolareggiata il meccanismo impiegato per creare il
mondo, tuttavia Egli dice, che ciò avvenne mediante la sua potenza e non a partire da cose visibili. Quel che ci dice
coincide esattamente con quanto sappiamo delle relazioni atomiche. La materia può cambiarsi in energia, come in
bombe atomiche, ma l'energia può cambiarsi anche in materia. Occorre una grande quantità di energia per produrre
un po' di materia, ma attraverso metodi noti si può operare il cambiamento. Pur non potendo affermare con certezza
che fu questo il mezzo impiegato per creare il mondo ed al quale si riferiva Iddio quando diceva: « Io ho fatto la
terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia gran potenza... », si tratta almeno di una
possibile semplice spiegazione che coincide con la conoscenza scientifica attualmente disponibile. Ciò è certamente
più semplice ed esige minor fede di quanta ne richieda qualsiasi teoria evoluzionista.

Sembrerebbe anche logico qui un sottinteso morale. Se Dio possiede la capacità di creare il mondo e quello che esso
contiene, ha anche la capacità di giudicarci. È molto probabile che una parte dell'opposizione levatasi contro Dio
creatore, oggi, sia dovuta a ribellione contro questo fatto.

Le leggi della termodinamica

La scienza ha stabilito alcuni punti di riferimento che sono stati considerati fondamentali per una comprensione del
mondo intorno a noi e per predire la direzione nella quale possono svolgersi i processi naturali. Fra i più
fondamentali e i più ampiamente applicabili di questi è quello costituita dalle leggi della termodinamica, la prima
delle quali si occupa della conservazione dell'energia. La seconda, che è stata altrettanto documentata è quella
dell'entropia. Essa trova applicazione qui perché afferma fra l'altro la tendenza irreversibile al passaggio ad un
ordine inferiore nei processi naturali di un sistema autonomo. In altri termini, tutti i processi naturali portano ad un
aumento della casualità nel sistema in esame. Lasciando le cose a se stesse perché siano dirette dal caso, come si
afferma che si sia prodotta l'evoluzione, esse non vanno verso un grado di organizzazione sempre maggiore, ma
piuttosto minore. L'intera idea di evoluzione è contraria a questa legge della scienza che in altri campi è considerata
fondamentale per una comprensione del funzionamento di ciò che ci circonda.

Per illustrare questo supponiamo che a causa della crisi energetica tu decida di non usare la tua nuova automobile,
ma di parcheggiarla nel deserto lasciando direttive ai tuoi eredi perché possano trovarla fra mille anni. Quando quelli
arriveranno sul luogo, è più probabile che troveranno la macchina tutta arrugginita e sparsa sul terreno anziché
diventata un razzo intercontinentale.

Il miracoloso evolversi nell'organizzazione e nella complessità, quale occorrerebbe per sviluppare l'automobile in un
razzo, è esattamente ciò che richiederebbe l'evoluzione dal semplice al complesso.

Gli evoluzionisti spesso cercano di rifiutare questo dicendo che il sole aggiunge energia dall'esterno del sistema
termodinamico terrestre e perciò la seconda legge (entropia), non è applicabile. È un fatto però ben dimostrato che
l'energia non controllata distrugge più che creare! Quale città è mai stata costruita con una bomba ? Oltre all'energia
occorre un « organizzatore » che programmi le giuste reazioni chimiche esattamente dove necessario e al preciso
momento giusto.

Gli evoluzionisti spesso obiettono: « Se la seconda legge della termodinamica non permettesse lo sviluppo nella
complessità necessario all'evoluzione, non permetterebbe neppure che un seme diventasse un albero ».
Effettivamente questa illustrazione serve soltanto a sottolineare la necessità di un fattore organizzativo, poiché senza
l'ADN* che dirige il processo, gli alberi oltre a non crescere, non esisterebbero nemmeno.

L'evoluzionista forse spera che la selezione naturale superi la tendenza universale verso la disorganizzazione, ma è
impossibile che mutamenti casuali potrebbero mai produrre il tipo di ordine che gli esseri viventi posseggono.
Comunque il passo più difficile per l'evoluzione è quello di spiegare l'apparizione della prima vita, quando essa pone
come postulato che si stanno formando molecole sempre più complesse (e più complesse sono più tendono a
decomporsi spontaneamente). La selezione naturale non avrebbe potuto aiutare le molecole che non hanno vita. Esse
non hanno le caratteristiche sulle quali la selezione naturale opera: la colora­2ione protettiva, la forza, l'abbondanza
di prole, ecc. Esse sono soltanto molecole alla deriva in un oceano. La teoria dell'evoluzione, nondimeno, richiede
che, contrariamente alla seconda legge della termodinamica e a tutte le osservazioni odierne, si siano formate in
grande concentrazione molecole sempre più complesse. La maggior parte delle molecole di cui è composta la vita
sono infatti così complesse che i migliori scienziati non sono ancora riusciti a produrle nei loro più sofisticati
laboratori.

L'origine della vita

Abbiamo guardato ai primi problemi, insuperabili per gli evoluzionisti, e cioè l'origine della materia e dell'universo
ordinato. Abbiamo anche accennato al fatto che la legge dell'entropia renderebbe impossibile qualsiasi grande
progressione in complessità, e che nel caso della formazione della prima vita essa legge si applicherebbe per forza.
Adesso, tuffiamoci davvero in questo problema dell'evoluzione della prima vita; problema forse più difficile di tutti
per l'evoluzionista, malgrado che il più delle volte egli cerchi di coprire questo fatto scrivendo che dovunque le
condizioni sono favorevoli, la vita si inizia da sola.

Essendo l'evoluzione la teoria dello sviluppo di forme di vita più semplici verso forme più complesse, si nota che,
arrivando alla forma più semplice, la vita avrebbe avuto origine da ciò che non ha vita, perché questo è più semplice
ancora. Alla stessa maniera degli altri problemi sollevati dall'evoluzione, si può accettare questa affermazione come
una possibilità soltanto fino a che non ci si chiede: « Come? » Come da una cosa inerte si sia potuto generare un
essere vivente.

Quando si pone questa domanda l'unica risposta è quella della generazione spontanea, teoria molto in voga prima
delle scoperte di Luigi Pasteur. Secondo la teoria della generazione spontanea, la carne degli esseri morti darebbe
vita ai vermi; l'acqua stagnante genererebbe gli insetti e così via. Prima non c'erano ed ora ci sono: prova apparente
che si sono sviluppati dal nulla. Luigi Pasteur, invece, scoprì forme microscopiche di vita e trovò che la
sterilizzazione ne arrestava il processo di proliferazione. Da quel momento l'inesistenza della generazione spontanea
venne considerata come uno dei fatti scientifici meglio documentati.

L'evoluzionista, tuttavia, è costretto a contraddire questa realtà inoppugnabile continuando ad affermare che la prima
vita si sviluppò spontaneamente nell'oceano, ma poiche ciò non accade oggi, deve accettare per fede che sia
avvenuto nel passato. Credere nella generazione spontanea fu facile per Darwin, perché, avendo pubblicato la sua
teoria prima della scoperta di Pasteur, non potè conoscere prove contrastanti.

L'idea che fosse facile crederci mi colpì un giorno, quando il mio bambino, tutto eccitato, mi mostrò le « semplici »
cellule, guizzanti in una goccia di acqua stagnante, che vedeva attraverso il microscopio. Mentre guardavo mi resi
conto che anche ai tempi di Darwin quelle cellule dovevano essere apparse semplici, come apparivano a me
attraverso quel microscopio giocattolo. Per ironia del caso, poco tempo prima, avevo letto in un giornale, che l'uomo
era finalmente riuscito ad operare la sintesi del più semplice enzima, ma che ne restavano ancora migliaia di più
complicati, per poterne ottenere quanti ne produce una cellula ordinaria. Gli enzimi vengono usati dalla cellula come
catalizzatori nelle numerose reazioni chimiche, necessarie alla sua vita.

Le proteine che compongono le cellule sono sostanze complicate, formate da varie combinazioni di varie molecole
di acidi aminici. Per produrre le proteine dagli aminoacidi,, si dovrebbe provocare una serie di reazioni complicate
nello ordine giusto, usando gli enzimi adatti al momento opportuno. Questo procedimento così complicato mostra la
impossibilità di una formazione in modo spontaneo. Perciò­quando sentiamo che la scienza è riuscita a produrre
acidi aminici o, perfino, proteine complete, ciò non dimostra affatto che è stata prodotta la vita, e tanto meno che sia
accaduto per caso nella natura. Infatti, sarebbe come dire, dopo aver scoperto le leggi chimiche per sintetizzare
l'alluminio in laboratorio, che ciò dimostra che gli aeroplani (perché fatti di alluminio) sarebbero stati prodotti
spontaneamente dalla natura e non da una fabbrica!

Non basta un semplice miscuglio di alcune proteine per produrre la vita: occorrono molte proteine specifiche con
interazioni complicate fra di loro. Ci sono, ad esempio, molte proteine al macello o nei cimiteri, ma esse non
producono la vita.

Gli aminoacidi dai quali sono composte le proteine sono di due tipi: alcuni posseggono certi atomi, attaccati alla
destra; altri li hanno alla sinistra. Chimicamente sono gli stessi e quantunque sono prodotti in laboratorio, vengono
metà di un tipo e metà dell'altro, come le nostre mani: metà destre e metà sinistre. Dunque, prodotti in laboratorio, in
condizioni che potrebbero esistere anche in natura, sono metà di un tipo e metà dell'altro. Nella vita, però, tutte le
proteine sono del tipo di sinistra. Tutte! E nessuno può spiegarlo. Sembra che Dio le abbia fatte così.

La legge delle probabilità enunciata da Borei asserisce che quello che capita per puro caso, non capita se la
probabilità è estremamente scarsa. Egli dice: « Possiamo calcolare che 10 50 è il livello di probabilità minimale.
Quando la probabilità è inferiore, l'opposto può essere anticipato con certezza, nonostante il numero di occasioni che
si presentano nell'intero universo ».

È stato stimato che il numero totale di molecole di proteine mai esistite sulla terra non avrebbe superato il 10 52. Se
la loro grandezza media fosse uguale a quello della proteina media nell'essere vivente più semplice, esisterebbe
soltanto una possibilità su 10 71 che una sola molecola di proteine, avente tutti gli aminoacidi del tipo a sinistra, si
sarebbe formata per caso. Ammettendo che la più semplice sostanza capace di vivere richiederebbe soltanto 239
proteine (che è probabilmente troppo poco) la probabilità di trovare questo numero di proteine con aminoacidi del
tipo a sinistra tutti nello stesso posto allo stesso tempo è una su 10 293345.

Per aiutarci a capire la grandezza dei numeri di cui abbiamo parlato, Coppedge ci da l'illustrazione di un'ameba che
si muove così lentamente da spostarsi soltanto di 2,5 cn.. all'anno. A questa velocità, le ci vorrebbero 10 28 anni per
attraversare l'universo. Perché essa non perda il suo tempo, noi le diamo un lavoro da fare: deve portare con sé un
atomo, e poi tornare per prenderne un altro. A questa velocità, potrebbe portare tutti gli atomi nell'universo,
attraverso l'intera sua lunghezza, in 10 107 anni. Wald ci scrive in un modo tipico degli evoluzionisti di come la vita
iniziò. Egli dice: « Malgrado quanto possa sembrare impossibile l'origine della vita, o qualsiasi passo necessario per
essa, dato sufficiente tempo, quasi certamente capiterà...

« Il tempo è infatti l'eroe della storia. Il tempo a disposizione è due miliardi (2 x 10 9) di anni. Quello che a noi
sembra impossibile non significa più niente. Data una tale quantità di tempo, l'impossibile diventa possibile, il
possibile probabile, e il probabile quasi certo. Dobbiamo soltanto aspettale. Il tempo stesso fa miracoli »8.

Il breve accenno che abbiamo appena fatto della probabilità statistica di uno solo dei molti passi necessari all'origine
della vita dimostra chiaramente quanto è ingenua questa posizione.

Se fosse poi capitato l'impossibile e le proteine neces­sarie per produrre la vita si fossero formate spontaneamente,
allo stesso modo non avrebbero dato alcun risultato. Torniamo al nostro ipotetico aereo e immaginiamo che tutti i
pezzi si siano formati e poi ammucchiati spontaneamente. Avremmo per questo un aereo? No, di certo? Qualcuno
potrebbe obiettare: « Ma se li buttassimo tutti in un grande recipiente e li rigirassimo per un certo tempo, potrebbe
capitare qualche cosa! ». Anche qui la ragione ci dice che, così facendo, si finirebbe soltanto col consumare i pezzi.
Occorre invece un'intelligenza che li sappia mettere ognuno al proprio posto!

Per l'apparecchio, comunque, il problema sarebbe fantasticamente semplificato, perché è tanto facile da costruirsi
che persino la tecnica di 50 anni fa ci è riuscita. La cellula invece è talmente complicata, che, anche se costruissimo
il più grande laboratorio del mondo e lo facessimo dirigere dai migliori scienziati, non saremmo ancora capaci di
fare quello che l'evoluzione richiede dalla cellula.

Adesso che abbiamo posto le fondamenta, possiamo considerare i problemi più seri circa l'evoluzione della vita. Se
il primo aereoplano si fosse formato per caso e fosse stato in grado di funzionare, sarebbe durato soltanto per un
certo periodo, poi si sarebbe consumato ed eventualmente decomposto. Per la cellula, generatasi spontaneamente, si
sarebbe posto lo stesso problema, e di nuovo il mondo si sarebbe trovato senza vita. Quello formatosi per caso
allora, non sarebbe dovuto essere un semplice aereoplano, ma un apparecchio che contenesse dentro di sé una
piccola fabbrica capace di costruirne altri identici!

Anche se questo fosse accaduto, le difficoltà dell'evoluzionista non sarebbero ancora superate. La cellula capace di
riprodursi, indubbiamente si consumerebbe e morirebbe insieme alle cellule da essa prodotte.

La prima cellula allora non dovrebbe essere stata capace di produrre soltanto nuove cellule per permettere la
continuazione della vita, ma avrebbe dovuto anche saper passare alle sue progenie le istruzioni necessarie per poter
continuare il processo di riproduzione.

Quando Dio creò la cellula, risolse questo problema con l'ADN, che ne dirige l'organizzazione, ordina le opportune
reazioni e passa una copia di queste istruzioni alla generazione successiva di cellule. Perciò pensare che l'ADN sia
stato creato senza un'intelligenza da concepirlo, richiede una mente già talmente condizionata dalle idee evoluzioni­
stiche, che riesce a chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

Tuttavia se ciò non fosse vero e la vita capace di ripro­dursi si fosse veramente prodotta per caso, i problemi
dell'evoluzione sarebbero ancora insoluti. Gli evoluzionisti dicono che la prima cellula vivente si sarebbe sviluppata
in un'atmosfera priva di ossigeno.

Ciò è necessario poiché se l'atmosfera primitiva conteneva ossigeno, gli elementi chimici organici che avrebbero
dovuto unirsi per formare la vita, si sarebbero ossidati e non si sarebbe potuta produrre nessuna forma di vita.
Tuttavia anche senza la presenza dell'ossigeno, la maggior parte della materia necessaria per formare la vita è troppo
instabile per poter resistere per i lunghi periodi di tempo necessari perché si verificasse l'evoluzione molecolare.

Le prove tuttavia che l'atmosfera primitiva della terra conteneva realmente ossigeno sono abbondanti. Nella sua
eccellente trattazione sull'origine della vita, Duane Gish da un certo numero di queste prove. Fra esse egli discute le
ricerche compiute da un altro scienziato in questo campo, dicendo:

« Dopo aver fatto allusione al fatto che la maggior parte dei grandi depositi di ferro si sono formati nel tardo
precambriano o erano ampiamente erosi a quel tempo, egli afferma che il minerale ferroso della catena del
Vermillon, nel Minnesota, è molto più antico (Keewatin) e così la trasformazione per ossidazione del minerale
ferroso in ossido ferrico si è verificata in epoca molto remota della storia della terra. Più avanti, nella stessa
pubblicazione afferma che la presenza di ferro fortemente ossidato giustifica la presunzione di esistenza di
un'atmosfera ossidante » 9.

Egli fa anche notare che i gas dei vulcani sono ricchi ai ossigeno. Ora si ritiene che gran parte dell'atmosfera
primitiva era costituita da questi gas. Pare perciò che nella atmosfera primitiva, ci fosse ossigeno. Se non ci fosse
stato, ciò non aiuterebbe l'evoluzione perché la sua assenza potrebbe recare all'evoluzione un sostegno equivalente
soltanto a quello che potrebbe toglierle. Infatti la vita sulla terra non poteva sussistere se non vi fosse stato uno strato
protettore di ozono (una forma di ossigeno) nella stratosfera che ci protegge dai raggi ultravioletti, i quali altrimenti
cadrebbero su di noi in quantità letale.

Con l'ossigeno, dunque, le molecole in via di formazione si sarebbero ossidate; senza ossigeno, sarebbero state tutte
uccise dai raggi ultravioletti.
Non c'è via di scampo!

Arrivando adesso a considerare gli esperimenti sull'origine della vita, Gish fa la seguente constatazione importante: 
 

« Una considerazione importantissima, spesso trascurata o vo­lutamente ignorata a proposito
dell'origine della vita è la pronta distruzione dei composti organici ad opera delle stesse fonti di energia
usate per formarli. Infatti, una delle caratteristiche di tutti gli esperimenti sull'origine della vita è
l'immediato allontanamento dalla fonte di energia dei prodotti della reazione appena for­matisi, per
evitare la distrazione. Per esempio, l'apparecchio usato da Miller nei suoi esperimenti classici per la
formazione di alcuni aminoacidi e di altri semplici composti organici ottenuti mediante una scarica
elettrica in una miscela di metano, ammoniaca, idrogeno e acqua, comprende un sistema per isolare
immediatamente dopo la loro formazione, i prodotti ottenuti mediante la reazione. L'esame degli
apparecchi usati da altri ricercatori per i loro esperimenti sull'origine della vita, mostra che tale sistema
d'isolamento costituisce una caratteristica comune. La tendenza degli studiosi di chimica organica di
allontanare immediatamente i prodotti delle reazioni dalle fonti di energia impiegate per la loro sintesi,
prima che si verifichi un importante deterioramento di questi prodotti è comprensibile. Tuttavia sulla
terra primitiva, non c'era presente nessun chimico che avrebbe potuto farlo, perciò una volta formati, i
prodotti ottenuti sarebbero stati soggetti alle forze distrattrici delle scariche elettriche, del calore o dei
raggi ultravioletti che ne avevano provocato la sintesi » 10.

Un'altra ragione importante che giustifica l'uso del sistema per isolare i prodotti della reazione è quella di
concentrare gli aminoacidi, ecc. così ottenuti, in quanto la loro quantità è minima. Se la vita fosse cominciata nel
mare, la presenza di una tal quantità d'acqua mescolata con le piccole quantità di materie organiche complesse
utilizzabili per formare la vita, avrebbe dato acqua che per usi pratici sarebbe stata come semplice acqua marina. Le
complesse molecole organiche non potrebbero raggiungere mai una concentrazione sufficiente perché si
scompongono molto più facilmente di quanto si formino. Anche ammettendo che non si scomponessero, ma che
continuassero a costituirsi e ad accumularsi più o meno eternamente, un'adeguata concentrazione dei composti
organici necessari sarebbe lo stesso impossibile. La ragione è che la maggior parte delle teorie sull'origine della vita
presuppongono la presenza di una concentrazione abbastanza alta nell'acqua di ammoniaca e di altri composti
contenenti azoto derivato dall'atmosfera. Anche se si dissolvesse nel mare tutto l'azoto disponibile nel mondo e ne
risultassero composti formatisi a casaccio, la concentrazione di ogni composto di azoto utilizzabile ai fini
dell'evoluzione si ridurrebbe ad una debole traccia 11.

Supponendo tuttavia che sia avvenuto un miracolo, permettendo così la realizzazione del desiderio emesso
dall'evoluzionista, di modo che fosse disponibile una quantità sufficiente di ciascun elemento e che le sostanze si
formavano e non si scomponevano ma gradualmente si arrivasse a fare degli oceani quel « brodo organico » di cui
parlano gli evoluzionisti, vi sarebbe stata una concentrazione dei particolari materiali necessari alla vita? Diamo uno
sguardo alle possibilità statistiche di mettere nell'ordine giusto le molte combinazioni dei pochi aminoacidi necessari
per ottenere una particolare proteina: 
 

L'ordine degli aminoacidi in una proteina contenente solo dodici specie diverse di aminoacidi, d'un peso
molecolare 34.000 (all'in­circa trecentoquaranta aminoacidi, quindi una proteina relativamente
semplice) potrebbe esser disposta in 10300 maniere diverse! In altre parole, agli inizi della terra
avrebbero potuto sorgere 10300 molecole proteiniche composte dei dodici stessi aminoacidi e del peso
molecolare 34.000. Se avessimo soltanto una di ciascuna di queste molecole, il peso totale sarebbe di gr.
10280, ma il peso della terra è di soli gr. 1027! Se l'intero universo traboccasse di proteine, non si
riuscirebbe a trovare neppure una di ciascuna di queste molecole! 12 .

Perciò possiamo dire con certezza che il caso non avrebbe mai prodotto una concentrazione delle specifiche proteine
necessarie per la vita.

Se in questa situazione impossibile, per un caso la giusta combinazione di composti organici vaganti nel mare
venivano a incontrarsi per un momento, occorreva qualcosa per tenerli legati, altrimenti il mare che li aveva uniti li
avrebbe separati di nuovo. Perciò ad un certo punto occorreva che si formasse qualcosa capace di rimanere insieme.

Sfortunatamente i complessi coacervi e le altre cose considerate come aventi qualità simili a quelle delle cellule e
che forse avrebbero potuto evolversi trasformandosi in cellule, sono privi di una reale membrana, ed in tal modo si
decompongono facilmente. Invece di evolversi nel corso degli anni, essi si dissolverebbero ed il loro contenuto si
perderebbe di nuovo nel mare.

Discutendo a proposito dell'interessante strato esterno della cellula, J. D. Ratcliff lascia parlare la stessa cellula: 
 

« Fantastico come la mia struttura interna è il mio muro esterno. La mia membrana ha uno spessore di
mm. 0, 0000001 appena. Fino ad epoca molto recente, gli scienziati consideravano questo ricoprimento
sottile come poco più di una specie di stretto sacco di cello­fané. Grazie al microscopio elettronico, ora
si rendono conto che è una delle mie componenti più importanti. Agendo da portinaio, la membrana
cellulare decide che cosa va lasciato entrare e che cosa respinto. Essa controlla l'ambiente interno della
cellula mantenendo in perfetto equilibrio sali, materie organiche, acqua ed altre sostanze. La vita
dipende assolutamente da ciò.

Quali sono le materie prime necessarie per produrre le proteine della cellula? La membrana lascia
entrare quelle giuste, respingendo le altre. È chiaro che possiede un sistema di riconoscimento
perfezionato » 13 .

Un altro problema è che le molecole, necessarie alla vita, sono per la maggior parte molto complicate e, si po­irebbe
dire in maniera generica, più sono complicate, maggiore è la tendenza a scomporsi in sostanze più semplici. Wald ne
discute in questi termini: 
 

Nella vasta maggioranza dei casi che c'interessano, il punto d'equilibrio si trova verso quello della
dissoluzione. In altri termini, la dissoluzione spontanea si verifica con molta maggiore facilità e quindi
molto più rapidamente della sintesi spontanea. Per esempio, l'unione spontanea, graduale, delle unità di
aminoacidi per formare una proteina, ha poche probabilità di verificarsi e potrebbe prodursi solo in un
ampio spazio di tempo, mentre la dissoluzione di una proteina, negli aminoacidi che la compongono
avviene con molta maggiore facilità e perciò con rapidità molto maggiore. Ci troviamo dinanzi ad una
situazione analoga a quella della paziente Penelope che aspettava Ulisse; ma ancora peggiore. Ogni
notte ella disfaceva quel che aveva tessuto di giorno, ma nel nostro caso in una notte si può facilmente
disfare l'opera di un anno o di un secolo.

Wald continua dicendo: « Credo che si tratti del problema più arduo per noi, attualmente il più debole del nostro
ragionamento » 14 .

Le proteine di esseri viventi non si formano da sé. Abbiamo già detto che la scienza moderna è in grado di operare la
sintesi solo di alcune delle più semplici. Ciò indica chiaramente la fallacità del ragionamento di quelli che ritengono
che nella natura potrebbe esservi qualche modello che porta inevitabilmente alla loro formazione. Invece, queste
sostanze sono prodotte da enzimi precisi che agiscono da catalizzatori in ciascuna reazione necessaria.

Queste reazioni non si producono a casaccio, ma ciascuna va iniziata nella giusta successione e fermata dopo che si
è ottenuta la giusta dose della proteina, ecc., che si sta producendo. Se la reazione continuasse in maniera
incontrollata, essa consumerebbe tutte le materie disponibili allo stesso modo in cui l'incendio di una foresta
potrebbe distruggere non solo gli alberi destinati a fornire legna da ardere, ma anche quelli destinati a fornire altro
tipo di legname.

Anche una produzione misurata di una proteina complessa non sarebbe di nessuna utilità se si verificasse in una
cellula che non ne prevede l'utilizzazione o, se avvenisse nell'ordine o al momento sbagliato in una cellula che
potrebbe utilizzarla.

Le specifiche sostanze necessarie alla vita di una cellula si potrebbero paragonare alle parti di una macchina.
Ciascuna di esse è necessaria se la macchina funziona come si deve, ma qualsiasi di esse rovinerebbe il
funzionamento se gettata lì a casaccio. Qualunque adeguata spiegazione di come l'evoluzione elaborerebbe un valido
programma per ordinare e controllare le necessarie reazioni chimiche manca del tutto.

La forza che ordina e controlla gli esseri viventi si chiama ADN, ed essa non si produce spontaneamente. Si
riproduce da una ADN già esistente e riceve così tutte le istruzioni codificate per la costruzione della cellula con
tutte le sue complesse reazioni. Perciò la formazione casuale di questa piccola parte soltanto della prima cellula
sarebbe impossibile. Sarebbe più probabile che il nastro di un cervello elettronico contenente il programma di
istruzioni completo per la costruzione e il funzionamento del più complicato stabilimento automatizzato di oggi si
formasse da solo nell'oceano, piuttosto che si formasse così una molecola di ADN. Il programma che l'ADN ha è più
complicato.

Io perciò prevedo che man mano che si conoscerà meglio l'impossibilità dell'evoluzione della prima vita sulla terra,
gli evoluzionisti si allontaneranno sempre più da questa impossibile soluzione e guarderanno allo spazio. Il famoso
astronomo Sir Fred Hoyle e un professore di matematiche applicate di Cardiff, Chandra Wickramasinghe, hanno già
proposto la teoria che la vita giunse sulla terra su una cometa 15 . Ciò, in verità, avrebbe richiesto una strana forma
di vita che sopravvivesse alle radiazioni letali, al freddo intensissimo, alla mancanza di atmosfera dello spazio per
periodi di tempo estremamente lunghi ed evitasse l'incenerimento causato dal riscaldamento all'entrare
nell'atmosfera terrestre e lo schiacciarsi nell'impatto con la terra. Dovunque poi si fosse sviluppata, la nuova vita
avrebbe avuto ancora da superare gli stessi ostacoli della generazione spontanea della vita che avrebbe incontrato qui
sulla terra. Queste difficoltà messe insieme precluderanno senza dubbio la generale accettazione della teoria di Sir
Fred Hoyle. L'articolo comunque implica che un autorevole scienziato evoluzionista si rende conto dell'impossibilità
che la vita qui sulla terra si sia sviluppata da molecole senza vita.

Dunque ciò che io prevedo è che fra gli evoluzionisti diventerà sempre più comune l'idea che la prima vita sia giunta
dallo spazio con un UFO. Sebbene questo non aiuti minimamente a superare gli ostacoli inerenti l'evoluzione della
prima vita qua sulla terra, almeno non aumenta le difficoltà quanto la teoria di Hoyle. Ciò che fa è di spedire tutto
nel regno del mistero e dell'impiegabile. Sarebbe alquanto ingiusto per noi domandare come si sviluppò la prima vita
se è stato definito che essa è giunta con qualche mezzo sconosciuto da chissà dove.

La vita in laboratorio

Di tanto in tanto, sentiamo dire che alcuni scienziati sono riusciti a creare la vita in una provetta. Continuando la
lettura ci accorgiamo che non hanno veramente creato la vita dalla non vita, ma qualche componente soltanto. Un
annunzio importante in tale senso fu quello che il dottor Kornberg era riuscito a creare un virus. In realtà era
successo soltanto che gli scienziati avevano scoperto come nascono i virus, problema complicatissimo e
difficilissimo che aveva richiesto molti anni di lavoro. Il virus si serve di cellule viventi per produrre altri virus. Il
dottor Kornberg aveva calcolato il sistema al punto da poter produrre virus da una cellula vivente senza servirsi di
un virus vivo.

L'opinione della scienza oggi è che il virus non è stato la prima vita dalla quale tutto si è sviluppato. Benché più
semplice della più semplice cellula, il virus presenta troppe difficoltà. Si è già detto che suo unico cibo sono le
cellule viventi. Questo fatto è sufficiente da solo a negargli il carattere di prima vita, a meno che questa situazione
non si sia creata nel corso degli anni. Oltre a questo problema, la conoscenza attuale che il virus dipende anche da
altre cellule per riprodursi ha convinto la maggioranza degli scienziati che il virus non è fonte di vita, ma prodotto di
essa. Ad ogni modo alla data in cui scriviamo, gli scienziati non sono ancora d'accordo se il virus debba o no esser
considerato cosa vivente.
La maggioranza di quelli che credono nell'evoluzione ora sarebbe d'accordo nel dire che la cellula anzicché il virus
deve aver costituito la prima vita, dalla quale si sono evolute le altre forme di vita. La semplice cellula può sembrare
a prima vista una cosa veramente semplice nonostante sia più complicata del virus. Ma è un po' come quando si
guarda un calcolatore elettronico. A prima vista sembra una semplice scatola di metallo grigia, qualcosa che si
potrebbe quasi supporre creatasi per caso da sola. Un esame più accurato mostra tuttavia che la cellula, come il
calcolatore elettronico, è qualcosa di fantasticamente complicato. Nonostante tutti gli anni di studio, gli scienziati
cominciano appena a capire un po' qualcosa circa la cosiddetta « semplice cellula ». Ogni anno presenta il suo
elenco di complicazioni di recente scoperta e delle quali Darwin era all'oscuro, che rendono sempre più difficile
accettare l'idea di uno sviluppo a partire da elementi chimici del mare.

Il dottor Wilder Smith fornisce questo esempio rivelatore della logica intesa a negare Iddio mediante la creazione
sintetica della vita: 
 

Si attende con esultanza il raggiungimento della vita sintetica considerandolo l'ultimo chiodo che
dovrebbe richiudere la bara di Dio. Ma si tratta di logica valida?

Ogni anno io pubblico articoli sui miei esperimenti di sintesi sulla lebbra e la tubercolosi, riferendo i
metodi esatti di sintesi e di prova biologica dei prodotti. Supponiamo che un mio collega leggendo i
miei articoli trovi interessanti i risultati e decida di ripetere egli stesso il mio lavoro. Dopo uno o due
anni trova i miei risultati esatti (lo spero!) e corrette le attività biologiche dei prodotti sintetici. A sua
volta riferisce i suoi risultati nella stampa scientifica ed in conclusione riassume di aver ripetuto i miei
esperimenti, di averli trovati esatti e quindi eliminato per sempre il mito dell'esistenza di Wilder Smith.
Io non esisto affatto poiché egli ha potuto ripetere la mia opera! Si tratta di logica veramente
inconcepibile! Tuttavia tale è la posizione effettiva dei darwinisti e dei neo­darwinisti di oggi 16.

Per concludere diciamo che se la scienza sarà in grado di produrre la vita da ciò che non ha la vita, non sarà
avvenuto per caso ma costituirà il risultato dell'opera di mi­gliaia di sommi scienziati che avranno studiato questo
problema per anni. Ciò non proverà perciò che la vita poteva venire da sola, ma che invece poteva essere creata da
un essere intelligente. Ciò non costituirebbe quindi solo l'unica conclusione logica, ma è anche ciò che la Bibbia ci
ha detto essere avvenuto: « Nel principio Iddio creò i cieli e la terra » (Gen. 1:1).

Riassumendo, la risposta che fornisce l'evoluzione alla domanda: « da dove è venuta la vita? » consiste nel far
risalire la prima vita a tempi molto lontani e nel dire che la prima forma di vita era molto semplice. Gli autori della
maggior parte dei libri di testo sembrano sperare che al lettore sfugga il fatto che questa spiegazione non ha in
pratica fornita nessuna risposta alla domanda: Da dove è venuta la vita nel principio? ma che ha fatto soltanto
apparire il problema molto più remoto e fatto sembrare meno ovvia e meno importante la loro incapacità a darvi una
risposta. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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Introduzione
Capitolo terzo 
T. F. Heinze Intro
EVOLUZIONE,   www.creationism.org
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L'idea generale dell'evoluzione è che tutte le piante e gli animali attuali sono pervenuti alla loro forma odierna a
partire da una semplice cellula unica mediante uno sviluppo graduale milioni di anni or sono. La teoria poggia
quindi sul presupposto necessario che vi sia un cambiamento dal semplice al complesso. Partendo da un animale
unicellulare, il cambiamento puro e semplice, allorché non fosse accompagnato da complessità, non ci avrebbe dato
che animali uni­cellulari differenti e non avrebbe mai potuto produrre quanto viene attribuito all'evoluzione.

Gli evoluzionisti credono che l'evoluzione sia avvenuta attraverso la selezione naturale, cioè la sopravvivenza del
più adatto verificatasi mediante variazioni dovute al caso. Di ciò discuteremo in seguito. Basti dire qui che ogni idea
errata deve contenere una buona parte di verità; altrimenti non sarebbe mai accettata. Questo è altrettanto vero per
l'evoluzione come per qualunque altra cosa. Il fatto che si verifichi nella realtà una certa selezione operata dalla
natura non prova tuttavia che tutte le piante e gli animali che esistono oggi siano pervenuti alla vita in tal modo. Ciò
equivarrebbe a dire che poiché il fango è marrone tutto ciò ch'è marrone è fatto di fango.

I fatti concordano meglio con la spiegazione data dalla Bibbia, secondo cui Dio creò vari tipi generali di piante e di
animali e questi si riproducono secondo il tipo cui appartengono. La selezione naturale che avviene su questi tipi
fondamentali potrebbe spiegare in maniera molto più logica le variazioni attualmente rinvenute di quanto non possa
spiegare un cambiamento dalla più semplice cellula unica alla più complessa vita di oggi. 
 

Il metodo dell'evoluzione

Se l'evoluzione è realmente avvenuta, deve esservi qual­che mezzo biologico mediante il quale si poteva verificare.
Naturalmente gli evoluzionisti hanno molto riflettuto su ciò ed esperimentato. Il pensiero di Lamarck a tale riguardo
era che l'organismo si adattava al proprio ambiente e che la sua discendenza ereditava i caratteri acquisiti dai
genitori. Lamarck riteneva anche che gli organismi davano vita a nuovi organi quando se ne presentava la necessità
e che lo sviluppo di questi ultimi era proporzionale al loro uso. Si tratterebbe in questo caso di un metodo quasi
perfetto di attuazione dell'evoluzione. L'idea tuttavia si ferma di fronte ad un problema insormontabile, che è quello
che le cose non vanno in tal modo!

Con la venuta della scienza sperimentale fu ben presto chiaro che i cambiamenti verificatisi durante la vita di un
organismo non si trasmettono ai suoi discendenti.

Un esperimento fatto per stabilire questo fu quello di tagliare di generazione in generazione la coda ai topi. La prole
continuò a nascere con la coda della stessa lunghezza. Se ci avessero pensato, gli Ebrei hanno fatto la circoncisione
per più di 3000 anni con simile risultato. Se i caratteri acquisiti dai genitori fossero ereditati dai figli, dovreste avere
grossi muscoli nel caso che vostro padre li avesse sviluppati facendo lavori fisici che voi non avete fatto. Se voi
avete imparato a suonare il piano, i vostri figli dovrebbero saperlo fare, e così via. Non avviene così neppure per
quei piccoli mutamenti che numerose generazioni acquisiscono, nonostante il fatto che di tanto in tanto qualche
scienziato annunzia di aver scoperto il contrario di qualche piccola eccezione. La scienza oggi non considera più
come spiegazione razionale dell'evoluzione umana, la teoria che ebbe molto peso ai tempo di Darwin, cioè che
fossero trasmesse da genitori a figli le caratteristiche acquisite mediante l'adattamento all'ambiente.

L'aspetto più importante della teoria di Darwin era la lotta per la vita e la sopravvivenza dei più forti. L'idea era che
gli organismi che subiscono variazioni utili sopravviveranno per riprodursi e trasmettere ai loro discendenti le
proprie capacità. Quest'idea sembra buona, ma deve funzionare entro i limiti delle leggi dell'eredità. Dopo il
riconoscimento intorno al 1900 del valore dell'opera di Gregorio Mendel, padre della scienza della genetica, gli
scienziati hanno imparato molto sulle leggi della genetica, scoprendo che esse non forniscono il tanto ricercato
metodo attraverso il quale avrebbe potuto prodursi l'evoluzione. Un'occhiata a queste leggi ce ne dirà il perché.

Le leggi di Mendel

1. La legge della segregazione. Nella formazione delle cellule di riproduzione, coppie di geni determinanti una data
caratteristica si separano fra di loro entrando in differenti cellule di riproduzione.

2. Legge dell'assortimento indipendente. Nella formazione delle cellule della riproduzione, i geni aventi
caratteristiche diverse (per esempio, lunghezza dello stelo e colore del fiore) si assortiscono indipendentemente l'uno
rispetto all'altro. Nella fecondazione si riassortiscono per caso.

Le leggi di Mendel mostrano che i caratteri recessivi possono mancare per una o più generazioni per riapparire più
tardi. Quando riappaiono sono gli stessi di prima e non costituiscono una nuova caratteristica aggiunta. Ad
eccezione delle mutazioni, quello che può sembrare nuovo in un animale o in una pianta non è altro che una nuova
associazione di caratteristiche già esistenti negli antenati. Contrariamente a ciò, Darwin credeva che si verificavano
continue piccole variazioni nuove.

Applicando la teoria di Darwin della selezione naturale alle leggi dell'eredità, gli organismi con caratteristiche che li
rendono meno capaci di gareggiare nella lotta per l'esistenza, eliminano queste caratteristiche morendo senza
moltiplicarsi. I caratteri buoni possono esser trasmessi dai genitori che li possiedono, ma deve trattarsi sempre di
caratteri esistenti nel sistema ereditario. La selezione naturale e la lotta per l'esistenza possono operare reali
cambiamenti nelle generazioni successive, come è stato mostrato controllando artificialmente questa selezione per
procreare galline con più carne e meno ossa, e così via. Ma non poteva essere questo il metodo seguito
dall'evoluzione, poiché non aggiunge nulla di nuovo, non facendo che operare una selezione e facendo risaltare i
caratteri già presenti nel meccanismo ereditario. La vita non avrebbe mai potuto progredire passando da una
semplice cellula alla complessità che vediamo ora con questo metodo, poiché non viene aggiunto nulla di nuovo.

La poliploidia

Un altro fenomeno che sembrava offrire qualche speranza come possibile soluzione circa i mezzi attraverso i quali
avrebbe potuto verificarsi l'evoluzione è la poliploidia. Si tratta del risultato di una divisione cellulare anormale nel
quale una cellula riceve un numero di cromosomi multiplo di quello abituale. Non è difficile sperimentare la
poliploidia poiché esiste una sostanza chimica in grado di provocarla.

La poliploidia produce generalmente piante gigantesche e si è mostrata molto utile di recente per produrre frutti e
fiori molto più grandi di quelli ottenibili con mezzi normali. Essa può anche essere impiegata per produrre quelle
che vengono a volte classificate come nuove specie perché si riproducono fra di loro ma sono sterili se incrociate
con le piante normali che le producono. Questo metodo tuttavia è di poco aiuto per l'evoluzionista alla ricerca del
meccanismo dell'evoluzione, poiché non si aggiunge nulla di nuovo. Si tratta di un raddoppiarsi o un triplicarsi dei
cromosomi già esistenti. Inoltre la poliploidia riduce la fecondità delle piante ed è rara negli animali.

Le mutazioni

Il carattere disperato della ricerca da parte degli evoluzionisti di una possibile soluzione circa il mezzo che avrebbe
potuto permettere l'evoluzione, è mostrato dal fatto che sono stati obbligati a scegliere quella delle mutazioni. E non
già perché questa soluzione offra una buona probabilità logica, ma perché sono stati costretti ad eliminare tutti quei
mezzi che, in un primo momento erano sembrati più adatti ad offrire reali, buone possibilità. Infatti, esaminati ad
uno ad uno, quei mezzi si sono dimostrati inefficaci per permettere l'evoluzione, dato che non aggiungevano nulla di
nuovo, ma rimaneggiavano soltanto quelle caratteristiche già presenti nel meccanismo dell'ereditarietà.

Nel nucleo di ogni cellula, dalla più semplice alla più complessa, esistono fili a spirale, simili a scale a chiocciola, e
composti di acido desossiribonucleico, abbreviato ADN. Questi fili si trovano nei cromosomi e contengono i geni
che controllano chimicamente i processi che avvengono nelle cellule.
Se l'ADN di un microbo venisse raddrizzato, sarebbe mille volte più lungo del microbo stesso. La lunghezza di
quello in una cellula umana è di 1,70 metri. Abbiamo circa 60 mila miliardi di cellule in tutto il corpo che
moltiplicate per 1,70 m. di ADN in ogni cellula, da 102 miliardi di chilometri. Dice il professor F. C. Crick, Premio
Nobel: « Se i nastri DNA di un uomo ­­ di uno solo, ­­ venissero collegati uno di seguito all'altro, potrebbero
circoscrivere tutto il sistema solare » 1 .

Un piccolo cambiamento accidentale che, occasionalmente, può verificarsi nella struttura chimica dei geni, viene
chiamato mutazione. Tali mutazioni producono effetti fisici e fisiologici nell'organismo per la maggior parte
dannosi, se non addirittura mortali. La maggior parte delle mutazioni sono di carattere recessivo, e perciò l'effetto
non diviene evidente fino a che un individuo non riceve tali geni da tutti e due i genitori. Animali, piante ed esseri
umani che hanno un gene mutante e che sopravvivono, lo trasmettono alle generazioni successive.

Paragoniamo l'ADN al nastro di un cervello elettronico che porti istruzioni per dirigere una fabbrica funzionante con
l'automazione. I geni, i quali forniscono un codice chimico, potrebbero essere paragonati ai singoli messaggi incisi
sul nastro, che dirigono il lavoro della fabbrica. Nella fabbrica, i messaggi appropriati provenienti dal nastro,
sarebbero portati alle varie macchine. Nelle cellule, copie dei messaggi emanati dall'ADN vengono portati da
un'altra sostanza chiamata ARN *, ai meccanismi della cellula che pro­ducono le migliaia di sostanze chimiche,
diverse ed altamente complesse, necessarie alla vita. Nel caso delle forme di vita superiori, certi organi, le ghiandole
per esempio, producono sostanze chimiche che vengono usate nel corpo assai lontano dal punto in cui sono prodotte.

Copie del nastro del cervello elettronico (o ADN) vengono prodotte e trasmesse da genitori a figli col riprodursi
della famiglia, e nascono così « nuove fabbriche ».

Immaginiamo ora che le fabbriche costruiscano piccoli motoscooter giocattolo. Se nel momento in cui viene copiato
il nastro, si verificasse un errore, il motoscooter potrebbe venir fuori con un manubrio rotto, o mancare di un faro,
ma sarebbe difficile concepire la possibilità di un errore accidentale che provocasse la fabbricazione di una ruota di
ricambio e la mettesse al posto giusto. Credere perciò che se si facessero alquanti errori selezionati nel copiare il
messaggio, si porterebbe la fabbrica a produrre veri moto­scooter e quindi automobili ed infine aviogetti, sarebbe
proprio come credere che le mutazioni o i cambiamenti accidentali nei geni potrebbero trasformare una cellula in
pesci, rettili, uccelli e mammiferi. 
 

« In altri termini, l'ateo vorrebbe farci credere che, se delle dattilografe dovessero copiare l'esemplare di
un libro riguardante il meccanismo e la costruzione di motoscafi fuoribordo e ripetere più volte il lavoro
di copiatura, i loro eventuali errori potrebbero trasformare gradualmente il libro in istruzioni tecniche
per la costruzione ad esempio di un sottomarino atomico. È questa la difficoltà che deve affrontare il
materialista: egli crede che questi errori di trascrizione, invece di dar vita ad un'opera priva di nesso,
come sarebbe logico supporre, assumerebbero man mano lo stesso tono tecnico che ci si potrebbe
aspettare dai migliori cervelli del mondo. Le istruzioni date per fare un riccio di mare si
perfezionerebbero, dal punto di vista della quantità e della tecnica, sì da dare come prodotto, un uomo
»2.

In pratica un essere vivente sta in un equilibrio tanto delicato che le varie parti devono funzionare quasi
perfettamente perché rimanga in vita, e la possibilità di un cambiamento accidentale che lo migliori, è molto minore
della possibilità che avrebbe un orologio che cade a terra di funzionare meglio. Anzi sappiamo bene che con
maggior violenza lo scagliamo a terra, minori sono le probabilità che esso continui a funzionare. Lo stesso avviene
nelle mutazioni: quanto maggiore è il cambiamento, tanto minori sono le possibilità che l'organismo sopravviva.
Quello che si è veramente osservato nelle mutazioni è che provocano degenerazione e, quando si verificano in vaste
proporzioni, l'organismo ne viene distrutto.

È possibile che un numero veramente infinitesimale delle mutazioni osservate può realmente recare vantaggio, ma
tuttavia è possibile che la maggior parte, se non la totalità, di queste mutazioni « buone » costituiscano correzioni di
precedenti mutazioni nocive. Per esempio, allorché si fosse lasciato cadere un orologio su di un lato e qualcosa
all'interno si fosse storto, il lasciarlo cadere sull'altro lato potrebbe eccezionalmente, raddrizzare la deformazione
precedente.

Chiunque sia convinto che le mutazioni costituiscano il processo per mezzo del quale sono venute alla vita tutte le
cose meravigliose che esistono intorno a noi, troverà difficoltà a credere nel carattere nocivo, e non già utile di esse.
Per convincersi della veridicità di questa affermazione, basterà esaminare l'atteggiamento della scienza verso le
radiazioni atomiche, che aumentano la frequenza delle mutazioni. È noto a tutti come il timore che l'accrescersi delle
radiazioni in seguito ad esperimenti atomici causasse un numero sempre crescente di mutazioni, sia stato tale da
indurre Russia e America, sempre discordi su ogni problema, di accordarsi nel porre termine a tali esperimenti
nell'atmosfera. Nessuno scienziato, che lo conosca, vuole che si continuino gli esperimenti nell'atmosfera perché
pensa che le radiazioni, generando le mutazioni, migliorino l'uomo, benché ciò dovrebbe essere quanto mai
auspicabile se queste, come si vuole asserire, ci avessero realmente portati dalla singola cellula alla vita attuale.

Tutti gli scienziati, dunque, sono concordi nel riconoscere nocive le mutazioni, quando esse coinvolgono i loro figli.
In altre occasioni invece, alcuni sono disposti ad accettare per cieca fede l'idea che nel passato le mutazioni abbiano
provocato effetti tanto utili da portare avanti la vita alla perfezione che osserviamo oggi. Se poi dicono che la
evoluzione non si è verificata per caso, ma guidata da Dio, perciò quello che oggi è dannoso, un tempo portò
beneficio, si combatte non solo contro la scienza, ma anche contro ciò che Iddio ha rivelato circa la creazione. Si
segue una religione di propria fattura.

Come hanno avuto origine gli organi?

Darwin diceva: « Se si potesse dimostrare l'esistenza di qualsiasi organo complesso che non avrebbe potuto formarsi
mediante numerose successive e lievi modifiche, la mia teoria crollerebbe completamente »3. Poiché Darwin non
sapeva niente delle mutazioni, egli pensava che le variazioni normalmente riscontrate fra membri di ogni specie
fossero in grado di fornire i mutamenti necessari. Perciò l'evoluzione non sembrò esser cosa troppo difficile.
Sapendo, come lo sappiamo noi tuttavia, che queste variazioni normali non aggiungono nulla di nuovo, ma
presentano solo diverse mescolanze di caratteristiche già esistenti, gli evoluzionisti odierni devono fondarsi sulle
mutazioni, le quali sono quasi sempre nocive, perché si verifichino i veri e propri cambiamenti.

Ogni organo che vorremmo esaminare è molto complicato, e più complicato è un organo, più difficile è che esso sia
venuto alla vita senza alcun piano intelligente. Per illustrare il problema, con una delle cose più semplici che ci viene
in mente, prendiamo solo una piccola parte di un orecchio. Immaginiamo che per un piano prestabilito o per caso le
parti più complicate, cioè: l'orecchio esterno, il timpano, e tutto l'orecchio interno siano già al loro posto. Tutto ciò
che chiediamo all'evoluzione è di darci i tre ossicini che sono posti insieme in maniera tale da fornire una leva
complessa che unisce il timpano e la membrana dell'orecchio interno per rendere l'udito un poco migliore di quanto
sarebbe senza di essi.

Anche se per mezzo di mutazioni si producessero ossicini in numero sufficiente sì che tre di essi si adattassero per
caso in modo da fornire una leva complessa, probabilmente essi non sarebbero al posto giusto per funzionare e
sarebbero infine eliminati. Gli evoluzionisti hanno perciò cercato di formulare teorie secondo le quali le mutazioni
potevano modificare le strutture esistenti sì che qualsiasi organo sarebbe utile all'organismo in ogni stadio del suo
sviluppo cosicché non venga eliminato. In organi con funzioni complicate ciò diviene sempre più improbabile. Nel
caso semplice degli ossicini dell'orecchio si è postulato che l'evoluzione si è verificata a partire da un tipo di rettile
chiamato terapside che aveva già un ossicino nel capo che recava le vibrazioni da una delle grandi ossa della testa ad
un altro. Ciò lascia da spiegare solo due ossicini. Uno di essi sarebbe costituito dalla giuntura della mascella
inferiore che era all'estremità di un osso alquanto sottile. Si suppone che tale pezzo di osso si staccò dalla mascella
cambiando forma e posizione per congiungersi con l'altro ossicino già sul posto. Ciò lasciava alle mutazioni il
compito di sviluppare un'altra giuntura prima che il terapside morisse di fame.

Poiché una delle ossa veniva presumibilmente dalla estremità della mascella inferiore, l'altro, circa i quali si deve
ancora fornire una spiegazione, sarebbe venuto dalla mascella superiore. Non mi è ancora chiaro come si supponga
che ciò risolva il problema di come ogni stadio dell'evoluzione dovesse fornire qualche aiuto all'organismo per non
essere eliminato. Citerò perciò l'essenziale di una delle migliori dichiarazioni in merito che uno dei principali
organismi di ricerca degli U.S.A. è riuscita a trovarmi. Parlando di questi due ultimi ossicini quest'autorità dice: «
Non occorre una grande immaginazione per pensare all'osso quadrato ed a quello articolato divisi, per così dire, fra
le esigenze contrastanti delle funzioni masticatorie e quelle uditive, le prime richiedenti ossa massicce e stabili
rivestite di muscoli, le seconde ossicine delicate mobili e sospese. Se realmente esistesse questo dilemma
salomonico ne consegue che i mammiferi devono la loro esistenza a qualche sconosciuta terapside che giunse
all'ispirato compromesso di conciliare le funzioni masticatorie con una giuntura nuova di zecca per consacrare
queste ossa ai bisogni più impellenti dell'udito sensibile all'aria » 4.

Mi sembra ovvio che invece della terapside sia stato Iddio a vedere il bisogno ed a provvedere ai particolari. Si
guardi dove si vuole, è difficile trovare un organo il cui sviluppo si possa realmente spiegare mediante metodi
evolutivi.

Certi tipi di prove però sono generalmente impiegati a sostegno della teoria dell'evoluzione. Esamineremo una ad
una quelle più ampiamente in voga. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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Introduzione
Capitolo quarto 
T. F. Heinze Intro
LE PROVE   www.creationism.org
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L'anatomia comparata

Tu somigli ad una scimmia! Naturalmente questo non è del tutto vero, ma vi sono alcune somiglianze reali, benché
sia ovvio che vi sono molte differenze. A causa della somiglianzà, l'evoluzione dice che o l'uomo è derivato dalla
scimmia o che ambedue discendono da un comune antenato.

Le somiglianze possono certo suggerire qualche raffronto, ma non necessariamente un genere di parentela.

Davanti a me, mentre scrivo, vi sono sugli scaffali un certo numero di libri. Due di essi sono quasi identici. La
copertina è la stessa, la carta dello stesso tipo; solo lo spessore e le parole che vi sono contenute sono diverse.
Qualcuno che non si intende di libri potrebbe concludere che quello più voluminoso costituisca un prodotto
dell'evoluzione del più piccolo. La vera ragione della loro somiglianzà invece risiede nel fatto che appartengono alla
stessa collana pubblicata dallo stesso editore. L'evoluzione è solo una delle possibili spiegazioni della somiglianzà.
L'origine nella mente dello stesso progettista è con altrettanta probabilità la vera ragione della somiglianzà. La
somiglianzà del disegno non costituisce la prova logica contro l'esistenza di un progettista.

Un altro esempio è quello datoci dalla natura, quando si osserva la somiglianzà, in formato ridotto, dell'atomo con il
sistema solare. Ambedue hanno un nucleo intorno al quale girano i pianeti. Nessuno tuttavia, sulla base
dell'anatomia comparata, propone un'evoluzione del sistema solare a partire dall'atomo poiché nessuno dei due è
essere vivente, ma le similarità sono altrettanto vere quanto quelle che vengono citate per provare i legami dovuti
all'evoluzione. Se v'è qualcosa che la somiglianzà ci mostra, è che i due hanno avuto origine nella mente dello stesso
creatore. Parimenti, la somiglianzà della struttura animale indica una creazione ad opera dello stesso Dio.

L'embriologia

« L'ontogenesi ricapitola la filogenesi. Cioè l'individuo si sviluppa assumendo successive strutture che sono quelle
stesse acquistate dalla sua specie, modificandosi nel corso dei tempi » 1. Questa era considerata una legge
fondamentale dell'evoluzione. L'idea è che l'embrione umano attraversa gli stessi stadi nel suo sviluppo di quelli
attraversati dagli esseri umani nel loro processo evolutivo. Nel passato questo argomento era stato impiegato
largamente, ma di recente la Enciclopedia Britannica la considera una grossolana ed eccessiva semplificazione 2.
Altri evoluzionisti sono più categorici, ritenendo impossibile adattarla alla conoscenza più attuale secondo cui le
caratteristiche dell'adulto sono contenute nei geni della prima cellula dell'embrione. L'evoluzionista A. O. Woodford
demolisce questa che era considerata un tempo una prova dell'evoluzione: 
 

Ma le implicazioni della embriologia riguardo alla discendenza non vengono più prese sul serio oggi
giorno. I piccoli geni contenuti nella prima cellula di un nuovo individuo contengono l'intero
programma del suo sviluppo successivo. I geni sono simili al programma di un computer che gli dice
quel che deve fare ed in quale ordine. Il programma per lo sviluppo di un organismo può comprendere
una variazione favorevole della norma precedente, e la variazione può divenire carattere distintivo di
una nuova specie. Ma solo il caso potrebbe produrre una variazione della forma adulta e produrre anche
ad uno stadio immaturo la precedente forma adulta 3.
Dobbiamo ancora esaminare l'argomento, tuttavia, poiché esso è usato ancora spesso, particolarmente nei testi più
elementari, i quali sfortunatamente spesso si interessano più di « smerciare » la teoria che dei metodi usati per
smerciarla. Sembra infatti che occorra molto più tempo per abbandonare una « prova » dell'evoluzione rivelatasi
sbagliata che per adottarne una nuova.

Manifestamente vi sono certe somiglianze fra un embrione umano e certe forme inferiori di vita, ma le somiglianze
esistono poiché la maggioranza degli animali sono alquanto simili nella loro struttura basilare, essendo composti di
cellule, ed anche nella loro funzione basilare, in quanto hanno bisogno di nutrimento, di ossigeno e di un sistema di
eliminazione dei residui. È naturale perciò che nel corso del suo sviluppo l'embrione umano rassomigli ad alcuni
animali inferiori, dovendo compiere le stesse funzioni. Quel che erano i suoi antenati non ha nulla a che vedere con
queste somiglianze.

In pratica, le somiglianze usate come prova dell'evoluzione sono abbastanza superficiali. Le famose « branchie »
dell'embrione umano quasi sempre citate dagli evoluzionisti per provare questo argomento, non fanno che illustrare
ciò. Ad un mese l'embrione ha, su quello che diventerà il collo, certe pieghe che si potrebbero considerare
somiglianti a branchie di un pesce. Qualunque somiglianzà è tuttavia molto superficiale, poiché queste pieghe non
hanno né la funzione branchiale né sono costituite della stessa materia delle branchie, ed a poco a poco formano la
mascella, il collo, ecc. L'argomento basato sulle fenditure branchiali offre altrettante prove che l'uomo derivi dal
pesce quanto la faccia a forma di luna di un cinese ne dia per sostenere che egli discende dalla luna.

Gli organi vestigiali

Il ragionamento sostenuto dall'evoluzione a proposito degli organi residuali o rudimentali è che l'esistenza di certi
organi non aventi alcuna funzione mostra che essi sono avanzi del processo evolutivo, cioè organi che avevano una
funzione durante la linea evolutiva in un certo momento, ma che oggi non sono più d'alcuna utilità all'organismo,
benché ancora presenti in esso.

Secondo gli evoluzionisti odierni, l'evoluzione si è ve­rificata mediante mutazioni, le quali sono piccoli
cambiamenti, avvenuti per caso. Gli evoluzionisti sostengono che non vi fu alcun piano di un creatore a dirigerne il
corso.

Perciò, se il complesso degli organi che abbiamo oggi esiste in seguito a un processo evolutivo, dovremmo,
evidentemente, trovare molti organi non necessari che non apportano alcun beneficio all'organismo, ma che d'altro
canto non gli nuocciono; non solo organi che funzionavano in un animale inferiore, ma anche altri organi che
potevano eventualmente trasformarsi in qualcosa di utile o scomparire del tutto. Per esempio, con tante ossa
realmente utili che abbiamo, dovrebbe esistere qua o là un osso che non ha nessuna funzione ma che non produce
alcun danno. Oppure, perché dovrebbero esservi soltanto due occhi sul davanti della testa? Non avrebbe potuto
esservi un altro occhio in un posto dove non faceva né bene né male, se tutto ciò non era dovuto che al caso?

Si dovrebbero certamente trovare organi che funzionavano ad un certo stadio del nostro sviluppo evolutivo ma che
non sono più necessari. Inoltre, se l'evoluzione continua, dovrebbero esservi cose che adesso fanno poco o nulla, ma
che nelle ere a venire si trasformeranno in organi finora sconosciuti. Nella ricerca di questi organi rudimentali, le
passate generazioni di scienziati hanno trovato negli esseri umani centottanta organi non esercitanti una funzione
nota. Alcuni di questi sono maggiormente sviluppati in animali inferiori.

Un tempo questi pochi organi venivano citati come prova a favore dell'evoluzione. Tuttavia col progredire della
scienza, si è scoperto che molti di essi erano ghiandole producenti ormoni necessari all'organismo. Per altri si
scoperse che funzionavano allo stato embrionale dell'individuo, mentre alcuni altri fungevano solo da riserva quando
sopravveniva la distruzione di altri organi. Dei pochi restanti, altri funzionavano solo in momenti di emergenza. Gli
organi che potremmo definire residuali oggi sono molto pochi ed un numero sempre crescente di scienziati ritiene
che non ve ne siano affatto: cioè, questi pochi organi per i quali la funzione non è ancora chiara servono
probabilmente ad usi che si scopriranno un giorno.

Il numero ridotto di organi considerati oggi vestigiali costituisce valida prova contro l'evoluzione. Naturalmente se
tutti i nostri organi si formassero a causa delle mutazioni, il numero degli organi vestigiali dovrebbe essere
maggiore. Inoltre, qualche organo vestigiale non potrebbe mai costituire prova contro la creazione ad opera di Dio,
la quale permette mutazioni del tipo di quelle che sono state realmente osservate e che, quasi tutte, producono
degenerazioni. Se esiste qualche organo che veramente non ha nessuna funzione oggi, questo si spiegherebbe
facilmente. La teoria dell'evoluzione richiede che vi siano molti organi adesso inutili, che col passare del tempo si
svilupperanno o degenereranno. La scienza invece, ha trovato che ne esistono pochi o niente. Questa degli organi è
divenuta una prova importante contro l'evoluzione e non si dovrebbe semplicemente cessare dal farne menzione nei
libri.

Appendice

L'organo di cui ci si è maggiormente serviti per provare l'evoluzione è l'appendice. In alcuni animali che hanno
raggiunto uno stadio meno evoluto, l'appendice è più grande che nell'uomo, ed in alcuni ha una funzione chiara. Si
afferma che l'uomo è prodotto dell'evoluzione da un animale ipotetico, dotato di appendice più grande e funzionante.
Vi sono, tuttavia altri animali considerati meno evoluti di quelli aventi appendice funzionante, dotati di appendice
più piccola di quella dell'uomo e non funzionante, e vi sono altri animali che non ne hanno affatto. Se siamo onesti
nel servirci dell'appendice come prova del fatto che l'uomo è più evoluto degli animali dotati di appendice più
grande e funzionante, siamo costretti a riconoscere che ciò prova che lo uomo è meno evoluto degli animali in cui
essa è meno sviluppata o persino assente. Si potrebbe inoltre dire, altrettanto facilmente, che questi animali
rappresentano un'evoluzione dell'uomo. Secondo l'Enciclopedia Britannica: « Gli animali dotati di uno stesso
organo completamente sviluppato e in stato funzionale vengono considerati vicini dal punto di vista ancestrale, ad
animali aventi l'organo residuale »4. Ciò rende l'uomo vicino per discendenza ai marsupiali ed al coniglio, nei quali
l'appendice è ben sviluppata, e lontano dalle scimmie che sono generalmente prive di appendice. Altri scienziati
pensano che l'appendice non sia affatto un organo residuale, ma che abbia una sua funzione, forse nel combattere le
infezioni, essendo tessuto linfatico come le tonsille.

