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7 I descrittori linguistici
del Profilo della lingua italiana
per la programmazione didattica nell’ottica
della politica linguistica europea

di Barbara Spinelli

7.1 INTRODUZIONE
Il Quadro, proposto all’interno dell’insieme di strategie e scelte operative promos-
se dalla politica linguistica europea, identifica sin da subito l’approccio che adotta
nel contesto di apprendimento e insegnamento linguistico, come un approccio
“orientato all’azione” che considera l’apprendente come un “attore sociale”, ovvero
colui che utilizza la lingua per soddisfare alcuni bisogni e per portare a termine dei
compiti in un dato contesto sociale (2002, p. 11). Più esplicitamente, l’individuo
con le proprie caratteristiche (quali la conoscenza e l’affettività, i processi cognitivi
e le strategie) si trova a interagire in un mondo esterno in cui deve adempiere ad
alcuni compiti facendo leva sulle sue risorse (di cui sopra) e, nel caso in cui questi
includano anche attività linguistiche (ricezione, produzione, interazione, media-
zione), dovrà riferirsi al proprio bagaglio linguistico.
La realizzazione dei compiti induce, quindi, il singolo ad attivare tutte le sue
competenze (Quadro, 2002, pp. 14-16 e p. 193) sia generali (sapere, saper essere,
saper fare, saper imparare) sia linguistico-comunicative (lessico, strutture grammati-
cali, funzioni linguistiche, pronuncia, ortografia, conoscenze sociopragmatiche).
Si pensi, per esempio, ai molteplici aspetti che un individuo deve considerare
eseguendo il compito: “Comprare un biglietto del treno alla biglietteria di una sta-
zione”.
Egli si troverà a operare in uno specifico contesto situazionale, vale a dire inte-
ragirà con un dipendente statale in un determinato luogo pubblico per raggiun-
gere il suo scopo: ottenere il biglietto del treno. In questo contesto egli dovrà con-
frontarsi con diversi generi testuali sia scritti (per esempio orari) sia orali (parte-
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cipare a una transazione in un incontro di servizio) e realizzare una serie di atti-


vità linguistiche (interazione orale e ricezione scritta). Per realizzare queste atti-
vità, l’individuo farà ricorso alle sue risorse linguistico-comunicative come, per
esempio:
• strutture grammaticali (pronomi e aggettivi interrogativi, uso dei modali ecc.);
• lessico relativo al dominio pubblico e, nello specifico, al tema del viaggio che fa
particolare riferimento all’area lessicale attinente ai luoghi e ai mezzi di traspor-
to (come: binario, orario, coincidenza, ritardo ecc.);
• funzioni linguistiche (“Salutare”, “Informarsi”, “Rispondere a una domanda vol-
ta a ottenere un’informazione”, “Confermare”, “Prendere congedo” ecc.);
• conoscenze sociopragmatiche (scelta di un registro formale, rispetto dei turni di pa-
rola in base alle regole di quella comunità linguistica ecc.).

Per svolgere questo compito con successo l’individuo dovrà inoltre coinvolgere
il suo:
• sapere (vale a dire conoscere: le modalità e i luoghi per ottenere il biglietto in
quella data comunità, gli orari di chiusura e apertura della biglietteria, come
relazionarsi con un funzionario pubblico, le differenze che intercorrono tra
questi aspetti e quelli relativi alla propria comunità di appartenenza, se diver-
sa ecc.);
• sapere essere (per esempio, dimostrare apertura e disponibilità verso l’interlocutore
se non comprende ciò che questo dice ecc.);
• saper fare (comportarsi rispettando le convenzioni della comunità e seguirne le
pratiche comportamentali: per esempio, fare la fila e aspettare il proprio turno
ecc.);
• saper imparare (prestare attenzione alla sequenzialità delle domande dello scam-
bio che appartengono al copione di routine – per esempio: Cosa desidera? Bi-
glietto solo andata o andata e ritorno? ecc. – per svolgere con più efficacia lo stes-
so compito in situazioni future e gestire le difficoltà se l’apprendente ha mezzi
linguistici limitati sviluppando strategie di compensazione a cui potrà ricorrere
anche in altri contesti ecc.).

I compiti, come si vedrà in seguito, possono avere un diverso grado di com-


plessità ma, come sottolinea il Quadro, “sono presenti nella vita di tutti i giorni e
riguardano tutti i domini: personale, pubblico, educativo e professionale” (2002, p.
191). L’individuo, dunque, viene chiamato a svolgerli costantemente utilizzando in
maniera olistica tutte le proprie competenze.
In questo capitolo si prenderanno in esame le implicazioni didattiche che un
simile approccio comporta nella programmazione di curricoli e sillabi per
l’apprendimento di una L2 e si descriverà il contributo che il Profilo può offrire in
tale prospettiva.

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7.2 APPRENDIMENTO LINGUISTICO E APPROCCIO OLISTICO


Il concetto di “olismo” è in realtà semplice e tende a sottolineare come il “tutto”
rappresenti più che la somma delle singole parti. Ciò assume un suo significato se
consideriamo quello che facciamo quando mettiamo insieme tutte le componenti
linguistiche per usare la lingua in contesti significativi.
Negli ultimi trent’anni gli approcci metodologici hanno maggiormente posto
l’accento e interpretato la lingua in maniera integrata e olistica. Parole chiave sem-
pre più frequenti quali “uso integrato delle abilità linguistiche”, “interazione”,
“focus sul mondo reale”, “continuità del compito” (Nunan, 1989; 2004) hanno
segnato questa evoluzione.
Modelli di “competenze” interdipendenti sono stati proposti sia in ambito di
apprendimento linguistico sia di verifica (Canale e Swain, 1980; Canale, 1983;
Bachman, 1990). Questa visione di competenza integrata viene, di fatto, definita
olistica (Nunn, 2006) in quanto combina varie componenti collegate tra loro come
quelle linguistiche, pragmatiche, discorsive, strategiche, interculturali e interperso-
nali. Tale competenza include sia abilità che permettono di interagire con la lingua
parlata e scritta sia abilità adattive ovvero quelle che consentono all’individuo di
negoziare significati con persone che hanno background diversi.
Per sviluppare questa pratica è necessario coinvolgere l’“intera persona” nel pro-
cesso di apprendimento. Gli approcci che tendono ad “atomizzare” la lingua, ovve-
ro ad adottare esercizi o attività che focalizzano l’attenzione separatamente sulle sue
singole componenti, tendono a coinvolgere solo una parte della capacità di appren-
dere della persona.
Riprendendo Nunn (2006, p. 73) si può asserire che coinvolgere un individuo,
nella sua interezza, in ambito educativo vuol dire:
• proporre delle attività olistiche che consentano al singolo di partecipare al pro-
cesso di apprendimento e insegnamento e che incoraggino sia la sua responsabi-
lità sia quella collettiva di gruppo (per esempio adottando compiti che richieda-
no di risolvere un problema o di prendere delle decisioni);
• dare all’individuo la sensazione di poter usufruire di tutte le sue risorse;
• sviluppare competenze trasversali e interdisciplinari;
• esplorare e valutare la ricchezza della diversità dei singoli così come dell’unità del
gruppo;
• offrire opportunità di negoziazione.

7.3 IL COMPITO: ESEMPIO DI ATTIVITÀ OLISTICA


Un tipo di attività olistica in ambito di apprendimento linguistico è appunto il
“compito” che, come sottolineano Samuda e Bygate (2008, p. 7), richiede all’indi-
viduo di integrare simultaneamente varie componenti che costituiscono una lingua

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(grammatica, lessico ecc.), per raggiungere degli scopi e dei risultati significativi
così come avviene nel suo uso normale.
Come si è visto precedentemente, già a partire da metà degli anni Settanta con
gli approcci di tipo comunicativo, si è focalizzata l’attenzione sulla comunicazione,
ovvero sulla necessità da un lato di enfatizzare l’importanza dell’uso di attività
comunicative (Widdowson, 1987; Brumfit, 1984) e dall’altro di considerare le
caratteristiche peculiari dell’apprendente con i propri ritmi di apprendimento e il
suo ruolo di co-partecipante attivo (Candlin, 1987; Breen, 1987) del processo di
apprendimento.
Nasce da qui la difficoltà di definire cosa differenzi un’attività comunicativa, che
richiede comunque la lingua in uso, e un compito (Zorzi, 2007; Samuda e Bygate,
2008; Nunan, 2004; Candlin, 2001). Johnson (1979, p.198), per primo, avverte
la necessità di definire il concetto di compito anche se la sua interpretazione è stret-
tamente legata all’insegnamento della lingua per scopi specifici e accademici. Egli
pone l’accento su due concetti fondamentali:
1. l’importanza dell’analisi dei bisogni (Munby, 1978) degli apprendenti di riferi-
mento (nel suo caso per lo più professionisti) per la selezione dei compiti da
svolgere;
2. la necessità di focalizzare l’attenzione dei diversi approcci metodologici non solo
sulla conoscenza della lingua ma anche sui processi cognitivi che si attivano
quando questa viene usata.

