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di Claudia Pastorino
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Chi non conosce il celebre motto Canta che ti passa? Si tratta di un motto di
trincea inciso nel fango di una parete di dolina, ritrovato durante la prima guerra
mondiale dall’ufficiale, scrittore, poeta nato a Genova Piero Jahier (1884 – 1966)
che lo trascrisse e lo pubblicò nella sua raccolta Canti di soldati del 1919. Questo
motto riassume l’intuizione antica quanto l’uomo secondo cui cantando i mali
fisici e morali vengano attenuati. Medicine popolari e tradizionali, etnomedicine,
rituali sciamanici di guarigione, utilizzavano e utilizzano la vocalità come strategia
di benessere, di trasformazione, di cura, declinandola nelle più diverse forme
vocali: canti di guarigione, nenie, lallazioni, invocazioni magico-sciamaniche,
vocalizzi curativi, mantra, filastrocche terapiche, orazioni, salmi rituali, istituiti ad
hoc per i vari tipi di bisogni, generalmente tramandati oralmente, anche dai tempi
più remoti.
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Nelle condizioni di umana sofferenza il canto è presente da sempre,
istintivamente, a tutte le latitudini, come animatore, generatore di consolazione e
forza interiore, balsamo per l’anima: canti degli schiavi (Slave Song), canti dei
lavoratori (Work Song), canti dei prigionieri (Prison Song), canti di trincea della
prima guerra mondiale, canti concentrazionari della seconda guerra mondiale… In
tutti questi frangenti, come testimoniano le raccolte realizzate da musicologi ed
etnomusicologi a ogni latitudine, i canti nacquero spontaneamente come risorsa
morale, grido di resistenza, possibilità unica e ultima di affermazione identitaria.
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Nel 2000 nasce in Italia la Scuola Italiana di Canto e Cantoterapia con Sede a Genova www.cantoterapia.it
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Nell’occasione di questo Convegno ho realizzato il poster Cantoterapia, una
sorta di mappa visuale, di carta antropografica, che raffigura l’intero corpo
umano; lo strumento vocale siamo infatti noi in carne, ossa, muscoli, cervello, e
l’attività canora si realizza attraverso l’utilizzo dell’intero strumento musicale-
vocale: elemento motore, costituito dall’impianto diaframmatico, elemento
vibrante, costituito dalle corde vocali situate in laringe, elementi risonanti,
costituiti dalla faringe e dai risuonatori ossei superiori del massiccio facciale, ma
anche cuore, emotività, memoria, sentimenti, il tutto coordinato, regolato, gestito
dalla centralina di tutti i processi, il cervello.
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I Mammiferi vengono al mondo con una respirazione costo-diaframmatica-
addominale ma gli esseri umani, sovente già a partire da giovane età, adottano
una respirazione alta, superficiale, parziale, anche detta apicale o clavicolare, a
differenza degli altri Mammiferi che (a meno di patologie) respirano, sostengono il
suono e vocalizzano in modalità costo-diaframmatica-addominale dal primo e fino
all’ultimo respiro. La respirazione costo-diaframmatica-addominale, profonda,
naturale, pienamente ossigenante e vivificante, che permette ampie escursioni
diaframmatiche e la ventilazione e l’espansione delle basi polmonari, viene così
limitata, penalizzata, parzialmente bloccata, in luogo di una respirazione limitata,
incompleta, sovente causa di disturbi quali ad esempio sensazione di affanno,
“fame d’aria”, tensioni a livello del collo e delle spalle durante la fonazione
prolungata, stanchezze vocali, raucedini ricorrenti, perdite di qualità vocale nei
decenni, prolungamento dei tempi di recupero post-fonatori, sensazione di “nodo
in gola” nella voce parlata, incapacità di controllo su stress e stati ansiosi.
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Non si tratta di imparare qualcosa ex novo bensì di riappropriarsi della
respirazione piena, profonda e sana dataci in dono da Madre Natura, e di liberare
la naturale attivazione del sostegno del suono, sovente intrappolata e impedita
da tensioni, blocchi, rigidità, difetti posturali, equivoci nella didattica del
sostegno stesso.
Il poster cita i diversi livelli attivati dal canto, e tre autori scientifici, Tomatis,
Sacks, De Fonzo: essi ci guidano in questo viaggio introduttivo all’interno del
potere di cura del canto. Alfred Tomatis è stato un medico italo-francese
specializzato in Otorinolaringoiatria. Nelle sue numerose, interessanti,
pionieristiche pubblicazioni, tra cui L’orecchio e la voce e Ascoltare l’universo, egli
descrive il potere di ricarica corticale del canto. Tomatis cura attraverso il canto,
sia eseguito che ascoltato, una serie di patologie otorinolaringoiatriche di cui
riporta numerosi casi di successo nei suoi testi. Tomatis si riferisce al potere
vibrazionale del canto: il canto nasce dalla vibrazione e a sua volta genera
vibrazioni, e Tomatis individua nelle vibrazioni una delle forze fondamentali della
natura (pensiero promosso negli stessi anni ad altre latitudini dal cantante,
musicista e fisico indiano Vemu Mukunda). Da queste microscosse che agiscono e
si irradiano su organi, tessuti, cellule, sistemi, deriva una riattivazione che a sua
volta genera una vera e propria ricarica energetica. Non si canta mai abbastanza,
afferma Tomatis, che nel poster è collocato vicino alla voce orecchio poiché i suoi
studi scientifici si sono focalizzati per decenni sul ruolo centrale dell’orecchio (con
particolare riferimento all’orecchio destro) e sull’ascolto del canto con funzioni
terapiche.