Gli organi residuali dell'uomo successivamente citati con maggior frequenza, sono i muscoli del cuoio capelluto e
delle orecchie, i quali sono sviluppatissimi per esempio nel cavallo, che se ne serve per scacciare le mosche che si
fermano sulla sua testa. Si sostiene che l'uomo ha le mani per scacciare le mosche e che non ha bisogno dei muscoli
della testa e delle orecchie, per cui essi sono residuali. Intanto io considero questo come un insulto personale, poiché
riesco facilmente a muovere il cuoio capelluto e le orecchie e spesso li contraggo per allontanare le mosche! Se le
persone, che ricorrono a questo ragionamento, hanno dei muscoli degenerati, devono esser seriamente impediti,
dovendo fermarsi in ciò che stanno facendo per scacciare ogni mosca che li molesta, e certamente saranno eliminati
alla fine di una lotta impari per la sopravvivenza del più forte!

Invece di provare l'evoluzione, il numero ridotto degli organi, di cui non si conosce l'uso, costituisce una valida
prova che essi non si sono formati per mezzo di mutazioni dovute al caso, e il fatto che esso venga tuttora citato
dimostra semplicemente l'esiguità delle prove a favore della evoluzione.

Esempi moderni dell'evoluzione

È chiaro che se fosse possibile mostrare che l'evoluzione oggi è in progresso, ciò darebbe una buona indicazione che
essa si fosse verificata anche nel passato. Per darci questa prova, perciò, gli evoluzionisti presentano alcuni esempi
che, secondo loro, mostrano la continuità dell'evoluzione tuttora. I due più frequentemente menzionati sono i batteri
che diventano immuni alla penicillina e una farfalla che vive in Inghilterra. In tutti e due questi casi si è notato
qualche cambiamento. Il problema comunque è di definizione. In un certo senso, forse, qualunque cambiamento
potrebbe essere definito con la parola evoluzione, ma i cambiamenti notati sopra, certamente non sono del tipo
necessario ad aiutare la teoria dell'evoluzione. Questa richiede un cambiamento nella direzione di una più grande
organizzazione e di una maggiore complessità. I creazio­nisti sono d'accordo con gli evoluzionisti che gli animali
hanno la capacità di adattarsi all'ambiente, ma insistono sul fatto che occorre più di questo per arrivare da una
singola cellula all'uomo. Ci vuole lo sviluppo di organi nuovi e un aumento in complessità e in organizzazione.

Nel caso dei batteri sembra che esista o una mutazione abbastanza frequente che dà l'immunità alla penicillina,
oppure una piccola percentuale di batteri che già era immune. Essi rimangono però sempre batteri della stessa
specie, che sono interfertili con i batteri che non hanno questa resistenza. Non diventano mai uomini, vermi o
qualsiasi altra cosa e, non appena l'ambiente ritorna come era prima, torneranno indietro al vecchio tipo.
Il caso della farfalla, che viene menzionato più di frequente, è considerato da molti il miglior esempio di evoluzione
oggi. Il cambiamento è stato provocato dall'inquinamento dell'aria, provocato a sua volta dall'industria. Le farfalle,
normalmente di color biancastro, riposano sugli alberi dello stesso colore. Quando il fumo ha reso scuri i tronchi e
gli uccelli hanno trovato più facilmente le farfalle chiare sui tronchi scuri, il rapporto tra le farfalle scure e quelle
chiare è cambiato a tal punto che la maggioranza di quelle che rimanevano per riprodurre erano scure. Sono però
sempre rimaste farfalle e neppure una è diventata un passero o una quaglia. Non è questo il tipo di evoluzione che
può dare un contributo al problema di creazione o evoluzione.

Nel menzionare il problema dell'evoluzione della farfalla, l'evoluzionista sta però entrando in territorio pericoloso
perché, mentre i meccanismi suggeriti per l'evoluzione possono spiegare bene un cambiamento di colore, sono
completamente inadeguati a spiegare l'origine della farfalla! Due domande si presentano naturalmente:

1) Come può la selezione naturale spiegare la ragione per cui un bruco cambia forma completamente per diventare
farfalla? Come bruco esso è stato capace di competere con successo nel suo ambiente. Il problema diventa
particolar­mente arduo nel caso della farfalla che, per la vivacità dei suoi colori è più vulnerabile all'attacco dei suoi
nemici che non quando era ancora un bruco coperto di peli disgustosi che gli servivano anche da difesa. L'altra
alternativa sembra essere quella che la farfalla avesse già dall'inizio i due stadi nel programma ereditario, ma questo
per l'evoluzione sarebbe ancora più impossibile!

2) Quale possibile combinazione di mutazioni potrebbe mai produrre questi cambiamenti? Quando il bruco si
trasforma in crisalide, tutta la parte interiore del corpo si liquefa e da questo liquido si formano le ali, le zampe, gli
occhi e le altre parti dell'adulto. Da bruco ha di solito sei occhi semplici, ma da adulto ha occhi composti. Da bruco
morde e mangia, ma da adulto ha un tubo con cui può soltanto succhiare. Quali piccoli cambiamenti nel DNA,
tramite i secoli, potremmo mai immaginare potrebbero fare questo e nello stesso tempo dare un vantaggio
evoluzionistico in ogni passo? È impossibile concepire un modo in cui mutazioni puramente casuali potrebbero
formare il complicato programma del DNA necessario per dirigere il cambiamento da bruco in farfalla. Certamente
lo scurirsi delle ali non è da paragonare a questo.

Fossili

Nel suo libro L'origine delle speci Darwin scrisse: 
 

« Nella proporzione nella quale il processo di sterminio ha agito su vasta scala, il numero delle varietà
intermedie precedentemente esistite deve esser veramente enorme. Perché, allora, non è ciascuna
formazione geologica ed ogni strato pieno di tali anelli intermedi? Per certo la geologia non rivela una
catena organica tanto finemente graduata. Questa è forse l'obiezione più ovvia e più grave che si può
sollevare contro la teoria. La spiegazione risiede, a quanto penso, nell'estrema imperfezione della
testimonianza geologica »5.

Il problema dei ritrovamenti geologici permane ancora. Gli anelli di congiunzione mancanti mancano ancora.

La seguente citazione presa da un articolo di Duane T. Gish chiarisce il problema che i fossili pongono agli
evoluzionisti. Egli mette a confronto i due sistemi: Il tipo di documentazione fossile che si sarebbe trovato ammessa
la creazione, e come si presenterebbero i fossili ammessa la evoluzione. 
  
 

Basato sull'evoluzione:  
Basato sulla creazione:  
Si dovrebbe trovare un cambiamento
Si dovrebbe trovare una comparsa improvvisa di una grande varietà
graduale partendo dalle forme più
di forme complesse.
complesse.
L'improvvisa comparsa di tutti i grandi gruppi creati da Dio con le
Uno spettro completo di fossili che
caratteristiche specificanti, già complete. Divisioni distinte tra i vari mostrano la connessione tra una
grandi gruppi di animali, senza forme intermedie tra le grandi categoria e un'altra senza mancanze
categorie. sistematiche.

Adesso paragoniamo i fatti conosciuti dei fossili alle previsioni sopra riportate basate sui due sistemi della creazione
e dell'evoluzione.

L'avvento della vita nel Cambriano

Le più vecchie rocce dalle quali furono rinvenuti fossili multicel­lulari indiscutibili sono quelle del periodo
Cambriano. In questi depositi sedimentati furono rinvenuti miliardi e miliardi di forme di vita di alta complessità che
includono tutte le maggiori forme di vite invertebrate. Questi animali hanno un grado di complessità così alto che
secondo l'evoluzione dovrebbe avere avuto un miliardo e mezzo di anni dell'evoluzione precedente prima di arrivare
a quella complessità.

Cosa troviamo nelle rocce più vecchie del Cambriano? Neppure un singolo indiscutibile fossile multicellulare è stato
mai trovato nelle rocce precambriane. Certamente può essere detto senza paura di contraddizioni che i progenitori
della vita Cambriana, se sono esistiti, non sono mai stati ritrovati.

Concernendo questo problema, Axelrod affermò: « Uno dei più grandi problemi rimasto ancora insoluto
dell'evoluzione è l'occorrenza di una diversità di invertebrati multicellulari marini nelle rocce del Cambriano
inferiore su tutti i continenti, e la loro assenza nelle rocce di maggiore età ». Dopo aver discusso sulle varie speci di
fossili rin­ venuti nel Cambriano, Axelrod continua dicendo: « Tuttavia, quando­riesaminiamo le rocce
precambriane per trovare i progenitori di questi fossili del Cambriano inferiore, non li troviamo. Molti strati
profondi (2000 m.) si trovano sotto gli strati che contengono i primi fossili cambriani. Questi sedimenti erano
apparentemente adatti per la preservazione dei fossili perché sono spesso identici alle rocce contenenti i fossili; però
nelle rocce precambriane non si trovano fossili ».

Da tutte le apparenze basate sui fatti conosciuti dei fossili, la vita è iniziata ad un tratto con un alto grado di
complessità. I fossili non danno nessuna prova che questi animali cambriani derivano da altre forme meno
progredite. Non soltanto questo, ma non è stato trovato un solo fossile che potrebbe essere considerato uno stadio­
intermedio tra due maggiori gruppi o phylum. I più vecchi fossili che si trovarono di questi maggiori gruppi
invertebrati erano distinti come oggi.

Questi fatti sono contrari alle previsioni basate sull'evoluzione. Ciò è stato ammesso per esempio da George (1960,
pag. 5): «Pur ammettendo un'origine evoluzionistica dei grandi gruppi di animali e non un atto creativo, non
possiamo spiegare l'assenza di fossili di qualsiasi phylum nelle rocce precambriane oggi come al tempo di Darwin ».
Simpson ha cercato di risolvere questo problema, ma infine ha dovuto ammettere (1949, pag. 18) che l'assenza dei
fossili precambriani oltre a qualche possibile microfossile, è « il maggior mistero della storia della vita ».

Questi fatti, però, vanno in completa armonia con le previsioni della creazione. I fossili mostrano: prima
un'apparenza improvvisa in grande varietà di forme altamente complesse senza progenitori; e secondo, l'assenza di
forme transitorie tra i grandi gruppi, esattamente come dovrebbero essere se fossero stati creati. Possiamo dire per
forza maggiore che i fatti conosciuti dai fossili proprio dall'inizio, sostengono le previsioni basate sulla creazione
mentre senza dubbio contraddicono le previsioni dell'evoluzione.

Natura distinta delle Classi Vertebrate 
 

Quello che segue della storia della vita rivela un'assenza fenomenale dei molti anelli di passaggio
richiesti dalla teoria dell'evoluzione. Esiste infatti una deficienza delle forme intermedie sistematiche tra
le più grandi categorie, esattamente come richiedevano le previsioni della creazione.

L'idea che i vertebrati derivino dagli invertebrati è una pura asserzione che non può essere documentata
dai fossili. Nella storia dello studio dell'anatomia comparata e l'embriologia delle forme viventi, quasi
ogni gruppo invertebrato è stato proposto, o prima o poi, come progenitore dei vertebrati. Ci sono teorie
riguardo al passaggio degli invertebrati a vertebrati, ma mancano i fossili richiesti per sostenerle.
Secondo Ommaney: « Tra il Cambriano e l'Ordovi­chiano dove troviamo i fossili dei primi animali che
hanno caratteristiche di veri pesci c'è una lacuna di cento milioni di anni che probabilmente non
potremmo mai riempire ».

Incredibile! Cento milioni di anni di evoluzione e nessun fossile di forma intermedia! Questi fatti, però,
vanno perfettamente d'accordo con la previsione della teoria della creazione.

Gli esempi citati non sono in nessun modo eccezioni; anzi servono per illustrare la caratteristica dei
documenti fossili. Mentre esistono forme intermedie al livello di sottospecie, e quelle a livello della
specie sono probabili, l'assenza degli anelli di passaggio tra le grandi categorie è regolare e sistematica 6
.

Vi sono alcuni esempi classici che vengono impiegati tuttora molto spesso, ed essi danno allo studente l'impressione
che si siano trovati i termini di passaggio. Il più noto è forse l'archeopterix. L'archeopterix è un volatile, da lungo
tempo estinto, con alcune caratteristiche simili a quelle di un uccello, quali le piume, e altre simili a quelle di un
rettile, come un tipo di dita poste all'estremità delle ali, e dei denti. Pur potendosi spiegare come uno stadio
attraverso il quale sono passati gli uccelli nel processo evolutivo a partire dai rettili, avrebbe anche potuto trattarsi
semplicemente di una creatura distinta dalle altre, come il pipistrello, il quale è un mammifero capace di volare,
dotato di dita alle articolazioni delle ali e di denti. Il pipistrello non viene mai considerato uno stadio nel passaggio
da uccelli a mammiferi poiché gli evoluzionisti non credono che i mammiferi costituiscano un'evoluzione a partire
dagli uccelli, ma la relazione è la stessa.

Ai nostri giorni molti animali sono estinti ed il numero delle specie viventi diviene sempre minore. L'archeopterix
potrebbe essere semplicemente un volatile estinto, poiché nel passato le forme di vita esistenti erano più numerose di
oggi, e poiché i fossili di archeopterix sono tutti completamente sviluppati; non uno più rettile e un altro più uccello.

In ogni caso, nel 1977, furono scoperti i fossili di un normale uccello risalenti allo stesso periodo dell'Archeopte­rix
(Upper Jurassic) e precedenti di 60 milioni di anni l'antecedente uccello normale più antico. Questo sembra
eliminare PArcheopterix quale anello di congiunzione fra uccelli e rettili. John Ostrom di Yale che « identificò
positivamente » l'esemplare disse: « È ovvio che ora dobbiamo cercare gli antenati degli uccelli in un'epoca di molto
anteriore a quella in cui visse l'Archeopterix » 7.

Alcuni libri presentano in maniera categorica un gruppo oppure un altro come l'antenato di quasi tutti gli animali,
dando l'impressione che si sappia da che cosa siano provenuti i vari animali. Il Davidheiser ha tuttavia dimostrato
l'incertezza su cui poggia l'evoluzione citandone le stesse fonti autorevoli. Ho voluto riprodurre solo la parte
riguardante i mammiferi nell'impressionante e ben documentato elenco, poiché la loro evoluzione dovrebbe esser
relativamente più recente e quindi più sicuri gli antenati 8. 
 

Mammiferi. « I primi veri mammiferi ... erano piccoli animali insettivori il cui legame con quei rettili
non è affatto chiaro ».

I monotremi, mammiferi che depongono uova. « Non se ne conosce la storia dal punto di vista
geologico ».

I marsupiali, mammiferi dotati di una tasca ventrale. « La loro origine è estremamente antica e le fonti
sono ignote... ».

Il formichiere striato. « Non è più grande di un ratto ... questo formichiere ha origini, che nei loro
particolari precisi, sono avvolte dal mistero ».

Gli euteri, mammiferi forniti di placenta. « Da alcuni animali primitivi sconosciuti, viventi su alberi,
che si nutrivano d'insetti e dotati di tasca vennero ben presto i primi animali forniti di placenta ».

I roditori. « La questione delle loro origini resta aperta ».

I lagomorfi (conigli e lepri). In precedenza considerati roditori, ma che ora si pensa non siano neppure
imparentati ai roditori. « L'origine di questi animali è incerta ».

Gli elefanti. I due sopravvissuti del grande ordine dei probosci­dati sono ì'Elephas maximus o elefante
d'Asia ed il Laxodonta africana o elefante africano. « Le origini di ambedue sono oscure... ».

Le sirenidi o vacche marine. « La loro origine resta ancora un mistero per gli uomini di scienza ».

L'oritteropo (genere di formichiere dell'Africa del Sud). « Le testimonianze preistoriche a suo riguardo
sono frammentarie ed offrono poche prove circa i loro antenati immediati ».

I pinnipedi (foche, otarie, trichechi). « ... i progenitori dei pin­nipedi ci sono completamente sconosciuti
».

I cetacei, come le balene e i marsuini. « L'agorophilus mostra caratteristiche leggermente più primitive,
ma non fornisce alcun indizio circa l'affinità delle balene con qualsiasi altro ordine di mammiferi
terrestri ».

I mistacoceti o balene con fanoni. « L'origine dei mistacocetì è incerta ».

Gli artiodattili o animali dotati di zoccoli, con numero di dita impari. « L'ordine dei perissodattili ebbe
probabilmente origine nell'emisfero settentrionale... da animali finora non scoperti imparentati con i
condiliarti o protoungulati dell'Eocene ».

Il cavallo. « S'ignora l'origine reale del cavallo ».

I primati. Questi includono i lemuri, le scimmie, le scimmie antropomorfe e l'uomo. « Quando e dove
fecero la loro comparsa i primi primati, è oggetto di congetture... È chiaro quindi che non si conoscono
ancora i primi primati... ».

Iltarsio. «L'origine evolutiva di questo animale è ancora dubbia».

Le scimmie occidentali. « La storia filogenetica delle scimmie del nuovo mondo o platirrine ci è del
tutto sconosciuta ».

Le scimmie orientali. « Circa le scimmie del vecchio mondo, del loro passato si conosce ancora meno.
Ma anch'esse si devono far risalire a sconosciuti antenati dell'Eocene

Il gibbone. « Le sue origini non sono state ancora determinate ».

L'uomo. « ... Non si è d'accordo sul luogo d'origine del vero Homo sapiens, l'uomo della nostra specie.
Ciascuna autorità nella materia ha la sua teoria per la quale si batterà come una madre per il proprio
figlio ».

L'uomo di Neanderthal. « Non si è mai stabilito quale sia il suo vero posto nell'evoluzione dell'uomo ».

L'uomo di Cromagnon. « L'uomo di Cromagnon è un uomo moderno in ogni senso della parola, ma non
si ha la minima idea circa la sua origine e com'essa avvenne ».

I negrito. « Si era pensato che rappresentassero uno stadio precedente nell'evoluzione dell'uomo, ma
non vi sono prove presentate dai fossili che l'uomo sia passato per la condizione di pigmeo ».

Ed infine, per concludere tutto: « In pratica non conosciamo la storia filogenetica di nessun gruppo di
piante o di animali, poiché essa affonda le sue radici in un passato indecifrabile » 9.

Riassumendo le prove dei fossili, vediamo che essi mostrano gruppi abbastanza distinti. Mentre esiste una differenza
tra i vari membri di qualsiasi gruppo (per esempio la diversità fra i vari cani) queste differenze sono dentro certi
limiti. Per le grandi categorie non esiste nessuna documentazione fossile che mostri che si sono sviluppati da
qualche altro gruppo. Questo ci lascia pensare che all'inizio Dio creò un numero di gruppi diversi che si sono
riprodotti secondo la loro specie. Benché l'evoluzionista cerchi di risolvere questo problema suggerendo progenitori
sconosciuti per quasi tutti i gruppi, le prove sembrano invece dimostrare che c'era un numero di gruppi creati
distintamente, però con una capacità di variazione genetica dalla quale ebbe origine una limitata quantità di
variazioni.

Commentando su questo fatto dei fossili il famoso evoluzionista G. G. Simpson dice: « Questo è vero per tutti i
trentadue ordini di mammiferi... I primi e più primitivi membri conosciuti di ogni ordine hanno già le caratteristiche
basilari di quell'ordine e in nessun caso troviamo una sequenza continua tra un'ordine e un altro. Nella maggior parte
dei casi la divisione è così grande che l'origine dell'ordine è astratta e soggetta a disputa » 10.

Poi, andando più avanti egli aggiunge: « Quest'assenza regolare di forme intermedie non è trovata soltanto tra i
mammiferi, ma è un fenomeno quasi universale come è stato da molti anni messo in rilievo dai paleontologi. È vero
di quasi tutti gli ordini di tutte le classi di animali sia vertebrati che invertebrati, ed è apparentemente anche vero
delle categorie analoghe delle piante » 11.

Più recentemente le pubblicazioni evoluzionistiche rivelano la situazione attuale come segue: « Sfortunatamente le
origini della maggioranza delle categorie alte giacciono nel mistero; di solito le nuove categorie più alte appaiono
allo improvviso nella documentazione fossile senza evidenza di termini di passaggio » 12 .

« Brevemente ogni gruppo, ordine o famiglia sembra essere nato improvvisamente ed è raro trovare i termini di
passaggio tra i vari stati precedenti. Quando li scopriamo sono già completamente distinti e non soltanto non
troviamo praticamente nessun anello di passaggio ma in generale è impossibile suggerire una connessione
accettabile a tutti tra un nuovo gruppo e uno vecchio » 13.

Mentre l'evoluzionista cerca di trovare i progenitori per tutti i gruppi, pare, invece che i grandi gruppi furono creati
distintamente, possedendo però, una capacità cromosomica per una quantità limitata di variazioni.

Darwin ha considerato i documenti fossili come le più serie obiezioni contro la sua teoria; e come abbiamo visto
questa obiezione resta ancora oggi. Però nello stesso momento la maggior parte degli evoluzionisti di oggi vedono
nei fossili anche la più importante prova per la loro teoria. Cioè asseriscono che le rocce più vecchie contengono
fossili di animali semplici mentre rocce più giovani contengono fossili di animali più complessi, mostrando così una
progressione.

Quest'idea solleva naturalmente la questione: « Come si sa quali sono le rocce più antiche? » I geologi determinano
l'età delle rocce sulla base dei fossili che contengono. Quelle che contengono fossili di animali più semplici sono
considerate più antiche e quelle che contengono fossili di animali più complessi vengono considerate più recenti.
Con un sistema come questo sembrerebbe impossibile sbagliarsi, e si potrebbe citare quasi ogni geologo per
mostrare che questo è il metodo principale impiegato per la datazione degli strati. Il professor Stirton, direttore del
museo di paleontologia dell'Università di California, esprime chiaramente questa idea: « Le correlazioni biologiche
costituiscono ancora il metodo più utile impiegato per stabilire la relativa contemporaneità degli avvenimenti
dell'intero passato geologico. Esse sono basate sulla storia della vita rappresentata dai fossili rinvenuti nelle rocce »
14 . Dove i fossili di una parte di uno strato roccioso sono diversi da quelli di un'altra parte dello stesso strato, si
procede generalmente sulla base dei fossili piuttosto che sul principio che sembri trattarsi di un solo strato che si è
depositato in uno stesso momento. Vediamo quindi che i fossili sono impiegati per determinare l'età delle rocce che
li contengono. I fossili più semplici quindi non possono non trovarsi in rocce che vengono considerate più antiche e i
fossili più complessi in rocce che sono più recenti.
Qui ci troviamo allora in presenza del nostro primo problema. In molti luoghi, nella maggior parte delle regioni
montagnose di ogni continente esistono esempi di strati con fossili che sono meno complessi e che si trovano al di
sopra di fossili più complessi 15 . Sarebbe naturale pensare che gli strati che si trovano al di sopra siano più recenti
di quelli al di sotto, ma poiché contengono fossili « meno evoluti » vengono chiamati più antichi. Il problema
relativo alla maniera nella quale rocce depositatesi in un periodo precedente potessero sovrapporsi a rocce formatesi
successivamente è tanto serio per l'evoluzionista, che per risolverlo dicono che le rocce degli strati superiori non si
sono formate là per sedimentazione ma provengono da altri luoghi. Questo è possibile nel caso di qualche
rimaneggiamento nelle quali piccole quantità di rocce sono state spinte al di sopra di strati più antichi, ma in molti
casi si tratta di milioni di tonnellate di rocce che avrebbero dovuto muoversi in tal modo, a volte per centinaia di
chilometri, per trovarsi al di sopra di rocce appartenenti a strati più recenti. Anche ciò potrebbe occasionalmente
essere possibile se avessimo a che fare con strati interrotti o contorti, ma in molti casi si tratta di strati lisci e piani,
su superfici di migliaia di chilometri quadrati, molte parti delle quali non mostrano alcuna traccia di usura né di
frattura a seguito dello spostamento, ma che sulla base di ogni evidenza sembrano essere formate sul posto.

Un'altra teoria che potrebbe possibilmente dare spiegazione logica ad alcuni di questi strati fuori ordine è la teoria
che la superficie della terra è composta da grandi zone o zolle che galleggiano sulla parte liquida interna della terra.
Dove una zolla tocca un'altra potrebbe capitare qualcosa di simile. Questo non spiega però esempi come il
rimaneggiamento di Lewis. Esso è in mezzo a una di queste zolle, non ai limiti. Il suo spessore è di circa nove
chilometri ed è lungo da duecento a cinquecentoventicinque chilometri. Basta uno sguardo per vedere come sia
difficile ai geologi unifor­mitari credere che essa abbia percorso i cinquanta o sessanta chilometri necessari per
trovarsi dov'è ora. Ma questo è quel che si dice.

Un certo numero di teorie, che cercano di spiegare come avrebbe potuto avvenire questo movimento della pietra
sono state presentate fino ad ora. Alcune di queste potrebbero applicarsi a piccole quantità di rocce. Una teoria è che
la legge di gravita abbia fatto muovere le rocce da una posizione superiore ad una inferiore. Ma questa idea non
permette tuttavia di spiegare come le enormi masse di roccia di una superficie di molti chilometri quadrati,
comprendenti intere montagne e valli che formano il rimaneggiamento di Lewis, avrebbero potuto scivolare. Né
spiega d'altronde la mancanza di segni di movimento che ci si aspetterebbe di trovare. Benché sia una regione
dall'aspetto un po' tormentato non v'è nulla che possa richiamare le prove di questo genere di movimento 16. Se oltre
a tutto ciò, si immagina che il livello delle rocce sulle quali si trova il rimaneggiamento di Lewis fosse quello del
mare, per scivolare sopra il rimaneggiamento avrebbe dovuto erigersi nel cielo fino ad una altezza di seicento metri
più di quella dell'Everest che è attualmente la cima più elevata della superficie terrestre. Quindi per essere ancora più
alta in maniera da scivolare per la distanza di cinquanta­sessanta chilometri, il rimaneggiamento in questione
avrebbe dovuto raggiungere un'altezza che supera di molto il limite di credibilità. Se invece la terra fosse
sprofondata davanti ad essa, il problema non ne sarebbe che reso più complicato. Ma non sono molti gli insegnanti
che vogliono ingombrare le menti dei loro allievi con questo aspetto del quadro dell'evoluzione, poiché ciò
renderebbe più difficile prestare la fede necessaria per accettare le conclusioni evoluzionistiche che vengono basate
sui fossili.

Tutto ciò ci pone in presenza di un altro problema. I geologi d'ispirazione evoluzionista sono seguaci della scuola
uniformitaria. Citiamo qui una definizione data dagli uni­formisti stessi: « Uniformismo, secondo il quale le cause
determinanti dei fenomeni geologici sono le stesse che agiscono tuttora e anche la loro intensità non è stata in
passato sensibilmente diversa; i fenomeni imponenti che noi rileviamo sono dovuti all'accumulo dei loro effetti nel
tempo » 17 .

Come si è visto, in pratica gli evoluzionisti passano oltre quando una spiegazione uniformistica negherebbe la
evoluzione, ma richiesto in generale per la teoria dell'evoluzione, l'uniformismo è necessario. Una delle ragioni è
che i lunghi periodi di tempo necessari per costruire ogni cosa secondo i metodi odierni è una necessità per il
traballante fondamento della teoria dell'evoluzione. Che un diluvio come quello descritto dalla Bibbia, avvenuto ai
tempi di Noè, potesse depositare in un anno il materiale che si depositerebbe normalmente in molti anni sarebbe
inaccettabile per l'evoluzione. Come dimostreremo, perché l'evoluzione sia una possibilità statistica, occorrerebbe un
periodo molto più lungo di quello al quale si può giungere mediante qualsiasi metodo di datazione. Per questo
motivo, ogni altro anno che gli evoluzionisti possono trovare da aggiungere, costituisce un sostegno alla loro teoria.
Ciò non vuol dire che se vi fosse stato tempo a sufficienza l'evoluzione avrebbe potuto compiere quel che dicono i
suoi sostenitori, ma si vuol semplicemente indicare il loro riconoscimento che senza un periodo fantasticamente
lungo a propria disposizione, la evoluzione sarebbe semplicemente impossibile. È ovvio che Iddio avrebbe potuto
effettuare la creazione con altrettanta facilità cinque miliardi di anni fa come avrebbe potuto farlo ieri, di modo che
la questione del tempo non costituisce alcun problema né in un senso né in un altro per il sostenitore della creazione,
a parte l'eccezione costituita dal fatto che le concezioni bibliche della creazione si dividono in due gruppi. Uno
interpreta i sei giorni della creazione, citati in Genesi 1, come giorni di ventiquattro ore, mentre l'altro ritiene che la
creazione fosse compiuta in sei periodi di tempo. Gli argomenti in favore di una creazione recente saranno presentati
dove occorre, ma va ricordato che, per quanto una giovane età del mondo escluderebbe la possibilità di
un'evoluzione dell'uomo a partire da una singola cellula, il dimostrare che il mondo è più vecchio non proverebbe,
d'altronde, che l'evoluzione sia veramente avvenuta né che la Bibbia non dica il vero.

Evoluzionisti o creazionisti, ognuno si fonda in una certa misura su quel che sa del presente per interpretare il
passato. Esistono tuttavia buone prove che non tutto ciò ch'è avvenuto nel passato si sia verificato alla stessa maniera
ed allo stesso ritmo di oggi. Il cercare di comprendere queste cose come se fossero avvenute in tal modo per
guadagnare qualche anno in favore dell'evoluzione non può che portare alla confusione. Il creazionista lo riconosce
allorché insiste sul fatto che la creazione è avvenuta in un determinato momento e che non si tratta di un processo
evolutivo ancora in atto. Anche l'evoluzionista vi crede, che voglia ammetterlo o no, allorché insiste che le
montagne abbiano slittato su distanze di molti chilometri in un modo che non potrebbe avvenire adesso. Grandi parti
del fondamento della teoria dell'evoluzione devono essere accettate per fede, senza alcun equivalente odierno.

Come divenire un fossile

Sono spiacente, ma oggi è difficile divenire un fossile. Per diventarlo, occorre essere preservati in qualche modo
dalla decomposizione che comincia subito dopo la morte e continua fino al momento in cui l'organismo si è
completamente decomposto.

Uno sguardo ai metodi mediante i quali vengono preservati i fossili è sufficiente per mostrare che vi sono stati
cambiamenti nelle circostanze ambientali, i quali non si accordano col punto di vista uniformista della geologia.

In Siberia sono stati rinvenuti congelati nella melma, i resti di milioni di animali. Alcuni di questi si erano congelati
con tanta rapidità che se ne sono mantenuti intatti la carne e i peli. La carne di alcuni esemplari era in condizione
ancora tanto buona da poter essere data in pasto ai cani di slitta 18, e si dice che in un altra occasione, fu man­giata
dagli scienziati ad un banchetto in Inghilterra. Questo congelamento rapido ed il restare in tale stato sono
difficilmente spiegabili con le condizioni che si osservano oggi.

Un altro tipo di fossilizzazione è la conservazione delle ossa, dei denti e di altre parti resistenti. Essa avviene quando
gli animali restano intrappolati in depositi nell'acqua. Ciò avviene ancora di tanto in tanto. È tuttavia difficile
spiegare mediante gli odierni processi i grandi cimiteri di fossili che si rinvengono qua e là nel mondo. Vi sono aree
dove, accumulati l'uno sull'altro, vi sono milioni di fossili, a volte si tratta di pesci, a volte di mammiferi, altre volte
sono mescolati. La spiegazione di ciò sta in un cataclisma, e se si rifiuta di accettare come realmente avvenuto il
diluvio biblico, occorre immaginare un altro grave cataclisma.

Un altro processo della formazione dei fossili è la carbonizzazione. I depositi carboniferi attuali sono il risultato di
questo processso. Il carbone si è formato mediante la decomposizione di vegetali sottoposti ad un'enorme pressione.

La pietrificazione, altro modo di formazione dei fossili, richiede che il materiale da pietrificare sia completamente
sotto suolo dove i minerali e l'acqua possano agire su di esso prima che il materiale si decomponga. Il noto
evoluzionista L. S. B. Leakey, scrivendo a proposito di uno scarabeo, di bruchi ed altri insetti perfettamente
pietrificati chiede: « Come si sono formati questi incredibili fossili? Non lo sappiamo » 19.

Vediamo quindi che l'evoluzione si trova in difficoltà a spiegare l'esistenza di molti dei fossili sui quali viene basata
la prova in favore della teoria, senza abbandonare il punto di vista geologico uniformista che gli evoluzionisti
ritengono dover difendere fin dove possibile perché vi sia un periodo di tempo abbastanza lungo da permettere lo
svolgersi dell'evoluzione.
Le date radioattive

Oggi si attribuisce grande importanza alle date stabilite mediante l'utilizzazione di quanto noto alla scienza sulla
rapidità di decomposizione dei materiali radioattivi. Spesso autori pieni di entusiasmo nello scrivere per il grosso
pub­blico danno l'impressione che questo metodo abbia stabilito al di là di ogni possibile dubbio le date in questione.

Per esempio nello scrivere a proposito della sua famosa scoperta di un fossile, che a quell'epoca egli considerava
d'uomo, il Leakey affermò: « Adesso siamo infine in possesso dei fatti, che sono veramente sconvolgenti. Il
processo di datazione al potassio e all'argon fa risalire il Zinjan­tropo non a centinaia di migliaia di anni or sono, ma
ad un lontano passato quasi incredibile di un milione e settecento­cinquantamila anni » 20.

In testi scientifici maggiormente specializzati cerchiamo tuttavia invano questa certezza. Anzi, dopo aver discusso i
metodi ed i problemi della datazione mediante la radioattività, A. C. Woodford conclude, e la maggioranza degli
evoluzionisti è d'accordo: « Attualmente la correlazione fra i fossili sembra esser la guida più sicura nella maggior
parte dei casi »21. In pratica le date ottenute col metodo della radioattività, e che i geologi accettano, sono quelle che
concordano con la datazione dei fossili.

Perché la certezza della datazione radiometrica svanisce come nebbia al sole quando le autorità in materia si
rivolgono ad un pubblico di geologi? Uno sguardo dato più da vicino a questo metodo di datazione ne fornirà la
spiegazione. Prima di tutto, qualunque sia il materiale radioattivo considerato, carbonio, potassio, uranio o altro, il
metodo generale è lo stesso. La sostanza che si decompone mediante la proiezione di particelle atomiche deve essere
misurata accuratamente, ed i prodotti di questa decomposizione devono esser misurati accuratamente. Conoscendo
la velocità di disintegrazione e supponendo che essa si sia mantenuta costante nel corso dei secoli, si possono fare i
calcoli per determinare l'età. Con metodo equivalente potreste determinare da quanto tempo bruci una candela
misurando quel che ne resta e calcolando la rapidità con la quale brucia attualmente. Se la candela ha sempre
bruciato a quella velocità e la vostra supposizione è esatta circa la lunghezza originale, allora potete aver ragione.
Non potete mai sapere, tuttavia, in maniera certa se queste supposizioni circa la velocità e la lunghezza erano esatte
22 .

Ad eccezione di quanto avviene col metodo di datazione col carbonio 14, i fossili in questione non possono venir
datati essi stessi, ma si possono datare solo gli strati nei quali essi si rinvengono. Ciò viene reso ancora più
complicato per il fatto che le rocce sedimentarie contenenti fossili non possono datarsi. Le date si devono calcolare
trovando degli strati ignei contenenti i materiali radioattivi appropriati e cercando di fare una correlazione fra la loro
età e quella degli strati sedimentari in questione a seconda della loro posizione superiore, inferiore, ecc.

Un altro problema importante è che l'elemento originale ed il prodotto della radiazione hanno gradi diversi di
solubilità nelle varie soluzioni minerali contenuti nella falda acquifera, ed è impossibile sapere con certezza quanto
di ciascuno è stato portato via nel corso dei secoli, problema reso fantasticamente più complesso se si accettano i
milioni di anni che vengono generalmente presentati. Vi è poi anche il rischio della presenza di uno dei due elementi
trasportato sul posto dall'acqua; cosa che riduce grandemente l'accuratezza del metodo.

Il risultato è che delle centinaia di date determinate con questo metodo, la maggior parte è stata respinta dai geologi
stessi, ad eccezione delle date stabilite col carbonio 14 che sono considerate più attendibili.

La data relativa al cranio summenzionato rinvenuto dal Leakey, fu determinata mediante uno dei metodi più
importanti di datazione basati sulla radioattività, quello della disintegrazione del potassio. Il prodotto della
disintegrazione del potassio che viene misurato dagli scienziati è l'argon. L'intera conclusione è nulla se i composti
del potassio, che è uno degli elementi più attivi, o dell'argon che è un gas, vengono sciolti e portati via dalla falda
acquifera; così è nulla se scappano in qualche altro modo in un periodo che molti ritengono di essere di milioni di
anni.

Così non è cosa facile esser sicuri di misurazioni accurate. Nel caso dell'argon, il campione deve esser liberato
dell'argon contenuto nell'aria riscaldandolo, ecc. e quindi riscaldato ulteriormente per liberare l'argon formatesi nel
campione e che viene assorbito nel carbone vegetale, che non contenga altro argon.
L'importanza che la datazione mediante la radioattività ha per la teoria dell'evoluzione deriva dal fatto che questo
metodo di datazione da origini molto antiche e fa di solito­risalire la terra ad un periodo che va dai tre ai cinque
milioni di anni fa. Questo non è sufficiente paragonato a quel che sarebbe stato necessario se le cose viventi si
fossero veramente formate per evoluzione, poiché nessun lasso di tempo è sufficiente a creare l'uomo a partire dalle
variazioni dovute al caso, ma dal punto di vista psicologico ciò costituisce un certo aiuto. Se quella è praticamente
l'età della terra, ciò non prova che Iddio non l'abbia creata con le cose che contiene. Se invece, la sua età è meno
lunga, ciò dovrebbe costituire una buona prova contro l'evoluzione. Nel migliore dei casi le date ottenute mediante la
radioattività sono incerte poiché si fondano su presupposti che nessuno può provare, e cioè che la rapidità della
disintegrazione non sia mai mutata, che all'inizio non v'era nessuno dei prodotti derivati dalla radiazione e che negli
anni intercorsi non sia accaduto nulla che infici l'accuratezza delle­misure eseguite.

La datazione mediante il radiocarbonio

Pur andando incontro ad alcune delle stesse difficoltà provate da altri metodi di datazione mediante la radioattività,
la datazione mediante il radiocarbonio è importante per stabilire l'età dei fossili umani. L'isotopo carbonio 14, che è
radioattivo viene introdotto nell'aria ad un'altezza di circa otto o novemila metri, allorché i raggi cosmici
s'incontrano col nitrogeno dell'aria. Il carbonio radioattivo forma­tosi reagisce con l'ossigeno dell'aria formando
anidride carbonica che viene assorbita dalle piante ed in tal modo trasmessa agli animali che mangiano. Una pianta o
un animale che muore cessa di assorbire nuovo biossido di carbonio, ed il carbonio 14 precedentemente assorbito si
disintegra ad un ritmo costante della metà della quantità totale ogni 5568 anni. (Alla Quinta Conferenza per la
Datazione mediante il Radiocarbonio, del 1962, si disse invece che tale periodo era di 5730 anni). Il padre del
sistema di datazione mediante il radiocarbonio, H. F. Libby, sua più alta autorità, dice che le date ottenute mediante
il radiocarbonio concordano con quelle storiche fino a 4000 anni or sono. Per le date non riportateci dalla storia
egiziana « l'incertezza della storia e la divergenza delle date al di là dei 4000 anni fa sono grandi » 23 .

Per quanto riguarda la conformità delle date della storia d'Egitto e quelle ottenute mediante il radiocarbonio « i due
gruppi di date concordano fino a quattromila anni fa » 24 . Per il dottor Libby la maggiore mancanza di concordanza
per le date più antiche è dovuta all'imprecisione delle più antiche date storiche, benché ciò possa anche attribuirsi
all'inesattezza delle date ottenute mediante il carbonio a causa di una più o meno intensa attività di onde cosmiche e
ad un> certo numero di altri fattori troppo complicati perché se ne possa discutere in questa sede.

Poiché per le teorie evoluzioniste la terra dovrebbe esser molto antica, si suppone che la quantità di radiocarbonio
nell'atmosfera resta invariata perché da molto tempo è stato raggiunto un equilibrio fra la velocità di formazione e
quella di decomposizione. Fatto sta, tuttavia, che la velocità di formazione è di atomi 2,5 per centimetro quadrato al
secondo e quella di decomposizione di atomi 1,9 per centimetro quadrato al secondo. Per Libby la differenza è
dovuta al radiocarbonio irrimediabilmente depositato nel fondo del mare.

Il professor M. A. Cook, vincitore del premio Nobel per la chimica, sostiene che ciò significa che i sedimenti
avrebbero dovuto accumularsi nel mare con una rapidità da 135 a 200 volte maggiore di quanto supposto dai geologi
unifor­misti, e che o l'evoluzione viene ridotta da seicento milioni di anni ad un massimo di quattro milioni e
quattrocentomila anni oppure che non è stato ancora raggiunto un equilibrio, cosa che lascerebbe supporre una data
di creazione ancor più recente. In nessuno dei due casi vi sarebbe stato abbastanza tempo perché l'evoluzione avesse
luogo in maniera da concordare con le teorie evoluzioniste attuali. Un'alternativa alla spiegazione fornita dal Libby,
secondo cui invece di esser irrimediabilmente depositato nel fondo del mare, il carbonio viene in qualche modo fatto
nuovamente circolare, si trova di fronte a quasi la stessa difficoltà, e ciò significherebbe anche che le date ottenute
col radiocarbonio sono troppo antiche 25 .

Le date ottenute mediante il radiocarbonio sono state pubblicate in Science fino al 1959 e in Radiocarbon Annual a
partire da quell'epoca. Nell'esaminare queste date, per prima cosa si è colpiti dal fatto che la stragrande maggioranza
dei campioni datati sono piuttosto recenti e che solo una percentuale alquanto piccola ha più di diecimila anni.

R. L. Whitelaw, professore di ingegneria meccanica e nucleare al Virginia Polytechnic Institute ha proceduto ad
analizzare le quindicimila date determinate nei trent'anni dal momento in cui questo procedimento di datazione è
entrato in uso. Egli propone che se i lunghi periodi di tempo postulati dagli evoluzionisti sono esatti, tale
campionario eclettico dovrebbe contenere ventimila campioni non databili (poiché il radiocarbonio si sarebbe già
decomposto) per ogni campione databile. Forse la decomposizione dei più antichi unitamente ad un certo interesse
per lo studio dei più recenti campioni archeologici ridurrebbe alquanto questa proporzione, ma le scoperte da lui
fatte restano impressionanti. Controllando tutte le date fino alla fine del 1969, egli ha scoperto che solo una piccola
percentuale non può essere datata mediante il radiocarbonio. Soltanto tre (alcune uova di megapodo) delle
quindicimila date sono definite « infinite » ed alcune altre risalenti a più di cinquantamila anni! Tutti i resti umani e
gli oggetti preistorici datati sono stati fatti risalire ad un periodo comprendente sessantamila anni.

Altri metodi di datazione

Qui entrano in scena altri metodi per calcolare l'età della terra. Gli scienziati hanno calcolato che, ritenendo che in
origine il mare non contenesse sale e che esso non vi sia mai stato aggiunto in una percentuale maggiore di quella
attuale, l'oceano non potrebbe avere più di duemila anni, probabilmente non più di cinquantamila anni. Non v'è
alcun motivo per credere alla prima affermazione, secondo la quale all'inizio l'oceano non contenesse affatto sale, e
la seconda è ovviamente falsa, poiché il sale è prontamente solubile e si sarebbe naturalmente dissolto e depositato
più rapidamente se all'inizio l'oceano non avesse contenuto sale, perché la percentuale contenuta nei continenti
sarebbe dovuta esser molto maggiore.

Tutto ciò indica una creazione molto recente. Gli scien­ati evoluzionisti hanno riconosciuto questo problema da
molto tempo, ma invece di accettare la data fornita dal tenore salino dell'oceano hanno accettato quelle che
maggiormente appoggiano la loro teoria. Alcuni scienziati, nel tentativo di risolvere il problema, hanno suggerito un
ciclo salino. Un po'di sale viene naturalmente ridepositato sui continenti da animali, ecc. Ma la loro idea è che
l'oceano oggi non è più salato di come lo è realmente, perché, mediante un processo finora sconosciuto, il sale
ritorna ai continenti dal mare per esser nuovamente riportato nel mare. Concedendo loro il beneficio del dubbio
(servendosi della più antica età possibile che secondo essi il metodo basato sul sale potrebbe assegnare allo oceano,
e delle minori età fornite dalla radioattività che secondo essi potrebbe avere la terra) l'età della terra secondo il
metodo della radioattività è almeno venti volte quello dell'età secondo il metodo della salinità. Il sale avrebbe dovuto
compiere il suo ciclo completo attraverso i continenti almeno venti volte. Per credere a ciò, si dovrebbe credere che
mentre il sale attraversava i continenti almeno venti volte, i materiali impiegati nel processo di datazione radioattivo
non avrebbero potuto spostarsi per la distanza minima sufficiente a rovinare la precisione della loro datazione!

Il sale comunque non è l'unico materiale sciolto dai continenti e portato nei mari. Morris, in un interessante elenco di
76 vari tipi di prove a favore di una terra di recente formazione, enumera 33 elementi la cui presente velocità di
accumulazione nell'oceano è stata controllata e trovata indicante un'età relativamente recente della terra: 27 di essi la
indicano essere inferiore a un milione di anni e 15 fra questi indicano un'età inferiore a 100.000 anni 26 .

Un'altra prova in favore di una creazione recente ci è data da studi iniziati nel 1968 su campioni prelevati nei fondi
marini. « Il sedimento formato dai microscopici organismi marini e dalla polvere portata nel mare dai fiumi e dal
vento, avrebbe dovuto ricoprire nel corso dei secoli i fondi marini per una profondità uniforme di almeno diciotto
chilometri. Invece, al centro dell'Atlantico non esiste praticamente nessun sedimento e solo un leggero strato di circa
seicento metri al suo limitare » 27 . Oggi giorno è difficile calcolare quale età si potrebbe assegnare al mare ma
ovviamente essa non basterebbe per l'evoluzione alla maniera nella quale essa sarebbe avvenuta secondo gli
evoluzionisti. Poiché d'altro canto, gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, si verificherebbero, serie
difficoltà a voler nascondere questo materiale.

La nuova teoria che la superficie della terra sia composta di zolle così grandi da includere interi continenti che si
muovono di qualche centimetro all'anno e del quale una parte nel mezzo del mare torna lentamente nel centro della
terra può spiegare la mancanza di una certa parte di questi sedimenti in certi posti del mare, ma fino a questo
momento sembra difficile che essa possa spiegare tutto.

L'età della terra può anche essere calcolata dalla quantità di polvere delle meteoriti che si è accumulata. Se la terra è
dell'età che suppongono gli evoluzionisti, dovrebbe contenere accumulato, uno strato di circa sedici metri da quando
la crosta della terra si è solidificata. Invece non c'è quasi niente. Si calcola uno strato di sedici metri di polvere
meteorica, supponendo che essa si sia accumulata sempre alla stessa velocità di oggi. Ma ci sono delle buone
probabilità che invece si sia accumulata molto più rapidamente negli anni passati.
Se come ragione per spiegare la mancanza di questi sedici metri di polvere di meteorite viene presentata l'idea che
forse si sono mischiati con la polvere della superficie terrestre, subentra un altro problema. « La polvere meteorica è
ricca di nichelio. Supponendo che in origine il nichelio fosse completamente mancante, occorrerebbe una
mescolanza verificatasi fino ad una profondità di circa cinque chilometri per provvedere sufficiente nichelio » 28 . Si
calcola che ogni giorno cadono sulla terra più di mille tonnellate di polvere meteorica 29 .

Secondo la datazione radioattiva, la luna ha la stessa età della terra. Poiché essa manca di atmosfera per permettere
l'erosione, si suppose che avesse accumulato uno strato di polvere meteorica dello spessore di molti metri e perciò il
primo razzo mandato ad esplorare il nostro satellite fu equipaggiato in modo da poterla affrontare. Secondo
Rackham si era creduto che ogni metro quadrato della superficie lunare raggiungesse in media un accumulo di
materiale meteoritico di cinque tonnellate con una profondità di circa 15 metri. Egli cita T. Gold come colui il quale
suggerì che l'elettricità statica favorirebbe lo spostamento in declivio della polvere, cosicché quella accumulatasi nei
luoghi bassi raggiungerebbe parecchi chilometri in profondità. Si è scoperto invece che sebbene la luna sia coperta
di polvere, ve ne è soltanto uno strato leggero!

Se la luna e la terra, come la maggior parte degli scienziati ritiene, hanno all'inarca la stessa età, questa è una solida
prova che esse non sono esistite abbastanza a lungo per permettere che l'evoluzione producesse la vita che
attualmente è sulla terra.

Anche i risultati dell'Apollo II sono illuminanti: gli elementi ferrosi trovati nei comuni meteoriti « o non si notano o
sono scarsi » nei campioni di superficie lunare riportati a terra ed esaminati. A meno che la luna non si sia formata
troppo recentemente per accumularli, perché questa scarsezza di meteoriti? 30

La velocità di formazione dei delta dei fiumi è un altro campo che offre una certa possibilità di penetrare l'età dei
continenti. Molti dei fiumi più grandi del mondo trasportano immense quantità di detriti che formano i delta troppo
rapidamente rispetto alla normale idea evoluzionistica circa il tempo geologico. Il mondo non può essere tanto
vecchio quanto gli evoluzionisti affermano, perché l'estensione dei delta è insufficiente.

Gli evoluzionisti ritengono che i continenti siano esistiti per miliardi di anni con processi durati per tutto questo
tempo allo stesso ritmo di oggi. Per esempio credono che i dinosauri siano vissuti 70 milioni di anni fa sui continenti
dove ora se ne sono trovate le ossa. I delta comunque si vanno formando così rapidamente che molti di essi già
avrebbero girato intorno al mondo molte volte se realmente i continenti fossero esistiti da così lungo tempo.

Per esempio: « Lo Yangtze scarica una gran quantità di detriti nel Mar della Cina. Così facendo deposita terra
nell'acqua ad una velocità di circa un chilometro ogni quaranta anni » 31.

A questo ritmo, lo Yangtze, in poco più di un milione e mezzo di anni si sarebbe esteso tutto intorno al mondo. Dal
tempo proposto per i dinosauri avrebbe compiuto qua­rantasei giri del mondo! Ovviamente ciò non è accaduto.
Stendendosi sino ai limiti massimi, quella parte della valle dello Yangtze che potremmo considerare come parte del
delta non potrebbe superare i 1100 chilometri. Più probabilmente non supera i 500 chilometri in lunghezza. Questa
regione dunque non sarebbe esistita abbastanza a lungo per consentire l'evoluzione.

La comune spiegazione data dalla geologia uniformitaria è quella secondo cui il peso dei sedimenti provoca un così
grande abbassamento del fondo oceanico che i delta non si formano tanto rapidamente quanto la quantità di terra che
trasportano porterebbe a credere. Questa idea appare piuttosto sospetta dato che i sedimenti pesano poco più
dell'acqua che spostano e quindi aggiungono poco peso allo strato più­basso. Osserviamo anche i getti di lava che
spostano l'aria invece dell'acqua e quindi aggiungono molto più peso, eppure essi, mentre si accumulano, non
provocano sulla superficie terrestre molta depressione. La spiegazione dell'abbassamento del fondo oceanico, ci
viene offerta per guadagnare tempo da coloro che hanno bisogno di lunghi periodi perché si verifichi l'evoluzione.

Vi è almeno un delta dove abbiamo una lunga documentazione storica. Secondo l'Enciclopedia Britannica, nel 3.500
a.C. la città di Ur era situata sul delta del Tigri­Eufrate, sulla riva del Golfo Persico. In circa 5.500 anni il delta è
avanzato a tal punto che la città di Ur (che non si è spostata) adesso si trova a 321 chilometri dalla costa del Golfo.

Questo fatto sbalorditivo ci mostra che, si sia abbassato o no il fondo dell'oceano, in appena 5.500 anni il sistema
fluviale Tigri­Eufrate ha formato 320 chilometri di delta. Questo da una velocità di formazione di circa 58
chilometri ogni mille anni, il che è troppo veloce perché abbia luogo l'evoluzione.

È probabile che il Tigri e l'Eufrate, anticamente, depositarono i materiali del delta più rapidamente di oggi, dato che
questi sarebbero stati depositati nelle acque più basse vicino alla sponda regolare, i fiumi avrebbero avuto
disponibile una superficie maggiore da erodere, ecc. Ciò significa che il tempo impiegato per formare il delta è stato
più breve di quanto lo sarebbe alla velocità odierna.

Sembra che il delta tra Ur e le montagne non sia più di due volte più lungo che tra Ur e il golfo, ma anche se
supponiamo che una volta il Golfo Persico si estendeva veramente fino alla valle dell'Eufrate, così che le montagne
della Siria ne fossero l'estremo confine o la tagliassero tutta fino al mare Mediterraneo (che certamente è il limite), il
processo di formazione del delta avrebbe dovuto avere inizio meno di 40.000 anni fa. Questo sarebbe un periodo
troppo breve per il verificarsi di qualsiasi evoluzione.

Un'altra prova a favore della recente formazione della terra è la velocità di diminuzione del suo campo magnetico.
Dal 1885 in poi, in numerose località del mondo si è accuratamente misurata ad intervalli di pochi anni, la potenza
del magnetismo terrestre e si è scoperto che gradatamente essa va diminuendo. Dato che il campo magnetico emette
costantemente energia, c'è da aspettarselo. La rapidità con cui va diminuendo ovunque è sorprendente!

Ogni 1.400 anni la forza del campo magnetico diminuisce della metà. Questo significa che l'età della terra si
dovrebbe misurare in migliaia anziché in milioni di anni.

I fossili fuori posto

Poiché gli evoluzionisti stabiliscono l'età degli strati sulla base dei fossili che vi sono rinvenuti, questi dovrebbero
corrispondere alle età attribuite alle rocce nelle quali sono rinvenuti. Ma sovente non è così 32 .

Allorché, invece di formare una progressione dal semplice al complesso, i fossili vengono rinvenuti insieme in una
tale varietà di complessità che secondo la teoria non sarebbe stata possibile, poiché non viventi alla stessa epoca, si
dimostra che non sempre la prova fornita dai fossili milita a favore della tesi evoluzionista, come si vuol fare
apparire.

Uno degli esempi più interessanti di fossili che non coincidono con gli strati nei quali si trovano è costituito dal caso
delle orme apparentemente umane e la cui importanza è sufficiente da meritare che si presenti qui questa lunga
citazione di Henry M. Morris, capo del dipartimento di ingegneria civile del Virginia Polytechnic Institute: 
 

V'è, per esempio, il caso delle orme umane frequentemente rinvenute in strati ritenuti antichissimi.
L'uomo, naturalmente, si suppone si sia sviluppato solo nel tardo terziario al più presto, e che perciò
risalga solo ad un milione di anni fa. Ma quelle che sembrano impronte di piede umano sono state
rinvenute in rocce antiche quali quelle del periodo carbonifero, vecchie probabilmente di
duecentocinquanta milioni di anni. Dice lo Ingalls:

« In località che vanno dalla Virginia e dalla Pensilvania, attraverso il Kentucky, l'Illinois, il Missouri e
verso occidente fino alle Montagne Rocciose, orme simili a quelle sopra mostrate (si riferisce a diverse
fotografie che accompagnano il testo) e con una lunghezza variante da cm. 12 a 25, sono state rinvenute
sulla superficie di rocce portate alla luce, ed un numero sempre maggior di esse viene trovato col
passare degli anni ».

Queste orme sembrano, secondo ogni evidenza, esser state lasciate da piedi umani in un'epoca in cui tali
rocce erano fango soffice. Come viene indicato nella citazione, non si tratta di un caso raro ma piuttosto
frequente. I geologi si rifiutano tuttavia di accettarne l'evidenza, poiché ciò vorrebbe dire o che l'uomo
moderno è vissuto già nei primi anni della supposta storia evoluzionistica o che questa storia deve esser
condensata, riducendola alla durata misurata dalla storia umana. Nessuna delle due alternative è
accettabile. Dice lo Ingalls:
« Se l'uomo, o perfino il suo antenato scimmia o finanche l'antico antenato mammifero dell'antenato
scimmia, è già esistito sotto una qualsiasi forma nel periodo carbonifero, allora tutta la scienza
geologica è errata, al punto che tutti i geologi dovrebbero dare le proprie dimissioni per diventare
camionisti. Ne risulta che almeno per ora la scienza respinge la seducente spiegazione secondo la quale
l'uomo lasciò coi suoi piedi queste misteriose impronte nel fango del periodo carbonifero » 33 .

Poiché questi strati sono, secondo gli evoluzionisti, circa duecentocinquanta volte più antichi rispetto a quella che
potrebbe esser la data alla quale comparve l'uomo, è chiaro che ciò pone un problema. Secondo A. C. Ingalls, gli
scienziati, i cui presupposti non permettono loro di accettare queste impronte come quelle di piedi umani, si
dividono in due categorie, in conformità delle due soluzioni possibili circa la loro origine: 1. Che esse furono
scolpite da antichi indiani; 2. Che furono lasciate da un animale sconosciuto con orme rassomigliami a quelle di
esseri umani .

Un'altra prova simile, ma più interessante, è stata rinvenuta al fiume Paluxy presso Glen Rose, nel Texas. Quivi sono
state rinvenute in uno stesso strato, che, si suppone, risale al periodo cretaceo, orme di uomini e di dinosauri. Ma,
secondo la teoria evoluzionista, l'uomo non fece la sua; comparsa che settanta milioni di anni dopo quel periodo.
Sembrerebbe perciò impossibile che si potessero trovare l'una accanto all'altra, le due serie di impronte negli stessi
strati messi a nudo da un fiume, se realmente fra l'uomo ed il dinosauro è intercorso un periodo di settanta milioni di
anni. Morris conclude che ambedue risalgono a dopo la creazione dell'uomo e che i periodi di tempo postulati dagli
evoluzionisti sono grandemente esagerati. Altri evoluzionisti hanno suggerito invece che le orme forse erano state
scolpite sulla roccia da qualcuno per inganno, ma poiché scavi fatti più recentemente hanno mostrato che le orme
continuano per molta distanza sotto la roccia, questa possibilità è stata eliminata.

Un'altra recente scoperta è quella dei fossili di due uomini moderni rinvenuti in una miniera di rame nel Moab, Utah.
La roccia dove i fossili sono stati trovati sembra che si sia formata mentre i fossili erano già dentro e non che­furono
messi più tardi. Questo strato, secondo i geologi, risale a cento milioni di anni fa35.

Un altro fossile, tanto fuori ordine dal punto di vista evoluzionista, da non essere preso neppure in considerazione, è
quello dell'orma di un sandalo trovato nella roccia cambriana. Questo è il più vecchio strato contenente fossili, e vari
fossili trilobiti, che sono i fossili guida di quel periodo si vedono chiaramente nell'orma 36.

All'altro estremo, per quel che riguarda questo tipo di evidenza fossile, troviamo che alcuni animali, ritenuti estinti
da anni e di cui ci si serviva per datare gli strati nei quali venivano rinvenuti, sono stati rinvenuti viventi ancora oggi.
Questi pochi esempi servono a sottolineare il fatto che la datazione degli strati comporta molti problemi. Scrivendo a
tale proposito, Robin S. Allen, geologo di una certa importanza, afferma: 
 

Per la sterilità dei suoi concetti, la geologia storica, che comprende la paleontologia e la stratigrafia, è
divenuta statica e improduttiva. I metodi correnti per delimitare gli intervalli di tempo, che sono gli
elementi fondamentali della geologia storica, e per stabilire la cronologia, sono di dubbia validità. Ma
quel che è peggio, i cri­teri di correlazione, il tentativo di esprimere i dati di tempo o di sincronizzare la
storia di un luogo dal punto di vista geologico con quella di un altro, sono vulnerabili dal punto di vista
logico. Le scoperte della geologia storica sono dubbie perché i principi sui quali si basano o sono
inadeguati, ed in tal caso andrebbero riformulati, o sono falsi, ed in tal caso andrebbero respinti.

La maggior parte di noi ci rifiutiamo di respingerli o di riformularli, e ne risulta l'attuale deplorevole
stato della nostra disciplina 37 .

Poiché all'epoca attuale animali di ogni grado di complessità vivono insieme sulla stessa terra alla stessa epoca, il
fatto che una certa roccia contenga fossili di un certo grado di complessità non prova certamente che l'animale
vivesse in una certa era passata. Ciò diviene particolarmente ovvio quando la roccia si trova al di sotto di altri strati
contenenti fossili meno complessi.
L'evidenza che ogni specie di piante e di animali hanno sempre vissuto insieme è importante, perché se si potesse
provar ciò, si eliminerebbe completamente la teoria della evoluzione e si appoggerebbero quelli che credono che la
creazione si è verificata in sei giorni veri e propri.

Questa prova non costituisce tuttavia una necessità per i sostenitori della creazione, molti dei quali ritengono che
Iddio creò in un periodo più lungo di tempo e insistono sulla coincidenza generale (benché non completamente priva
di eccezioni) fra l'ordine della creazione secondo la Bibbia e la sequenza dei fossili presentata dagli evoluzionisti. 
 

Tenuto conto del rapporto fra i ritrovamenti fossili e l'origine e la storia della vita, è significativo notare
che in ogni successione di rocce stratificate abbastanza spesse da ricoprire un lungo periodo di tempo,
esiste un notevole parallelo fra la successione e gli atti creativi 38 .

Avendo dato uno sguardo ai fossili in generale ed alla loro importanza per la teoria dell'evoluzione, passiamo ai
fossili più importanti.

Il cavallo: la migliore prova dell'evoluzione

Come precedentemente è stato dimostrato, si nota una regolare assenza di fossili di transizione tra una specie e l'altra
che possano sostenere la tesi evoluzionistica che gli animali, col tempo, si sono cambiati progressivamente da una
forma in un'altra. Nella maggior parte dei casi gli evoluzionisti non sono d'accordo fra loro neppure riguardo a quale
sia l'animale da cui qualsiasi altro si è originato.

Il cavallo è di solito ritenuto essere un'eccezione a. questa regola e la miglior prova fossile che l'evoluzionista, ha nel
suo arsenale.