In questo contesto specifico, non ci addentreremo nell’analisi delle diverse defini-


zioni di “compito” che si sono susseguite nel tempo (Candlin, 1987; Long, 1985;
Prabhu, 1987; Skehan, 1998) né analizzeremo i controversi studi sugli approcci task-
based che vedono il compito come parte centrale dell’unità di apprendimento e del
sillabo (Long e Crookes, 1992; Skehan, 1998; Willis, 1996), ma ci limiteremo a con-
siderare il compito come strumento di supporto (Bygate, 2000; 2008; Ellis, 2003).
Concepire il compito come supporto didattico significa considerarne i seguenti
aspetti:
• è un fattore importante ma non il solo considerato all’interno di un percorso di-
dattico;
• viene utilizzato congiuntamente con vari tipi di attività;
• è uno degli elementi che caratterizzano il sillabo ma non ne rappresenta quello
fondante;
• può essere utilizzato anche come attività di verifica, ma non necessariamente (Sa-
muda e Bygate, 2008, p. 60).

Questi punti definiscono il compito come un’attività neutrale che può essere uti-
lizzata nel corso di qualsiasi tragitto didattico supportato da diversi tipi di sillabi.
Come si è già visto, l’approccio comunicativo enfattizza l’importanza di un rap-
porto più paritario e collaborativo tra insegnante e apprendente, che permette al

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primo di negoziare con il secondo i contenuti e le attività da adottare nell’azione


didattica, attingendo da diverse fonti piuttosto che affidandosi a un metodo “pre-
confezionato”. In tale contesto, l’insegnante può riferirsi a un vasto repertorio di
compiti che selezionerà in accordo con i bisogni e gli interessi dei suoi apprenden-
ti. Il “compito” in una simile prospettiva fornirà un prezioso contributo per arric-
chire un sillabo (Nunan, 1995; 2001; Richards, 2001 e altri) e offrirà ulteriori
opportunità di apprendimento (Ur, 1982; Brumfit, 1984; Nunan, 1995; 2001).
Dopo queste premesse risulta necessario ritornare al punto di discussione accen-
nato precedentemente, ovvero quello relativo alla differenza che intercorre tra atti-
vità e compiti comunicativi. L’accezione proposta da Nunan (2004, p. 23) tende a
rimarcare la distinzione tra attività e compiti comunicativi facendo riferimento a
un terzo termine di paragone: gli esercizi linguistici.
La distinzione tra esercizi linguistici e compiti comunicativi viene riproposta sia
dal Quadro (2002, p. 192) sia dalla letteratura relativa a questi ultimi e viene iden-
tificata principalmente in:
• il prodotto che entrambi richiedono da parte dell’apprendente;
• i processi cognitivi che vengono attivati durante la loro esecuzione (Nunan, 2004;
Bygate, 2000; Candlin, 2001 e altri).

Gli esercizi linguistici (Balboni, 1998) prendono diverse forme e focalizzano


l’attenzione su strutture grammaticali (quali gli esercizi di riempimento degli spazi,
i cloze mirati ecc.) o lessicali (esercizi di natura insiemistica, di inclusio-
ne/esclusione, di associazione ecc.) o su aspetti fonologici. Gli esercizi richiedono
così la produzione o il riconoscimento di item linguistici isolati prevedibili da parte
dell’insegnante.
Il compito si differenzia dagli esercizi linguistici in quanto si concentra più sul
processo che sul prodotto1. Si pensi per esempio al seguente compito: “Tu e due
tuoi coinquilini decidete di trasferirvi in un altro quartiere della città in cui vive-
te; fate una lista dei servizi che sono più importanti per voi poi, dopo aver con-
sultato gli opuscoli informativi a disposizione, decidete qual è il posto in cui vi tra-
sferirete”.
In questo caso, il prodotto richiesto agli apprendenti, rispetto a quello voluto
dagli esercizi linguistici, è il risultato di una serie di processi cognitivi e di scelte
strategiche (Quadro, 2002, p. 194) necessari a trovare una risposta più concreta che

1
Tecniche più comunemente utilizzate per la realizzazione di un compito di interazione sono:
• attività di problem-solving (un problema x da risolvere in un tempo y);
• attività di decision-making (prendere una decisione che richiede una negoziazione tra le parti);
• information-gap (lo studente A ha delle informazioni che lo studente B non ha e viceversa e devono nego-
ziarle);
• opnion-exchange (uno scambio di opinioni senza la necessità di trovare un accordo finale);
• jigsaw (ogni partecipante ha un pezzo diverso di una storia o informazione che deve essere ricostruita).

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linguistica ovvero giungere a un accordo dopo aver valutato le esigenze di ogni


membro del gruppo e le caratteristiche del posto da scegliere2.
La lingua viene, dunque, usata nella sua totalità per attuare processi come: pia-
nificare e organizzare il lavoro, distribuire i ruoli tra i partecipanti per lo svolgi-
mento del compito, trovare e condividere le informazioni, suggerire, esprimere le
proprie necessità e il proprio accordo o disaccordo, valutare, negoziare, raggiunge-
re una conclusione, relazionare alla classe ecc.
Secondo Nunan (2004, p. 24), invece, le attività comunicative rappresentano
una “via di mezzo” tra gli esercizi linguistici e i compiti comunicativi, in quanto la
loro esecuzione esige la manipolazione pratica di un set ristretto di item linguistici
come i primi, ma mettono l’accento sulla comunicazione che trasmette contenuti
significativi come i secondi3. Un esempio di attività comunicativa può consistere
nel chiedere agli studenti di girare per la classe e di compilare un questionario dal
titolo “Incontra qualcuno che...”, con i nomi dei compagni che rispondono affer-
mativamente alle domande del tipo: Hai mai fatto un viaggio in un’isola tropicale,
hai mai incontrato una persona importante...? ecc. Quest’attività limita l’uso lingui-
stico alla domanda: “Hai mai...” e alle risposte quali “sì/no”, sì ci sono stato/a o sì
l’ho incontrata che consentono di praticare specifiche strutture grammaticali (pas-
sato prossimo, uso dei pronomi con il passato prossimo ecc.), ma allo stesso tempo
simula una comunicazione più autentica nel senso che le risposte non sono sempre
prevedibili, al contrario di quanto avviene per gli esercizi linguistici (per esempio,
l’apprendente potrebbe prendersi la libertà di rispondere: Sì sono stato a Cuba. È
un’isola bellissima, c’è sempre il sole ecc.).
Esercizi, attività e compiti comunicativi non si escludono a vicenda anzi posso-
no integrarsi e supportarsi mutevolmente all’interno di un più ampio contesto di
unità di insegnamento, spostando l’attenzione dalla “parte” (uso atomistico della
lingua) al “tutto” (uso olistico della lingua) o viceversa (Nunn, 2006, p. 75) e coin-
volgendo l’apprendente nella sua “interezza” grazie all’attivazione di diversi proces-
si interconnessi (Bygate, 2008, p. 36).
Ciò viene anche favorito dal fatto che i compiti permettono di stabilire tra gli
apprendenti un rapporto simmetrico – che esula dalla presenza costante dell’inse-
gnante spezzando così l’“imperativo” imposto dal contesto educativo della classe
(Goffman, 1981) – e di prendere più rischi dimenticandosi di essere “studenti”

2 Come fanno notare Ellis e Siegler (1994) è necessario sottolineare che se da un lato il compito assume
un valore didattico in quanto permette di contestualizzare l’apprendimento, dall’altro non lo promuove di per
sé, se da parte dell’insegnante non vengono forniti agli apprendenti:
• una chiara descrizione degli obiettivi relativi al compito specifico;
• delle linee guida per l’esecuzione (soprattutto se gli apprendenti sono bambini);
• un continuo feedback formativo.
3 Si riporta qui la distinzione proposta da Nunan allo scopo di adottare una possibile classificazione per

rispondere ai dubbi sollevati relativamente alla confusione di significato tra attività e compiti comunicativi.

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(Ellis, 2006, p. 31) e assumendo il ruolo di “utenti di una lingua”, concetto che
rimanda a quello di “attore sociale” a cui si riferisce sin da subito il Quadro.
Va considerato, tuttavia, che i compiti non riguardano esclusivamente attività
di gruppo, ma anche la produzione di un testo orale o scritto di senso compiuto
in cui la lingua viene usata nella sua globalità per ottenere un risultato pragmati-
camente credibile (Samuda e Bygate, 2008, p. 68) come persuadere o convincere
l’interlocutore (per esempio attraverso un saggio argomentativo, una presentazio-
ne di un prodotto) oppure stimolare la sensibilità estetica di un pubblico più inde-
finito su un tema (per esempio con la creazione di una poesia). In tal senso il desti-
natario assume un ruolo molto importante per le scelte che il parlante/scrittore
deve adoperare e per questo motivo tale attività viene considerata interattiva
(Nunn, 2006, p. 77).
Secondo Springer (2008) l’esecuzione di un compito, mettendo in gioco simul-
taneamente diverse conoscenze e specifiche strategie necessarie per il suo svolgi-
mento, integra le competenze linguistico-comunicative – su cui ha posto l’accento
l’approccio comunicativo – conferendo all’apprendimento linguistico una dimen-
sione più olistica così come viene descritto dalla figura 1.

