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La presentazione dello stato patrimoniale, del conto economico, del rendiconto finanziario, e della nota
integrativa nei bilanci di esercizio Per espressa disposizione dell’art 2423 c.c. il termine bilancio comprende lo
stato patrimoniale, il conto economico, il rendiconto finanziario e la nota integrativa. Lo stato patrimoniale (art
2424 c.c.), il conto economico (art 2425 c.c.) e il rendiconto finanziario (art 2425 c.c.) costituiscono elementi di
natura contabile, la nota integrativa è un documento in cui vengono fornite informazioni di commento ai dati
contabili dei precedenti documenti.
Il codice civile prevede una forma obbligatoria o “rigida” degli schemi di stato patrimoniale e di conto economico.
Lo stato patrimoniale presenta una struttura a “sezioni contrapposte”. Due sezioni: a sinistra vi sono le attività
(forme di impiego del capitale), a destra le passività (fonti di raccolta del capitale) e il patrimonio netto.
All’interno delle sezioni, le poste del bilancio di esercizio sono raggruppate in:
Per le singole poste del bilancio di esercizio è necessario indicare anche l’importo dell’esercizio precedente
(informazione comparativa).
Lo schema dell’attivo dello stato patrimoniale è ispirato a una logica di tipo finanziario, distinguendo le
immobilizzazioni (impieghi destinati a essere utilizzati per più esercizi) dall’attivo circolante (impieghi con utilizzo
non oltre il prossimo esercizio). Lo schema del passivo dello stato patrimoniale non mantiene una logica di tipo
finanziario.
Lo schema di conto economico presenta una struttura scalare. Lo schema scalare privilegia la classificazione dei
ricavi e dei costi per area gestionale rispetto al segno delle poste ricomprese nel documento, consentendo di
evidenziare i margini intermedi riferiti alle singole aree gestionali, in modo da illustrare il percorso formativo del
reddito di esercizio.
L’area della produzione, comprende l‘area operativa (svolgimento attività produzione) e l’area extra-operativa
(investimenti non finanziari a reddito)
L’area finanziaria, comprende il rendimento delle attività finanziarie e l’onerosità dei debiti finanziari.
Il terzo prospetto che compone il bilancio di esercizio è il rendiconto finanziario (art 2425 c.c.). Lo scopo è quello
di riportare l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all’inizio e alla fine dell’esercizio, e i flussi
finanziari dell’esercizio classificati a seconda che siano derivanti dall’attività operativa, dall’attività di investimento
o dall’attività di finanziamento, comprese le operazioni con i soci.
Il rendiconto finanziario ha la finalità di evidenziare le cause della variazione, da un bilancio di esercizio all’altro, di
una determinata voce o aggregato oggetto di studio che esprime una configurazione di ricchezza finanziaria.
Esistono vari tipi di rendiconto finanziario, uno per ogni configurazione di ricchezza finanziaria. Tra i principali
troviamo il rendiconto finanziario delle disponibilità liquide, quello del capitale circolante, e quello della posizione
finanziaria netta.
Il rendiconto finanziario che completa i prospetti dello stato patrimoniale e del conto economico è quello delle
disponibilità liquide, così come prescritto dall’OIC 7 e dallo IAS 7.
Lo scopo principale del rendiconto finanziario è la descrizione delle cause di variazione delle disponibilità liquide e
dei mezzi equivalenti a esse per fornire un’informativa puntuale circa lo stato e la l’evoluzione della solvibilità
aziendale di breve periodo. Così l’investitore esterno sarà in grado di capire come l’azienda sia stata e sarà in
grado di accedere al finanziamento e di adempiere delle proprie obbligazioni nel breve periodo. Poiché nel breve
periodo esistono molto spesso differenze tra la dinamica finanziaria e quella economica. Dall’esistenza del
disallineamento temporale tra il momento in cui un evento è rilevato sotto l’aspetto economico e quello in cui
genera flussi di cassa. Nasce la necessità di predisporre un prospetto di flussi che illustri l’andamento finanziario
della gestione.
Il rendiconto finanziario mostra, partendo dal volume delle disponibilità liquide a inizio esercizio, i flussi finanziari
che partecipano alla variazione delle disponibilità liquide nel corso dell’esercizio, determinando il volume delle
disponibilità liquide di fine periodo.
Entrambi i principi contabili (OIC 10, IAS 7) che ne disciplinano il contenuto richiedono che i flussi di cassa che lo
compongono devono essere divisi in:
Flussi finanziari dallo svolgimento dell’attività operativa, evidenziano l’effetto che la gestione operativa o
caratteristica aziendale ha prodotto sulle disponibilità liquide, utile a valutare la capacità di generare flussi dalla
risorsa oggetto di rendiconto Flussi finanziari dallo svolgimento dell’attività di investimento, determinati da
operazioni in cui l’impresa impiega o libera risorse finanziarie per modificare la struttura dell’azienda (acquisti e
cessione di immobilizzazioni)
Flussi finanziari dallo svolgimento dell’attività di finanziamento, determinati da operazioni che comportano
variazioni della struttura finanziaria dell’impresa.
Due diversi modi di calcolo e illustrazione della variazione netta delle disponibilità liquide:
Metodo diretto, alle disponibilità liquide di inizio esercizio si aggiungono le entrate conseguenti ai ricavi (ricavi
monetari) e si sottraggono le uscite dovute ai costi (costi monetari). Il rendiconto finanziario illustra
separatamente le entrate monetarie derivanti dalla vendita di beni e servizi e le uscite monetarie sostenute
dall’azienda per lo svolgimento dell’attività di impresa. Metodo indiretto, utilizza come riferimento iniziale il
risultato reddituale di esercizio (utile/perdita) dal quale si sottraggono (o si sommano) i ricavi (o i costi) che hanno
manifestazione economica ma non finanziaria (che non hanno generato flussi di cassa). Si tratta di rettificare il
risultato dell’esercizio in funzione dei flussi di cassa.
L’ultimo documento che compone il bilancio di esercizio è la nota integrativa. Il contenuto è obbligatorio e
disciplinato dall’art 2427 c.c.
La nota integrativa è il documento che contiene informazioni e spiegazioni dello stato patrimoniale e del conto
economico. La nota integrativa ricopre le seguenti funzioni:
Spiegare i criteri di valutazione adottati per le voci ricomprese nello stato patrimoniale e nel conto economico;
Fornire informazioni di dettaglio circa le voci inserite nel conto economico e nello stato patrimoniale;
Specificare l’inserimento di alcuni elementi dello stato patrimoniale e del conto economico entro certe voci;
Fornire informazioni di dettaglio circa le variazioni quantitative degli elementi contenuti nello stato patrimoniale;
Inserire dati aggiuntivi per una migliore e veritiera rappresentazione dello stato patrimoniale e del conto
economico;
Fornire spiegazioni sull’adozione di criteri contabili che coinvolgono valutazioni soggettive da parte degli
amministratori, tali da poter ledere il principio della prudenza.
La nota integrativa presenta una triplice utilità, svolge una funzione: descrittiva, informativa, esplicativa. È
composta di 22 punti:
Particolare attenzione viene posta sulla composizione e movimentazione del patrimonio netto. Per renderne più
chiara la comprensione è richiesta la redazione di un prospetto delle variazioni del patrimonio netto.
Il documento allegato al bilancio: la relazione sulla gestione Oltre ai 4 documenti costitutivi del bilancio di
esercizio (come previsto dall’art 2423 c.c.) se ne prevede uno a corredo del bilancio: la relazione sulla gestione.
La relazione sulla gestione è prevista dall’art. 2428 c.c. che pone l’obbligo in capo agli amministratori di redigerla.
Tale relazione è inclusa nella concezione generale del bilancio di esercizio inteso come pacchetto informativo.
Gli amministratori devono fornire un’informativa completa sull’azione gestionale dell’impresa e dei settori in cui
opera, ma anche delle eventuali aziende controllate, portando alla luce l’intera strategia del gruppo.
La relazione sulla gestione non si limita a descrivere qualitativamente quanto accaduto nella gestione ma fornisce
elementi quantitativi di dettaglio in relazione a : costi, ricavi e investimenti. La relazione sulla gestione si presenta
come connessione tra bilancio e strategia aziendale.