L'Enciclopedia Americana dice: « Fra i numerosi esempi di evoluzione organica, quello citato e discusso più
frequentemente di qualunque altro è quello del cavallo » 39 . Il testo successivo afferma che il cavallo è l'animale i
cui resti fossili dimostrano più chiaramente di quelli di qualunque altro animale il processo evolutivo, e che questa
evoluzione­si è verificata in maniera regolare.

L'Enciclopedia Britannica è d'accordo, dicendo: « La. famiglia del cavallo possiede i migliori documenti fossili di
qualsiasi gruppo di mammiferi » 40 .

Poiché il cavallo fornisce le migliori prove fossili che gli evoluzionisti hanno, è importante notare cosa dimostrano
queste prove, e che cosa non dimostrano. Esse consistono in un numero di fossili messi in ordine secondo la loro
somiglianzà al cavallo moderno. Questi fossili non sono stati trovati depositati uno sopra l'altro con quello
considerato­più vecchio sotto, ma dispersi a casaccio nel mondo, rendendo molto difficile la determinazione di
qualche relazione­tra di loro. Neppure tra gli evoluzionisti esiste un completo accordo se tutti questi animali devono
essere considerati come passi evolutivi del cavallo o se alcuni erano animali distinti­che non avevano niente a che
fare col cavallo.

Quando vengono ritrovati i fossili dei vari animali considerati come anelli di passaggio nell'evoluzione del cavallo,
non mostrano un ponte graduale dall'Eohippus che è considerato il più vecchio fino al cavallo moderno; anzi come
spiega l'evoluzionista du Nouy: « Ognuno di questi inter­mediari sembra apparso improvvisamente e non è stato
ancora possibile per la mancanza di fossili, ricostruire il passaggio fra questi intermediari. Però questo passaggio
dovrebbe essere esistito. Le forme conosciute rimangono separate come i pilastri di un ponte crollato. Noi sappiamo
che il ponte è stato costruito, ma rimane soltanto un po' dei pilastri. Possiamo immaginare che la continuità non sarà
mai stabilita dai fatti » 41.

Goldschmidt, un altro evoluzionista, dichiara: « Entro le serie che hanno conosciuto un'evoluzione graduale come
quella famosa del cavallo, i passi decisivi sono all'improvviso e senza transizione » 42.

Dunque è chiaro che i fossili non mostrano una gamma continua di evoluzione dall'Eohippus al cavallo. Ciò che essi
mostrano è un numero di animali distinti mancanti di anelli di congiunzione fra loro. Essi possono però essere
ordinati in modo da mostrare qualche passo evolutivo ­­ con particolare riguardo all'evoluzione dei piedi ­­ che
potrebbe essere necessario se il cavallo moderno si sviluppò dall'Eohippus. Una differenza nella grandezza dei
fossili è di solito considerata una delle evidenze dell'evoluzione. L'Eohippus che viene messo per primo nella linea,
era più piccolo del cavallo moderno, ma la differenza di grandezza è di solito esagerata paragonando la grandezza
dell'Eohippus più piccolo, che era pressapoco quella di un piccolo cane, ai cavalli moderni. L'Enciclopedia
Britannica dice però: « Varie specie di Eohippus della grandezza di un cane a quella di un cavallino vissero in
America del Nord e in Europa... » 43 .

Come si potrebbe paragonare la grandezza del più piccolo cavallo moderno con quella dell'Eohippus? Le seguenti
citazioni ne danno qualche idea: « Una razza di cavallino allevata in Inghilterra spesso raggiunge la grandezza
massima di non più di 72 cm » 44. Facendo riferimento a un cavallo allevato in Argentina: « Questo piccolissimo
cavallo è un animale alto 38 cm, e pesa 11 kg. contro i 30 di un grosso cane » 45 .

Poiché l'Eohippus più grande aveva la grandezza di un pony scozzese ed era quindi considerevolmente più grande
del più piccolo moderno cavallo, di solito nella disputa evoluzionistica la differenza di grandezza non viene
considerata di grande importanza.

Inoltre se il moderno cavallo proviene dall'Eohippus, nel processo evolutivo esso ha perduto alcuni denti ed ha
mutato una schiena dalla più robusta forma ad arco in una più debole, diritta o addirittura curvata in basso. Queste
due cose sembrano essere dei passi indietro verso uno stato meno complesso e funzionale.

Quando i fossili classificati nella successione del cavalla vengono ordinati in modo appropriato per mostrare una
progressiva diminuzione nel numero delle dita, il numero delle costole aumenta e diminuisce senza una progressione
evolutiva in nessuna direzione.

Il cervello invece cui non viene data la stessa importanza del numero delle dita come prova dell'evoluzione del
cavallo è un organo di questo animale in cui qualche evidenza sembra indicare che il cavallo moderno è più
complesso del dell'Eohippus.

Il cavallo moderno ha un cervello ripiegato e solcato, mentre comunemente si riferisce che l'Eohippus l'abbia avuto
liscio, cioè senza scanalature come quello di un rettile. (Non tutti sono d'accordo su questo. Radinsky, un
evoluzionista egli stesso, presenta la prova che la vecchia teoria dell'Eohippus dal cervello liscio fu basata sulla
errata classificazione di un fossile) 46.

Se Radinsky ha torto e l'Eohippus ebbe realmente un cervello liscio, questa sembrerebbe una buona prova per
l'evoluzione, se non che gli evoluzionisti ritengono che anche la mucca si sia sviluppata dall'Eohippus, ma su una
linea completamente separata dal cavallo. Il cervello del cavallo e quello della mucca, comunque, sono così simili
l'uno all'altro che la maggior parte delle piegature nel cervello del cavallo hanno le parti corrispondenti nel cervello
della mucca. Essi sono tanto uguali che per la stragrande parte si usano gli stessi nomi per ambedue! Se come gli
evoluzionisti ci dicono, la mucca e il cavallo non si sono sviluppati l'uno dall'altro, ma tutti e due provengono,
attraverso linee separate per mezzo di mutazioni casuali, dall'Eohippus dal cervello liscio, sembra estremamente
improbabile che ambedue i cervelli si sarebbero sviluppati in maniera così simile nella struttura. La prova starebbe a
dimostrare che ambedue furono creati dallo stesso progettista.

La prova più solida dell'evoluzione

Abbiamo già accennato al fatto che i ritrovamenti fossili forniscono la prova più autorevole esistente a favore
dell'evoluzione e che la famosa successione del cavallo è considerata la miglior prova che i fossili di cavallo
forniscono a favore dell'evoluzione, siamo arrivati al punto culminante! Siamo pronti ad esaminare quale
evidentemente è l'unica prova più importante. L'arma più grossa esistente nell'arsenale degli evoluzionisti è pronta a
sparare! Osserviamo quanto danno essa può arrecare alla teoria creazionista!

L'Eohippus aveva quattro dita nel piede anteriore e tre nel posteriore, anziché uno solo per ogni piede come il
cavallo moderno. Aveva anche una caviglia più complessa e due ossa nella zampa anteriore, anziché una sola come
il cavallo moderno. Questa struttura dava all'Eohippus la stessa rotazione che tu hai nell'avambraccio 47.

Se i fossili che sono stati ordinati in successione per dimostrare l'evoluzione del cavallo hanno realmente avuto la
relazione dall'uno all'altro che gli evoluzionisti sostengono, essi dimostrano che il cavallo, attraverso gli anni, ha
perduto un bel numero di dita, come pure altre ossa del piede e della zampa. La perdita delle dita non rende un
organismo più complesso, bensì più semplice. Il processo portato all'estremo potrebbe ridurre il cavallo in un
animale unicellulare e non già sviluppare un cavallo da un'unica cellula.

La grossa arma ha fatto fuoco all'indietro: il cavallo ci sta portando indietro!

I fossili del cavallo procedono troppo lentamente

Qui l'evoluzionista si trova a dover affrontare un altro problema molto serio. Mentre la prova a favore
dell'evoluzione del cavallo non dimostra l'aumento nella complessità necessaria a provare l'evoluzione, essa grida a
gran voce che non ci fu tempo sufficiente perché la vita intorno a noi si sviluppasse mediante metodi evoluzionistici.
Gli strati più antichi, contenenti fossili multicellulari indiscutibili, sono quelli del periodo Cambriano che si dice
abbia avuto fine circa 480 milioni di anni fa. In essi sono stati trovati fossili appartenenti ad una grande varietà di
invertebrati marini. Il trilobite, una creatura marina alquanto semplice, è il fossile indice per riconoscere gli strati
Cambriani. In verità, il salto dal trilobite all'uomo sarebbe stato fantasticamente grande e complesso, comprendendo
lo sviluppo della spina dorsale e di moltissimi altri organi specifici. Uno dei passi sarebbe stato quello difficile di
sviluppare l'uomo dalla scimmia o da qualche antenato comune. Ci insegnano che per questo passo occorsero
soltanto fra i 500.000 e i 14 milioni di anni. Nel mezzo di questa frenetica attività evolutiva, però, al cavallo ­­ il
quale, ci si dice, fornisce la miglior prova fossile ­­ per perdere tre dita occorsero da 50 a 60 milioni di anni. Questa
è la nona parte del tempo totale occorrente alla formazione dei fossili. L'evoluzionista crede che il trilobite si è fatto
uomo in un tempo di nove volte soltanto superiore a quello che è occorso al cavallo per perdere tre dita.
Paragonando le due imprese, sembra che il cavallo avrebbe dovuto perdere le dita in qualche centinaio di anni. 
 
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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L'impossibilità statistica dell'evoluzione

Se si ammette che la creazione sia stata guidata da Dio, è allora molto più ragionevole accettare la spiegazione che
Dio stesso fornisce della creazione del mondo anziché dire che Iddio volle creare attraverso l'evoluzione. La
maggioranza degli evoluzionisti sulla scala mondiale afferma perciò che tutto il progresso necessario per portarci
dalla singola cellula al carattere complesso della vita che vediamo intorno a noi si è attuato attraverso mutamenti
completamente fortuiti anziché guidati. Un ramo della matematica che si occupa delle probabilità statistiche di tali
cambiamenti per puro caso ha posto in luce uno dei problemi più interessanti ed insormontabili dell'evoluzione.

È ovvio prima che si cominci questo esame che tutto sia contro l'idea che le cose meravigliosamente complesse, che
vivono intorno a noi, siano frutto di mutazioni accidentali e non guidate. Le mutazioni sono di solito minime e
quelle maggiori sono spesso fatali. Esse sono di solito recessive. Non avvengono molto spesso e sono quasi tutte a
carattere degenerante piuttosto che evolutivo. Statisticamente il processo evolutivo è quasi completamente
impossibile.

Perché esso si verifichi anche senza questi aspetti negativi occorrerebbe nel migliore dei casi una durata di tempo
fantastica. Gli evoluzionisti trasformano questo problema ovvio in una delle loro principali armi. Postulando un
periodo di tempo tanto lungo che nessuno riesca ad immaginare, dicono in effetti, che in quel lasso di tempo poteva
succedere qualsiasi cosa. L'individuo medio difficilmente si trova in grado di dissentire. Ma, tuttavia, benché sia
vero che il lasso di tempo proposto dagli evoluzionisti sia lungo, esso non è illimitato. C'è modo di calcolare l'età
apparente dell'universo, servendosi per esempio della sua velocità di espansione. Benché gli evoluzionisti possano
immaginare grandi periodi di tempo, vi sono tuttavia limiti alla durata di tempo nella quale l'universo e la vita
intorno ad esso avrebbero potuto esistere. Mentre il numero dei cambiamenti che avrebbero dovuto verificarsi per
portare la vita dalla singola cellula alla sua complessità di oggi è fantasticamente immenso, vi sono mezzi
abbastanza semplici per mostrare se vi sia stato o no il tempo sufficiente perché essi si verificassero attraverso
mutazioni casuali.

Bolton Davidheiser lo ha dimostrato in maniera molto convincente. Ecco una lunga citazione tratta da Of Monkeys,
Manuscripts, and Mathematics per mostrare che il tempo disponibile per i processi evolutivi non era sufficiente
perché l'uomo si sviluppasse a partire da una singola cellula per mezzo di mutamenti accidentali. Qualunque metodo
l'evoluzionista decida di seguire per determinare l'età del mondo, il tempo resta tuttavia troppo breve.
Statisticamente parlando, l'evoluzione costituisce una soluzione impossibile per il problema della vita come lo
conosciamo oggi. Ciò è chiaramente dimostrato in questa analisi di uno degli esempi di ciò che possono fare e non
possono fare i mutamenti accidentali.

Si è affermato che se un milione di scimmie battesse a casaccio i tasti di un milione di macchine da scrivere per un
milione di anni, potrebbero scrivere uno dei drammi di Shakespeare. Probabilmente nessuno ha fatto delle ricerche
per accertarsi se un'affermazione del genere sia valida, ma poiché è facile farla senza effettuare praticamente
l'esperimento, esaminiamo la faccenda e vediamo anche se ha qualche nesso con il problema dell'evoluzione.

Supponiamo di ammettere un certo numero di presupposti che aiutino grandemente le scimmie nel loro lavoro.
Diamo loro macchine da scrivere con sole lettere maiuscole ed alcuni segni di punteggiatura di modo che non
abbiano bisogno di cercare le maiuscole ed evitino di scrivere cifre o altri segni inutili. Facciamole lavorare in turni
in modo che le macchine da scrivere siano in funzione venti­quattr'ore su ventriquattro tutti i giorni della settimana,
poiché le scimmie non osservano il giorno del Signore. Benché le scimmie trovino difficile da sopportare lo sforzo
di una concentrazione prolungata, supponiamo che esse scrivano costantemente al ritmo di cinque battute al
secondo. Supponiamo perfino che non perdano tempo nel­l'inserire la carta nelle macchine o quando finiscono i
turni al momento in cui una scimmia prende il posto dell'altra. Per di più mettiamo all'opera invece di un milione di
scimmie un miliardo.

La Genesi, che è il primo libro della Bibbia, è lungo quasi due volte alcuni dei drammi di Shakespeare. Quanto testo
della Bibbia potrebbero scrivere a macchina un miliardo di scimmie in un miliardo di anni? Potrebbero scrivere più
della Genesi? o quanto la Genesi? Quanto tempo occorrerebbe loro per scrivere il primo capitolo della Genesi?
quanto tempo per scrivere il primo versetto: « Nel principio Iddio creò i deli e la terra »? Il lavoro fornito dalle
scimmie in un anno equivarrebbe a circa 158.000.000.000.000.000 fra lettere, segni di punteggiatura e spazi. Scritto
da un solo lato del foglio, con una sola interlinea, ciò darebbe otto mucchi di carta che andrebbero dalla terra fino
alla luna. Ma in un anno le scimmie hanno appena cominciato il loro lavoro.

Quanto tempo dovrebbero scrivere a macchina prima che vi sia la ragionevole possibilità, diciamo di un caso su
cento, di scrivere il primo versetto della Bibbia? (calcolato sulle cinquantaquat­tro battute in lingua inglese). La
risposta è circa 120.000.000. 000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000 di anni.
Possiamo perciò dire con certezza che un milione di scimmie che scrivano a macchina per un milione di anni non
scriverebbero un dramma.

Un periodo di tempo del genere supererebbe la nostra capacità di comprensione, ma non costituisce l'eternità. Se si
suppone che ogni giorno si togliesse dal Sahara un granello di sabbia, il tempo necessario per togliere tutta la sabbia
dal deserto ci sembrerebbe lunghissimo, ma sarebbe insignificante paragonato al tempo necessario al miliardo di
scimmie per cercare di scrivere a macchina Genesi 1:1.

Per descrivere l'eternità qualcuno ha detto una volta: « Immaginate una pietra grande come una montagna, sulla
quale ogni giorno viene a strofinare il becco un uccello. Il giorno in cui la pietra sarà completamente consumata
dagli uccelli che vi hanno strofinato sopra il becco, allora l'eternità sarà appena cominciata ».

Immaginate una pietra grande come la terra e supponete che un uccello venga a strofinarvi sopra il becco una volta
all'anno. Ci vorrebbe certamente molto tempo per consumare una pietra tanto grande in tal modo, ma sarebbe ancora
un periodo breve paragonato al tempo durante il quale le scimmie dovrebbero scrivere a macchina. Il sole è grande
circa un milione di volte la terra. Supponendo la esistenza di una pietra grande come il sole, la terra, la luna e tutti
gli altri pianeti ed i loro satelliti... grande come tutto il sistema solare compresi gli asteroidi e l'anello di Saturno.
Supponiamo che una volta l'anno un uccello venga a strofinare il suo becco su questa pietra e supponiamo che
occorrano un miliardo di tali visite da parte dell'uccello per consumare una quantità di questa pietra uguale in
grandezza ad un granello della più fine sabbia. Ma una volta che tutta questa enorme quantità di roccia è stata
consumata, le scimmie sarebbero sempre intente a battere a macchina. Gli uccelli potrebbero consumare più di
cinquemila di tali pietre prima che le scimmie raggiungano il punto in cui vi sia una probabilità su cento di aver
terminato il loro lavoro...

I fisici ritengono che i primi atomi si formarono tre miliardi di anni or sono. Naturalmente le condizioni che
permettevano la vita non si crearono che molto tempo dopo. Nel discutere sull'evoluzione la maggior parte dei
biologi non tentano di spiegare gli inizi della vita ma l'accettano come un fatto e la prendono come punto di
partenza. Il professore Lull dell'Università di Yale diceva: « Non abbiamo nessuna traccia di questo storico
avvenimento... tutto ciò che possiamo dire è che quando i tempi furono maturi, quando la terra, nel corso della sua
evoluzione fisica, fu divenuta adatta ad accogliere la vita, presero vita le sostanze viventi », I moderni biologi
ritengono che la vita iniziò sulla terra sotto forma di molecole complesse, capaci di riprodurre la loro specie circa
due miliardi di anni or sono. Con tutta la loro conoscenza e capacità, gli scienziati non sono riusciti a produrre tale
sostanza.

La materia vivente allo stato più semplice, cioè i virus, è qualcosa di estremamente fastidioso quanto ad abitudini
alimentari, in quanto questi virus non crescono che nelle cellule viventi delle forme superiori di vita. La prima
semplice vita, qual essa era, doveva sopravvivere, riprodursi ed evolvere in qualcosa di superiore, il beneficio di una
forma superiore di vita nella quale svolgere ciò. Sembra difficile che questo sia avvenuto per caso...
Esempi di ciò che viene ritenuta evoluzione ai giorni nostri equivalgono a cose come il cambiamento di sfumatura
dei colori delle ali delle farfalle, il cambiamento in numero e grandezza delle proiezioni costruite da certi animali
microscopici sui loro rifugi, ed il fatto che le mosche divengano immuni al DDT. Ma le mosche immuni al DDT
restano mosche, ed animaletti simili ad amebe che mettono qualche punto di più sulle loro casette possono
difficilmente esser considerati come in atto di progredire verso forme più alte di vita. Alcuni animali ed alcune
piante possono dar vita a nuovi tipi che possono esser chiamati nuove specie, ma non si tratta di evoluzione. Non
passano da un gruppo inferiore ad uno superiore. I pesci non diventano in tal modo rane.

Se qualcuno dice seriamente che un milione di scimmie in un milione di anni potrebbe produrre qualche opera
letteraria degna di fama, possiamo dire che si tratta di follia. Ma quando un famoso biologo afferma come realtà che
una certa proporzione di evoluzione si è verificata in un certo lasso di tempo, non possiamo fare un controllo
matematico per vedere se ciò è vero, poiché il metodo seguito dall'evoluzione non è stato sufficientemente spiegato.
Per esempio J. B. S. Haldane dice: « A proposito della nostra stirpe sono chiari i seguenti stadi. Quattrocento milioni
di anni or sono i nostri antenati erano pesci, se li possiamo chiamar pesci, senza mascelle inferiori né pinne appaiate
». Egli dice, cioè, che è chiaro che quattrocento milioni di anni or sono i nostri antenati erano animali di tipo
inferiore ai pesci. Sembra che nello stesso periodo di tempo sarebbe più probabile che un miliardo di scimmie scriva
a macchina una frase di dieci parole, (e molte altre ancora) piuttosto che qualche pesce dia vita all'uomo, (e a molti
animali a quattro zampe e agli uccelli). Senza una base matematica per stabilire un paragone, ed ammettendo che le
cose non sono sempre quali sembrano, sembra incredibile che vi sia una tale differenza di tempo fra quello richiesto
dalle scimmie e quello richiesto dai pesci, allorché il compito delle scimmie sembra più semplice.

Gli oggetti più distanti fotografabili dal più possente telescopio sono le galassie, tanto distanti che la luce
proveniente da esse viaggia per un milione di anni prima di pervenire ai telescopi, alla velocità di km. 297.600 al
secondo. Se si potessero porre in cielo i fogli dattiloscritti dalle scimmie a quella distanza, si riempirebbe tutto il
ciclo e resterebbe ancora molte volte quella quantità. Il numero di lettere, segni di punteggiatura e spazi battuti dalle
scimmie, sarebbe quasi due volte il numero degli elettroni dell'universo, come valuta lo Eddington.

È realmente importante se l'uomo sia risultato di un'evoluzione dalle forme inferiori di vita o se è stato creato
all'immagine di Dio? Un autore osserva che nel Genesi l'uomo viene tratto dalla polvere della terra e che nella teoria
dell'evoluzione la sua origine non era inferiore. Egli conclude: « Fin quando potenza creatrice resta Dio, che
differenza fa se Egli diede la vita all'uomo creandolo dalla polvere improvvisamente, o lo creò dalla polvere con un
processo graduale? ».

La differenza è che se l'uomo subì una lenta evoluzione, è un essere che migliora, ma se l'uomo è stato creato e la
sua storia si trova nella Genesi, si tratta di una creatura decaduta che ha bisogno di un Salvatore...

Alle scimmie basterebbe mettere nel loro giusto ordine un certo numero di battute sulla tastiera della macchina da
scrivere. Se l'uomo si è sviluppato tramite l'evoluzione a partire da una singola cellula, ciò sottointende mettere forse
milioni di cambiamenti nel loro giusto ordine. L'esempio delle scimmie mostra chiaramente che il tempo necessario
per completare un'evoluzione di tale ordine sarebbe stato tanto eccessivamente lungo da costituire una completa
impossibilità. Nonostante l'impossibilità statisticamente dimostrata, è esattamente questo tipo di cambiamento
accidentale che gli evoluzionisti credono abbia dato origine alla vita che conosciamo oggi.

La teoria dell'evoluzione probabilmente non sarebbe mai stata accettata in primo luogo se si fosse saputo a quella
epoca che non si possono ereditare i caratteri acquisiti e che l'evoluzione avrebbe dovuto avere come meccanismo le
mutazioni accidentali. Quando lo si scoprì, l'evoluzione era stata già accettata e ci vuole tempo per cambiare teorie.
Ammettere inoltre l'esistenza del Creatore apre la prospettiva dei rapporti dell'uomo con Lui, e delle responsabilità
nei Suoi riguardi che molti non vogliono accettare.

La riproduzione

Immaginando per un istante che per generazione spontanea qualcosa possa nascere ed essere in grado di assorbire
del nutrimento e di trasformarlo in materie necessarie per mantenersi in vita, e poi di eliminare i rifiuti, ci
troveremmo allora di fronte ad un problema alquanto difficile.

Poiché sotto qualsiasi forma, la riproduzione costituisce un processo abbastanza complesso, sembrerebbe che prima
di raggiungere tale stadio di sviluppo siano occorse molte generazioni di evoluzione. Quale specie di mutazione l'ha
elevato a tale stadio? È stato generato spontaneamente con già presenti i geni e cromosomi spesso paragonati a
calcolatori elettronici perché programmano e dirigono lo sviluppo e la riproduzione degli organismi viventi? A causa
della loro complessa struttura molecolare ciò sembrerebbe impossibile, ma in caso contrario, come poteva risolversi
il problema? Com'è passato attraverso il numero di generazioni necessario per evolversi al punto di potersi
riprodurre? Se è stato generato già con questa capacità insita, immaginiamo la generazione spontanea di un essere
già fantasticamente complesso. Nell'esperienza pratica, i meccanismi funzionali complessi possono distruggersi per
caso, ma non si formano mai in tale modo. Gli evoluzionisti devono a volte pensare con nostalgia al vecchio buon
tempo in cui la semplice cellula veniva realmente ritenuta semplice.

Se si può accettare per fede che in una maniera sconosciuta la nostra prima cellula ha potuto sormontare questo
ostacolo, allora invece di risolvere il problema della riproduzione, lo si trova ulteriormente complicato. Si deve ora
spiegare l'origine dei primi organismi che si potevano riprodurre sessualmente. La differenza fra un organismo che si
riproduce asessualmente e un organismo maschio o femmina è abbastanza vasta da lasciar pensare che non si sia
potuta colmare con una sola grande mutazione. Se d'altro canto, ne occorsero parecchie, abbiamo lo stesso problema
che esiste con l'evoluzione di qualunque altro organo. Cioè « Perché la selezione naturale ha conservato una
caratteristica che non svolgeva alcuna funzione? ». Ma se qualcuno s'immagina che l'abbia fatto e che eventualmente
si erano sviluppati organi maschili e femminili funzionali, si trova davanti al vero problema. Mentre il maschio si
sviluppava mediante mutamenti casuali, anche gli organi femminili si dovevano sviluppare, in modo completamente
diverso, ma compatibile, come se fossero fatti apposta l'uno per l'altro, ed abbastanza vicino allo stesso luogo in
maniera da essere accessibile. Inoltre il meccanismo sessuale doveva essere non solo funzionale nel senso che la
cellula femminile una volta fecondata avrebbe continuato a svilupparsi per dar vita al primo organismo ottenuto
mediante riproduzione sessuale, ma avrebbe dovuto essere in grado di mettere in contatto le cellule maschili e
femminili. Tutto ciò sarebbe stato tuttavia inutile ed infine eliminato se allo stesso tempo non si fosse sviluppato
anche il desiderio sessuale. Tutto questo richiede migliaia di cambiamenti anche nei nervi, nel cervello, negli
ormoni, ecc. Pur non potendo accettare molte di queste cose che l'evoluzionista deve credere, non possiamo che
ammirare la sua grande fede.

Problemi statistici maggiori

Abbiamo citato alcuni dei problemi che la statistica pone all'evoluzionista. Pur essendo quelli citati sufficienti a
mostrare che la fede nell'evoluzione è fede non in un fatto scientifico, ma in una impossibilità matematica, esistono
anche molte complicazioni dei problemi statistici che. per essere onesti, occorrerebbe anche affrontare prima di
accettare la teoria dell'evoluzione.

Dal punto di vista statistico il problema si complica grandemente quando si pensa ai parassiti che non possono
vivere in più di uno o di alcuni ospiti precisi, oppure al caso di piante che vengono impollinate da una sola specie di
insetti. Se attraverso mutamenti a casaccio la pianta cambiasse al punto di dover dipendere dall'insetto per riprodursi
prima che l'insetto sia pervenuto alla capacità di fare, o di avere il desiderio di fare, quello che è necessario per
impollinarla, la pianta dovrebbe morire.

Se ci rendiamo conto che stiamo aggiungendo quest'altro ai fantastici problemi d'ordine statistico già esistenti,
sembrerebbe savio ammettere che l'evoluzione non potrebbe essere il metodo attraverso il quale il mondo è arrivato
ad avere la vita nella sua grande varietà visibile intorno a noi. Per quelli che non sono ancora convinti, esaminiamo
la successiva complicazione statistica, quella che sorge in casi in cui sia la pianta che l'insetto che l'impollina
dipendono l'uno dall'altro per vivere. Un esempio è dato dal fico e dalla vespa che l'impollina. Nessuno dei due
potrebbe vivere senza l'altro. Se il loro stato di sviluppo attuale è conseguenza di milioni di anni di piccoli
cambiamenti casuali, è difficile immaginarli, ambedue, arrivare al punto di essere capaci di mantenere ciascuno
l'altro in vita esattamente lo stesso anno. Ciò diviene particolarmente ovvio se si considera il carattere
fantasticamente complicato del rapporto riproduttivo di questi due organismi, troppo complicato perché lo si
descriva qui. Si potrebbero moltiplicare gli esempi di questo genere, ma basterà semplicemente indicare qui le
complicazioni del problema e passare ad altri argomenti più importanti. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003
T. F. Heinze
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Che cosa può compiere la selezione naturale agendo sulle mutazioni?

Abbiamo esaminato sia le « prove » a favore dell'evoluzione che i punti deboli ed abbiamo visto come essa non basti
a spiegare gran parte della vita che vediamo intorno a noi. Significa ciò che la selezione naturale che opera con
mutazioni casuali non può compiere nulla? La risposta è no. Vi sono buone prove evidenti che essa possa produrre
cambiamenti reali. Se non esistessero le prove di cambiamenti dovuti a queste cause, gli scienziati intelligenti non
avrebbero mai accettata la teoria dell'evoluzione. Le prove tuttavia, mostrano soltanto un cambiamento limitato. È
sempre ovvio, se si cerca in libri di testo onesti, che ad un certo punto la discussione pullula di tali termini « sembra,
sembrerebbe, se ne deduce, forse, probabilmente », e così via. Gli evoluzionisti scorgono le prove di qualche
cambiamento nelle variazioni di forma della conchiglia di un mollusco e credono che fondandosi su questo genere di
prova, possano dedurre una evoluzione della cellula semplice. Questa è una cosa che neghiamo in maniera chiara.

Una farfalla inglese, a cui abbiamo già accennato, ci fornisce una delle prove moderne più frequentemente citate in
favore dell'evoluzione. Pian piano, mentre lo smog rendeva più scuri i tronchi degli alberi sui quali queste farfalle
riposavano, si verificò un cambiamento anche nelle farfalle. In che cosa si sono evolute queste farfalle? In uomini?
In uccelli? No! Sono ancora farfalle della stessa specie. La selezione naturale ha cambiato soltanto il tasso del
numero tra quelle di colore chiaro e quelle di colore scuro.

L'uomo ha imparato la tecnica dell'allevamento selettivo. Ciò si basa sulla grande varietà dei geni che Dio ha
costituito per tutti gli esseri viventi. Allevando polli forniti più di carne e meno di ossa, per esempio. Facendo
procreare soltanto gli animali che hanno le caratteristiche desiderate, fra non molto­la proporzione della popolazione
che contiene queste caratteristiche aumenterà. Continuando la selezione, le caratteristiche desiderate possono essere
aumentate entro certi limiti.

Io ho usato l'allevamento selettivo per produrre le lebi­stis con la coda più grande e più bella. Ci sono dei limiti a
questo, però. Non potrei usare questo metodo per evolvere pesci rossi dalle lebistis! Una simile selezione è capitata
nella natura poiché gli uccelli mangiavano le farfalle di colore chiaro che essi potevano vedere perché contrastavano
con i tronchi. Lasciavano così quelle scure che non potevano vedere, permettendo così la loro riproduzione. In
questo modo aumentava la percentuale delle farfalle di colore scuro nella specifica popolazione. Questa selezione
naturale, però, non è andata oltre i limiti della variabilità delle farfalle e perciò non illustra quello che gli
evoluzionisti stanno cercando dì mostrare.

Nel passato molti hanno creduto che fosse esistita una continua sequenza di animali intermedi rispetto a quelli oggi
viventi. Venne così iniziata la ricerca dei termini di passaggio mancanti. Sono poche tuttavia le prove rinvenute che
si potrebbero considerare atte a fornire questi anelli di « passaggio mancanti ». Austin H. Clark, egli stesso
evoluzionista, si esprimeva così: 
 

Perciò in base a tutte le prove tangibili che abbiamo potuto raccogliere, siamo costretti a concludere che
tutti i maggiori gruppi di animali si trovavano agli inizi negli stessi rapporti reciproci nei quali si
trovano oggi... Vi sono forti prove circostanziali indicanti che nessuno dei gruppi maggiori avrebbe
potuto derivare da uno qualunque degli altri.

Uno studio delle linee di sviluppo degli animali mostra che il progresso di sviluppo viene sempre
evidenziato da una specializzazione crescente lungo precise linee strutturali a spese di altre
caratteristiche strutturali. Alcuni organi possono gradualmente ridursi o scomparire forse, ma nulla
viene mai aggiunto. La specializzazione si riduce sempre ad una sottrazione da un insieme ben
equilibrato. Una volta iniziata, tale sottrazione può continuare o può cessare, temporaneamente o
definitivamente. Ma una caratteristica strutturale che ha cominciato a perdere importanza ed a ridursi
non invertisce mai il suo senso di sviluppo e non ricupera mai nessun significato perduto.

Tutti i gruppi maggiori di animali differiscono fra di loro sia per la riduzione di alcune strutture fisiche,
sia per il grandissimo sviluppo di altre. In tal modo differiscono l'uno dall'altro per sottrazione e per
aggiunta. Supporre che uno qualunque dei gruppi maggiori derivi da un altro significa perciò negare
l'applicazione generale di un principio ben stabilito 1 .

Egli spiega questa mancanza di prove in favore della teoria secondo cui un gruppo proverrebbe dall'altro,
supponendo che tutte le linee si siano sviluppate separatamente dai primi pochi discendenti della prima cellula
vivente. Scrivendo più recentemente a proposito di tale problema, G. A. Kerkut cercava di spiegare i fossili,
postulando invece della nascita per generazione spontanea di una sola cellula originale, la nascita di un numero di
esse, che si sarebbero sviluppate ciascuna separatamente dall'altra 2 . Quanto migliore è la spiegazione divina
secondo la quale Iddio ha creato i gruppi distinti che si sono riprodotti ciascuno secondo la loro specie!

Esaminiamo la spiegazione data dalla Bibbia sulla ma niera nella quale Iddio ha creato molto più delle semplici
forme di vita. Il testo di Genesi 1: 24, 25, per esempio, afferma che Dio ha creato gli animali: « Poi Dio disse: '
Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la
loro specie '. E così fu. E Dio fece gli animali selvatici della terra, secondo­le loro specie, il bestiame secondo le sue
specie, e tutti i rettili della terra, secondo le loro specie. E Dio vide che questo era buono ». Non è precisato a che
cosa equivarrebbe nella classificazione moderna la parola tradotta « specie », ma è chiaro che in generale essa
coincide con la prova reale che la scienza ha trovato nella natura. Dopotutto, la natura è stata creata da Dio e non si
troverà realmente mai in conflitto con la Sua rivelazione contenuta nella Bibbia. L'evidenza mostra che si verificano
dei cambiamenti, ma che questi siano all'origine di tutta la vita è semplicemente una supposizione. Le mutazioni non
possono produrre cambiamenti in una direzione sempre ascendente, come credevano­un tempo molti evoluzionisti,
ma in varie direzioni, e perla maggior parte discendenti. I cambiamenti ambientali offrono maggiori possibilità di
sopravvivenza agli organismi con alcuni di questi cambiamenti piuttosto che ad altri. Non neghiamo che ciò spieghi
alcune delle differenze nelle forme di vita intorno a noi, ma siamo fortemente contrari alla vasta sovrastruttura di
teorie atee edificata su questo fragile fondamento. È una sovrastruttura che richiede fede molto maggiore e molto
meno ragionevole di quella necessaria nei confronti della spiegazione secondo la quale Iddio ha creato i primi
animali e l'uomo.

Ciò diviene ovvio quando ci si rende conto della condizione di fantastico svantaggio nella quale si trova un animale
formato da una sola cellula nel mondo di oggi, nel quale ogni altra creatura è presumibilmente più evoluta e­meglio
in grado di provvedere a se stessa nella lotta per l'esistenza. Ciò non sembra tuttavia infastidire affatto i nostri amici
formati da una sola cellula. Ne esistono infatti ancora miliardi!

Che cosa ha davvero compiuto la selezione naturale operando sulle mutazioni? Io mi rendo conto che la risposta che
sto per dare è così rivoluzionaria da sembrare impossibile a molti: suggerirei che la selezione naturale operando sulle
mutazioni ha compiuto ciò che l'evidenza scientifica mostra effettivamente, cioè una specializzazione di organi già
esistenti, che per la maggior parte diventano più grandi, più piccoli o più semplici.

La prova storica

Il dott. David Willis, professore in biologia e capo del Reparto Scienza Generale nell'Università dello stato del­
l'Oregon, ha introdotto questa interessante prova.

Adesso consideriamo la prova storico­letteraria. Domande riguardo all'origine della vita e la sua storia remota hanno
interessato gli uomini di tutti i tempi. Perciò la maggior parte delle civiltà, hanno inventato delle storie per spiegare
come abbia avuto inizio la vita sulla terra. La maggioranza di queste storie sono completamente­leggendarie e non
hanno nessuna relazione col vero mondo nel quale viviamo. Molteplici e bizzarre circostanze avrebbero dato origine
al mondo e alla vita secondo questi miti.

Di particolare interesse sono le antiche mitologie del Medio Oriente dove le ricerche archeologiche sulle prime
civiltà dotate di letteratura sono state molto istruttive. Una delle leggende più lunghe­e ben conservate è la
narrazione babilonese della creazione scritta in caratteri cuneiformi su sette tavole di terracotta. Il dott. Alexander
Heidel dell'Università di Chicago ha pubblicato una traduzione completa e un'analisi ben fatta di queste tavole (la
Genesi Babiloniana). Basta uno sguardo su queste narrazioni per accorgersi di come è completamente in contrasto
con una veduta scientifica del mondo.

Il libro della Genesi nella Bibbia invece, presenta un breve ma stupendo racconto dell'origine del mondo inorganico
e organico. Il racconto spiega brevemente questa origine mediante una serie di atti creativi prodotti da un essere
soprannaturale (Dio). Ciò concorda abbastanza da vicino con l'ordine scientifico da noi oggi conosciuto­per l'inizio
delle cose e degli esseri viventi. Questo non può essere detto di nessun'altra storia della creazione. Sono assenti
elementi magici e fantasiosi. La prima frase introduce bene il soggetto: « Nel principio Dio creò i deli e la terra »
(Genesi 1:1).

L'antichità del racconto della Genesi è inoppugnabile! La sua esistenza ci fa porre una domanda ovvia: « Poteva
l'autore della Genesi essere così preciso nelle sue affermazioni che migliaia di anni dopo, quello scritto avrebbe
potuto essere ancora guardato da uomini ragionevoli come un riassunto accettevole della sequenza degli eventi
connessi con le origini? ». Non si può dire che sia stata soltanto una supposizione fortunata, perché in confronto alle
narrazioni della creazione di altri popolo essa è la più accettabile. Questo documento non può essere tralasciato e
dimenticato. Esso costituisce una valida prova euristica. L'esistenza e la precisione di questo documento bi­blico
esigono che esso sia preso in considerazione quando viene esaminato il problema dell'origine del cosmo.

Se un Dio trascendente ha veramente creato la vita e se Egli desiderava rivelare una breve spiegazione dell'origine di
essa alle sue creature razionali, il racconto della Genesi sembrerebbe il più rispondente. In nessun altro modo
sarebbe stato possibile per gli uomini essere informati di questi eventi. E ancora di più: la Genesi dichiara di essere
siffatto un racconto.

Quando ammettiamo che anche gli uomini di genio, come Aristotele, che vissero al livello più alto della conoscenza
antica, fecero errori scientifici di tutti i generi, è ovvio che un uomo dalla mente aperta dovrebbe veramente prendere
in seria considerazione questo documento, dal momento che a differenza di altri scritti antichi è stato trovato
assolutamente preciso nelle parti in cui si è potuto controllare.

Le Civiltà

La storia, la datazione mediante radiocarbonio e la Bibbia sono tutti d'accordo, in modo generale, riguardo a quando
iniziarono le civiltà. Le date proposte possono essere mille anni di più o mille anni di meno, dipende dal particolare
libro di storia, da quale data mediante radiocarbonio o da quale interpretazione della Bibbia si legge. In generale si
accordano con la data di circa tremilacinquecento anni a.C., in Mesopotamia e soltanto poco dopo in Egitto,
determinato da uno degli studi basati sul radiocarbonio 3.

Ciò rende molto difficile accettare le datazioni molto meno sicure attribuite di solito agli uomini preistorici, Se
l'uomo aveva già un cervello più grande del nostro sessan­tamila anni fa (il cervello di un uomo di Neanderthal era
più largo di quello dell'uomo moderno), ed era tanto progredito da poter lasciare arte uguale a quella di un buon
pittore di oggi in un'epoca che ci viene presentata come dai venti ai trentamila anni a.C., perché dovevano aspettare
tanto tempo per potersi sviluppare le città e i metodi di agricoltura che vanno con la civiltà? I resti della
civilizzazione umana durano di solito molto di più e sono più facili da ritrovare e da datare che non i pezzetti di ossa.

Nessuna civiltà di Cinesi, Aztechi, Inca e Maya ha preceduto quella della civiltà mediterranea. Gli antropologi
evoluzionisti per molti anni hanno pensato che il processo evoluzionistico avesse già sviluppato l'uomo normale
almeno ven­ticinquemila anni fa, mentre adesso c'è chi dice quattrocento­mila anni o addirittura 2,6 milioni di anni
fa. Se l'uomo moderno è stato veramente in giro tutto questo tempo, noi penseremmo di trovare numerose civiltà
isolate che si sarebbero sviluppate indipendentemente l'una dall'altra durante questo periodo. Sarebbe sufficiente una
civiltà di ventimila anni a.C. per esempio per dare una buona prova contro la spiegazione biblica della creazione
dell'uomo. Il fatto che tutte le civiltà conosciute si sono sviluppate così recentemente è una prova molto forte della
recente creazione dell'uomo.

L'incremento demografico

Un altro argomento che compare a volte in favore dell'evoluzione è che essa ha permesso alla terra di giungere al
suo popolamento attuale, laddove, se si crede alla narrazione biblica, si avrebbero solo quei pochi anni da Noè ad
oggi, il che non sembra sufficiente. Se tuttavia esaminiamo i fatti, troviamo che la storia conosciuta ci presenta una
regolare tendenza ad un aumento della popolazione. Il tasso attuale d'incremento demografico è più di due per cento
all'anno, con l'incremento maggiore nelle aree meno privilegiate economicamente. Questo tasso è più alto che nel
passato, a causa della migliore assistenza medica, ecc. Un tasso dello 0,50 per cento darebbe una famiglia media di
soli due figli e mezzo sopravviventi per ogni famiglia, con una vita media di 40 anni. Ciò è ancora al di sotto del
tasso medio dei cento anni dal 1650 al 1750 4, prima cioè che la moderna medicina facesse sentire i suoi effetti, ma
in un'epoca abbastanza recente per poter dare valutazioni alquanto accurate della popolazione. Se la coppia originale
fosse comparsa sulla terra un milione di anni fa, come dicono gli evoluzionisti, questo basso tasso avrebbe dato una
popolazione attuale maggiore di quella che potrebbe affollarsi nell'interno universo. Se invece l'attuale incremento
demografico ha avuto inizio con la famiglia di Noè, ciò concorderebbe benissimo, anche se si accetta la data
proposta dallo Ussher per il diluvio, di 4.300 anni or sono, che è probabilmente là più recente che gli si possa
assegnare 5 .

Naturalmente le epidemie, le guerre, ecc. possono abbassare radicalmente il tasso d'incremento demografico, ma
perché un'epidemia sussista occorre un certo livello di popolazione, proprio come per l'incendio di un bosco per
propagarsi occorre che gli alberi siano vicini fra di loro. Sembrerebbe perciò che più si risale indietro nel tempo,
minori siano le possibilità che un fenomeno di tale natura eliminasse una percentuale sostanziale della popolazione,
poiché il contatto fra le persone sarebbe stato sempre meno frequente.

La prova dell'incremento demografico usata contro la teoria di una recente creazione costituisce strettamente una
prova basata sull'ignoranza. I fatti sono in favore della creazione.

L'influenza della teoria dell'evoluzione sulla società

L'evoluzione ha oggi un'influenza che supera di molto il suo semplice impiego come spiegazione dell'origine delle
speci. Essa è stata applicata in molti campi della vita.

In religione si è spesso affermato che l'uomo progredisce da una religione primitiva di molti dèi verso la fede in uno
solo. In pratica tuttavia, ambedue le convinzioni convivono fin dove ci possono far risalire i documenti storici che
non siano la Bibbia; e la Bibbia spiega che per prima è venuta la fede in Dio.

Nel campo delle lingue, i linguisti seguaci delle teorie evoluzionistiche affermano che le lingue umane partendo da
suoni insignificanti si sono trasformate in lingue sempre più perfette. Evidentemente ciò è necessario se si crede che
l'uomo veramente si è sviluppato a partire dagli animali inferiori, ma certamente non coincide con le prove. Le
lingue moderne si possono far risalire a certe famiglie linguistiche, ma al di là di ciò non si è trovato alcun rapporto
reciproco. Chi conosce il greco moderno, l'arabo, l'ebraico e le lingue neolatine e l'equivalente antico di quelle
lingue dichiara che la lingua antica era la più perfetta. In questo campo sono necessarie maggiori ricerche ma le
prove reali sembrano andare contro la teoria evoluzionistica accordandosi invece con la Bibbia quando essa dice che
Iddio fece qualcosa che diede origine a un certo numero di lingue, al momento della torre di Babele (Gen. 11: 1­9).

Pur avendo questa teoria avuto la sua influenza in molti campi della vita, ciò che qui ci interessa maggiormente è
quello morale. L'evoluzione fornisce all'uomo un mezzo per sfuggire alle sue responsabilità nei confronti di Dio. Se
tutto ciò che esiste oggi si è formato senza Dio, allora non v'è giudice davanti al quale dobbiamo comparire tutti.
Secondo l'inter­pretazione data da molti, l'uomo è responsabile solo nei confronti di se stesso, e ciò che contribuisce
all'evoluzione è un contributo dato alla società. Così, qualsiasi mezzo per aiutare la selezione naturale, in modo da
essere scelti come i più forti nella lotta per la sopravvivenza, è lecito.

Si servì Hitler dell'evoluzione per dare un fondamento razionale al suo odio per gli Ebrei. Sir Arthur Keith, anche
egli evoluzionista, afferma tale punto succintamente: « Hitler era un evoluzionista irriducibile, e se si vogliono
comprendere i suoi atti si deve ricercare una spiegazione evoluzionista » 6 . Secondo Hitler, i Tedeschi formavano
una razza superiore. Se si permettevano i matrimoni di Ebrei con Tedeschi, l'opera della natura « per istituire un
superiore livello evoluzionistico di vita avrebbe potuto esser resa vana » 7 . Egli espresse le sue idee evoluzionistiche
anche in altri contesti. Per esempio quando diceva che « l'intero mondo della natura è un'immensa lotta fra forti e
deboli, una continua vittoria dei forti sui deboli. Se non fosse così non vi sarebbe che decadenza » 8.

« Lo stato ha responsabilità di dichiarare inadatto ai fini riproduttivi chiunque sia manifestamente malato e
geneticamente insano... e deve adempiere a tale responsabilità spietatamente senza tener conto della comprensione o
dell'incomprensione da parte di chicchessia » 9.

Servendosi dell'evoluzione come suo principio razionale, Hitler condusse una delle nazioni più progredite che il
mondo abbia conosciuto al massacro di milioni di persone, molte delle quali donne e bambini e la maggior parte
delle quali erano innocenti di ogni atto criminoso contro di lui o il governo del suo paese.

Un altro evoluzionista potrebbe benissimo ribattere che Hitler non ha interpretato l'evoluzione come avrebbe dovuto,
e che ciò che si verifica in alcuni anni o anche in qualche secolo ha scarsissimi effetti, se non nulli addirittura
sull'evoluzione, ma che sono gli effetti a scadenza di milioni di anni ad influenzare realmente l'evoluzione. Ai tempi
di Hitler vi erano indubbiamente molti Ebrei che credevano in una evoluzione a lunga scadenza, ma furono
ugualmente uccisi. Hitler non era inoltre il solo a dare questa interpretazione dell'evoluzione e l'interesse per la
teoria degli effetti a breve scadenza non è svanito ai giorni nostri.

Qualunque governo o anche individuo ateo, non avendo un Dio per indicare il bene e il male è costretto a cercare
altrove. Essendo l'evoluzione il suo supposto creatore, subentra la tentazione di aiutarla nell'eliminare i deboli.

Esiste spesso una reale differenza fra la condotta di uno che è convinto che Dio esiste e che è responsabile nei suoi
confronti, mentre cerca di obbedire all'ordine divino di amare i suoi nemici e di trattarli come vorrebbe esser trattato,
e la condotta di chi non crede in Dio, ma pensa che sarebbe miglior cosa per il bene della sua razza, eliminare
chiunque gli capiti di ritenere inferiore.

L'evoluzione teistica

Vi sono alcuni che credono in Dio ed anche alla teoria dell'evoluzione. Dicono che Iddio si sia servito
dell'evoluzione come mezzo di creazione. In Italia la Chiesa Cattolica si è opposta a lungo alla teoria
dell'evoluzione. Molti cattolici vi sono ancora contrari, ma una grande percentuale dei giovani preti credono ora in
una specie di sintesi fra Dio e l'evoluzione.

Il gesuita francese Teilhard de Chardin, filosofo e scienziato fu all'avanguardia nell'introdurre questo pensiero nella
Chiesa Cattolica. Egli credeva che la vita avesse avuto origine mediante l'evoluzione, ma considerava l'uomo come
diverso dagli animali in quanto suprema espressione dell'evoluzione 10. Egli chiamava Dio il motore, convogliatore
e consolidatore dell'evoluzione 11.

Molti evoluzionisti cattolici odierni darebbero a Dio un posto leggermente più elevato, dicendo che ad un certo
momento del tempo, Egli è intervenuto per dare all'uomo una anima.

Molti teisti evoluzionisti risolverebbero inoltre i problemi dell'evoluzione materialistica dicendo: « Iddio ha creato
tramite l'evoluzione ». Ciò non è solo antiscientifico, e inaccettabile per la maggior parte degli evoluzionisti, poiché
l'evoluzione è in gran parte un mezzo per spiegare l'esistenza della vita dal punto di vista ateo, ma è anche
antibiblica. Molti che non hanno realmente studiata la questione nella Bibbia ritengono di poter credere
all'evoluzione e di poter continuare a credere a tutta la Bibbia ad eccezione di una piccola parte di essa all'inizio del
Genesi. L'argomento della creazione divina non si trova solo in una parte della Bibbia. In qualche minuto ho potuto
trovare in altri punti della Bibbia più di sessanta passi che ne parlano. Da questi passi risulta chiaramente che Iddio
non solo creò il mondo ma anche le cose viventi. (Neh. 9: 6, Atti 14: 15; Ap. 4: 11). Anche l'uomo è stato creato da
Dio (Giob. 10: 3; Is. 17: 7; Ger. 27: 5; Atti 17: 24, 25). Cristo stesso ha detto che Iddio ha fatto l'uomo (Matt. 19: 4;
Mar. 10: 6). Anche dei vari organi è detto che sono stati creati da Dio (Prov. 20: 12; Sal. 94: 2). Sono troppi i passi
che elencano le cose precise create da Dio, perché chi crede alla Bibbia possa accettare l'idea che Dio abbia creato
solo la prima cellula semplice e che quindi abbia semplicemente diretto lo sviluppo di altre forme di vita a partire da
quella cellula. Né d'altronde che Iddio abbia creato l'universo e poi se n'è sia andato via lasciandolo a sé stesso come
dicono altri, ma Egli lo sostiene, impedendogli di divenire caos (Col. 1: 17; Eb. 1: 3). Quelli che cercano di sfuggire
a Dio dipendono proprio da Lui per la loro esistenza.

Alcuni ritengono che Iddio sia una specie di forza cieca, che ha creato e che forse sostiene anche l'universo, ma che
non conosce l'uomo personalmente. La Bibbia annulla anche questa idea: Colui che ha piantato l'orecchio non udirà
egli? Colui che ha formato l'occhio non vedrà egli? » (Sal. 94: 9). Questo passo continua ancora: « L'Eterno conosce
i pensieri dell'uomo » ed egli castiga e corregge, e beato l'uomo che riceve da Lui la correzione.

Gli uomini hanno sempre cercato la maniera di come sfuggire alla conoscenza di Dio, e l'uomo che pensa e che non
vuole credere in Dio, ha bisogno di qualche altra teoria che gli sembri ragionevole. Fino a quando potrà aggrapparsi
ad un'altra teoria che gli sembri ragionevole, si sentirà libero di ignorare Iddio.

Dopo aver visto che la teoria dell'evoluzione può in realtà servire a spiegare molto poco, la nostra speranza è che il
lettore vorrà esaminare con intelligenza la rivelazione data da Dio circa la creazione, e trovandola soddisfacente,
crederà in Dio non solo come suo creatore, ma anche come suo Salvatore.

L'età del mondo

Come detto prima, la Bibbia non indica l'età del mondo. Perciò esiste una differenza di opinioni fra coloro che
credono in un Dio creatore. Essi possono dividersi facilmente in due gruppi maggiori. Alcuni credono che la
narrazione della creazione del mondo parli di sei giorni letterali, e altri credono che i sei giorni costituiscono
rappresentazione figurativa di periodi di tempo indefiniti. Ambedue hanno ottime ragioni per sostenere le posizioni
scelte.

Gli argomenti in favore di sei giorni letterali sono:

1. Questa sembrerebbe la maniera normale per interpretare il passo in questione (Genesi cap. 1).

2. Il termine « giorno » quando viene impiegato altrove nella Scrittura significa abitualmente giorno di ventiquattro
ore.

3. È difficile capire il ragionamento a proposito di un riposo di sabato al settimo giorno dopo i sei giorni di creazione
del mondo se non si tratta di sei giorni letterali (Gen. 2: 2).

Questa concezione presenta tuttavia un problema, in quanto sembrerebbe richiedere che l'epoca nella quale Iddio
creò il mondo era più recente di quanto sembri mostrare l'evidenza offerta dalla geologia e dalla astronomia. Perciò
alcuni che sostengono tale posizione pensano che nei primi due versetti vi sia un intervallo di tempo, e che la
narrazione della creazione è in realtà una narrazione di una ricreazione avvenuta molto tempo dopo la creazione
originale della terra.

La maggioranza tuttavia di quelli che credono che la creazione avvenne in sei giorni di ventiquattr'ore ritengono che
la creazione fu abbastanza recente e che Iddio ha creato le cose dandovi l'apparenza di un'età. Fanno notare che ciò
non è affatto in conflitto, ma che anzi si armonizza con la maniera normale della creazione. Indicando come esempio
di ciò i miracoli di Cristo. Nel suo primo miracolo riportato al capitolo secondo dell'Evangelo di Giovanni, Cristo
cambiò l'acqua in vino nel corso di un banchetto nuziale in cui era venuto a mancare il vino. Quando il vino venne
portato al maestro di tavola che non ne conosceva l'origine, quest'ultimo fece notare che era migliore di quello
servito per primo. Per esser buono, il vino deve esser vecchio, e questo vino fatto solo qualche minuto prima, era
migliore dell'altro più vecchio. Lo stesso avvenne alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Egli creò i pesci;
evidentemente pesci veri e pro­pri, che dovevano avere una certa misura, i cui organi dovevano essere sviluppati
ecc. Tutto ciò comportava la necessità che avesse una certa età. Non v'è nessuna indicazione per cui qualcuno si sia
accorto della differenza fra quei pesci e gli altri, tuttavia qualcuno si chiederebbe certamente perché li avesse fatti
con organi e spine di cui non avevano mai. avuto bisogno.
Allo stesso modo, la Bibbia lascia intendere che Adamo ed Eva vennero creati esseri maturi piuttosto che neonati o
animali inferiori, che necessitavano un'evoluzione. Iddio ha il potere di creare, e creò poi cose che avevano
l'apparenza di un'età. Perché non avrebbe potuto farlo anche per il mondo?

Altri pensano che la Bibbia non parla di giorni di ventiquattr'ore, ma che invece si serve dei giorni in modo
figurativo per periodi di tempo, o per mostrarci quadri della creazione di certe cose. Essi farebbero notare che:

1. L'ebraico è una lingua più figurativa di molte altre e che occorre cercare di capire quel passo nel contesto
dell'ebraico nel quale è scritto, piuttosto che in quello della propria lingua.

2. La Bibbia dice che per il Signore un giorno è come mille anni e che mille anni sono come un giorno, indicando
così che Iddio non è particolarmente limitato al tempo come lo vediamo noi. Ciò viene menzionato in un contesto
che parla anche della creazione del mondo, anche se parla più particolarmente del diluvio del tempo di Noè, e se ne
serve come avvertimento per quelli che pensano che Iddio non li giudicherà mai, proprio perché non l'ha fatto ancora
(2 Pietro 3: 8).

3. La parola « giorno » viene usata varie volte nella Bibbia per periodi di tempo più lungo.

4. La ragione principale tuttavia per la quale la maggior parte riterrebbero che il Genesi non parla di giorni di
ventiquattr'ore è che essi ritengono che ciò si accorda meglio con le prove esterne alla Bibbia che sembrano di
mostrare un'età avanzata della terra.

Il diluvio universale del tempo di Noè

Molte cose che sono altrimenti difficili da comprendere in maniera soddisfacente si possono spiegare se si accetta il
diluvio universale. Gli evoluzionisti negano il diluvio universale, non tanto per mancanza di prove, ma per la
necessità di mantenersi ad uno più stretto uniformitarismo al fine di concedere all'evoluzione un lasso maggiore di
tempo nel corso del quale la vita si sarebbe sviluppata. Quasi tutti quelli che credono nella Bibbia credono che vi è
stato un diluvio di portata mondiale e trovano che esso accorda bene con le prove materiali. Quelli che credono in
una creazione avvenuta in sei giorni di ventiquattr'ore, spesso credono anche che il diluvio ha compiuto in breve
tempo cose che altrimenti avrebbero richiesto molto più tempo.

Abbiamo precedentemente menzionato la difficoltà che avrebbero avuto molti dei fossili a formarsi con mezzi
strettamente uniformisti, e tuttavia vi sono molti esempi di grandi depositi di fossili esistenti, come gli strati di
ippopotami in Sicilia, i cui resti sono tanto abbondanti che sono stati estratti per farne carbone vegetale, i grandi
depositi di mammiferi delle Montagne Rocciose, i depositi di dinosauri dei Monti Neri e delle Montagne Rocciose,
oltre che del deserto di Gobi, i sorprendenti depositi di pesci degli strati scozzesi del Devoniano, e così via 12. Il
diluvio costituirebbe certamente la maniera più facile per spiegare la presenza di un gran numero di animali in uno.
stesso deposito. A mano a mano che l'acqua saliva, essi si spostavano sempre più verso terre più alte, trovandosi
raggnippati sulle cime delle montagne, da dove la corrente li avrebbe spazzati via insieme formando in seguito
depositi con altre masse di sedimenti.

Descrivendo i depositi della Germania settentrionale, Newell dice: « In questi depositi sono stati rinvenuti più di
seimila resti di animali vertebrati ed un gran numero d'insetti, di molluschi e di piante. I resti compresi di tessuto
molle di molti di questi animali mostravano i particolari della struttura delle cellule, ed alcuni esemplari avevano
subito una modificazione chimica di poca importanza... » 13 . Quindi passa a parlare delle piume, dei peli e delle
scaglie e perfino del contenuto stomacale ben conservato. Certamente sarebbe occorsa la sepoltura immediata ad
opera di un grande diluvio per conservare questi particolari e spiegarne la compressione. Attraverso i processi
normali ne sarebbe avvenuta la decomposizione completa. Inoltre solo il diluvio può fornire una spiegazione alla
mescolanza di animali terrestri ed acquatici trovati colà, come in molti altri posti. Probabilmente il diluvio del tempo
di Noè spiega molte cose che altrimenti sarebbero molto difficili da spiegarsi.

È naturale che in una inondazione i fossili più piccoli si depositino in livelli inferiori e quelli più grandi negli strati
superiori, poiché l'acqua filtra il materiale. Quest'azione dell'acqua è visibile sulla maggioranza delle spiagge dove si
trovano nella parte più elevata grossi sassi e tronchi, e a mano a mano che si va verso il basso vi sono sassi più
piccoli e sabbia. Quest'azione tuttavia non è perfetta e di solito si riscontra una certa mescolanza dei materiali, ed a
volte perfino in grande misura.

Un problema per l'uniformismo, che si spiega naturalmente con il diluvio, sono gli alberi ritrovati qua e là
fossilizzati, ma ancora in piedi e che penetrano in vari strati. Alcuni, essendosi trasformati in carbone si estendono
attraverso due o più vene carbonifere che hanno fra esse materiale sedimentario e che mediante processi uniformisti
avrebbero necessitato per la loro formazione moltissimo tempo 14 .

Si rinvengono tronchi fossili non solo in posizione eretta, ma anche in varie posizioni inclinate ed a volte finanche
sos­sopra. Sembra generalmente che siano stati depositati da acqua in movimento che rapidamente ha deposto
intorno ad essi uno strato dopo l'altro di sedimento. Dove sono presenti è ovvio che il tempo necessario per formare
quel deposito di sedimenti non va misurato in termini di migliaia o di milioni di anni. Questi tronchi misurano fino a
m. 25 di altezza ed a volte si trovano sovrapposti di modo che si deve parlare di profondità molto maggiori. Una
spiegazione al rapido depositarsi di materiale necessario per coprire gli alberi prima che si decomponessero e si
sbriciolassero, ed al prodursi della pressione necessaria per trasformarli in carbone è data dal diluvio 15.

Dove non c'è nulla di tale natura per mostrare a quale velocità il sedimento si è depositato, è difficile sapere quanto
tempo è occorso. Ma il depositarsi di una ragguardevole parte del materiale sedimentario della terra a questo ritmo
piuttosto che con la lentezza alla quale avviene oggi, indicherebbe che la terra ha una storia molto più breve.

I fossili di molluschi bivalvi e di altra vita marina trovati in zone terrestri lontane dal mare rivestono anch'essi
grande interesse. Infatti se non vi fossero fossili marini in zone terrestri, ciò significherebbe che non vi è stato
diluvio universale, perciò la loro presenza milita in favore del diluvio, anche se può essere spiegata in altre maniere.

Oltre alle prove geologiche, in favore del diluvio, vi sono quelle storiche. Narrazioni relative ad un diluvio si
trovano fra i documenti di popoli vissuti in punti molto lontani della terra. Se ne sono trovate in Europa, Medio
Oriente, Africa, Asia, Isole del Pacifico e sul continente americano.

Alcune antiche narrazioni relative al diluvio parlano indubbiamente di altri diluvi, ma in A Statistical Analysis of
Flood Legends, James E. Strickling analizza le numerose storie nelle quali una sola famiglia sopravvive al diluvio
come è affermato nella narrazione biblica. Queste narrazioni mostrano negli altri particolari una correlazione dovuta
a qualcosa di più del caso: lo scampo su una nave, il preavviso, un solo diluvio e la preservazione delle altre
progenie animali 16 .

