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INTERROGAZIONE SDA

-CANOVA-GOYA-ROMANTICISMO TEDESCO E INGLESE

I DUE ARTISTI NEOCLASSICI PIU FAMOSI SONO ANTONIO CANOVA (SINISTRA), JACQUES-LUOIS DAVID
(DESTRA)

Antonio Canova
Biografia: Antonio Canova è stato uno scultore e pittore italiano, ritenuto il massimo esponente
del Neoclassicismo, corrente artistica affermatasi in Europa tra il XVIII e il XIX secolo. ll
Neoclassicismo nasce come reazione al barocco e al rococò, a cui contrappone lo stile,
l’armonia delle figure e le tematiche tipiche dell’arte classica, in particolare di quella greco-
romana.
Antonio Canova nasce a Possagno, vicino a Treviso, il 1° novembre del 1757. Rimane
precocemente orfano di padre e, quando la madre si risposa e si trasferisce in un paese vicino,
viene affidato al nonno paterno, un abile scalpellino e capomastro, che gli insegna i primi
rudimenti del mestiere.
Il giovane Antonio dimostra una dote eccezionale per la scultura ed allora decide di trasferirsi a
Venezia così da realizzare il suo apprendimento lì.
Hai diciotto anni apre una bottega tutta sua e hai ventidue anni nel 1779 si trasferisce a Roma,
capitale dell’arte e della cultura italiana, per studiare le opere dei grandi e confrontarsi con i
principali artisti. È in questo periodo che realizza alcune delle sue opere più celebri come Amore
e Psiche, le Tre Grazie, Maddalena Penitente e Teseo sul Minotauro ed in pochi anni diventa
uno scultore molto riconosciuto.
Tra il 1783 ed il 1810 realizza i Monumenti funebri di Clemente XIII e Clemente XIV a Roma, di
Maria Cristina d'Austria a Vienna, e di Vittorio Alfieri a Firenze. Nel frattempo, nel 1798, quando
i Francesi occupano Roma, preferisce lasciare la città per far ritorno nei suoi luoghi d'origine,
dove si dedica alla pittura e in soli due anni realizza molte delle tele e le quali sono oggi
custodite nel Museo allestito nella sua casa natale a Possagno.
Canova muore nel 1822 ed il suo corpo è conservato a Possagno nel Tempio Canoviano, una
chiesa in stile neoclassico progettata dallo stesso Canova.
Stile e tecnica:
Le opere di Canova si contraddistinguono per l’eleganza delle forme, per la bellezza e la
semplicità delle sue figure. L’artista veneto infatti abbandona i drappeggi eccessivi e lo sfarzo
delle opere barocche e spoglia la figura umana in modo da farla vedere con tutta la sua purezza
al fine di ricavarne la sua essenza. Antonio Canova si è dedicato anche alla pittura, arte che
coltivava come piacere personale, evitando però di rendere pubbliche le sue creazioni. Canova
soleva realizzare molti disegni i quali avevano una funzione ideativa. Inoltre possiamo vedere
che studia le pose e prende come ispirazione le sculture antiche. Molto fondamentale per
Canova, nelle sue sculture era l’amore per la natura e il suo superamento nell’ideale così da
trasformarla in bellezza. Inoltre possiamo vedere che le sue sculture sono perfettamente
levigate, con un chiaroscuro finemente graduato, poiché l’artista si era proposto volutamente di
superare e trasfigurare nella scultura la qualità plastica del bozzetto e la sua intensità visiva. Ed
è difatti proprio la realtà visiva che Canova vuole, non disperdere, ma trasfigurare. Il suo scopo
era infatti il raggiungimento della bellezza ideale la quale si può solo arrivare imitando la
scultura classica e tramite la massima padronanza della tecnica scultorea. Lui voleva più che
altro il risalto del vero, delle figure nude l’atteggiamento del protagonista, le posizioni e le
espressioni.
Tutta l’opera di Canova, come possiamo vedere è dunque tesa tra naturalismo e idealizzazione.
Infatti, egli privilegia come materiale il marmo poiché capace di rendere la morbidezza e la flessibilità
della carne, spesso trattato con cera rosata o ambrata per conferirgli un colore simile all’incarnato, le
quali sono levigate sino a che il marmo opaco non diventa totalmente liscio, traslucido, cioè quasi
trasparente.
Amore e psiche
Questa ricerca della bellezza ideale è espressa soprattutto nei soggetti mitologici; ad esempio nel
gruppo di “Amore e Psiche “oggi conservato al Louvre. Qui Canova ha ripreso la favola narrata da
Lucio Apuleio nell’asino d’oro e ha rappresentato l’episodio in cui Amore rianima Psiche svenuta
poiché, contro gli ordini di Venere, aveva aperto un vaso ricevuto nell’Ade da Proserpina.
Analisi di Amore e Psiche
L'opera raffigura, con un erotismo sottile e raffinato, Amore e Psiche nell'attimo che precede il bacio,
preannunciato dall'atteggiamento dei corpi e degli sguardi che si contemplano l'uno dall'altro con una
dolcezza di pari intensità: le loro labbra, pur essendo estremamente vicine, non sono ancora unite.
Amore poggia il ginocchio sinistro a terra mentre con la spinta della gamba destra si china in avanti,
inarcando il proprio torso e al contempo flettendo la propria testa così da avvicinarla al volto
addormentato dell'amata, che sorregge delicatamente con la mano destra; quella sinistra.
Psiche, invece, è semidistesa, rivolge il viso verso l'alto ed alza quasi timidamente le braccia per
accogliere il bacio di Amore, sfiorando con le sue dita i capelli di lui. Presenta le ali spiegate, come se
fosse appena giunto per soccorrerla e i loro corpi adolescenziali sono caratterizzati da una perfezione
anatomica squisitamente neoclassica. Inoltre sono completamente nudi, fatta eccezione per un
drappo che vela appena le intimità di Psiche.
Tecnica
La visione frontale consente di cogliere perfettamente la geometria compositiva lineare formata dagli
assi suggeriti dalle ali che si incrociano tra i due volti, al centro dell’intreccio delle braccia. La
complessità della creazione canoviana è in ogni caso apprezzabile anche analizzandola da altri punti
di vista; infatti, i rapporti reciproci tra i due corpi, pensati nello spazio, mutano continuamente mentre
giriamo intorno al gruppo scultoreo. Dunque la scena presenta una rigorosa composizione geometrica
la quale i corpi delle due figure giovanili si dispongono come due archi incrociati in una grande X e non
si sviluppano su un unico piano, ma in profondità, con un movimento spiraliforme che induce lo
spettatore a girare attorno al gruppo scultoreo. Anche il delicato abbraccio in cui si legano i due
personaggi si iscrive in un cerchio centrale, indicato dalle braccia, e il movimento circolare si conclude
nell'incrocio degli sguardi. I movimenti appaiono sciolti, aggraziati, continui e ben sincronizzati, si
sviluppano con gesti delicati ed espressivi, studiati in una coreografia perfettamente equilibrata. Anche
i personaggi, nei corpi adolescenziali e con le loro forme anatomiche perfette, sono idealizzati
secondo un principio di bellezza assoluta e spirituale. L'ammirata abilità tecnica di Canova qui
raggiunge una qualità altissima.
Così come in tutte le sue opere Canova qui si dimostra assai sensibile all'influenza della statuaria
classica, per l'equilibrio della composizione. Amore e Psiche, in ogni caso, risponde pienamente ai
principi dell'estetica del Neoclassicismo. I gesti di Amore e Psiche, infatti, sono delicati ed espressivi,
mentre i loro movimenti nello spazio sono equilibrati, continui e ben sincronizzati; analogamente,
Canova comunica il loro trasporto amoroso in modo misurato ed equilibrato, sfumando la loro
passione nella tenerezza e in un'affettuosa contemplazione. Alcuni degli aspetti dell'opera, tuttavia, già
rimandano al Romanticismo.

Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria


Canova riceve anche commissioni per alcuni monumenti funebri come quello al papa Clemente XIV
nella Chiesa dei Santi Apostoli e quello per l’analogo sepolcro del predecessore Clemente XIII in San
Pietro. A questo proposito, l’età illuministica e neoclassica si colloca in una posizione originale nei
confronti del problema della morte e della tomba. Mentre per la fede cristiana la morte non è che il
momento del passaggio dalla vita terrena a quella eterna.
La tomba acquista dunque un valore morale e un nuovo significato. La tomba rappresenta il ricordo di
chi vi è sepolto. È soprattutto nel Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria, nella Chiesa degli
Agostiniani a Vienna (1798-1805) che Canova lega l’opera al tema della morte. Il monumento
funerario a Maria Cristina d’Austria rappresenta una grossa novità nella tipologia dei monumenti
funerari. Il monumento funebre ha sempre avuto come centro compositivo il sarcofago o l’urna in cui
materialmente venivano conservare le spoglie del defunto. Al di sopra dell’urna veniva collocata
l’effige statuaria del defunto; di sotto o di fianco venivano poste immagini allegoriche sul significato
della morte. Nel monumento a Maria Cristina d’Austria l’urna scompare per essere sostituita dalla
immagine triangolare di una piramide. L’effigie statuaria viene sostituita da un ritratto di profilo a
bassorilievo, inserito in un medaglione di chiara derivazione classica. Notevole importanza assumono
le figure allegoriche che, nella intenzione dell’artista, non sono puri e semplici simboli. In questo caso,
infatti, le figure compongono un singolare corteo funebre che si accinge a salire i gradini che portano
alla porta della piramide. Da questa porta fuoriesce un tappeto che scorre sui gradini come un velo
leggero e impalpabile. Il corteo è aperto da una giovane ragazza che ha già un piede oltre la soglia
della tomba. È seguita da una donna che rappresenta la Pietà con in mano l’urna delle ceneri della
defunta ed un’altra ragazzina la sta seguendo. Più indietro un’altra giovane donna avanza, aiutando
un vecchio uomo a salire le scale. Sono rappresentate tutte le tre età della vita, dalla gioventù alla
vecchiaia e simboleggiano che la Morte non risparmia nessuno. Le figure procedono con incedere
lento e mesto. Hanno tutti la testa chinata in avanti, a simboleggiare che nei confronti della Morte la
superbia umana non può nulla. Di fianco la porta della piramide, che quindi simboleggia la porta di
passaggio dal mondo terreno al mondo dei morti, c’è l’allegoria del Genio della Morte poggiato sul
Leone della Fortezza. In alto, il medaglione con il ritratto di Maria Cristina d’Austria è circondato da un
serpente che si morde la coda, simbolo quest’ultimo dell’Eterno Ritorno. Il medaglione è sostenuto
dalla allegoria della Felicità, mentre un’altra figura angelica porge alla defunta una palma, simbolo
della gloria. La piramide, come simbolo dell’Oltretomba, è decisamente una immagine neoclassica.
Contiene la reminescenza delle antiche piramidi egiziane, i più grandi monumenti funebri mai realizzati
dall’uomo, e si presenta con una forma geometrica semplice, il triangolo, ma carico di notevoli
significati allegorici. La porta che si apre nella piramide assomiglia invece, alle porte delle tombe
etrusche delle necropoli di Tarquinia o Cerveteri. Ed anche questo riferimento etrusco,
nell’immaginario collettivo, finisce per collegarsi al mondo dell’Oltretomba. Il senso della morte, qui
rappresentato, ha la dignità profonda e nobile della concezione neoclassica. Tuttavia, la commozione
che suscita il corteo funebre finisce per prendere un significato quasi tutto romantico. La scelta di
anticipare il momento pregnante, non a quello eterno della Morte oramai sopraggiunta, ma al
momento precedente in cui la Morte richiama a sé le persone che, a capo chino, non possono sottrarsi
al suo invito, carica di profondo dolore la percezione della morte come azione in divenire. In realtà
quindi, più che esaltare la defunta, Canova vuole sollecitare la riflessione, non soltanto sulla fatalità
della morte, ma anche sul rimpianto e sulla “corrispondenza d’amorosi sensi” che sola riesce a
mantenere in vita, con il ricordo.
Le tre grazie Le Tre Grazie è il nome assegnato a due sculture di Antonio Canova ritraenti le tre
famose dee della mitologia greca e realizzate tra il 1812 e il 1817. In quest'opera Canova riprende il
soggetto d'ispirazione mitologica delle Grazie figlie di Zeus, Aglaia, Eufrosine, e Talia, le tre divinità
benefiche che diffondevano splendore, gioia e prosperità nel mondo umano e naturale. Si trattava,
pertanto, di un soggetto che ben si adattava alla volontà di Canova di voler riprodurre in scultura
l'ideale di una bellezza serenatrice femminile riprendendo l'esempio della statuaria classica, in perfetta
linea con le teorie neoclassiche.
Le tre Grazie sono raffigurate nella loro posizione più canonica, si stanno abbracciando e nessuna
delle tre figure dà del tutto le spalle allo spettatore. I loro volti, infatti, sono tutti di profilo: nel punto
canonico di visione, la Grazia al centro è vista frontalmente, quella di destra è colta quasi di spalle e
quella di sinistra, infine, rivolge il fianco allo spettatore. Il senso di unione dettato dall'abbraccio della
figura centrale è rafforzato da un morbido velo che, ricalando dal braccio della Grazia di destra, cinge
le tre fanciulle celandone parzialmente le nudità. Oltre che nella consistenza quasi tattile del velo
marmoreo, il virtuosismo di Canova si manifesta anche nelle fluenti capigliature delle tre Grazie, che
presentano tutte un'elaborata acconciatura raccolta in nodi sulla nuca e in ciocche minutamente
arricciolate. L'unico ornamento ambientale presente nella scultura, infine, è una colonna dorica sulla
sinistra, utile base d'appoggio per le tre fanciulle