Il bilancio in forma abbreviata è il bilancio di esercizio con un minimo contenuto informativo redatto da
un’impresa “minore”. Tale tipologia di bilancio è regolata dall’art 2425 bis c.c. che interessa e modifica il
contenuto informativo dello stato patrimoniale, del conto economico e della relazione sulla gestione. Possono
redigere il bilancio in forma abbreviata le imprese non quotate che nel primo esercizio di vita, o per due esercizi di
fila, non abbiano superato almeno due dei seguenti limiti:
La relazione sulla gestione può essere omessa se e solo se in nota integrativa si forniscono informazioni circa le
azioni proprie e le azioni di società controllanti possedute dalla società, le azioni proprie e di società controllanti
acquistate o alienate dalla società nel corso dell’esercizio.
Società quotate, società che emettono strumenti finanziari verso il pubblico, banche e intermediari finanziari e
imprese assicuratrici devono redigere il bilancio di esercizio secondo le norme e i contenuti espressi dagli IAS/IFRS
con riferimento agli schemi di bilancio previsti dai principi contabili internazionali.
L’impostazione data dal codice e dall’ OIC circa la struttura rigida dello stato patrimoniale non trova riscontro nei
principi contabili internazionali. La forma dello “statement of financial position” (SP) non è soggetto ad alcun
modello rigido, definendo solamente un contenuto minimo basato su determinati raggruppamenti di valori.
La struttura è basata sulla distinzione tra attività e passività correnti/non correnti in modo da evidenziare gli
interessi di minoranza. È possibile la distinzione delle attività e passività in base all’appartenenza al ciclo operativo
aziendale (tempo medio tra acquisto dei fattori produttivi e incasso dei ricavi di vendita) o al criterio di liquidità-
esigibilità. La normativa internazionale mantiene il divieto dei compensi di partite salvo espressa deroga (in un
principio IAS/IFRS).
Possono considerarsi ricompresi nel passivo dello stato patrimoniale gli elementi:
Il patrimonio netto, secondo lo IAS 1, rappresenta il risultato (residuale) della differenza tra le attività e le passività
dello stato patrimoniale.
Lo IAS 1 revised del 2008 ha introdotto lo “statements of comprehensive income” (prospetto di reddito
complessivo) che si compone di due parti: una prima parte identica al conto economico, una seconda parte
comprendente costi e ricavi inviati direttamente a patrimonio netto in apposita riserva non distribuibile e
riconducibili a minus/plusvalenze potenziali su determinate attività o passività.
Lo IAS 1 circa la prima sezione prevede un contenuto minimo, eventualmente integrabile. Circa la seconda sezione
che contiene plus/minusvalenze maturate ma non realizzate, quindi inviate a patrimonio netto in apposite riserve,
derivanti da valutazioni al fair value principalmente di: immobilizzazioni, attività finanziarie, derivati di copertura
nelle operazioni di cash flow hedge.
Lo IAS 1 disciplina l’inserimento dell’informativa di segmento (segment reporting) che permette ad un lettore
esterno di comprendere le performance competitive.
Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto (secondo lo IASB) assume una rilevanza maggiore rispetto a
quanto disciplinato dai principi contabili nazionali, diventa documento separato.
Il rendiconto finanziario delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti ad esse (statement of cash flow), non è
più previsto in ambito internazionale il rendiconto finanziario del capitale circolante netto.
La relazione sulla gestione (management commentary) non è affrontata dai principi contabili internazionali (anche
se secondo lo IASB va inserito nella nota integrativa).
IAS 1 e 24: tale documento dovrebbe consistere in una review della performance economico-finanziaria al fine di
evidenziare la strategia e la politica aziendale.
La redazione del bilancio è un’azione imprescindibile dall’amministrazione delle aziende ed è un obbligo di legge,
la quale lo impone almeno una volta l’anno per garantire al mercato il bene pubblico dell’informativa societaria , a
tutela di tutti gli stakeholders.
Per le società non quotate la regolamentazione è contenuta nel codice civile e nei principi contabili nazionali
(valore integrativo e interpretativo delle norme).
La base normativa è costituita dagli articoli del codice civile che disciplinano la redazione dello stesso nelle società
di capitali, tali norme rappresentano, in Italia, l’applicazione della IV direttiva CEE.
Oltre alle norme del codice civile, son stati emanati (per integrare e interpretare) principi contabili da parte di
associazioni professionali, che sono stati poi rivisitati dall’ OIC ( organismo italiano di contabilità); i principi così
rivisitati vengono comunemente utilizzati a supporto delle norme del c.c. .
Per le società quotate la CONSOB (commissione nazionale per le società e la borsa) raccomanda l’applicazione dei
principi contabili OIC.
La CONSOB indicava anche i principi dell’ IASB (international accounting standards board) quali punti di
riferimento per la redazione del bilancio di esercizio, da impiegare in chiave suppletiva dove i principi OIC non
siano completi. I principi dello IASB sono stati elevati dall’UE al rango di regole contabili obbligatorie per la
redazione del bilancio consolidato delle società quotate nei mercati finanziari dei paesi dell’ UE a partire dal
1_01_2005.
Il legislatore ha stabilito che:
Società quotate, società aventi strumenti finanziar diffusi tra il pubblico, banche, intermediari finanziari e
imprese di assicurazione sono obbligate a adottare gli IAS nel bilancio consolidato dal 1_01_2005 e nel bilancio di
esercizio dal 1_01_2006
Le imprese che rientrano nei limiti per redigere il bilancio di esercizio in forma abbreviata non possono, in
nessun caso, applicare i principi IAS
Le società diverse da quelle indicate sopra ma incluse in un bilancio consolidato hanno la facoltà di redigere il
bilancio di esercizio secondo gli IAS a partire dal 1_01_2005
Lo stato patrimoniale
Il conto economico
Il rendiconto finanziario La nota integrativa
Il diritto dovere di redigere il bilancio di esercizio spetta agli amministratori delle società.
Il bilancio di esercizio deve essere pubblicato congiuntamente ad altri documenti allegati: la relazione sulla
gestione, la relazione dei sindaci, il verbale assembleare di approvazione del bilancio di esercizio...
1. La clausola generale
2. I principi di redazione
3. Le norme specifiche sugli schemi di bilancio e sui criteri di valutazione delle singole voci
La clausola generale è contenuta nell’art 2423 c.c., “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve
rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato
economico dell’esercizio”. La clausola generale deriva dal concetto anglosassone di “true and fair view”.
Chiarezza
Veridicità
Correttezza
Comma 3 e 4 art 2423 c.c. prevedono:
L’obbligo di fornire informazioni complementari nei casi in cui quelle previste dalla legge si ritenessero non
sufficienti agli scopi previsti dalla clausola generale
L’obbligo di derogare alle norme di legge, ove queste di rivelassero incompatibili con la rappresentazione
veritiera e corretta
A livello interpretativo, deve ritenersi che la deroga non possa riguardare i principi di redazione ma solamente i
criteri di valutazione.
La prudenza
La continuità aziendale
La sostanza economica (introdotto nel 2015)
La competenza
La valutazione separata
La costanza dei criteri di valutazione
Secondo il principio della competenza i ricavi sono di competenza quando le relative prestazioni sono state
eseguite, mentre i costi sono di competenza quando hanno contribuito alla generazione dei ricavi.
Il principio della prudenza è volto a evitare “annacquamenti di capitale” (sovrastime utile e PN), oltre a richiamare
un generale principio di cautela estimativa, esso introduce un’asimmetria nella rilevazione dei ricavi e dei costi nel
conto economico: i ricavi vanno iscritti solo se certi, i costi vanno iscritti anche se probabili.
Il bilancio di esercizio è redatto nel presupposto che l’attività aziendale sia destinata a continuare in futuro.
Devono compiersi valutazioni in ordine dell’utilità futura degli impieghi di capitale e all’esistenza di obbligazioni
future per le fonti di capitale.
Il principio della sostanza economica (prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica) prevede che,
laddove le operazioni siano regolate da forme contrattuali non aderenti alla sostanza economica dell’operazione
stessa, la contabilizzazione in bilancio debba far riferimento alla sostanza economica e non alla forma giuridica.