Figura 1. Approccio olistico

Competenza comunicativa

Linguistica Pragmatica Sociolinguistica


Competenze generali Strategie

Domini e temi Compito Attività linguistiche

Situazioni Approccio comunicativo

Fonte: Springer, 2008.

La figura 1 riassume e descrive graficamente i processi e le competenze coinvolte


nell’esecuzione di un compito come, per esempio, quello descritto nell’Introduzione
di questo capitolo: “Comprare un biglietto del treno alla biglietteria di una stazione”.
L’adozione di compiti, dunque, consente di coinvolgere l’apprendente nella totalità
delle sue abilità e competenze, che egli richiama per rispondere a necessità comu-
nicative, confrontandosi con contesti d’interazione appartenenti alla realtà che lo
circonda.

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7.4 IL PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA E LA DEFINIZIONE DI UN COMPITO


Da quanto detto sinora, risulta chiaro che i compiti, proprio perché determinati
dalla combinazione di più elementi, possono assumere diversi livelli di comples-
sità (Quadro, 2002, pp. 194-223) e affinché risultino efficaci per l’apprendimento
linguistico devono essere appropriati al contesto e agli apprendenti di riferimen-
to, soprattutto per ciò che concerne i processi cognitivi, le strategie che implica-
no e la lingua che coinvolgono (nell’input, nelle istruzioni e nella esecuzione del
compito).
Samuda e Bygate (2008, p. 81), per descrivere a questo proposito le variabi-
li che caratterizzano il compito, fanno riferimento metaforicamente a un’altra
attività umana: il gioco del tennis. Di fatto, quest’ultimo si basa su una delica-
ta relazione tra le regole che lo governano e i suoi partecipanti: il cambiamento
di una componente, come le dimensioni della racchetta, l’altezza della rete o il
tipo di palla utilizzata, avrà un’influenza determinante sulla prestazione dei gio-
catori.
Queste varianti caratterizzano anche il compito e sono riconoscibili, tra le altre:
• nel tempo che gli apprendenti hanno a disposizione e nelle istruzioni di pianifi-
cazione necessarie per lo svolgimento del lavoro (meno chiare saranno, più com-
plesso risulterà il compito);
• nella familiarità che gli stessi hanno con la tipologia di compito a loro assegnato;
• nel tipo di interazioni che si potranno instaurare tra i partecipanti;
• nella lunghezza dell’impegno richiesto che potrebbe articolarsi in sotto-compiti.

Tra queste varianti, come si è detto, c’è anche quella relativa alla lingua che viene
utilizzata. Di fatto, benché i compiti offrano all’individuo l’opportunità di usare la
lingua più creativamente, è possibile prevedere, almeno in parte, alcuni degli ele-
menti linguistici e discorsivi che verranno utilizzati da parte degli apprendenti
durante la loro esecuzione (Newton e Kennedy, 1996, p. 312), soprattutto quando
questi sono delimitati dal tempo e da una chiara struttura4.
Gli inventari del Profilo possono rivelarsi, a questo proposito, un utile strumen-
to di riferimento fornendo informazioni sulle strutture grammaticali e lessicali e
sugli esponenti linguistici delle funzioni che un apprendente potrebbe utilizzare per
eseguire un compito in rapporto al suo livello di competenza5.

4 Vedi l’esempio riportato nell’Introduzione di questo capitolo.


5 Si noti che l’uso olistico che l’apprendente fa della lingua per lo svolgimento di un compito è ricostrui-
bile attraverso i descrittori linguistici del Profilo grazie alla sua stessa struttura (vedi cap. 2) che garantisce:
• una stretta inter-connessione tra gli inventari (relativi a generi, funzioni linguistiche, nozioni generali, no-
zioni specifiche e grammatica);
• un’agevole consultazione e visione d’insieme dovuta alla veste elettronica che lo caratterizza.

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Ciò vuol dire che, riprendendo l’esempio del compito già citato “Comprare un
biglietto del treno”, saremmo in grado, grazie agli inventari, di prevedere – anche
se con i limiti dovuti alle varianti che possono occorrere nel contesto specifico – la
sua esecuzione linguistica nei diversi gradi di competenza, per esempio, sia di un
apprendente di livello A1 sia di un apprendente di livello A2.
Sebbene la componente linguistica rappresenti solo uno dei tanti elementi che
caratterizzano un compito, i riferimenti forniti dal Profilo si rivelano comunque
efficaci per definirne l’appropriatezza tenendo presente anche che, quando un com-
pito manca di chiarezza o risulta inappropriato rispetto al livello linguistico degli
apprendenti, può determinare l’aumento di uso della L1 o portare al fallimento
degli obiettivi previsti.
Queste considerazioni assumono un valore ancor più significativo, se viene
fatto uso dei compiti in ambito di verifica. I descrittori linguistici del Profilo pos-
sono delinearsi come parametri di riferimento per prevedere il tipo di esecuzione
che un apprendente potrebbe fare in base al livello di competenza raggiunto e, di
conseguenza, fornire suggerimenti utili all’esaminatore su ciò che egli deve anda-
re a verificare (vedi cap. 9). Così il Profilo si presenta come un ponte di connes-
sione tra insegnamento e verifica, offrendo tracce utili per costruire un percorso
didattico coerente e trasparente, in particolare, per quei corsi che hanno come
obiettivo il conseguimento di una certificazione linguistica.
“Trasparenza” e “coerenza” si delineano come concetti base nella costruzione di
un qualsiasi tragitto didattico – illustrato da un sillabo – all’interno della cornice di
politica linguistica europea, come verrà descritto nel paragrafo 7.5.

7.5 LA POLITICA LINGUISTICA EUROPEA E I SUOI STRUMENTI OPERATIVI


PER LA DIDATTICA DELLE LINGUE

North (2007), coautore del Quadro, descrive le implicazioni didattiche che il


Quadro comporta nell’ambito dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico,
attraverso i punti elencati di seguito:
• analisi dei bisogni: per operare una programmazione didattica mirata si devono
considerare le necessità degli apprendenti in relazione alle attività e ai compiti
che questi si troveranno a svolgere attraverso la lingua;
• trasparenza: è necessario informare gli apprendenti sugli obiettivi da raggiungere
e renderli partecipi del proprio processo di apprendimento;
• orientamento all’azione: gli obiettivi vengono presentati in termini di can do fo-
calizzando l’attenzione su ciò che gli apprendenti hanno bisogno di fare con la
lingua e offrendo opportunità di praticarla;
• competenze parziali: l’insegnamento sviluppa le abilità ricettive prima di quel-
le produttive – includendo anche la grammatica – a cui l’apprendente viene

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inizialmente esposto solo a livello ricettivo (per esempio per ciò che concerne
il passato prossimo) su cui, in seguito, svilupperà una riflessione linguistica per
ottenerne la padronanza nella produzione. Questo consente di accettare obiet-
tivi parziali soprattutto nello sviluppo di una terza o quarta lingua (per esem-
pio solo la ricezione o l’uso formulaico della lingua che favorisce un’interazio-
ne “ping pong”);
• autovalutazione: è importante far riflettere gli apprendenti sui propri bisogni e ri-
sultati per migliorare la qualità del loro rendimento (vedi cap. 11).

Tenendo presenti questi punti, i descrittori del Quadro (indicatori di capacità


all’interno di un approccio olistico orientato all’azione), del Profilo (contenuti lingui-
stici) e dell’European Language Portfolio (descrittori per la programmazione e
l’autovalutazione) si delineano, tra le iniziative proposte dal Consiglio d’Europa,
come strumenti utili di riferimento e di riflessione in visione della costruzione di
diversi percorsi didattici.
A questo proposito, è bene sottolineare che il Profilo, altrettanto quanto il
Quadro e il Portfolio:
• è uno strumento dinamico e flessibile;
• quando viene adottato deve essere adattato alle diverse esigenze dei contesti di
insegnamento e apprendimento linguistico.

North (2007, p. 20) sottolinea che l’intento di proporre le tassonomie descrit-


tive dei livelli (A1, A2, B1, B2, C1, C2), all’interno della ben più ampia cornice
del Quadro, non è quello di “livellare” gli apprendenti quanto di facilitarne la
costruzione di un “profilo” (concetto ripreso, non a caso, nel titolo di questo lavo-
ro dedicato alla descrizione dei contenuti della lingua italiana), in quanto, ovvia-
mente, ogni apprendente è un individuo a sé.
Da qui nasce la necessità di evidenziare che tutti e tre gli strumenti sopra citati
sono stati concepiti e devono risultare idealmente senza contesto, proprio per rive-
larsi abbastanza generalizzabili da poter poi essere rimodellati e tarati per la speci-
fica popolazione di riferimento e, quindi, diventare rilevanti per il contesto stesso
(North, 2000, p. 29)6.