Francisco Goya
Francisco Goya nasce il 30 Marzo 1746 vicino a Saragozza e muore il 16 Aprile 1828 in Francia. É
stato un pittore e incisore spagnolo. Fu filgio di un artigiano doratore e di una piccola proprietaria
terriera di nobile famiglia; Goya frequenta la scuola dei Padri Scolopi di Saragozza e, a partire dal
1760, inizia a prendere lezioni private di arte. Affascinato dalla pittura di Tiepolo conosciuta in Spagna,
nel 1769 decide di partire per l'Italia. Torna successivamente in patria e si stabilisce a Saragozza,
dove ottiene l'importante commissione di alcuni affreschi per la basilica del Pilar. Grazie all'appoggio
dei cognati, i pittori Ramón e Francisco Bayeu, nel 1774 riceve l'incarico di eseguire i cartoni per
l'arazzeria reale di Santa Barbara e viene nominato vicedirettore di Pittura all´Academia di San
Fernando. Nel 1799, infine, diventa “primero pintor de camara del Rey”. Negli anni successivi realizza
un ciclo di dipinti a olio con giochi di bambini, comincia a dedicarsi ai ritratti e nel 1784, per il fratello
del re, uno dei suoi dipinti più importanti: "La famiglia dell'Infante don Luis". Nello stesso periodo
lavora anche per i duchi di Osuna eseguendo temi campestri per la loro residenza di campagna e
alcuni ritratti di famiglia. Goya viene colpito da una malattia molto grave che con il tempo lo porterà
alla sordità ma, continua tuttavia a dipingere ritratti.
Il disegno di Goya
Parallelamente alla produzione pittorica di Goya conduce anche un´intensa attivita grafica come
cartoni per arazzi, disegni ed incisioni, che per l´originalita dei temi e l´immediatezza del linguaggio
espressivo costituisce una vera e propria novita nel panorama artistico del tempo.
Le Pitture Nere
Le Pitture nere sono una serie di quattordici opere murali, dipinte con la tecnica dell'olio su muro su
pareti ricoperte di gesso. Sono state create come decorazione delle pareti della Quinta del Sordo, una
casa da lui acquistata a Madrid nel febbraio del 1819. Questi murali sono stati trasferiti su tela nel
1874, e attualmente sono conservati nel Museo del Prado di Madrid.
Goya non diede titolo all´insieme di dipinti, ma fu catalogato nel 1828 da Antonio de Brugada (amico di
Goya) che li denominò come: Atropo, Due uomini anziani, Due vecchi che mangiano, Duello
rusticano, Il sabba delle streghe, La lettura, Giuditta e Oloferne, Il pellegrinaggio a San Isidro, Due
donne e un uomo, Pellegrinaggio alla fontana di San Isidro, Cane interrato nella rena, Saturno che
divora i suoi figli, La Leocadia, Visione fantastica.
L´opera presenta scene allegoriche, soggetti inquietanti ed angoscianti resi con tinte fosche : bianchi
sporchi, neri spessi come catrame, ocre fangose, rossi e gialli. Presenta vicende di violenza, guerra,
follia, caos, presi a prestito dalle credenze popolari, dalle superstizioni e dai propri mostri interiori.
La più enigmatica delle Pitture Nere è il Cane interrato nella rena. Dalla superficie color ocra emerge
la testa di un cane. La povera bestia sta per essere sommersa dalla sabbia e lotta con tutte le sue
forze per non soccombere. Il significato potrebbe essere uno solo: la bestiola, definita da un antico
commentatore come un “cane che nuota controcorrente” è simbolo dell’uomo, travolto dall’ineluttabilità
del tempo.
Un´altra opera meno nota e dunque più misteriosa e quella dei due vecchi a tavola (interpretato
talvolta anche come due vecchie che ridono), due personaggi deformati dall’età e dalla malattia, esseri
inquietanti ridotti quasi a scheletri, ma che oltre la repellenza iniziale ci trasmettono altro, una
compassione forse, un sentimento forte di malinconia per quello che è stato e che non tornerà mai più,
la giovinezza, la vita stessa. Del resto Goya aveva ormai 74 anni, era malato da tempo, aveva
rischiato più volte di morire, era rimasto sordo e vedeva attorno a lui una Spagna sempre più in
difficoltà.
Saturno che divora un figlio raffigura il dio cannibale colto nell’atto di portare alla bocca il corpicino del
ragazzo. Gli occhi sgranati, folti capelli che ricadono sulle spalle, fauci spalancate, mani avide. Il
rosso, reso con pennellate corpose, denuncia la ferocia e l’efferatezza del gesto. Questo dipinto
potrebbe essere l’allegoria del Santo Uffizio o del potere assolutista di Ferdinando VII.
Pellegrinaggio a san Isidro raffigura un corteo formato da grotteschi personaggi dagli occhi stralunati e
dalle bocche spalancate.
Sei delle opere trattano invece il tema della stregoneria e del satanismo, un argomento molto amato
dai nobili dell’epoca, considerato come il frutto di superstizioni ma, al tempo stesso, capace di
spaventare. Lo stesso pinttore ne è attratto ed ecco dunque la genesi di dipinti come Il sabba o il gran
caprone, dove nella tonalità completamente nera si accendono i bianchi globi degli occhi di maghi e
streghe che offrono al diavolo dei bambini piccolissimi, mentre sulle loro teste volteggiano gufi e
pipistrelli, capelli coperti da veli, atteggiamenti febbrili, come in attesa che il caprone nero si pronunci.
Sull’estrema destra compare una figura femminile il cui volto è coperto da un velo nero. Si ipotizza che
Goya abbia voluto rappresentare Leocadia, una donna comunemente identificata come cameriera,
compagna e, molto probabilmente amante, di Goya, Leocadia Weiss che é vestita in un buio, quasi
funebre Maja vestito, e si appoggia contro ciò che è un caminetto o tumulo, mentre guarda verso
l'esterno lo spettatore con un'espressione dolorosa. Leocadia è uno della finale dellle Pitture nere, che
ha dipinto nei suoi anni settanta in un momento in cui è stato consumato da disordini politici, fisici e
psicologici. Nel 1823 la casa con i dipinti passò ad essere di proprietà di Mariano Goya, suo nipote,
che ebbe il compito di preservarla da possibili ritorsioni dopo il ripristino della monarchia assoluta e la
repressione dei liberali condotte da Ferdinando VII di Spagna. L'esistenza delle Pitture nere rimase
scarsamente conosciuta per circa 50 anni, fin quando, nel 1874, il banchiere franco-tedesco Émile
Baron d'Erlanger, ordinò il trasferimento su tela col fine di esporle all'Esposizione Universale di Parigi
del 1878. Nel 1881 fu lo stesso banchiere a donarle al Museo del Prado, dove si trovano attualmente.