La costanza di applicazione dei criteri di valutazione è condizione essenziale per garantire la comparabilità dei
bilanci di esercizio nel tempo. Tale principio è derogabile in casi eccezionali, se il cambiamento apportato
consente di fornire una rappresentazione più veritiera e più corretta del bilancio stesso.
I postulati di redazione del bilancio di esercizio secondo i principi OICI postulati di redazione del bilancio di
esercizio secondo i principi OIC
Il principio contabile OIC n.11 ribadisce l’importanza dei postulati previsti dal codice civile per la redazione del
bilancio di esercizio e ne illustra altri.
Il documento OIC n.11 illustra il postulato dell’utilità del bilancio di esercizio per gli stakeholders.
Il secondo postulato introdotto dall’ OIC n.11 si riferisce al principio di prevalenza della sostanza sulla forma.
L’ OIC n.11 ritiene che la chiarezza del bilancio sia favorita fornendo informazioni analitiche e inserendo nella nota
integrativa elementi che consentano di agevolare la lettura della scrittura contabile.
L’ OIC n.11 introduce il postulato della neutralità in cui l’amministratore o chi per lui dovrebbe redigere il bilancio
con imparzialità e competenza, avendo come riferimento il maggior numero possibile di destinatari. La deviazione
più comune da tale postulato consiste nelle politiche di livellamento dei redditi, tramite le quali si effettuano
compensazioni tra risultati economici successivi usando scelte e politiche contabili che impediscono al lettore di
comprendere la reale sostanza economica dell’azienda (“earnings management”).
L’ OIC n.11 sottolinea che il postulato della comparabilità si concretizza nella costanza di applicazione sia degli
aspetti sostanziali, utilizzo degli stessi criteri di valutazione (consistency), sia a livello di struttura formale,
modalità di esposizione delle voci costante nel tempo, sia nell’eventuale segnalazione di operazioni straordinarie
tali da modificare la struttura aziendale.
Il legislatore impone l’obbligo di mostrare accanto a ogni voce l’importo corrispondente dell’anno precedente.
Considerando che i metodi di valutazione alternativi sono ammessi dalla legge, il principio dell’ OIC evidenzia la
rilevanza della spiegazione nella nota integrativa.
L’ OIC n.11 introduce anche il postulato dell’omogeneità, il quale si riferisce all’adozione in bilancio di un’unica
moneta.
Tra i postulati dell’ OIC n.11 emerge che il metodo del costo deve essere inteso come criterio di base per la
rilevazione e valutazione delle voci che compongono il bilancio. La scelta del costo è giustificata dal fatto che tale
misura:
Tra gli altri postulati dell’ OIC n.11 troviamo: la significatività e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro
presentazione in bilancio, la periodicità della misurazione del risultato economico e del patrimonio aziendale, e la
verificabilità dell’informazione.
L’OIC si sofferma anche sulla rilevante funzione della nota integrativa, come specificazione del principio della
chiarezza. È esplicitamente richiesto nell’ OIC n.11 di inserire in nota integrativa: il rendiconto finanziario,
informazioni sulle limitazioni alla disponibilità relative alle immobilizzazioni, rimanenze di magazzino, liquidità
immediate, informazioni relative alle relazioni con aziende consociate, informazioni sulla concentrazione di crediti
tra pochi clienti, informazioni sul grado di utilizzo delle immobilizzazioni.
I postulati del bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali sono contenuti nello IAS 1, che ha la
finalità di definire i criteri per la presentazione del “bilancio redatto con scopi di carattere generale”.
Il principio afferma che la caratteristica di bilancio deve essere quella di strumento informativo nei confronti di
terzi che non sono nella condizione di chiedere rendicontazioni adatte. Lo IAS 1 individua postulati di bilancio che
devono essere applicati nel momento della sua redazione.
Lo IAS 1 dispone che i bilanci debbano rappresentare in maniera attendibile la situazione patrimonialefinanziaria,
il risultato economico e i flussi finanziari di un’impresa. Le voci di bilancio devono essere correttamente collocate
tra le macro-aree e i criteri di valutazione devono essere in linea con quanto previsto dagli altri IAS/IFRS
Lo IAS 1 stabilisce che gli effetti delle operazioni e degli altri eventi siano rilevati contabilmente e iscritti in bilancio
dell’esercizio cui si riferiscono, indipendentemente dal momento in cui avviene il relativo flusso di cassa.
Lo IAS 1 stabilisce che un’informazione è rilevante se è in grado di influire sul processo decisionale degli
utilizzatori del bilancio.
Compensazione (offsetting)
Si riferisce alla necessità di presentare il bilancio di esercizio almeno una volta l’anno. Se la società modifica la
data di chiusura del bilancio di esercizio dovrà indicare chiaramente nella nota integrativa: l’esercizio di
riferimento coperto dal bilancio, la ragione per la quale l’esercizio è più lungo o più breve, e il fato che gli importi
presentati non sano del tutto comparabili con quelli dell’esercizio precedente.
Lo IAS 1 definisce la comparabilità come “la qualità dell’informazione che consente di individuare similitudini o
differenze nell’analisi di due gruppi di fenomeni economici”. Per gruppi di fenomeni economici si fa riferimento a:
imprese diverse in uno stesso anno (comparabilità nello spazio), anni successivi di una stessa impresa
(comparabilità nel tempo).
Lo IAS 1 dispone che la presentazione e la classificazione delle voci nel bilancio sia mantenuta costante
(consistent) da un esercizio all’altro. La deroga a tale postulato è ammessa esclusivamente nei seguenti casi:
Una diversa modalità di presentazione e classificazione è necessaria a seguito di un cambiamento rilevante nella
natura delle operazioni della società oppure a seguito del riesame del bilancio
Un IFRS modificato o di nuova emissione richiede la variazione della presentazione del bilancio di esercizio.
10 La performance aziendale
Il concetto di performance aziendale In generale con il termine performance si intende la capacità o meno di
raggiungere certi obiettivi o risultati.
La valutazione di una qualunque performance non può prescindere da una chiara definizione degli obiettivi che si
vogliono perseguire.
Nel momento in cui si parla di performance aziendale bisogna definire gli obiettivi dell’azienda medesima.
La teoria economica classica ha da sempre individuato il fine principale dell’azienda nella massimizzazione del
profitto. La stessa teoria è stata superata nel tempo per l’evoluzione del contesto socioeconomico.
La teoria della creazione e diffusione del valore sostiene che il fine essenziale dell’azienda è la creazione di valore
nel tempo e la sua diffusione a favore di tutti gli azionisti.
La teoria della sopravvivenza aziendale sostiene che il fine è quello di sopravvivere il più a lungo possibile per
garantire lavoro e reddito agli azionisti e ai dipendenti. La creazione di valore rappresenta la principale fonte di
per la sopravvivenza dell’organismo aziendale (tipo una garanzia).
La teoria della crescita dimensionale sostiene che il fine dell’azienda sia la massimizzazione delle dimensioni, in
quanto lo sviluppo dimensionale accrescerebbe il potere e il prestigio dei manager e assicurerebbe visibilità e
successo sociale. Condizione necessaria è la creazione del valore.
La teoria del successo sociale sostiene che le finalità dell’imprenditore siano diverse dallo scopo di lucro e
consistano nell’affermarsi mediaticamente e ottenere successo e visibilità.
La creazione di valore rappresenta la finalità fondamentale della maggioranza delle aziende poiché nel medio-
lungo termine una persistente mancanza di creazione del valore pregiudica la sopravvivenza, lo sviluppo
dimensionale e il successo sociale dell’imprenditore.
Le aziende dovrebbero perseguire la creazione di valore per gli azionisti senza ledere i diritti degli altri
stakeholder, non solo per ragioni etiche ma perché le aziende che non rispettano gli stakeholder nel mediolungo
termine in genere non sono in grado di creare nuovo valore economico.
Lo stato patrimoniale rappresenta, nell’attivo il valore degli investimenti sostenuti dall’azienda, mentre nel
passivo ile fonti di finanziamento.
