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Si potrebbe continuare evidenziando altre voci del libro-glossario. Ad esempio, alla lettera 'L', troviamo
l'abusata voce 'libertà d'insegnamento', il nostro tesoretto che custodiamo gelosamente, perché è nostro e
nessuno ce lo può togliere. Una sorta di zona franca che confina con il libero arbitrio se non è al servizio
dell'efficacia dell'insegnamento. E se ancora scorriamo velocemente le pagine e scivoliamo alla lettera 'V'
troviamo una voce poco trattata: 'visione gerarchica delle discipline', strutturalmente prescritta dall'alto cioé
come il portato della dimensione organizzativa della scuola e coltivata e sostenuta dal basso dai docenti in
sfregio all'ipercitata teoria delle intelligenze multiple.
Insomma ci sono scarse ragioni per adottare nel contesto storico attuale della scuola italiana la visione
manichea del Noi-buoni (i docenti),
Loro-cattivi (i decisori politici). In queste righe non ho cercato in modo autolesionistico di far ricadere la
colpa dello stato delle cose su noi docenti quanto di suscitare dubbi rispetto ad una autorappresentazione
benevola della nostra 'identità professionale' alla quale mancherebbero soltanto le risorse finanziarie ed
umane per essere pienamente ciò che già riteniamo di essere (agenti del cambiamento).
Ad un governo che ostenta le virtù taumaturgiche e progressiste di un minestrone legislativo privo di
qualsiasi premessa pedagogica forse dovremmo controbbattere non con l'orgoglio di ciò che siamo ma con la
promessa di ciò che vogliamo diventare