3 Maggio
In questo dipinto storico Goya porta sulla tela il dramma della rivolta antinapoleonica , agli inizi di
maggio del 1808, assistette allá eroica resistenza del Popolo madrileño contro l´invasione delle truppe
francesi. La tela dipinta sei anni dopo quelle luttuose giornate, costituisce una novita nel panorama
artistici del tempo. Vengono per la prima volta riprodotti avvenimenti contemporanei colti nel vivo.
Il dipinto raffigura una delle tante esecuzioni effetuate dalle truppe napoleoniche. A destra, di
spalle, e schierato il drappelo del plotone di esecuzione A. Dei loro volti, non solo non e possibile
percepire l´éspressione, ma anche i lineamenti dalla notte. Goya caratterizza i Soldati come un grupo
compatto e minaccioso che, sembra composto da terribili automi programmati per uccidere. A sinistra
vi sono i patrioti B . Ammasati gli uni contro altri, come poveri animali impauriti, sono rappresentati con
un realismo carico di trágica pieta. L´uomo con la camicia bianca leva le braccia al cielo in un gesto di
disperazione e di rabia C. Nel suo volto dai tipici tratti spagnoli, si legge il tumultuare dei sentimenti.
Questo si vede anche nelle espressioni dei compagni che gli si stringono attorno, in tutti si vede la
disperata paura della morte. In basso, i cadaveri di coloro che sono gia stati fucilati. Il personaggio in
primo piano, ha il volto sfigurato e giace sul terreno intriso sulla sua stessa sangue. Dopo le macchie
di sangue sul pavimento, plasmati dalla luce della lanterna. E Sullo sfondo si vede il profilo de Madrid,
addormentata nela notte della vendetta.

Romanticismo
Romanticismo
Tra la fine del 700 e l´inizio dell 800, si diffonde in Germania e in altri paesi europei un movimiento
culturale che e il Romanticismo, cui contribuiscono filosofi, scrittori, musicisti, pittori e scultori. L´arte
romántica e tutto cio che ha un aria di inverosimile, irreale e fantástico, tutto quello che si contrapone
all arte accademica forzata, artificiale e priva di fantasía.
Secondo le idee romantiche, o, secondo la concezione generale del Romanticismo, la natura era il
motore principale della realtà, in grado di fornire immagini all’uomo, le quali che portano a due
importanti sentimenti: il pittoresco ed il sublime. Secondo Edmund Burke, si trattava di un sentimento
che nasceva dalla paura e dal terrore.
Per i romantici l’arte era l´espressione del sentimento. Per essi l´opera d´arte e il fruto dell intuito di
una persona. Il romanticismo e un sentimento che si definisce proprio confrondantolo il
neoclassicismo. In sostanza, mentre il neoclassicismo da importanza allá razionalita umana, il
romanticismo rivaluta la Sfera del sentimento, della passione ed anche della irrazionalita.
L´artista romántico e attratto dalla natura, dalle tradizioni popolari, dai grandi gesti eroici, dai
sentimenti impetuosi e sinceri, come l´amore e la nobilta. Guarda molto in se stesso cercando di
capire cosa dice il suo cuore, privilegia un arte piu vicina al cuore che allá ragione. L´arte romántica
investe principalmente la pittura, per quanto abbia dato impulso ad un nuovo modo di concepire l
´architettura e il restauro. I tratti essenziali del romanticismo sono:
-Innazitutto il rapporto speciale tra l´uomo e la natura: la natura diventa l´espressione del divino in
terra, di cui l´uomo non e che una passeggera manifestazione. Stimola nell´uomo sentimenti intensi , a
volte spavendantolo.
-Opere che esprimono l´esigenza di riconciliare l´uomo con Dio. In pittura si e fatto largo uso di
ruderismo per esprimere meglio l´impossibilita dell uomo. Della pittura che ricorda il medioevo, spesso
rimane solo il colore, le tinte fosche, le ambientazioni suggestive, la leggera inquietudine dei quei
secoli lontani.
-Inoltre l´uomo prova un forte amore per la patria. La pittura romántica, fu in alcuni casi legata a fatti
di cronaca recente in cui erano riportati questo tipo episodi, di morte, di sacrificio per la patria.
Il romanticismo si presenta con caratteristiche differenziate da nazione a nazione. Cosi risultano
differenti il romanticismo inglese da quello francese o il romanticismo italiano da quello tedesco. In
Inghilterra, uno dei più famosi pittori romantici fu William Turner, il quale, nella sua carriera, realizzò
innumerevoli dipinti, dove la forza della natura e la sua potenza distruttiva, come incendi.
In inghilterra il tema del paessaggio costitui il prncipale oggetto d´interesse di Turner che interpreta in
modo molto personale e diverso la natura e il paessaggio con una visione dramattica.
Nella prima meta del Ottocento a Parigi presero forma una serie di tendenze artistiche che ebbero
grande influenza sui sviluppi della storia del arte francese. Nasce un nuovo modo di dipingere
chiamati EN PLEIN AIR OVVERO - PITTURA ALL´ARIA APERTA. Con questa técnica si dipingevano
i colori della natura, rinnovando cosi la pittura di paessaggio.
Nel mondo del romanticismo francese, Eugène Delacroix diede un contributo, ponendo ’importanza
sul concetto della nazionalità francese, dipingendo delle opere inerenti a fatti della sua realtà.
Delacroix esaltaa gli ideali di liberta espresi nei moti rivoluzionari che avvenero in Europa in quegli
anni.
Dopo la meta del ottocento, in Francia prende forma il realismo. In linguaggio artístico che
rappresentaba la ralta cosi come essa appare.
Due furono i principali temi in cui si esprime la pittura romántica italiana. Essi sono la pittura di storia
e la pittura di paessagio. La pittura di storia, rappresenta sempre episodi tratti dalla storia del
medioevo. La pittura di paesaggio describe il paesaggio italiano che si presenta spesso luminosos.
Sempre nell´ottocento in Italia, attorno al pittore Giovanni Fattori, nacque il movimento dei macchiaioli,
cosi chiamati perche usavano accostore i colori a macchie. Uno dei rappresentati del romanticismo e
Francisco Goya . Egli coglie le caratterisctiche psicologiche dei personaggi che ritraeva, nella sua
passione política e civile en ella forte protesta contro le conseguenze della guerra. A cio si
aggiuengeva il suo interesse per le sperimentazioni di nuove tecniche come l´acquatinte.