Il conto economico rappresenta i risultati relativi al rendimento degli investimenti e al costo parziale (non viene
rappresentato il costo del capitale di rischio) dei finanziamenti.
Un’impresa crea valore nel momento in cui il tasso di rendimento dei propri investimenti risulta sistematicamente
superiore al costo delle sue fonti di finanziamento.
Diventa dunque cruciale, ai fini della valutazione della performance aziendale, la corretta misurazione del:
Le condizioni di equilibrio economico e finanziario per la creazione di valore La creazione di valore per gli azionisti
dipende dalla capacità dell’impresa di produrre una remunerazione del capitale da essi investito che risulti
superiore al costo dei finanziamenti. Tale capacità è funzione:
Dei redditi futuri generabili dall’impresa
Del grado di rischio dell’impresa stessa
Ad un maggior rischio imprenditoriale corrisponde un maggior rendimento atteso da parte degli azionisti, e un
maggior costo dei finanziamenti.
Il reddito aziendale è un indicatore incompleto della performance aziendale, che può essere apprezzata
correttamente solo tenendo in considerazione anche:
L’equilibrio economico, che è la capacità di generare profitti soddisfacenti e che attiene alla dinamica ricavi/costi
(R-C ≥ π)
L’equilibrio finanziario, che è la capacità di far fronte alle obbligazioni di pagamento assunte ed è influenzato
dalla dinamica entrate/uscite (L+E-U ≥ 0)
La differenza tra ricavi e costi di esercizio deve essere almeno pari al profitto π ritenuto soddisfacente dagli
azionisti, che a sua volta dipende dal prodotto del patrimonio netto e il tasso equo di remunerazione, che
corrisponde alla remunerazione che gli azionisti potrebbero ottenere da investimenti alternativi aventi pari grado
di rischio.
Le uscite di moneta devono poter essere soddisfatte tramite la liquidità esistente e le entrate di moneta.
Tali condizioni devono essere verificate sia nel breve che nel medio-lungo termine (nel continuo termine).
La sopravvivenza duratura dell’azienda non può prescindere da un robusto equilibrio economico, il suo fallimento
può essere determinato anche solo da una crisi finanziaria momentanea, nel caso in cui l’azienda stessa non sia in
grado di rimuovere i fattori che determinano l’insolvenza.
Nel medio-lungo termine i due ordini di equilibri tendono a convergere verso l’equilibrio economico, un robusto
equilibrio economico consente di risolvere disequilibri finanziari momentanei, mentre un perdurante disequilibrio
economico finisce per erodere eventuali riserve di liquidità conducendo l’azienda all’insolvenza.
Nel breve termine i due ordini di equilibri possono anche significativamente discostarsi.
L’analisi della performance economico-finanziaria attraverso il bilancio si sviluppa lungo tre dimensioni:
Analisi della solidità aziendale, cioè analisi dell’equilibrio finanziario nel medio-lungo termine
Analisi della liquidità aziendale, cioè analisi dell’equilibrio finanziario nel breve termine
Analisi della redditività aziendale, cioè analisi dell’equilibrio economico nel medio-lungo termine
La gestione aziendale deve essere costantemente indirizzata alla riduzione e al controllo del rischio inerente
qualsiasi attività di business.
Il rischio operativo è riconducibile alla gestione operativa dell’impresa nel suo complesso e quindi alle condizioni
di svolgimento del business; è funzione del grado di sensibilità dei risultati operativi aziendali rispetto alle
dinamiche di mercato che determinano i ricavi dell’impresa.
Il rischio finanziario attiene alle modalità di copertura finanziaria che l’azienda adotta a fronte delle proprie
scelte operative e di investimento. La politica finanziaria di un’impresa gioca un ruolo cruciale nelle dinamiche di
performance dell’impresa stessa.
L’analisi del rischio finanziario permette dunque il completamento dell’analisi del rischio operativo.
Il principale indice di rischio operativo è riconosciuto nell’effetto di leva operativa, strumento che analizza come il
risultato caratteristico dell’impresa sia influenzato dalla variazione dei ricavi.
La sensibilità del reddito operativo, all’incremento dei ricavi di vendita, è determinata dalla struttura dei costi
aziendali (ripartizione costi fissi e costi variabili). Tanto più la struttura dei costi aziendali sarà caratterizzata da
costi fissi, tanto più il reddito operativo sarà sensibile alla variazione dei ricavi di vendita.
L’analisi della solidità (equilibrio finanziario medio-lungo termine, la capacità dell’azienda di gestire
correttamente le entrate e le uscite)
L’analisi della liquidita (equilibrio finanziario breve termine, L+E-U ≥ 0 )
La presentazione dello stato patrimoniale e del conto economico per l’analisi della performance
Il bilancio di esercizio rappresenta la principale fonte informativa per l’analisi economico-finanziaria della
performance d’impresa, contiene informazioni da cui partire per realizzare un’analisi comparativa, nel tempo e
nello spazio, dei risultati d’impresa.
La struttura e la portata informativa del bilancio di esercizio non sono in linea con gli scopi di analisi della
performance aziendale, ma sono il punto di partenza e la maggior fonte di informazioni.
Qualsiasi analisi della performance aziendale deve partire dalla riclassificazione del bilancio, ovvero dalla
ridefinizione dei dati patrimoniali ed economici secondo criteri e principi in linea con gli obiettivi dell’analisi.
Ai fini dell’analisi dell’equilibrio finanziario, ciò che va rilevato è l’attitudine finanziaria degli impieghi e delle fonti
del capitale aziendale.
Gli impieghi genereranno entrate di moneta, essi ritorneranno liquidi grazie a forme di realizzo diretto, tramite
l’incasso, o indiretto, tramite l’utilizzo nel processo produttivo. Le fonti genereranno uscite di moneta in forma
diretta, tramite il pagamento, o in forma indiretta, tramite il sostenimento dei costi per le prestazioni da erogare.
Ai fini dell’equilibrio finanziario è fondamentale che il tempo di ritorno in forma liquida degli impieghi sia
sincronizzato con il tempo di estinzione delle relative fonti.
Lo stato patrimoniale deve essere riclassificato secondo un criterio finanziario in funzione del tempo.
Attività non correnti (o attivo fisso), il cui tempo di ritorno in forma liquida è superiore alla durata del ciclo
gestionale (convenzionalmente 12 mesi);
Attività correnti (o attivo circolante), il cui tempo di ritorno in forma liquida è inferiore alla durata del ciclo
gestionale(convenzionalmente 12 mesi).
Le passività sono distinte in:
Le modalità di riclassificazione economica per l’analisi della redditività dipendono dal concetto stesso di equilibrio
economico e di redditività.
L’equilibrio economico è definito come la capacità dei ricavi di coprire i costi, lasciando una remunerazione
residuale soddisfacente per gli azionisti. (R-C ≥ π)
La redditività aziendale fa riferimento al reddito e al capitale investito per ottenere quel reddito.
la redditività esprime l’attitudine del capitale a produrre reddito ed è espressa dal rapporto tra il reddito e il
capitale investito. r = Reddito/Capitale
L’analisi della redditività si compie attraverso una lettura integrata sia dello stato patrimoniale sia del conto
economico, opportunamente classificati secondo un criterio che faccia riferimento agli aspetti economici della
gestione. Si tratta di vedere dove viene investito il capitale e quanto rende, e quali sono le fonti di finanziamento
degli investimenti e quanto vengono remunerate.
Gli impieghi del capitale hanno la caratteristica comune di generare un reddito, e possono essere:
A redditività complessiva (impieghi operativi), rendono solo se combinati a un sistema per lo svolgimento di
un’attività di tipo produttivo. Sono detti impieghi operativi.
A redditività specifica (impieghi finanziari), rendono anche considerati singolarmente. Sono detti impieghi
finanziari.
Le fonti del capitale hanno la caratteristica comune di generare costi, perché devono essere remunerate.
Possono essere:
A costo esplicito (fonti finanziarie), se derivano da operazioni di finanziamento e hanno una remunerazione
esplicita iscritta a conto economico
A costo implicito (fonti operative), se derivano da operazioni di gestione operativa e non hanno una
remunerazione esplicita espressa nel conto economico.