Pur essendo state queste storie spesso tramandate per generazioni prima di essere state poste per scritto e benché
contenenti spesso particolari in contrasto con la narrazione biblica, la loro correlazione generale è abbastanza buona,
sì da fornire una sorprendente testimonianza storica in favore dell'accuratezza della narrazione biblica e del fatto che
realmente si verificò un diluvio di portata mondiale.

Poiché ogni essere vivente discende dalla famiglia sopravvissuta e poiché leggende simili a proposito di un diluvio
sono comuni a popoli fra loro molto separati, la spiegazione normale è che la narrazione è stata semplicemente
tramandata di generazione in generazione.

R. L. Whitelaw, professore di ingegneria nucleare, ha analizzato le 15.000 date determinate col metodo del
radiocarbonio ed ha constatato un calo improvviso nel numero di esemplari di uomini, di animali che sarebbero stati
colpiti da un diluvio, e di alberi durante il periodo datato col radiocarbonio intorno al 4000 o 3500 a.C. (che egli
però ritiene sarebbe stato leggermente più recente). Dopo il calo rimaneva soltanto il 13% circa del numero di date
trovate per il periodo corrispondente. Il numero delle date dopo aumentava gradualmente; finché all'epoca di Cristo,
il numero delle date relativo agli uomini ed agli animali ritornò a quello che era prima dell'improvvisa diminuzione.
Nel caso degli alberi invece, mentre il loro numero subì la stessa diminuzione non è aumentato ancora fino a
raggiungere lo stesso numero di prima del calo.

Ciò indica chiaramente una grande tragedia avvenuta più o meno al tempo indicato per il diluvio dalla Bibbia e da
altre narrazioni. La conclusione logica sembra essere che questa diminuzione di date di morte ottenute col
radiocarbonio fu causata dal diluvio che spazzò via la maggior parte degli esseri viventi non acquatici non lasciando
così generazioni successive da datare fino a quando esse non si moltipllcarono gradualmente dopo il diluvio 17 .

Secondo la Bibbia, non pioveva prima del diluvio. La terra riceveva l'umidità sotto forma di vapore o nebbia (Gen.
2: 5, 6). Mentre è questa l'unica affermazione fatta, non ne viene data nessuna descrizione ampliata nella Bibbia.
Tuttavia mi sembra sottintendere l'esistenza di un insieme di condizioni atmosferiche completamente diverse da
quelle che abbiamo oggi. L'atmosfera conteneva probabilmente più vapore acqueo di oggi. Ciò aveva certamente un
suo effetto di natura mondiale sul clima, tendendo a produrre gli effetti di una serra, lasciando passare i raggi del
sole ma non permettendo al calore riflesso di andar via nella stessa quantità. Questa situazione costituirebbe una
spiegazione razionale dell'evidenza ben nota, secondo molti scienziati che vi fu un'epoca nella storia del mondo in
cui v'era universalmente diffuso un clima più caldo. L'improvviso termine di questa condizione atmosferica al tempo
del diluvio avrebbe fornito non solo una parte dell'acqua, ma ciò unitamente ad un'inondazione mondiale
spiegherebbe ulteriormente la presenza di fossili, di piante ed animali tropicali rinvenuti nelle regioni artiche. Il
rapido congelarsi di mammut e di altri animali ritrovati in depositi di fossili in Siberia può spiegarsi solo con un
improvviso cambiamento climatico.

Come per quasi ogni altra cosa di cui si parla nella Bibbia, i critici hanno cercato in ogni modo possibile di
discreditare l'idea del diluvio, e poiché le loro critiche hanno trovato vasto credito, dobbiamo rispondere alle più
importanti fra esse.

1. Molti sono convinti che non v'è acqua a sufficienza nel mondo per rendere possibile il diluvio. Poiché viviamo
solo sulle parti asciutte del globo, è a volte difficile rendersi conto che la maggior parte della superficie terrestre è
coperta d'acqua. Più del 71% della superficie terrestre è coperta d'acqua la cui profondità media è più di 3.750 metri
18 . È ovvio che v'è moltissima acqua. Il problema invece della mancanza d'acqua è costituito dal fatto che gli
uomini hanno la tendenza di interpretare le cose in maniera che concordino con quello che vogliono credere. La
Bibbia dice: «... tutte le fonti del grande abisso scoppiarono ...» (Gen. 7: 11). Chi non vuol credere alla possibilità
del diluvio può credere semplicemente che questo scoppiare significa che non accadde niente, e che tutta l'acqua del
diluvio era venuta giù dalla pioggia. Pur potendo le condizioni atmosferiche anteriori al diluvio fornire una quantità
di acqua per contribuire al diluvio maggiore di quanto avrebbero permesso le condizioni atmosferiche di oggi,
sembra che ciò sarebbe stato tuttavia insufficiente a coprire la terra quale essa è oggi. Se però le parole « le fonti del
grande abisso scoppiarono » significano che il fondo dei mari si sollevò, vi sarebbe stata acqua in abbondanza. Un
altro fattore da tenere in considerazione è il fatto ben noto che le montagne sono di formazione recente.
Probabilmente al tempo del diluvio esse non erano alte come oggi.

2. Alcuni sostengono che il diluvio del quale parla la Bibbia era solo un diluvio di portata locale, non universale. La
Bibbia dice tuttavia che « ... le acque ingrossarono oltremodo sopra la terra; e tutte le alte montagne ch'erano sotto
tutti i cieli, furono coperte » (Gen. 7: 19). Anche se le alte montagne erano a quell'epoca molto più basse di oggi,
anche se erano alte solo qualche centinaio di metri, sarebbe stato impossibile tenere ammucchiata l'acqua in modo di
coprirle per un anno. L'acqua avrebbe trovato il suo livello, coprendo­il mondo intero. Non si può accumulare acqua
in un sol punto!

Non sarebbe stato neppure necessario salvare Noè e gli animali mediante l'arca se gli uomini e gli animali di altre­
parti del mondo non fossero annegati nel diluvio. Il periodo stesso di tempo durante il quale il diluvio sommerse la
terra sottintende anche ch'esso fu universale, poiché sarebbe stato molto difficile che un diluvio o un'inondazione
durasse un anno in una località ristretta.

Del diluvio si parla anche nel Nuovo Testamento. E Pietro se ne serve per illustrare il fatto che in futuro Iddio
distruggerà il mondo col fuoco. Questo passo, che mette in rilievo la follia di quelli che negano l'intervento di Dio e
cercano di spiegarne tutto su basi semplicemente uniformiste, perde il proprio significato se non vi è stato un diluvio
di portata, mondiale che distrusse gli ingiusti. 
 

Sapendo questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni ver­ranno degli schernitori coi loro scherni i
quali si condurranno secondo le loro concupiscenze e diranno: Dov'è la promessa della sua venuta?
Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte­le cose continuano nel medesimo stato come
dal principio della creazione. Poiché costoro dimenticano questo volontariamente: che ab antico, per
effetto della parola di Dio, esistettero de' cieli e una terra tratta dall'acqua; per i quali mezzi il mondo
d'allora, sommerso­dall'acqua, perì; mentre i cieli d'adesso e la terra, per la medesima. Parola son
custoditi, essendo riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della distruzione degli uomini empi (2
Pietro 3:3­7).

3. Si è anche messo in dubbio la capacità dell'arca di portare tutti gli animali attribuitile. Come per la maggior parte
degli argomenti esaminati, l'uomo tende a proteggere le sue congetture mediante le condizioni ch'egli propone.
Qualcuno ha parlato per esempio delle difficoltà per avere nell'arca l'acqua necessaria per tutti gli anfibi. Cito
semplicemente ciò per mostrare che non si può moltiplicare il numero di circa un milione di specie diverse di
animali esistenti oggi per due (maschio e femmina) per trovare il numero di animali esistenti nell'arca. Circa 88.000
specie sono costituite da crostacei di un tipo o di un altro. Molti altri sono vermi, pesci, ecc. che vivono
normalmente nell'acqua, o che sono così piccoli da potersi salvare tenendosi su resti galleggianti.

Earnest Mayr, uno dei principali tassonomisti, elenca solo 17.600 specie di mammiferi, uccelli, rettili ed anfibi
insieme. Molti di questi potevano vivere bene fuori dell'arca. Dei mammiferi elenca solo 3.500 specie ed alcune di
queste sono acquatiche 19.

Gli animali più piccoli non presentano problemi per quel che riguarda lo spazio, ed i più grandi non sono troppo
numerosi. Credere inoltre che Dio aveva fatto entrare nell'arca i più grandi o i più piccoli di ciascuna specie di
animali dipende da se si vuole credere o no che vi fosse abbastanza spazio per essi. Anche se Dio non fosse stato più
intelligente dell'uomo, avrebbe capito abbastanza da imbarcare gli animali più piccoli di ciascuna specie, e fra questi
i giovani, non solo per occupare meno spazio, ma anche per ottenere il massimo della riproduzione allo scopo di
riempere le terra dopo il diluvio.

Immaginiamo che Noè dovesse portare tutte le 17.600 specie menzionate. Poiché più della metà di esse è composta
da uccelli, è ovvio che la grandezza media degli animali sarebbe stata molto piccola. Un carro ferroviario americano
medio a due piani per il trasporto delle pecore ne può contenere duecentoquaranta. Perciò centoquarantasei vagoni di
tale grandezza basterebbero a contenere due esemplari di ciascuna delle 17.600 specie se avevano la grandezza
media di una pecora, che certamente non avevano. L'arca aveva una lunghezza di trecento cubiti ed una larghezza di
cinquanta. Poiché la lunghezza del cubito variava secondo i tempi ed i popoli, se si adotta la misura più corta, l'arca
misurava una lunghezza di cento trentuno metri, una larghezza di ventuno ed un'altezza di tredici, con una cubatura
equivalente a quella di cinquecentoventidue di tali vagoni. Ciò lascia ancora un margine di trecentosettantasei
vagoni per le provviste e per gli uomini 20 .

Abbiamo pensato che non era necessario calcolare altro spazio per gli animali « puri », perché esso è già stato molto
più che provveduto dal fatto che abbiamo inserito tutte le speci di mammiferi, uccelli e rettili anche acquatici ed
anfibi.

Allora, secondo quanto riportato sopra, non c'è ragione convincente che possa permetterci di rigettare l'idea di un
diluvio universale che in poco tempo sarebbe riuscito a portare via e ad accumulare più detriti di quanti
normalmente fossero stati ammucchiati in molti anni, fortificando così la tesi di una creazione recente.

Conclusione

Abbiamo esaminate le ragioni addotte per non credere in Dio creatore, e le abbiamo trovate insoddisfacenti.
Abbiamo invece trovato vere le prove della nostra creazione da Dio.

I fatti appoggiano la spiegazione della vita data nella Bibbia, e non quella dell'evoluzione. La Bibbia non si ferma
alla creazione. Comincia con essa e passa a dare un significato ed una guida pratica alla vostra vita.

La Bibbia spiega che Dio creò l'uomo a Sua immagine perché avesse comunione con Lui, ma poi prosegue
mostrando, come l'uomo disobbedì alle norme che Egli aveva stabilito e chiama questa disobbedienza " peccato ".
Poiché Iddio esige perfetta obbedienza, il peccato separò l'uomo dalla comunione con Dio per la quale era stato
creato. Cominciato con il primo uomo creato da Dio, il peccato contaminò tutto il genere umano. Siccome le
aspirazioni di Dio per noi sono troppo alte, nessuno conduce una vita buona abbastanza per piacerGli e in tal modo
salvare se stesso dal giudizio di Dio. I nostri tentativi di obbedire alle leggi, le osservanze religiose e le nostre buone
opere sono insufficienti. « Siccome è scritto: Non v'è alcun giusto, neppure uno. » (Romani 3: 10) «Difatti tutti
hanno peccato... » (Romani 3: 23).

Il diluvio che distrusse i peccatori al tempo di Noè viene citato nel Nuovo Testamento come avvertimento che Dio
non lascia impunito il peccato (2 Pietro 3). Soltanto una famiglia si salvò dal diluvio perché i suoi membri avevano
posto la loro fiducia nella salvezza che Dio aveva offerto loro nell'arca. Cristo è l'Arca nostra, il mezzo di salvezza
che Dio offre all'uomo oggi, poiché ha preso su di Sé la punizione per i peccati di tutto il genere umano. Il
messaggio centrale del Nuovo Testamento è che tutti coloro i quali mettono la loro fiducia in Cristo saranno
riconciliati con Dio e salvati eternamente.

Sebbene la Bibbia sia inflessibile verso l'egoismo e la cattiveria dell'uomo, è tuttavia chiara riguardo alla generosa
provvidenza di Dio. « Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Unigenito Figliuolo, affinchè
chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna » (Giovanni 3: 16. Vedere anche Giovanni 3: 1­18; Romani
3: 20­26; 5: 1­11; 10: 9­13).

Lascia che ora io unisca queste cose ad un esperimento che tu stesso, di persona, puoi fare. È un genere di prova
completamente diverso, di natura personale, aggiunto per aiutarti a determinare se esiste o no un Creatore e se Egli
abbia un diritto sulla tua vita.

Benché la venuta in essere della prima vita non si possa né osservare né ripetere per dimostrare in modo assoluto se
sia nel giusto la teoria dell'evoluzione o il racconto biblico della creazione, la Bibbia fa molte altre affermazioni ­­
dimostratesi sincere e precise ­­ che si possono esaminare per giudicarne l'esattezza. Oltre a questi esami, quali la
precisione storica e il compimento delle profezie, io ti sfiderei a fare come esperimento tuo, la seguente prova
personale.

La Bibbia dice che se ti affidi a Cristo per ottenere il perdono del tuo peccato, la Sua morte in vece tua e la Sua
risurrezione sono sufficienti a salvarti dall'eterna punizione. Come puoi provarlo e come puoi sapere se Dio ha
veramente perdonato il tuo peccato perché un giorno tu possa vivere in ciclo col tuo Creatore? La Bibbia dice che
quando Dio toglie la punizione futura del tuo peccato, netterà anche la tua vita qui sulla terra. Ecco un punto dove
potrai mettere alla prova l'esattezza della Bibbia e l'esistenza del Creatore mediante un'esperienza personale. Credi
che Cristo pagò il tuo peccato con la Sua morte sulla croce! Affida la tua vita al Suo controllo! Vedrai da te che
proprio qui, in questa vita, Egli sostituirà il tuo peccato con l'amore e la purezza. 
 
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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LE OPINIONI DI   Introduzione

DUE SCIENZIATI   T. F. Heinze Intro
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« In ogni campo della conoscenza, un buon libro serve a riassumere i fatti essenziali e a confutare le vecchie e
sorpassate teorie. Il problema dell'origine della vita è un argomento che richiede più di ogni altro, un testo simile.

È perciò un vero piacere accogliere la nuova edizione del libro di Tommaso Heinze su questo problema. Con fatti
consistenti raccolti da molte fonti, la teoria dell'evoluzione è pesata con la bilancia ed è trovata mancante, sia
secondo la scienza che secondo la logica.

Allo stesso tempo i fatti qui esposti servono a confermare ora più che mai la veracità delle Scritture, l'opera del
Creatore e la follia di quella mente che persiste nel dire: " Non c'è Dio " ».

Robert I. Whitelaw

professore di ingegneria meccanica e nucleare al 
Virginia Polytechnic Institute and State University
I

Ho letto con piacere e profitto il suo libro « Creazione o evoluzione ». A parte la relativa brevità, il suo libro copre
in maniera completa l'importante questione della « creazione o evoluzione » Esso è scientificamente accurato e
dovrebbe essere di grande aiuto a tutti coloro che sono aperti a questo argomento così essenziale.

Duane T. Gish

Il prof. Gish ha conseguito varie lauree nel campo della Chimica e della Biochimica. Nel corso di altri studi
compiuti a Cornell e alla Università di Berkeley, California, ha fatto parte di due equipe le cui ricerche sono state
riconosciute con Premi Nobel. Poi, prima di assumere l'attuale carica di professore di Scienze Naturali presso il
Christian Heritage College di San Diego, in California (U.S.A.), si è impegnato nella ricerca farmaceutica.
I

ALCUNE RECENSIONI ALLA PRIMA EDIZIONE

« Questo libro è una vera sfida all'evoluzione. L'insegnante di Scienze troverà la lettura interessante ed utile ».

Recent Books

« Sarebbe davvero difficile porre informazioni più pertinenti in spazio più breve. Ecco un libro che può far leggere
con fiducia a qualsiasi giovane... ».

Carolina Chronicle

« Gli studenti che frequentano le scuole dove si insegna la teoria dell'evoluzione come fatto accettato, troveranno
questo libro di immenso valore.
Esso presenta con lucidità la base filosofica dell'evoluzione, le prove fornite dagli evoluzionisti per avvalorare la
loro posizione e i problemi che tali prove presentano: problemi che raramente vengono menzionati per la riflessione
degli studenti ».

Christian Economics

« In Italia mancava un'opera che affrontasse il problema da un punto di vista biblico evangelico ed insieme
scientifico. Il libro di Tommaso Heinze colma questa lacuna e, in maniera il più possibile semplice e accessibile a
chi abbia un minimo di conoscenze scientifiche, anche a livello scolastico, esamina sia l'evoluzione che la
creazione... non esamina certo tutto il complesso problema, ma ha il vantaggio, nella sua brevità, di obbligarci a
riflettere su questo punto... Scegliere la creazione non è contrario alla scienza ».

Il Cristiano, Maggio, 1976
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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REFERENCES

Chap 1

1 Selezione dal Reader's Digest,  settembre  1970,  pg.  20,  ed. americana.

2 The Oregonian, Portland, Oregon, 23 marzo   1962.

3 N. G. Levin & L. P. potapov, The Peoples of Siberia, 1964, pg. 14­15.

4 Willard F. libby, Radiocarbon Dating, 1955, pg. 148.

5 R. F. Flint & Morris M. leighton, Pleistocene Epoch, in « Encyclopedia Britannica », Ì965, Vol. XVIII, pg. 741.

6 Francis & Datharine, Earliest Man on Earth? in « Selezione dal Reader's Digest », gennaio 1964, pg. 157­163, ed.
americana.

7 National Geographic, Vol. CXXVII, 1965, pg. 215.

8 Modern People, Vol. 8, 18 April 1976, p. 11; come citato in « ICR Acts & Facts », Vol. 5, n. 8, agosto 1976, p. 1.

9 F. Clark Howell, Neanderthal Man, in « Encyclopedia Britannica », Vol. XVI, 1965, pg. 152.

10 M. F. Ashley Montague, An Introduction to Physical Anthropology,  1960, pg.  194­203.

11 Ibid., pg. 194.

12 Sir Wilfred le gros Clark, Evolution of Man, in « Encyclopedia Britannica », 1965, Vol. XIV, pg. 738.

13 Science, Marzo 1956 ­ agosto 1957, University of Groningen Radiocarbon Dates.

14 B. G. Campbell, Cro­Magnon Man, in « Encyclopedia Britannica », Vol. VI, 1965, pg. 792.

15 Clark, op. cit., pg. 738.

16 J. M. Coles, Archeology of Early Man, 1969, pg. 303­305.

17 K. Oakley, Frameworks for Dating Fossil Man, 1966, pg. 292­293.

18 D. Roe, Prehistory, 1970, pg. 46.

Chap 1b ­ 1. Il primo presupposto è che le cose non viventi diedero vita alla materia vivente, cioè la generazione
spontanea;

19 G. A. Kerkut, Implications of Evolution, 1960, pg. 6.
=========================

Chap 2

1 Daily American, 14 maggio 1979, pg. 2.

2 Giovanni Wu, Quesiti sulla fede, Napoli, Edizioni Centro Biblico, 1969, pg. 32.

3 Floyd E. Hamilton, In difesa della fede, Napoli, Edizioni Centro Biblico, 1972, pg. 42.

E. hamilton, op. cit., pg. 64.

5 Giovanni Wu, op. cit., pg. 22­23.

6 J. D. Ratcliff, Where Time Begins, in « Selezione dal Reader's Digest », Aprile 1968, pg. 193­196, ed. Americana.

* In questo volume vengono usate entrambe le sigle ADN (Acido DesossiriboNucleico) e DNA (DesossiriboNucleic
Acid).

7 J. F. Coppedge, « Evoluzione: Possibile o Impossibile », 1973, pg. 74­75.

8 Coppedge, op. cit., pg. 119 e 162­163.

9 Duane T. Gish, Speculations and Experiments Related to Theories on the Origin of Life: A Critique, 1972, pg. 8,
Richiaman­dosi a H. Curey, Proceedings of the National Academy of Science, 1952, pg. 38, 351.

10 Gish, op. cit., pg. 11, 12.

11 Ibid.

12 Gish, op. cit., pg. 24.

13 I Am Joe's Cell, « Selezione dal Reader's Digest », Dicembre 1973, pg. 122, ed. Americana.

14 G. Wald, Scientific American, 1954, pg. 191, 45, Citato da Gish, op. cit., pg. 18.

15 Portland Oregonian, Novembre 1977; che cita New Scientist

16 A. E. Wilder­Smith, Man's Origin, Man's Destiny,  1969, pg. 92.

=========================

Chap 3

1 Domenico E. Ravalico, La creazione non è una favola, Ed. Paoline, 1974, pg. 51, 57, 59, 106. Acido
RiboNucleico.

2 E. K. Victor Pearce, Who was Adam?, 1969, pg. 110.

3 Charles Darwin, The Origin of the Species,  1962, Collier Book Edition, pg. 182.

4 Tumarkin, Evolution of the Auditory Conductive Apparatus in Terrestrial Vertebrates. « Hearing Mechanisms in
Vertebrates », a cura di De Reuck e J. Knight. J. & A. Churchill, Simposio della Fondazione Ciba, 1968.

=========================

Chap 4
1 Enrico Tortonese, Evoluzione, in « Grande Dizionario Encyclopedico ».

2 Vol. VIII, 1967, pg. 318.

3 Historical Geology, 1965, pg. 32

4 Vol. I, pg. 983.

5 carlo darwin, L'origine delle speci, First Collier Books Edition, pg. 308.

6 duane T. gish, Creation, Evolution, and the Historical Evidence, in « The American Biology Teacher », marzo
1973, pg. 135­138. Per un trattamento più completo, vedi: duane T. gish, Evolution? ­ The fossils say No!, in «
Institute for Creation Research », 1972.

7 Science News, 24 sett. 1977, Vol. 112, n. 13, p. 198.

8 carlo darwin, L'origine delle speci, pg. 308.

9 bolton davidheiser, Evolution and Christian Faith,   1969, pg. 307­309.

10 G. G. simpson, Tempo and Mode in Evolutìon, 1944, Columbia University Press, New York, pg. 105.

11 Ibid, pg.  107.

12 D. M. raup and S. M. stanley, Principles of Paleontology, 1971, W. N. Freeman and Co., San Francisco, pg. 306.

13 L. du nouy, Human Destiny, in «The New American Library», New York,  1947, p. 63.

14 Time, Life and Man, 1959, pg. 83.

15 john C. whitcomb e henry M. morris, The Genesis Flood, 1962, pg. 180. Vedi anche « Bulletin of the Geological
Society of America», Vol. 70, febb. 1959, pg. 115­122.

16 john C. whitcomb e henry M. morris, op. cit., pg. 184­200.

17 roberto malaroda, Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Vol. V, 1964, pg. 552.

18 Enciclopedia Americana, Vol. XVIII, 1950, pg. 180.

19 Adventurers in the Search for Man, in « National Geographic Magazine », gennaio 1963, pg. 149.

20 National Geographic Magazine, Vol. CXX, ottobre 1961.

21 woodford, Historical Geography, pg. 218.

22 donald E. chittick, Creation, Evolution and the Scripture, 1966, pg. 79.

23 Accuracy of Radiocarbon Dates, in « Science », Vol. CXL, 19 aprile 1963, pg. 278.

24 Ibid.

25 Carbon ­ 14 and the Age of the Atmosphere, in « Creation Research Society Quarterly », Vol. VII, giugno  1970,
pg.  53­56.

26 henry M. morris, The Young Eartb in « ICR Impact Series Vol. 17 », Institute for Creation Research.

27 ronald shiller, The Continents are Adrift, in « Selezione dal Reader's Digest », aprile 1971, pg. 103, ed.
americana.

28 davidheiser, Evolution and Christian Faith, pg. 298.

29 D. W. R. McKINLEY, Meteor, in « Enciclopedia Britannica », Vol. XV, 1965, pg. 270.

30 Mission Evaluation Team, NASA Manned Spacecraft Center; Apollo II Mission Report, NASA SP­238, 1971,
pg. 133.

31 R. preston, J. tottle, M. murpy and J. flannery, Culture Regions in the Eastern Hemisphere, 1971, pg. 341.

32 Time, Life and History in the Light of 15,000 Radiocarbon Dates, in « Creation Research Society Quarterly »,
Vol, VII, giugno 
1970, pg. 53­56.

33 john C. C. whitcomb e henry M. morris, op. cit., pg. 172­173.

34 The carboniferous mystery, in « Scientific American », Vol. CLXII, gennaio 1940, pg. 14.

35 clifford L. burdick, Discovery of Human Skeletons in Cretaceous Formation, in « Creation Research Society
Quarterly », sett. 1973, pg. 109­110.

36 williams J. meister, Sr. Discovery of Trilobite Fossils in Shod Footprint on Human in « Trilobite Beds » ­ A
Cambrìan for­mation ­ Antelope Sprìngs, Utah, « Why Not Creation? », 1970, page. 186­193.

37 Geological Correlation and Paleoecology, in « Bulletin of the Geological Society of America », LIX, gennaio
1948, pg. 2.

38 robert van atta, The Significance of Fossils and Stratigraphy, in « Creation, Evolution, and the Scripture », 1966,
pg.  132­133.

39 Voi. XIV, pg. 390.

40 Equidae,   in   « Enciclopedia   Britannica »,   Vol.   VIII,   1972, pg. 658,

41 L. du nouy, Human Destiny, in «The New American Library», 1947, New York, pg. 63.

42 R. B. goldschmidt, American Scientist, Vol. XL, 1952, pg. 97.

43 Ibid, pg. 659.

44 World Book Encyclopedia, Vol. XIII, 1964, pg. 311. 45 federigo B. kirbus, Trade Your Dog for a Midget Horse,
in « Science Digest », aprile 1973, pp. 64­67.

46 leonard radinsky, oldest Horse Brains: More Advanced than Previously Realized, in « Science », novembre 1976,
pp. 626­627.

47 george gaylord simpson, Horses, The Story of the Horse Family in the modern World Through Sixty Million
Years of History, 1952, p. 201.

Si è affermato che se un milione di scimmie battesse a casaccio i tasti di un milione di macchine da scrivere per un
milione di anni,

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Chap 5
1 The new Evolution Zoogenesis, 1930, pg. 211­213.

2 Implications of Evolutions, 1960.

3 robert J.  braidwood, New Eastern Prehistory,  « Science » n. 3312, Vol. 127, 20 giugno 1958, pg. 1419.

4 warren S. thompson, Population, in « Enciclopedia Ameri​
cana », Vol. XXII, 1950, pg. 367.

5 henry M. morris, World population, in « The King's Bu­siness », gennaio 1970, pg.  19.

6 Evolution and Ethics, 1947, pg. 14.

7 robert E. D. clark, Darwin Before and After.

8 ìbid., pg. 115­116.

9 adolf hitler, Mein Kampf,  1933, citato da A. E. Wilder Smith, Man's Origin, Man's Destiny,  1969, pg. 188.

10 crusafont e piveteau, Theilard de Chardin ed il pensiero cattolico, pg. 151­159.

11 theilard de chardin, La place de l'homme dans la nature, 1965, pg. 173.

12 John C. Whitcomb & Henry M. Morris, op. cit., pg. 161.

13 N. O. Newell, Adequacy of the Fossil Record, in «Journal of Paleontology », Vol. XXXIII, maggio 1959, pg. 49,
citato da Morris, op. cit., pg. 160.

14 Ibid., pg. 165.

15 N. A. rupke, Prolegomena to a Study of Cataclismal Sedimentation, « Why Not creation? »,  1970, pg.  152­157.

16 Creation Research Society Quarterly, Vol.  IX,  3, dec.1972, pg. 152­153.

67 Robert L. Whitelaw, op. cit., pg. 59­71.

18 Collier's Encyclopedia, Vol. XVIII, 1964, pg. 59.

19 John C. Whitcomb & Henry Morris, op. cit., pg. 69.

20 Ibid., pg. 10.
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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CREAZIONE
O
EVOLUZIONE
TOMMASO HEINZE

EDIZIONI CENTRO BIBLICO 
NAPOLI   © 1973 ­ Baker Book House

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TITOLO ORIGINALE: CREATION VS. EVOLUTION HANDBOOK 
TRADUZIONE DALL'INGLESE DI GIULIO MONTAGNA

INTRODUZIONE

Capitolo primo ­ L'EVOLUZIONE E NOI

Capitolo secondo ­ INIZIANDO DALL'INIZIO

Capitolo terzo ­ EVOLUZIONE, COME?

Capitolo quarto ­ LE PROVE DELL'EVOLUZIONE

Capitolo quinto ­ PROBLEMI STATISTICI PER L'EVOLUZIONE

Capitolo sesto ­ SPIEGAZIONI

LE OPINIONI DI DUE SCIENZIATI SUL 
VALORE DI QUESTO LIBRO

INTRODUZIONE
Mi sembrava d'avere davanti a me un altro giovane. Dall'atteggiamento di arroganza e condiscendenza di chi ha
una conoscenza superiore era passato ad un meditativo silenzio, interrotto di tanto in tanto da un'altra domanda.
Aveva appena capito, per la prima volta nella sua vita, che i resti fossili del cavallo, tanto spesso ritenuti la prova
più chiara dell'evoluzione, costituivano, invece, un genere di prova errato! Benché l'evidenza di un cambiamento
graduale da quattro dita per le gambe anteriori e tre per le posteriori ad un solo dito per ciascuna di esse fosse
stata ben presentata a lui e alla maggioranza degli studenti, come prova dell'evoluzione, essa provava in pratica il
contrario! Era un passaggio dal complesso al semplice! Da un numero maggiore di dita ad uno minore! Se si
immagina questo genere di cambiamento portato alle sue estreme conseguenze, un cavallo potrebbe ridursi ad una
sola cellula, ma una sola cellula non potrebbe mai divenire un cavallo, né una persona. Malgrado questa sua
fragilità fondamentale, l'argomento delle dita del cavallo viene abitualmente presentato come una delle migliori
prove a favore dell'evoluzione. Essa infatti è una delle migliori, non perché sia buona in se stessa, ma a paragone
delle altre.

Dovunque, i giovani si danno alla rivolta, alle droghe o si isolano individualmente da un mondo senza senso e senza
scopo, che ritengono si sia formato per caso e che non

abbia nessun fine. E questo li ha portati finora ad una crescente distruzione di se stessi e della società quale essi
conoscono, e non ad una soluzione positiva.

Essi non hanno creduto nell'evoluzione per la forza delle prove addotte, ma perché, come nel caso dello studente
sopra citato, non hanno udito quasi per niente l'altra campana e ritengono naturalmente che non esista alcuna
prova a favore della creazione del mondo da parte di Dio. In realtà esistono buone prove a favore della creazione
divina e si potrebbero citare, al posto dello studente sopra menzionato a proposito della prova del cavallo, molte
altre esperienze interessanti, eluse da qualunque altro tipo di prove in campi più qualificati. Penso a quel
giovanissimo studente universitario, assistente ricercatore, che mi dava appuntamento nella biblioteca universitaria
durante l'intervallo fra le sue ore di lavoro. Aveva i capelli lunghi e prendeva la droga, ma la sua mente era aperta,
voleva conoscere.

La Bibbia dice: « Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ». Questo studio è stato intrapreso nel desiderio di
presentare la verità, accurata dal punto di vista scientifico, in una forma concisa che ne permetta la lettura alle
persone occupate.

Presento qui i miei sinceri ringraziamenti ai molti che hanno contribuito a rendere possibile la pubblicazione di
questo libro: i professori delle varie discipline scientifiche toccate, che hanno dato consigli e hanno controllato
l'accuratezza scientifica; tutti quelli che hanno collaborato alle ricerche, alla stesura a macchina del testo e alle
correzioni del manoscritto. Senza il loro aiuto questo piccolo manuale non avrebbe mai visto la luce.

Tommaso Heinze

Capitolo primo ­ L'EVOLUZIONE E NOI
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

Introduzione T. F. Heinze Intro www.creationism.org


TOMMASO HEINZE

CREAZIONE

EVOLUZIONE

EDIZIONI CENTRO BIBLICO Via Carriera Grande, 37 ­ 80139 NAPOLI

TITOLO ORIGINALE: CREATION VS. EVOLUTION HANDBOOK TRADUZIONE DALL'INGLESE DI
GIULIO MONTAGNA

Proprietà letteraria riservata Copyright © 1973, by Baker Book House

Prima edizione in italiano 1976 Seconda edizione rivista e aggiornata 1980

Printed in Italy, 1980 (40­3­1980)

La Tipografia di D. Oliva ­ Napoli

INTRODUZIONE

Mi sembrava d'avere davanti a me un altro giovane. Dall'atteggiamento di arroganza e condiscendenza di chi ha
una conoscenza superiore era passato ad un meditativo silenzio, interrotto di tanto in tanto da un'altra domanda.
Aveva appena capito, per la prima volta nella sua vita, che i resti fossili del cavallo, tanto spesso ritenuti la prova
più chiara dell'evoluzione, costituivano, invece, un genere di prova errato! Benché l'evidenza di un cambiamento
graduale da quattro dita per le gambe anteriori e tre per le posteriori ad un solo dito per ciascuna di esse fosse
stata ben presentata a lui e alla maggioranza degli studenti, come prova dell'evoluzione, essa provava in pratica il
contrario! Era un passaggio dal complesso al semplice! Da un numero maggiore di dita ad uno minore! Se si
immagina questo genere di cambiamento portato alle sue estreme conseguenze, un cavallo potrebbe ridursi ad una
sola cellula, ma una sola cellula non potrebbe mai divenire un cavallo, né una persona. Malgrado questa sua
fragilità fondamentale, l'argomento delle dita del cavallo viene abitualmente presentato come una delle migliori
prove a favore dell'evoluzione. Essa infatti è una delle migliori, non perché sia buona in se stessa, ma a paragone
delle altre.

Dovunque, i giovani si danno alla rivolta, alle droghe o si isolano individualmente da un mondo senza senso e senza
scopo, che ritengono si sia formato per caso e che non
abbia nessun fine. E questo li ha portati finora ad una crescente distruzione di se stessi e della società quale essi
conoscono, e non ad una soluzione positiva.

Essi non hanno creduto nell'evoluzione per la forza delle prove addotte, ma perché, come nel caso dello studente
sopra citato, non hanno udito quasi per niente l'altra campana e ritengono naturalmente che non esista alcuna
prova a favore della creazione del mondo da parte di Dio. In realtà esistono buone prove a favore della creazione
divina e si potrebbero citare, al posto dello studente sopra menzionato a proposito della prova del cavallo, molte
altre esperienze interessanti, eluse da qualunque altro tipo di prove in campi più qualificati. Penso a quel
giovanissimo studente universitario, assistente ricercatore, che mi dava appuntamento nella biblioteca universitaria
durante l'intervallo fra le sue ore di lavoro. Aveva i capelli lunghi e prendeva la droga, ma la sua mente era aperta,
voleva conoscere.

La Bibbia dice: « Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ». Questo studio è stato intrapreso nel desiderio di
presentare la verità, accurata dal punto di vista scientifico, in una forma concisa che ne permetta la lettura alle
persone occupate.

Presento qui i miei sinceri ringraziamenti ai molti che hanno contribuito a rendere possibile la pubblicazione di
questo libro: i professori delle varie discipline scientifiche toccate, che hanno dato consigli e hanno controllato
l'accuratezza scientifica; tutti quelli che hanno collaborato alle ricerche, alla stesura a macchina del testo e alle
correzioni del manoscritto. Senza il loro aiuto questo piccolo manuale non avrebbe mai visto la luce.

tommaso heinze

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

Introduzione  ­   T. F. Heinze Intro  ­   www.creationism.org
Introduzione
Capitolo primo 
T. F. Heinze Intro
L'EVOLUZIONE   www.creationism.org
E NOI << >>

L'effetto della teoria dell'evoluzione nella tua vita oggi e domani

« Perché dovrei leggere un libro sulla controversia creazione­evoluzione? Che differenza pratica fa nella mia vita? ».
Una buona domanda da fare! Vediamo cambiamenti fantastici nella società che ci circonda perché la gente sta
iniziando a capire le implicazioni di questa controversia nella vita di ogni giorno.

« Se noi siamo i prodotti di variazioni genetiche dovute al caso, piuttosto che esseri creati da Dio, perché dovremmo
vivere secondo un codice morale sorpassato? Un codice basato su comandamenti sbagliati di un Dio che non esiste?
» essa si chiede.

Nella città di Washington, sede del governo degli Stati Uniti, un paese dove per molti anni è stata insegnata la teoria
dell'evoluzione, si uccidono più bambini con l'aborto di quanti se ne lasciano vivere e più della metà delle madri di
quelli nati non hanno marito. Questa città rappresenta un esempio estremo, ma in gran parte del mondo la
pornografia, la criminalità, la violenza e la disonestà sono in rapido aumento.

La maniera di vivere delle persone si basa, almeno in parte, su ciò che esse credono. L'evoluzione insegna che la
prima vita si generò spontaneamente come singola cellula. Poi, mediante cambiamenti genetici prodottisi per puro
caso, si sviluppò gradatamente in forme di vita più complesse perché i più forti riuscissero ad eliminare i più deboli
o a produrre una maggiore prole. Sostituire la sopravvivenza del più forte come nuova base di morale e di etica al
comandamento di Dio di amarci l'un l'altro, comporta inevitabilmente molti sacrifici per il nostro modo di vivere.
Chissà, se non distruggerà la civiltà quale noi l'abbiamo conosciuta. Le relazioni basate sull'onestà, la gentilezza e la
fedeltà sessuale sono condannate a diventare sempre meno comuni. Questa degradazione della società è
probabilmente necessaria se la teoria dell'evoluzione è vera, ma dobbiamo fare del tutto per respingerla se non lo è.
Lo scopo di questo libro è appunto quello di aiutarti ad esaminare per te stesso le prove pro e contro le teorie
dell'evoluzione e della creazione divina. Vale la pena di spendere qualsiasi tempo e di fare qualsiasi sforzo per
arrivare a conoscere a fondo queste prove.

La scienza cambia

Un giovane medico, mio amico, continuando gli studi per diventare professore, ha dovuto di recente frequentare un
corso di biochimica, materia che già aveva studiato otto anni prima. Non si trattava di « rinfrescare la memoria » né
aveva imparato male tale materia la prima volta. La ragione era semplice: la biochimica era tanto cambiata in otto «
brevi » anni che il corso da lui frequentato non rappresentava più il pensiero scientifico attuale sulla materia.

« Quasi tutto quello che da anni credevamo vero, si è dimostrato falso o inesatto alla luce delle scoperte successive »
ha detto il professer Edward Teller in una conferenza tenuta alla Università di California, nel corso della quale
descriveva il progresso compiuto dalla scienza dopo la seconda guerra mondiale. « In pratica vi è una sola
affermazione scientifica che oserei oggi fare in maniera assoluta, ed è questa: Non v'è nulla di più veloce della
velocità della luce, forse » 1.

Se la verità assoluta è sempre la stessa, se essa concordasse in maniera completa con la scienza di ieri, non
concorderebbe con quella di oggi, e se concorda con quella di oggi, non concorderà con quella di domani. Il fatto
che la scienza compie dei progressi nel corso delle sue scoperte e che quindi cambia le sue interpretazioni non ne
riduce in alcun modo il valore. Dobbiamo riconoscere tuttavia che una certa tesi non è necessariamente inesatta dal
punto di vista scientifico solo perché non concorda con una teoria che molti, o persino tutti gli scienziati sostengono
in un certo momento. Al contrario, anzi, qualunque principio che concordava con ogni aspetto della scienza di ieri
sarebbe inesatto secondo quella di oggi, ed uno che concordi su ogni punto con quella di oggi, potrebbe dimostrarsi
errato domani. Senz'altro la idea di una creazione non gode il favore di gran parte degli scienziati di oggi, ma dopo
l'esame delle prove vedremo che vi sono buone ragioni scientifiche perché essa torni alla ribalta domani.

Quello che è stato insegnato riguardo all'evoluzione umana è forse il migliore esempio di come la scienza cambi
idea con il passare del tempo. Perciò, a rischio di essere accusato di non aver presentato il mio soggetto in un ordine
logico, vorrei subito considerare questo soggetto affascinante.

I fossili umani

Quando pensiamo all'evoluzione umana, ci vengono immediatamente in mente i quadri e le statue, che vediamo
spesso nei musei e nei libri e che raffigurano qualcosa a mezza strada fra l'uomo e la scimmia. Tali esseri, in verità,
sono esistiti soltanto nella mente dei loro artisti. Una fotografia di L.S.B. Leakey2, vari anni fa, richiamò la mia
attenzione su questo fatto. Fra le dita stringeva un frammento di osso, tanto piccolo da essere appena visibile.
Nell'articolo annunziava che il suo ritrovamento colmava un importante vuoto nella conoscenza della storia
dell'evoluzione dell'uomo.

Partendo da minuscoli frammenti come questo, gli evoluzionisti costruiscono dei grandi modelli raffiguranti non la
persona o l'animale come erano, poiché è impossibile saperlo, ma come avrebbero dovuto essere per adattarsi alla
teoria evoluzionistica. Questa è un'accusa grave, ma cercherò di provarla. Per prima cosa riconosco subito che non
tutti i casi sono gli stessi e che a volte le ossa forniscono al disegnatore un ausilio per il disegno che deve fare, ma il
numero delle ossa in possesso degli scienziati è molto limitato. Esaminiamone alcune che sono state ritenute le più
importanti.

L'uomo di Piltdown (di solito, come in questo caso, ai fossili considerati nella linea umana, è stato dato il nome del
luogo in cui sono stati trovati), costituì una delle più importanti scoperte di fossili umani. Esso venne rinvenuto in
una cava di ghiaia nel Sussex, in Inghilterra, nel 1912, e venne generalmente usato come prova convincente
dell'evoluzione dell'uomo in testi pro evoluzionisti. L'Enciclopedia Britannica, la più autorevole nella lingua inglese,
lo considerava il secondo per importanza, fra i fossili che dimostravano l'evoluzione dell'uomo. Degli artisti
evoluzionisti, partendo da un pugno di ossa, crearono i loro modelli e i loro disegni per musei e per libri di testo.
Dopo molti anni si scoprì che l'uomo di Piltdown non era che una burla premeditata! La mascella era quella di una
scimmia antropomorfa ed il cranio quello di un uomo moderno, malgrado il fatto che rapporti compilati da esperti
affermavano trattarsi di un essere tanto primitivo che si dubitava avesse potuto parlare. Tanto la mascella quanto i
denti erano stati alterati perché sembrassero antichi. Uno degli os­sicini del naso proveniva probabilmente da
un'altra parte del corpo di un animale di piccole proporzioni.

Mentre da un lato non dimostra l'evoluzione, l'uomo di Piltdown dimostra la difficoltà, se non l'impossibilità di
ricostruire con precisione uomini che non vivono più. Alcuni scienziati, sin dall'inizio, si mostrarono scettici circa
l'uomo di Piltdown, com'è avvenuto anche per altri fossili umani. Tuttavia fu quarantenni dopo che esso venne infine
discreditato. Oggi le statue dell'uomo di Piltdown sono state rimosse dai musei e i disegni che lo rappresentavano dai
libri, benché il danno da esso arrecato, nel distruggere la fede nella creazione dell'uomo da parte di Dio, sussista
ancora nella vita di molti. È lamentevole che non si sia più guardinghi nell'insegnare agli scolari, come fatti, cose
che scienziati di fama ritengono dubbie.

Un altro fossile che era stato accolto come un progenitore del genere umano fu l'uomo del Nebraska, anche chiamato
con il suo più altisonante nome scientifico Hesperopite­co. Si trattava, in pratica, di null'altro che di un dente, ma era
tutto quello che era necessario perché degli esperti costruissero l'intero uomo che, naturalmente, aveva proprio
l'aspetto sognato da un evoluzionista. Attualmente forse continuerebbe a discreditare la creazione dell'uomo se non
avesse posto termine alla sua carriera la scoperta che si trattava del dente di un porco e non di un uomo.

Questi esempi servono a metterci in guardia contro la grande eventualità di errori nell'interpretazione delle prove
fornite dai fossili, allorquando si ha un'idea preconcetta con la quale si vuol far calzare tutto.
La grandezza della scatola cranica e la grandezza e la forma delle altre ossa vengono usate per determinare il grado
di evoluzione. Ma va ricordato che anche fra le persone viventi oggi esiste una grande differenza. Le ossa del
pigmeo attuale o dell'aborigeno australiano paragonate a quelle di un giocatore di pallacanestro mostrano una grande
differenza e, se poste nell'ordine giusto, potrebbero servire per dimostrare o l'evoluzione o la degenerazione per
coloro che non sapessero che queste persone sono vissute nella stessa epoca. Per mostrare una diversità nei confronti
dell'uomo moderno è realmente necessario paragonare gli ossi fossili con quelli dell'uomo moderno più
specificamente simile e non con l'uomo medio.

Provare l'età dell'uomo fossile comporta un certo numero di altre difficoltà, una delle quali è costituita dal fatto che
si ha l'abitudine di seppellire i morti invece di lasciarli negli strati nei quali hanno vissuto e camminato. Questa
abitudine potrebbe creare un'enorme differenza se la regione nella quale vivevano avesse subito un'erosione, poiché
basterebbe scavare di poco per porre il morto in strati formatisi molti anni prima. Un'altra difficoltà è che i fossili
non si formano normalmente, se non si è verificata una pressione, di solito sotto l'acqua. In condizioni ordinarie i
corpi si decompongono. E a rendere più complicato il problema, gli scheletri non vengono di solito rinvenuti
insieme, ma in pezzi sparsi qua e là.

Alle difficoltà sopra menzionate si aggiunge quella costituita dalla datazione, generalmente molto incerta, in quanto
basata sulla speranza che sia vera l'evoluzione che essa cerca di provare. Si tratta di stabilire l'età dei fossili mediante
l'età degli strati che li contengono, la quale è di solito a sua volta determinata dall'età dei campioni fossili
contenutivi. La difficoltà di datazione dei fossili umani è ancora più evidente poiché per il periodo del Pleistocene,
nel quale, secondo gli evoluzionisti, si sviluppò l'uomo, si hanno poche prove di evoluzione di altre forme di vita e si
manca perciò di fossili guida. Si cerca di fissare una data per questo periodo mediante i cambiamenti climatici, e la
sua durata sarebbe stabilita sulla base delle ere glaciali. Il numero delle ere glaciali postulate per l'America varia da
una a cinque, ma il più comunemente indicato è di quattro. Il completo accordo manca ancora e le prove raccolte in
altre parti del mondo non contribuiscono molto ad appoggiare l'idea di quattro ere glaciali. Per esempio « nuovi studi
fondamentali compiuti da A.I. Popov cambiano radicalmente i fatti conosciuti sull'era glaciale in Siberia occidentale.
Il fenomeno dominante osservabile del Quaternario era una vasta invasione del mare e non una glaciazione » 3.

Le prove tendono a far pensare, secondo questi autori, che molte di quelle che erano considerate prove di una
glaciazione non erano altro che risultati del ghiaccio trasportato dal mare. Se invece di esservi quattro distinte ere
glaciali, l'erosione glaciale si è verificata solo durante un periodo, il periodo del Pleistocene ne risulterebbe
drasticamente abbreviato.

Le parole di Frederick Johnson, che scriveva insieme a Willard Libby, la più alta autorità riconosciuta sulla
datazione mediante il radiocarbonio, difendono la datazione col carbonio contro le critiche mossegli da sostenitori di
altri metodi e mettono anch'esse in risalto la precarietà delle datazioni in questo periodo: 
 

In geologia, alcune, ma non tutte le critiche circa le date ottenute mediante il radiocarbonio, sono basate
su deduzioni riguardanti il comportamento di una lastra di ghiaccio attualmente inesistente. Non v'è
alcuna maniera per provare o negare le ipotesi circa la velocità con la quale il ghiaccio ha avanzato o si
è ritirato, il grado di precisione del tentativo di calcolare gli anni passati contando gli strati formati in
fondo a vecchi laghi o il significato delle modificazioni della vegetazione4.

Egli conclude che è « assurdo » criticare le date ottenute mediante il carbonio sulla base di questo tipo di prove. La
confusione che risulta nella datazione di un periodo nel quale si suppone l'uomo stesse evolvendosi viene fatta
risaltare nella discussione presentata nell'Enciclopedia Britannica circa l'ultima era glaciale: « Si constata che la
datazione mediante il radiocarbonio assegna soltanto la metà del tempo concesso dalle più antiche valutazioni... I
geologi conservatori ritengono a proposito delle ere glaciali che si dovrebbero proseguire le ricerche per ottenere
ulteriori e più ampie informazioni. Nel frattempo si deve rispettare il lavoro di stratigrafia, lavoro e ricerca
attentamente documentati »5. Ciò significa che per adesso si seguiranno le date più antiche invece di quelle ottenute
mediante il radiocarbonio che ridurrebbero il tempo della metà. Ma come vedremo esistono prove convincenti che le
date ottenute mediante il radiocarbonio sono esse stesse troppo antiche.
I fossili, che gli evoluzionisti hanno considerato umani o appartenenti alla linea evolutiva dell'uomo, sono da anni
fonte di estrema confusione. La tendenza di ciascuno degli scopritori era quella di considerare la propria scoperta
come qualcosa di unico, di un tipo completamente diverso da quella degli altri, sottraendola a volte gelosamente allo
sguardo sfavorevole dei colleghi scienziati.

È emersa nondimeno una quadruplice classificazione dei presunti anelli di congiunzione fra l'uomo e gli animali
inferiori che è diventata la classica spiegazione dell'evoluzione umana. Malgrado ciò, la storia della ricerca di una
connessione tra l'uomo e gli animali è la storia di un processo continuo di scoprire e scartare un presupposto anello
di congiunzione dopo l'altro, allorché si scoprono fossili di uomini che vissero prima degli intermedi. Ciò sta
spostando la ricerca di una forma intermedia a strati sempre più vecchi. Mostreremo più avanti che c'è qualche
evidenza nei fossili che ci consente di prevedere la continuazione di questo processo fino agli strati più vecchi. Nel
frattempo, bisogna leggere ciò che segue realizzando che tutti gli anelli di congiunzione di questo classico sistema di
classificazione sono già stati scartati. Nel 1972 quando Richard Leakey trovò il cranio 1740, che menzioneremo più
avanti, dichiarò che ciò eliminava completamente la classica spiegazione dell'evoluzione umana e che non aveva
nulla da mettere al suo posto. A quanto pare, neppure nessun altro è stato capace di sostituirlo, perché i testi vanno
ancora presentando il vecchio smentito sistema dell'evoluzione umana. Dunque esaminiamo questo sistema
iniziando dall'anello più antico.

L'Australopiteco

Si tratta di animali simili a gorilla, almeno per quel che riguarda la cresta ossea rinvenuta a volte alla sommità del
cranio e le dimensioni del cervello. I denti sono tuttavia alquanto simili a quelli dell'uomo. Inoltre è probabile che
questi esseri camminassero in posizione eretta. Di essi si sa ben poco altro, poiché i fossili rinvenuti sono pochi e
fram­mentari. I fossili più noti appartenenti a questo gruppo sono lo Zinjantropo e l'Homo habilis, rinvenuti in
Africa dal dot­tor Leakey.

Il più completo di questi ritrovamenti effettuati dal Leakey è un cranio che, al momento del suo rinvenimento era
sminuzzato in più di quattrocento pezzi ritrovati setacciando tonnellate di terra fra le quali erano sparsi. Occorse più
di un anno per mettere insieme i pezzi, ed un collega del Leakey disse che era come ricostituire un uovo schiacciato
da un autocarro6.

Malgrado la forma di tali pezzi, non solo il cranio è stato ricostruito in maniera da soddisfare i requisiti
dell'evoluzione, ma sono state presentate illustrazioni del suo aspetto completo di barba. Mentre, di solito,
ricostruzioni di tal genere vengono eseguite con grande cautela e mettendo in guardia circa i loro limiti,
sventuratamente esse sono spesso impiegate da altri per « smerciare » l'evoluzione agli scolari, senza il beneficio
delle riserve e delle messe in guardia espresse al riguardo.

I metodi convenzionali di datazione facevano risalire lo Zinjantropo a più di seicentomila anni or sono. Il metodo del
potassio e argon, ad un milione e settecentomila anni7.

La maggior parte delle autorità, oggi sostiene che l'uomo moderno non si è sviluppato dall'Australopiteco, ma che
invece tutti e due provengono da qualche altro animale ancora sconosciuto.

II Pitecantropo o Homo erectus

Il secondo gruppo è quello del Pitecantropo che si ritiene avesse caratteristiche intermedie fra la famiglia del­
l'Australopiteco e noi e che sarebbe vissuto mezzo milione di anni or sono.

Fra i fossili più importanti di questo gruppo c'è il Sinantropo, anche conosciuto sotto il nome di uomo di Pechino,
poiché questi fossili furono rinvenuti in Cina, nei pressi di Pechino. Questi avanzi consistevano soprattutto in denti,
mandibole e parti di quattordici crani che presumibilmente erano stati fracassati per poterne mangiare il cervello che,
per ciascun cranio, costituiva una quantità di carne che andava dai cm3 915 ai 1225. Insieme a questi fossili c'erano
prove dell'uso del fuoco e di utensili. Tutti questi fossili sono apparentemente andati perduti nel tentativo di farli
uscire dalla Cina durante la seconda guerra mondiale.
L'altro ben noto rappresentante di questo gruppo è l'uomo di Giava, di cui si hanno una calotta cranica ed un femore.
Fu rinvenuto dapprima da Eugène Dubois insieme ad altri crani umani ordinari di cui egli non fece cenno per
trent'anni, fino a quando l'uomo di Giava non fu comunemente accettato. Più tardi vennero rinvenute parti di quattro
altri crani, alcuni denti e frammenti di mandibole e di femori. I femori sarebbero stati identici a quelli dell'uomo
moderno. Ciò attribuisce all'uomo di Giava, una posizione di rilievo nell'evoluzione, poiché alcuni descrivono la
testa del Pitecantropo come simile a quella di una scimmia antropomorfa. Tuttavia, poiché furono trovati anche crani
umani normali, esiste sempre la possibilità che le gambe accompagnassero i crani umani e non l'uomo di Giava,
poiché tutto fu trovato nella ghiaia depositata sull'argine di un fiume. Se vivevano ambedue nella stessa epoca, si
escluderebbe così l'importanza dell'uomo di Giava dal punto di vista evolutivo. Per quel che riguarda i denti,
tuttavia, essi rassomigliereb­bero a quelli umani sotto molti aspetti, ma ne differirebbero sotto altri.

Nel riportare questi « fatti » a proposito del Pitecantropo e dell'Australopiteco, ho cercato di essere quanto più
obiettivo possibile e di presentare il pensiero corrente della maggioranza. Ma le autorità in questo campo sono in
disaccordo fra loro e anche riguardo alle proprie precedenti affermazioni, sia a proposito delle opinioni circa
l'evoluzione, sia circa il volume cerebrale, l'uso del fuoco e degli utensili degli uomini o degli animali cui
appartengono i fossili, o di altri che abitarono la caverna molti anni dopo, ecc. Tutto ciò che si può realmente dire,
quindi, è che il Pitecantropo e l'Australopiteco vivevano un tempo ma che ora sono estinti. Come si dirà anche nella
parte riguardante l'anatomia comparata, le interpreta­zioni dipendono dalle opinioni basilari di coloro che
interpretano. Se pensano che la somiglianzà debba per forza mostrare derivazione, vengono ad una conclusione. Se
pensano invece che la somiglianzà di disegno indichi la creazione dallo stesso creatore arrivano ad una conclusione
diversa.

È possibile che Dio abbia creato l'Homo erectus così come era.

Un'altra possibile spiegazione è quella che esso fu prodotto da mutazioni, che operando nella loro solita direzione in
persone normali diedero origine ad una razza degenerata.

Un'affascinante ma non tanto probabile variazione è quella dell'evoluzionista dott. Geoffrey Bourne, un noto
primatolo­eista il quale ritiene che sia la scimmia ad essersi sviluppata dall'uomo! 8 Poiché per lungo tempo l'Homo
erectus è stato considerato dagli evoluzionisti un anello di congiunzione fra l'uomo e la scimmia e ora sembra che
l'uomo sia vissuto assai prima dell'Homo erectus, il dott. Bourne pensa che il primo Homo erectus, si sviluppò
dall'uomo e poi la scimmia dall'Homo erectus! Sebbene il dott. Bourne non abbia convinto molti che la scimmia si
sviluppò così dall'uomo, il fatto che un coltissimo ed eminente scienziato ritenga che la prova si dovrebbe
interpretare proprio in maniera opposta a quella normalmente impiegata dagli altri evoluzionisti, mostra quanto in
effetti sia debole l'evidenza a favore dell'evoluzione umana.

L'uomo di Neanderthal

Anche a proposito dell'uomo di Neanderthal i malintesi sono stati altrettanto grandi come nel caso dell'inganno di
Piltdown. In merito a ciò, l'Enciclopedia Britannica dice: « La concezione popolare, secondo cui questi individui
avevano stazione goffa ed andatura dinoccolata con ginocchia piegate, sembra sia dovuta in larga parte all'erronea
interpretazio­ne di certe caratteristiche delle ossa delle ginocchia di uno degli scheletri di Neanderthal scoperti agli
inizi del XX se­colo » 9.

Rivedo questo nel 1979. Da cento anni ci si serve dell'uomo di Neanderthal per insegnare l'evoluzione. Il materiale
fossile a nostra disposizione è di gran lunga più abbondante per l'uomo di Neanderthal che per gli altri gruppi che
abbiamo già esaminato. La maggior parte di esso è stato a nostra disposizione da anni; alcuni di questi fossili da
prima di quello impiegato per l'interpretazione evolutiva, ma solo negli ultimi anni, con la scoperta che uomini
moderni esistevano molto prima di quelli di Neanderthal si comincia a cessare di servirsi di lui come un anello
nell'evoluzione dell'uomo! Come i musei dovettero disfarsi delle statue dell'uomo di Piltdown, adesso stanno
cambiando quelle di Neanderthal. Cito l'estratto di un articolo del « Portland Oregonian » degli inizi del 1971, circa
il cambiamento delle statue dell'uomo di Neanderthal al Chicago Field Museum of Natural History. Esso si intitola:
« Lento avanzamento dell'uomo di Neanderthal » (in un'epoca in cui si può raggiungere la luna in un paio di giorni,
lento è senz'altro il termine da impiegare!). 
 
« L'idea che si aveva dell'uomo di Neanderthal era quella di un povero scemo peloso e tanto curvato che
le dita si trascinavano per terra, mentre gli occhi incavati scrutavano da sotto massicce sopracciglia
cercando carne.

« In primo luogo, diceva Cole, l'uomo di Neanderthal stava ritto come noi. Il capo era eretto, ben
disposto sulla colonna vertebrale, altrimenti avrebbe perso l'equilibrio.

« Aveva un buon volume cerebrale e non c'era quella sorta di gobba muscolosa che andava dalle spalle
al collo, come appariva invece nella vecchia immagine da sostituire ».

Poiché gran parte del ragionamento in favore dell'evoluzione è basato sul minor volume cerebrale del Pitecantropo e
dell'Australopiteco, è interessante notare che il volume cerebrale medio dell'uomo di Neanderthal è maggiore di
circa cm3 100 rispetto a quello medio dell'uomo odierno che è di cm3 135010. È anche interessante osservare quanto
poco importante divenga la questione del volume cerebrale quando ci occupiamo di volumi cerebrali più grandi di
quelli dell'uomo di oggi invece che di quelli più piccoli. A proposito di tale ragionamento, il ben noto antropologo
M. F. Ashley Mon­tague scrive: 
 

« Paragonato all'uomo moderno, l'uomo di Neanderthal si distingue per la fronte molto meno
schiacciata di quanto appaia, in quanto l'apparenza viene accentuata dalla presenza di arcate
sopraccigliari molto sviluppate...

« Nonostante il fatto che le conclusioni relative all'intelligenza dedotte dalla forma della testa siano state
da tempo dimostrate infondate, vi sono tuttavia alcuni studiosi i quali, dimentichi di questo fatto,
asseriscono che l'uomo di Neanderthal non doveva esser molto intelligente, poiché aveva sopracciglia
alquanto più sporgenti delle loro. Resta il fatto che, entro una certa gamma di variazioni, né il volume,
né la forma, né la misura del cervello degli ominidi si trova legato minimamente all'intelligenza.
Individui il cui cervello non superava i cm3 750 si sono dimostrati d'intelligenza perfettamente normale.
È noto che persone con fronte bassa non sono mentalmente né migliori né peggiori di quelli che l'hanno
alta... » 11.

Le epoche che oggi sono assegnate ai fossili di Neanderthal variano dal 30.000 al 60.000 a.C. Però a volte si sentono
ancora date fino al 150.000 a.C. prima attribuite ad essi. I fossili che vengono ritenuti più antichi dimostrano essere
quelli maggiormente simili all'uomo moderno 12, mostrando che egli si è sviluppato da noi e non viceversa. L'uomo
di Neanderthal prova semplicemente che l'uomo ha una terribile tendenza a forzare l'evidenza perché questa coincida
con le sue teorie. Ci si chiede quante altre prove date dai fossili in favore dell'evoluzione verrebbero a cadere se se
ne sapesse qualcosa di più a loro riguardo, o se ciò che sappiamo già non fosse interpretato partendo da presupposti
evoluzionistici.

Per riassumere, allora, l'insegnamento che l'uomo si sarebbe evoluto dall'uomo di Neanderthal che camminava
piegato ed era stupido, è stato basato sull'immaginazione degli evoluzionisti e su di un fossile che aveva una malattia
delle ossa. Questo è stato un errore molto più grave di quello dell'uomo di Piltdown, in quanto che esistevano molti
scheletri di Neanderthal che mostravano che tutti gli altri camminavano ritti come noi.