Romanticcismo Tedesco
David Friedrich
Caspar David Friedrich (Greifswald, 5 settembre 1774-Dresda, 7 maggio 1840) è stato un paesaggista
romantico tedesco del XIX secolo, generalmente considerato il più importante artista tedesco della sua
generazione. È noto per i suoi paesaggi allegorici dal suo periodo medio che mostra figure
contemplative opposte ai cieli notturni, alle nebbie mattutine, agli alberi spogli o alle rovine gotiche . Il
suo interesse principale come artista era il riflesso della natura, il suo lavoro spesso simbolico e
anticlassico cerca di dare una risposta soggettiva ed emotiva al mondo naturale. I dipinti di Friedrich
stabiliscono la presenza umana in una prospettiva ridotta in contrasto con i paesaggi estesi. Il lavoro
di Friedrich lo rese famoso all'inizio della sua carriera e i suoi contemporanei come lo scultore
francese David d'Angers lo descrissero come l'uomo che aveva scoperto "la tragedia del paesaggio".
Tuttavia, il suo lavoro cadde in disgrazia durante i suoi ultimi anni e morì nell'oscurità.
Opere
Fu il più importante pittore del romanticismo tedesco con Philipp Otto Runge. Come è caratteristico
della pittura romantica, Friedrich dipingeva principalmente olio su tela. In alcune occasioni, ha usato il
formato della pala d'altare e l'oro, alla maniera degli artisti medievali.Tuttavia , inizialmente si dedicò al
disegno di disegni a penna, con inchiostro cinese e acquerello, ma iniziò ad utilizzare l'inchiostro
seppia.
Il suo genere preferito era il paesaggio e, al suo interno, i temi montuosi e marini.
A differenza dei precedenti paesaggisti, è stato ispirato dai paesaggi reali che ha conosciuto..Non ha
seguito la tendenza artistica italiana né i vecchi maestri. Secondo lui, l'arte dovrebbe mediare tra le
due opere di Dio, l'uomo e la Natura. Con questo punto di vista si avvicina alle bellezze naturali, nella
cui rappresentazione elabora tendenze e sentimenti. Le sue opere non sono, quindi, immagini della
Natura, ma di un sentimento metafisico. Lo spirito che domina il lavoro di Friedrich è radicalmente
romantico: scene al chiaro di luna, spazi ghiacciati ,notti, paesaggi montuosi e selvaggi abbondano .
Quando include elementi umani, di solito hanno un carattere cupo, come cimiteri o rovine gotiche. Gli
elementi religiosi appaiono ,come i crocifissi o le chiese.Il rinnovamento che Friedrich ha portato al
genere paesaggistico non è stato solo il suo realismo, ma anche il suo simbolismo. Ha lo scopo di
riflettere l'anima delle figure umane che di solito appaiono in primo piano. In questo modo crea quelli
che nell'Ottocento venivano chiamati "paesaggi intimi". Il suo simbolismo sembra essere direttamente
ereditato da Arnold Böcklin.
Viante sul mare di nebbia
Il viante sul mare di nebbia è un dipinto a olio su tela del pittore romantico tedesco Caspar David
Friedrich, realizzato nel 1818 e conservato alla Hamburger Kunsthalle di Amburgo. Costituisce una
delle opere più iconiche della pittura romantica ottocentesca.
Al centro della composizione, in primo piano, un viandante solitario si staglia in controluce su un
precipizio roccioso, dando la schiena all'osservatore: ha i capelli rossi e scompigliati al vento, è
avvolto in un soprabito verde scuro e nella mano destra, appoggiata al fianco, impugna un bastone da
passeggio.Il viandante è proteso sull'orlo di uno sperone roccioso freddo e inospitale, lontano da ogni
vegetazione, ma collocato in una posizione rialzata che gli consente di contemplare il panorama che
gli si apre davanti. Si tratta di una valle arcaica dal fascino primordiale, avvolta dalla foschia come se
fosse mare (da cui il titolo dell'opera): dal «mare di nebbia» sporgono audaci diverse cime, sulle quali
si può notare la presenza di alberi e vegetazione. In lontananza, a sinistra si ergono sbiadite
montagne che digradano verso destra. Oltre, la nebbia si espande in modo indefinito arrivando a
mescolarsi con l'orizzonte e a diventare indistinguibile dal cielo nuvoloso.l Viandante sul mare di
nebbia, sebbene dipinto in studio, riproduce il paesaggio montano realmente esistente delle
Elbsandsteingebirge, in Boemia.
il Viandante sul mare di nebbia è considerato un'icona del Romanticismo tedesco.L'opera, infatti,
irradia messaggi multiformi, glorificando i temi dell'infinito, del sublime del divino e dell'errabondo.
Attesta infatti il senso di imperfezione, di humilitas (umiltà), sperimentato dall'uomo durante la
contemplazione dell'Infinito, ovvero di Dio, qui rappresentato dall'immenso mare di nebbia che fa
emergere la vista del paesaggio sottostante che è la vita. Il viaggiatore romantico si perde di fronte al
baratro nebbioso in un atteggiamento contemplativo visto come estrema esperienza interiore e
certezze.
È proprio l'eroico isolamento del viandante che diventa viaggio della vita e che celebra una presenza
onnipervasiva di Dio, ovvero lo stato d'animo misto di sgomento e piacere percepito dall'uomo quando
diviene consapevole della stupefacente grandiosità della natura.[7] I paesaggi di Friedrich sono infatti
carichi di simbolismi religiosi, ma prigionieri di una struggente malinconia; come di una domanda su
chi è l'uomo; in questo modo, il sublime nel Viandante sul mare di nebbia si manifesta nel contesto
naturale, che è creazione, che accende l'animo del viandante e gli permette di arrivare fino a Dio.
Le falesie di gesso di Rugen
Anche chiamato le bianche scogliere di Rugen. E un quadro fatto in olio su tela, e venne dipinto da
Caspar David Friedrich fra il 1818 e il 1819.
Il dipinto rappresenta un momento vissuto durante la sua luna di miele in Germania con Caroline
Bommer. E’ ormai accertato che le persone ritratte nel dipinto siano la moglie Caroline (seduta a
sinistra), il fratello di lei (in piedi a destra) e Friedrich stesso (inginocchiato al centro).
Soggetto del quadro sono le scogliere di Rugen, che si trovano su un’isola tedesca nel Mar Baltico, e
che qui sembrano aprirsi per offrire allo sguardo una "fuga" verso l'infinito.
Caroline, seduta a terra con un abito rosso, sembra trovarsi pericolosamente in bilico sul precipizio
che si stende sotto di lei e ha il braccio teso, come ad indicare qualcosa che si trova più in basso.
Suo fratello Christian è invece ritratto alla destra del quadro, anch’egli si trova sull’orlo del crepaccio e
ha i piedi appoggiati su un piccolo arbusto come se volesse proteggersi da un’eventuale scivolone. La
figura di Friedrich è disposta centralmente nel dipinto. L’uomo è ritratto in ginocchio sul terreno, sporto
in avanti nell’atto di guardare ciò che ha catturato l’attenzione della moglie. La sua posizione è la più
pericolosa di tutte e l’uomo, probabilmente conscio del rischio che stava correndo, prima di sporgersi
si è tolto il cappello e ha appoggiato il bastone sul terreno al suo fianco.