Il modello della riclassificazione è detto “operativo”/”funzionale”/”per aree di gestione” poiché distingue impieghi
e fonti in funzione dell’area gestionale di pertinenza. Sono distinti impieghi e fonti dell’area operativa e impieghi e
fonti dell’area finanziaria.
La gestione operativa genera fabbisogni di capitale e determina la necessità di investire capitale; la gestione
finanziaria è volta a determinare le modalità di finanziamento del capitale investito con patrimonio netto e debiti
finanziari.
Lo stato patrimoniale riclassificato deve mostrare un aggregato di valori che esprima il capitale che è stato
necessario investire per svolgere l’attività operativa. Tale aggregato è dato dalla differenza tra impieghi operativi e
fonti operative, in quanto le fonti operative si generano per effetto della gestione operativa riducono le necessità
di investimento indotte dalla gestione operativa stessa.
CION,NOIC. Il Capitale Investito Operativo Netto è dato dalla seguente somma algebrica: + immobilizzazioni +
rimanenze + crediti commerciali – debiti commerciali – ricavi anticipati = NOIC (net operating investing capital)
PFN,NFP. La Posizione Finanziaria Netta è data dalla seguente somma: + debiti finanziari – liquidità –
immobilizzazioni finanziarie = NFP (net financial position)
Poiché la redditività è un concetto che esprime il rapporto tra reddito e capitale, va riclassificato anche il conto
economico in modo coerente, che per ogni aggregato di valori esprime l’effetto economico, in termini di costi e
ricavi, di ciascuno degli aggregamenti patrimoniali di cui sopra.
La riclassificazione del conto economico viene esposta in forma scalare, che consente di dimostrare il percorso di
dimostrazione del reddito.
La differenza tra ricavi e costi operativi monetari costituisce l’ EBITDA (earnings before interests taxes
deprezation ammortization).
La differenza tra ricavi e costi operativi (monetari e non monetari) costituisce il reddito operativo, detto EBIT
(earnings before interests taxes) perché rappresenta l’utile prima degli interessi (attivi e passivi) e delle imposte.
Ulteriori approfondimenti relativi ad altre due aree di gestione che possono essere rilevanti ai fini dell’analisi:
L’area extra-operativa, o accessoria, che accoglie gli impieghi e i ricavi e costi relativi a investimenti a redditività
specifica, ma non di natura finanziaria (immobilizzazioni concesse in locazione/licenza a terzi). Nella pratica viene
spesso trascurata.
L’area straordinaria, che accoglie tutti i componenti di reddito estranei alla gestione ordinaria e i componenti
non ricorrenti di natura operativa o finanziaria (plus/minusvalenza). Importante per desumere dall’analisi
proiezioni sui risultati futuri e per calcolare l’ EBITDA.
Il capitale di funzionamento
Il capitale di liquidazione
Il capitale economico
Il capitale di funzionamento è una figura convenzionale del patrimonio aziendale ed è rappresentato dal
patrimonio netto di fine periodo risultante dal bilancio di esercizio, nell’ottica della continuità aziendale (going
concern) come condizione necessaria. Il capitale di funzionamento spesso non tiene conto di alcuni elementi
critici, quali: l’avviamento originario, l’organizzazione dell’impresa, eventuali plusvalenze non iscrivibili a bilancio.
Se la condizione della continuità aziendale viene meno, la configurazione di capitale da prendere a riferimento si
modifica e diventa il capitale di liquidazione.
Il capitale di liquidazione corrisponde al valore del patrimonio aziendale nell’ipotesi della cessazione dell’attività
tipica di impresa. I principi alla base della redazione del bilancio verranno modificati di conseguenza,
concretizzandosi nel bilancio di liquidazione. Il capitale di liquidazione si determina come la differenza tra il valore
di realizzo delle attività e il valore dell’estinzione delle passività.
Il capitale economico rappresenta il valore del capitale aziendale come espressione dell’impresa nel suo
complesso, intesa come sistema coordinato e finalizzato alla futura produzione di ricchezza (si analizza il valore
generabile dal complesso aziendale, tenendo conto di come le singole parti interagiscono e creano valore).
Il capitale economico considera le informazioni storiche, correnti e prospettiche e le potenzialità produttive.
Se il valore del capitale economico è superiore al valore del capitale di funzionamento, si è in presenza di
avviamento (goodwill), maggior valore attribuito al complesso aziendale che al valore contabile. Proprietà olistica.
L’avviamento (goodwill) è espressione della capacità prospettica di produrre reddito.
Se il valore del capitale economico è inferiore al valore del capitale di funzionamento, si è in presenza di un
avviamento negativo (badwill), indice del fatto che le potenzialità reddituali dell’impresa non consentono ai
portatori di capitale di rischio un’adeguata remunerazione.
L’analisi della creazione del valore nella prospettiva asset side ed equity side
Non può esservi reale creazione di valore se la stessa non è misurata, ciò che va rilevato è la possibilità di
quantificare il valore economico di una determinata società.
Procedimenti di tipo levered, o equity side, che conducono alla stima diretta del valore economico del
patrimonio netto aziendale
Procedimenti di tipo unlevered, o asset side, che consentono una stima a due livelli: o La stima del valore
economico all’attivo dell’impresa o La stima del valore economico del patrimonio netto, ottenuta mediante la
differenza tra il valore dell’attivo di impresa e il valore dei debiti finanziari netti
Entrambe le varianti prendono a riferimento gli elementi qualitativi e quantitativi attinenti a: l’operatività,
l’organizzazione, la clientela, la struttura patrimoniale, il profilo di rischio, la redditività sostenibile.
La variante levered appare preferibile qualora l’oggetto della valutazione sia un’azienda con struttura finanziaria
definita e difficilmente modificabile
La variante unlevered appare preferibile qualora l’oggetto della valutazione sia un ramo operativo di azienda
(composto da attività e passività operative, ma privo di debiti finanziari
struttura finanziaria facilmente modificabile).
L’analisi della redditività, espressione principale dell’equilibrio economico dell’azienda e indicatore della sua
capacità di generare ricchezza e remunerare il capitale investito, si sviluppa da albero: dalla sintesi all’analisi.
Solo l’analisi completa delle diverse componenti della redditività aziendale permette una completa e significativa
possibilità di valutazione dell’equilibrio economico dell’impresa.
La redditività per gli azionisti è data dal rapporto tra il risultato netto per gli azionisti e il capitale investito in
azienda dagli azionisti stessi, cioè il patrimonio netto. L’indice è denominato ROE (return on equity).
ROE = Un/PN
Posto che qualsiasi indice di bilancio (o ratio) confronta un risultato (output) con il fattore che ha contribuito a
generarlo (input).
Una configurazione più corretta la abbiamo sottraendo al PN il risultato netto di esercizio (Un).
ROE = Un/(PN-Un)
Per essere soddisfacente, il ROE dovrebbe essere almeno pari alla redditività che gli azionisti potrebbero da
investimenti azionari alternativi aventi pari grado di rischio.
Il ROE equo (o fair ROE) può essere stimato come costo opportunità del capitale di rischio, sommando
algebricamente:
Il premio al rischio di settore e di impresa deve essere stimato caso per caso. Le PMI e le società non quotate
costituiscono investimenti di difficile liquidità, quindi più rischiosi.
Il ROE equo può stimarsi intorno all’8-10% per le società quotate e al 10-12% per le società non quotate.
Al di sotto del ROE equo, l’azienda ha una performance insoddisfacente: non crea valore per gli azionisti e non
attrae altri finanziatori.
Al di sopra del ROE equo, l’azienda ha una performance soddisfacente: crea valore per gli azionisti e attrae altri
finanziatori.
La determinazione del costo opportunità, oltre a esprimere un giudizio sulla redditività prodotta per gli azionisti, è
funzionale a determinare il costo medio ponderato del capitale (quindi ad apprezzare la redditività aziendale nel
suo complesso).