L'Homo sapiens (l'uomo moderno)

L'uomo di Cro­Magnon sarebbe l'autore dei famosi dipinti cavernicoli che si fanno risalire ad un periodo che va da
34.000 a 10.000 anni a.C.. Questi dipinti mostrano una esecuzione uguale a quella di artisti moderni.
Particolarmente famosi sono i dipinti rinvenuti a Lascaux, in Francia, e che risalirebbero a 30.000 anni a.C., ma che
il metodo di datazione col radiocarbonio pone intorno all'ottavo millennio a.C. Poiché ciò non si accorda con la
teoria della grande antichità di questi dipinti, queste date vengono respinte, col pretesto ch'esse mostrano
semplicemente che la caverna era ancora abitata a quell'epoca 13. Non viene però spiegato come mai dopo 20.000
anni di esposizione al fumo dei fuochi accesi dai cavernicoli (dai cui carboni vengono le date) quei dipinti potessero
apparire ancora vivi e in buono stato.

È interessante notare che il cervello dell'uomo di Cro­Magnon aveva una capacità di cm3 1550­1750, cioè di cm3
200­400 superiore a quella dell'uomo moderno 14.

Il Cranio di Swanscombe, rinvenuto nel 1935 era considerato dagli evoluzionisti come uno dei più antichi fossili
umani normali. « Misurate valutazioni basate su considerazioni di natura geologica danno un'antichità di non meno
di 100.000 anni, oppure, secondo la prova potassio­argon, probabilmente almeno 200.000 anni! » 15. Il cranio di
Steinheim costituisce un altro fossile ritenuto appartenente allo stesso periodo del cranio di Swanscombe.

La prova che prima dell'epoca di Neanderthal vi erano uomini normali avrebbe dovuto dimostrare agli evoluzionisti
che questi non erano provenuti dall'uomo di Neanderthal, ma non fu così. Questo fatto mostra quale sia la
confusione esistente a proposito dei fossili umani.

Nel 1965 venne rinvenuto a Vértesszöllös l'uomo d'Ungheria, fossile di particolare importanza poiché si ritiene che
siano ben definite le epoche dei vari strati di quella zona 16. All'epoca in cui si stabilì la sua datazione, l'uomo
d'Ungheria venne classificato come Pitecantropo, perché concordava con l'età di 400.000 anni assegnatagli 17.
Successivi esami dei fossili hanno mostrato invece che si trattava di esempi di Homo sapiens 18. Poiché esisteva
quasi nell'epoca stessa del Pitecantropo una delle nostre attuali specie, ciò rendeva quasi impossibile la nostra
evoluzione da lui e molto difficile quella a partire dall'altro candidato l'Australopiteco.

Il ritrovamento del cranio 1740, avvenuto ad opera di Richard Leaky nel 1972, sembra aver eliminato ancora più
definitivamente dalla linea dei nostri possibili progenitori sia l'Homo erectus che l'Australopiteco. Il cranio 1740 fu
trovato in strati che si suppone si fossero formati milioni di anni prima dell'Homo erectus e contemporaneamente
con l'Australopiteco, ma è essenzialmente di forma umana. La massa cerebrale (si riferisce sia stata di 800 cm3) era
alquanto piccola per accertare se si trattava di un essere umano o di un animale estinto. Comunque se non
apparteneva a un essere umano, la prova, confermata da scoperte successive, indica che il possessore del cranio
1740 era più simile all'uomo che non gli uomini scimmia dai quali, comunemente, ci è stato insegnato ci siamo
evoluti. Una di queste scoperte successive consiste in orme umane trovate nel 1979 che, secondo Mary Lea­key,
stabiliscono il fatto che 3.600.000 anni fa l'uomo camminava ritto come noi.

Molte persone autorevoli concorderebbero con la dichiarazione di Leakey che il cranio 1740 respinge tutto quanto si
era creduto precedentemente intorno all'evoluzione umana e che non è chiaro che cosa si dovrebbe mettere al suo
posto.

Ciò non costituisce tuttavia un grave colpo per l'evoluzione come potrebbe sembrare, poiché molti evoluzionisti seri
avevano già eliminato queste come eventuali possibilità ed essendo restati sforniti di qualcosa di ragionevole su cui
appoggiare, si erano trincerati dietro l'illusorio « antenato comune ». Poiché la caratteristica dell'antenato comune
sembra sia quella di non lasciar fossili, è ancor più difficile provare che non siamo suoi discendenti. Ci sono anche
alcuni che suggeriscono come nostro progenitore un dente chiamato Ramopiteco del quale non si conosce quasi
niente.

L'anello trovato

Mentre le ricerche in corso vanno squalificando ora l'uno ora l'altro di questi esseri proposti come candidati per un
preistorico anello di congiunzione fra l'uomo e gli animali inferiori, le ricerche archeologiche stanno confermando la
prova storica, a favore di un genere diverso di anello: un anello fra l'uomo e Dio. Profezie di come questo anello
avrebbe sofferto e sarebbe morto per togliere i peccati che avevano separato l'uomo da Dio furono scritte nei minimi
dettagli da 500 a 800 anni prima della nascita di Gesù Cristo e, in seguito, si verificarono esattamente come era stato
predétto Alcune delle più importanti, incluso il libro di Isaia sono comprese nel gruppo chiamato i Rotoli del Mar
Morto, i quali rotoli, sigillati in orci di terracotta intorno al 150 a.C., furono trovati nel 1947. In più, anche intorno al
150 a.C., l'intero Vecchio Testamento, in cui queste predizioni si trovano, fu tradotto in greco e questa traduzione
coincide non soltanto con quelle parti del testo ebraico comprese fra i Rotoli del Mar Morto, ma anche con il
tradizionale Vecchio Testamento ebraico, le cui copie ancora esistenti furono trascritte molto dopo il tempo di
Cristo. Il fatto che questi manoscritti concordano, e alcuni furono sotterrati assai prima del loro compimento e
recuperati di recente, rende impossibile che qualcuno, più tardi, abbia cambiato le profezie per farli aderire in
meravigliosa armonia agli avvenimenti reali. In esse, ira l'altro, troviamo le seguenti cose riguardanti l'anello tra noi
e Dio, predette 500­800 anni prima che accadessero: 
 

­­ Che la madre di Cristo sarebbe stata una vergine;

­­ Il nome del piccolo villaggio (Betlem) dove Egli sarebbe nato;

­­ Che Egli sarebbe stato portato in Egitto;

­­ Il nome della piccola città (Nazaret) in cui sarebbe cresciuto dopo il ritorno dall'Egitto;

­­ Che Egli sarebbe morto con le mani e i piedi trafitti;

­­ Che nella Sua morte avrebbe preso su di Sé i peccati degli uominni;

­­ Che Egli sarebbe risorto dai morti.

Il Nuovo Testamento, insieme con altri documenti storici che comprovano la sua precisione, testimonia che queste
cose si verificarono esattamente come erano state profetizzate nel Vecchio Testamento. Perciò la Bibbia, una prova
storica di impeccabile attestazione archeologica, nel Vecchio e nel Nuovo Testamento dichiara che l'uomo fu creato
da Dio e che in seguito ne fu separato dal peccato. Poi mostra come Dio preparò il ritorno dell'uomo separato, a Lui,
tramite Cristo, che è il nostro anello di congiunzione con Dio Padre. Quando questo Anello manca nella vita di
qualcuno, lascia il vuoto di una mancata relazione. Molti tentano di negare ciò con varie razionalizzazioni progettate
per dar credito alle proprie vecchie opinioni e per tentare di dimostrare che questo Anello non esiste. Molti altri,
comunque, affermano di aver ricevuto questo Anello di congiunzione con Dio, Gesù Cristo, credendo che la Sua
morte cancellò i peccati. Grandi cambiamenti si sono verificati nella vita di molti di questi credenti ed è difficile
spiegarli con mezzi naturali. Anzi, dimostrano il tocco di Dio. Gli assassini iniziano ad amare; i ladri vanno a
lavorare per sostenere se stessi e per aiutare gli altri; gli alcolizzati e i drogati vengono liberati.

Ho cercato di esaminare nel modo più obbiettivo possibile le prove e sono costretto a concludere che più cerchiamo
l'evidenza solida di una connessione tra l'uomo e gli animali, più troviamo soltanto anelli rotti. D'altronde esiste
un'adeguata e crescente quantità di evidenze che sostengono l'affermazione che alcuni di noi fanno, non solo di
essere stati creati da Dio, ma anche di averlo conosciuto tramite un Anello vivente che esiste e agisce ancora oggidì.

La persona saggia non riposerà finché non abbia valutato attentamente le prove a favore di questo anello tra noi e
Dio e non soltanto gli attacchi che i nemici hanno lanciato contro di esso. Molte persone che hanno intrapreso
un'esame personale di queste prove cercando di dimostrare che Dio non esiste hanno invece trovato Dio e lo hanno
conosciuto in un modo personale.

Il fondamento dell'evoluzione

Abbiamo visto soltanto un esempio di come le idee degli evoluzionisti cambiano, riguardo all'evoluzione umana, ma
nei cento anni che sono passati dal momento in cui per la prima volta venne divulgata la teoria dell'evoluzione, una
vera marea di dati scientifici ha divelto uno dopo l'altro­i pilastri della sua struttura scientifica. La generazione
spontanea e l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, sono due delle « verità » scientifiche, adesso crollate, che a suo
tempo aiutarono molto a rendere accettevole l'evoluzione. Mentre sì continua a costruire sulla sovrastruttura e la
saldezza dell'evoluzione sembra più inespugnabile che mai, è tempo di dare una buona occhiata alle fondamenta.
Tale è lo scopo di questo libro.

Il problema, se la vita che ci circonda esiste perché creata da Dio o per evoluzione, viene troppo spesso considerato
come un'antitesi fra scienza e religione. Poiché la maggior parte delle persone religiose, soprattutto quelle che
credono alla Bibbia, appartengono al campo dei « creazionisti », si trae la conclusione che l'altro campo, quello degli
« evoluzionisti » costituisca quello scientifico. E poiché nessuno vuol sembrare antiscientifico, dal momento che
s'insegna che l'evoluzione costituisce la risposta scientifica al problema, ciò tende a trascinare quasi tutti ciecamente
nel campo « evoluzionista ». Nell'istruzione che viene impartita oggi non viene quasi mai presentata l'evidenza
scientifica a favore della creazione da parte di Dio. Scopo di questo libro è quello di avviare ad un esame critico
tanto dei fatti scientifici presentati come prova dell'evoluzione quanto di quelli che la nagano. Il fatto che la Bibbia
insegni che Iddio ha creato il mondo, lungi dal classificare la creazione come una teoria fuori moda, costituisce in
realtà un punto in suo favore. Più di qualunque altro libro la Bibbia è stata attaccata implacabilmente nel corso dei
secoli. Eppure essa si leva ancor oggi come la forza più grande e più influente per la salvaguardia del bene. La sua
posizione, invece di uscire indebolita dal conflitto e dalla controversia del passato, ne esce rafforzata a mano a mano
che, punto dopo punto, laddove era stata attaccata, essa si dimostra veritiera contrariamente alle teorie avverse.

L'importanza del punto di vista personale

Alcune prove, allorché vengono esaminate col presupposto che Dio non esiste o che non ha contatti efficaci con la
sua creazione, potrebbero essere logicamente considerate a sostegno della teoria dell'evoluzione. Le stesse prove,
esaminate col presupposto della sua esistenza, portano spesso a conclusioni completamente diverse.

Quando ci troviamo di fronte a prove che possono essere spiegate in due diverse maniere, sembra cosa del tutto
antiscientifica non attribuire importanza ad una di queste maniere solo perché non concorda con la propria idea sul
modo nel quale avrebbe dovuto accadere qualcosa. Questa concezione ristretta è tuttavia esattamente quanto ci si
aspetta da ogni studente nella maggior parte dei nostri sistemi scolastici di oggi, nei quali l'evoluzione viene
presentata come un fatto che tutti, tranne gli stupidi e gli antiscientifici, accettano senza discussioni. Alcuni libri
arrivano al punto di affermare che sarebbe persino antiscientifico considerare la altra possibilità.

Ma per esser onesti e per usare il metodo scientifico, si deve anche permettere allo studente di esaminare le prove
che vengono presentate dall'altro « punto di vista » e lo scopo di questo lavoro è appunto di procedere ad un esame
del genere.

Prima di continuare, dobbiamo distinguere tra i fatti e le prove con cui la scienza deve operare, e la loro
interpretazione.

I fatti stessi non sono in contrasto con la teoria della creazione. Il problema sta nell'interpretazione.

Quando qualcuno è convinto della veridicità di un'idea e cerca le prove per dimostrarla, il suo giudizio tenderà ad
esser parziale e ad interpretare qualunque cosa in maniera da dimostrare l'argomento che gli sta a cuore.

La base filosofica dell'evoluzione

Come e perché prese vita l'idea tanto difesa dell'evoluzione? Alcune radici del pensiero evoluzionista possono farsi
risalire alla filosofia e alla mitologia greche.

Ma l'antenato più diretto dell'evoluzione fu il razionalismo, che sorse prima di Darwin, con la sua incredulità nei
confronti di Dio e del miracoloso, espressa nelle parole: « Se non lo vedo non ci credo! », atteggiamento applicato
soprattutto nei confronti di Dio e del soprannaturale. Così nacque il bisogno filosofico per un'alternativa alla
creazione di Dio.

Così erano poste le basi che avrebbero permesso a Darwin di presentare una spiegazione dell'esistenza degli esseri
viventi senza una creazione divina. La sua idea fu accettata perché la società era già preparata. La prima edizione del
suo libro fu tutta esaurita il primo giorno della vendita perché dava proprio quella spiegazione che le filosofie del
tempo richiedevano.

Tralasciando qui l'aspetto storico, esaminiamo il problema dal punto di vista della logica. È chiaro nella nostra
esperienza che ogni cosa che esiste si è prodotta o è stata creata da qualcosa. Perciò deve essere stata causata o da se
stessa o da qualcosa al di fuori di se stessa. Se si fosse costruita da sé, avrebbe dovuto precedere se stessa
nell'esistenza; il che è impossibile. Perciò l'esistenza di qualsiasi oggetto, persona o animale deriva da qualcosa o da
qualcuno che già esisteva prima.

Questa causa che c'era prima era finita o infinita. Se era finita dipendeva da un'altra causa esistente prima, che a sua
volta era stata generata da un'altra prima d'essa e così: all'infinito. Per l'evoluzionista ateo, allora, l'ultima causa è
una seria infinita di esseri finiti. Di solito, egli non si rende conto di questo e si ferma soltanto alla considerazione di
un progenitore alla volta. Per esempio, può chiedersi da dove provengono gli uomini. Poi si pone la domanda da
dove è venuto quello che ha dato vita all'uomo, eccetera fino a chiedersi da dove è venuta la terra e poi il sistema
solare e così via. Ma raramente egli si chiede dell'origine di ciò che era assolutamente prima dell'inizio della catena.
Come risultato, vediamo nelle pubblicazioni scientifiche, una graduale estensione dell'età attribuita all'Universo.

L'alternativa ad una serie infinita di cause di esseri finiti è l'esistenza di un essere infinito come prima causa.

Questo indica il presupposto filosofico delle controversie tra creazione ed evoluzione.

Adesso possiamo esaminare più specificamente i presupposti dell'evoluzione e la debolezza delle sue prove.

Introduzione ai problemi dell'evoluzione

Kerkut benché evoluzionista, nel suo libro spiega che, nel presiedere agli esami che i suoi studenti sostengono per
conseguire una seconda laurea, ama chiedere le evidenze a favore dell'evoluzione. Essi rispondono senza esitare, ma
all'improvviso precipitano nella confusione e nello shock alla richiesta di prove contro di essa. Dice che i giovani
non si erano neppure accorti che esistesse qualche prova contro l'evoluzione. Egli poi elenca sette presupposti che
formano la « teoria generale dell'evoluzione », sottolineando il fatto interessante che nessuno di essi può essere
verificato in maniera sperimentale. 
 

1. Il primo presupposto è che le cose non viventi diedero vita alla materia vivente, cioè la generazione
spontanea;

2. Il secondo presupposto è che la generazione spontanea si fosse verificata una sola volta (gli altri
presupposti sono conseguenza del secondo);

3. Il terzo presupposto è che il virus, i batteri, le piante e gli animali sono tutti interdipendenti;

4. Il quarto è che i protozoi diedero vita ai metazoi;

5. Il quinto è che i vari tipi d'invertebrati sono legati fra loro;

6. Il sesto è che gli invertebrati hanno dato vita ai vertebrati;

7. Fra i vertebrati i pesci hanno dato vita agli anfibi, gli anfibi ai rettili ed i rettili agli uccelli ed ai
mammiferi.

Quest'ultimo pressuposto viene a volte espresso in altri termini, e cioè che gli attuali rettili ed anfibi
avevano un ceppo ancestrale comune, e così via 19.

Kerkut critica la « Teoria generale dell'evoluzione » per la mancanza di prove che la sostengono. Egli suggerisce
invece la possibilità che la vita sia iniziata varie volte, ciascuna dando inizio a sua volta a linee separate delle piante
e degli animali.

Insieme alla mancanza di prove di connessioni tra le varie linee, l'evoluzione manca anche di una spiegazione per
l'origine della prima vita.

Questo è dimostrato dal gran numero di teorie che vengono presentate, ciascuna con le relative prove dimostranti
che i suoi predecessori avevano torto. Il problema dello inizio al quale non si poteva dare risposta, è stato tuttavia
superato dal punto di vista psicologico. Si è postulato che il processo si è attuato in un numero incomprensibilmente
grande di anni. La reazione naturale di fronte a milioni o a miliardi di anni è di immaginare che qualunque cosa
poteva accadere in quello spazio di tempo. In tal modo si potevano lasciare senza risposta i problemi basilari,
nascondendoli dietro tali montagne di anni che nessuno li avrebbe più notati. Gli uomini erano stati liberati in
maniera da poter credere quel che le nozioni filosofiche del momento richiedevano.

Poiché l'evoluzione non fornisce le risposte ai quesiti basilari, mentre la creazione lo fa, perché allora tanti scienziati
accettano l'evoluzione? Non è perché la creazione si trovi in conflitto con i fatti della scienza. Infatti benché il
racconto della creazione nella Scrittura non concordi con certe interpretazioni dei fatti, essa concorda bene con i fatti
stessi. L'evoluzione è largamente accettata poiché oggi la maggioranza degli scienziati non fanno che riflettere su
quello che è stato loro insegnato. La maggior parte dei testi scientifici presentano l'evoluzione come la sola
possibilità intellettuale. Vi sono poi alcuni scienziati, i quali si rendono conto che se accettano il racconto biblico
della creazione significa che l'uomo non progredisce verso l'alto e verso la perfezione, ma che è invece caduto nel
peccato e deve accettare la salvezza che Dio gli offre in Gesù Cristo. L'orgoglio e la ribellione contro questo piano
divino spiegano la prontezza con la quale alcuni accettano l'interpretazione evoluzionistica delle prove.

L'evoluzione costituisce un tentativo di spiegare l'esistenza delle cose viventi da un punto di vista ateo. Benché nei
testi scolastici vengano presentate solo le prove che tendono a mostrare che l'evoluzione è giusta, non v'è alcuna
buona ragione per cui si debba accettare la teoria senza la possibilità di esaminare le pecche. Il presentarla come un
fatto non fa dell'evoluzione un fatto! Vedremo invece che essa solleva tanti problemi senza risposta, per cui quelli
che l'accettano devono farlo per fede.

L'evoluzionista Enrico Tortonese ammettendola nel suo articolo Evoluzione, contenuto nel Grande Dizionario
Enciclopedico dice: « Tuttavia, anche se non possiamo dubitare dell'evoluzione organica, incontriamo le più gravi
difficoltà quando la vogliamo spiegare: molte teorie sono state esposte, ma nessuna è in grado di rispondere a tutti i
nostri interrogativi ». Avendo ammesso che non è possibile spiegare come abbia potuto avvenire l'evoluzione, e che
molti scienziati hanno cercato per anni le spiegazioni di essa, è interessante vedere come Tortonese cerca di spiegare
la sua fede in essa. Leggendo più avanti troviamo: « Le difficoltà incontrate per spiegare il meccanismo evolutivo ...
hanno suggerito l'ipotesi che l'evoluzione sia un processo ormai finito ». Perciò, ammettendo che attualmente non si
produca più evoluzione nella natura, egli accetta per fede che nel passato essa avvenne, perché è evidente che gli
esseri viventi esistono, e se non si accetta la creazione come opera divina, l'evoluzione è l'unica altra seria possibilità
che ci viene oggi proposta.

La maggioranza tuttavia, consapevole dei problemi che solleva tale posizione, è incline a sostenere che essa avviene
ancora, ma tanto lentamente da essere quasi impercettibile. Altri hanno cercato di eliminare le difficoltà dicendo che
la evoluzione ha prodotto la vita, che vediamo d'intorno a noi, perché Iddio ha deciso di servirsi dell'evoluzione per
produrre questa vita. Questa idea che tende ad un compromesso fra le due opposte teorie, della creazione divina e
dell'evoluzione, non viene accettata né da quelli che credono alla Bibbia né dalla maggioranza di quelli che credono
all'evoluzione.

Adesso che abbiamo dato uno sguardo generale ai problemi dell'evoluzione iniziarne dal primo passo esaminando
l'origine della materia. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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L'origine della materia

« Io non credo in Dio! La scienza ha provato che non c'è! » Queste sono le parole di uno studente universitario col
quale un giorno parlavo a Castellammare di Stabia, ma riflettono un'idea che troppo spesso viene elargita ai nostri
studenti, cioè che la materia è eterna, che è sempre esistita e perciò, non essendo mai stata creata, un creatore non
c'è.

Io espressi il mio grande interesse per l'argomento e gli domandai: « Mi potresti dare una di queste prove? »

Il giovane di rimando: « Ebbene eccola! (pausa) ­­ ebbene ­­ uh ­ uh ­ ehm ­ uh ­­ Ebbene dammi tu una prova che
Dio c'è! »

Io sto ancora aspettando che qualcuno mi dia la prova che Dio non esiste, ma le prove che io diedi a favore di Dio, a
quello studente, furono press'a poco queste, anche se qui l'ho perfezionate con citazioni più esatte.

L'ateo insiste che un creatore non esiste perché, dice, la materia è sempre esistita, ma è chiaro che la materia non è
sempre esistita. La terra è talmente calda che all'interno è ancora allo stato fuso, però è sospesa nello spazio che è
estremamente freddo. Essa sta perdendo rapidamente il suo calore e sta giungendo alla temperatura dello spazio che
la circonda, tuttavia non è ancora fredda. Se si stesse raffreddando da tutta l'eternità, sarebbe già fredda, ma non è
così. È perciò stata creata tanto recentemente che non ha avuto il tempo di raffreddarsi completamente, quindi la
materia non è eterna. La terra ha avuto un'origine recente.

Una scoperta sorprendente fu fatta nell'esplorazione della luna. Poiché la luna è più piccola della terra e le cose
piccole si raffreddano con maggiore rapidità, gli scienziati si sorpresero molto nel trovare che anche la nostra
piccola luna è ancora calda rispetto a ciò che la circonda! È chiaro che ha cominciato a raffreddarsi così di recente
che ancora sta perdendo considerevole calore: dunque non può essere eterna.

Una scoperta più recente e ancora più sbalorditiva è stata fatta studiando le fotografie mandate dalla sonda Voyager
1 nel 1979. È quella della più grande attività vulcanica mai conosciuta nel sistema solare. Si è trovata su un satellite
ancora un po' più piccolo della nostra luna: si chiama Io e gira attorno al pianeta Giove. B.A. Smith, il capo gruppo
degli scienziati che studiano queste fotografie, ha detto: « I vulcani della terra non si avvicinano neppure a questa
forza! I vulcani di Io eruttano alla velocità di un fucile potente. Sapevamo già che Io era giovane, ma non avevamo
capito quanto fosse nuovo veramente; la superficie di Io si sta formando in questo momento! » 1.

Il nostro sole sta perdendo peso alla velocità di sei milioni di tonnellate al secondo. Sta durando dall'eternità questo
processo? Se così fosse ci deve essere stato un tempo in cui il sole era infinitamente grande e riempiva l'intero
spazio.

Se il sole e le stelle bruciano idrogeno o qualsiasi altro materiale per mezzo di una reazione radioattiva o di
qualunque altro mezzo noto, in un tempo infinito si sarebbero tutte consumate e la combustione sarebbe cessata. 
 

Oppure, prendiamo ad esempio gli elementi radioattivi come l'uranio e il torio. Questi si decompongono
continuamente; qualsiasi data quantità si dimezzerà in tanti (diciamo « X ») anni. Un numero « X » di
anni or sono, v'era quindi nel mondo il doppio della quantità ora esistente di uranio; 2x anni fa v'era il
quadrupla della quantità... e così via fino alla notte dei secoli. Giungiamo così alla conclusione che
un'eternità di anni or sono deve essere esistita una quantità infinita di quel solo elemento! E questo è
impossibile »2.

È impossibile non solo in teoria, ma anche sul piano pratico in quanto che la decomposizione di un elemento
radioattivo produce altri elementi che dovrebbero ancora oggi esistere in infinita quantità.

La continua espansione dell'universo, poiché le stelle e le galassie apparentemente vengono proiettate verso l'esterno
come da un punto centrale nel quale ebbero origine tutte, implica anche una data d'origine. « Si valuta che se si
espandesse al ritmo calcolato da questi teorici per un quinto del periodo di vita attribuito al sole, l'universo si
svuoterebbe virtualmente di galassie visibili » 3.

Tutto ciò ha costituito un tale problema per l'ateo che alcuni sono arrivati ad accettare la teoria secondo la quale
l'universo vive « ab eterno », passando attraverso periodi di espansione e di contrazione. L'impossibilità, comunque,
dì trovare una causa a questi cicli e la mancanza di ogni prova a riguardo ne hanno impedito l'accettazione generale.

L'esistenza di questa teoria però, mostra il riconoscimento da parte degli evoluzionisti che le prove propendono per
un momento creativo, e che le altre teorie per cui lo universo sarebbe cominciato come effetto di un'esplosione, o del
raffreddamento di gas non fanno nulla per rispondere alla domanda: « Da dove è venuta la materia esplosa; o da
dove sono venuti i gas? » Questo riconoscimento demolisce anche la solita affermazione degli atei: « Iddio non ha
creato l'universo », a meno che essi non riescano a cancellare le prove schiaccianti che invece dimostrano che esso
abbia avuto un inizio. Essi comprendono la necessità di una spiegazione di ripiego nel caso si scarti la normale
spiegazione della creazione divina. L'evoluzione come fede di ripiego, è alquanto superficiale e fornisce soltanto una
scappatoia anziché una risposta al quesito fondamentale: « Da dove è venuta la materia? ».

Perfezione dell'universo

Un ateo era seduto un giorno su un bel prato e guardava i fili d'erba, le foglie del trifoglio e i fiorellini. Più guardava
questa scena riposante più si sentiva turbato, perché dovunque guardava, alla ricerca del caso e del caos, trovava
simmetria. Dovunque avesse infatti voluto rivolgere lo sguardo, dal piccolo atomo al grande sistema solare, invece
del caos avrebbe trovato ordine. 
 

« Consideriamo la terra sulla quale viviamo. Essa è inclinata di un angolo di 23 gradi. Se non fosse così,
il vapor d'acqua degli oceani salirebbe al polo nord e al polo sud, condensandosi ed accumulandovi
montagne di ghiaccio.

Se il sole producesse la metà del suo calore geleremmo tutti, e se ne desse il doppio arrostiremmo »4.

« La terra gira alla velocità di milleseicento chilometri circa all'ora. Se girasse a soli centosessanta
chilometri, la durata del giorno e della notte ne sarebbe decuplicata, le piante sarebbero bruciate dal

sole durante il giorno e le pianticelle morrebbero per il gelo durante la notte... Se la luna fosse a soli
ottantamila chilometri dalla terra, il mare invaderebbe tutte le terre, comprese le più alte montagne... Se
gli oceani fossero più profondi, il biossido di carbonio e l'ossigeno sarebbero completamente assorbiti e
le piante non potrebbero esistere. Se l'atmosfera fosse più rada, migliaia di meteore che si bruciano ogni
giorno nell'aria, cadrebbero sulla terra causando terribili incendi »5.

Mentre la maggior parte delle cose si contraggono allorché gelano, l'acqua aumenta invece di 1/11 del suo volume.
Ciò fa galleggiare il ghiaccio sulla superficie di un lago, impedendo che esso geli al fondo e causi quindi la morte
dei pesci.

Proprio l'ateo che discute contro il principio di un universo che obbedisce all'ordine, incoscientemente regola il
proprio orologio su strumenti che a loro volta sono regolati sul corso delle orbite ordinate degli astri seguite da un
osservatorio in Inghilterra o da orologi atomici, traendo vantaggio così da un'altra prova della regolarità
dell'ambiente nel quale vive6.

Che cosa dà vita all'ordine invece che al disordine nel l'universo? Semplicemente il caso? Se questo fosse vero,
potremmo pensare che a causa di un'esplosione fra i rottami di uno scasso verrebbe fuori qualche orologio,
un'automobile nuova, o almeno una semplice casa! L'ordine esige che qualcuno metta le cose in ordine, ma la mente
che si ribella alla fede in Dio deve credere che l'universo complesso e meravigliosamente ordinato nel quale si trova
è venuto all'esistenza completamente da solo, che non è il risultato di una mente o di un piano, come avverrebbe se
si trovasse un bell'orologio svizzero formatosi a seguito di un'esplosione in un deposito di ferraglia. 
 

Come ha creato il mondo Iddio?

Pur non potendo sapere esattamente come Iddio ha creato il mondo, vi sono alcune cose da esaminare che
potrebbero dare qualche indicazione. Si dovrebbe per prima cosa notare che le prove già menzionate indicano in
modo schiacciante che v'è stato un momento in cui il mondo ha avuto origine, piuttosto che essere eterno. Poiché
non v'era presente nessun essere umano per descrivere questa origine, è ragionevole esaminare quello che Dio ne ha
rivelato nella Bibbia. Parti­colarmente utili sono tre passi: « Avanti che i monti fossero nati e che tu avessi formato
la terra e il mondo, anzi, ab eterno in eterno, tu sei Dio » (Sal. 90: 2). Qui troviamo affermato che Dio è eterno,
laddove il mondo venne creato ad un certo momento. « Le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti
» (Ebr. 11: 3). « Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia gran
potenza... » (Ger. 27: 5). Dio non ci descrive in maniera particolareggiata il meccanismo impiegato per creare il
mondo, tuttavia Egli dice, che ciò avvenne mediante la sua potenza e non a partire da cose visibili. Quel che ci dice
coincide esattamente con quanto sappiamo delle relazioni atomiche. La materia può cambiarsi in energia, come in
bombe atomiche, ma l'energia può cambiarsi anche in materia. Occorre una grande quantità di energia per produrre
un po' di materia, ma attraverso metodi noti si può operare il cambiamento. Pur non potendo affermare con certezza
che fu questo il mezzo impiegato per creare il mondo ed al quale si riferiva Iddio quando diceva: « Io ho fatto la
terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia gran potenza... », si tratta almeno di una
possibile semplice spiegazione che coincide con la conoscenza scientifica attualmente disponibile. Ciò è certamente
più semplice ed esige minor fede di quanta ne richieda qualsiasi teoria evoluzionista.

Sembrerebbe anche logico qui un sottinteso morale. Se Dio possiede la capacità di creare il mondo e quello che esso
contiene, ha anche la capacità di giudicarci. È molto probabile che una parte dell'opposizione levatasi contro Dio
creatore, oggi, sia dovuta a ribellione contro questo fatto.

Le leggi della termodinamica

La scienza ha stabilito alcuni punti di riferimento che sono stati considerati fondamentali per una comprensione del
mondo intorno a noi e per predire la direzione nella quale possono svolgersi i processi naturali. Fra i più
fondamentali e i più ampiamente applicabili di questi è quello costituita dalle leggi della termodinamica, la prima
delle quali si occupa della conservazione dell'energia. La seconda, che è stata altrettanto documentata è quella
dell'entropia. Essa trova applicazione qui perché afferma fra l'altro la tendenza irreversibile al passaggio ad un
ordine inferiore nei processi naturali di un sistema autonomo. In altri termini, tutti i processi naturali portano ad un
aumento della casualità nel sistema in esame. Lasciando le cose a se stesse perché siano dirette dal caso, come si
afferma che si sia prodotta l'evoluzione, esse non vanno verso un grado di organizzazione sempre maggiore, ma
piuttosto minore. L'intera idea di evoluzione è contraria a questa legge della scienza che in altri campi è considerata
fondamentale per una comprensione del funzionamento di ciò che ci circonda.

Per illustrare questo supponiamo che a causa della crisi energetica tu decida di non usare la tua nuova automobile,
ma di parcheggiarla nel deserto lasciando direttive ai tuoi eredi perché possano trovarla fra mille anni. Quando quelli
arriveranno sul luogo, è più probabile che troveranno la macchina tutta arrugginita e sparsa sul terreno anziché
diventata un razzo intercontinentale.

Il miracoloso evolversi nell'organizzazione e nella complessità, quale occorrerebbe per sviluppare l'automobile in un
razzo, è esattamente ciò che richiederebbe l'evoluzione dal semplice al complesso.

Gli evoluzionisti spesso cercano di rifiutare questo dicendo che il sole aggiunge energia dall'esterno del sistema
termodinamico terrestre e perciò la seconda legge (entropia), non è applicabile. È un fatto però ben dimostrato che
l'energia non controllata distrugge più che creare! Quale città è mai stata costruita con una bomba ? Oltre all'energia
occorre un « organizzatore » che programmi le giuste reazioni chimiche esattamente dove necessario e al preciso
momento giusto.

Gli evoluzionisti spesso obiettono: « Se la seconda legge della termodinamica non permettesse lo sviluppo nella
complessità necessario all'evoluzione, non permetterebbe neppure che un seme diventasse un albero ».
Effettivamente questa illustrazione serve soltanto a sottolineare la necessità di un fattore organizzativo, poiché senza
l'ADN* che dirige il processo, gli alberi oltre a non crescere, non esisterebbero nemmeno.

L'evoluzionista forse spera che la selezione naturale superi la tendenza universale verso la disorganizzazione, ma è
impossibile che mutamenti casuali potrebbero mai produrre il tipo di ordine che gli esseri viventi posseggono.
Comunque il passo più difficile per l'evoluzione è quello di spiegare l'apparizione della prima vita, quando essa pone
come postulato che si stanno formando molecole sempre più complesse (e più complesse sono più tendono a
decomporsi spontaneamente). La selezione naturale non avrebbe potuto aiutare le molecole che non hanno vita. Esse
non hanno le caratteristiche sulle quali la selezione naturale opera: la colora­2ione protettiva, la forza, l'abbondanza
di prole, ecc. Esse sono soltanto molecole alla deriva in un oceano. La teoria dell'evoluzione, nondimeno, richiede
che, contrariamente alla seconda legge della termodinamica e a tutte le osservazioni odierne, si siano formate in
grande concentrazione molecole sempre più complesse. La maggior parte delle molecole di cui è composta la vita
sono infatti così complesse che i migliori scienziati non sono ancora riusciti a produrle nei loro più sofisticati
laboratori.

L'origine della vita

Abbiamo guardato ai primi problemi, insuperabili per gli evoluzionisti, e cioè l'origine della materia e dell'universo
ordinato. Abbiamo anche accennato al fatto che la legge dell'entropia renderebbe impossibile qualsiasi grande
progressione in complessità, e che nel caso della formazione della prima vita essa legge si applicherebbe per forza.
Adesso, tuffiamoci davvero in questo problema dell'evoluzione della prima vita; problema forse più difficile di tutti
per l'evoluzionista, malgrado che il più delle volte egli cerchi di coprire questo fatto scrivendo che dovunque le
condizioni sono favorevoli, la vita si inizia da sola.

Essendo l'evoluzione la teoria dello sviluppo di forme di vita più semplici verso forme più complesse, si nota che,
arrivando alla forma più semplice, la vita avrebbe avuto origine da ciò che non ha vita, perché questo è più semplice
ancora. Alla stessa maniera degli altri problemi sollevati dall'evoluzione, si può accettare questa affermazione come
una possibilità soltanto fino a che non ci si chiede: « Come? » Come da una cosa inerte si sia potuto generare un
essere vivente.

Quando si pone questa domanda l'unica risposta è quella della generazione spontanea, teoria molto in voga prima
delle scoperte di Luigi Pasteur. Secondo la teoria della generazione spontanea, la carne degli esseri morti darebbe
vita ai vermi; l'acqua stagnante genererebbe gli insetti e così via. Prima non c'erano ed ora ci sono: prova apparente
che si sono sviluppati dal nulla. Luigi Pasteur, invece, scoprì forme microscopiche di vita e trovò che la
sterilizzazione ne arrestava il processo di proliferazione. Da quel momento l'inesistenza della generazione spontanea
venne considerata come uno dei fatti scientifici meglio documentati.

L'evoluzionista, tuttavia, è costretto a contraddire questa realtà inoppugnabile continuando ad affermare che la prima
vita si sviluppò spontaneamente nell'oceano, ma poiche ciò non accade oggi, deve accettare per fede che sia
avvenuto nel passato. Credere nella generazione spontanea fu facile per Darwin, perché, avendo pubblicato la sua
teoria prima della scoperta di Pasteur, non potè conoscere prove contrastanti.

L'idea che fosse facile crederci mi colpì un giorno, quando il mio bambino, tutto eccitato, mi mostrò le « semplici »
cellule, guizzanti in una goccia di acqua stagnante, che vedeva attraverso il microscopio. Mentre guardavo mi resi
conto che anche ai tempi di Darwin quelle cellule dovevano essere apparse semplici, come apparivano a me
attraverso quel microscopio giocattolo. Per ironia del caso, poco tempo prima, avevo letto in un giornale, che l'uomo
era finalmente riuscito ad operare la sintesi del più semplice enzima, ma che ne restavano ancora migliaia di più
complicati, per poterne ottenere quanti ne produce una cellula ordinaria. Gli enzimi vengono usati dalla cellula come
catalizzatori nelle numerose reazioni chimiche, necessarie alla sua vita.

Le proteine che compongono le cellule sono sostanze complicate, formate da varie combinazioni di varie molecole
di acidi aminici. Per produrre le proteine dagli aminoacidi,, si dovrebbe provocare una serie di reazioni complicate
nello ordine giusto, usando gli enzimi adatti al momento opportuno. Questo procedimento così complicato mostra la
impossibilità di una formazione in modo spontaneo. Perciò­quando sentiamo che la scienza è riuscita a produrre
acidi aminici o, perfino, proteine complete, ciò non dimostra affatto che è stata prodotta la vita, e tanto meno che sia
accaduto per caso nella natura. Infatti, sarebbe come dire, dopo aver scoperto le leggi chimiche per sintetizzare
l'alluminio in laboratorio, che ciò dimostra che gli aeroplani (perché fatti di alluminio) sarebbero stati prodotti
spontaneamente dalla natura e non da una fabbrica!

Non basta un semplice miscuglio di alcune proteine per produrre la vita: occorrono molte proteine specifiche con
interazioni complicate fra di loro. Ci sono, ad esempio, molte proteine al macello o nei cimiteri, ma esse non
producono la vita.

Gli aminoacidi dai quali sono composte le proteine sono di due tipi: alcuni posseggono certi atomi, attaccati alla
destra; altri li hanno alla sinistra. Chimicamente sono gli stessi e quantunque sono prodotti in laboratorio, vengono
metà di un tipo e metà dell'altro, come le nostre mani: metà destre e metà sinistre. Dunque, prodotti in laboratorio, in
condizioni che potrebbero esistere anche in natura, sono metà di un tipo e metà dell'altro. Nella vita, però, tutte le
proteine sono del tipo di sinistra. Tutte! E nessuno può spiegarlo. Sembra che Dio le abbia fatte così.

La legge delle probabilità enunciata da Borei asserisce che quello che capita per puro caso, non capita se la
probabilità è estremamente scarsa. Egli dice: « Possiamo calcolare che 10 50 è il livello di probabilità minimale.
Quando la probabilità è inferiore, l'opposto può essere anticipato con certezza, nonostante il numero di occasioni che
si presentano nell'intero universo ».

È stato stimato che il numero totale di molecole di proteine mai esistite sulla terra non avrebbe superato il 10 52. Se
la loro grandezza media fosse uguale a quello della proteina media nell'essere vivente più semplice, esisterebbe
soltanto una possibilità su 10 71 che una sola molecola di proteine, avente tutti gli aminoacidi del tipo a sinistra, si
sarebbe formata per caso. Ammettendo che la più semplice sostanza capace di vivere richiederebbe soltanto 239
proteine (che è probabilmente troppo poco) la probabilità di trovare questo numero di proteine con aminoacidi del
tipo a sinistra tutti nello stesso posto allo stesso tempo è una su 10 293345.

Per aiutarci a capire la grandezza dei numeri di cui abbiamo parlato, Coppedge ci da l'illustrazione di un'ameba che
si muove così lentamente da spostarsi soltanto di 2,5 cn.. all'anno. A questa velocità, le ci vorrebbero 10 28 anni per
attraversare l'universo. Perché essa non perda il suo tempo, noi le diamo un lavoro da fare: deve portare con sé un
atomo, e poi tornare per prenderne un altro. A questa velocità, potrebbe portare tutti gli atomi nell'universo,
attraverso l'intera sua lunghezza, in 10 107 anni. Wald ci scrive in un modo tipico degli evoluzionisti di come la vita
iniziò. Egli dice: « Malgrado quanto possa sembrare impossibile l'origine della vita, o qualsiasi passo necessario per
essa, dato sufficiente tempo, quasi certamente capiterà...

« Il tempo è infatti l'eroe della storia. Il tempo a disposizione è due miliardi (2 x 10 9) di anni. Quello che a noi
sembra impossibile non significa più niente. Data una tale quantità di tempo, l'impossibile diventa possibile, il
possibile probabile, e il probabile quasi certo. Dobbiamo soltanto aspettale. Il tempo stesso fa miracoli »8.

Il breve accenno che abbiamo appena fatto della probabilità statistica di uno solo dei molti passi necessari all'origine
della vita dimostra chiaramente quanto è ingenua questa posizione.

Se fosse poi capitato l'impossibile e le proteine neces­sarie per produrre la vita si fossero formate spontaneamente,
allo stesso modo non avrebbero dato alcun risultato. Torniamo al nostro ipotetico aereo e immaginiamo che tutti i
pezzi si siano formati e poi ammucchiati spontaneamente. Avremmo per questo un aereo? No, di certo? Qualcuno
potrebbe obiettare: « Ma se li buttassimo tutti in un grande recipiente e li rigirassimo per un certo tempo, potrebbe
capitare qualche cosa! ». Anche qui la ragione ci dice che, così facendo, si finirebbe soltanto col consumare i pezzi.
Occorre invece un'intelligenza che li sappia mettere ognuno al proprio posto!

Per l'apparecchio, comunque, il problema sarebbe fantasticamente semplificato, perché è tanto facile da costruirsi
che persino la tecnica di 50 anni fa ci è riuscita. La cellula invece è talmente complicata, che, anche se costruissimo
il più grande laboratorio del mondo e lo facessimo dirigere dai migliori scienziati, non saremmo ancora capaci di
fare quello che l'evoluzione richiede dalla cellula.

Adesso che abbiamo posto le fondamenta, possiamo considerare i problemi più seri circa l'evoluzione della vita. Se
il primo aereoplano si fosse formato per caso e fosse stato in grado di funzionare, sarebbe durato soltanto per un
certo periodo, poi si sarebbe consumato ed eventualmente decomposto. Per la cellula, generatasi spontaneamente, si
sarebbe posto lo stesso problema, e di nuovo il mondo si sarebbe trovato senza vita. Quello formatosi per caso
allora, non sarebbe dovuto essere un semplice aereoplano, ma un apparecchio che contenesse dentro di sé una
piccola fabbrica capace di costruirne altri identici!

Anche se questo fosse accaduto, le difficoltà dell'evoluzionista non sarebbero ancora superate. La cellula capace di
riprodursi, indubbiamente si consumerebbe e morirebbe insieme alle cellule da essa prodotte.

La prima cellula allora non dovrebbe essere stata capace di produrre soltanto nuove cellule per permettere la
continuazione della vita, ma avrebbe dovuto anche saper passare alle sue progenie le istruzioni necessarie per poter
continuare il processo di riproduzione.

Quando Dio creò la cellula, risolse questo problema con l'ADN, che ne dirige l'organizzazione, ordina le opportune
reazioni e passa una copia di queste istruzioni alla generazione successiva di cellule. Perciò pensare che l'ADN sia
stato creato senza un'intelligenza da concepirlo, richiede una mente già talmente condizionata dalle idee evoluzioni­
stiche, che riesce a chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

Tuttavia se ciò non fosse vero e la vita capace di ripro­dursi si fosse veramente prodotta per caso, i problemi
dell'evoluzione sarebbero ancora insoluti. Gli evoluzionisti dicono che la prima cellula vivente si sarebbe sviluppata
in un'atmosfera priva di ossigeno.

Ciò è necessario poiché se l'atmosfera primitiva conteneva ossigeno, gli elementi chimici organici che avrebbero
dovuto unirsi per formare la vita, si sarebbero ossidati e non si sarebbe potuta produrre nessuna forma di vita.
Tuttavia anche senza la presenza dell'ossigeno, la maggior parte della materia necessaria per formare la vita è troppo
instabile per poter resistere per i lunghi periodi di tempo necessari perché si verificasse l'evoluzione molecolare.

Le prove tuttavia che l'atmosfera primitiva della terra conteneva realmente ossigeno sono abbondanti. Nella sua
eccellente trattazione sull'origine della vita, Duane Gish da un certo numero di queste prove. Fra esse egli discute le
ricerche compiute da un altro scienziato in questo campo, dicendo:

« Dopo aver fatto allusione al fatto che la maggior parte dei grandi depositi di ferro si sono formati nel tardo
precambriano o erano ampiamente erosi a quel tempo, egli afferma che il minerale ferroso della catena del
Vermillon, nel Minnesota, è molto più antico (Keewatin) e così la trasformazione per ossidazione del minerale
ferroso in ossido ferrico si è verificata in epoca molto remota della storia della terra. Più avanti, nella stessa
pubblicazione afferma che la presenza di ferro fortemente ossidato giustifica la presunzione di esistenza di
un'atmosfera ossidante » 9.

Egli fa anche notare che i gas dei vulcani sono ricchi ai ossigeno. Ora si ritiene che gran parte dell'atmosfera
primitiva era costituita da questi gas. Pare perciò che nella atmosfera primitiva, ci fosse ossigeno. Se non ci fosse
stato, ciò non aiuterebbe l'evoluzione perché la sua assenza potrebbe recare all'evoluzione un sostegno equivalente
soltanto a quello che potrebbe toglierle. Infatti la vita sulla terra non poteva sussistere se non vi fosse stato uno strato
protettore di ozono (una forma di ossigeno) nella stratosfera che ci protegge dai raggi ultravioletti, i quali altrimenti
cadrebbero su di noi in quantità letale.

Con l'ossigeno, dunque, le molecole in via di formazione si sarebbero ossidate; senza ossigeno, sarebbero state tutte
uccise dai raggi ultravioletti.
Non c'è via di scampo!

Arrivando adesso a considerare gli esperimenti sull'origine della vita, Gish fa la seguente constatazione importante: 
 

« Una considerazione importantissima, spesso trascurata o vo­lutamente ignorata a proposito
dell'origine della vita è la pronta distruzione dei composti organici ad opera delle stesse fonti di energia
usate per formarli. Infatti, una delle caratteristiche di tutti gli esperimenti sull'origine della vita è
l'immediato allontanamento dalla fonte di energia dei prodotti della reazione appena for­matisi, per
evitare la distrazione. Per esempio, l'apparecchio usato da Miller nei suoi esperimenti classici per la
formazione di alcuni aminoacidi e di altri semplici composti organici ottenuti mediante una scarica
elettrica in una miscela di metano, ammoniaca, idrogeno e acqua, comprende un sistema per isolare
immediatamente dopo la loro formazione, i prodotti ottenuti mediante la reazione. L'esame degli
apparecchi usati da altri ricercatori per i loro esperimenti sull'origine della vita, mostra che tale sistema
d'isolamento costituisce una caratteristica comune. La tendenza degli studiosi di chimica organica di
allontanare immediatamente i prodotti delle reazioni dalle fonti di energia impiegate per la loro sintesi,
prima che si verifichi un importante deterioramento di questi prodotti è comprensibile. Tuttavia sulla
terra primitiva, non c'era presente nessun chimico che avrebbe potuto farlo, perciò una volta formati, i
prodotti ottenuti sarebbero stati soggetti alle forze distrattrici delle scariche elettriche, del calore o dei
raggi ultravioletti che ne avevano provocato la sintesi » 10.

Un'altra ragione importante che giustifica l'uso del sistema per isolare i prodotti della reazione è quella di
concentrare gli aminoacidi, ecc. così ottenuti, in quanto la loro quantità è minima. Se la vita fosse cominciata nel
mare, la presenza di una tal quantità d'acqua mescolata con le piccole quantità di materie organiche complesse
utilizzabili per formare la vita, avrebbe dato acqua che per usi pratici sarebbe stata come semplice acqua marina. Le
complesse molecole organiche non potrebbero raggiungere mai una concentrazione sufficiente perché si
scompongono molto più facilmente di quanto si formino. Anche ammettendo che non si scomponessero, ma che
continuassero a costituirsi e ad accumularsi più o meno eternamente, un'adeguata concentrazione dei composti
organici necessari sarebbe lo stesso impossibile. La ragione è che la maggior parte delle teorie sull'origine della vita
presuppongono la presenza di una concentrazione abbastanza alta nell'acqua di ammoniaca e di altri composti
contenenti azoto derivato dall'atmosfera. Anche se si dissolvesse nel mare tutto l'azoto disponibile nel mondo e ne
risultassero composti formatisi a casaccio, la concentrazione di ogni composto di azoto utilizzabile ai fini
dell'evoluzione si ridurrebbe ad una debole traccia 11.

Supponendo tuttavia che sia avvenuto un miracolo, permettendo così la realizzazione del desiderio emesso
dall'evoluzionista, di modo che fosse disponibile una quantità sufficiente di ciascun elemento e che le sostanze si
formavano e non si scomponevano ma gradualmente si arrivasse a fare degli oceani quel « brodo organico » di cui
parlano gli evoluzionisti, vi sarebbe stata una concentrazione dei particolari materiali necessari alla vita? Diamo uno
sguardo alle possibilità statistiche di mettere nell'ordine giusto le molte combinazioni dei pochi aminoacidi necessari
per ottenere una particolare proteina: 
 

L'ordine degli aminoacidi in una proteina contenente solo dodici specie diverse di aminoacidi, d'un peso
molecolare 34.000 (all'in­circa trecentoquaranta aminoacidi, quindi una proteina relativamente
semplice) potrebbe esser disposta in 10300 maniere diverse! In altre parole, agli inizi della terra
avrebbero potuto sorgere 10300 molecole proteiniche composte dei dodici stessi aminoacidi e del peso
molecolare 34.000. Se avessimo soltanto una di ciascuna di queste molecole, il peso totale sarebbe di gr.
10280, ma il peso della terra è di soli gr. 1027! Se l'intero universo traboccasse di proteine, non si
riuscirebbe a trovare neppure una di ciascuna di queste molecole! 12 .

Perciò possiamo dire con certezza che il caso non avrebbe mai prodotto una concentrazione delle specifiche proteine
necessarie per la vita.

Se in questa situazione impossibile, per un caso la giusta combinazione di composti organici vaganti nel mare
venivano a incontrarsi per un momento, occorreva qualcosa per tenerli legati, altrimenti il mare che li aveva uniti li
avrebbe separati di nuovo. Perciò ad un certo punto occorreva che si formasse qualcosa capace di rimanere insieme.

Sfortunatamente i complessi coacervi e le altre cose considerate come aventi qualità simili a quelle delle cellule e
che forse avrebbero potuto evolversi trasformandosi in cellule, sono privi di una reale membrana, ed in tal modo si
decompongono facilmente. Invece di evolversi nel corso degli anni, essi si dissolverebbero ed il loro contenuto si
perderebbe di nuovo nel mare.

Discutendo a proposito dell'interessante strato esterno della cellula, J. D. Ratcliff lascia parlare la stessa cellula: 
 

« Fantastico come la mia struttura interna è il mio muro esterno. La mia membrana ha uno spessore di
mm. 0, 0000001 appena. Fino ad epoca molto recente, gli scienziati consideravano questo ricoprimento
sottile come poco più di una specie di stretto sacco di cello­fané. Grazie al microscopio elettronico, ora
si rendono conto che è una delle mie componenti più importanti. Agendo da portinaio, la membrana
cellulare decide che cosa va lasciato entrare e che cosa respinto. Essa controlla l'ambiente interno della
cellula mantenendo in perfetto equilibrio sali, materie organiche, acqua ed altre sostanze. La vita
dipende assolutamente da ciò.

Quali sono le materie prime necessarie per produrre le proteine della cellula? La membrana lascia
entrare quelle giuste, respingendo le altre. È chiaro che possiede un sistema di riconoscimento
perfezionato » 13 .

Un altro problema è che le molecole, necessarie alla vita, sono per la maggior parte molto complicate e, si po­irebbe
dire in maniera generica, più sono complicate, maggiore è la tendenza a scomporsi in sostanze più semplici. Wald ne
discute in questi termini: 
 

Nella vasta maggioranza dei casi che c'interessano, il punto d'equilibrio si trova verso quello della
dissoluzione. In altri termini, la dissoluzione spontanea si verifica con molta maggiore facilità e quindi
molto più rapidamente della sintesi spontanea. Per esempio, l'unione spontanea, graduale, delle unità di
aminoacidi per formare una proteina, ha poche probabilità di verificarsi e potrebbe prodursi solo in un
ampio spazio di tempo, mentre la dissoluzione di una proteina, negli aminoacidi che la compongono
avviene con molta maggiore facilità e perciò con rapidità molto maggiore. Ci troviamo dinanzi ad una
situazione analoga a quella della paziente Penelope che aspettava Ulisse; ma ancora peggiore. Ogni
notte ella disfaceva quel che aveva tessuto di giorno, ma nel nostro caso in una notte si può facilmente
disfare l'opera di un anno o di un secolo.

Wald continua dicendo: « Credo che si tratti del problema più arduo per noi, attualmente il più debole del nostro
ragionamento » 14 .

Le proteine di esseri viventi non si formano da sé. Abbiamo già detto che la scienza moderna è in grado di operare la
sintesi solo di alcune delle più semplici. Ciò indica chiaramente la fallacità del ragionamento di quelli che ritengono
che nella natura potrebbe esservi qualche modello che porta inevitabilmente alla loro formazione. Invece, queste
sostanze sono prodotte da enzimi precisi che agiscono da catalizzatori in ciascuna reazione necessaria.

Queste reazioni non si producono a casaccio, ma ciascuna va iniziata nella giusta successione e fermata dopo che si
è ottenuta la giusta dose della proteina, ecc., che si sta producendo. Se la reazione continuasse in maniera
incontrollata, essa consumerebbe tutte le materie disponibili allo stesso modo in cui l'incendio di una foresta
potrebbe distruggere non solo gli alberi destinati a fornire legna da ardere, ma anche quelli destinati a fornire altro
tipo di legname.

Anche una produzione misurata di una proteina complessa non sarebbe di nessuna utilità se si verificasse in una
cellula che non ne prevede l'utilizzazione o, se avvenisse nell'ordine o al momento sbagliato in una cellula che
potrebbe utilizzarla.

Le specifiche sostanze necessarie alla vita di una cellula si potrebbero paragonare alle parti di una macchina.
Ciascuna di esse è necessaria se la macchina funziona come si deve, ma qualsiasi di esse rovinerebbe il
funzionamento se gettata lì a casaccio. Qualunque adeguata spiegazione di come l'evoluzione elaborerebbe un valido
programma per ordinare e controllare le necessarie reazioni chimiche manca del tutto.

La forza che ordina e controlla gli esseri viventi si chiama ADN, ed essa non si produce spontaneamente. Si
riproduce da una ADN già esistente e riceve così tutte le istruzioni codificate per la costruzione della cellula con
tutte le sue complesse reazioni. Perciò la formazione casuale di questa piccola parte soltanto della prima cellula
sarebbe impossibile. Sarebbe più probabile che il nastro di un cervello elettronico contenente il programma di
istruzioni completo per la costruzione e il funzionamento del più complicato stabilimento automatizzato di oggi si
formasse da solo nell'oceano, piuttosto che si formasse così una molecola di ADN. Il programma che l'ADN ha è più
complicato.

Io perciò prevedo che man mano che si conoscerà meglio l'impossibilità dell'evoluzione della prima vita sulla terra,
gli evoluzionisti si allontaneranno sempre più da questa impossibile soluzione e guarderanno allo spazio. Il famoso
astronomo Sir Fred Hoyle e un professore di matematiche applicate di Cardiff, Chandra Wickramasinghe, hanno già
proposto la teoria che la vita giunse sulla terra su una cometa 15 . Ciò, in verità, avrebbe richiesto una strana forma
di vita che sopravvivesse alle radiazioni letali, al freddo intensissimo, alla mancanza di atmosfera dello spazio per
periodi di tempo estremamente lunghi ed evitasse l'incenerimento causato dal riscaldamento all'entrare
nell'atmosfera terrestre e lo schiacciarsi nell'impatto con la terra. Dovunque poi si fosse sviluppata, la nuova vita
avrebbe avuto ancora da superare gli stessi ostacoli della generazione spontanea della vita che avrebbe incontrato qui
sulla terra. Queste difficoltà messe insieme precluderanno senza dubbio la generale accettazione della teoria di Sir
Fred Hoyle. L'articolo comunque implica che un autorevole scienziato evoluzionista si rende conto dell'impossibilità
che la vita qui sulla terra si sia sviluppata da molecole senza vita.

Dunque ciò che io prevedo è che fra gli evoluzionisti diventerà sempre più comune l'idea che la prima vita sia giunta
dallo spazio con un UFO. Sebbene questo non aiuti minimamente a superare gli ostacoli inerenti l'evoluzione della
prima vita qua sulla terra, almeno non aumenta le difficoltà quanto la teoria di Hoyle. Ciò che fa è di spedire tutto
nel regno del mistero e dell'impiegabile. Sarebbe alquanto ingiusto per noi domandare come si sviluppò la prima vita
se è stato definito che essa è giunta con qualche mezzo sconosciuto da chissà dove.

La vita in laboratorio

Di tanto in tanto, sentiamo dire che alcuni scienziati sono riusciti a creare la vita in una provetta. Continuando la
lettura ci accorgiamo che non hanno veramente creato la vita dalla non vita, ma qualche componente soltanto. Un
annunzio importante in tale senso fu quello che il dottor Kornberg era riuscito a creare un virus. In realtà era
successo soltanto che gli scienziati avevano scoperto come nascono i virus, problema complicatissimo e
difficilissimo che aveva richiesto molti anni di lavoro. Il virus si serve di cellule viventi per produrre altri virus. Il
dottor Kornberg aveva calcolato il sistema al punto da poter produrre virus da una cellula vivente senza servirsi di
un virus vivo.

L'opinione della scienza oggi è che il virus non è stato la prima vita dalla quale tutto si è sviluppato. Benché più
semplice della più semplice cellula, il virus presenta troppe difficoltà. Si è già detto che suo unico cibo sono le
cellule viventi. Questo fatto è sufficiente da solo a negargli il carattere di prima vita, a meno che questa situazione
non si sia creata nel corso degli anni. Oltre a questo problema, la conoscenza attuale che il virus dipende anche da
altre cellule per riprodursi ha convinto la maggioranza degli scienziati che il virus non è fonte di vita, ma prodotto di
essa. Ad ogni modo alla data in cui scriviamo, gli scienziati non sono ancora d'accordo se il virus debba o no esser
considerato cosa vivente.
La maggioranza di quelli che credono nell'evoluzione ora sarebbe d'accordo nel dire che la cellula anzicché il virus
deve aver costituito la prima vita, dalla quale si sono evolute le altre forme di vita. La semplice cellula può sembrare
a prima vista una cosa veramente semplice nonostante sia più complicata del virus. Ma è un po' come quando si
guarda un calcolatore elettronico. A prima vista sembra una semplice scatola di metallo grigia, qualcosa che si
potrebbe quasi supporre creatasi per caso da sola. Un esame più accurato mostra tuttavia che la cellula, come il
calcolatore elettronico, è qualcosa di fantasticamente complicato. Nonostante tutti gli anni di studio, gli scienziati
cominciano appena a capire un po' qualcosa circa la cosiddetta « semplice cellula ». Ogni anno presenta il suo
elenco di complicazioni di recente scoperta e delle quali Darwin era all'oscuro, che rendono sempre più difficile
accettare l'idea di uno sviluppo a partire da elementi chimici del mare.

Il dottor Wilder Smith fornisce questo esempio rivelatore della logica intesa a negare Iddio mediante la creazione
sintetica della vita: 
 

Si attende con esultanza il raggiungimento della vita sintetica considerandolo l'ultimo chiodo che
dovrebbe richiudere la bara di Dio. Ma si tratta di logica valida?

Ogni anno io pubblico articoli sui miei esperimenti di sintesi sulla lebbra e la tubercolosi, riferendo i
metodi esatti di sintesi e di prova biologica dei prodotti. Supponiamo che un mio collega leggendo i
miei articoli trovi interessanti i risultati e decida di ripetere egli stesso il mio lavoro. Dopo uno o due
anni trova i miei risultati esatti (lo spero!) e corrette le attività biologiche dei prodotti sintetici. A sua
volta riferisce i suoi risultati nella stampa scientifica ed in conclusione riassume di aver ripetuto i miei
esperimenti, di averli trovati esatti e quindi eliminato per sempre il mito dell'esistenza di Wilder Smith.
Io non esisto affatto poiché egli ha potuto ripetere la mia opera! Si tratta di logica veramente
inconcepibile! Tuttavia tale è la posizione effettiva dei darwinisti e dei neo­darwinisti di oggi 16.

Per concludere diciamo che se la scienza sarà in grado di produrre la vita da ciò che non ha la vita, non sarà
avvenuto per caso ma costituirà il risultato dell'opera di mi­gliaia di sommi scienziati che avranno studiato questo
problema per anni. Ciò non proverà perciò che la vita poteva venire da sola, ma che invece poteva essere creata da
un essere intelligente. Ciò non costituirebbe quindi solo l'unica conclusione logica, ma è anche ciò che la Bibbia ci
ha detto essere avvenuto: « Nel principio Iddio creò i cieli e la terra » (Gen. 1:1).