John Constable
Jhon Constable è nato a East Bergholt, in Gran Bretagna nel 1776 ed è stato un pittore britannico e
del romanticismo. Senza dubbio uno dei più grandi pittori paesaggisti britannici della storia, esibì
precoci talenti artistici, ma iniziò la sua formazione solo nel 1799, quando entrò nelle scuole della
Royal Academy. Si sposò nel 1816, anno in cui la morte del padre, proprietario di un mulino, gli
procurò il sostegno finanziario necessario per mettere su famiglia. Gli anni Venti dell'Ottocento furono i
più brillanti della sua carriera. Nel 1821 vinse una medaglia d'oro al Salon di Parigi con The Hay
Wagon, e da allora i suoi dipinti iniziarono a vendere bene, anche se non fu mai molto ammirato dai
suoi contemporanei. Le sue opere trovarono una migliore accettazione in Francia, dove influenzarono
notevolmente i pittori della scuola di Barbizon e in seguito gli impressionisti. La morte di sua moglie fu
un duro colpo per l'artista e provocò un notevole oscuramento della tavolozza nelle opere dei suoi
ultimi anni. Il merito di Constable sta nell'aver rifiutato i paesaggi idealizzati tipici dell'epoca per
copiare dal naturale, cosa per niente comune all'epoca. Realizzava, all'aperto, schizzi ad olio dei suoi
paesaggi preferiti, che poi terminava con un attento lavoro di laboratorio. Copiare dalla natura gli ha
permesso di catturare i mutevoli effetti di luce e atmosfera in modo totalmente innovativo. Le sue
opere sono, in un certo senso, un riflesso del profondo amore che provava per la natura, acquisito
nella sua terra natale, protagonista principale delle sue creazioni. I suoi schizzi a grandezza naturale,
realizzati con pennellate di grande libertà e freschezza, sono in alcuni casi più apprezzati dei suoi
lavori finiti. Nel 1829 fu ammesso, a maggioranza di un solo voto, come membro della Royal
Academy. E nel 1837 morí a Londra.

Il Mulino de Dedham
È un'opera pittorica realizzata nel 1821 e che riunisce diversi elementi, che le conferiscono una
visione pittoresca. Possiamo vedere come il fiume appare a destra del dipinto con una grande luce. Il
pittore inglese, ritrae i riflessi del fiume in modo così realistico, che sembra che siamo spettatori faccia
a faccia.
Vediamo elementi come il mulino, la casa adiacente o la vela della nave che si possono vedere in
fondo al dipinto riflessi nel fiume. È un riflesso e un ritratto del fiume, di una sensibilità sublime. È in
grado di catturare il colore dell'acqua nei suoi riflessi di più luce e nei luoghi più bui, senza perdere il
realismo nella tonalità del colore. È una visione cristallina, è come se la riva del fiume si confondesse
con il fiume stesso. Possiamo vedere come anche il verde del paesaggio stesso della riva del fiume
appare riflesso, unendo e collegando le due visioni, quella reale e quella riflessa. Oltre al colore e alla
luce, il fiume mostra anche dettagli che forniscono una visione quasi nella natura di un'istantanea
fotografica. Constable ha catturato con il suo pennello alcuni uccelli, che sorvolano il fiume e
addirittura toccano l'acqua. Ci sono anche altri elementi notevoli nel lavoro. La visione di tanta qualità
del fiume è paragonabile alla visione riflessa nel cielo. Constable fornisce una rappresentazione nel
cielo che evidenzia il modo in cui ritrae la nuvolosità, poiché riflette perfettamente la visione di un cielo
britannico. Questa porta una nuvolosità con alcuni colori e una trama pittorica, tipica del momento in
cui ha smesso di piovere e il cielo azzurro vuole apparire. Questo ci dice che Constable ha avuto la
sensibilità di scegliere quel momento, che è misto tra bellezza, orgoglio e malinconia che una simile
visione provoca. Una visione così britannica che chi l'ha vissuta sente che il pittore ha centrato in
pieno la natura della visione che riflette. Possiamo vedere come viene ritratto un paesaggio tipico
dell'Inghilterra, un paesaggio così verde, con una natura di grande bellezza. Chiaramente può
trasportarti in qualsiasi valle britannica, in cui gli uccelli cantano e scoiattoli e conigli scorrazzano.
Oltre alla sua meteorologia, è rappresentata una vista in cui possiamo riconoscere un'architettura
storica e tipica di Dedham.
In particolare la Cattedrale di Dedham, che irrompe nel paesaggio con una delle sue torri. Con questa
inclusione dell'architettura storica, oltre a fornire bellezza, è un elemento che esalta e rende chiaro
che si tratta di una visione romantica. Possiamo osservare in questo lavoro pittorico, altri dettagli
notevoli. Nello specifico, ci sono diverse barche, una delle quali in primo piano. Un altro caso è
l'inclusione di una diga, che era incaricata di distribuire l'acqua. Allo stesso modo, possiamo vedere un
percorso lungo la riva del fiume. Allo stesso modo, puoi vedere rappresentati, sia le persone, che
sembrano lavorare alla diga o vicino al mulino, sia gli animali che sembrano pascolare sull'erba verde.
Il Carro di Fieno
È un olio su tela che misura 130,5 centimetri di altezza per 185,5 centimetri di larghezza. Attualmente
è conservato alla National Gallery di Londra, Regno Unito. Mostra un carro o un carro da fieno vicino a
Flatford Mill sul fiume Stour a Flatford, Suffolk, dove Constable trascorse la sua infanzia. Il Mulino di
Flatford apparteneva al padre di Constable e la casa sul lato sinistro apparteneva all'entità inalterata,
ma non rimane nessuno degli alberi che si possono vedere nel dipinto. Il livello dell'acqua è anche più
alto poiché quella zona dell'East Anglia è sprofondata nel mare di 30 cm dai tempi di Constable. In
primo piano, due figure attraversano il fiume, guidando un vecchio carro da fieno sgangherato .
Sembra essere bloccato in una zona di acqua stagnante. Due cavalli tirano il carro. Appare un cane,
sottolineando l'interesse di Constable per i dettagli. Sullo sfondo si possono vedere ampi campi di
fieno. Una luce calda inonda l'intera composizione. Constable presenta la vita contadina nei suoi
paesaggi così come la vedeva, con semplicità, senza idealizzazioni. Trasmette l'immagine di un
universo naturale, in cui gli esseri umani, gli animali e il paesaggio convivono in armonia. Come in
tutte le opere di Constable, evidenzia lo studio del cielo e della luce. Le condizioni atmosferiche
mostrano un cielo tipicamente inglese, coperto di nuvole, che passa immediatamente dalla pioggia al
sole. Per facilitare la realizzazione della sua pittura, Constable dipinse all'aria aperta diversi studi ad
olio di ciascuno degli elementi che compongono la sua pittura, percependo la luce nel suo stato
naturale e senza l'artificialità che si ottiene quando la pittura viene eseguita in officina . Molti di questi
schizzi rivelano una pennellata spontanea, che potrebbe essere classificata all'interno
dell'impressionismo. Tuttavia, la versione finale del dipinto di Constable ha perso la pennellata sciolta
degli schizzi, poiché doveva conformarsi alle basi promulgate dall'Accademia di Belle Arti.