Tra tutti gli approcci per la stima del capitale proprio, uno dei più diffusi è il metodo del build up approach per il
quale il costo dei mezzi propri (PN) è:
Ke = rf + sKe
costo dei mezzi propri rf
risk free rate s
premio per il rischio calcolato con la tecnica CAPM (capital asset pricing model)
s = β(Rm-rf)
Il ROE può essere calcolato al lordo delle imposte sul reddito, la cui utilità si manifesta quando si vuole
prescindere dall’influenza degli oneri tributari gravanti sull’esercizio, ovvero:
ROE1 = EBIT/PN
Il tax rate effettivo (t) è l’incidenza media delle imposte sul reddito, è dato dal complemento a 1 del rapporto tra
ROE e ROE1 :
t = 1 – ROE/ ROE1
Il ROE può essere calcolato al lordo dei componenti di reddito straordinari e non ricorrenti, per determinare una
capacità reddituale normale dell’impresa. Si parla di reddito normalizzato (Unorm), determinato senza contare
costi e ricavi straordinari.
ROEnorm = Unorm/PN
Il confronto tra ROE normalizzato e ROE lordo evidenzia l’effetto dell’area straordinaria.
Nell’ipotesi di un ROE non soddisfacente, l’analisi delle cause di tale risultato è da ricercarsi nella:
Gestione operativa, al fine di comprendere quanto rende il business tipico dell’impresa (core business)
Struttura finanziaria.
La redditività operativa (ROI) esprime la redditività del capitale investito nella gestione operativa, ed è data dal
rapporto tra redito operativo (EBIT) e il capitale investito operativo netto (CION).
Il ROI è soddisfacente se, ipotizzando l’assenza di effetti della gestione finanziaria e straordinaria, è in grado,
detratte le imposte, di condurre ad un ROE equo.
La gestione operativa è quella di maggior rilevanza, perché l’azienda è sana soltanto nel momento in cui la sua
redditività deriva principalmente dagli investimenti operativi.
CCNOP capitale circolante netto operativo (rimanenze + crediti commerciali – debiti commerciali – ricavi
anticipati)
Il ROI dipende:
Dalla relazione tra i ricavi di vendita e il reddito operativo (effetto di leva operativa)
Una volta individuata la capacità dell’impresa di creare valore, al fine di verificare se tale ritorno è soddisfacente
va confrontato con standard di riferimento coerenti.
Nel caso della redditività del capitale investito tale parametro è individuato nel costo medio ponderato del
capitale (WACC, weighted average cost of capital), partendo dall’assunzione che la redditività operativa
dell’azienda debba essere almeno in grado di coprire le fonti di finanziamento che hanno permesso all’azienda di
realizzare tale redditività. Quindi un’azienda virtuosa è quella per la quale nel medio-lungo periodo è vera la
seguente relazione:
WACC = Ke ¿
E E+D
Kd∗(1−t)∗D E+D
Kd*(1-t) Costo del capitale di credito, al netto delle imposte, da determinare avendo quale parametro di
riferimento il costo dei debiti finanziari del complesso aziendale, o utilizzando il costo dei debiti finanziari di
un’altra azienda
E E+D
D E+D
Le determinanti della redditività operativa: la leva operativa e la rotazione del capitale L’analisi del ROI è
generalmente effettuata scomponendolo in due indici di secondo livello: il ROS e la rotazione del capitale (CT,
capital turnover).
l’efficienza, fa riferimento a variazioni nei costi fissi o nell’incidenza dei costi variabili
la rotazione delle immobilizzazioni, esprime il dimensionamento degli investimenti fissi operativi rispetto al
volume di vendite
il ciclo del circolante, esprime la dimensione del capitale circolante operativo rispetto al volume di vendite e
dipende dai tempi medi di giacenza scorte, incasso dai clienti e pagamento dei fornitori.
il primo passaggio logico rapporta i ricavi di vendita al capitale investito operativo netto ed esprime la capacità
di ottenere ricavi (il volume di ricavi) dato un certo investimento, CT (capital turnover)
il secondo passaggio logico rapporta il reddito operativo ai ricavi di vendita ed esprime la capacità di estrarre
profitti dato un certo volume di ricavi ROS (return on sales)
CT = ROP / CION
Il CT dipende da:
i ricavi di vendita
le immobilizzazioni operative
il capitale circolante netto operativo
i ricavi operativi
i costi operativi
se l’aumento (o la riduzione) del ROI è spiegato da una variazione sincrona del CT e ROS, è probabile che
l’effetto sia dovuto all’aumento o alla riduzione delle vendite, entrambi influenzati.
se l’aumento (o la riduzione) del ROI è spiegata soprattutto dall’aumento (o dalla riduzione) del ROS, è probabile
che l’effetto sia dovuto alla riduzione (o all’aumento) dei costi operativi, che influenzano il ROS
se l’aumento (o la riduzione) del ROI è spiegata soprattutto dall’aumento (o dalla riduzione) del CT, è probabile
che l’effetto sia dovuto alla riduzione (o all’aumento) del CION che influenza solo il CT.
L’effetto della struttura finanziaria sulla creazione di valore e la leva finanziaria L’effetto di leva finanziaria esprime
l’effetto che le scelte finanziarie (debiti o investimenti) producono per la redditività creata per gli azionisti (ROE).
per analizzare meglio tale effetto, è opportuno formulare delle ipotesi generali riguardanti: il livello di
indebitamento, l’incidenza dell’area straordinaria, l’effetto delle imposte.
In un’impresa con posizione finanziaria nulla, la redditività per gli azionisti, al lordo delle imposte, è pari alla
redditività operativa. (ROE = ROI)
Se l’attività operativa viene finanziata per metà con il PN e per metà con debiti finanziari il rapporto debt/equity
ratio è uguale a 1 (indebitamento consistente ma non eccessivo).
L’indebitamento comporta il sorgere di oneri finanziari nel conto economico, in funzione di un determinato tasso
di interesse. Introducendo l’indebitamento il ROE ante-imposte è superiore al ROI. La redditività per gli azionisti
(ROE) è aumentata pur con una redditività operativa (ROI) invariata.
Con un debt/equity ratio incrementato fino a 3 (eccessivo ai fini della solidità) il ROE è cresciuto ancora.
In sintesi, a parità di capitale investito e di redditività operativa (ROI), l’indebitamento ha comportato il sorgere di
consistenti oneri finanziari, che hanno ridotto il reddito ante-imposte. La redditività per gli azionisti (ROE) è
aumentata.
L’effetto di leva finanziaria però può essere sia positivo che negativo.
Il ROE è aumentato anche in presenza di un minor reddito perché il reddito è diminuito proporzionalmente meno
rispetto al PN. Ciò è stato possibile grazie a tassi di interesse (i) inferiori alla redditività degli investimenti aziendali
(ROI). In queste condizioni gli azionisti guadagnano anche sul capitale preso in prestito, in questo caso si dice che
l’effetto di leva finanziaria è positivo. Al contrario, se l’impresa si indebitasse a tassi di interesse (i) superiori al
ROI, gli azionisti perderebbero sul capitale preso in prestito e il ROE scenderebbe al di sotto del ROI. In questo
caso si dice che l’effetto di leva finanziaria è negativo.
Tale relazione è riferita al ROE al netto delle imposte, per ottenere il ROE lordo (ROE1) bisogna levare il
moltiplicatore (1 – t).
In definitiva, quando il ROI è maggiore di i, i soci guadagnano lo spread (ROI – i) per ogni euro di indebitamento.
L’effetto di leva finanziaria è pari allo spread (ROI – i), moltiplicato il quoziente debt/equity. L’effetto della leva
finanziaria è dato da:
(ROI – i)*(DF/PN)
L’effetto di leva finanziaria (o effetto leverage) è un pericoloso moltiplicatore della redditività che può agire
positivamente se ROI>i o negativamente se ROI<i con effetti tanto più elevati quanto più elevato è (DF/PN).
Se ROI>i il capitale di rischio viene a beneficiare dell’effetto leva dovuto al guadagno ottenibile mediante (ROI – i).
Se ROI<i conviene finanziare lo sviluppo con il ricorso al capitale di rischio.
Lo sfruttamento della leva finanziaria aumenta la sensibilità del ROE all’andamento del ROI e di i. Ciò ha effetti
diretti sulla solidità aziendale e sui costi del debito (che tendono a salire). L’eccessivo indebitamento può essere la
causa dell’inversione della leva finanziaria.