6 È proprio in questa tendenza alla modularità e alla flessibilità del Quadro, tanto auspicata da uno dei suoi
principali ideatori, John Trim (Coste, 2007), che alcuni intravedono una “debolezza” (Vedovelli e Villarini,
2003, p. 280) poiché può dare spunto a intepretazioni diverse da parte degli utenti e di conseguenza indebo-
lire il carattere di trasparenza che scaturisce dal suo riconoscimento come documento di riferimento generale.
Tuttavia, la nascita di strumenti integrativi, quali il Profilo, vengono proprio concepiti per contribuire a garan-
tire la coerenza di certe scelte formative, fornendo ulteriori indicatori per delineare i diversi livelli di compe-
tenza linguistica.

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Di fatto, la scelta dei contenuti linguistici di un pecorso didattico, quindi di un


sillabo, dipende da differenti variabili che ne determinano la diversificazione7.
Quest’ultima si rifletterà anche nelle scelte metodologiche che si adatteranno ai
gruppi di apprendenti a cui si rivolge l’insegnamento linguistico, ai vari obiettivi da
raggiungere e alle diverse situazioni educative8.
Come sottolinea North (2007, p. 20) bisogna ricordare che, considerando i
fattori sin qui descritti, è possibile creare dei percorsi fragmentati ove le banche
generali dei descrittori del Quadro e, di conseguenza, anche di quelli linguistici
del Profilo, suddivisi nei vari livelli (A1, A2 ecc.), possono essere ulteriormente
articolati in stadi intermedi ovvero possono trasformarsi in “livelli locali”, rispon-
dendo così alla diverse esigenze dei contesti didattici e contribuendo a “segmen-
tare il processo di apprendimento in vista dell’elaborazione di programmi”
(Quadro, 2002, p. 21).
North porta l’esempio della Finlandia che, allo scopo di alimentare la motiva-
zione iniziale degli apprendenti, divide l’A1 in tre sottolivelli, come mostrato nella
figura 2.

7
La Guida (2007, p. 99) suggerisce, per esempio, che in un contesto accademico-universitario
l’insegnamento linguistico a livello di sillabi dovrebbe essere diversificato in base a:
• la funzione che la lingua assume nei corsi da frequentare (per esempio, all’interno dell’ottica delineata dal-
la politica dell’università come quella di raggiungere un livello adatto per affrontare testi letterari o accade-
mici di altro tipo ecc.);
• la funzione della lingua nell’educazione personale dello studente (per esempio, la lingua che egli apprende,
rappresenta anche la lingua ereditaria);
• la funzione della lingua nella trasmissione della conoscenza (la lingua viene adottata come lingua di inse-
gnamento di altre materie);
• la funzione della lingua come strumento all’interno di relazioni internazionali (per esempio, utilizzata per
corsi on-line, relativa alla mobilità studentesca e utilizzata nei corsi all’interno di progetti quali l’Erasmus,
per preparare gli studenti che frequenteranno corsi di studio – inclusi corsi di lingua – all’estero ecc.).
La Guida fa riferimento anche alla selezione dei contenuti linguistici per corsi che rispondono a esigenze
specifiche quali, per esempio, corsi per bambini di immigranti che vogliono imparare la prima lingua dei
genitori o dei nonni, o altri bisogni che portano a sviluppare in particolare alcune abilità rispetto ad altre,
per esempio: ricettive scritte piuttosto che orali o produttive e ricettive orali piuttosto che scritte ecc.
8 La Guida (2007, pp. 100-101) individua le variabili che influenzano la diversificazione metodologica nei

fattori di seguito elencati:


• l’età degli apprendenti: per esempio, i bambini vengono più coinvolti con approcci che privilegiano un in-
segnamento ludico;
• il livello: apprendenti di livello C sono più adatti a sviluppare un’approfondita riflessione linguistica rispetto
a quelli di livello A;
• lo stile di apprendimento: ci sono apprendenti più portati a rischiare e a fare errori per imparare mentre al-
tri preferiscono analizzare e riflettere sulla lingua prima di utilizzarla;
• la tradizione educativa: se la tradizione è molto formale l’insegnamento linguistico potrebbe realizzarsi in ac-
cordo con questa;
• la natura delle lingue presenti: se le nuove varietà linguistiche da acquisire sono molto differenti rispetto al
repertorio linguistico e culturale presente nell’apprendente, egli potrebbe aver bisogno di una transizione gra-
duale prima di imbarcarsi nella comunicazione. Ciò potrebbe far richiamare una maggiore attenzione ver-
so le abilità ricettive soprattutto nelle prime fasi di apprendimento.

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Figura 2. Esempio di suddivisione in sottolivelli

A B
Livello elementare Livello intermedio

A1 A2 B1
6
A1.1 A1.2 A1.3 A2.1 A2.2
1 2 3 4 5

Fonte: North, 2007, p. 20.

Allo stesso modo, come fa notare il Quadro (pp. 40-41), sarebbe plausibile, in
un percorso scolastico che va dalla scuola primaria alla secondaria inferiore, artico-
lare maggiormente il tronco relativo al livello elementare A, mentre, per esempio,
se i destinatari corrispondessero a dei professionisti che devono utilizzare la lingua
per scopi specifici, la suddivisione del tronco sarebbe necessaria e più evidente al
livello avanzato C.
È importante, inoltre, notare che i descrittori illustrativi del Quadro, e di con-
seguenza quelli linguistici del Profilo, nascono considerando implicitamente le abi-
lità sociali e cognitive di adulti, identificati in una popolazione che parte dall’età di
16 anni (basti pensare che uno dei tratti distintivi del livello B2 è proprio quello di
saper sviluppare e supportare un’argomentazione). Tuttavia, non si può escludere
che un apprendente adolescente, di età inferiore a quella sopra citata, possa rag-
giungere un livello di competenza B2 o C, solo perché nel suo percorso formativo
ha perlopiù sviluppato abilità d’interazione basiche (BICS – Basic Interpersonal
Communication Skills) piuttosto che abilità cognitive (CALP – Cognitive
Academic Language Proficiency) (Cummings, 1979), che gli consentono di mette-
re in atto discorsi di tipo argomentativo.
Ciò evidenzia ancora una volta la necessità di un adattamento dei descrittori per
la specifica popolazione di riferimento. Secondo North (2007, p. 27), di fatto, non
esiste un reale conflitto tra un quadro centrale che tenta di promuovere coerenza e
trasparenza e le diverse esigenze locali.
Gli strumenti operativi, nati in seno alle iniziative di politica linguistica europea
– come il Quadro, il Profilo e il Portfolio – si presentano, dunque, come dei “meta-
sistemi descrittivi” che diventano efficaci laddove vengono utilizzati attraverso
un’ulteriore elaborazione e un adattamento in relazione alle diverse circostanze di
riferimento (vedi Prefazione e Presentazione).

98 PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA


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7.6 PROGETTARE UN PERCORSO DIDATTICO: IMPLICAZIONI E PROCESSI


Pianificare percorsi didattici per l’insegnamento e l’apprendimento linguistico signi-
fica progettare un cammino che si concretizza attraverso due strumenti: il curricolo e
il sillabo. Il sillabo rappresenta un aspetto del curricolo ma non s’identifica con esso
(Freddi, 1994; Balboni, 1994; Richards, 2001; Nunan, 2004 e altri). Infatti, il silla-
bo consente di specificare i contenuti di un corso, ciò che verrà insegnato e valutato,
mentre il curricolo, più in generale, comprende la descrizione dei processi adottati per:
1. identificare i bisogni di uno specifico gruppo di apprendenti;
2. descrivere mete e obiettivi necessari per soddisfare quei bisogni;
3. definire un sillabo appropriato e il metodo d’insegnamento oltre che i materia-
li didattici e i criteri di valutazione che verranno adottati.
Si è già accennato quanto, in un’ottica di politica linguistica europea, si enfatiz-
zi l’importanza della partecipazione attiva e della collaborazione tra tutti gli attori
che agiscono nell’ambito dell’insegnamento e apprendimento linguistico, ovvero i
direttori di programmi, gli insegnanti e gli apprendenti stessi.
Il curricolo e il sillabo dovrebbero, quindi, rappresentare il frutto della negozia-
zione e del dialogo che s’instaura tra queste singole parti.
Per illustrare la dinamicità che dovrebbe caratterizzare tale percorso, si propone qui
di seguito il modello descritto da Markee (1997, p. 78), debitamente riadattato, che
pone l’accetto sull’interdipendenza che si crea tra i vari stadi della progettazione didat-
tica. L’interrelazione tra questi stadi di progettazione e i suoi protagonisti porta al
rinnovamento del curricolo stesso (figura 3).