Riassumendo, la risposta che fornisce l'evoluzione alla domanda: « da dove è venuta la vita? » consiste nel far
risalire la prima vita a tempi molto lontani e nel dire che la prima forma di vita era molto semplice. Gli autori della
maggior parte dei libri di testo sembrano sperare che al lettore sfugga il fatto che questa spiegazione non ha in
pratica fornita nessuna risposta alla domanda: Da dove è venuta la vita nel principio? ma che ha fatto soltanto
apparire il problema molto più remoto e fatto sembrare meno ovvia e meno importante la loro incapacità a darvi una
risposta. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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Capitolo terzo 
T. F. Heinze Intro
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L'idea generale dell'evoluzione è che tutte le piante e gli animali attuali sono pervenuti alla loro forma odierna a
partire da una semplice cellula unica mediante uno sviluppo graduale milioni di anni or sono. La teoria poggia
quindi sul presupposto necessario che vi sia un cambiamento dal semplice al complesso. Partendo da un animale
unicellulare, il cambiamento puro e semplice, allorché non fosse accompagnato da complessità, non ci avrebbe dato
che animali uni­cellulari differenti e non avrebbe mai potuto produrre quanto viene attribuito all'evoluzione.

Gli evoluzionisti credono che l'evoluzione sia avvenuta attraverso la selezione naturale, cioè la sopravvivenza del
più adatto verificatasi mediante variazioni dovute al caso. Di ciò discuteremo in seguito. Basti dire qui che ogni idea
errata deve contenere una buona parte di verità; altrimenti non sarebbe mai accettata. Questo è altrettanto vero per
l'evoluzione come per qualunque altra cosa. Il fatto che si verifichi nella realtà una certa selezione operata dalla
natura non prova tuttavia che tutte le piante e gli animali che esistono oggi siano pervenuti alla vita in tal modo. Ciò
equivarrebbe a dire che poiché il fango è marrone tutto ciò ch'è marrone è fatto di fango.

I fatti concordano meglio con la spiegazione data dalla Bibbia, secondo cui Dio creò vari tipi generali di piante e di
animali e questi si riproducono secondo il tipo cui appartengono. La selezione naturale che avviene su questi tipi
fondamentali potrebbe spiegare in maniera molto più logica le variazioni attualmente rinvenute di quanto non possa
spiegare un cambiamento dalla più semplice cellula unica alla più complessa vita di oggi. 
 

Il metodo dell'evoluzione

Se l'evoluzione è realmente avvenuta, deve esservi qual­che mezzo biologico mediante il quale si poteva verificare.
Naturalmente gli evoluzionisti hanno molto riflettuto su ciò ed esperimentato. Il pensiero di Lamarck a tale riguardo
era che l'organismo si adattava al proprio ambiente e che la sua discendenza ereditava i caratteri acquisiti dai
genitori. Lamarck riteneva anche che gli organismi davano vita a nuovi organi quando se ne presentava la necessità
e che lo sviluppo di questi ultimi era proporzionale al loro uso. Si tratterebbe in questo caso di un metodo quasi
perfetto di attuazione dell'evoluzione. L'idea tuttavia si ferma di fronte ad un problema insormontabile, che è quello
che le cose non vanno in tal modo!

Con la venuta della scienza sperimentale fu ben presto chiaro che i cambiamenti verificatisi durante la vita di un
organismo non si trasmettono ai suoi discendenti.

Un esperimento fatto per stabilire questo fu quello di tagliare di generazione in generazione la coda ai topi. La prole
continuò a nascere con la coda della stessa lunghezza. Se ci avessero pensato, gli Ebrei hanno fatto la circoncisione
per più di 3000 anni con simile risultato. Se i caratteri acquisiti dai genitori fossero ereditati dai figli, dovreste avere
grossi muscoli nel caso che vostro padre li avesse sviluppati facendo lavori fisici che voi non avete fatto. Se voi
avete imparato a suonare il piano, i vostri figli dovrebbero saperlo fare, e così via. Non avviene così neppure per
quei piccoli mutamenti che numerose generazioni acquisiscono, nonostante il fatto che di tanto in tanto qualche
scienziato annunzia di aver scoperto il contrario di qualche piccola eccezione. La scienza oggi non considera più
come spiegazione razionale dell'evoluzione umana, la teoria che ebbe molto peso ai tempo di Darwin, cioè che
fossero trasmesse da genitori a figli le caratteristiche acquisite mediante l'adattamento all'ambiente.

L'aspetto più importante della teoria di Darwin era la lotta per la vita e la sopravvivenza dei più forti. L'idea era che
gli organismi che subiscono variazioni utili sopravviveranno per riprodursi e trasmettere ai loro discendenti le
proprie capacità. Quest'idea sembra buona, ma deve funzionare entro i limiti delle leggi dell'eredità. Dopo il
riconoscimento intorno al 1900 del valore dell'opera di Gregorio Mendel, padre della scienza della genetica, gli
scienziati hanno imparato molto sulle leggi della genetica, scoprendo che esse non forniscono il tanto ricercato
metodo attraverso il quale avrebbe potuto prodursi l'evoluzione. Un'occhiata a queste leggi ce ne dirà il perché.

Le leggi di Mendel

1. La legge della segregazione. Nella formazione delle cellule di riproduzione, coppie di geni determinanti una data
caratteristica si separano fra di loro entrando in differenti cellule di riproduzione.

2. Legge dell'assortimento indipendente. Nella formazione delle cellule della riproduzione, i geni aventi
caratteristiche diverse (per esempio, lunghezza dello stelo e colore del fiore) si assortiscono indipendentemente l'uno
rispetto all'altro. Nella fecondazione si riassortiscono per caso.

Le leggi di Mendel mostrano che i caratteri recessivi possono mancare per una o più generazioni per riapparire più
tardi. Quando riappaiono sono gli stessi di prima e non costituiscono una nuova caratteristica aggiunta. Ad
eccezione delle mutazioni, quello che può sembrare nuovo in un animale o in una pianta non è altro che una nuova
associazione di caratteristiche già esistenti negli antenati. Contrariamente a ciò, Darwin credeva che si verificavano
continue piccole variazioni nuove.

Applicando la teoria di Darwin della selezione naturale alle leggi dell'eredità, gli organismi con caratteristiche che li
rendono meno capaci di gareggiare nella lotta per l'esistenza, eliminano queste caratteristiche morendo senza
moltiplicarsi. I caratteri buoni possono esser trasmessi dai genitori che li possiedono, ma deve trattarsi sempre di
caratteri esistenti nel sistema ereditario. La selezione naturale e la lotta per l'esistenza possono operare reali
cambiamenti nelle generazioni successive, come è stato mostrato controllando artificialmente questa selezione per
procreare galline con più carne e meno ossa, e così via. Ma non poteva essere questo il metodo seguito
dall'evoluzione, poiché non aggiunge nulla di nuovo, non facendo che operare una selezione e facendo risaltare i
caratteri già presenti nel meccanismo ereditario. La vita non avrebbe mai potuto progredire passando da una
semplice cellula alla complessità che vediamo ora con questo metodo, poiché non viene aggiunto nulla di nuovo.

La poliploidia

Un altro fenomeno che sembrava offrire qualche speranza come possibile soluzione circa i mezzi attraverso i quali
avrebbe potuto verificarsi l'evoluzione è la poliploidia. Si tratta del risultato di una divisione cellulare anormale nel
quale una cellula riceve un numero di cromosomi multiplo di quello abituale. Non è difficile sperimentare la
poliploidia poiché esiste una sostanza chimica in grado di provocarla.

La poliploidia produce generalmente piante gigantesche e si è mostrata molto utile di recente per produrre frutti e
fiori molto più grandi di quelli ottenibili con mezzi normali. Essa può anche essere impiegata per produrre quelle
che vengono a volte classificate come nuove specie perché si riproducono fra di loro ma sono sterili se incrociate
con le piante normali che le producono. Questo metodo tuttavia è di poco aiuto per l'evoluzionista alla ricerca del
meccanismo dell'evoluzione, poiché non si aggiunge nulla di nuovo. Si tratta di un raddoppiarsi o un triplicarsi dei
cromosomi già esistenti. Inoltre la poliploidia riduce la fecondità delle piante ed è rara negli animali.

Le mutazioni

Il carattere disperato della ricerca da parte degli evoluzionisti di una possibile soluzione circa il mezzo che avrebbe
potuto permettere l'evoluzione, è mostrato dal fatto che sono stati obbligati a scegliere quella delle mutazioni. E non
già perché questa soluzione offra una buona probabilità logica, ma perché sono stati costretti ad eliminare tutti quei
mezzi che, in un primo momento erano sembrati più adatti ad offrire reali, buone possibilità. Infatti, esaminati ad
uno ad uno, quei mezzi si sono dimostrati inefficaci per permettere l'evoluzione, dato che non aggiungevano nulla di
nuovo, ma rimaneggiavano soltanto quelle caratteristiche già presenti nel meccanismo dell'ereditarietà.

Nel nucleo di ogni cellula, dalla più semplice alla più complessa, esistono fili a spirale, simili a scale a chiocciola, e
composti di acido desossiribonucleico, abbreviato ADN. Questi fili si trovano nei cromosomi e contengono i geni
che controllano chimicamente i processi che avvengono nelle cellule.
Se l'ADN di un microbo venisse raddrizzato, sarebbe mille volte più lungo del microbo stesso. La lunghezza di
quello in una cellula umana è di 1,70 metri. Abbiamo circa 60 mila miliardi di cellule in tutto il corpo che
moltiplicate per 1,70 m. di ADN in ogni cellula, da 102 miliardi di chilometri. Dice il professor F. C. Crick, Premio
Nobel: « Se i nastri DNA di un uomo ­­ di uno solo, ­­ venissero collegati uno di seguito all'altro, potrebbero
circoscrivere tutto il sistema solare » 1 .

Un piccolo cambiamento accidentale che, occasionalmente, può verificarsi nella struttura chimica dei geni, viene
chiamato mutazione. Tali mutazioni producono effetti fisici e fisiologici nell'organismo per la maggior parte
dannosi, se non addirittura mortali. La maggior parte delle mutazioni sono di carattere recessivo, e perciò l'effetto
non diviene evidente fino a che un individuo non riceve tali geni da tutti e due i genitori. Animali, piante ed esseri
umani che hanno un gene mutante e che sopravvivono, lo trasmettono alle generazioni successive.

Paragoniamo l'ADN al nastro di un cervello elettronico che porti istruzioni per dirigere una fabbrica funzionante con
l'automazione. I geni, i quali forniscono un codice chimico, potrebbero essere paragonati ai singoli messaggi incisi
sul nastro, che dirigono il lavoro della fabbrica. Nella fabbrica, i messaggi appropriati provenienti dal nastro,
sarebbero portati alle varie macchine. Nelle cellule, copie dei messaggi emanati dall'ADN vengono portati da
un'altra sostanza chiamata ARN *, ai meccanismi della cellula che pro­ducono le migliaia di sostanze chimiche,
diverse ed altamente complesse, necessarie alla vita. Nel caso delle forme di vita superiori, certi organi, le ghiandole
per esempio, producono sostanze chimiche che vengono usate nel corpo assai lontano dal punto in cui sono prodotte.

Copie del nastro del cervello elettronico (o ADN) vengono prodotte e trasmesse da genitori a figli col riprodursi
della famiglia, e nascono così « nuove fabbriche ».

Immaginiamo ora che le fabbriche costruiscano piccoli motoscooter giocattolo. Se nel momento in cui viene copiato
il nastro, si verificasse un errore, il motoscooter potrebbe venir fuori con un manubrio rotto, o mancare di un faro,
ma sarebbe difficile concepire la possibilità di un errore accidentale che provocasse la fabbricazione di una ruota di
ricambio e la mettesse al posto giusto. Credere perciò che se si facessero alquanti errori selezionati nel copiare il
messaggio, si porterebbe la fabbrica a produrre veri moto­scooter e quindi automobili ed infine aviogetti, sarebbe
proprio come credere che le mutazioni o i cambiamenti accidentali nei geni potrebbero trasformare una cellula in
pesci, rettili, uccelli e mammiferi. 
 

« In altri termini, l'ateo vorrebbe farci credere che, se delle dattilografe dovessero copiare l'esemplare di
un libro riguardante il meccanismo e la costruzione di motoscafi fuoribordo e ripetere più volte il lavoro
di copiatura, i loro eventuali errori potrebbero trasformare gradualmente il libro in istruzioni tecniche
per la costruzione ad esempio di un sottomarino atomico. È questa la difficoltà che deve affrontare il
materialista: egli crede che questi errori di trascrizione, invece di dar vita ad un'opera priva di nesso,
come sarebbe logico supporre, assumerebbero man mano lo stesso tono tecnico che ci si potrebbe
aspettare dai migliori cervelli del mondo. Le istruzioni date per fare un riccio di mare si
perfezionerebbero, dal punto di vista della quantità e della tecnica, sì da dare come prodotto, un uomo
»2.

In pratica un essere vivente sta in un equilibrio tanto delicato che le varie parti devono funzionare quasi
perfettamente perché rimanga in vita, e la possibilità di un cambiamento accidentale che lo migliori, è molto minore
della possibilità che avrebbe un orologio che cade a terra di funzionare meglio. Anzi sappiamo bene che con
maggior violenza lo scagliamo a terra, minori sono le probabilità che esso continui a funzionare. Lo stesso avviene
nelle mutazioni: quanto maggiore è il cambiamento, tanto minori sono le possibilità che l'organismo sopravviva.
Quello che si è veramente osservato nelle mutazioni è che provocano degenerazione e, quando si verificano in vaste
proporzioni, l'organismo ne viene distrutto.

È possibile che un numero veramente infinitesimale delle mutazioni osservate può realmente recare vantaggio, ma
tuttavia è possibile che la maggior parte, se non la totalità, di queste mutazioni « buone » costituiscano correzioni di
precedenti mutazioni nocive. Per esempio, allorché si fosse lasciato cadere un orologio su di un lato e qualcosa
all'interno si fosse storto, il lasciarlo cadere sull'altro lato potrebbe eccezionalmente, raddrizzare la deformazione
precedente.

Chiunque sia convinto che le mutazioni costituiscano il processo per mezzo del quale sono venute alla vita tutte le
cose meravigliose che esistono intorno a noi, troverà difficoltà a credere nel carattere nocivo, e non già utile di esse.
Per convincersi della veridicità di questa affermazione, basterà esaminare l'atteggiamento della scienza verso le
radiazioni atomiche, che aumentano la frequenza delle mutazioni. È noto a tutti come il timore che l'accrescersi delle
radiazioni in seguito ad esperimenti atomici causasse un numero sempre crescente di mutazioni, sia stato tale da
indurre Russia e America, sempre discordi su ogni problema, di accordarsi nel porre termine a tali esperimenti
nell'atmosfera. Nessuno scienziato, che lo conosca, vuole che si continuino gli esperimenti nell'atmosfera perché
pensa che le radiazioni, generando le mutazioni, migliorino l'uomo, benché ciò dovrebbe essere quanto mai
auspicabile se queste, come si vuole asserire, ci avessero realmente portati dalla singola cellula alla vita attuale.

Tutti gli scienziati, dunque, sono concordi nel riconoscere nocive le mutazioni, quando esse coinvolgono i loro figli.
In altre occasioni invece, alcuni sono disposti ad accettare per cieca fede l'idea che nel passato le mutazioni abbiano
provocato effetti tanto utili da portare avanti la vita alla perfezione che osserviamo oggi. Se poi dicono che la
evoluzione non si è verificata per caso, ma guidata da Dio, perciò quello che oggi è dannoso, un tempo portò
beneficio, si combatte non solo contro la scienza, ma anche contro ciò che Iddio ha rivelato circa la creazione. Si
segue una religione di propria fattura.

Come hanno avuto origine gli organi?

Darwin diceva: « Se si potesse dimostrare l'esistenza di qualsiasi organo complesso che non avrebbe potuto formarsi
mediante numerose successive e lievi modifiche, la mia teoria crollerebbe completamente »3. Poiché Darwin non
sapeva niente delle mutazioni, egli pensava che le variazioni normalmente riscontrate fra membri di ogni specie
fossero in grado di fornire i mutamenti necessari. Perciò l'evoluzione non sembrò esser cosa troppo difficile.
Sapendo, come lo sappiamo noi tuttavia, che queste variazioni normali non aggiungono nulla di nuovo, ma
presentano solo diverse mescolanze di caratteristiche già esistenti, gli evoluzionisti odierni devono fondarsi sulle
mutazioni, le quali sono quasi sempre nocive, perché si verifichino i veri e propri cambiamenti.

Ogni organo che vorremmo esaminare è molto complicato, e più complicato è un organo, più difficile è che esso sia
venuto alla vita senza alcun piano intelligente. Per illustrare il problema, con una delle cose più semplici che ci viene
in mente, prendiamo solo una piccola parte di un orecchio. Immaginiamo che per un piano prestabilito o per caso le
parti più complicate, cioè: l'orecchio esterno, il timpano, e tutto l'orecchio interno siano già al loro posto. Tutto ciò
che chiediamo all'evoluzione è di darci i tre ossicini che sono posti insieme in maniera tale da fornire una leva
complessa che unisce il timpano e la membrana dell'orecchio interno per rendere l'udito un poco migliore di quanto
sarebbe senza di essi.

Anche se per mezzo di mutazioni si producessero ossicini in numero sufficiente sì che tre di essi si adattassero per
caso in modo da fornire una leva complessa, probabilmente essi non sarebbero al posto giusto per funzionare e
sarebbero infine eliminati. Gli evoluzionisti hanno perciò cercato di formulare teorie secondo le quali le mutazioni
potevano modificare le strutture esistenti sì che qualsiasi organo sarebbe utile all'organismo in ogni stadio del suo
sviluppo cosicché non venga eliminato. In organi con funzioni complicate ciò diviene sempre più improbabile. Nel
caso semplice degli ossicini dell'orecchio si è postulato che l'evoluzione si è verificata a partire da un tipo di rettile
chiamato terapside che aveva già un ossicino nel capo che recava le vibrazioni da una delle grandi ossa della testa ad
un altro. Ciò lascia da spiegare solo due ossicini. Uno di essi sarebbe costituito dalla giuntura della mascella
inferiore che era all'estremità di un osso alquanto sottile. Si suppone che tale pezzo di osso si staccò dalla mascella
cambiando forma e posizione per congiungersi con l'altro ossicino già sul posto. Ciò lasciava alle mutazioni il
compito di sviluppare un'altra giuntura prima che il terapside morisse di fame.

Poiché una delle ossa veniva presumibilmente dalla estremità della mascella inferiore, l'altro, circa i quali si deve
ancora fornire una spiegazione, sarebbe venuto dalla mascella superiore. Non mi è ancora chiaro come si supponga
che ciò risolva il problema di come ogni stadio dell'evoluzione dovesse fornire qualche aiuto all'organismo per non
essere eliminato. Citerò perciò l'essenziale di una delle migliori dichiarazioni in merito che uno dei principali
organismi di ricerca degli U.S.A. è riuscita a trovarmi. Parlando di questi due ultimi ossicini quest'autorità dice: «
Non occorre una grande immaginazione per pensare all'osso quadrato ed a quello articolato divisi, per così dire, fra
le esigenze contrastanti delle funzioni masticatorie e quelle uditive, le prime richiedenti ossa massicce e stabili
rivestite di muscoli, le seconde ossicine delicate mobili e sospese. Se realmente esistesse questo dilemma
salomonico ne consegue che i mammiferi devono la loro esistenza a qualche sconosciuta terapside che giunse
all'ispirato compromesso di conciliare le funzioni masticatorie con una giuntura nuova di zecca per consacrare
queste ossa ai bisogni più impellenti dell'udito sensibile all'aria » 4.

Mi sembra ovvio che invece della terapside sia stato Iddio a vedere il bisogno ed a provvedere ai particolari. Si
guardi dove si vuole, è difficile trovare un organo il cui sviluppo si possa realmente spiegare mediante metodi
evolutivi.

Certi tipi di prove però sono generalmente impiegati a sostegno della teoria dell'evoluzione. Esamineremo una ad
una quelle più ampiamente in voga. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

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L'anatomia comparata

Tu somigli ad una scimmia! Naturalmente questo non è del tutto vero, ma vi sono alcune somiglianze reali, benché
sia ovvio che vi sono molte differenze. A causa della somiglianzà, l'evoluzione dice che o l'uomo è derivato dalla
scimmia o che ambedue discendono da un comune antenato.

Le somiglianze possono certo suggerire qualche raffronto, ma non necessariamente un genere di parentela.

Davanti a me, mentre scrivo, vi sono sugli scaffali un certo numero di libri. Due di essi sono quasi identici. La
copertina è la stessa, la carta dello stesso tipo; solo lo spessore e le parole che vi sono contenute sono diverse.
Qualcuno che non si intende di libri potrebbe concludere che quello più voluminoso costituisca un prodotto
dell'evoluzione del più piccolo. La vera ragione della loro somiglianzà invece risiede nel fatto che appartengono alla
stessa collana pubblicata dallo stesso editore. L'evoluzione è solo una delle possibili spiegazioni della somiglianzà.
L'origine nella mente dello stesso progettista è con altrettanta probabilità la vera ragione della somiglianzà. La
somiglianzà del disegno non costituisce la prova logica contro l'esistenza di un progettista.

Un altro esempio è quello datoci dalla natura, quando si osserva la somiglianzà, in formato ridotto, dell'atomo con il
sistema solare. Ambedue hanno un nucleo intorno al quale girano i pianeti. Nessuno tuttavia, sulla base
dell'anatomia comparata, propone un'evoluzione del sistema solare a partire dall'atomo poiché nessuno dei due è
essere vivente, ma le similarità sono altrettanto vere quanto quelle che vengono citate per provare i legami dovuti
all'evoluzione. Se v'è qualcosa che la somiglianzà ci mostra, è che i due hanno avuto origine nella mente dello stesso
creatore. Parimenti, la somiglianzà della struttura animale indica una creazione ad opera dello stesso Dio.

L'embriologia

« L'ontogenesi ricapitola la filogenesi. Cioè l'individuo si sviluppa assumendo successive strutture che sono quelle
stesse acquistate dalla sua specie, modificandosi nel corso dei tempi » 1. Questa era considerata una legge
fondamentale dell'evoluzione. L'idea è che l'embrione umano attraversa gli stessi stadi nel suo sviluppo di quelli
attraversati dagli esseri umani nel loro processo evolutivo. Nel passato questo argomento era stato impiegato
largamente, ma di recente la Enciclopedia Britannica la considera una grossolana ed eccessiva semplificazione 2.
Altri evoluzionisti sono più categorici, ritenendo impossibile adattarla alla conoscenza più attuale secondo cui le
caratteristiche dell'adulto sono contenute nei geni della prima cellula dell'embrione. L'evoluzionista A. O. Woodford
demolisce questa che era considerata un tempo una prova dell'evoluzione: 
 

Ma le implicazioni della embriologia riguardo alla discendenza non vengono più prese sul serio oggi
giorno. I piccoli geni contenuti nella prima cellula di un nuovo individuo contengono l'intero
programma del suo sviluppo successivo. I geni sono simili al programma di un computer che gli dice
quel che deve fare ed in quale ordine. Il programma per lo sviluppo di un organismo può comprendere
una variazione favorevole della norma precedente, e la variazione può divenire carattere distintivo di
una nuova specie. Ma solo il caso potrebbe produrre una variazione della forma adulta e produrre anche
ad uno stadio immaturo la precedente forma adulta 3.
Dobbiamo ancora esaminare l'argomento, tuttavia, poiché esso è usato ancora spesso, particolarmente nei testi più
elementari, i quali sfortunatamente spesso si interessano più di « smerciare » la teoria che dei metodi usati per
smerciarla. Sembra infatti che occorra molto più tempo per abbandonare una « prova » dell'evoluzione rivelatasi
sbagliata che per adottarne una nuova.

Manifestamente vi sono certe somiglianze fra un embrione umano e certe forme inferiori di vita, ma le somiglianze
esistono poiché la maggioranza degli animali sono alquanto simili nella loro struttura basilare, essendo composti di
cellule, ed anche nella loro funzione basilare, in quanto hanno bisogno di nutrimento, di ossigeno e di un sistema di
eliminazione dei residui. È naturale perciò che nel corso del suo sviluppo l'embrione umano rassomigli ad alcuni
animali inferiori, dovendo compiere le stesse funzioni. Quel che erano i suoi antenati non ha nulla a che vedere con
queste somiglianze.

In pratica, le somiglianze usate come prova dell'evoluzione sono abbastanza superficiali. Le famose « branchie »
dell'embrione umano quasi sempre citate dagli evoluzionisti per provare questo argomento, non fanno che illustrare
ciò. Ad un mese l'embrione ha, su quello che diventerà il collo, certe pieghe che si potrebbero considerare
somiglianti a branchie di un pesce. Qualunque somiglianzà è tuttavia molto superficiale, poiché queste pieghe non
hanno né la funzione branchiale né sono costituite della stessa materia delle branchie, ed a poco a poco formano la
mascella, il collo, ecc. L'argomento basato sulle fenditure branchiali offre altrettante prove che l'uomo derivi dal
pesce quanto la faccia a forma di luna di un cinese ne dia per sostenere che egli discende dalla luna.

Gli organi vestigiali

Il ragionamento sostenuto dall'evoluzione a proposito degli organi residuali o rudimentali è che l'esistenza di certi
organi non aventi alcuna funzione mostra che essi sono avanzi del processo evolutivo, cioè organi che avevano una
funzione durante la linea evolutiva in un certo momento, ma che oggi non sono più d'alcuna utilità all'organismo,
benché ancora presenti in esso.

Secondo gli evoluzionisti odierni, l'evoluzione si è ve­rificata mediante mutazioni, le quali sono piccoli
cambiamenti, avvenuti per caso. Gli evoluzionisti sostengono che non vi fu alcun piano di un creatore a dirigerne il
corso.

Perciò, se il complesso degli organi che abbiamo oggi esiste in seguito a un processo evolutivo, dovremmo,
evidentemente, trovare molti organi non necessari che non apportano alcun beneficio all'organismo, ma che d'altro
canto non gli nuocciono; non solo organi che funzionavano in un animale inferiore, ma anche altri organi che
potevano eventualmente trasformarsi in qualcosa di utile o scomparire del tutto. Per esempio, con tante ossa
realmente utili che abbiamo, dovrebbe esistere qua o là un osso che non ha nessuna funzione ma che non produce
alcun danno. Oppure, perché dovrebbero esservi soltanto due occhi sul davanti della testa? Non avrebbe potuto
esservi un altro occhio in un posto dove non faceva né bene né male, se tutto ciò non era dovuto che al caso?

Si dovrebbero certamente trovare organi che funzionavano ad un certo stadio del nostro sviluppo evolutivo ma che
non sono più necessari. Inoltre, se l'evoluzione continua, dovrebbero esservi cose che adesso fanno poco o nulla, ma
che nelle ere a venire si trasformeranno in organi finora sconosciuti. Nella ricerca di questi organi rudimentali, le
passate generazioni di scienziati hanno trovato negli esseri umani centottanta organi non esercitanti una funzione
nota. Alcuni di questi sono maggiormente sviluppati in animali inferiori.

Un tempo questi pochi organi venivano citati come prova a favore dell'evoluzione. Tuttavia col progredire della
scienza, si è scoperto che molti di essi erano ghiandole producenti ormoni necessari all'organismo. Per altri si
scoperse che funzionavano allo stato embrionale dell'individuo, mentre alcuni altri fungevano solo da riserva quando
sopravveniva la distruzione di altri organi. Dei pochi restanti, altri funzionavano solo in momenti di emergenza. Gli
organi che potremmo definire residuali oggi sono molto pochi ed un numero sempre crescente di scienziati ritiene
che non ve ne siano affatto: cioè, questi pochi organi per i quali la funzione non è ancora chiara servono
probabilmente ad usi che si scopriranno un giorno.

Il numero ridotto di organi considerati oggi vestigiali costituisce valida prova contro l'evoluzione. Naturalmente se
tutti i nostri organi si formassero a causa delle mutazioni, il numero degli organi vestigiali dovrebbe essere
maggiore. Inoltre, qualche organo vestigiale non potrebbe mai costituire prova contro la creazione ad opera di Dio,
la quale permette mutazioni del tipo di quelle che sono state realmente osservate e che, quasi tutte, producono
degenerazioni. Se esiste qualche organo che veramente non ha nessuna funzione oggi, questo si spiegherebbe
facilmente. La teoria dell'evoluzione richiede che vi siano molti organi adesso inutili, che col passare del tempo si
svilupperanno o degenereranno. La scienza invece, ha trovato che ne esistono pochi o niente. Questa degli organi è
divenuta una prova importante contro l'evoluzione e non si dovrebbe semplicemente cessare dal farne menzione nei
libri.

Appendice

L'organo di cui ci si è maggiormente serviti per provare l'evoluzione è l'appendice. In alcuni animali che hanno
raggiunto uno stadio meno evoluto, l'appendice è più grande che nell'uomo, ed in alcuni ha una funzione chiara. Si
afferma che l'uomo è prodotto dell'evoluzione da un animale ipotetico, dotato di appendice più grande e funzionante.
Vi sono, tuttavia altri animali considerati meno evoluti di quelli aventi appendice funzionante, dotati di appendice
più piccola di quella dell'uomo e non funzionante, e vi sono altri animali che non ne hanno affatto. Se siamo onesti
nel servirci dell'appendice come prova del fatto che l'uomo è più evoluto degli animali dotati di appendice più
grande e funzionante, siamo costretti a riconoscere che ciò prova che lo uomo è meno evoluto degli animali in cui
essa è meno sviluppata o persino assente. Si potrebbe inoltre dire, altrettanto facilmente, che questi animali
rappresentano un'evoluzione dell'uomo. Secondo l'Enciclopedia Britannica: « Gli animali dotati di uno stesso
organo completamente sviluppato e in stato funzionale vengono considerati vicini dal punto di vista ancestrale, ad
animali aventi l'organo residuale »4. Ciò rende l'uomo vicino per discendenza ai marsupiali ed al coniglio, nei quali
l'appendice è ben sviluppata, e lontano dalle scimmie che sono generalmente prive di appendice. Altri scienziati
pensano che l'appendice non sia affatto un organo residuale, ma che abbia una sua funzione, forse nel combattere le
infezioni, essendo tessuto linfatico come le tonsille.

Gli organi residuali dell'uomo successivamente citati con maggior frequenza, sono i muscoli del cuoio capelluto e
delle orecchie, i quali sono sviluppatissimi per esempio nel cavallo, che se ne serve per scacciare le mosche che si
fermano sulla sua testa. Si sostiene che l'uomo ha le mani per scacciare le mosche e che non ha bisogno dei muscoli
della testa e delle orecchie, per cui essi sono residuali. Intanto io considero questo come un insulto personale, poiché
riesco facilmente a muovere il cuoio capelluto e le orecchie e spesso li contraggo per allontanare le mosche! Se le
persone, che ricorrono a questo ragionamento, hanno dei muscoli degenerati, devono esser seriamente impediti,
dovendo fermarsi in ciò che stanno facendo per scacciare ogni mosca che li molesta, e certamente saranno eliminati
alla fine di una lotta impari per la sopravvivenza del più forte!

Invece di provare l'evoluzione, il numero ridotto degli organi, di cui non si conosce l'uso, costituisce una valida
prova che essi non si sono formati per mezzo di mutazioni dovute al caso, e il fatto che esso venga tuttora citato
dimostra semplicemente l'esiguità delle prove a favore della evoluzione.

Esempi moderni dell'evoluzione

È chiaro che se fosse possibile mostrare che l'evoluzione oggi è in progresso, ciò darebbe una buona indicazione che
essa si fosse verificata anche nel passato. Per darci questa prova, perciò, gli evoluzionisti presentano alcuni esempi
che, secondo loro, mostrano la continuità dell'evoluzione tuttora. I due più frequentemente menzionati sono i batteri
che diventano immuni alla penicillina e una farfalla che vive in Inghilterra. In tutti e due questi casi si è notato
qualche cambiamento. Il problema comunque è di definizione. In un certo senso, forse, qualunque cambiamento
potrebbe essere definito con la parola evoluzione, ma i cambiamenti notati sopra, certamente non sono del tipo
necessario ad aiutare la teoria dell'evoluzione. Questa richiede un cambiamento nella direzione di una più grande
organizzazione e di una maggiore complessità. I creazio­nisti sono d'accordo con gli evoluzionisti che gli animali
hanno la capacità di adattarsi all'ambiente, ma insistono sul fatto che occorre più di questo per arrivare da una
singola cellula all'uomo. Ci vuole lo sviluppo di organi nuovi e un aumento in complessità e in organizzazione.

Nel caso dei batteri sembra che esista o una mutazione abbastanza frequente che dà l'immunità alla penicillina,
oppure una piccola percentuale di batteri che già era immune. Essi rimangono però sempre batteri della stessa
specie, che sono interfertili con i batteri che non hanno questa resistenza. Non diventano mai uomini, vermi o
qualsiasi altra cosa e, non appena l'ambiente ritorna come era prima, torneranno indietro al vecchio tipo.
Il caso della farfalla, che viene menzionato più di frequente, è considerato da molti il miglior esempio di evoluzione
oggi. Il cambiamento è stato provocato dall'inquinamento dell'aria, provocato a sua volta dall'industria. Le farfalle,
normalmente di color biancastro, riposano sugli alberi dello stesso colore. Quando il fumo ha reso scuri i tronchi e
gli uccelli hanno trovato più facilmente le farfalle chiare sui tronchi scuri, il rapporto tra le farfalle scure e quelle
chiare è cambiato a tal punto che la maggioranza di quelle che rimanevano per riprodurre erano scure. Sono però
sempre rimaste farfalle e neppure una è diventata un passero o una quaglia. Non è questo il tipo di evoluzione che
può dare un contributo al problema di creazione o evoluzione.

Nel menzionare il problema dell'evoluzione della farfalla, l'evoluzionista sta però entrando in territorio pericoloso
perché, mentre i meccanismi suggeriti per l'evoluzione possono spiegare bene un cambiamento di colore, sono
completamente inadeguati a spiegare l'origine della farfalla! Due domande si presentano naturalmente:

1) Come può la selezione naturale spiegare la ragione per cui un bruco cambia forma completamente per diventare
farfalla? Come bruco esso è stato capace di competere con successo nel suo ambiente. Il problema diventa
particolar­mente arduo nel caso della farfalla che, per la vivacità dei suoi colori è più vulnerabile all'attacco dei suoi
nemici che non quando era ancora un bruco coperto di peli disgustosi che gli servivano anche da difesa. L'altra
alternativa sembra essere quella che la farfalla avesse già dall'inizio i due stadi nel programma ereditario, ma questo
per l'evoluzione sarebbe ancora più impossibile!

2) Quale possibile combinazione di mutazioni potrebbe mai produrre questi cambiamenti? Quando il bruco si
trasforma in crisalide, tutta la parte interiore del corpo si liquefa e da questo liquido si formano le ali, le zampe, gli
occhi e le altre parti dell'adulto. Da bruco ha di solito sei occhi semplici, ma da adulto ha occhi composti. Da bruco
morde e mangia, ma da adulto ha un tubo con cui può soltanto succhiare. Quali piccoli cambiamenti nel DNA,
tramite i secoli, potremmo mai immaginare potrebbero fare questo e nello stesso tempo dare un vantaggio
evoluzionistico in ogni passo? È impossibile concepire un modo in cui mutazioni puramente casuali potrebbero
formare il complicato programma del DNA necessario per dirigere il cambiamento da bruco in farfalla. Certamente
lo scurirsi delle ali non è da paragonare a questo.

Fossili

Nel suo libro L'origine delle speci Darwin scrisse: 
 

« Nella proporzione nella quale il processo di sterminio ha agito su vasta scala, il numero delle varietà
intermedie precedentemente esistite deve esser veramente enorme. Perché, allora, non è ciascuna
formazione geologica ed ogni strato pieno di tali anelli intermedi? Per certo la geologia non rivela una
catena organica tanto finemente graduata. Questa è forse l'obiezione più ovvia e più grave che si può
sollevare contro la teoria. La spiegazione risiede, a quanto penso, nell'estrema imperfezione della
testimonianza geologica »5.

Il problema dei ritrovamenti geologici permane ancora. Gli anelli di congiunzione mancanti mancano ancora.

La seguente citazione presa da un articolo di Duane T. Gish chiarisce il problema che i fossili pongono agli
evoluzionisti. Egli mette a confronto i due sistemi: Il tipo di documentazione fossile che si sarebbe trovato ammessa
la creazione, e come si presenterebbero i fossili ammessa la evoluzione. 
  
 

Basato sull'evoluzione:  
Basato sulla creazione:  
Si dovrebbe trovare un cambiamento
Si dovrebbe trovare una comparsa improvvisa di una grande varietà
graduale partendo dalle forme più
di forme complesse.
complesse.
L'improvvisa comparsa di tutti i grandi gruppi creati da Dio con le
Uno spettro completo di fossili che
caratteristiche specificanti, già complete. Divisioni distinte tra i vari mostrano la connessione tra una
grandi gruppi di animali, senza forme intermedie tra le grandi categoria e un'altra senza mancanze
categorie. sistematiche.

Adesso paragoniamo i fatti conosciuti dei fossili alle previsioni sopra riportate basate sui due sistemi della creazione
e dell'evoluzione.

L'avvento della vita nel Cambriano

Le più vecchie rocce dalle quali furono rinvenuti fossili multicel­lulari indiscutibili sono quelle del periodo
Cambriano. In questi depositi sedimentati furono rinvenuti miliardi e miliardi di forme di vita di alta complessità che
includono tutte le maggiori forme di vite invertebrate. Questi animali hanno un grado di complessità così alto che
secondo l'evoluzione dovrebbe avere avuto un miliardo e mezzo di anni dell'evoluzione precedente prima di arrivare
a quella complessità.

Cosa troviamo nelle rocce più vecchie del Cambriano? Neppure un singolo indiscutibile fossile multicellulare è stato
mai trovato nelle rocce precambriane. Certamente può essere detto senza paura di contraddizioni che i progenitori
della vita Cambriana, se sono esistiti, non sono mai stati ritrovati.

Concernendo questo problema, Axelrod affermò: « Uno dei più grandi problemi rimasto ancora insoluto
dell'evoluzione è l'occorrenza di una diversità di invertebrati multicellulari marini nelle rocce del Cambriano
inferiore su tutti i continenti, e la loro assenza nelle rocce di maggiore età ». Dopo aver discusso sulle varie speci di
fossili rin­ venuti nel Cambriano, Axelrod continua dicendo: « Tuttavia, quando­riesaminiamo le rocce
precambriane per trovare i progenitori di questi fossili del Cambriano inferiore, non li troviamo. Molti strati
profondi (2000 m.) si trovano sotto gli strati che contengono i primi fossili cambriani. Questi sedimenti erano
apparentemente adatti per la preservazione dei fossili perché sono spesso identici alle rocce contenenti i fossili; però
nelle rocce precambriane non si trovano fossili ».

Da tutte le apparenze basate sui fatti conosciuti dei fossili, la vita è iniziata ad un tratto con un alto grado di
complessità. I fossili non danno nessuna prova che questi animali cambriani derivano da altre forme meno
progredite. Non soltanto questo, ma non è stato trovato un solo fossile che potrebbe essere considerato uno stadio­
intermedio tra due maggiori gruppi o phylum. I più vecchi fossili che si trovarono di questi maggiori gruppi
invertebrati erano distinti come oggi.

Questi fatti sono contrari alle previsioni basate sull'evoluzione. Ciò è stato ammesso per esempio da George (1960,
pag. 5): «Pur ammettendo un'origine evoluzionistica dei grandi gruppi di animali e non un atto creativo, non
possiamo spiegare l'assenza di fossili di qualsiasi phylum nelle rocce precambriane oggi come al tempo di Darwin ».
Simpson ha cercato di risolvere questo problema, ma infine ha dovuto ammettere (1949, pag. 18) che l'assenza dei
fossili precambriani oltre a qualche possibile microfossile, è « il maggior mistero della storia della vita ».

Questi fatti, però, vanno in completa armonia con le previsioni della creazione. I fossili mostrano: prima
un'apparenza improvvisa in grande varietà di forme altamente complesse senza progenitori; e secondo, l'assenza di
forme transitorie tra i grandi gruppi, esattamente come dovrebbero essere se fossero stati creati. Possiamo dire per
forza maggiore che i fatti conosciuti dai fossili proprio dall'inizio, sostengono le previsioni basate sulla creazione
mentre senza dubbio contraddicono le previsioni dell'evoluzione.

Natura distinta delle Classi Vertebrate 
 

Quello che segue della storia della vita rivela un'assenza fenomenale dei molti anelli di passaggio
richiesti dalla teoria dell'evoluzione. Esiste infatti una deficienza delle forme intermedie sistematiche tra
le più grandi categorie, esattamente come richiedevano le previsioni della creazione.

L'idea che i vertebrati derivino dagli invertebrati è una pura asserzione che non può essere documentata
dai fossili. Nella storia dello studio dell'anatomia comparata e l'embriologia delle forme viventi, quasi
ogni gruppo invertebrato è stato proposto, o prima o poi, come progenitore dei vertebrati. Ci sono teorie
riguardo al passaggio degli invertebrati a vertebrati, ma mancano i fossili richiesti per sostenerle.
Secondo Ommaney: « Tra il Cambriano e l'Ordovi­chiano dove troviamo i fossili dei primi animali che
hanno caratteristiche di veri pesci c'è una lacuna di cento milioni di anni che probabilmente non
potremmo mai riempire ».

Incredibile! Cento milioni di anni di evoluzione e nessun fossile di forma intermedia! Questi fatti, però,
vanno perfettamente d'accordo con la previsione della teoria della creazione.

Gli esempi citati non sono in nessun modo eccezioni; anzi servono per illustrare la caratteristica dei
documenti fossili. Mentre esistono forme intermedie al livello di sottospecie, e quelle a livello della
specie sono probabili, l'assenza degli anelli di passaggio tra le grandi categorie è regolare e sistematica 6
.

Vi sono alcuni esempi classici che vengono impiegati tuttora molto spesso, ed essi danno allo studente l'impressione
che si siano trovati i termini di passaggio. Il più noto è forse l'archeopterix. L'archeopterix è un volatile, da lungo
tempo estinto, con alcune caratteristiche simili a quelle di un uccello, quali le piume, e altre simili a quelle di un
rettile, come un tipo di dita poste all'estremità delle ali, e dei denti. Pur potendosi spiegare come uno stadio
attraverso il quale sono passati gli uccelli nel processo evolutivo a partire dai rettili, avrebbe anche potuto trattarsi
semplicemente di una creatura distinta dalle altre, come il pipistrello, il quale è un mammifero capace di volare,
dotato di dita alle articolazioni delle ali e di denti. Il pipistrello non viene mai considerato uno stadio nel passaggio
da uccelli a mammiferi poiché gli evoluzionisti non credono che i mammiferi costituiscano un'evoluzione a partire
dagli uccelli, ma la relazione è la stessa.

Ai nostri giorni molti animali sono estinti ed il numero delle specie viventi diviene sempre minore. L'archeopterix
potrebbe essere semplicemente un volatile estinto, poiché nel passato le forme di vita esistenti erano più numerose di
oggi, e poiché i fossili di archeopterix sono tutti completamente sviluppati; non uno più rettile e un altro più uccello.

In ogni caso, nel 1977, furono scoperti i fossili di un normale uccello risalenti allo stesso periodo dell'Archeopte­rix
(Upper Jurassic) e precedenti di 60 milioni di anni l'antecedente uccello normale più antico. Questo sembra
eliminare PArcheopterix quale anello di congiunzione fra uccelli e rettili. John Ostrom di Yale che « identificò
positivamente » l'esemplare disse: « È ovvio che ora dobbiamo cercare gli antenati degli uccelli in un'epoca di molto
anteriore a quella in cui visse l'Archeopterix » 7.

Alcuni libri presentano in maniera categorica un gruppo oppure un altro come l'antenato di quasi tutti gli animali,
dando l'impressione che si sappia da che cosa siano provenuti i vari animali. Il Davidheiser ha tuttavia dimostrato
l'incertezza su cui poggia l'evoluzione citandone le stesse fonti autorevoli. Ho voluto riprodurre solo la parte
riguardante i mammiferi nell'impressionante e ben documentato elenco, poiché la loro evoluzione dovrebbe esser
relativamente più recente e quindi più sicuri gli antenati 8. 
 

Mammiferi. « I primi veri mammiferi ... erano piccoli animali insettivori il cui legame con quei rettili
non è affatto chiaro ».

I monotremi, mammiferi che depongono uova. « Non se ne conosce la storia dal punto di vista
geologico ».

I marsupiali, mammiferi dotati di una tasca ventrale. « La loro origine è estremamente antica e le fonti
sono ignote... ».

Il formichiere striato. « Non è più grande di un ratto ... questo formichiere ha origini, che nei loro
particolari precisi, sono avvolte dal mistero ».

Gli euteri, mammiferi forniti di placenta. « Da alcuni animali primitivi sconosciuti, viventi su alberi,
che si nutrivano d'insetti e dotati di tasca vennero ben presto i primi animali forniti di placenta ».

I roditori. « La questione delle loro origini resta aperta ».

I lagomorfi (conigli e lepri). In precedenza considerati roditori, ma che ora si pensa non siano neppure
imparentati ai roditori. « L'origine di questi animali è incerta ».

Gli elefanti. I due sopravvissuti del grande ordine dei probosci­dati sono ì'Elephas maximus o elefante
d'Asia ed il Laxodonta africana o elefante africano. « Le origini di ambedue sono oscure... ».

Le sirenidi o vacche marine. « La loro origine resta ancora un mistero per gli uomini di scienza ».

L'oritteropo (genere di formichiere dell'Africa del Sud). « Le testimonianze preistoriche a suo riguardo
sono frammentarie ed offrono poche prove circa i loro antenati immediati ».

I pinnipedi (foche, otarie, trichechi). « ... i progenitori dei pin­nipedi ci sono completamente sconosciuti
».

I cetacei, come le balene e i marsuini. « L'agorophilus mostra caratteristiche leggermente più primitive,
ma non fornisce alcun indizio circa l'affinità delle balene con qualsiasi altro ordine di mammiferi
terrestri ».

I mistacoceti o balene con fanoni. « L'origine dei mistacocetì è incerta ».

Gli artiodattili o animali dotati di zoccoli, con numero di dita impari. « L'ordine dei perissodattili ebbe
probabilmente origine nell'emisfero settentrionale... da animali finora non scoperti imparentati con i
condiliarti o protoungulati dell'Eocene ».

Il cavallo. « S'ignora l'origine reale del cavallo ».

I primati. Questi includono i lemuri, le scimmie, le scimmie antropomorfe e l'uomo. « Quando e dove
fecero la loro comparsa i primi primati, è oggetto di congetture... È chiaro quindi che non si conoscono
ancora i primi primati... ».

Iltarsio. «L'origine evolutiva di questo animale è ancora dubbia».

Le scimmie occidentali. « La storia filogenetica delle scimmie del nuovo mondo o platirrine ci è del
tutto sconosciuta ».

Le scimmie orientali. « Circa le scimmie del vecchio mondo, del loro passato si conosce ancora meno.
Ma anch'esse si devono far risalire a sconosciuti antenati dell'Eocene

Il gibbone. « Le sue origini non sono state ancora determinate ».

L'uomo. « ... Non si è d'accordo sul luogo d'origine del vero Homo sapiens, l'uomo della nostra specie.
Ciascuna autorità nella materia ha la sua teoria per la quale si batterà come una madre per il proprio
figlio ».

L'uomo di Neanderthal. « Non si è mai stabilito quale sia il suo vero posto nell'evoluzione dell'uomo ».

L'uomo di Cromagnon. « L'uomo di Cromagnon è un uomo moderno in ogni senso della parola, ma non
si ha la minima idea circa la sua origine e com'essa avvenne ».

I negrito. « Si era pensato che rappresentassero uno stadio precedente nell'evoluzione dell'uomo, ma
non vi sono prove presentate dai fossili che l'uomo sia passato per la condizione di pigmeo ».

Ed infine, per concludere tutto: « In pratica non conosciamo la storia filogenetica di nessun gruppo di
piante o di animali, poiché essa affonda le sue radici in un passato indecifrabile » 9.

Riassumendo le prove dei fossili, vediamo che essi mostrano gruppi abbastanza distinti. Mentre esiste una differenza
tra i vari membri di qualsiasi gruppo (per esempio la diversità fra i vari cani) queste differenze sono dentro certi
limiti. Per le grandi categorie non esiste nessuna documentazione fossile che mostri che si sono sviluppati da
qualche altro gruppo. Questo ci lascia pensare che all'inizio Dio creò un numero di gruppi diversi che si sono
riprodotti secondo la loro specie. Benché l'evoluzionista cerchi di risolvere questo problema suggerendo progenitori
sconosciuti per quasi tutti i gruppi, le prove sembrano invece dimostrare che c'era un numero di gruppi creati
distintamente, però con una capacità di variazione genetica dalla quale ebbe origine una limitata quantità di
variazioni.

Commentando su questo fatto dei fossili il famoso evoluzionista G. G. Simpson dice: « Questo è vero per tutti i
trentadue ordini di mammiferi... I primi e più primitivi membri conosciuti di ogni ordine hanno già le caratteristiche
basilari di quell'ordine e in nessun caso troviamo una sequenza continua tra un'ordine e un altro. Nella maggior parte
dei casi la divisione è così grande che l'origine dell'ordine è astratta e soggetta a disputa » 10.

Poi, andando più avanti egli aggiunge: « Quest'assenza regolare di forme intermedie non è trovata soltanto tra i
mammiferi, ma è un fenomeno quasi universale come è stato da molti anni messo in rilievo dai paleontologi. È vero
di quasi tutti gli ordini di tutte le classi di animali sia vertebrati che invertebrati, ed è apparentemente anche vero
delle categorie analoghe delle piante » 11.

Più recentemente le pubblicazioni evoluzionistiche rivelano la situazione attuale come segue: « Sfortunatamente le
origini della maggioranza delle categorie alte giacciono nel mistero; di solito le nuove categorie più alte appaiono
allo improvviso nella documentazione fossile senza evidenza di termini di passaggio » 12 .

« Brevemente ogni gruppo, ordine o famiglia sembra essere nato improvvisamente ed è raro trovare i termini di
passaggio tra i vari stati precedenti. Quando li scopriamo sono già completamente distinti e non soltanto non
troviamo praticamente nessun anello di passaggio ma in generale è impossibile suggerire una connessione
accettabile a tutti tra un nuovo gruppo e uno vecchio » 13.

Mentre l'evoluzionista cerca di trovare i progenitori per tutti i gruppi, pare, invece che i grandi gruppi furono creati
distintamente, possedendo però, una capacità cromosomica per una quantità limitata di variazioni.

Darwin ha considerato i documenti fossili come le più serie obiezioni contro la sua teoria; e come abbiamo visto
questa obiezione resta ancora oggi. Però nello stesso momento la maggior parte degli evoluzionisti di oggi vedono
nei fossili anche la più importante prova per la loro teoria. Cioè asseriscono che le rocce più vecchie contengono
fossili di animali semplici mentre rocce più giovani contengono fossili di animali più complessi, mostrando così una
progressione.

Quest'idea solleva naturalmente la questione: « Come si sa quali sono le rocce più antiche? » I geologi determinano
l'età delle rocce sulla base dei fossili che contengono. Quelle che contengono fossili di animali più semplici sono
considerate più antiche e quelle che contengono fossili di animali più complessi vengono considerate più recenti.
Con un sistema come questo sembrerebbe impossibile sbagliarsi, e si potrebbe citare quasi ogni geologo per
mostrare che questo è il metodo principale impiegato per la datazione degli strati. Il professor Stirton, direttore del
museo di paleontologia dell'Università di California, esprime chiaramente questa idea: « Le correlazioni biologiche
costituiscono ancora il metodo più utile impiegato per stabilire la relativa contemporaneità degli avvenimenti
dell'intero passato geologico. Esse sono basate sulla storia della vita rappresentata dai fossili rinvenuti nelle rocce »
14 . Dove i fossili di una parte di uno strato roccioso sono diversi da quelli di un'altra parte dello stesso strato, si
procede generalmente sulla base dei fossili piuttosto che sul principio che sembri trattarsi di un solo strato che si è
depositato in uno stesso momento. Vediamo quindi che i fossili sono impiegati per determinare l'età delle rocce che
li contengono. I fossili più semplici quindi non possono non trovarsi in rocce che vengono considerate più antiche e i
fossili più complessi in rocce che sono più recenti.
Qui ci troviamo allora in presenza del nostro primo problema. In molti luoghi, nella maggior parte delle regioni
montagnose di ogni continente esistono esempi di strati con fossili che sono meno complessi e che si trovano al di
sopra di fossili più complessi 15 . Sarebbe naturale pensare che gli strati che si trovano al di sopra siano più recenti
di quelli al di sotto, ma poiché contengono fossili « meno evoluti » vengono chiamati più antichi. Il problema
relativo alla maniera nella quale rocce depositatesi in un periodo precedente potessero sovrapporsi a rocce formatesi
successivamente è tanto serio per l'evoluzionista, che per risolverlo dicono che le rocce degli strati superiori non si
sono formate là per sedimentazione ma provengono da altri luoghi. Questo è possibile nel caso di qualche
rimaneggiamento nelle quali piccole quantità di rocce sono state spinte al di sopra di strati più antichi, ma in molti
casi si tratta di milioni di tonnellate di rocce che avrebbero dovuto muoversi in tal modo, a volte per centinaia di
chilometri, per trovarsi al di sopra di rocce appartenenti a strati più recenti. Anche ciò potrebbe occasionalmente
essere possibile se avessimo a che fare con strati interrotti o contorti, ma in molti casi si tratta di strati lisci e piani,
su superfici di migliaia di chilometri quadrati, molte parti delle quali non mostrano alcuna traccia di usura né di
frattura a seguito dello spostamento, ma che sulla base di ogni evidenza sembrano essere formate sul posto.

Un'altra teoria che potrebbe possibilmente dare spiegazione logica ad alcuni di questi strati fuori ordine è la teoria
che la superficie della terra è composta da grandi zone o zolle che galleggiano sulla parte liquida interna della terra.
Dove una zolla tocca un'altra potrebbe capitare qualcosa di simile. Questo non spiega però esempi come il
rimaneggiamento di Lewis. Esso è in mezzo a una di queste zolle, non ai limiti. Il suo spessore è di circa nove
chilometri ed è lungo da duecento a cinquecentoventicinque chilometri. Basta uno sguardo per vedere come sia
difficile ai geologi unifor­mitari credere che essa abbia percorso i cinquanta o sessanta chilometri necessari per
trovarsi dov'è ora. Ma questo è quel che si dice.

Un certo numero di teorie, che cercano di spiegare come avrebbe potuto avvenire questo movimento della pietra
sono state presentate fino ad ora. Alcune di queste potrebbero applicarsi a piccole quantità di rocce. Una teoria è che
la legge di gravita abbia fatto muovere le rocce da una posizione superiore ad una inferiore. Ma questa idea non
permette tuttavia di spiegare come le enormi masse di roccia di una superficie di molti chilometri quadrati,
comprendenti intere montagne e valli che formano il rimaneggiamento di Lewis, avrebbero potuto scivolare. Né
spiega d'altronde la mancanza di segni di movimento che ci si aspetterebbe di trovare. Benché sia una regione
dall'aspetto un po' tormentato non v'è nulla che possa richiamare le prove di questo genere di movimento 16. Se oltre
a tutto ciò, si immagina che il livello delle rocce sulle quali si trova il rimaneggiamento di Lewis fosse quello del
mare, per scivolare sopra il rimaneggiamento avrebbe dovuto erigersi nel cielo fino ad una altezza di seicento metri
più di quella dell'Everest che è attualmente la cima più elevata della superficie terrestre. Quindi per essere ancora più
alta in maniera da scivolare per la distanza di cinquanta­sessanta chilometri, il rimaneggiamento in questione
avrebbe dovuto raggiungere un'altezza che supera di molto il limite di credibilità. Se invece la terra fosse
sprofondata davanti ad essa, il problema non ne sarebbe che reso più complicato. Ma non sono molti gli insegnanti
che vogliono ingombrare le menti dei loro allievi con questo aspetto del quadro dell'evoluzione, poiché ciò
renderebbe più difficile prestare la fede necessaria per accettare le conclusioni evoluzionistiche che vengono basate
sui fossili.

Tutto ciò ci pone in presenza di un altro problema. I geologi d'ispirazione evoluzionista sono seguaci della scuola
uniformitaria. Citiamo qui una definizione data dagli uni­formisti stessi: « Uniformismo, secondo il quale le cause
determinanti dei fenomeni geologici sono le stesse che agiscono tuttora e anche la loro intensità non è stata in
passato sensibilmente diversa; i fenomeni imponenti che noi rileviamo sono dovuti all'accumulo dei loro effetti nel
tempo » 17 .

Come si è visto, in pratica gli evoluzionisti passano oltre quando una spiegazione uniformistica negherebbe la
evoluzione, ma richiesto in generale per la teoria dell'evoluzione, l'uniformismo è necessario. Una delle ragioni è
che i lunghi periodi di tempo necessari per costruire ogni cosa secondo i metodi odierni è una necessità per il
traballante fondamento della teoria dell'evoluzione. Che un diluvio come quello descritto dalla Bibbia, avvenuto ai
tempi di Noè, potesse depositare in un anno il materiale che si depositerebbe normalmente in molti anni sarebbe
inaccettabile per l'evoluzione. Come dimostreremo, perché l'evoluzione sia una possibilità statistica, occorrerebbe un
periodo molto più lungo di quello al quale si può giungere mediante qualsiasi metodo di datazione. Per questo
motivo, ogni altro anno che gli evoluzionisti possono trovare da aggiungere, costituisce un sostegno alla loro teoria.
Ciò non vuol dire che se vi fosse stato tempo a sufficienza l'evoluzione avrebbe potuto compiere quel che dicono i
suoi sostenitori, ma si vuol semplicemente indicare il loro riconoscimento che senza un periodo fantasticamente
lungo a propria disposizione, la evoluzione sarebbe semplicemente impossibile. È ovvio che Iddio avrebbe potuto
effettuare la creazione con altrettanta facilità cinque miliardi di anni fa come avrebbe potuto farlo ieri, di modo che
la questione del tempo non costituisce alcun problema né in un senso né in un altro per il sostenitore della creazione,
a parte l'eccezione costituita dal fatto che le concezioni bibliche della creazione si dividono in due gruppi. Uno
interpreta i sei giorni della creazione, citati in Genesi 1, come giorni di ventiquattro ore, mentre l'altro ritiene che la
creazione fosse compiuta in sei periodi di tempo. Gli argomenti in favore di una creazione recente saranno presentati
dove occorre, ma va ricordato che, per quanto una giovane età del mondo escluderebbe la possibilità di
un'evoluzione dell'uomo a partire da una singola cellula, il dimostrare che il mondo è più vecchio non proverebbe,
d'altronde, che l'evoluzione sia veramente avvenuta né che la Bibbia non dica il vero.

Evoluzionisti o creazionisti, ognuno si fonda in una certa misura su quel che sa del presente per interpretare il
passato. Esistono tuttavia buone prove che non tutto ciò ch'è avvenuto nel passato si sia verificato alla stessa maniera
ed allo stesso ritmo di oggi. Il cercare di comprendere queste cose come se fossero avvenute in tal modo per
guadagnare qualche anno in favore dell'evoluzione non può che portare alla confusione. Il creazionista lo riconosce
allorché insiste sul fatto che la creazione è avvenuta in un determinato momento e che non si tratta di un processo
evolutivo ancora in atto. Anche l'evoluzionista vi crede, che voglia ammetterlo o no, allorché insiste che le
montagne abbiano slittato su distanze di molti chilometri in un modo che non potrebbe avvenire adesso. Grandi parti
del fondamento della teoria dell'evoluzione devono essere accettate per fede, senza alcun equivalente odierno.

Come divenire un fossile

Sono spiacente, ma oggi è difficile divenire un fossile. Per diventarlo, occorre essere preservati in qualche modo
dalla decomposizione che comincia subito dopo la morte e continua fino al momento in cui l'organismo si è
completamente decomposto.

Uno sguardo ai metodi mediante i quali vengono preservati i fossili è sufficiente per mostrare che vi sono stati
cambiamenti nelle circostanze ambientali, i quali non si accordano col punto di vista uniformista della geologia.

In Siberia sono stati rinvenuti congelati nella melma, i resti di milioni di animali. Alcuni di questi si erano congelati
con tanta rapidità che se ne sono mantenuti intatti la carne e i peli. La carne di alcuni esemplari era in condizione
ancora tanto buona da poter essere data in pasto ai cani di slitta 18, e si dice che in un altra occasione, fu man­giata
dagli scienziati ad un banchetto in Inghilterra. Questo congelamento rapido ed il restare in tale stato sono
difficilmente spiegabili con le condizioni che si osservano oggi.

Un altro tipo di fossilizzazione è la conservazione delle ossa, dei denti e di altre parti resistenti. Essa avviene quando
gli animali restano intrappolati in depositi nell'acqua. Ciò avviene ancora di tanto in tanto. È tuttavia difficile
spiegare mediante gli odierni processi i grandi cimiteri di fossili che si rinvengono qua e là nel mondo. Vi sono aree
dove, accumulati l'uno sull'altro, vi sono milioni di fossili, a volte si tratta di pesci, a volte di mammiferi, altre volte
sono mescolati. La spiegazione di ciò sta in un cataclisma, e se si rifiuta di accettare come realmente avvenuto il
diluvio biblico, occorre immaginare un altro grave cataclisma.

Un altro processo della formazione dei fossili è la carbonizzazione. I depositi carboniferi attuali sono il risultato di
questo processso. Il carbone si è formato mediante la decomposizione di vegetali sottoposti ad un'enorme pressione.

La pietrificazione, altro modo di formazione dei fossili, richiede che il materiale da pietrificare sia completamente
sotto suolo dove i minerali e l'acqua possano agire su di esso prima che il materiale si decomponga. Il noto
evoluzionista L. S. B. Leakey, scrivendo a proposito di uno scarabeo, di bruchi ed altri insetti perfettamente
pietrificati chiede: « Come si sono formati questi incredibili fossili? Non lo sappiamo » 19.