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Tomatis individua nell’ascolto del canto gregoriano in particolare una
efficace fonte di benessere psicocorporeo e di ricarica energetica e corticale,
grazie alla forza vibrazionale della monodia e della coralità.
https://www.youtube.com/watch?v=fyZQf0p73QM&t=4s
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In seguito agli ascolti delle canzoni Henry riacquisisce, per finestre temporali
limitate, la verticalità, il movimento, l’eloquio, la vivacità, l’espressività del volto, si
anima, si commuove, riesce a comunicare con parole toccanti i propri sentimenti e
il proprio pensiero sul bene offerto dalla musica e dal canto.
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www.neurocanto.it
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Supportando l’eloquio con semplici melodie possono essere favorite, ad
esempio, le riabilitazioni dei deficit del linguaggio, e diversi casi di Mirella De
Fonzo documentano proprio come pazienti con deficit di linguaggio, causati ad
esempio dalla malattia di Parkinson, riescano a esprimersi compiutamente
supportando le frasi con semplici melodie.
Analogo fenomeno è descritto in chiave filmica dal film Flawless del 1999,
con De Niro e Seymour Hoffmann, dove il protagonista perde l’uso della parola in
seguito a un Ictus e viene aiutato nella riabilitazione attraverso gli esercizi canori.
Di fatto l’azione canora attiva all’unisono più aree cerebrali di entrambi gli
emisferi, generando una benefica armonizzazione psicocorporea; tra le aree
cerebrali attivate dal canto sono descritte le aree emotive, le aree ideatorie, le
aree del linguaggio, le aree motorie, le aree dell'attenzione, le aree della memoria,
le aree dell'elaborazione, le aree dell'eloquio, le aree della concentrazione, le aree
della musicalità, le aree dell'intonazione. Del resto, ogni persona ha sperimentato
nella propria vita il benessere che deriva dal canto, in duplice modalità, esogena
ed endogena, cioè canto ascoltato e canto eseguito. Il potere del canto è evidente
agli occhi, alle orecchie, al cuore, alle emozioni di tutti, nell’esperienza quotidiana.
Il canto tocca dentro, smuove, trasforma, nel bene e nel male: un canto sgradito o
sgradevole, può disturbare, infastidire, essere fonte di un vero e proprio
malessere, così come un canto amato, amabile, delizioso, avvolgente,
emozionante può migliorare lo stato d’animo, lenire un dolore, sollevare il morale,
infondere grinta, generare energia, migliorare una giornata.
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Ricollegandomi ai temi del Convegno relativi alle strategie terapeutiche
nella gestione del dolore, vorrei evidenziare dunque quanto la costante emotiva
umana abbia fatto sì che, in ogni epoca e latitudine, l’essere umano abbia intuito e
istintivamente praticato e utilizzato il potere di cura del canto. Pitagora curava
diversi mali, tra cui l’iracondia, la depressione, le nevrosi, attraverso il canto, e ce
ne dà conto Giamblico nel suo La vita di Pitagora (III sec. D. C.), e così la medicina
araba, la medicina cinese, le medicine etniche, sciamaniche, popolari, orientali e
occidentali. A Genova ha sede il Museo di Etnomedicina intitolato ad Antonio
Scarpa, il medico fondatore dell’Etnomedicina. Scarpa studiò per cinquant’anni le
medicine tribali, popolari, tradizionali, etniche dei cinque continenti; la sua
instancabile attività di ricerca sul campo gli valse l’appellativo di medico girovago
o medico periodeute. Dagli studi sul campo di Antonio Scarpa emerge come una
costante l’utilizzo terapico della vocalizzazione.3
Concludo con le parole di Henry che abbiamo ascoltato dalla sua stessa
voce: Io vedo chiaramente quanto il mondo avrebbe bisogno di andare nella
direzione della musica! Cantando tu crei bellissima e amabile musica! Io provo
sentimenti d’amore e di sogno: il Signore venne a me, fece di me un uomo santo,
io sono un uomo santo, così Egli mi donò questi Suoni!
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SCARPA ANTONIO, Itinerario per la visita al Museo di Etnomedicina “Collezioni Antonio Scarpa”, Erga, 1994.
SCARPA ANTONIO, Pratiche di Etnomedicina. I fattori psicosomatici nei sistemi medici tradizionali, Red, 1988.
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[Conferenza di Claudia Pastorino presentata il 12 Novembre 2016 a Firenze al Convegno SincronicaMente
organizzato dall’Ordine dei Medici di Firenze e dalla Associazione Onlus Vincere il Dolore]
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