Lo sfruttamento eccessivo della leva finanziaria sarebbe negativo per la solidità e la redditività prospettica
dell’impresa.
La leva finanziaria non dovrebbe essere sfruttata oltre il limite dal quale l’impresa diviene poco solida e troppo
rischiosa. La crescita dell’indebitamento è tanto meno sostenibile quanto più:
le condizioni competitive generano un alto rischio operativo (ROI variabile) i tassi di interesse sono elevati
l’indebitamento è già elevato.
L’analisi dei rischi finanziari: la solidità aziendale Un’impresa è solida se è in grado di mantenersi in equilibrio
finanziario (gestire entrate e uscite) nel mediolungo termine, superando eventuali perturbazioni di breve termine
negli equilibri aziendali.
Gli elementi principali da analizzare e monitorare costantemente nel corso della gestione sono:
Le modalità di finanziamento delle immobilizzazioni devono essere analizzate sotto i seguenti profili:
il patrimonio netto è la modalità di finanziamento delle immobilizzazioni che conferisce maggior solidità
all’impresa, in quanto i flussi derivanti dal ritorno in forma liquida dell’investimento non devono essere destinati
obbligatoriamente al rimborso delle forme di finanziamento; l’impresa è autonoma nelle scelte di reinvestimento
e l’effetto sul rischio di insolvenza è nullo.
Il passivo non corrente è nella pratica un normale e fisiologico completamento del patrimonio netto ai fini del
finanziamento delle immobilizzazioni, poiché, anche se riduce la solidità, consente all’impresa di crescere
maggiormente, rimanendo sufficientemente solida. Ciò avviene quando le scadenze di rimborso
delle passività sono sincronizzate con il ritorno in forma liquida dell’investimento., in tal caso il cash flow che
deriva dal ritorno in forma liquida dell’investimento deve essere destinato al rimborso dei prestiti. L’impresa non
è autonoma nelle scelte di reinvestimento e il rischio di insolvenza aumenta per effetto delle obbligazioni assunte.
È assolutamente da evitare il finanziamento delle obbligazioni con passivo corrente, poiché in tal caso l’impresa
sarebbe chiamata a estinguere i prestiti quando gli investimenti non sono ancora tornati in forma liquida.
Quoziente primario di struttura: serve a verificare quanta parte dell’attivo fisso è finanziata con il patrimonio
netto. Quando è maggiore di 1 il finanziamento avviene integralmente con il PN. In generale si ritiene
soddisfacente un valore di almeno 0,6-0,7. Si calcola con:
PN/AF
Quoziente secondario di struttura: serve a verificare come è finanziata la parte residua dell’attivo fisso (se il
quoziente primario di struttura è minore di 1). Il quoziente secondario di struttura deve essere minore di 1, in tal
caso le immobilizzazioni sono finanziate con patrimonio netto e passivo non corrente; se è maggior di 1 una parte
delle immobilizzazioni sono finanziate con il passivo corrente. È pari al rapporto tra patrimonio netto + passivo
non corrente al numeratore e l’attivo fisso al denominatore:
(PN + PNC)/AF
L’esistenza di un elevato ammontare di debiti commerciali e ricavi anticipati (fonti operative), che sono
autogenerate dall’attività operativa, è sintomo di un elevato potere contrattuale. L’impresa non perde autonomia
finanziaria nei confronti delle controparti, ma sposta i fabbisogni finanziari su di loro.
L’esistenza di un elevato ammontare di debiti finanziari, le controparti, se finanziano gran parte degli impieghi,
acquisiscono un forte potere contrattuale nei confronti dell’impresa, che perde autonomia finanziaria. In altre
parole, un’impresa troppo indebitata è poco solida.
Il quoziente di indebitamento finanziario (Q) (o debt/equity ratio) è ottenuto come rapporto tra debiti finanziari e
patrimonio netto.
Q = DF/PN
Più spesso, gli analisti calcolano Q sulla base dei debiti finanziari al netto della liquidità esistente (L), poiché se
l’impresa ha della liquidità è come se fosse meno indebitata in quanto potrebbe saldare parte dei debiti. Si ha in
tal caso il rapporto tra i debiti finanziari netti (DFN = DF – L) e patrimonio netto (PN).
Q = DFN/PN
Fino a valori pari a 1-1,5 l’indebitamento è da giudicarsi fisiologico: un giusto supporto alla crescita aziendale
senza pregiudicare la solidità.
A livelli di 1,5-2 l’indebitamento è elevato. A livelli superiori l’indebitamento diventa problematico per la solidità,
a causa dell’elevato rischio finanziario conseguente all’indebitamento, che aumenta i rischi di insolvenza.
È possibile utilizzare ulteriori ratio (indici) che possono funzionare da proxy della capacità tendenziale dell’impresa
di far fronte alle obbligazioni assunte. Esempi:
Il rapporto tra posizione finanziaria netta (PNF) e EBITDA. Tanto minore è il risultato del rapporto, tanto più
l’impresa ha la possibilità di rientrare rapidamente dall’esposizione finanziaria rimborsando i propri debiti L’
“interest coverage ratio”, dato dal rapporto tra EBIT e oneri finanziari di competenza che indica il numero di volte
in cui il risultato operativo copre gli interessi netti. Viene utilizzato per approssimare la capacità stessa di
indebitamento dell’impresa. Bassi valori significano che l’impresa, a parità d tutte le circostanze, è potenzialmente
in grado di acquisire nuovi debiti.
L’analisi dei rischi finanziari: la liquidità aziendale Una società è liquida se nel breve periodo è ragionevolmente
verificata la condizione di equilibrio finanziario:
L+E–U≥0
Il bilancio contiene valori per verificare tale disequazione, pur con importanti limitazioni.
L’attivo corrente comprende oltre alla liquidità, le entrate previste nel breve periodo. Il passivo corrente
comprende le uscite previste nel breve periodo.
Quoziente di liquidità corrente (current ratio): esprime la capacità dell’impresa di tenersi in equilibrio finanziario
nel breve termine.
AC/PC
Gli indici del ciclo del circolante possono completare la lettura della situazione di liquidità del bilancio, fornendo
una parziale risposta al primo dei due problemi posti.
Se si analizza in funzione del tempo il susseguirsi dei cicli operativi e dei relativi riflessi finanziari, si ha:
Dal momento dell’acquisto, i fattori produttivi acquisiti giacciono in magazzino o attraverso la produzione per un
determinato periodo, denominato tempo di giacenza delle scorte.
Dal momento della vendita, il credito v/clienti rimane da incassare per un certo periodo, denominato tempo
medio di incasso dei crediti.
Dal momento dell’acquisto, il debito v/fornitori rimane da pagare per un certo periodo, denominato tempo
medio di pagamento dei debiti commerciali.
È rilevante l’informazione relativa al tempo che trascorre tra il pagamento ai fornitori e l’incasso dai clienti. Tanto
maggiore è tale periodo, tanto più critica è la situazione finanziaria dell’impresa. Tanto minore è tale
periodo, tanto maggiore è l’elasticità finanziaria dell’impresa nel breve termine. Quando tale periodo si inverte
vuol dire che i cicli operativi correnti generano cassa per un certo periodo.
gg Cli = (Cli/Rv)*365
gg For = (For/Acq)*365
La durata media del ciclo del circolante, che esprime il tempo mediamente intercorrente tra il pagamento dei
fornitori e l’incasso dai clienti, è data dalla somma algebrica di tali quantità:
I valori di tali indici dipendono essenzialmente dal settore e dalla forza contrattuale dell’impresa.
La gestione delle scorte, che richiede un’attenta razionalizzazione del magazzino e l’ottimizzazione del livello di
scorte, contemperando le necessità strategiche e produttive con quelle della liquidità;
La negoziazione della dilazione ai fornitori;
La corretta gestione delle politiche aziendali circa i rapporti con i clienti.
L’analisi della creazione di valore tramite i flussi finanziari Per essere compiutamente rappresentata, la gestione
aziendale necessita di tre prospettive di analisi:
La dimensione patrimoniale;
La dimensione reddituale;
La dimensione finanziaria.