Vediamo quindi che l'evoluzione si trova in difficoltà a spiegare l'esistenza di molti dei fossili sui quali viene basata
la prova in favore della teoria, senza abbandonare il punto di vista geologico uniformista che gli evoluzionisti
ritengono dover difendere fin dove possibile perché vi sia un periodo di tempo abbastanza lungo da permettere lo
svolgersi dell'evoluzione.
Le date radioattive

Oggi si attribuisce grande importanza alle date stabilite mediante l'utilizzazione di quanto noto alla scienza sulla
rapidità di decomposizione dei materiali radioattivi. Spesso autori pieni di entusiasmo nello scrivere per il grosso
pub­blico danno l'impressione che questo metodo abbia stabilito al di là di ogni possibile dubbio le date in questione.

Per esempio nello scrivere a proposito della sua famosa scoperta di un fossile, che a quell'epoca egli considerava
d'uomo, il Leakey affermò: « Adesso siamo infine in possesso dei fatti, che sono veramente sconvolgenti. Il
processo di datazione al potassio e all'argon fa risalire il Zinjan­tropo non a centinaia di migliaia di anni or sono, ma
ad un lontano passato quasi incredibile di un milione e settecento­cinquantamila anni » 20.

In testi scientifici maggiormente specializzati cerchiamo tuttavia invano questa certezza. Anzi, dopo aver discusso i
metodi ed i problemi della datazione mediante la radioattività, A. C. Woodford conclude, e la maggioranza degli
evoluzionisti è d'accordo: « Attualmente la correlazione fra i fossili sembra esser la guida più sicura nella maggior
parte dei casi »21. In pratica le date ottenute col metodo della radioattività, e che i geologi accettano, sono quelle che
concordano con la datazione dei fossili.

Perché la certezza della datazione radiometrica svanisce come nebbia al sole quando le autorità in materia si
rivolgono ad un pubblico di geologi? Uno sguardo dato più da vicino a questo metodo di datazione ne fornirà la
spiegazione. Prima di tutto, qualunque sia il materiale radioattivo considerato, carbonio, potassio, uranio o altro, il
metodo generale è lo stesso. La sostanza che si decompone mediante la proiezione di particelle atomiche deve essere
misurata accuratamente, ed i prodotti di questa decomposizione devono esser misurati accuratamente. Conoscendo
la velocità di disintegrazione e supponendo che essa si sia mantenuta costante nel corso dei secoli, si possono fare i
calcoli per determinare l'età. Con metodo equivalente potreste determinare da quanto tempo bruci una candela
misurando quel che ne resta e calcolando la rapidità con la quale brucia attualmente. Se la candela ha sempre
bruciato a quella velocità e la vostra supposizione è esatta circa la lunghezza originale, allora potete aver ragione.
Non potete mai sapere, tuttavia, in maniera certa se queste supposizioni circa la velocità e la lunghezza erano esatte
22 .

Ad eccezione di quanto avviene col metodo di datazione col carbonio 14, i fossili in questione non possono venir
datati essi stessi, ma si possono datare solo gli strati nei quali essi si rinvengono. Ciò viene reso ancora più
complicato per il fatto che le rocce sedimentarie contenenti fossili non possono datarsi. Le date si devono calcolare
trovando degli strati ignei contenenti i materiali radioattivi appropriati e cercando di fare una correlazione fra la loro
età e quella degli strati sedimentari in questione a seconda della loro posizione superiore, inferiore, ecc.

Un altro problema importante è che l'elemento originale ed il prodotto della radiazione hanno gradi diversi di
solubilità nelle varie soluzioni minerali contenuti nella falda acquifera, ed è impossibile sapere con certezza quanto
di ciascuno è stato portato via nel corso dei secoli, problema reso fantasticamente più complesso se si accettano i
milioni di anni che vengono generalmente presentati. Vi è poi anche il rischio della presenza di uno dei due elementi
trasportato sul posto dall'acqua; cosa che riduce grandemente l'accuratezza del metodo.

Il risultato è che delle centinaia di date determinate con questo metodo, la maggior parte è stata respinta dai geologi
stessi, ad eccezione delle date stabilite col carbonio 14 che sono considerate più attendibili.

La data relativa al cranio summenzionato rinvenuto dal Leakey, fu determinata mediante uno dei metodi più
importanti di datazione basati sulla radioattività, quello della disintegrazione del potassio. Il prodotto della
disintegrazione del potassio che viene misurato dagli scienziati è l'argon. L'intera conclusione è nulla se i composti
del potassio, che è uno degli elementi più attivi, o dell'argon che è un gas, vengono sciolti e portati via dalla falda
acquifera; così è nulla se scappano in qualche altro modo in un periodo che molti ritengono di essere di milioni di
anni.

Così non è cosa facile esser sicuri di misurazioni accurate. Nel caso dell'argon, il campione deve esser liberato
dell'argon contenuto nell'aria riscaldandolo, ecc. e quindi riscaldato ulteriormente per liberare l'argon formatesi nel
campione e che viene assorbito nel carbone vegetale, che non contenga altro argon.
L'importanza che la datazione mediante la radioattività ha per la teoria dell'evoluzione deriva dal fatto che questo
metodo di datazione da origini molto antiche e fa di solito­risalire la terra ad un periodo che va dai tre ai cinque
milioni di anni fa. Questo non è sufficiente paragonato a quel che sarebbe stato necessario se le cose viventi si
fossero veramente formate per evoluzione, poiché nessun lasso di tempo è sufficiente a creare l'uomo a partire dalle
variazioni dovute al caso, ma dal punto di vista psicologico ciò costituisce un certo aiuto. Se quella è praticamente
l'età della terra, ciò non prova che Iddio non l'abbia creata con le cose che contiene. Se invece, la sua età è meno
lunga, ciò dovrebbe costituire una buona prova contro l'evoluzione. Nel migliore dei casi le date ottenute mediante la
radioattività sono incerte poiché si fondano su presupposti che nessuno può provare, e cioè che la rapidità della
disintegrazione non sia mai mutata, che all'inizio non v'era nessuno dei prodotti derivati dalla radiazione e che negli
anni intercorsi non sia accaduto nulla che infici l'accuratezza delle­misure eseguite.

La datazione mediante il radiocarbonio

Pur andando incontro ad alcune delle stesse difficoltà provate da altri metodi di datazione mediante la radioattività,
la datazione mediante il radiocarbonio è importante per stabilire l'età dei fossili umani. L'isotopo carbonio 14, che è
radioattivo viene introdotto nell'aria ad un'altezza di circa otto o novemila metri, allorché i raggi cosmici
s'incontrano col nitrogeno dell'aria. Il carbonio radioattivo forma­tosi reagisce con l'ossigeno dell'aria formando
anidride carbonica che viene assorbita dalle piante ed in tal modo trasmessa agli animali che mangiano. Una pianta o
un animale che muore cessa di assorbire nuovo biossido di carbonio, ed il carbonio 14 precedentemente assorbito si
disintegra ad un ritmo costante della metà della quantità totale ogni 5568 anni. (Alla Quinta Conferenza per la
Datazione mediante il Radiocarbonio, del 1962, si disse invece che tale periodo era di 5730 anni). Il padre del
sistema di datazione mediante il radiocarbonio, H. F. Libby, sua più alta autorità, dice che le date ottenute mediante
il radiocarbonio concordano con quelle storiche fino a 4000 anni or sono. Per le date non riportateci dalla storia
egiziana « l'incertezza della storia e la divergenza delle date al di là dei 4000 anni fa sono grandi » 23 .

Per quanto riguarda la conformità delle date della storia d'Egitto e quelle ottenute mediante il radiocarbonio « i due
gruppi di date concordano fino a quattromila anni fa » 24 . Per il dottor Libby la maggiore mancanza di concordanza
per le date più antiche è dovuta all'imprecisione delle più antiche date storiche, benché ciò possa anche attribuirsi
all'inesattezza delle date ottenute mediante il carbonio a causa di una più o meno intensa attività di onde cosmiche e
ad un> certo numero di altri fattori troppo complicati perché se ne possa discutere in questa sede.

Poiché per le teorie evoluzioniste la terra dovrebbe esser molto antica, si suppone che la quantità di radiocarbonio
nell'atmosfera resta invariata perché da molto tempo è stato raggiunto un equilibrio fra la velocità di formazione e
quella di decomposizione. Fatto sta, tuttavia, che la velocità di formazione è di atomi 2,5 per centimetro quadrato al
secondo e quella di decomposizione di atomi 1,9 per centimetro quadrato al secondo. Per Libby la differenza è
dovuta al radiocarbonio irrimediabilmente depositato nel fondo del mare.

Il professor M. A. Cook, vincitore del premio Nobel per la chimica, sostiene che ciò significa che i sedimenti
avrebbero dovuto accumularsi nel mare con una rapidità da 135 a 200 volte maggiore di quanto supposto dai geologi
unifor­misti, e che o l'evoluzione viene ridotta da seicento milioni di anni ad un massimo di quattro milioni e
quattrocentomila anni oppure che non è stato ancora raggiunto un equilibrio, cosa che lascerebbe supporre una data
di creazione ancor più recente. In nessuno dei due casi vi sarebbe stato abbastanza tempo perché l'evoluzione avesse
luogo in maniera da concordare con le teorie evoluzioniste attuali. Un'alternativa alla spiegazione fornita dal Libby,
secondo cui invece di esser irrimediabilmente depositato nel fondo del mare, il carbonio viene in qualche modo fatto
nuovamente circolare, si trova di fronte a quasi la stessa difficoltà, e ciò significherebbe anche che le date ottenute
col radiocarbonio sono troppo antiche 25 .

Le date ottenute mediante il radiocarbonio sono state pubblicate in Science fino al 1959 e in Radiocarbon Annual a
partire da quell'epoca. Nell'esaminare queste date, per prima cosa si è colpiti dal fatto che la stragrande maggioranza
dei campioni datati sono piuttosto recenti e che solo una percentuale alquanto piccola ha più di diecimila anni.

R. L. Whitelaw, professore di ingegneria meccanica e nucleare al Virginia Polytechnic Institute ha proceduto ad
analizzare le quindicimila date determinate nei trent'anni dal momento in cui questo procedimento di datazione è
entrato in uso. Egli propone che se i lunghi periodi di tempo postulati dagli evoluzionisti sono esatti, tale
campionario eclettico dovrebbe contenere ventimila campioni non databili (poiché il radiocarbonio si sarebbe già
decomposto) per ogni campione databile. Forse la decomposizione dei più antichi unitamente ad un certo interesse
per lo studio dei più recenti campioni archeologici ridurrebbe alquanto questa proporzione, ma le scoperte da lui
fatte restano impressionanti. Controllando tutte le date fino alla fine del 1969, egli ha scoperto che solo una piccola
percentuale non può essere datata mediante il radiocarbonio. Soltanto tre (alcune uova di megapodo) delle
quindicimila date sono definite « infinite » ed alcune altre risalenti a più di cinquantamila anni! Tutti i resti umani e
gli oggetti preistorici datati sono stati fatti risalire ad un periodo comprendente sessantamila anni.

Altri metodi di datazione

Qui entrano in scena altri metodi per calcolare l'età della terra. Gli scienziati hanno calcolato che, ritenendo che in
origine il mare non contenesse sale e che esso non vi sia mai stato aggiunto in una percentuale maggiore di quella
attuale, l'oceano non potrebbe avere più di duemila anni, probabilmente non più di cinquantamila anni. Non v'è
alcun motivo per credere alla prima affermazione, secondo la quale all'inizio l'oceano non contenesse affatto sale, e
la seconda è ovviamente falsa, poiché il sale è prontamente solubile e si sarebbe naturalmente dissolto e depositato
più rapidamente se all'inizio l'oceano non avesse contenuto sale, perché la percentuale contenuta nei continenti
sarebbe dovuta esser molto maggiore.

Tutto ciò indica una creazione molto recente. Gli scien­ati evoluzionisti hanno riconosciuto questo problema da
molto tempo, ma invece di accettare la data fornita dal tenore salino dell'oceano hanno accettato quelle che
maggiormente appoggiano la loro teoria. Alcuni scienziati, nel tentativo di risolvere il problema, hanno suggerito un
ciclo salino. Un po'di sale viene naturalmente ridepositato sui continenti da animali, ecc. Ma la loro idea è che
l'oceano oggi non è più salato di come lo è realmente, perché, mediante un processo finora sconosciuto, il sale
ritorna ai continenti dal mare per esser nuovamente riportato nel mare. Concedendo loro il beneficio del dubbio
(servendosi della più antica età possibile che secondo essi il metodo basato sul sale potrebbe assegnare allo oceano,
e delle minori età fornite dalla radioattività che secondo essi potrebbe avere la terra) l'età della terra secondo il
metodo della radioattività è almeno venti volte quello dell'età secondo il metodo della salinità. Il sale avrebbe dovuto
compiere il suo ciclo completo attraverso i continenti almeno venti volte. Per credere a ciò, si dovrebbe credere che
mentre il sale attraversava i continenti almeno venti volte, i materiali impiegati nel processo di datazione radioattivo
non avrebbero potuto spostarsi per la distanza minima sufficiente a rovinare la precisione della loro datazione!

Il sale comunque non è l'unico materiale sciolto dai continenti e portato nei mari. Morris, in un interessante elenco di
76 vari tipi di prove a favore di una terra di recente formazione, enumera 33 elementi la cui presente velocità di
accumulazione nell'oceano è stata controllata e trovata indicante un'età relativamente recente della terra: 27 di essi la
indicano essere inferiore a un milione di anni e 15 fra questi indicano un'età inferiore a 100.000 anni 26 .

Un'altra prova in favore di una creazione recente ci è data da studi iniziati nel 1968 su campioni prelevati nei fondi
marini. « Il sedimento formato dai microscopici organismi marini e dalla polvere portata nel mare dai fiumi e dal
vento, avrebbe dovuto ricoprire nel corso dei secoli i fondi marini per una profondità uniforme di almeno diciotto
chilometri. Invece, al centro dell'Atlantico non esiste praticamente nessun sedimento e solo un leggero strato di circa
seicento metri al suo limitare » 27 . Oggi giorno è difficile calcolare quale età si potrebbe assegnare al mare ma
ovviamente essa non basterebbe per l'evoluzione alla maniera nella quale essa sarebbe avvenuta secondo gli
evoluzionisti. Poiché d'altro canto, gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, si verificherebbero, serie
difficoltà a voler nascondere questo materiale.

La nuova teoria che la superficie della terra sia composta di zolle così grandi da includere interi continenti che si
muovono di qualche centimetro all'anno e del quale una parte nel mezzo del mare torna lentamente nel centro della
terra può spiegare la mancanza di una certa parte di questi sedimenti in certi posti del mare, ma fino a questo
momento sembra difficile che essa possa spiegare tutto.

L'età della terra può anche essere calcolata dalla quantità di polvere delle meteoriti che si è accumulata. Se la terra è
dell'età che suppongono gli evoluzionisti, dovrebbe contenere accumulato, uno strato di circa sedici metri da quando
la crosta della terra si è solidificata. Invece non c'è quasi niente. Si calcola uno strato di sedici metri di polvere
meteorica, supponendo che essa si sia accumulata sempre alla stessa velocità di oggi. Ma ci sono delle buone
probabilità che invece si sia accumulata molto più rapidamente negli anni passati.
Se come ragione per spiegare la mancanza di questi sedici metri di polvere di meteorite viene presentata l'idea che
forse si sono mischiati con la polvere della superficie terrestre, subentra un altro problema. « La polvere meteorica è
ricca di nichelio. Supponendo che in origine il nichelio fosse completamente mancante, occorrerebbe una
mescolanza verificatasi fino ad una profondità di circa cinque chilometri per provvedere sufficiente nichelio » 28 . Si
calcola che ogni giorno cadono sulla terra più di mille tonnellate di polvere meteorica 29 .

Secondo la datazione radioattiva, la luna ha la stessa età della terra. Poiché essa manca di atmosfera per permettere
l'erosione, si suppose che avesse accumulato uno strato di polvere meteorica dello spessore di molti metri e perciò il
primo razzo mandato ad esplorare il nostro satellite fu equipaggiato in modo da poterla affrontare. Secondo
Rackham si era creduto che ogni metro quadrato della superficie lunare raggiungesse in media un accumulo di
materiale meteoritico di cinque tonnellate con una profondità di circa 15 metri. Egli cita T. Gold come colui il quale
suggerì che l'elettricità statica favorirebbe lo spostamento in declivio della polvere, cosicché quella accumulatasi nei
luoghi bassi raggiungerebbe parecchi chilometri in profondità. Si è scoperto invece che sebbene la luna sia coperta
di polvere, ve ne è soltanto uno strato leggero!

Se la luna e la terra, come la maggior parte degli scienziati ritiene, hanno all'inarca la stessa età, questa è una solida
prova che esse non sono esistite abbastanza a lungo per permettere che l'evoluzione producesse la vita che
attualmente è sulla terra.

Anche i risultati dell'Apollo II sono illuminanti: gli elementi ferrosi trovati nei comuni meteoriti « o non si notano o
sono scarsi » nei campioni di superficie lunare riportati a terra ed esaminati. A meno che la luna non si sia formata
troppo recentemente per accumularli, perché questa scarsezza di meteoriti? 30

La velocità di formazione dei delta dei fiumi è un altro campo che offre una certa possibilità di penetrare l'età dei
continenti. Molti dei fiumi più grandi del mondo trasportano immense quantità di detriti che formano i delta troppo
rapidamente rispetto alla normale idea evoluzionistica circa il tempo geologico. Il mondo non può essere tanto
vecchio quanto gli evoluzionisti affermano, perché l'estensione dei delta è insufficiente.

Gli evoluzionisti ritengono che i continenti siano esistiti per miliardi di anni con processi durati per tutto questo
tempo allo stesso ritmo di oggi. Per esempio credono che i dinosauri siano vissuti 70 milioni di anni fa sui continenti
dove ora se ne sono trovate le ossa. I delta comunque si vanno formando così rapidamente che molti di essi già
avrebbero girato intorno al mondo molte volte se realmente i continenti fossero esistiti da così lungo tempo.

Per esempio: « Lo Yangtze scarica una gran quantità di detriti nel Mar della Cina. Così facendo deposita terra
nell'acqua ad una velocità di circa un chilometro ogni quaranta anni » 31.

A questo ritmo, lo Yangtze, in poco più di un milione e mezzo di anni si sarebbe esteso tutto intorno al mondo. Dal
tempo proposto per i dinosauri avrebbe compiuto qua­rantasei giri del mondo! Ovviamente ciò non è accaduto.
Stendendosi sino ai limiti massimi, quella parte della valle dello Yangtze che potremmo considerare come parte del
delta non potrebbe superare i 1100 chilometri. Più probabilmente non supera i 500 chilometri in lunghezza. Questa
regione dunque non sarebbe esistita abbastanza a lungo per consentire l'evoluzione.

La comune spiegazione data dalla geologia uniformitaria è quella secondo cui il peso dei sedimenti provoca un così
grande abbassamento del fondo oceanico che i delta non si formano tanto rapidamente quanto la quantità di terra che
trasportano porterebbe a credere. Questa idea appare piuttosto sospetta dato che i sedimenti pesano poco più
dell'acqua che spostano e quindi aggiungono poco peso allo strato più­basso. Osserviamo anche i getti di lava che
spostano l'aria invece dell'acqua e quindi aggiungono molto più peso, eppure essi, mentre si accumulano, non
provocano sulla superficie terrestre molta depressione. La spiegazione dell'abbassamento del fondo oceanico, ci
viene offerta per guadagnare tempo da coloro che hanno bisogno di lunghi periodi perché si verifichi l'evoluzione.

Vi è almeno un delta dove abbiamo una lunga documentazione storica. Secondo l'Enciclopedia Britannica, nel 3.500
a.C. la città di Ur era situata sul delta del Tigri­Eufrate, sulla riva del Golfo Persico. In circa 5.500 anni il delta è
avanzato a tal punto che la città di Ur (che non si è spostata) adesso si trova a 321 chilometri dalla costa del Golfo.

Questo fatto sbalorditivo ci mostra che, si sia abbassato o no il fondo dell'oceano, in appena 5.500 anni il sistema
fluviale Tigri­Eufrate ha formato 320 chilometri di delta. Questo da una velocità di formazione di circa 58
chilometri ogni mille anni, il che è troppo veloce perché abbia luogo l'evoluzione.

È probabile che il Tigri e l'Eufrate, anticamente, depositarono i materiali del delta più rapidamente di oggi, dato che
questi sarebbero stati depositati nelle acque più basse vicino alla sponda regolare, i fiumi avrebbero avuto
disponibile una superficie maggiore da erodere, ecc. Ciò significa che il tempo impiegato per formare il delta è stato
più breve di quanto lo sarebbe alla velocità odierna.

Sembra che il delta tra Ur e le montagne non sia più di due volte più lungo che tra Ur e il golfo, ma anche se
supponiamo che una volta il Golfo Persico si estendeva veramente fino alla valle dell'Eufrate, così che le montagne
della Siria ne fossero l'estremo confine o la tagliassero tutta fino al mare Mediterraneo (che certamente è il limite), il
processo di formazione del delta avrebbe dovuto avere inizio meno di 40.000 anni fa. Questo sarebbe un periodo
troppo breve per il verificarsi di qualsiasi evoluzione.

Un'altra prova a favore della recente formazione della terra è la velocità di diminuzione del suo campo magnetico.
Dal 1885 in poi, in numerose località del mondo si è accuratamente misurata ad intervalli di pochi anni, la potenza
del magnetismo terrestre e si è scoperto che gradatamente essa va diminuendo. Dato che il campo magnetico emette
costantemente energia, c'è da aspettarselo. La rapidità con cui va diminuendo ovunque è sorprendente!

Ogni 1.400 anni la forza del campo magnetico diminuisce della metà. Questo significa che l'età della terra si
dovrebbe misurare in migliaia anziché in milioni di anni.

I fossili fuori posto

Poiché gli evoluzionisti stabiliscono l'età degli strati sulla base dei fossili che vi sono rinvenuti, questi dovrebbero
corrispondere alle età attribuite alle rocce nelle quali sono rinvenuti. Ma sovente non è così 32 .

Allorché, invece di formare una progressione dal semplice al complesso, i fossili vengono rinvenuti insieme in una
tale varietà di complessità che secondo la teoria non sarebbe stata possibile, poiché non viventi alla stessa epoca, si
dimostra che non sempre la prova fornita dai fossili milita a favore della tesi evoluzionista, come si vuol fare
apparire.

Uno degli esempi più interessanti di fossili che non coincidono con gli strati nei quali si trovano è costituito dal caso
delle orme apparentemente umane e la cui importanza è sufficiente da meritare che si presenti qui questa lunga
citazione di Henry M. Morris, capo del dipartimento di ingegneria civile del Virginia Polytechnic Institute: 
 

V'è, per esempio, il caso delle orme umane frequentemente rinvenute in strati ritenuti antichissimi.
L'uomo, naturalmente, si suppone si sia sviluppato solo nel tardo terziario al più presto, e che perciò
risalga solo ad un milione di anni fa. Ma quelle che sembrano impronte di piede umano sono state
rinvenute in rocce antiche quali quelle del periodo carbonifero, vecchie probabilmente di
duecentocinquanta milioni di anni. Dice lo Ingalls:

« In località che vanno dalla Virginia e dalla Pensilvania, attraverso il Kentucky, l'Illinois, il Missouri e
verso occidente fino alle Montagne Rocciose, orme simili a quelle sopra mostrate (si riferisce a diverse
fotografie che accompagnano il testo) e con una lunghezza variante da cm. 12 a 25, sono state rinvenute
sulla superficie di rocce portate alla luce, ed un numero sempre maggior di esse viene trovato col
passare degli anni ».

Queste orme sembrano, secondo ogni evidenza, esser state lasciate da piedi umani in un'epoca in cui tali
rocce erano fango soffice. Come viene indicato nella citazione, non si tratta di un caso raro ma piuttosto
frequente. I geologi si rifiutano tuttavia di accettarne l'evidenza, poiché ciò vorrebbe dire o che l'uomo
moderno è vissuto già nei primi anni della supposta storia evoluzionistica o che questa storia deve esser
condensata, riducendola alla durata misurata dalla storia umana. Nessuna delle due alternative è
accettabile. Dice lo Ingalls:
« Se l'uomo, o perfino il suo antenato scimmia o finanche l'antico antenato mammifero dell'antenato
scimmia, è già esistito sotto una qualsiasi forma nel periodo carbonifero, allora tutta la scienza
geologica è errata, al punto che tutti i geologi dovrebbero dare le proprie dimissioni per diventare
camionisti. Ne risulta che almeno per ora la scienza respinge la seducente spiegazione secondo la quale
l'uomo lasciò coi suoi piedi queste misteriose impronte nel fango del periodo carbonifero » 33 .

Poiché questi strati sono, secondo gli evoluzionisti, circa duecentocinquanta volte più antichi rispetto a quella che
potrebbe esser la data alla quale comparve l'uomo, è chiaro che ciò pone un problema. Secondo A. C. Ingalls, gli
scienziati, i cui presupposti non permettono loro di accettare queste impronte come quelle di piedi umani, si
dividono in due categorie, in conformità delle due soluzioni possibili circa la loro origine: 1. Che esse furono
scolpite da antichi indiani; 2. Che furono lasciate da un animale sconosciuto con orme rassomigliami a quelle di
esseri umani .

Un'altra prova simile, ma più interessante, è stata rinvenuta al fiume Paluxy presso Glen Rose, nel Texas. Quivi sono
state rinvenute in uno stesso strato, che, si suppone, risale al periodo cretaceo, orme di uomini e di dinosauri. Ma,
secondo la teoria evoluzionista, l'uomo non fece la sua; comparsa che settanta milioni di anni dopo quel periodo.
Sembrerebbe perciò impossibile che si potessero trovare l'una accanto all'altra, le due serie di impronte negli stessi
strati messi a nudo da un fiume, se realmente fra l'uomo ed il dinosauro è intercorso un periodo di settanta milioni di
anni. Morris conclude che ambedue risalgono a dopo la creazione dell'uomo e che i periodi di tempo postulati dagli
evoluzionisti sono grandemente esagerati. Altri evoluzionisti hanno suggerito invece che le orme forse erano state
scolpite sulla roccia da qualcuno per inganno, ma poiché scavi fatti più recentemente hanno mostrato che le orme
continuano per molta distanza sotto la roccia, questa possibilità è stata eliminata.

Un'altra recente scoperta è quella dei fossili di due uomini moderni rinvenuti in una miniera di rame nel Moab, Utah.
La roccia dove i fossili sono stati trovati sembra che si sia formata mentre i fossili erano già dentro e non che­furono
messi più tardi. Questo strato, secondo i geologi, risale a cento milioni di anni fa35.

Un altro fossile, tanto fuori ordine dal punto di vista evoluzionista, da non essere preso neppure in considerazione, è
quello dell'orma di un sandalo trovato nella roccia cambriana. Questo è il più vecchio strato contenente fossili, e vari
fossili trilobiti, che sono i fossili guida di quel periodo si vedono chiaramente nell'orma 36.

All'altro estremo, per quel che riguarda questo tipo di evidenza fossile, troviamo che alcuni animali, ritenuti estinti
da anni e di cui ci si serviva per datare gli strati nei quali venivano rinvenuti, sono stati rinvenuti viventi ancora oggi.
Questi pochi esempi servono a sottolineare il fatto che la datazione degli strati comporta molti problemi. Scrivendo a
tale proposito, Robin S. Allen, geologo di una certa importanza, afferma: 
 

Per la sterilità dei suoi concetti, la geologia storica, che comprende la paleontologia e la stratigrafia, è
divenuta statica e improduttiva. I metodi correnti per delimitare gli intervalli di tempo, che sono gli
elementi fondamentali della geologia storica, e per stabilire la cronologia, sono di dubbia validità. Ma
quel che è peggio, i cri­teri di correlazione, il tentativo di esprimere i dati di tempo o di sincronizzare la
storia di un luogo dal punto di vista geologico con quella di un altro, sono vulnerabili dal punto di vista
logico. Le scoperte della geologia storica sono dubbie perché i principi sui quali si basano o sono
inadeguati, ed in tal caso andrebbero riformulati, o sono falsi, ed in tal caso andrebbero respinti.

La maggior parte di noi ci rifiutiamo di respingerli o di riformularli, e ne risulta l'attuale deplorevole
stato della nostra disciplina 37 .

Poiché all'epoca attuale animali di ogni grado di complessità vivono insieme sulla stessa terra alla stessa epoca, il
fatto che una certa roccia contenga fossili di un certo grado di complessità non prova certamente che l'animale
vivesse in una certa era passata. Ciò diviene particolarmente ovvio quando la roccia si trova al di sotto di altri strati
contenenti fossili meno complessi.
L'evidenza che ogni specie di piante e di animali hanno sempre vissuto insieme è importante, perché se si potesse
provar ciò, si eliminerebbe completamente la teoria della evoluzione e si appoggerebbero quelli che credono che la
creazione si è verificata in sei giorni veri e propri.

Questa prova non costituisce tuttavia una necessità per i sostenitori della creazione, molti dei quali ritengono che
Iddio creò in un periodo più lungo di tempo e insistono sulla coincidenza generale (benché non completamente priva
di eccezioni) fra l'ordine della creazione secondo la Bibbia e la sequenza dei fossili presentata dagli evoluzionisti. 
 

Tenuto conto del rapporto fra i ritrovamenti fossili e l'origine e la storia della vita, è significativo notare
che in ogni successione di rocce stratificate abbastanza spesse da ricoprire un lungo periodo di tempo,
esiste un notevole parallelo fra la successione e gli atti creativi 38 .

Avendo dato uno sguardo ai fossili in generale ed alla loro importanza per la teoria dell'evoluzione, passiamo ai
fossili più importanti.

Il cavallo: la migliore prova dell'evoluzione

Come precedentemente è stato dimostrato, si nota una regolare assenza di fossili di transizione tra una specie e l'altra
che possano sostenere la tesi evoluzionistica che gli animali, col tempo, si sono cambiati progressivamente da una
forma in un'altra. Nella maggior parte dei casi gli evoluzionisti non sono d'accordo fra loro neppure riguardo a quale
sia l'animale da cui qualsiasi altro si è originato.

Il cavallo è di solito ritenuto essere un'eccezione a. questa regola e la miglior prova fossile che l'evoluzionista, ha nel
suo arsenale.

L'Enciclopedia Americana dice: « Fra i numerosi esempi di evoluzione organica, quello citato e discusso più
frequentemente di qualunque altro è quello del cavallo » 39 . Il testo successivo afferma che il cavallo è l'animale i
cui resti fossili dimostrano più chiaramente di quelli di qualunque altro animale il processo evolutivo, e che questa
evoluzione­si è verificata in maniera regolare.

L'Enciclopedia Britannica è d'accordo, dicendo: « La. famiglia del cavallo possiede i migliori documenti fossili di
qualsiasi gruppo di mammiferi » 40 .

Poiché il cavallo fornisce le migliori prove fossili che gli evoluzionisti hanno, è importante notare cosa dimostrano
queste prove, e che cosa non dimostrano. Esse consistono in un numero di fossili messi in ordine secondo la loro
somiglianzà al cavallo moderno. Questi fossili non sono stati trovati depositati uno sopra l'altro con quello
considerato­più vecchio sotto, ma dispersi a casaccio nel mondo, rendendo molto difficile la determinazione di
qualche relazione­tra di loro. Neppure tra gli evoluzionisti esiste un completo accordo se tutti questi animali devono
essere considerati come passi evolutivi del cavallo o se alcuni erano animali distinti­che non avevano niente a che
fare col cavallo.

Quando vengono ritrovati i fossili dei vari animali considerati come anelli di passaggio nell'evoluzione del cavallo,
non mostrano un ponte graduale dall'Eohippus che è considerato il più vecchio fino al cavallo moderno; anzi come
spiega l'evoluzionista du Nouy: « Ognuno di questi inter­mediari sembra apparso improvvisamente e non è stato
ancora possibile per la mancanza di fossili, ricostruire il passaggio fra questi intermediari. Però questo passaggio
dovrebbe essere esistito. Le forme conosciute rimangono separate come i pilastri di un ponte crollato. Noi sappiamo
che il ponte è stato costruito, ma rimane soltanto un po' dei pilastri. Possiamo immaginare che la continuità non sarà
mai stabilita dai fatti » 41.

Goldschmidt, un altro evoluzionista, dichiara: « Entro le serie che hanno conosciuto un'evoluzione graduale come
quella famosa del cavallo, i passi decisivi sono all'improvviso e senza transizione » 42.

Dunque è chiaro che i fossili non mostrano una gamma continua di evoluzione dall'Eohippus al cavallo. Ciò che essi
mostrano è un numero di animali distinti mancanti di anelli di congiunzione fra loro. Essi possono però essere
ordinati in modo da mostrare qualche passo evolutivo ­­ con particolare riguardo all'evoluzione dei piedi ­­ che
potrebbe essere necessario se il cavallo moderno si sviluppò dall'Eohippus. Una differenza nella grandezza dei
fossili è di solito considerata una delle evidenze dell'evoluzione. L'Eohippus che viene messo per primo nella linea,
era più piccolo del cavallo moderno, ma la differenza di grandezza è di solito esagerata paragonando la grandezza
dell'Eohippus più piccolo, che era pressapoco quella di un piccolo cane, ai cavalli moderni. L'Enciclopedia
Britannica dice però: « Varie specie di Eohippus della grandezza di un cane a quella di un cavallino vissero in
America del Nord e in Europa... » 43 .

Come si potrebbe paragonare la grandezza del più piccolo cavallo moderno con quella dell'Eohippus? Le seguenti
citazioni ne danno qualche idea: « Una razza di cavallino allevata in Inghilterra spesso raggiunge la grandezza
massima di non più di 72 cm » 44. Facendo riferimento a un cavallo allevato in Argentina: « Questo piccolissimo
cavallo è un animale alto 38 cm, e pesa 11 kg. contro i 30 di un grosso cane » 45 .

Poiché l'Eohippus più grande aveva la grandezza di un pony scozzese ed era quindi considerevolmente più grande
del più piccolo moderno cavallo, di solito nella disputa evoluzionistica la differenza di grandezza non viene
considerata di grande importanza.

Inoltre se il moderno cavallo proviene dall'Eohippus, nel processo evolutivo esso ha perduto alcuni denti ed ha
mutato una schiena dalla più robusta forma ad arco in una più debole, diritta o addirittura curvata in basso. Queste
due cose sembrano essere dei passi indietro verso uno stato meno complesso e funzionale.

Quando i fossili classificati nella successione del cavalla vengono ordinati in modo appropriato per mostrare una
progressiva diminuzione nel numero delle dita, il numero delle costole aumenta e diminuisce senza una progressione
evolutiva in nessuna direzione.

Il cervello invece cui non viene data la stessa importanza del numero delle dita come prova dell'evoluzione del
cavallo è un organo di questo animale in cui qualche evidenza sembra indicare che il cavallo moderno è più
complesso del dell'Eohippus.

Il cavallo moderno ha un cervello ripiegato e solcato, mentre comunemente si riferisce che l'Eohippus l'abbia avuto
liscio, cioè senza scanalature come quello di un rettile. (Non tutti sono d'accordo su questo. Radinsky, un
evoluzionista egli stesso, presenta la prova che la vecchia teoria dell'Eohippus dal cervello liscio fu basata sulla
errata classificazione di un fossile) 46.

Se Radinsky ha torto e l'Eohippus ebbe realmente un cervello liscio, questa sembrerebbe una buona prova per
l'evoluzione, se non che gli evoluzionisti ritengono che anche la mucca si sia sviluppata dall'Eohippus, ma su una
linea completamente separata dal cavallo. Il cervello del cavallo e quello della mucca, comunque, sono così simili
l'uno all'altro che la maggior parte delle piegature nel cervello del cavallo hanno le parti corrispondenti nel cervello
della mucca. Essi sono tanto uguali che per la stragrande parte si usano gli stessi nomi per ambedue! Se come gli
evoluzionisti ci dicono, la mucca e il cavallo non si sono sviluppati l'uno dall'altro, ma tutti e due provengono,
attraverso linee separate per mezzo di mutazioni casuali, dall'Eohippus dal cervello liscio, sembra estremamente
improbabile che ambedue i cervelli si sarebbero sviluppati in maniera così simile nella struttura. La prova starebbe a
dimostrare che ambedue furono creati dallo stesso progettista.

La prova più solida dell'evoluzione

Abbiamo già accennato al fatto che i ritrovamenti fossili forniscono la prova più autorevole esistente a favore
dell'evoluzione e che la famosa successione del cavallo è considerata la miglior prova che i fossili di cavallo
forniscono a favore dell'evoluzione, siamo arrivati al punto culminante! Siamo pronti ad esaminare quale
evidentemente è l'unica prova più importante. L'arma più grossa esistente nell'arsenale degli evoluzionisti è pronta a
sparare! Osserviamo quanto danno essa può arrecare alla teoria creazionista!

L'Eohippus aveva quattro dita nel piede anteriore e tre nel posteriore, anziché uno solo per ogni piede come il
cavallo moderno. Aveva anche una caviglia più complessa e due ossa nella zampa anteriore, anziché una sola come
il cavallo moderno. Questa struttura dava all'Eohippus la stessa rotazione che tu hai nell'avambraccio 47.

Se i fossili che sono stati ordinati in successione per dimostrare l'evoluzione del cavallo hanno realmente avuto la
relazione dall'uno all'altro che gli evoluzionisti sostengono, essi dimostrano che il cavallo, attraverso gli anni, ha
perduto un bel numero di dita, come pure altre ossa del piede e della zampa. La perdita delle dita non rende un
organismo più complesso, bensì più semplice. Il processo portato all'estremo potrebbe ridurre il cavallo in un
animale unicellulare e non già sviluppare un cavallo da un'unica cellula.

La grossa arma ha fatto fuoco all'indietro: il cavallo ci sta portando indietro!

I fossili del cavallo procedono troppo lentamente

Qui l'evoluzionista si trova a dover affrontare un altro problema molto serio. Mentre la prova a favore
dell'evoluzione del cavallo non dimostra l'aumento nella complessità necessaria a provare l'evoluzione, essa grida a
gran voce che non ci fu tempo sufficiente perché la vita intorno a noi si sviluppasse mediante metodi evoluzionistici.
Gli strati più antichi, contenenti fossili multicellulari indiscutibili, sono quelli del periodo Cambriano che si dice
abbia avuto fine circa 480 milioni di anni fa. In essi sono stati trovati fossili appartenenti ad una grande varietà di
invertebrati marini. Il trilobite, una creatura marina alquanto semplice, è il fossile indice per riconoscere gli strati
Cambriani. In verità, il salto dal trilobite all'uomo sarebbe stato fantasticamente grande e complesso, comprendendo
lo sviluppo della spina dorsale e di moltissimi altri organi specifici. Uno dei passi sarebbe stato quello difficile di
sviluppare l'uomo dalla scimmia o da qualche antenato comune. Ci insegnano che per questo passo occorsero
soltanto fra i 500.000 e i 14 milioni di anni. Nel mezzo di questa frenetica attività evolutiva, però, al cavallo ­­ il
quale, ci si dice, fornisce la miglior prova fossile ­­ per perdere tre dita occorsero da 50 a 60 milioni di anni. Questa
è la nona parte del tempo totale occorrente alla formazione dei fossili. L'evoluzionista crede che il trilobite si è fatto
uomo in un tempo di nove volte soltanto superiore a quello che è occorso al cavallo per perdere tre dita.
Paragonando le due imprese, sembra che il cavallo avrebbe dovuto perdere le dita in qualche centinaio di anni. 
 
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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PROBLEMI  
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L'impossibilità statistica dell'evoluzione

Se si ammette che la creazione sia stata guidata da Dio, è allora molto più ragionevole accettare la spiegazione che
Dio stesso fornisce della creazione del mondo anziché dire che Iddio volle creare attraverso l'evoluzione. La
maggioranza degli evoluzionisti sulla scala mondiale afferma perciò che tutto il progresso necessario per portarci
dalla singola cellula al carattere complesso della vita che vediamo intorno a noi si è attuato attraverso mutamenti
completamente fortuiti anziché guidati. Un ramo della matematica che si occupa delle probabilità statistiche di tali
cambiamenti per puro caso ha posto in luce uno dei problemi più interessanti ed insormontabili dell'evoluzione.

È ovvio prima che si cominci questo esame che tutto sia contro l'idea che le cose meravigliosamente complesse, che
vivono intorno a noi, siano frutto di mutazioni accidentali e non guidate. Le mutazioni sono di solito minime e
quelle maggiori sono spesso fatali. Esse sono di solito recessive. Non avvengono molto spesso e sono quasi tutte a
carattere degenerante piuttosto che evolutivo. Statisticamente il processo evolutivo è quasi completamente
impossibile.

Perché esso si verifichi anche senza questi aspetti negativi occorrerebbe nel migliore dei casi una durata di tempo
fantastica. Gli evoluzionisti trasformano questo problema ovvio in una delle loro principali armi. Postulando un
periodo di tempo tanto lungo che nessuno riesca ad immaginare, dicono in effetti, che in quel lasso di tempo poteva
succedere qualsiasi cosa. L'individuo medio difficilmente si trova in grado di dissentire. Ma, tuttavia, benché sia
vero che il lasso di tempo proposto dagli evoluzionisti sia lungo, esso non è illimitato. C'è modo di calcolare l'età
apparente dell'universo, servendosi per esempio della sua velocità di espansione. Benché gli evoluzionisti possano
immaginare grandi periodi di tempo, vi sono tuttavia limiti alla durata di tempo nella quale l'universo e la vita
intorno ad esso avrebbero potuto esistere. Mentre il numero dei cambiamenti che avrebbero dovuto verificarsi per
portare la vita dalla singola cellula alla sua complessità di oggi è fantasticamente immenso, vi sono mezzi
abbastanza semplici per mostrare se vi sia stato o no il tempo sufficiente perché essi si verificassero attraverso
mutazioni casuali.

Bolton Davidheiser lo ha dimostrato in maniera molto convincente. Ecco una lunga citazione tratta da Of Monkeys,
Manuscripts, and Mathematics per mostrare che il tempo disponibile per i processi evolutivi non era sufficiente
perché l'uomo si sviluppasse a partire da una singola cellula per mezzo di mutamenti accidentali. Qualunque metodo
l'evoluzionista decida di seguire per determinare l'età del mondo, il tempo resta tuttavia troppo breve.
Statisticamente parlando, l'evoluzione costituisce una soluzione impossibile per il problema della vita come lo
conosciamo oggi. Ciò è chiaramente dimostrato in questa analisi di uno degli esempi di ciò che possono fare e non
possono fare i mutamenti accidentali.

Si è affermato che se un milione di scimmie battesse a casaccio i tasti di un milione di macchine da scrivere per un
milione di anni, potrebbero scrivere uno dei drammi di Shakespeare. Probabilmente nessuno ha fatto delle ricerche
per accertarsi se un'affermazione del genere sia valida, ma poiché è facile farla senza effettuare praticamente
l'esperimento, esaminiamo la faccenda e vediamo anche se ha qualche nesso con il problema dell'evoluzione.

Supponiamo di ammettere un certo numero di presupposti che aiutino grandemente le scimmie nel loro lavoro.
Diamo loro macchine da scrivere con sole lettere maiuscole ed alcuni segni di punteggiatura di modo che non
abbiano bisogno di cercare le maiuscole ed evitino di scrivere cifre o altri segni inutili. Facciamole lavorare in turni
in modo che le macchine da scrivere siano in funzione venti­quattr'ore su ventriquattro tutti i giorni della settimana,
poiché le scimmie non osservano il giorno del Signore. Benché le scimmie trovino difficile da sopportare lo sforzo
di una concentrazione prolungata, supponiamo che esse scrivano costantemente al ritmo di cinque battute al
secondo. Supponiamo perfino che non perdano tempo nel­l'inserire la carta nelle macchine o quando finiscono i
turni al momento in cui una scimmia prende il posto dell'altra. Per di più mettiamo all'opera invece di un milione di
scimmie un miliardo.

La Genesi, che è il primo libro della Bibbia, è lungo quasi due volte alcuni dei drammi di Shakespeare. Quanto testo
della Bibbia potrebbero scrivere a macchina un miliardo di scimmie in un miliardo di anni? Potrebbero scrivere più
della Genesi? o quanto la Genesi? Quanto tempo occorrerebbe loro per scrivere il primo capitolo della Genesi?
quanto tempo per scrivere il primo versetto: « Nel principio Iddio creò i deli e la terra »? Il lavoro fornito dalle
scimmie in un anno equivarrebbe a circa 158.000.000.000.000.000 fra lettere, segni di punteggiatura e spazi. Scritto
da un solo lato del foglio, con una sola interlinea, ciò darebbe otto mucchi di carta che andrebbero dalla terra fino
alla luna. Ma in un anno le scimmie hanno appena cominciato il loro lavoro.

Quanto tempo dovrebbero scrivere a macchina prima che vi sia la ragionevole possibilità, diciamo di un caso su
cento, di scrivere il primo versetto della Bibbia? (calcolato sulle cinquantaquat­tro battute in lingua inglese). La
risposta è circa 120.000.000. 000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000 di anni.
Possiamo perciò dire con certezza che un milione di scimmie che scrivano a macchina per un milione di anni non
scriverebbero un dramma.

Un periodo di tempo del genere supererebbe la nostra capacità di comprensione, ma non costituisce l'eternità. Se si
suppone che ogni giorno si togliesse dal Sahara un granello di sabbia, il tempo necessario per togliere tutta la sabbia
dal deserto ci sembrerebbe lunghissimo, ma sarebbe insignificante paragonato al tempo necessario al miliardo di
scimmie per cercare di scrivere a macchina Genesi 1:1.

Per descrivere l'eternità qualcuno ha detto una volta: « Immaginate una pietra grande come una montagna, sulla
quale ogni giorno viene a strofinare il becco un uccello. Il giorno in cui la pietra sarà completamente consumata
dagli uccelli che vi hanno strofinato sopra il becco, allora l'eternità sarà appena cominciata ».

Immaginate una pietra grande come la terra e supponete che un uccello venga a strofinarvi sopra il becco una volta
all'anno. Ci vorrebbe certamente molto tempo per consumare una pietra tanto grande in tal modo, ma sarebbe ancora
un periodo breve paragonato al tempo durante il quale le scimmie dovrebbero scrivere a macchina. Il sole è grande
circa un milione di volte la terra. Supponendo la esistenza di una pietra grande come il sole, la terra, la luna e tutti
gli altri pianeti ed i loro satelliti... grande come tutto il sistema solare compresi gli asteroidi e l'anello di Saturno.
Supponiamo che una volta l'anno un uccello venga a strofinare il suo becco su questa pietra e supponiamo che
occorrano un miliardo di tali visite da parte dell'uccello per consumare una quantità di questa pietra uguale in
grandezza ad un granello della più fine sabbia. Ma una volta che tutta questa enorme quantità di roccia è stata
consumata, le scimmie sarebbero sempre intente a battere a macchina. Gli uccelli potrebbero consumare più di
cinquemila di tali pietre prima che le scimmie raggiungano il punto in cui vi sia una probabilità su cento di aver
terminato il loro lavoro...

I fisici ritengono che i primi atomi si formarono tre miliardi di anni or sono. Naturalmente le condizioni che
permettevano la vita non si crearono che molto tempo dopo. Nel discutere sull'evoluzione la maggior parte dei
biologi non tentano di spiegare gli inizi della vita ma l'accettano come un fatto e la prendono come punto di
partenza. Il professore Lull dell'Università di Yale diceva: « Non abbiamo nessuna traccia di questo storico
avvenimento... tutto ciò che possiamo dire è che quando i tempi furono maturi, quando la terra, nel corso della sua
evoluzione fisica, fu divenuta adatta ad accogliere la vita, presero vita le sostanze viventi », I moderni biologi
ritengono che la vita iniziò sulla terra sotto forma di molecole complesse, capaci di riprodurre la loro specie circa
due miliardi di anni or sono. Con tutta la loro conoscenza e capacità, gli scienziati non sono riusciti a produrre tale
sostanza.

La materia vivente allo stato più semplice, cioè i virus, è qualcosa di estremamente fastidioso quanto ad abitudini
alimentari, in quanto questi virus non crescono che nelle cellule viventi delle forme superiori di vita. La prima
semplice vita, qual essa era, doveva sopravvivere, riprodursi ed evolvere in qualcosa di superiore, il beneficio di una
forma superiore di vita nella quale svolgere ciò. Sembra difficile che questo sia avvenuto per caso...
Esempi di ciò che viene ritenuta evoluzione ai giorni nostri equivalgono a cose come il cambiamento di sfumatura
dei colori delle ali delle farfalle, il cambiamento in numero e grandezza delle proiezioni costruite da certi animali
microscopici sui loro rifugi, ed il fatto che le mosche divengano immuni al DDT. Ma le mosche immuni al DDT
restano mosche, ed animaletti simili ad amebe che mettono qualche punto di più sulle loro casette possono
difficilmente esser considerati come in atto di progredire verso forme più alte di vita. Alcuni animali ed alcune
piante possono dar vita a nuovi tipi che possono esser chiamati nuove specie, ma non si tratta di evoluzione. Non
passano da un gruppo inferiore ad uno superiore. I pesci non diventano in tal modo rane.

Se qualcuno dice seriamente che un milione di scimmie in un milione di anni potrebbe produrre qualche opera
letteraria degna di fama, possiamo dire che si tratta di follia. Ma quando un famoso biologo afferma come realtà che
una certa proporzione di evoluzione si è verificata in un certo lasso di tempo, non possiamo fare un controllo
matematico per vedere se ciò è vero, poiché il metodo seguito dall'evoluzione non è stato sufficientemente spiegato.
Per esempio J. B. S. Haldane dice: « A proposito della nostra stirpe sono chiari i seguenti stadi. Quattrocento milioni
di anni or sono i nostri antenati erano pesci, se li possiamo chiamar pesci, senza mascelle inferiori né pinne appaiate
». Egli dice, cioè, che è chiaro che quattrocento milioni di anni or sono i nostri antenati erano animali di tipo
inferiore ai pesci. Sembra che nello stesso periodo di tempo sarebbe più probabile che un miliardo di scimmie scriva
a macchina una frase di dieci parole, (e molte altre ancora) piuttosto che qualche pesce dia vita all'uomo, (e a molti
animali a quattro zampe e agli uccelli). Senza una base matematica per stabilire un paragone, ed ammettendo che le
cose non sono sempre quali sembrano, sembra incredibile che vi sia una tale differenza di tempo fra quello richiesto
dalle scimmie e quello richiesto dai pesci, allorché il compito delle scimmie sembra più semplice.

Gli oggetti più distanti fotografabili dal più possente telescopio sono le galassie, tanto distanti che la luce
proveniente da esse viaggia per un milione di anni prima di pervenire ai telescopi, alla velocità di km. 297.600 al
secondo. Se si potessero porre in cielo i fogli dattiloscritti dalle scimmie a quella distanza, si riempirebbe tutto il
ciclo e resterebbe ancora molte volte quella quantità. Il numero di lettere, segni di punteggiatura e spazi battuti dalle
scimmie, sarebbe quasi due volte il numero degli elettroni dell'universo, come valuta lo Eddington.

È realmente importante se l'uomo sia risultato di un'evoluzione dalle forme inferiori di vita o se è stato creato
all'immagine di Dio? Un autore osserva che nel Genesi l'uomo viene tratto dalla polvere della terra e che nella teoria
dell'evoluzione la sua origine non era inferiore. Egli conclude: « Fin quando potenza creatrice resta Dio, che
differenza fa se Egli diede la vita all'uomo creandolo dalla polvere improvvisamente, o lo creò dalla polvere con un
processo graduale? ».

La differenza è che se l'uomo subì una lenta evoluzione, è un essere che migliora, ma se l'uomo è stato creato e la
sua storia si trova nella Genesi, si tratta di una creatura decaduta che ha bisogno di un Salvatore...

Alle scimmie basterebbe mettere nel loro giusto ordine un certo numero di battute sulla tastiera della macchina da
scrivere. Se l'uomo si è sviluppato tramite l'evoluzione a partire da una singola cellula, ciò sottointende mettere forse
milioni di cambiamenti nel loro giusto ordine. L'esempio delle scimmie mostra chiaramente che il tempo necessario
per completare un'evoluzione di tale ordine sarebbe stato tanto eccessivamente lungo da costituire una completa
impossibilità. Nonostante l'impossibilità statisticamente dimostrata, è esattamente questo tipo di cambiamento
accidentale che gli evoluzionisti credono abbia dato origine alla vita che conosciamo oggi.

La teoria dell'evoluzione probabilmente non sarebbe mai stata accettata in primo luogo se si fosse saputo a quella
epoca che non si possono ereditare i caratteri acquisiti e che l'evoluzione avrebbe dovuto avere come meccanismo le
mutazioni accidentali. Quando lo si scoprì, l'evoluzione era stata già accettata e ci vuole tempo per cambiare teorie.
Ammettere inoltre l'esistenza del Creatore apre la prospettiva dei rapporti dell'uomo con Lui, e delle responsabilità
nei Suoi riguardi che molti non vogliono accettare.

La riproduzione

Immaginando per un istante che per generazione spontanea qualcosa possa nascere ed essere in grado di assorbire
del nutrimento e di trasformarlo in materie necessarie per mantenersi in vita, e poi di eliminare i rifiuti, ci
troveremmo allora di fronte ad un problema alquanto difficile.

Poiché sotto qualsiasi forma, la riproduzione costituisce un processo abbastanza complesso, sembrerebbe che prima
di raggiungere tale stadio di sviluppo siano occorse molte generazioni di evoluzione. Quale specie di mutazione l'ha
elevato a tale stadio? È stato generato spontaneamente con già presenti i geni e cromosomi spesso paragonati a
calcolatori elettronici perché programmano e dirigono lo sviluppo e la riproduzione degli organismi viventi? A causa
della loro complessa struttura molecolare ciò sembrerebbe impossibile, ma in caso contrario, come poteva risolversi
il problema? Com'è passato attraverso il numero di generazioni necessario per evolversi al punto di potersi
riprodurre? Se è stato generato già con questa capacità insita, immaginiamo la generazione spontanea di un essere
già fantasticamente complesso. Nell'esperienza pratica, i meccanismi funzionali complessi possono distruggersi per
caso, ma non si formano mai in tale modo. Gli evoluzionisti devono a volte pensare con nostalgia al vecchio buon
tempo in cui la semplice cellula veniva realmente ritenuta semplice.

Se si può accettare per fede che in una maniera sconosciuta la nostra prima cellula ha potuto sormontare questo
ostacolo, allora invece di risolvere il problema della riproduzione, lo si trova ulteriormente complicato. Si deve ora
spiegare l'origine dei primi organismi che si potevano riprodurre sessualmente. La differenza fra un organismo che si
riproduce asessualmente e un organismo maschio o femmina è abbastanza vasta da lasciar pensare che non si sia
potuta colmare con una sola grande mutazione. Se d'altro canto, ne occorsero parecchie, abbiamo lo stesso problema
che esiste con l'evoluzione di qualunque altro organo. Cioè « Perché la selezione naturale ha conservato una
caratteristica che non svolgeva alcuna funzione? ». Ma se qualcuno s'immagina che l'abbia fatto e che eventualmente
si erano sviluppati organi maschili e femminili funzionali, si trova davanti al vero problema. Mentre il maschio si
sviluppava mediante mutamenti casuali, anche gli organi femminili si dovevano sviluppare, in modo completamente
diverso, ma compatibile, come se fossero fatti apposta l'uno per l'altro, ed abbastanza vicino allo stesso luogo in
maniera da essere accessibile. Inoltre il meccanismo sessuale doveva essere non solo funzionale nel senso che la
cellula femminile una volta fecondata avrebbe continuato a svilupparsi per dar vita al primo organismo ottenuto
mediante riproduzione sessuale, ma avrebbe dovuto essere in grado di mettere in contatto le cellule maschili e
femminili. Tutto ciò sarebbe stato tuttavia inutile ed infine eliminato se allo stesso tempo non si fosse sviluppato
anche il desiderio sessuale. Tutto questo richiede migliaia di cambiamenti anche nei nervi, nel cervello, negli
ormoni, ecc. Pur non potendo accettare molte di queste cose che l'evoluzionista deve credere, non possiamo che
ammirare la sua grande fede.

Problemi statistici maggiori

Abbiamo citato alcuni dei problemi che la statistica pone all'evoluzionista. Pur essendo quelli citati sufficienti a
mostrare che la fede nell'evoluzione è fede non in un fatto scientifico, ma in una impossibilità matematica, esistono
anche molte complicazioni dei problemi statistici che. per essere onesti, occorrerebbe anche affrontare prima di
accettare la teoria dell'evoluzione.

Dal punto di vista statistico il problema si complica grandemente quando si pensa ai parassiti che non possono
vivere in più di uno o di alcuni ospiti precisi, oppure al caso di piante che vengono impollinate da una sola specie di
insetti. Se attraverso mutamenti a casaccio la pianta cambiasse al punto di dover dipendere dall'insetto per riprodursi
prima che l'insetto sia pervenuto alla capacità di fare, o di avere il desiderio di fare, quello che è necessario per
impollinarla, la pianta dovrebbe morire.

Se ci rendiamo conto che stiamo aggiungendo quest'altro ai fantastici problemi d'ordine statistico già esistenti,
sembrerebbe savio ammettere che l'evoluzione non potrebbe essere il metodo attraverso il quale il mondo è arrivato
ad avere la vita nella sua grande varietà visibile intorno a noi. Per quelli che non sono ancora convinti, esaminiamo
la successiva complicazione statistica, quella che sorge in casi in cui sia la pianta che l'insetto che l'impollina
dipendono l'uno dall'altro per vivere. Un esempio è dato dal fico e dalla vespa che l'impollina. Nessuno dei due
potrebbe vivere senza l'altro. Se il loro stato di sviluppo attuale è conseguenza di milioni di anni di piccoli
cambiamenti casuali, è difficile immaginarli, ambedue, arrivare al punto di essere capaci di mantenere ciascuno
l'altro in vita esattamente lo stesso anno. Ciò diviene particolarmente ovvio se si considera il carattere
fantasticamente complicato del rapporto riproduttivo di questi due organismi, troppo complicato perché lo si
descriva qui. Si potrebbero moltiplicare gli esempi di questo genere, ma basterà semplicemente indicare qui le
complicazioni del problema e passare ad altri argomenti più importanti. 
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003
T. F. Heinze
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Che cosa può compiere la selezione naturale agendo sulle mutazioni?

Abbiamo esaminato sia le « prove » a favore dell'evoluzione che i punti deboli ed abbiamo visto come essa non basti
a spiegare gran parte della vita che vediamo intorno a noi. Significa ciò che la selezione naturale che opera con
mutazioni casuali non può compiere nulla? La risposta è no. Vi sono buone prove evidenti che essa possa produrre
cambiamenti reali. Se non esistessero le prove di cambiamenti dovuti a queste cause, gli scienziati intelligenti non
avrebbero mai accettata la teoria dell'evoluzione. Le prove tuttavia, mostrano soltanto un cambiamento limitato. È
sempre ovvio, se si cerca in libri di testo onesti, che ad un certo punto la discussione pullula di tali termini « sembra,
sembrerebbe, se ne deduce, forse, probabilmente », e così via. Gli evoluzionisti scorgono le prove di qualche
cambiamento nelle variazioni di forma della conchiglia di un mollusco e credono che fondandosi su questo genere di
prova, possano dedurre una evoluzione della cellula semplice. Questa è una cosa che neghiamo in maniera chiara.

Una farfalla inglese, a cui abbiamo già accennato, ci fornisce una delle prove moderne più frequentemente citate in
favore dell'evoluzione. Pian piano, mentre lo smog rendeva più scuri i tronchi degli alberi sui quali queste farfalle
riposavano, si verificò un cambiamento anche nelle farfalle. In che cosa si sono evolute queste farfalle? In uomini?
In uccelli? No! Sono ancora farfalle della stessa specie. La selezione naturale ha cambiato soltanto il tasso del
numero tra quelle di colore chiaro e quelle di colore scuro.

L'uomo ha imparato la tecnica dell'allevamento selettivo. Ciò si basa sulla grande varietà dei geni che Dio ha
costituito per tutti gli esseri viventi. Allevando polli forniti più di carne e meno di ossa, per esempio. Facendo
procreare soltanto gli animali che hanno le caratteristiche desiderate, fra non molto­la proporzione della popolazione
che contiene queste caratteristiche aumenterà. Continuando la selezione, le caratteristiche desiderate possono essere
aumentate entro certi limiti.

Io ho usato l'allevamento selettivo per produrre le lebi­stis con la coda più grande e più bella. Ci sono dei limiti a
questo, però. Non potrei usare questo metodo per evolvere pesci rossi dalle lebistis! Una simile selezione è capitata
nella natura poiché gli uccelli mangiavano le farfalle di colore chiaro che essi potevano vedere perché contrastavano
con i tronchi. Lasciavano così quelle scure che non potevano vedere, permettendo così la loro riproduzione. In
questo modo aumentava la percentuale delle farfalle di colore scuro nella specifica popolazione. Questa selezione
naturale, però, non è andata oltre i limiti della variabilità delle farfalle e perciò non illustra quello che gli
evoluzionisti stanno cercando dì mostrare.

Nel passato molti hanno creduto che fosse esistita una continua sequenza di animali intermedi rispetto a quelli oggi
viventi. Venne così iniziata la ricerca dei termini di passaggio mancanti. Sono poche tuttavia le prove rinvenute che
si potrebbero considerare atte a fornire questi anelli di « passaggio mancanti ». Austin H. Clark, egli stesso
evoluzionista, si esprimeva così: 
 

Perciò in base a tutte le prove tangibili che abbiamo potuto raccogliere, siamo costretti a concludere che
tutti i maggiori gruppi di animali si trovavano agli inizi negli stessi rapporti reciproci nei quali si
trovano oggi... Vi sono forti prove circostanziali indicanti che nessuno dei gruppi maggiori avrebbe
potuto derivare da uno qualunque degli altri.

Uno studio delle linee di sviluppo degli animali mostra che il progresso di sviluppo viene sempre
evidenziato da una specializzazione crescente lungo precise linee strutturali a spese di altre
caratteristiche strutturali. Alcuni organi possono gradualmente ridursi o scomparire forse, ma nulla
viene mai aggiunto. La specializzazione si riduce sempre ad una sottrazione da un insieme ben
equilibrato. Una volta iniziata, tale sottrazione può continuare o può cessare, temporaneamente o
definitivamente. Ma una caratteristica strutturale che ha cominciato a perdere importanza ed a ridursi
non invertisce mai il suo senso di sviluppo e non ricupera mai nessun significato perduto.