Figura 3. Stadi di progettazione didattica


A lungo termine Progettazione strategica
(Istituzioni, direttori di programmi, coordinatori ecc.)
Curricolo:
- mete e obiettivi generali dell’educazione generale e linguistica, criteri di valutazione

A medio termine Progettazione tattica


(Direttori di programmi, coordinatori-insegnanti)
Sillabo:
- obiettivi specifici;
- contenuti (metodologia) selezione, gradazione e sequenzazione

A breve termine Progettazione operativa


(Insegnanti-studenti)
Attività didattiche:
- utilizzo del sillabo nella classe

= Negoziazione tra i due livelli di progettazione.


Fonte: adatt. dal modello proposto da Markee (1997, p. 78).

CAPITOLO 7 99
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La progettazione strategica nasce dalla reciproca responsabilità delle istituzioni e


dei direttori dei programmi o dei coordinatori linguistici e rappresenta un traguar-
do di più ampio respiro, quindi si realizza a lungo termine, ovvero alla fine delle
varie tappe del percorso formativo.
La progettazione tattica, invece, costuisce una fase intermedia e si concretizza
grazie alla collaborazione tra i direttori dei programmi o coordinatori linguistici
e gli insegnanti che interpretano e giudicano le linee guida proposte dal currico-
lo, in accordo con la loro “conoscenza pratica personale” (Conelly et al., 1997)
radicata sulla loro esperienza diretta. Questi, infatti, traducono in azione e filtra-
no tali linee guida in base alle loro convinzioni e all’efficacia e al successo che le
stesse otterranno nel proprio contesto d’azione. L’interpretazione critica da parte
dei docenti funge da catalizzatore dei cambiamenti che verranno apportati al
corso (o alle sessioni parallele di un corso).
Anche la progettazione operativa coinvolge possibilità di cambiamento in
quanto nasce dalla negoziazione che s’instaura tra insegnanti e studenti e si rea-
lizza a breve termine poiché rappresenta le decisioni che l’insegnante prende, di
lezione in lezione, in base al feedback fornito dagli apprendenti. Questi ultimi
diventano soggetti attivi del proprio processo di apprendimento perché vengo-
no resi consapevoli sia degli obiettivi da raggiungere sia dei materiali e della
metodologia adottati, su cui sono chiamati a riflettere costantemente. La consa-
pevolezza e l’identificazione del tragitto didattico da seguire si rivela come una
componente essenziale per garantirne la “trasparenza” che, come si è più volte
ribadito, rappresenta uno dei fondamenti base del Quadro.
Il riscontro diretto delle scelte applicative che si ottiene in entrambe le fasi, tat-
tica e operativa, consente di assicurare che le linee guida curriculari pianificate nello
stadio strategico mantengano un concreto contatto con la realtà vissuta dagli inse-
gnanti e dagli studenti.

In questo percorso l’adozione del Quadro assume un valore significativo nei tre
livelli:
1. strategico in quanto permette di definire gli obiettivi e le mete da raggiungere a
lungo termine;
2. tattico poiché questi si declinano nelle varie fasi intermedie attraverso la proget-
tazione dei sillabi;
3. operativo perché consente di focalizzare gli obiettivi delle singole lezioni.

Uno strumento come il Profilo, invece, va a integrare le scelte didattiche relati-


ve al sopra citato punto 2, attraverso la definizione dei contenuti linguistici dei sil-
labi, e al punto 3 perché consente l’analisi dei materiali didattici da utilizzare e la
scelta delle attività e dei compiti da adottare (vedi par. 7.4).

100 PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA


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7.7 IL PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA E LA PROGETTAZIONE DIDATTICA


Nella pianificazione di un sillabo, dunque, gli elementi da tenere in considerazio-
ne sono:
• l’analisi dei bisogni degli apprendenti di riferimento;
• la considerazione del contesto specifico di insegnamento (per esempio se si trat-
ta dell’insegnamento della lingua italiana in Italia o all’estero);
• la definizione degli obiettivi e mete del percorso specifico;
• la selezione e gradazione dei contenuti in base alla metodologia adottata e al tem-
po a disposizione per l’insegnamento;
• la scelta dei materiali da adottare;
• la valutazione dei risultati di questo percorso di insegnamento/apprendimento
linguistico.
In questa sede non ci soffermeremo su tutti i punti citati (vedi Freddi, 1994;
Balboni, 1994; 2002; Porcelli, 1994; Nunan, 1989; Richards, 2001 e altri), ma
prenderemo in esame in particolare la scelta dei contenuti linguistici che rappre-
senta uno dei problemi principali da affrontare nella pianificazione di un corso e
terremo in considerazione quali implicazioni potrebbe avere l’utilizzo di uno stru-
mento come il Profilo durante lo svolgimento di questa fase.
In ogni programma di lingua un elemento da cui non si può prescindere è il
tempo a disposizione per l’insegnamento che influisce sulla selezione dei contenuti,
ovvero quale materiale scegliere all’interno di un corpus linguistico, per incorporar-
lo all’interno di un sillabo. Mackey, (1965, p. 161) considera la scelta dei contenuti
linguistici un passo obbligato in quanto è impossibile insegnare “tutta la lingua” e
ogni metodo deve delimitarne quella parte che andrà a costituire appropriate unità
di insegnamento.
Richards (2001, p. 148) aggiunge che le decisioni da prendere per la selezione
dei contenuti linguistici di un corso dipendono da molteplici fattori quali:
• le convinzioni che i progettisti hanno relativamente alla natura e all’uso della lin-
gua oltre che riguardo all’apprendimento linguistico9;
• ciò che essi stessi ritengono come elementi fondamentali per la costruzione di
unità di lingua10;

9 In base a tali convinzioni nascono diversi tipi di sillabi quali, per esempio: il “sillabo grammaticale”, orga-

nizzato sulla base di item grammaticali; il “sillabo funzionale”, orientato sulle funzioni comunicative; il “silla-
bo basato sul contenuto”, focalizzato su tematiche e argomenti come elementi base del percorso didattico; il
“sillabo basato sul compito”, che concepisce il compito come punto di partenza di un’unità di insegnamento,
così come il “sillabo integrato” che tenta di combinare i diversi aspetti che caratterizzano una lingua ecc. Per
una descrizione più dettagliata si rimanda, tra gli altri a Nunan, 2004; Richards, 2001; Markee, 1997.
10 Per esempio, se un corso è finalizzato primariamente allo sviluppo della produzione orale di un pubbli-

co di apprendenti adulti con competenze linguistiche basiche che studia la lingua per scopi turistici, potranno
essere selezionati contenuti quali: testi relativi all’interazione orale (telefonate, transazioni in negozi ecc.), le
relative funzioni linguistiche (“Interagire al telefono”, “Informarsi” ecc.) e il lessico coinvolto dei temi affron-
tati (cibo, mezzi di trasporto, spese nei negozi ecc).

CAPITOLO 7 101
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• come questi elementi vengono organizzati per raggiungere un appredimento ef-


ficace.

La scelta dei contenuti linguistici è, inoltre, influenzata dagli stessi indicatori di


capacità dei livelli di competenza del Quadro (A1, A2, B1 ecc.) che forniscono utili
informazioni in tale prospettiva.
Si pensi, per esempio, alle tassonomie descrittive di livello A2. Secondo i descrit-
tori illustrativi del Quadro gli apprendenti di questo livello dovrebbero essere in
grado di “comunicare in attività semplici e di routine che richiedono solo uno scam-
bio d’informazioni [...] su argomenti familiari e abituali” e “descrivere in termini
semplici aspetti del proprio vissuto e del proprio ambiente” (2002, p. 32).
Queste indicazioni delimitano di per sé sia i domini in cui gli apprendenti dovran-
no interagire (personale e pubblico piuttosto che educativo e professionale) sia i temi
che dovranno affrontare (per esempio la vita quotidiana, il tempo libero, gli acquisti,
la casa, la famiglia ecc.) e di conseguenza offriranno informazioni relative ai tipi di testo
che possono essere collegati a questi contesti (annunci, lettere personali, transazione in
negozi ecc.) e alle funzioni linguistiche (“Informarsi”, “Descrivere”, “Raccontare” ecc.)
che vi possono occorrere, oltre alla varietà delle aree lessicali suggerite dalle tematiche
prese in considerazione (alloggio, hobby, relazioni di famiglia ecc.).
Anche la tipologia degli apprendenti e dei loro bisogni consente di individuare
i domini con cui questi si dovranno confrontare e, di conseguenza, di selezionare
sia le tematiche a essi connesse sia i relativi contenuti linguistici.
È chiaro che in un corso di insegnamento di italiano commerciale per adulti di
livello B o C verrà dato più rilievo ai domini occupazionale e pubblico, mentre un
corso di lingua italiana ordinario per giovani adolescenti dello stesso livello si con-
centrerà maggiormente sui domini personale, pubblico ed educativo (con una mag-
gior enfasi sui primi due rispetto al terzo) piuttosto che lavorativo, e via dicendo.
Una volta individuati bisogni, obiettivi, domini e tematiche, il Profilo permet-
terà di selezionare i materiali che traducono da un punto di vista linguistico le
diverse scelte in base al livello di competenza di riferimento, ovvero consentirà di
identificare:
• i tipi di testo maggiormente appropriati al livello e alla tipologia degli studenti;
• gli esponenti linguistici necessari per realizzare le funzioni a essi connesse;
• le strutture grammaticali che consentono la realizzazione di tali funzioni;
• la varietà e l’ampiezza lessicale (di quante e quali parole un apprendente deve di-
sporre per affrontare le aree tematiche coinvolte).