Ad ora, ciò che manca per concludere il processo di analisi dei risultati aziendali è un’analisi finanziaria di natura
dinamica che permetta di comprendere la natura dei risultati e le dinamiche che li hanno generati. È necessario
interrogarsi sull’entità delle risorse finanziarie generate o assorbite dalla gestione caratteristica dell’impresa, dagli
investimenti effettuati, dai disinvestimenti realizzati, dai finanziamenti ottenuti o rimborsati.
Analisi per flussi, realizzabile attraverso il documento del rendiconto finanziario, considera:
Le cause delle variazioni degli stock patrimoniali descritti nello stato patrimoniale;
Le conseguenze patrimoniali delle scelte operative, di investimento, di finanziamento.
La rappresentazione e la corretta valutazione dei risultati di gestione (analisi della performance aziendale) deve
necessariamente poggiare su tre pilastri: stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario.
Lo stato patrimoniale fornisce una visione statica del patrimonio in un dato istante. Il conto economico fornisce
una visione dinamica dell’andamento reddituale in un dato periodo. Il rendiconto finanziario fornisce una visione
dinamica dell’andamento finanziario in un dato periodo, illustra il risultato finanziario della gestione e le sue
motivazioni analitiche.
Il rendiconto finanziario assume importanza e interesse, poiché offre un quadro completo della dinamica
monetaria della gestione e del processo di formazione del fabbisogno monetario e delle vie utilizzabili per la sua
copertura. Occorre tener conto della sua rilevanza di alcune particolari classi di stakeholder, interessate al profilo
finanziario dell’attività di impresa e alla capacità, attuale e prospettica, dell’impresa di generare (o assorbire) flussi
finanziari positivi (o negativi) nelle diverse aree dell’attività aziendale.
Pur esistendo diverse forme di rendiconto finanziario il documento si compone di tre parti:
Il flusso di cassa della gestione reddituale (o operativa) composto da: o Entrate derivanti dalla distribuzione di
beni o dalla fornitura di servizi, nonché altre entrate non ricomprese nelle attività di investimento e di
finanziamento; o Uscite derivanti dall’acquisizione o dalla produzione di beni o servizi, nonché altre uscite non
ricomprese nelle attività di investimento e di finanziamento;
Il flusso di cassa della gestione degli investimenti composto da: o Entrate derivanti dalla vendita delle
immobilizzazioni e delle attività finanziarie non immobilizzate; o Uscite derivanti dall’acquisto delle
immobilizzazioni e delle attività finanziarie non immobilizzate;
Il flusso di cassa della gestione dei finanziamenti composto da: o Entrate derivanti dall’emissione di debito
(sotto forma di capitale di rischio/debito); o Uscite derivanti dalla restituzione di disponibilità liquide sotto forma
di capitale di rischio/debito.
Il totale di tutte le entrate meno il totale di tutte le uscite rappresenta l’incremento (o il decremento) delle
disponibilità liquide.
La prospettiva degli stakeholder: corporate social responsibility e reporting di sostenibilità Nella dimensione
economica riferita agli azionisti, la performance aziendale è esprimibile soprattutto in termini di creazione del
valore per gli azionisti stessi.
La performance aziendali può assumere molteplici significati e perseguire scopi altri (o aggiuntivi) rispetto alla
massimizzazione del profitto. Il concetto di performance si allarga a dimensioni non facilmente esprimibili in
termini economici e riferite a tutti gli stakeholder.
Il sistema di informativa esterna di impresa deve ampliarsi e rispondere alle istanze informative di una pluralità di
soggetti (gli stakeholder aziendali).
Nel 1984 Freeman definì gli stakeholder come: “qualsiasi gruppo o individuo che può influenzare o viene
influenzato dal raggiungimento degli obiettivi aziendali”, e che dunque deve considerarsi parte integrante del
sistema impresa.
Gli strumenti di tale tipo di informativa aziendale assumono diverse configurazioni: bilancio sociale, bilancio o
reporting di sostenibilità, bilancio ambientale e integrated reporting.
Tutti questi documenti vengono generalmente intesi come mezzi tramite cui l’impresa comunica i suoi risultati
raggiunti in tema di sostenibilità, all’interno del sistema di responsabilità individuato dalle teorie sulla
responsabilità sociale di impresa (RSI) o corporate social responsibility (CSR).
L’approccio di medio-lungo termine dell’agire sociale, teso verso la creazione di un valore sostenibile nel tempo;
La necessità di andare oltre gli obblighi di legge, sviluppando un sistema di responsabilità più ampio ed
articolato;
La triplice natura delle responsabilità aziendali: di stampo economico, sociale e ambientale;
Il ruolo critico degli stakeholder aziendali.
È il sistema di responsabilità nei confronti de diversi stakeholder a rappresentare la cifra più rilevante delle
imprese socialmente responsabili.
La shareholder value theory afferma l’assoluta supremazia degli interessi degli azionisti: i doveri e le
responsabilità dei manager sono identificati esclusivamente in funzione della creazione del valore per gli azionisti,
mentre gli investimenti in RSI sono censurati, in quanto costosa distrazione di risorse in impieghi inefficienti
(accettati solo in quanto mezzo indiretto per la creazione di valore per gli azionisti). Secondo un approccio
tipicamente neoclassico la massimizzazione del profitto deve intendersi come l’unica finalità dell’impresa; il
management nel rispetto della teoria dell’agenzia (1974), deve rispondere solamente agli azionisti, di cui è
semplice dipendente.
Secondo la stakeholder view gli obiettivi del management devono ampliarsi e completarsi nell’obiettivo di trovare
un giusto equilibrio tra gli interessi dei diversi attori. La responsabilità sociale arriva a superare i confini del
commitment verso gli azionisti, prescindendo da richieste e previsioni normative e perseguendo finalità sociali a
beneficio della collettività.
La corretta implementazione di buone politiche di RSI possa partecipare indirettamente ai processi di creazione
del valore:
Maggior ritorno dell’investimento; Riduzione del rischio; Incremento del capitale intangibile di impresa;
Maggiore capacità per l’impresa socialmente responsabile di ottenere risorse finanziarie.
È possibile individuare alcune dimensioni specifiche della performance di sostenibilità, nonché i relativi indicatori
(key performance indicators, KPIs) utilizzati per la valorizzazione e definizione delle performance aziendali in
questo ambito.
In base alle indicazioni del global reporting initiative (GRI) che nel 2006 ha emanato “le linee guida per il reporting
della sostenibilità” che rappresentano il principale standard riconosciuto a livello internazionale in tema di
reporting di sostenibilità, gli indicatori di performance da inserire nel bilancio di sostenibilità appartengono alle
tre categorie seguenti:
Responsabilità economica;
Responsabilità ambientale;
Responsabilità sociale.
Gli indicatori di performance economica descrivono il flusso di capitale tra i vari stakeholder e i principali aspetti
dell’impatto economico dell’organizzazione sulla società.
Gli indicatori ambientali si riferiscono alla performance relativa agli input e agli output.
La dimensione sociale della sostenibilità riflette l’impatto dell’organizzazione sui sistemi sociali in cui opera.
Informativa interna e controllo di gestione: cenni L’informativa interna di impresa nasce per esigenze diverse, più
operative e meno standardizzabili, al fine di permettere la corretta gestione quotidiana dell’impresa e lo sviluppo
di un processo decisionale tempestivo ed efficiente.
L’informativa interna di impresa ha natura volontaria, non rispetta una struttura sottostante formalizzata e rigida,
presenta informazioni monetarie e non monetarie, in un’ottica ex ante (prospettica) ed ex post (consuntiva) e
deve essere tempestiva (pena la sua inutilità).
L’informativa esterna (bilancio di esercizio), che fa capo all’area del finanzia accounting, è obbligatoria,
formalizzata e normata (nel contenuto e nella forma); essa presenta ex post (a consuntivo) informazioni di natura
prettamente monetaria e richiede precisione piuttosto che tempestività.
Le differenze succitate sono espressione della distinzione tra management accounting e financial accounting.
Secondo una definizione ampiamente condivisa, il controllo di gestione rappresenta il processo tramite il quale la
direzione aziendale si accerta che la gestione sia svolta in condizioni di efficacia ed efficienza, all’interno di un
sistema di obiettivi di lungo termine definiti dal piano strategico di fondo.