Tutti i gruppi maggiori di animali differiscono fra di loro sia per la riduzione di alcune strutture fisiche,
sia per il grandissimo sviluppo di altre. In tal modo differiscono l'uno dall'altro per sottrazione e per
aggiunta. Supporre che uno qualunque dei gruppi maggiori derivi da un altro significa perciò negare
l'applicazione generale di un principio ben stabilito 1 .

Egli spiega questa mancanza di prove in favore della teoria secondo cui un gruppo proverrebbe dall'altro,
supponendo che tutte le linee si siano sviluppate separatamente dai primi pochi discendenti della prima cellula
vivente. Scrivendo più recentemente a proposito di tale problema, G. A. Kerkut cercava di spiegare i fossili,
postulando invece della nascita per generazione spontanea di una sola cellula originale, la nascita di un numero di
esse, che si sarebbero sviluppate ciascuna separatamente dall'altra 2 . Quanto migliore è la spiegazione divina
secondo la quale Iddio ha creato i gruppi distinti che si sono riprodotti ciascuno secondo la loro specie!

Esaminiamo la spiegazione data dalla Bibbia sulla ma niera nella quale Iddio ha creato molto più delle semplici
forme di vita. Il testo di Genesi 1: 24, 25, per esempio, afferma che Dio ha creato gli animali: « Poi Dio disse: '
Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la
loro specie '. E così fu. E Dio fece gli animali selvatici della terra, secondo­le loro specie, il bestiame secondo le sue
specie, e tutti i rettili della terra, secondo le loro specie. E Dio vide che questo era buono ». Non è precisato a che
cosa equivarrebbe nella classificazione moderna la parola tradotta « specie », ma è chiaro che in generale essa
coincide con la prova reale che la scienza ha trovato nella natura. Dopotutto, la natura è stata creata da Dio e non si
troverà realmente mai in conflitto con la Sua rivelazione contenuta nella Bibbia. L'evidenza mostra che si verificano
dei cambiamenti, ma che questi siano all'origine di tutta la vita è semplicemente una supposizione. Le mutazioni non
possono produrre cambiamenti in una direzione sempre ascendente, come credevano­un tempo molti evoluzionisti,
ma in varie direzioni, e perla maggior parte discendenti. I cambiamenti ambientali offrono maggiori possibilità di
sopravvivenza agli organismi con alcuni di questi cambiamenti piuttosto che ad altri. Non neghiamo che ciò spieghi
alcune delle differenze nelle forme di vita intorno a noi, ma siamo fortemente contrari alla vasta sovrastruttura di
teorie atee edificata su questo fragile fondamento. È una sovrastruttura che richiede fede molto maggiore e molto
meno ragionevole di quella necessaria nei confronti della spiegazione secondo la quale Iddio ha creato i primi
animali e l'uomo.

Ciò diviene ovvio quando ci si rende conto della condizione di fantastico svantaggio nella quale si trova un animale
formato da una sola cellula nel mondo di oggi, nel quale ogni altra creatura è presumibilmente più evoluta e­meglio
in grado di provvedere a se stessa nella lotta per l'esistenza. Ciò non sembra tuttavia infastidire affatto i nostri amici
formati da una sola cellula. Ne esistono infatti ancora miliardi!

Che cosa ha davvero compiuto la selezione naturale operando sulle mutazioni? Io mi rendo conto che la risposta che
sto per dare è così rivoluzionaria da sembrare impossibile a molti: suggerirei che la selezione naturale operando sulle
mutazioni ha compiuto ciò che l'evidenza scientifica mostra effettivamente, cioè una specializzazione di organi già
esistenti, che per la maggior parte diventano più grandi, più piccoli o più semplici.

La prova storica

Il dott. David Willis, professore in biologia e capo del Reparto Scienza Generale nell'Università dello stato del­
l'Oregon, ha introdotto questa interessante prova.

Adesso consideriamo la prova storico­letteraria. Domande riguardo all'origine della vita e la sua storia remota hanno
interessato gli uomini di tutti i tempi. Perciò la maggior parte delle civiltà, hanno inventato delle storie per spiegare
come abbia avuto inizio la vita sulla terra. La maggioranza di queste storie sono completamente­leggendarie e non
hanno nessuna relazione col vero mondo nel quale viviamo. Molteplici e bizzarre circostanze avrebbero dato origine
al mondo e alla vita secondo questi miti.

Di particolare interesse sono le antiche mitologie del Medio Oriente dove le ricerche archeologiche sulle prime
civiltà dotate di letteratura sono state molto istruttive. Una delle leggende più lunghe­e ben conservate è la
narrazione babilonese della creazione scritta in caratteri cuneiformi su sette tavole di terracotta. Il dott. Alexander
Heidel dell'Università di Chicago ha pubblicato una traduzione completa e un'analisi ben fatta di queste tavole (la
Genesi Babiloniana). Basta uno sguardo su queste narrazioni per accorgersi di come è completamente in contrasto
con una veduta scientifica del mondo.

Il libro della Genesi nella Bibbia invece, presenta un breve ma stupendo racconto dell'origine del mondo inorganico
e organico. Il racconto spiega brevemente questa origine mediante una serie di atti creativi prodotti da un essere
soprannaturale (Dio). Ciò concorda abbastanza da vicino con l'ordine scientifico da noi oggi conosciuto­per l'inizio
delle cose e degli esseri viventi. Questo non può essere detto di nessun'altra storia della creazione. Sono assenti
elementi magici e fantasiosi. La prima frase introduce bene il soggetto: « Nel principio Dio creò i deli e la terra »
(Genesi 1:1).

L'antichità del racconto della Genesi è inoppugnabile! La sua esistenza ci fa porre una domanda ovvia: « Poteva
l'autore della Genesi essere così preciso nelle sue affermazioni che migliaia di anni dopo, quello scritto avrebbe
potuto essere ancora guardato da uomini ragionevoli come un riassunto accettevole della sequenza degli eventi
connessi con le origini? ». Non si può dire che sia stata soltanto una supposizione fortunata, perché in confronto alle
narrazioni della creazione di altri popolo essa è la più accettabile. Questo documento non può essere tralasciato e
dimenticato. Esso costituisce una valida prova euristica. L'esistenza e la precisione di questo documento bi­blico
esigono che esso sia preso in considerazione quando viene esaminato il problema dell'origine del cosmo.

Se un Dio trascendente ha veramente creato la vita e se Egli desiderava rivelare una breve spiegazione dell'origine di
essa alle sue creature razionali, il racconto della Genesi sembrerebbe il più rispondente. In nessun altro modo
sarebbe stato possibile per gli uomini essere informati di questi eventi. E ancora di più: la Genesi dichiara di essere
siffatto un racconto.

Quando ammettiamo che anche gli uomini di genio, come Aristotele, che vissero al livello più alto della conoscenza
antica, fecero errori scientifici di tutti i generi, è ovvio che un uomo dalla mente aperta dovrebbe veramente prendere
in seria considerazione questo documento, dal momento che a differenza di altri scritti antichi è stato trovato
assolutamente preciso nelle parti in cui si è potuto controllare.

Le Civiltà

La storia, la datazione mediante radiocarbonio e la Bibbia sono tutti d'accordo, in modo generale, riguardo a quando
iniziarono le civiltà. Le date proposte possono essere mille anni di più o mille anni di meno, dipende dal particolare
libro di storia, da quale data mediante radiocarbonio o da quale interpretazione della Bibbia si legge. In generale si
accordano con la data di circa tremilacinquecento anni a.C., in Mesopotamia e soltanto poco dopo in Egitto,
determinato da uno degli studi basati sul radiocarbonio 3.

Ciò rende molto difficile accettare le datazioni molto meno sicure attribuite di solito agli uomini preistorici, Se
l'uomo aveva già un cervello più grande del nostro sessan­tamila anni fa (il cervello di un uomo di Neanderthal era
più largo di quello dell'uomo moderno), ed era tanto progredito da poter lasciare arte uguale a quella di un buon
pittore di oggi in un'epoca che ci viene presentata come dai venti ai trentamila anni a.C., perché dovevano aspettare
tanto tempo per potersi sviluppare le città e i metodi di agricoltura che vanno con la civiltà? I resti della
civilizzazione umana durano di solito molto di più e sono più facili da ritrovare e da datare che non i pezzetti di ossa.

Nessuna civiltà di Cinesi, Aztechi, Inca e Maya ha preceduto quella della civiltà mediterranea. Gli antropologi
evoluzionisti per molti anni hanno pensato che il processo evoluzionistico avesse già sviluppato l'uomo normale
almeno ven­ticinquemila anni fa, mentre adesso c'è chi dice quattrocento­mila anni o addirittura 2,6 milioni di anni
fa. Se l'uomo moderno è stato veramente in giro tutto questo tempo, noi penseremmo di trovare numerose civiltà
isolate che si sarebbero sviluppate indipendentemente l'una dall'altra durante questo periodo. Sarebbe sufficiente una
civiltà di ventimila anni a.C. per esempio per dare una buona prova contro la spiegazione biblica della creazione
dell'uomo. Il fatto che tutte le civiltà conosciute si sono sviluppate così recentemente è una prova molto forte della
recente creazione dell'uomo.

L'incremento demografico

Un altro argomento che compare a volte in favore dell'evoluzione è che essa ha permesso alla terra di giungere al
suo popolamento attuale, laddove, se si crede alla narrazione biblica, si avrebbero solo quei pochi anni da Noè ad
oggi, il che non sembra sufficiente. Se tuttavia esaminiamo i fatti, troviamo che la storia conosciuta ci presenta una
regolare tendenza ad un aumento della popolazione. Il tasso attuale d'incremento demografico è più di due per cento
all'anno, con l'incremento maggiore nelle aree meno privilegiate economicamente. Questo tasso è più alto che nel
passato, a causa della migliore assistenza medica, ecc. Un tasso dello 0,50 per cento darebbe una famiglia media di
soli due figli e mezzo sopravviventi per ogni famiglia, con una vita media di 40 anni. Ciò è ancora al di sotto del
tasso medio dei cento anni dal 1650 al 1750 4, prima cioè che la moderna medicina facesse sentire i suoi effetti, ma
in un'epoca abbastanza recente per poter dare valutazioni alquanto accurate della popolazione. Se la coppia originale
fosse comparsa sulla terra un milione di anni fa, come dicono gli evoluzionisti, questo basso tasso avrebbe dato una
popolazione attuale maggiore di quella che potrebbe affollarsi nell'interno universo. Se invece l'attuale incremento
demografico ha avuto inizio con la famiglia di Noè, ciò concorderebbe benissimo, anche se si accetta la data
proposta dallo Ussher per il diluvio, di 4.300 anni or sono, che è probabilmente là più recente che gli si possa
assegnare 5 .

Naturalmente le epidemie, le guerre, ecc. possono abbassare radicalmente il tasso d'incremento demografico, ma
perché un'epidemia sussista occorre un certo livello di popolazione, proprio come per l'incendio di un bosco per
propagarsi occorre che gli alberi siano vicini fra di loro. Sembrerebbe perciò che più si risale indietro nel tempo,
minori siano le possibilità che un fenomeno di tale natura eliminasse una percentuale sostanziale della popolazione,
poiché il contatto fra le persone sarebbe stato sempre meno frequente.

La prova dell'incremento demografico usata contro la teoria di una recente creazione costituisce strettamente una
prova basata sull'ignoranza. I fatti sono in favore della creazione.

L'influenza della teoria dell'evoluzione sulla società

L'evoluzione ha oggi un'influenza che supera di molto il suo semplice impiego come spiegazione dell'origine delle
speci. Essa è stata applicata in molti campi della vita.

In religione si è spesso affermato che l'uomo progredisce da una religione primitiva di molti dèi verso la fede in uno
solo. In pratica tuttavia, ambedue le convinzioni convivono fin dove ci possono far risalire i documenti storici che
non siano la Bibbia; e la Bibbia spiega che per prima è venuta la fede in Dio.

Nel campo delle lingue, i linguisti seguaci delle teorie evoluzionistiche affermano che le lingue umane partendo da
suoni insignificanti si sono trasformate in lingue sempre più perfette. Evidentemente ciò è necessario se si crede che
l'uomo veramente si è sviluppato a partire dagli animali inferiori, ma certamente non coincide con le prove. Le
lingue moderne si possono far risalire a certe famiglie linguistiche, ma al di là di ciò non si è trovato alcun rapporto
reciproco. Chi conosce il greco moderno, l'arabo, l'ebraico e le lingue neolatine e l'equivalente antico di quelle
lingue dichiara che la lingua antica era la più perfetta. In questo campo sono necessarie maggiori ricerche ma le
prove reali sembrano andare contro la teoria evoluzionistica accordandosi invece con la Bibbia quando essa dice che
Iddio fece qualcosa che diede origine a un certo numero di lingue, al momento della torre di Babele (Gen. 11: 1­9).

Pur avendo questa teoria avuto la sua influenza in molti campi della vita, ciò che qui ci interessa maggiormente è
quello morale. L'evoluzione fornisce all'uomo un mezzo per sfuggire alle sue responsabilità nei confronti di Dio. Se
tutto ciò che esiste oggi si è formato senza Dio, allora non v'è giudice davanti al quale dobbiamo comparire tutti.
Secondo l'inter­pretazione data da molti, l'uomo è responsabile solo nei confronti di se stesso, e ciò che contribuisce
all'evoluzione è un contributo dato alla società. Così, qualsiasi mezzo per aiutare la selezione naturale, in modo da
essere scelti come i più forti nella lotta per la sopravvivenza, è lecito.

Si servì Hitler dell'evoluzione per dare un fondamento razionale al suo odio per gli Ebrei. Sir Arthur Keith, anche
egli evoluzionista, afferma tale punto succintamente: « Hitler era un evoluzionista irriducibile, e se si vogliono
comprendere i suoi atti si deve ricercare una spiegazione evoluzionista » 6 . Secondo Hitler, i Tedeschi formavano
una razza superiore. Se si permettevano i matrimoni di Ebrei con Tedeschi, l'opera della natura « per istituire un
superiore livello evoluzionistico di vita avrebbe potuto esser resa vana » 7 . Egli espresse le sue idee evoluzionistiche
anche in altri contesti. Per esempio quando diceva che « l'intero mondo della natura è un'immensa lotta fra forti e
deboli, una continua vittoria dei forti sui deboli. Se non fosse così non vi sarebbe che decadenza » 8.

« Lo stato ha responsabilità di dichiarare inadatto ai fini riproduttivi chiunque sia manifestamente malato e
geneticamente insano... e deve adempiere a tale responsabilità spietatamente senza tener conto della comprensione o
dell'incomprensione da parte di chicchessia » 9.

Servendosi dell'evoluzione come suo principio razionale, Hitler condusse una delle nazioni più progredite che il
mondo abbia conosciuto al massacro di milioni di persone, molte delle quali donne e bambini e la maggior parte
delle quali erano innocenti di ogni atto criminoso contro di lui o il governo del suo paese.

Un altro evoluzionista potrebbe benissimo ribattere che Hitler non ha interpretato l'evoluzione come avrebbe dovuto,
e che ciò che si verifica in alcuni anni o anche in qualche secolo ha scarsissimi effetti, se non nulli addirittura
sull'evoluzione, ma che sono gli effetti a scadenza di milioni di anni ad influenzare realmente l'evoluzione. Ai tempi
di Hitler vi erano indubbiamente molti Ebrei che credevano in una evoluzione a lunga scadenza, ma furono
ugualmente uccisi. Hitler non era inoltre il solo a dare questa interpretazione dell'evoluzione e l'interesse per la
teoria degli effetti a breve scadenza non è svanito ai giorni nostri.

Qualunque governo o anche individuo ateo, non avendo un Dio per indicare il bene e il male è costretto a cercare
altrove. Essendo l'evoluzione il suo supposto creatore, subentra la tentazione di aiutarla nell'eliminare i deboli.

Esiste spesso una reale differenza fra la condotta di uno che è convinto che Dio esiste e che è responsabile nei suoi
confronti, mentre cerca di obbedire all'ordine divino di amare i suoi nemici e di trattarli come vorrebbe esser trattato,
e la condotta di chi non crede in Dio, ma pensa che sarebbe miglior cosa per il bene della sua razza, eliminare
chiunque gli capiti di ritenere inferiore.

L'evoluzione teistica

Vi sono alcuni che credono in Dio ed anche alla teoria dell'evoluzione. Dicono che Iddio si sia servito
dell'evoluzione come mezzo di creazione. In Italia la Chiesa Cattolica si è opposta a lungo alla teoria
dell'evoluzione. Molti cattolici vi sono ancora contrari, ma una grande percentuale dei giovani preti credono ora in
una specie di sintesi fra Dio e l'evoluzione.

Il gesuita francese Teilhard de Chardin, filosofo e scienziato fu all'avanguardia nell'introdurre questo pensiero nella
Chiesa Cattolica. Egli credeva che la vita avesse avuto origine mediante l'evoluzione, ma considerava l'uomo come
diverso dagli animali in quanto suprema espressione dell'evoluzione 10. Egli chiamava Dio il motore, convogliatore
e consolidatore dell'evoluzione 11.

Molti evoluzionisti cattolici odierni darebbero a Dio un posto leggermente più elevato, dicendo che ad un certo
momento del tempo, Egli è intervenuto per dare all'uomo una anima.

Molti teisti evoluzionisti risolverebbero inoltre i problemi dell'evoluzione materialistica dicendo: « Iddio ha creato
tramite l'evoluzione ». Ciò non è solo antiscientifico, e inaccettabile per la maggior parte degli evoluzionisti, poiché
l'evoluzione è in gran parte un mezzo per spiegare l'esistenza della vita dal punto di vista ateo, ma è anche
antibiblica. Molti che non hanno realmente studiata la questione nella Bibbia ritengono di poter credere
all'evoluzione e di poter continuare a credere a tutta la Bibbia ad eccezione di una piccola parte di essa all'inizio del
Genesi. L'argomento della creazione divina non si trova solo in una parte della Bibbia. In qualche minuto ho potuto
trovare in altri punti della Bibbia più di sessanta passi che ne parlano. Da questi passi risulta chiaramente che Iddio
non solo creò il mondo ma anche le cose viventi. (Neh. 9: 6, Atti 14: 15; Ap. 4: 11). Anche l'uomo è stato creato da
Dio (Giob. 10: 3; Is. 17: 7; Ger. 27: 5; Atti 17: 24, 25). Cristo stesso ha detto che Iddio ha fatto l'uomo (Matt. 19: 4;
Mar. 10: 6). Anche dei vari organi è detto che sono stati creati da Dio (Prov. 20: 12; Sal. 94: 2). Sono troppi i passi
che elencano le cose precise create da Dio, perché chi crede alla Bibbia possa accettare l'idea che Dio abbia creato
solo la prima cellula semplice e che quindi abbia semplicemente diretto lo sviluppo di altre forme di vita a partire da
quella cellula. Né d'altronde che Iddio abbia creato l'universo e poi se n'è sia andato via lasciandolo a sé stesso come
dicono altri, ma Egli lo sostiene, impedendogli di divenire caos (Col. 1: 17; Eb. 1: 3). Quelli che cercano di sfuggire
a Dio dipendono proprio da Lui per la loro esistenza.

Alcuni ritengono che Iddio sia una specie di forza cieca, che ha creato e che forse sostiene anche l'universo, ma che
non conosce l'uomo personalmente. La Bibbia annulla anche questa idea: Colui che ha piantato l'orecchio non udirà
egli? Colui che ha formato l'occhio non vedrà egli? » (Sal. 94: 9). Questo passo continua ancora: « L'Eterno conosce
i pensieri dell'uomo » ed egli castiga e corregge, e beato l'uomo che riceve da Lui la correzione.

Gli uomini hanno sempre cercato la maniera di come sfuggire alla conoscenza di Dio, e l'uomo che pensa e che non
vuole credere in Dio, ha bisogno di qualche altra teoria che gli sembri ragionevole. Fino a quando potrà aggrapparsi
ad un'altra teoria che gli sembri ragionevole, si sentirà libero di ignorare Iddio.

Dopo aver visto che la teoria dell'evoluzione può in realtà servire a spiegare molto poco, la nostra speranza è che il
lettore vorrà esaminare con intelligenza la rivelazione data da Dio circa la creazione, e trovandola soddisfacente,
crederà in Dio non solo come suo creatore, ma anche come suo Salvatore.

L'età del mondo

Come detto prima, la Bibbia non indica l'età del mondo. Perciò esiste una differenza di opinioni fra coloro che
credono in un Dio creatore. Essi possono dividersi facilmente in due gruppi maggiori. Alcuni credono che la
narrazione della creazione del mondo parli di sei giorni letterali, e altri credono che i sei giorni costituiscono
rappresentazione figurativa di periodi di tempo indefiniti. Ambedue hanno ottime ragioni per sostenere le posizioni
scelte.

Gli argomenti in favore di sei giorni letterali sono:

1. Questa sembrerebbe la maniera normale per interpretare il passo in questione (Genesi cap. 1).

2. Il termine « giorno » quando viene impiegato altrove nella Scrittura significa abitualmente giorno di ventiquattro
ore.

3. È difficile capire il ragionamento a proposito di un riposo di sabato al settimo giorno dopo i sei giorni di creazione
del mondo se non si tratta di sei giorni letterali (Gen. 2: 2).

Questa concezione presenta tuttavia un problema, in quanto sembrerebbe richiedere che l'epoca nella quale Iddio
creò il mondo era più recente di quanto sembri mostrare l'evidenza offerta dalla geologia e dalla astronomia. Perciò
alcuni che sostengono tale posizione pensano che nei primi due versetti vi sia un intervallo di tempo, e che la
narrazione della creazione è in realtà una narrazione di una ricreazione avvenuta molto tempo dopo la creazione
originale della terra.

La maggioranza tuttavia di quelli che credono che la creazione avvenne in sei giorni di ventiquattr'ore ritengono che
la creazione fu abbastanza recente e che Iddio ha creato le cose dandovi l'apparenza di un'età. Fanno notare che ciò
non è affatto in conflitto, ma che anzi si armonizza con la maniera normale della creazione. Indicando come esempio
di ciò i miracoli di Cristo. Nel suo primo miracolo riportato al capitolo secondo dell'Evangelo di Giovanni, Cristo
cambiò l'acqua in vino nel corso di un banchetto nuziale in cui era venuto a mancare il vino. Quando il vino venne
portato al maestro di tavola che non ne conosceva l'origine, quest'ultimo fece notare che era migliore di quello
servito per primo. Per esser buono, il vino deve esser vecchio, e questo vino fatto solo qualche minuto prima, era
migliore dell'altro più vecchio. Lo stesso avvenne alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Egli creò i pesci;
evidentemente pesci veri e pro­pri, che dovevano avere una certa misura, i cui organi dovevano essere sviluppati
ecc. Tutto ciò comportava la necessità che avesse una certa età. Non v'è nessuna indicazione per cui qualcuno si sia
accorto della differenza fra quei pesci e gli altri, tuttavia qualcuno si chiederebbe certamente perché li avesse fatti
con organi e spine di cui non avevano mai. avuto bisogno.
Allo stesso modo, la Bibbia lascia intendere che Adamo ed Eva vennero creati esseri maturi piuttosto che neonati o
animali inferiori, che necessitavano un'evoluzione. Iddio ha il potere di creare, e creò poi cose che avevano
l'apparenza di un'età. Perché non avrebbe potuto farlo anche per il mondo?

Altri pensano che la Bibbia non parla di giorni di ventiquattr'ore, ma che invece si serve dei giorni in modo
figurativo per periodi di tempo, o per mostrarci quadri della creazione di certe cose. Essi farebbero notare che:

1. L'ebraico è una lingua più figurativa di molte altre e che occorre cercare di capire quel passo nel contesto
dell'ebraico nel quale è scritto, piuttosto che in quello della propria lingua.

2. La Bibbia dice che per il Signore un giorno è come mille anni e che mille anni sono come un giorno, indicando
così che Iddio non è particolarmente limitato al tempo come lo vediamo noi. Ciò viene menzionato in un contesto
che parla anche della creazione del mondo, anche se parla più particolarmente del diluvio del tempo di Noè, e se ne
serve come avvertimento per quelli che pensano che Iddio non li giudicherà mai, proprio perché non l'ha fatto ancora
(2 Pietro 3: 8).

3. La parola « giorno » viene usata varie volte nella Bibbia per periodi di tempo più lungo.

4. La ragione principale tuttavia per la quale la maggior parte riterrebbero che il Genesi non parla di giorni di
ventiquattr'ore è che essi ritengono che ciò si accorda meglio con le prove esterne alla Bibbia che sembrano di
mostrare un'età avanzata della terra.

Il diluvio universale del tempo di Noè

Molte cose che sono altrimenti difficili da comprendere in maniera soddisfacente si possono spiegare se si accetta il
diluvio universale. Gli evoluzionisti negano il diluvio universale, non tanto per mancanza di prove, ma per la
necessità di mantenersi ad uno più stretto uniformitarismo al fine di concedere all'evoluzione un lasso maggiore di
tempo nel corso del quale la vita si sarebbe sviluppata. Quasi tutti quelli che credono nella Bibbia credono che vi è
stato un diluvio di portata mondiale e trovano che esso accorda bene con le prove materiali. Quelli che credono in
una creazione avvenuta in sei giorni di ventiquattr'ore, spesso credono anche che il diluvio ha compiuto in breve
tempo cose che altrimenti avrebbero richiesto molto più tempo.

Abbiamo precedentemente menzionato la difficoltà che avrebbero avuto molti dei fossili a formarsi con mezzi
strettamente uniformisti, e tuttavia vi sono molti esempi di grandi depositi di fossili esistenti, come gli strati di
ippopotami in Sicilia, i cui resti sono tanto abbondanti che sono stati estratti per farne carbone vegetale, i grandi
depositi di mammiferi delle Montagne Rocciose, i depositi di dinosauri dei Monti Neri e delle Montagne Rocciose,
oltre che del deserto di Gobi, i sorprendenti depositi di pesci degli strati scozzesi del Devoniano, e così via 12. Il
diluvio costituirebbe certamente la maniera più facile per spiegare la presenza di un gran numero di animali in uno.
stesso deposito. A mano a mano che l'acqua saliva, essi si spostavano sempre più verso terre più alte, trovandosi
raggnippati sulle cime delle montagne, da dove la corrente li avrebbe spazzati via insieme formando in seguito
depositi con altre masse di sedimenti.

Descrivendo i depositi della Germania settentrionale, Newell dice: « In questi depositi sono stati rinvenuti più di
seimila resti di animali vertebrati ed un gran numero d'insetti, di molluschi e di piante. I resti compresi di tessuto
molle di molti di questi animali mostravano i particolari della struttura delle cellule, ed alcuni esemplari avevano
subito una modificazione chimica di poca importanza... » 13 . Quindi passa a parlare delle piume, dei peli e delle
scaglie e perfino del contenuto stomacale ben conservato. Certamente sarebbe occorsa la sepoltura immediata ad
opera di un grande diluvio per conservare questi particolari e spiegarne la compressione. Attraverso i processi
normali ne sarebbe avvenuta la decomposizione completa. Inoltre solo il diluvio può fornire una spiegazione alla
mescolanza di animali terrestri ed acquatici trovati colà, come in molti altri posti. Probabilmente il diluvio del tempo
di Noè spiega molte cose che altrimenti sarebbero molto difficili da spiegarsi.

È naturale che in una inondazione i fossili più piccoli si depositino in livelli inferiori e quelli più grandi negli strati
superiori, poiché l'acqua filtra il materiale. Quest'azione dell'acqua è visibile sulla maggioranza delle spiagge dove si
trovano nella parte più elevata grossi sassi e tronchi, e a mano a mano che si va verso il basso vi sono sassi più
piccoli e sabbia. Quest'azione tuttavia non è perfetta e di solito si riscontra una certa mescolanza dei materiali, ed a
volte perfino in grande misura.

Un problema per l'uniformismo, che si spiega naturalmente con il diluvio, sono gli alberi ritrovati qua e là
fossilizzati, ma ancora in piedi e che penetrano in vari strati. Alcuni, essendosi trasformati in carbone si estendono
attraverso due o più vene carbonifere che hanno fra esse materiale sedimentario e che mediante processi uniformisti
avrebbero necessitato per la loro formazione moltissimo tempo 14 .

Si rinvengono tronchi fossili non solo in posizione eretta, ma anche in varie posizioni inclinate ed a volte finanche
sos­sopra. Sembra generalmente che siano stati depositati da acqua in movimento che rapidamente ha deposto
intorno ad essi uno strato dopo l'altro di sedimento. Dove sono presenti è ovvio che il tempo necessario per formare
quel deposito di sedimenti non va misurato in termini di migliaia o di milioni di anni. Questi tronchi misurano fino a
m. 25 di altezza ed a volte si trovano sovrapposti di modo che si deve parlare di profondità molto maggiori. Una
spiegazione al rapido depositarsi di materiale necessario per coprire gli alberi prima che si decomponessero e si
sbriciolassero, ed al prodursi della pressione necessaria per trasformarli in carbone è data dal diluvio 15.

Dove non c'è nulla di tale natura per mostrare a quale velocità il sedimento si è depositato, è difficile sapere quanto
tempo è occorso. Ma il depositarsi di una ragguardevole parte del materiale sedimentario della terra a questo ritmo
piuttosto che con la lentezza alla quale avviene oggi, indicherebbe che la terra ha una storia molto più breve.

I fossili di molluschi bivalvi e di altra vita marina trovati in zone terrestri lontane dal mare rivestono anch'essi
grande interesse. Infatti se non vi fossero fossili marini in zone terrestri, ciò significherebbe che non vi è stato
diluvio universale, perciò la loro presenza milita in favore del diluvio, anche se può essere spiegata in altre maniere.

Oltre alle prove geologiche, in favore del diluvio, vi sono quelle storiche. Narrazioni relative ad un diluvio si
trovano fra i documenti di popoli vissuti in punti molto lontani della terra. Se ne sono trovate in Europa, Medio
Oriente, Africa, Asia, Isole del Pacifico e sul continente americano.

Alcune antiche narrazioni relative al diluvio parlano indubbiamente di altri diluvi, ma in A Statistical Analysis of
Flood Legends, James E. Strickling analizza le numerose storie nelle quali una sola famiglia sopravvive al diluvio
come è affermato nella narrazione biblica. Queste narrazioni mostrano negli altri particolari una correlazione dovuta
a qualcosa di più del caso: lo scampo su una nave, il preavviso, un solo diluvio e la preservazione delle altre
progenie animali 16 .

Pur essendo state queste storie spesso tramandate per generazioni prima di essere state poste per scritto e benché
contenenti spesso particolari in contrasto con la narrazione biblica, la loro correlazione generale è abbastanza buona,
sì da fornire una sorprendente testimonianza storica in favore dell'accuratezza della narrazione biblica e del fatto che
realmente si verificò un diluvio di portata mondiale.

Poiché ogni essere vivente discende dalla famiglia sopravvissuta e poiché leggende simili a proposito di un diluvio
sono comuni a popoli fra loro molto separati, la spiegazione normale è che la narrazione è stata semplicemente
tramandata di generazione in generazione.

R. L. Whitelaw, professore di ingegneria nucleare, ha analizzato le 15.000 date determinate col metodo del
radiocarbonio ed ha constatato un calo improvviso nel numero di esemplari di uomini, di animali che sarebbero stati
colpiti da un diluvio, e di alberi durante il periodo datato col radiocarbonio intorno al 4000 o 3500 a.C. (che egli
però ritiene sarebbe stato leggermente più recente). Dopo il calo rimaneva soltanto il 13% circa del numero di date
trovate per il periodo corrispondente. Il numero delle date dopo aumentava gradualmente; finché all'epoca di Cristo,
il numero delle date relativo agli uomini ed agli animali ritornò a quello che era prima dell'improvvisa diminuzione.
Nel caso degli alberi invece, mentre il loro numero subì la stessa diminuzione non è aumentato ancora fino a
raggiungere lo stesso numero di prima del calo.

Ciò indica chiaramente una grande tragedia avvenuta più o meno al tempo indicato per il diluvio dalla Bibbia e da
altre narrazioni. La conclusione logica sembra essere che questa diminuzione di date di morte ottenute col
radiocarbonio fu causata dal diluvio che spazzò via la maggior parte degli esseri viventi non acquatici non lasciando
così generazioni successive da datare fino a quando esse non si moltipllcarono gradualmente dopo il diluvio 17 .

Secondo la Bibbia, non pioveva prima del diluvio. La terra riceveva l'umidità sotto forma di vapore o nebbia (Gen.
2: 5, 6). Mentre è questa l'unica affermazione fatta, non ne viene data nessuna descrizione ampliata nella Bibbia.
Tuttavia mi sembra sottintendere l'esistenza di un insieme di condizioni atmosferiche completamente diverse da
quelle che abbiamo oggi. L'atmosfera conteneva probabilmente più vapore acqueo di oggi. Ciò aveva certamente un
suo effetto di natura mondiale sul clima, tendendo a produrre gli effetti di una serra, lasciando passare i raggi del
sole ma non permettendo al calore riflesso di andar via nella stessa quantità. Questa situazione costituirebbe una
spiegazione razionale dell'evidenza ben nota, secondo molti scienziati che vi fu un'epoca nella storia del mondo in
cui v'era universalmente diffuso un clima più caldo. L'improvviso termine di questa condizione atmosferica al tempo
del diluvio avrebbe fornito non solo una parte dell'acqua, ma ciò unitamente ad un'inondazione mondiale
spiegherebbe ulteriormente la presenza di fossili, di piante ed animali tropicali rinvenuti nelle regioni artiche. Il
rapido congelarsi di mammut e di altri animali ritrovati in depositi di fossili in Siberia può spiegarsi solo con un
improvviso cambiamento climatico.

Come per quasi ogni altra cosa di cui si parla nella Bibbia, i critici hanno cercato in ogni modo possibile di
discreditare l'idea del diluvio, e poiché le loro critiche hanno trovato vasto credito, dobbiamo rispondere alle più
importanti fra esse.

1. Molti sono convinti che non v'è acqua a sufficienza nel mondo per rendere possibile il diluvio. Poiché viviamo
solo sulle parti asciutte del globo, è a volte difficile rendersi conto che la maggior parte della superficie terrestre è
coperta d'acqua. Più del 71% della superficie terrestre è coperta d'acqua la cui profondità media è più di 3.750 metri
18 . È ovvio che v'è moltissima acqua. Il problema invece della mancanza d'acqua è costituito dal fatto che gli
uomini hanno la tendenza di interpretare le cose in maniera che concordino con quello che vogliono credere. La
Bibbia dice: «... tutte le fonti del grande abisso scoppiarono ...» (Gen. 7: 11). Chi non vuol credere alla possibilità
del diluvio può credere semplicemente che questo scoppiare significa che non accadde niente, e che tutta l'acqua del
diluvio era venuta giù dalla pioggia. Pur potendo le condizioni atmosferiche anteriori al diluvio fornire una quantità
di acqua per contribuire al diluvio maggiore di quanto avrebbero permesso le condizioni atmosferiche di oggi,
sembra che ciò sarebbe stato tuttavia insufficiente a coprire la terra quale essa è oggi. Se però le parole « le fonti del
grande abisso scoppiarono » significano che il fondo dei mari si sollevò, vi sarebbe stata acqua in abbondanza. Un
altro fattore da tenere in considerazione è il fatto ben noto che le montagne sono di formazione recente.
Probabilmente al tempo del diluvio esse non erano alte come oggi.

2. Alcuni sostengono che il diluvio del quale parla la Bibbia era solo un diluvio di portata locale, non universale. La
Bibbia dice tuttavia che « ... le acque ingrossarono oltremodo sopra la terra; e tutte le alte montagne ch'erano sotto
tutti i cieli, furono coperte » (Gen. 7: 19). Anche se le alte montagne erano a quell'epoca molto più basse di oggi,
anche se erano alte solo qualche centinaio di metri, sarebbe stato impossibile tenere ammucchiata l'acqua in modo di
coprirle per un anno. L'acqua avrebbe trovato il suo livello, coprendo­il mondo intero. Non si può accumulare acqua
in un sol punto!

Non sarebbe stato neppure necessario salvare Noè e gli animali mediante l'arca se gli uomini e gli animali di altre­
parti del mondo non fossero annegati nel diluvio. Il periodo stesso di tempo durante il quale il diluvio sommerse la
terra sottintende anche ch'esso fu universale, poiché sarebbe stato molto difficile che un diluvio o un'inondazione
durasse un anno in una località ristretta.

Del diluvio si parla anche nel Nuovo Testamento. E Pietro se ne serve per illustrare il fatto che in futuro Iddio
distruggerà il mondo col fuoco. Questo passo, che mette in rilievo la follia di quelli che negano l'intervento di Dio e
cercano di spiegarne tutto su basi semplicemente uniformiste, perde il proprio significato se non vi è stato un diluvio
di portata, mondiale che distrusse gli ingiusti. 
 

Sapendo questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni ver­ranno degli schernitori coi loro scherni i
quali si condurranno secondo le loro concupiscenze e diranno: Dov'è la promessa della sua venuta?
Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte­le cose continuano nel medesimo stato come
dal principio della creazione. Poiché costoro dimenticano questo volontariamente: che ab antico, per
effetto della parola di Dio, esistettero de' cieli e una terra tratta dall'acqua; per i quali mezzi il mondo
d'allora, sommerso­dall'acqua, perì; mentre i cieli d'adesso e la terra, per la medesima. Parola son
custoditi, essendo riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della distruzione degli uomini empi (2
Pietro 3:3­7).

3. Si è anche messo in dubbio la capacità dell'arca di portare tutti gli animali attribuitile. Come per la maggior parte
degli argomenti esaminati, l'uomo tende a proteggere le sue congetture mediante le condizioni ch'egli propone.
Qualcuno ha parlato per esempio delle difficoltà per avere nell'arca l'acqua necessaria per tutti gli anfibi. Cito
semplicemente ciò per mostrare che non si può moltiplicare il numero di circa un milione di specie diverse di
animali esistenti oggi per due (maschio e femmina) per trovare il numero di animali esistenti nell'arca. Circa 88.000
specie sono costituite da crostacei di un tipo o di un altro. Molti altri sono vermi, pesci, ecc. che vivono
normalmente nell'acqua, o che sono così piccoli da potersi salvare tenendosi su resti galleggianti.

Earnest Mayr, uno dei principali tassonomisti, elenca solo 17.600 specie di mammiferi, uccelli, rettili ed anfibi
insieme. Molti di questi potevano vivere bene fuori dell'arca. Dei mammiferi elenca solo 3.500 specie ed alcune di
queste sono acquatiche 19.

Gli animali più piccoli non presentano problemi per quel che riguarda lo spazio, ed i più grandi non sono troppo
numerosi. Credere inoltre che Dio aveva fatto entrare nell'arca i più grandi o i più piccoli di ciascuna specie di
animali dipende da se si vuole credere o no che vi fosse abbastanza spazio per essi. Anche se Dio non fosse stato più
intelligente dell'uomo, avrebbe capito abbastanza da imbarcare gli animali più piccoli di ciascuna specie, e fra questi
i giovani, non solo per occupare meno spazio, ma anche per ottenere il massimo della riproduzione allo scopo di
riempere le terra dopo il diluvio.

Immaginiamo che Noè dovesse portare tutte le 17.600 specie menzionate. Poiché più della metà di esse è composta
da uccelli, è ovvio che la grandezza media degli animali sarebbe stata molto piccola. Un carro ferroviario americano
medio a due piani per il trasporto delle pecore ne può contenere duecentoquaranta. Perciò centoquarantasei vagoni di
tale grandezza basterebbero a contenere due esemplari di ciascuna delle 17.600 specie se avevano la grandezza
media di una pecora, che certamente non avevano. L'arca aveva una lunghezza di trecento cubiti ed una larghezza di
cinquanta. Poiché la lunghezza del cubito variava secondo i tempi ed i popoli, se si adotta la misura più corta, l'arca
misurava una lunghezza di cento trentuno metri, una larghezza di ventuno ed un'altezza di tredici, con una cubatura
equivalente a quella di cinquecentoventidue di tali vagoni. Ciò lascia ancora un margine di trecentosettantasei
vagoni per le provviste e per gli uomini 20 .

Abbiamo pensato che non era necessario calcolare altro spazio per gli animali « puri », perché esso è già stato molto
più che provveduto dal fatto che abbiamo inserito tutte le speci di mammiferi, uccelli e rettili anche acquatici ed
anfibi.

Allora, secondo quanto riportato sopra, non c'è ragione convincente che possa permetterci di rigettare l'idea di un
diluvio universale che in poco tempo sarebbe riuscito a portare via e ad accumulare più detriti di quanti
normalmente fossero stati ammucchiati in molti anni, fortificando così la tesi di una creazione recente.

Conclusione

Abbiamo esaminate le ragioni addotte per non credere in Dio creatore, e le abbiamo trovate insoddisfacenti.
Abbiamo invece trovato vere le prove della nostra creazione da Dio.

I fatti appoggiano la spiegazione della vita data nella Bibbia, e non quella dell'evoluzione. La Bibbia non si ferma
alla creazione. Comincia con essa e passa a dare un significato ed una guida pratica alla vostra vita.

La Bibbia spiega che Dio creò l'uomo a Sua immagine perché avesse comunione con Lui, ma poi prosegue
mostrando, come l'uomo disobbedì alle norme che Egli aveva stabilito e chiama questa disobbedienza " peccato ".
Poiché Iddio esige perfetta obbedienza, il peccato separò l'uomo dalla comunione con Dio per la quale era stato
creato. Cominciato con il primo uomo creato da Dio, il peccato contaminò tutto il genere umano. Siccome le
aspirazioni di Dio per noi sono troppo alte, nessuno conduce una vita buona abbastanza per piacerGli e in tal modo
salvare se stesso dal giudizio di Dio. I nostri tentativi di obbedire alle leggi, le osservanze religiose e le nostre buone
opere sono insufficienti. « Siccome è scritto: Non v'è alcun giusto, neppure uno. » (Romani 3: 10) «Difatti tutti
hanno peccato... » (Romani 3: 23).

Il diluvio che distrusse i peccatori al tempo di Noè viene citato nel Nuovo Testamento come avvertimento che Dio
non lascia impunito il peccato (2 Pietro 3). Soltanto una famiglia si salvò dal diluvio perché i suoi membri avevano
posto la loro fiducia nella salvezza che Dio aveva offerto loro nell'arca. Cristo è l'Arca nostra, il mezzo di salvezza
che Dio offre all'uomo oggi, poiché ha preso su di Sé la punizione per i peccati di tutto il genere umano. Il
messaggio centrale del Nuovo Testamento è che tutti coloro i quali mettono la loro fiducia in Cristo saranno
riconciliati con Dio e salvati eternamente.

Sebbene la Bibbia sia inflessibile verso l'egoismo e la cattiveria dell'uomo, è tuttavia chiara riguardo alla generosa
provvidenza di Dio. « Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Unigenito Figliuolo, affinchè
chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna » (Giovanni 3: 16. Vedere anche Giovanni 3: 1­18; Romani
3: 20­26; 5: 1­11; 10: 9­13).

Lascia che ora io unisca queste cose ad un esperimento che tu stesso, di persona, puoi fare. È un genere di prova
completamente diverso, di natura personale, aggiunto per aiutarti a determinare se esiste o no un Creatore e se Egli
abbia un diritto sulla tua vita.

Benché la venuta in essere della prima vita non si possa né osservare né ripetere per dimostrare in modo assoluto se
sia nel giusto la teoria dell'evoluzione o il racconto biblico della creazione, la Bibbia fa molte altre affermazioni ­­
dimostratesi sincere e precise ­­ che si possono esaminare per giudicarne l'esattezza. Oltre a questi esami, quali la
precisione storica e il compimento delle profezie, io ti sfiderei a fare come esperimento tuo, la seguente prova
personale.

La Bibbia dice che se ti affidi a Cristo per ottenere il perdono del tuo peccato, la Sua morte in vece tua e la Sua
risurrezione sono sufficienti a salvarti dall'eterna punizione. Come puoi provarlo e come puoi sapere se Dio ha
veramente perdonato il tuo peccato perché un giorno tu possa vivere in ciclo col tuo Creatore? La Bibbia dice che
quando Dio toglie la punizione futura del tuo peccato, netterà anche la tua vita qui sulla terra. Ecco un punto dove
potrai mettere alla prova l'esattezza della Bibbia e l'esistenza del Creatore mediante un'esperienza personale. Credi
che Cristo pagò il tuo peccato con la Sua morte sulla croce! Affida la tua vita al Suo controllo! Vedrai da te che
proprio qui, in questa vita, Egli sostituirà il tuo peccato con l'amore e la purezza. 
 
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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DUE SCIENZIATI   T. F. Heinze Intro
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« In ogni campo della conoscenza, un buon libro serve a riassumere i fatti essenziali e a confutare le vecchie e
sorpassate teorie. Il problema dell'origine della vita è un argomento che richiede più di ogni altro, un testo simile.

È perciò un vero piacere accogliere la nuova edizione del libro di Tommaso Heinze su questo problema. Con fatti
consistenti raccolti da molte fonti, la teoria dell'evoluzione è pesata con la bilancia ed è trovata mancante, sia
secondo la scienza che secondo la logica.

Allo stesso tempo i fatti qui esposti servono a confermare ora più che mai la veracità delle Scritture, l'opera del
Creatore e la follia di quella mente che persiste nel dire: " Non c'è Dio " ».

Robert I. Whitelaw

professore di ingegneria meccanica e nucleare al 
Virginia Polytechnic Institute and State University
I

Ho letto con piacere e profitto il suo libro « Creazione o evoluzione ». A parte la relativa brevità, il suo libro copre
in maniera completa l'importante questione della « creazione o evoluzione » Esso è scientificamente accurato e
dovrebbe essere di grande aiuto a tutti coloro che sono aperti a questo argomento così essenziale.

Duane T. Gish

Il prof. Gish ha conseguito varie lauree nel campo della Chimica e della Biochimica. Nel corso di altri studi
compiuti a Cornell e alla Università di Berkeley, California, ha fatto parte di due equipe le cui ricerche sono state
riconosciute con Premi Nobel. Poi, prima di assumere l'attuale carica di professore di Scienze Naturali presso il
Christian Heritage College di San Diego, in California (U.S.A.), si è impegnato nella ricerca farmaceutica.
I

ALCUNE RECENSIONI ALLA PRIMA EDIZIONE

« Questo libro è una vera sfida all'evoluzione. L'insegnante di Scienze troverà la lettura interessante ed utile ».

Recent Books

« Sarebbe davvero difficile porre informazioni più pertinenti in spazio più breve. Ecco un libro che può far leggere
con fiducia a qualsiasi giovane... ».

Carolina Chronicle

« Gli studenti che frequentano le scuole dove si insegna la teoria dell'evoluzione come fatto accettato, troveranno
questo libro di immenso valore.
Esso presenta con lucidità la base filosofica dell'evoluzione, le prove fornite dagli evoluzionisti per avvalorare la
loro posizione e i problemi che tali prove presentano: problemi che raramente vengono menzionati per la riflessione
degli studenti ».

Christian Economics

« In Italia mancava un'opera che affrontasse il problema da un punto di vista biblico evangelico ed insieme
scientifico. Il libro di Tommaso Heinze colma questa lacuna e, in maniera il più possibile semplice e accessibile a
chi abbia un minimo di conoscenze scientifiche, anche a livello scolastico, esamina sia l'evoluzione che la
creazione... non esamina certo tutto il complesso problema, ma ha il vantaggio, nella sua brevità, di obbligarci a
riflettere su questo punto... Scegliere la creazione non è contrario alla scienza ».

Il Cristiano, Maggio, 1976
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

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REFERENCES

Chap 1

1 Selezione dal Reader's Digest,  settembre  1970,  pg.  20,  ed. americana.

2 The Oregonian, Portland, Oregon, 23 marzo   1962.

3 N. G. Levin & L. P. potapov, The Peoples of Siberia, 1964, pg. 14­15.

4 Willard F. libby, Radiocarbon Dating, 1955, pg. 148.

5 R. F. Flint & Morris M. leighton, Pleistocene Epoch, in « Encyclopedia Britannica », Ì965, Vol. XVIII, pg. 741.

6 Francis & Datharine, Earliest Man on Earth? in « Selezione dal Reader's Digest », gennaio 1964, pg. 157­163, ed.
americana.

7 National Geographic, Vol. CXXVII, 1965, pg. 215.

8 Modern People, Vol. 8, 18 April 1976, p. 11; come citato in « ICR Acts & Facts », Vol. 5, n. 8, agosto 1976, p. 1.

9 F. Clark Howell, Neanderthal Man, in « Encyclopedia Britannica », Vol. XVI, 1965, pg. 152.

10 M. F. Ashley Montague, An Introduction to Physical Anthropology,  1960, pg.  194­203.

11 Ibid., pg. 194.

12 Sir Wilfred le gros Clark, Evolution of Man, in « Encyclopedia Britannica », 1965, Vol. XIV, pg. 738.

13 Science, Marzo 1956 ­ agosto 1957, University of Groningen Radiocarbon Dates.

14 B. G. Campbell, Cro­Magnon Man, in « Encyclopedia Britannica », Vol. VI, 1965, pg. 792.

15 Clark, op. cit., pg. 738.

16 J. M. Coles, Archeology of Early Man, 1969, pg. 303­305.

17 K. Oakley, Frameworks for Dating Fossil Man, 1966, pg. 292­293.

18 D. Roe, Prehistory, 1970, pg. 46.

Chap 1b ­ 1. Il primo presupposto è che le cose non viventi diedero vita alla materia vivente, cioè la generazione
spontanea;

19 G. A. Kerkut, Implications of Evolution, 1960, pg. 6.
=========================

Chap 2

1 Daily American, 14 maggio 1979, pg. 2.

2 Giovanni Wu, Quesiti sulla fede, Napoli, Edizioni Centro Biblico, 1969, pg. 32.

3 Floyd E. Hamilton, In difesa della fede, Napoli, Edizioni Centro Biblico, 1972, pg. 42.

E. hamilton, op. cit., pg. 64.

5 Giovanni Wu, op. cit., pg. 22­23.

6 J. D. Ratcliff, Where Time Begins, in « Selezione dal Reader's Digest », Aprile 1968, pg. 193­196, ed. Americana.

* In questo volume vengono usate entrambe le sigle ADN (Acido DesossiriboNucleico) e DNA (DesossiriboNucleic
Acid).

7 J. F. Coppedge, « Evoluzione: Possibile o Impossibile », 1973, pg. 74­75.

8 Coppedge, op. cit., pg. 119 e 162­163.

9 Duane T. Gish, Speculations and Experiments Related to Theories on the Origin of Life: A Critique, 1972, pg. 8,
Richiaman­dosi a H. Curey, Proceedings of the National Academy of Science, 1952, pg. 38, 351.

10 Gish, op. cit., pg. 11, 12.

11 Ibid.

12 Gish, op. cit., pg. 24.

13 I Am Joe's Cell, « Selezione dal Reader's Digest », Dicembre 1973, pg. 122, ed. Americana.

14 G. Wald, Scientific American, 1954, pg. 191, 45, Citato da Gish, op. cit., pg. 18.

15 Portland Oregonian, Novembre 1977; che cita New Scientist

16 A. E. Wilder­Smith, Man's Origin, Man's Destiny,  1969, pg. 92.

=========================

Chap 3

1 Domenico E. Ravalico, La creazione non è una favola, Ed. Paoline, 1974, pg. 51, 57, 59, 106. Acido
RiboNucleico.

2 E. K. Victor Pearce, Who was Adam?, 1969, pg. 110.

3 Charles Darwin, The Origin of the Species,  1962, Collier Book Edition, pg. 182.

4 Tumarkin, Evolution of the Auditory Conductive Apparatus in Terrestrial Vertebrates. « Hearing Mechanisms in
Vertebrates », a cura di De Reuck e J. Knight. J. & A. Churchill, Simposio della Fondazione Ciba, 1968.

=========================

Chap 4
1 Enrico Tortonese, Evoluzione, in « Grande Dizionario Encyclopedico ».

2 Vol. VIII, 1967, pg. 318.

3 Historical Geology, 1965, pg. 32

4 Vol. I, pg. 983.

5 carlo darwin, L'origine delle speci, First Collier Books Edition, pg. 308.

6 duane T. gish, Creation, Evolution, and the Historical Evidence, in « The American Biology Teacher », marzo
1973, pg. 135­138. Per un trattamento più completo, vedi: duane T. gish, Evolution? ­ The fossils say No!, in «
Institute for Creation Research », 1972.

7 Science News, 24 sett. 1977, Vol. 112, n. 13, p. 198.

8 carlo darwin, L'origine delle speci, pg. 308.

9 bolton davidheiser, Evolution and Christian Faith,   1969, pg. 307­309.

10 G. G. simpson, Tempo and Mode in Evolutìon, 1944, Columbia University Press, New York, pg. 105.

11 Ibid, pg.  107.

12 D. M. raup and S. M. stanley, Principles of Paleontology, 1971, W. N. Freeman and Co., San Francisco, pg. 306.

13 L. du nouy, Human Destiny, in «The New American Library», New York,  1947, p. 63.

14 Time, Life and Man, 1959, pg. 83.

15 john C. whitcomb e henry M. morris, The Genesis Flood, 1962, pg. 180. Vedi anche « Bulletin of the Geological
Society of America», Vol. 70, febb. 1959, pg. 115­122.

16 john C. whitcomb e henry M. morris, op. cit., pg. 184­200.

17 roberto malaroda, Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Vol. V, 1964, pg. 552.

18 Enciclopedia Americana, Vol. XVIII, 1950, pg. 180.

19 Adventurers in the Search for Man, in « National Geographic Magazine », gennaio 1963, pg. 149.

20 National Geographic Magazine, Vol. CXX, ottobre 1961.

21 woodford, Historical Geography, pg. 218.

22 donald E. chittick, Creation, Evolution and the Scripture, 1966, pg. 79.

23 Accuracy of Radiocarbon Dates, in « Science », Vol. CXL, 19 aprile 1963, pg. 278.

24 Ibid.

25 Carbon ­ 14 and the Age of the Atmosphere, in « Creation Research Society Quarterly », Vol. VII, giugno  1970,
pg.  53­56.

26 henry M. morris, The Young Eartb in « ICR Impact Series Vol. 17 », Institute for Creation Research.

27 ronald shiller, The Continents are Adrift, in « Selezione dal Reader's Digest », aprile 1971, pg. 103, ed.
americana.

28 davidheiser, Evolution and Christian Faith, pg. 298.

29 D. W. R. McKINLEY, Meteor, in « Enciclopedia Britannica », Vol. XV, 1965, pg. 270.

30 Mission Evaluation Team, NASA Manned Spacecraft Center; Apollo II Mission Report, NASA SP­238, 1971,
pg. 133.

31 R. preston, J. tottle, M. murpy and J. flannery, Culture Regions in the Eastern Hemisphere, 1971, pg. 341.

32 Time, Life and History in the Light of 15,000 Radiocarbon Dates, in « Creation Research Society Quarterly »,
Vol, VII, giugno 
1970, pg. 53­56.

33 john C. C. whitcomb e henry M. morris, op. cit., pg. 172­173.

34 The carboniferous mystery, in « Scientific American », Vol. CLXII, gennaio 1940, pg. 14.

35 clifford L. burdick, Discovery of Human Skeletons in Cretaceous Formation, in « Creation Research Society
Quarterly », sett. 1973, pg. 109­110.

36 williams J. meister, Sr. Discovery of Trilobite Fossils in Shod Footprint on Human in « Trilobite Beds » ­ A
Cambrìan for­mation ­ Antelope Sprìngs, Utah, « Why Not Creation? », 1970, page. 186­193.

37 Geological Correlation and Paleoecology, in « Bulletin of the Geological Society of America », LIX, gennaio
1948, pg. 2.

38 robert van atta, The Significance of Fossils and Stratigraphy, in « Creation, Evolution, and the Scripture », 1966,
pg.  132­133.

39 Voi. XIV, pg. 390.

40 Equidae,   in   « Enciclopedia   Britannica »,   Vol.   VIII,   1972, pg. 658,

41 L. du nouy, Human Destiny, in «The New American Library», 1947, New York, pg. 63.

42 R. B. goldschmidt, American Scientist, Vol. XL, 1952, pg. 97.

43 Ibid, pg. 659.

44 World Book Encyclopedia, Vol. XIII, 1964, pg. 311. 45 federigo B. kirbus, Trade Your Dog for a Midget Horse,
in « Science Digest », aprile 1973, pp. 64­67.

46 leonard radinsky, oldest Horse Brains: More Advanced than Previously Realized, in « Science », novembre 1976,
pp. 626­627.

47 george gaylord simpson, Horses, The Story of the Horse Family in the modern World Through Sixty Million
Years of History, 1952, p. 201.

Si è affermato che se un milione di scimmie battesse a casaccio i tasti di un milione di macchine da scrivere per un
milione di anni,

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Chap 5
1 The new Evolution Zoogenesis, 1930, pg. 211­213.

2 Implications of Evolutions, 1960.

3 robert J.  braidwood, New Eastern Prehistory,  « Science » n. 3312, Vol. 127, 20 giugno 1958, pg. 1419.

4 warren S. thompson, Population, in « Enciclopedia Ameri​
cana », Vol. XXII, 1950, pg. 367.

5 henry M. morris, World population, in « The King's Bu­siness », gennaio 1970, pg.  19.

6 Evolution and Ethics, 1947, pg. 14.

7 robert E. D. clark, Darwin Before and After.

8 ìbid., pg. 115­116.

9 adolf hitler, Mein Kampf,  1933, citato da A. E. Wilder Smith, Man's Origin, Man's Destiny,  1969, pg. 188.

10 crusafont e piveteau, Theilard de Chardin ed il pensiero cattolico, pg. 151­159.

11 theilard de chardin, La place de l'homme dans la nature, 1965, pg. 173.

12 John C. Whitcomb & Henry M. Morris, op. cit., pg. 161.

13 N. O. Newell, Adequacy of the Fossil Record, in «Journal of Paleontology », Vol. XXXIII, maggio 1959, pg. 49,
citato da Morris, op. cit., pg. 160.

14 Ibid., pg. 165.

15 N. A. rupke, Prolegomena to a Study of Cataclismal Sedimentation, « Why Not creation? »,  1970, pg.  152­157.

16 Creation Research Society Quarterly, Vol.  IX,  3, dec.1972, pg. 152­153.

67 Robert L. Whitelaw, op. cit., pg. 59­71.

18 Collier's Encyclopedia, Vol. XVIII, 1964, pg. 59.

19 John C. Whitcomb & Henry Morris, op. cit., pg. 69.

20 Ibid., pg. 10.
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

T. F. Heinze
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CREAZIONE
O
EVOLUZIONE
TOMMASO HEINZE

EDIZIONI CENTRO BIBLICO 
NAPOLI   © 1973 ­ Baker Book House

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TITOLO ORIGINALE: CREATION VS. EVOLUTION HANDBOOK 
TRADUZIONE DALL'INGLESE DI GIULIO MONTAGNA

INTRODUZIONE

Capitolo primo ­ L'EVOLUZIONE E NOI

Capitolo secondo ­ INIZIANDO DALL'INIZIO

Capitolo terzo ­ EVOLUZIONE, COME?

Capitolo quarto ­ LE PROVE DELL'EVOLUZIONE

Capitolo quinto ­ PROBLEMI STATISTICI PER L'EVOLUZIONE

Capitolo sesto ­ SPIEGAZIONI

LE OPINIONI DI DUE SCIENZIATI SUL 
VALORE DI QUESTO LIBRO

INTRODUZIONE
Mi sembrava d'avere davanti a me un altro giovane. Dall'atteggiamento di arroganza e condiscendenza di chi ha
una conoscenza superiore era passato ad un meditativo silenzio, interrotto di tanto in tanto da un'altra domanda.
Aveva appena capito, per la prima volta nella sua vita, che i resti fossili del cavallo, tanto spesso ritenuti la prova
più chiara dell'evoluzione, costituivano, invece, un genere di prova errato! Benché l'evidenza di un cambiamento
graduale da quattro dita per le gambe anteriori e tre per le posteriori ad un solo dito per ciascuna di esse fosse
stata ben presentata a lui e alla maggioranza degli studenti, come prova dell'evoluzione, essa provava in pratica il
contrario! Era un passaggio dal complesso al semplice! Da un numero maggiore di dita ad uno minore! Se si
immagina questo genere di cambiamento portato alle sue estreme conseguenze, un cavallo potrebbe ridursi ad una
sola cellula, ma una sola cellula non potrebbe mai divenire un cavallo, né una persona. Malgrado questa sua
fragilità fondamentale, l'argomento delle dita del cavallo viene abitualmente presentato come una delle migliori
prove a favore dell'evoluzione. Essa infatti è una delle migliori, non perché sia buona in se stessa, ma a paragone
delle altre.

Dovunque, i giovani si danno alla rivolta, alle droghe o si isolano individualmente da un mondo senza senso e senza
scopo, che ritengono si sia formato per caso e che non

abbia nessun fine. E questo li ha portati finora ad una crescente distruzione di se stessi e della società quale essi
conoscono, e non ad una soluzione positiva.

Essi non hanno creduto nell'evoluzione per la forza delle prove addotte, ma perché, come nel caso dello studente
sopra citato, non hanno udito quasi per niente l'altra campana e ritengono naturalmente che non esista alcuna
prova a favore della creazione del mondo da parte di Dio. In realtà esistono buone prove a favore della creazione
divina e si potrebbero citare, al posto dello studente sopra menzionato a proposito della prova del cavallo, molte
altre esperienze interessanti, eluse da qualunque altro tipo di prove in campi più qualificati. Penso a quel
giovanissimo studente universitario, assistente ricercatore, che mi dava appuntamento nella biblioteca universitaria
durante l'intervallo fra le sue ore di lavoro. Aveva i capelli lunghi e prendeva la droga, ma la sua mente era aperta,
voleva conoscere.

La Bibbia dice: « Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ». Questo studio è stato intrapreso nel desiderio di
presentare la verità, accurata dal punto di vista scientifico, in una forma concisa che ne permetta la lettura alle
persone occupate.

Presento qui i miei sinceri ringraziamenti ai molti che hanno contribuito a rendere possibile la pubblicazione di
questo libro: i professori delle varie discipline scientifiche toccate, che hanno dato consigli e hanno controllato
l'accuratezza scientifica; tutti quelli che hanno collaborato alle ricerche, alla stesura a macchina del testo e alle
correzioni del manoscritto. Senza il loro aiuto questo piccolo manuale non avrebbe mai visto la luce.

Tommaso Heinze

Capitolo primo ­ L'EVOLUZIONE E NOI
Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

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