Il Quadro e il Profilo si delineano, quindi, come strumenti mutevolmente neces-


sari per la stesura di un sillabo e ne guidano la scelta dei contenuti benché, come si
è più volte ribadito, per risultare efficaci devono essere adattati alle esigenze degli
studenti a cui è rivolto l’insegnamento.

102 PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA


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Per riassumere quanto asserito sinora, qui di seguito viene proposta brevemente
una esemplificazione di tappe che potrebbero essere seguite nella progettazione di
uno specifico percorso didattico, ricorrendo all’ausilio di questi due strumenti.
Si prendano, per esempio, in considerazione le tappe da seguire per la pianfica-
zione di un corso rivolto alla popolazione di apprendenti così come descritta nella
tabella 1.

Tabella 1. Esemplificazione delle fasi necessarie per costruire un percorso didattico

Livello di competenza B2
Tipologia studenti Studenti che devono raggiungere un livello B2 della lingua ita-
liana per frequentare i propri corsi di studio presso
un’università in Italia
Dominio Educativo
Argomento Relativo all’ambito di studio dello studente
Tappa 1 Analisi dei bisogni
Tappa 2 Obiettivi-Quadro (per es. abilità di produzione orale)
Tappa 3 Adattamento obiettivi del Quadro al contesto d’insegnamento
Tappa 4 Selezione contenuti linguistici-Profilo

Come illustrato nella tabella 1 una volta raccolte le informazioni relative a que-
sto tipo di popolazione (tappa 1) così come al dominio e agli argomenti per essa
rilevanti, si procederà all’individuazione degli obiettivi da raggiungere facendo rife-
rimento ai descrittori del Quadro (tappa 2).
Per ciò che concerne, per esempio, l’abilità di produzione orale, la tassonomia
descrittiva a livello B2 propone una serie di descrittori tra i quali si legge il seguen-
te: “È in grado di produrre descrizioni ed esposizioni chiare e ben strutturate met-
tendo opportunamente in evidenza gli aspetti significativi e sostenendoli con par-
ticolari pertinenti” (Quadro, 2002, p. 73).
Secondo quanto affermato nel paragrafo 7.5 di questo capitolo, si dovrà proce-
dere a un adattamento di questi descrittori al fine di renderli rilevanti per il conte-
sto d’insegnamento identificato (tappa 3), ovvero rivolto a studenti che vogliono
raggiungere un livello B2 per frequentare corsi universitari nel paese ospite.
Una delle possibili riformulazioni di questo indice di capacità potrebbe essere la
seguente: “Sa strutturare una presentazione in un contesto accademico, sviluppan-
do coerentemente un’argomentazione, fornendo esemplificazioni e mettendone in
evidenza i punti salienti”.
Si deve quindi procedere all’individuazione del materiale linguistico necessa-
rio per raggiungere tale obiettivo consultando il Profilo (tappa 4) e selezionando
i generi testuali, le funzioni ed esponenti linguistici, le strutture grammaticali e

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il lessico che l’apprendente di questo livello di competenza dovrà padroneggiare,


al fine di strutturare il suo discorso argomentativo così come indicato dai descrit-
tori di cui sopra.
Un esempio di item linguistici che possono essere, a tal fine, inclusi nel sillabo
potrebbero essere quelli illustrati nella tabella 2.

Tabella 2. Esemplificazione della selezione dei contenuti linguistici del Profilo

Inventario dei generi


Presentazione in ambito accademico
(produzione orale)
Inventario Annunciare l’inizio di un argomento:
delle funzioni Per cominciare/prima di tutto... in seguito/poi… In primo luogo...
linguistiche In secondo luogo... Tratterò di/parlerò dei seguenti punti…
(strutturare un discorso) Aprire una digressione:
Tra l’altro... Tra parentesi... A (questo) proposito... Apro una
parentesi...
Allo stesso modo si può proseguire per le funzioni linguistiche:
“Citare”, “Riassumere”, “Portare un esempio”, “Concludere” ecc.
Inventario delle strutture Connettivi per argomentare:
grammaticali
• per giustificare un’affermazione: siccome, visto che, altrimenti;
• per aggiungere argomenti: inoltre, anche;
• per presentare argomenti limite: perfino;
• per concludere: insomma, dunque, quindi, in conclusione
Inventario delle nozioni Categoria aperta: relativa all’ambito di studio dell’apprendente
specifiche
Inventario delle nozioni Relazioni temporali (che indicano anteriorità, posteriorità
generali ecc.), relazioni logiche (che descrivono condizione, causa,
concessione ecc.), quantitative (quali, per esempio, numeri,
misure, dimensioni.) ecc. in base all’ambito di studio
dell’apprendente

Allo stesso modo si potrà procedere declinando obiettivi e descrittori linguistici


per le ulteriori abilità che ci si prefiggerà di sviluppare in tale progettazione.
Benché queste tappe rappresentino solo una breve esemplificazione delle pro-
cedure didattiche perseguibili per l’utilizzo di entrambi gli strumenti sopra citati,
le stesse possono essere adottate per la pianificazione di sillabi nella loro interezza,
considerando, inoltre, che altri inventari possono essere consultati per fornire una
descrizione più esaustiva degli obiettivi da raggiungere, quali quello relativo alle

104 PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA


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strategie comunicative e di apprendimento (vedi cap.11) e quello che fornisce


indicazioni per lo sviluppo delle competenze interculturali dell’apprendente (vedi
cap.10).

7.7.1 Gli inventari del Profilo della lingua italiana e il sillabo


Come si è visto nel capitolo 2 i materiali linguistici degli inventari del Profilo,
essendo stati identificati rapportandosi alla lingua prodotta direttamente dall’ap-
prendente di italiano L2, presentano tratti caratteristici11 che acquistano un signi-
ficato particolare nella progettazione di sillabi.
L’inventario base da cui si è partiti per definire le altre categorie di contenuti lin-
guistici è quello che propone le tassonomie descrittive relative ai “generi”. North
(2008) evidenzia come i modelli di uso e di acquisizione della lingua proposti dal
Quadro offrano una visione più completa e ricca rispetto a quelli del passato.
Tra i vari aspetti egli individua il passaggio da un modello basato su quattro atti-
vità linguistiche – ascolto, parlato, lettura, scrittura – proposto da Lado nel 1961,
a uno più articolato descritto dal Quadro già nella sua prima stesura del 1996, in
cui tali attività si declinano in: ricezione (orale e scritta), produzione (orale e scrit-
ta) e interazione (orale e scritta).
Come si è detto, l’attività di interazione traduce e pone un chiaro accento sul-
l’approccio adottato dal Quadro, ovvero un approccio “orientato all’azione”.
L’inclusione della tassonomia relativa ai testi che vengono costruiti dall’appren-
dente in ambito d’interazione all’interno dell’inventario dei generi testuali del
Profilo tende a testimoniare tale tendenza. Il testo viene concepito, infatti, nella sua
dinamicità in quanto rappresenta il frutto di un’“azione sociale”, ovvero nasce dal
rapporto dialogico che si instaura tra gli interagenti di uno scambio comunicativo
(vedi cap. 4)12.
Come più volte accennato, nel processo di progettazione didattica l’inventario
dei generi può delinearsi come una guida nella selezione dei testi per lo sviluppo di
tutte le abilità, proporzionalmente al livello di competenza dell’apprendente in base
agli obiettivi del corso13 e alle abilità che quest’ultimo deve sviluppare14. È bene

11 Le osservazioni di questo paragrafo rimandano all’analisi più dettagliata dei tratti distintivi degli inven-

tari linguistici e delle loro esemplificazioni descritti nel cap. 3.