Romanticismo Francese
Théodore Géricault

Théodore Géricault è stato un pittore francese esponente dell'arte romantica. Dopo un periodo di
soggiorno a Roma, dove ebbe modo di studiare le opere di Leonardo, Michelangelo, Raffaello e
Caravaggio, fece ritorno a Parigi, nel 1817, dove conobbe Eugène Delacroix. In quegli anni realizzò il
suo quadro più famoso: La zattera della Medusa, che fu esposto nel Salone d’Autunno del 1819
ricevendo aspre critiche.
Negli anni successivi, il suo interesse per un naturalismo nudo e crudo lo portò a prediligere temi dal
gusto macabro, come le teste dei decapitati o i ritratti di pazzi e alienati mentali rinchiusi nei manicomi .
Di carattere molto introverso, Gericault rappresenta già il prototipo del successivo artista romantico:
amorale e asociale, disperato e maledetto, che alimenta il proprio genio di eccessi e trasgressioni. Il
gusto per l’orrido e il rifiuto della bellezza dà immediatamente il senso della sua poetica: un’arte che
non vuole essere facile e consolatoria ma che deve scuotere i sentimenti più profondi dell’animo
umano, proponendogli immagini orribili.
La sua vita si finisce nel 1824, a soli 33 anni. La sua eredità, in campo figurativo, fu presa soprattutto
dal suo amico Delacroix.

La Zattera della Medusa


La zattera della Medusa è un dipinto a olio su tela. Le sue dimensioni sono di (491x717 cm).
Fu realizzato nel 1818-19 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.
Ne La zattera della Medusa Géricault racconta il drammatico naufragio della fregata Medusa nel quale
alcuni naufraghi furono costretti ad azioni terribili per sopravvivere. Géricault raffigurò il momento in
cui i naufraghi avvistano una nave che si sta avvicinando all’orizzonte, gli uomini sono stremati, alcuni
sono morti, alcuni senza speranza. I naufraghi, avendo terminato cibo e acqua, furono costretti a
cibarsi dei cadaveri dei loro compagni. Sulla sinistra possiamo vedere due figure isolate. Un padre
anziano difende il corpo del figlio, ormai cadavere dagli altri naufraghi. Accanto a loro, sulla sinistra si
vede il cadavere di un naufrago, del quale rimane il torace.
La zattera della Medusa, è considerata il punto di rottura con la pittura neoclassic a che si rivolgeva
alla ragione dello spettatore. I dipinti neoclassici infatti presentavano composizioni equilibrate,
atmosfere cromatiche serene e soggetti elevati. Il dipinto di Géricault invece suscita una intensa
reazione emotiva. La scena mostra un grande senso di realtà e i corpi sono concepiti con una solida
conoscenza dell’anatomia umana.
I toni sono scuri e drammatici. I colori tendono al grigio, i corpi sono lividi, per la morte e per il freddo.
Solo all’orizzonte brilla il colore di un tramonto. Il rosso è l’unico colore vivace riservato al mantello che
copre il padre. Il panno usato come bandiera è di un arancione vivo. Nel dipinto si notano toni cupi e
forti contrasti perché siamo nel mezzo di una tempesta marina.
Le imponenti dimensioni permettono inoltre una visione dal vero di grande effetto scenico. Infatti la
fruizione del dipinto a dimensione reale, proietta lo spettatore all’interno dell’evento. Le figure
sovradimensionate e la luce teatrale riescono a catturare l’osservatore contemporaneo. L’effetto sarà
stato, probabilmente, enfatizzato ulteriormente per lo spettatore ottocentesco.
Il forte chiaroscuro e la prospettiva aerea rendono lo spazio tridimensionale. Contribuisce a questa
resa anche la posizione della zattera, raffigurata in obliquo.
La struttura compositiva de La zattera della Medusa è articolata. La struttura piramidale culmina
sull’uomo che sventola il panno. Il triangolo che fa capo al naufrago sale lungo il corpo del ragazzo
morto a sinistra. Discende poi per creare la base di questo triangolo compositivo. Questa direttrice
ascensionale può essere letta come un espediente visivo e narrativo di Théodore Géricault. Lo
sguardo sale verso il panno che sventola. Si tratta di una aspirazione alla salvezza, un crescendo
emotivo verso il cielo. Altri due triangoli compositivi si possono individuare verso sinistra, con il vertice
alla sommità dell’albero della vela. Il secondo, di orientamento inverso, con il vertice sul cadavere
abbandonato in acqua sulla destra.
I Ritratti degli Alienati
Gericault eseguì alcuni ritratti di pazienti psichiatrici affetti da monomanie, termine in disuso che indica
manifestazioni di delirio dovute all’attaccamento ossessivo ad un pensiero o comportamento. Di questi
ritratti di alienati se ne conoscono cinque su dieci. Poco si sa sulla loro origine: la datazione è incerta
(probabilmente furono eseguiti tra il 1822 e 1823) e non è chiaro se siano stati eseguiti su
commissione oppure come “auto-terapia”. Secondo il critico Louis Viardot, l’artista li avrebbe dipinti
per Etienne-Jean Georget, medico del manicomio parigino Salpêtrière.
Géricault ritrae gli internati a mezzobusto, focalizzandosi sulle espressioni del volto con un intento, si
potrebbe dire, fisiognomico. L’artista immortala la monomania senza intento metaforico, con acutezza
e sensibilità. È una rappresentazione “clinica” che scava nella persona, tra le pieghe del volto e nelle
pupille, che non mortifica la trasandatezza e lo sguardo allucinato. Questi cinque soggetti con la
monomania dell’invidia, del furto, del comando militare, del gioco e del rapimento dei bambini sono
ritratti con colori cupi e acidi, immersi in uno sfondo che ne sottolinea il colorito grigio, lo sguardo fisso,
la solitudine e l’aria inquieta.
Si credeva che Gericault sofrisse di depressione già con La zattera della Medusa aveva dimostrato un
vivo interesse per l’orrido, per le teste mozzate, i corpi mutilati e i cadaveri in putrefazione che studiò
dal vero. La pittura romantica si insinuò con una nuova sensibilità nei bassifondi e nella precarietà
della vita, nelle passioni estreme, in ogni manifestazione psichica: incubi, terrore, deliri. La pittura di
Géricault oscilla tra il valore di testimonianza e l’esagerazione. I cinque ritratti di alienati rappresentano
una condizione, una patologia, e non hanno niente di idealistico: documentano l’esistenza di una
realtà di esclusione e di miseria, in cui il tormento divora l’individuo tanto da fissarsi nei lineamenti del
volto e nelle pose.
I monomani di Géricault sono bloccati in un pensiero fisso che li distanzia dalla realtà, il loro sguardo
si perde lontano. Le espressioni stupite e quasi maliziose, la trasandatezza del vestiario e della
pulizia, sono sintomi di una scarsa reazione agli stimoli esterni. Gli occhi sono incavati, arrossati,
acquosi, le rughe profonde, la fronte corrugata coperta dai capelli spettinati. Lo sguardo imbambolato
o cupo, colmo di una strana tristezza, si perde in chissà quali pensieri segreti. L’ossessione deforma i
pensieri e rende drammatica l’esistenza.