12 Un esempio di questo testo può essere appunto la “telefonata” nella cui struttura si possono identificare

tratti distintivi ricorrenti come le funzioni relative a: “Rispondere al telefono”,“Informarsi se c’è la persona che
si sta cercando”, “Lasciare un messaggio se la persona è assente” ecc.
13 Se si tratta di un corso di italiano commerciale si dovranno non solo scegliere i testi ma adattarli al con-

testo, per esempio selezionare le lettere ed e-mail relative, nello specifico, alla richiesta di un ordine, per espor-
re una lamentela di mancata consegna e cosí via.
14 Per esempio, un corso rivolto a studenti di dottorato il cui principale scopo è quello di sviluppare la let-

tura di testi relativi al loro ambito di studio prenderà in considerazione soprattutto articoli scentifici, relazioni
di casi-studio, saggi ecc.

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notare, però, che l’appropriatezza di un testo selezionato in base a questi due crite-
ri, di per sé non risulta sufficiente se non vengono pianificate su questi ultimi atti-
vità didattiche altrettanto mirate (Swales, 1990, pp. 72-73)15.
Strettamente collegato ai generi testuali deve essere cosiderato l’inventario delle
funzioni. Per esempio, un testo in produzione come la “richiesta di un prodotto”
(livello B1) sarà interrelato a funzioni quali: “Descrivere” l’oggetto della richiesta,
“Informarsi sul tempo” necessario per ottenerlo, “Informarsi sul modo” ovvero
sulle modalità di pagamento ecc.
Il corpus linguistico del Profilo, riferendosi anche alle produzioni scritte e orali
di parlanti L2, consente di identificare i tipi di esponenti che si possono utilizzare
per realizzare queste funzioni al livello specifico di competenza.
Come si è detto, informazioni di questo tipo diventano preziose in quanto con-
sentono di valutare se le attività didattiche o i compiti (per esempio un role-play) adot-
tati in un percorso formativo siano appropriati al livello di competenza dell’appren-
dente e permettono di prevedere come tali attività possano essere linguisticamente ese-
guite (vedi par. 7.4).
Per ciò che concerne, invece, la selezione del lessico è necessario tener presente una
serie di aspetti che vengono descritti dal Quadro (2002, p. 184), come i seguenti cinque:
1. l’ampiezza lessicale (ovvero il numero di parole che un apprendente sarà chia-
mato a padroneggiare);
2. la varietà lessicale (vale a dire i domini e le aree tematiche coinvolte nel sillabo);
3. il controllo del lessico che l’apprendente sarà chiamato a esercitare;
4. l’eventuale distinzione tra il lessico che un apprendente sa riconoscere e com-
prendere e quello che sa ricordare e utilizzare nella produzione;
5. l’uso che egli fa delle tecniche di inferenza.

Gli inventari delle nozioni (specifiche e generali) e le liste di frequenza proposte


dal Profilo forniscono indicazioni per quanto concerne i punti 1, 2 e 3, che con-
sentono, da un lato, di indentificare quante e quali parole un apprendente può
padroneggiare, per affrontare le aree tematiche coinvolte nei compiti comunicativi
che si trova a svolgere in base ai propri bisogni e, dall’altro, di giustificare la scelta
del lessico all’interno di un sillabo e garantirne la coerenza e la trasparenza.
Stabilire, invece, quanto lessico un apprendente possa comprendere, così come
descritto nel punto 4, è un compito più ostico poiché la ricezione non è un feno-

15 Swales (1990) porta come esempio la sua esperienza di insegnante di inglese per scopi accademici, ovvero
per docenti di Legge, in Sudan. Egli aveva selezionato testi quali le relazioni di casi giudiziari sudanesi e aveva pia-
nificato delle attività di comprensione, allo scopo di farne capire le storie che vi venivano narrate. Però, solo dopo
aver frequentato le lezioni di un professore di Legge criminale, si è reso conto che le strategie di lettura richieste
in quell’ambito legale non consistevano nel comprendere la narrativa dei casi, quanto piuttosto nel focalizzare
l’attenzione sui punti cruciali in cui risiedeva la decisione finale. I problem-solving che Swales aveva proposto alla
sua classe erano quindi ben diversi da quelli utilizzati dal professore di Legge e dunque inefficienti per gli scopi
che dovevano raggiungere i suoi studenti. Con questo esempio egli sottolinea quanto sia importante valutare il
testo e il ruolo specifico che esso assume nell’ambiente in cui viene utilizzato.

106 PROFILO DELLA LINGUA ITALIANA


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meno direttamente osservabile. Per tale motivo, l’individuazione del lessico in rice-
zione viene per il momento rimandata16 all’intuizione e all’esperienza del singolo
insegnante, tenendo conto che il lessico in produzione è molto più limitato rispet-
to a quello ricettivo (Corda e Marello, 2004, p. 29).
La possibilità, invece, di individuare il numero di parole che un apprendente
è chiamato a conoscere nei vari livelli di competenza per la produzione orale e
scritta, delineato nel Profilo, ha delle interessanti implicazioni nella progettazio-
ne didattica.
Bettoni (2001, p. 63) individua in 20.000 famiglie di parole il vocabolario che
ha a disposizione un parlante nativo adulto colto; secondo De Mauro (1998, p.
77) un parlante nativo di lingua italiana può raggiungere in ricezione e in pro-
duzione un numero complessivo di parole che varia dalle 30.00 alle 50.000.
Tuttavia, per un parlante L2 che deve apprendere la lingua in un determinato
periodo di tempo e per scopi specifici, la conoscenza di tutte queste parole non
risulta necessaria. Ne consegue la necessità di determinare quante e quali parole
il parlante non nativo debba conoscere per comunicare in italiano come lingua
non materna (vedi cap. 5 e cap. 12)
Per adoperare tale selezione in ambito didattico e per determinare la varietà e
l’ampiezza del lessico da includere all’interno di corsi o libri di testo, si fa general-
mente riferimento alle liste di frequenza disponibili che, però, sono perlopiù basa-
te su testi prodotti dai parlanti nativi (in particolare il VdB di De Mauro).
Un problema dipendente da tale scelta è che parole considerate non fondamen-
tali per un parlante nativo rispondono invece a esigenze comunicative di prima
necessità per un parlante non nativo.
In altri casi, invece, per adoperare tale selezione, si fa ricorso alla pura intuizio-
ne dei progettisti dei corsi o dei libri di testo. Tuttavia, anche tale criterio, non fon-
dandosi su parametri comuni, può giungere a dei risultati confusi e trasversalmen-
te diversi in percorsi che si propongono di raggiungere uno stesso livello di com-
petenza17.
In tale prospettiva, il lessico suggerito dalle tassonomie del Profilo, emergendo
essenzialmente dalla lingua dei parlanti non nativi individuata nelle situazioni in

16 Data la flessibilità della versione elettronica del Profilo, considerato come uno strumento aperto e dina-

mico, si prevede una possibile e futura integrazione degli inventari relativi alle nozioni specifiche, alle nozioni
generali e alle liste di parole con il lessico in ricezione orale e scritta.
17
A questo proposito Li e Richards (1995) hanno fatto una ricerca il cui scopo consisteva nell’analizzare
cinque libri di testo di corsi introduttivi per il cantonese. Benché questi si riferissero alla stessa tipologia di
apprendenti, digiuni di qualsiasi conoscenza della lingua, sono state trovate circa 1800 parole differenti anche
se non tutte apparivano in ciascuno dei cinque testi. Circa il 63,4% dell’intero corpus linguistico appariva solo
in un libro di testo. Molte di queste parole non appartenevano a quello che veniva considerato il Vocabolario
di base del cantonese, quindi gli studenti si ritrovavano a imparare vocaboli di cui in realtà non avevano biso-
gno per affrontare le situazioni comunicative in cui si trovavano a interagire.