Eugene Delacroix
Eugene Delacroix nacque a Charenton-Saint-Maurice nel 1798, figlio di  Charles-François Delacroix,
un uomo appartenente alla alta borghesia, e figlio di Victoire Oeben. Si pensa che il padre in realtà era
sterile e che il padre biologico sia stato Charles Maurice de Talleyrand, futuro ministro degli esteri ed
amico molto intimo della famiglia. Delacroix studiò al Lyceé Impérial di Parigi ed a partire del 1815 fu
allievo del pittore Pierre-Narcisse Guérin, grazie al quale anche conosce a Théodore Géricault.
Si staccò molto presto della poetica neoclassica e arrivò a essere il maggiore dei pittori francesi. Il suo
stile si caratterizza precisamente di rappresentare la malinconia, il desidero di cambiamento,
l’avversione per l’accademismo, l’impetuosità creativa, l’esotismo (piacere per lo straniero), il
riferimento ai fatti della storia medievale più che della storia antica (questo si opponeva precisamente
al neoclassicismo completamente.
Si inspirò soprattutto a Michelangelo, Tiziano e Rubens; ma il suo modo di dipingere fece un salto
qualitativo solo dopo che ebbe visto le opere di Constable. Secondo me si c’è una inspirazione ai modi
di dipingere i paesaggi di John Constable ma con un tono più non so se scuro e il termine adeguato,
ma più inquietante. Utilizzava colori terrosi e di pigmenti scuri per modellare le figure, lentamente, con
pazienza e con l’osservazione personale dei fenomeni della luce e del colore. Delacroix anche
introduce un po´ di novità impressionistiche, un esempio sarebbe il dipinto su olio a tela “Il rapimento
di Rebecca”. L’artista muore il 13 agosto 1863 a Parigi.

La libertà che guida il popolo


La libertà che guida il popolo è un dipinto fatto con la tecnica di olio su tela, si trova nel Musée de
Louvre, quest’opera rappresenta la rivolta occorsa nella Francia nel 1830, conosciuta piuttosto come
“Tre Gloriose Giornate”, fu causata perché il re di Francia Carlo X di Borbone insedio un governo
clerical-reazionario guidato da Jules de Polignac nel 1829. Il problema succede quando dopo le
elezioni parlamentarie, c’era una vittoria della opposizione, per tal ragione il re decise di sciogliere il
parlamento, per questo motivo il popolo parigino si ribellò contro il regime assolutista e lo rovescio e
nominarono a Luigi Filippo di Orleans come il nuovo re.
Nel dipinto distacca Marianne, cioè quella donna che porta in alto la bandiera della repubblica
francese a mano destra che si trova in mezzo e nella mano destra porta un moschetto con una
baionetta inchiostrata. Marianne è la rappresentazione allegorica della Francia e porta quella bandiera
richiamando i valori della Rivoluzione francese di 1789. Si crede che fosse stata ispirata da la Venere
di Milo.
Delacroix ha unito tutto il popolo francese in questo dipinto, ci sono presente le varie classi sociali e
tutte sono alla lotta in comune, c´è: il popolano del calzino sfilato in basso sinistra morto, il militare in
basso destra morto anche, il monello (i più giovani) a destra di Marianne, ed il borghese che è a
sinistra di Marianne (si pensa che Delacroix ritratto al suo amico dell´infanzia, Félix Guillemardet.
Dietro questi personaggi che il fumo degli incendi e degli spari e la coltre di polvere, si intravedono le
torri gemelle della cattedrale di Notre-Dame, queste ci suggeriscono che lo scenario è Parigi.
Il pittore si ispirò alla Zattera della Medusa di Théodore Géricault, della quale riprese la struttura
piramidale, ma a differenza di questa che rappresentava di maniera negativa e pessimista lo sconforto
e disperazione del popolo francese che aveva lasciato l’epopea napoleonica. La libertà che guida il
popolo ha un contenuto ottimistico. I colori scuri dell’opera sono stemperati grazie ai tre colori
repubblicani (blu, bianco, rosso) che provengono dalla bandiera sventolata.
Come dato curioso ed extra, alcune persone credono che questo dipinto rappresenti la Rivoluzione
Francese del 1789.

La barca di Dante
La barca di Dante è un dipinto ad olio su tela databile al 1822 ed è conservato al Musée du Louvre di
Parigi. Il soggetto di questa opera è tratto dall’ottavo canto dell’Inferno dantesco, dove si narra del
passaggio del fiume Stige, nel cui fango sono immersi gli iracondi che si percuotono e si mordono a
vicenda. Al lontano si vede l’infuocata città di Dite.
La barca è pilotata da Flegiás, il demone nocchiero e custode del quinto cerchio dell’Inferno, da cui il
torso è sottolineato da un gonfio drappo azzurro. Durante la traversata di Dante e Virgilio verso la città
di Dite, il poeta incontro l’anima di Filippo Argenti, un iroso e arrogante fiorentino che intende di
rovesciare la barca. Dante guarda con sgomento le anime e cerca di allontanarsi, mentre Virgilio,
avvolto in un mantellone marrone e con la cinta in testa da una corona d’alloro, prende per mano
Dante.
I nudi vigorosi sono volumetricamente trattati con un forte chiaroscuro e si nota l’influenza
michelangiolesca. I piedi dei personaggi disegna un solido piramidale, le braccia di Dante definiscono
la diagonale principale della tela. L’insieme delle attitudini dei dannati che assediano la barca dà luogo
a forme concave che suggeriscono l’instabilità dell’imbarcazione.
I colori ci danno l’impressione d´un ambiente tenebroso e scuro, si vedono i germi della sua ricerca
coloristica, ha posto i colori l’uno di fianco all’altro il rosso (l’ombra portata), il giallo, il verde e i tocchi
di bianco. Delacroix non aveva ricorso alla fusione di più colori, né colori riflessivi di luce, lui soltanto
uso un colore che era diviso nei suoi componimenti, veniva posati direttamente sulla tela. Questa
caratteristica di Delacroix sarà molto importante per l’Impressionismo e Postimpressionismo.

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