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cui plausibilmente questi si potrebbero trovare in accordo con quanto descritto dal
Quadro, può fornire un contributo utile per rendere l’apprendimento più efficace.
Di fatto, a causa della sua stessa natura, il corpus linguistico rispecchia in sé alcuni
criteri generalmente adottati per la selezione del lessico nella programmazione
didattica, quali:
• il criterio di insegnabilità;
• il criterio di disponibilità;
• il critero di inclusione (Richards, 2001, p. 8).
Il criterio di insegnabilità consiste nel dare la precedenza, durante lo sviluppo
evolutivo del lessico, a parole di significato concreto rispetto a quelle che rimanda-
no semanticamente a concetti più astratti. Questa transizione ci viene suggerita
anche dai descrittori linguistici del Profilo che vedono un uso più diffuso di parole
concrete nei livelli elementari A1 e A2, progredendo gradatamente verso parole più
astratte nei livelli B1 e B2.
Il criterio di disponibilità si riferisce, invece, al considerare parole non necessa-
riamente di uso frequente, ma che vengono facilmente alla mente perché presenti
nei contesti o negli argomenti primariamente affrontati. È il caso del vocabolario
relativo alla classe, che può essere insegnato in anticipo perché rimanda a riferi-
menti immediati.
Quest’aspetto si rfilette anche nelle liste lessicali del Profilo dove, sin dai primi
livelli A1 e A2, s’incontrano parole quali frigo, penna, studente, che secondo liste les-
sicali per parlanti nativi come il VdB di de Mauro non hanno alta frequenza, ma
che invece assumono una forte potenzialità comunicativa nelle situazioni di prima
necessità, che si trova a soddisfare il parlante non nativo (quale la gestione di una
casa, l’interazione in un ambiente scolastico ecc.)
Infine, il criterio di inclusione considera quei lessemi generici che includono il
significato più specifico di parole appartenenti alla stessa area semantica e che ven-
gono utilizzati dai parlanti non nativi con competenze linguistiche basiche come
parole passpartout.
Si è già visto (vedi cap. 3) quanto tale comportamento linguistico si rifletta
nelle scelte lessicali che adopera il parlante nei livelli di competenza elementare
del Profilo. Di fatto, a livello A si nota un uso diffuso di certi iperonimi (per
esempio, casa) che vengono utilizzati dallo stesso per sopperire alla mancata
conoscenza dei relativi iponimi (per esempio, monolocale, villette a schiera) i
quali, avendo un significato più delimitato, s’incontrano a partire dal livello
superiore B. Ed è proprio in relazione a questa esigenza comunicativa che si devo-
no interpretare certi comportamenti linguistici che emergono dall’inventario
relativo alla grammatica.
Le caratteristiche peculiari di quest’inventario rimandano a uno dei punti citati
all’inzio del paragrafo 7.5 a proposito delle implicazioni didattiche che, secondo
North (2007), il Quadro può avere nell’insegnamento di una lingua. Tra questi,

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infatti, si delinea il concetto di competenza parziale, ovvero di un possibile svilup-


po limitato sia di un’abilità sia di utilizzo di alcune strutture linguistiche.
L’esigenza di rispondere a dei bisogni comunicativi di prima necessità ha un suo
riscontro anche nelle scelte grammaticali del parlante non nativo, che lo portano a
sviluppare delle conoscenze parziali nell’avanzamento del suo processo evolutivo.
Come è già stato descritto (vedi cap. 3) l’inventario delle strutture grammatica-
li fornisce vari casi che riflettono tale comportamento linguistico. Tra essi, a un
livello A1, l’uso formulaico di vorrei, perché utile per svolgere transazioni di routi-
ne (per esempio in negozi), così come il ricorso a segnali discorsivi memorizzati,
quale scusa, per richiedere l’attenzione in interazioni sociali ordinarie e l’uso di alcu-
ni comuni verbi riflessivi, quali mi sveglio, mi alzo, utilizzati per lo più come mor-
femi lessicali, per descrivere in maniera basica le abituni quotidiane; oppure, a un
livello B1, l’uso del modo congiuntivo limitato al tempo presente in subordinate
che dipendono esclusivamente da verbi che esprimono un’opinione, un sentimen-
to o una speranza, e via dicendo.
Tali scelte linguistiche testimoniano il precoce sviluppo della competenza passi-
va di certe strutture grammaticali da parte degli apprendenti, che solo in tappe suc-
cessive diventa efficacemente attiva.
Concludendo, si può asserire che le osservazioni suggerite dall’analisi dei mate-
riali linguistici dell’inventario relativo alle strutture grammaticali delineano una
serie di implicazioni, che essi potrebbero avere se adottati in percorsi di insegna-
mento per apprendenti di italiano L2, come quelli di seguito elencati.
• L’esistenza di una grammatica transitoria che l’apprendente adotta per soddisfa-
re esigenze comunicative (Andorno et al., 2003, p. 127), per cui si possono con-
cepire percorsi in cui un certo materiale linguistico viene precocemente utilizza-
to senza essere analizzato.
• L’ipotesi dell’insegnabilità (Pienemann, 1984) secondo la quale ciò che non è ap-
prendibile non deve essere insegnato, ovvero un apprendente attraversa degli sta-
di naturali di apprendimento tra cui intercorre una gerarchia di difficoltà e di ac-
cessibilità che non può essere manipolata dall’insegnamento; quindi, una strut-
tura non deve essere insegnata prima che un apprendente non sia cognitivamen-
te e linguisticamente pronto a recepirla (Pallotti, 1998; Lo Duca, 2003; Andor-
no et al., 2003; Giacalone Ramat, 1993 e altri).
• La presentazione delle strutture grammaticali in un sillabo deve essere graduale e
quindi non necessariamente esaustiva e rigorosa bensì funzionale, ovvero fornire una
descrizione parziale ma di più facile comprensione da parte degli apprendenti.
• La necessità di rapportarsi a un sillabo ciclico e a spirale che consenta di ritorna-
re sugli argomenti grammaticali non per una semplice ripetizione quanto piut-
tosto per integrarli, ritornandovi a più riprese, e cercando di evitare sia fenome-
ni di fossilizzazione, che impediscono progressi, sia fenomeni di elusione, per cui
se una struttura viene prematuramente presentata può indurre l’apprendente a
evitarla, riferendosi ad altre modalità di comunicazione.

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L’adozione di un sillabo siffatto implica il riconoscimento dell’uso limitato delle


strutture a certi livelli e ciò può indurre gli apprendenti a ipergeneralizzazioni, quin-
di a commettere errori, che, in tal caso, devono essere considerati non come abitu-
dini negative (Giacalone Ramat, 1993; Pallotti, 1998; Andorno et al., 2003 e altri)
da eludere, ma come normali indizi dell’evoluzione della loro interlingua.

7.8 CONCLUSIONI
Alla luce di quanto sin qui asserito, i descrittori linguistici del Profilo possono for-
nire indicazioni agli insegnanti su cosa aspettarsi da parte di apprendenti di lingua
italiana come lingua non materna, nei vari livelli di competenza da A1 a B2. È uno
strumento che può agevolare la programmazione didattica ma, essendo per sua
natura libero da ogni contesto di riferimento, deve essere oggetto di una rielabora-
zione in base agli obiettivi che i diversi utenti si prefiggono.
L’aspetto organico e interrelato dei diversi inventari linguistici consente di suppor-
tare una descrizione olistica della lingua e per tale ragione può rendersi utile nella
definizione di compiti linguistici. Essi sono momenti essenziali della didattica poi-
ché consentono di integrare modalità di apprendimento più guidate con altre più
legate alla contingenza del contesto, quindi meno controllate perché dipendenti
dall’interazione dei partecipanti che combinano le proprie strategie e competenze
per eseguirli.
Di fatto, benché gli inventari del Profilo possano contribuire a suggerire della
tracce a cui rapportarsi, essi di per sé non hanno ambizioni di esaustività né di for-
nire risposte definitive al ben più complesso processo di apprendimento.
L’uso della lingua è influenzato da un insieme di variabili (Giacalone Ramat,
1993; Larsen-Freeman, 2008; van Lier, 1996 e altri) quali: l’esperienza in sé che il
parlante vive nel momento specifico, le interazioni sociali cui partecipa, i meccani-
smi cognitivi che vengono coinvolti e i fattori ambientali legati al setting in cui si
svolge lo scambio comunicativo. Per queste ragioni, comportamenti linguistici, sep-
pur prevedibili, potrebbero non verificarsi in quanto l’esperienza di apprendimento
è caratterizzata da percorsi comunque individuali18 ed è un fenomeno complesso e
non lineare che prevede diverse fasi transitorie e contradditorie. Nel contesto didat-
tico, per sua natura circoscritto, è dunque necessario attivare la lingua in ambiti il

18 Larsen-Freeman (2008) descrive alcuni studi in cui veniva richiesto a uno studente di raccontare in
pochi minuti una storia a un compagno. La stessa storia veniva poi riferita a un altro partner in un tempo più
breve. Nella seconda narrazione si è verificato un aumento dell’accuratezza e della fluenza da parte del parlan-
te. Allo stesso modo attraverso studi longitudinali, ovvero estesi nel tempo, da lei realizzati, nei quali veniva
richiesto agli studenti di svolgere la stessa attività (raccontare una storia) a intervalli di tempo distanti, si è nota-
to che gli apprendenti seguivano percorsi diversi, ovvero alcuni aumentavano la complessità pragmatica, altri
quella lessicale e che nel contempo mostravano progressi e regressi: una stessa struttura veniva diacronicamen-
te utilizzata correttamente e scorrettamente. Questa instabilità, che rappresenta un’ulteriore testimonianza della
complessità dell’apprendimento linguistico, rende difficile ogni previsione scientifica dei percorsi individuali.

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più possibile diversificati attraverso l’adozione di una vasta gamma di attività e di


compiti. Questi ultimi, ripetuti ciclicamente, devono consentire un riciclaggio
costante del materiale linguistico appreso e permettere di stabilire una relazione-
ponte tra la realtà della classe e il mondo esterno, favorendo l’alternanza tra un
apprendimento linguistico controllato e uno più spontaneo, tenendo costante-
mente presente che la lingua non è un processo di aggregazione bensí di continua
trasformazione.

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