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FACOLTÀ DI TEOLOGIA

ELABORATO FINALE I CICLO

LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE

LA BOTTEGA DELL'OREFICE

Studente: Francesco Giuseppe Fornari


Matr: 158650
Direttore: Diego Alonso Lasheras S.J.

Anno Accademico 2012 - 2013


INTRODUZIONE

La bottega dell’orefice è un dramma teatrale pubblicato da Karol Wojtyła


(sotto lo pseudonimo di Andrzej Jawień) nel 1960.1 Le motivazioni che ci
hanno spinto ad sceglierlo come oggetto di riflessione e di sintesi teologica si
radicano innanzitutto in un desiderio personale di approfondire la teologia e
la spiritualità di un sacramento così particolare, così apparentemente
«umano» (nel senso di «poco divino»…). L’interesse per il teatro e il fascino
della figura di Giovanni Paolo II hanno indirizzato quella domanda verso la
lettura dell’opera teatrale. L’incontro con Karol Wojtyła drammaturgo è
stato sorprendente: ho scoperto un modo nuovo di fare teologia, pieno del
calore dell’esperienza più quotidiana. Un simile incontro mi ha portato al
desiderio di approfondire la prospettiva del beato, la sua vita e le sue
strategie pastorali, la sua teologia e la sua sensibilità artistica.
La categoria teologica di persona è stata forse il centro di unità del suo
pensiero. Nella sua vita, egli stesso ha saputo vivere quell’unità che comporta
l’essere persona a immagine di Dio. Nella persona sono unite sentimento e
relazione, preghiera e contemplazione del mistero, studio e arte. Un aspetto
che dice la grandezza di Giovanni Paolo II è quello di saper tenere unite tutte
queste dimensioni nei diversi ambiti della sua vita (non è stato difficile,
quindi, davanti a un simile esempio, elaborare una sintesi che potesse toccare
diversi argomenti di studio del mio percorso accademico: Trinità, Cristologia,
Antropologia, Sacramentaria, morale...). La sua esperienza di reale
partecipazione con la vita di tante coppie che intraprendevano il cammino del
matrimonio e lo studio serio del sacramento e di tutto ciò che esso suppone
sono stati per Karol Wojtyła occasione di una riflessione, anzi di una
meditazione contemplativa sul «mistero» del matrimonio. Egli aveva capito
che se il matrimonio oggi è così in crisi, è soprattutto a causa l’ignoranza della
sua natura, di ciò che esso presuppone e coinvolge (la persona nella sua
autenticità ed interezza). E così quella che dovrebbe essere una via di
santificazione, di incontro con Dio e di eternità, diventa spesso un luogo di
fallimento e di disperazione: se l’amore è un illusione, la vita non ha senso.
Dio si prende forse gioco dell’uomo mettendo nella natura forze tanto
grandi che allontanano la creatura dal suo creatore? Giovanni Paolo II ha
saputo riconoscere la presenza di Dio nell’esperienza umana dell’amore; ha
capito che la grazia di Dio riconosciuta e accolta nella concretezza di una
relazione così quotidiana e piena di limiti com’è quella che si dà nella

1 L'opera venne pubblicata nel numero di dicembre del 1960 della rivista «Znak».
4 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

famiglia ha un potere rivoluzionario: l’amore, trasfigurando la persona,


rende presente Dio stesso.
Cosa può dire dunque il teatro sulla spiritualità del matrimonio? Il dramma
narra la storia di tre matrimoni: il primo è quello di Andrea e Teresa: la loro
storia è drammatica, Andrea muore in guerra e lascia Teresa con il figlio
Cristoforo; la guerra sfiora anche la seconda storia: quella di Stefano e
Anna, essi sopravvivono alla grande catastrofe ma vedono il loro amore
impantanarsi prima nel grigiore della quotidianità e poi nella conflittualità
più aperta tra la superficialità di Stefano e il desiderio di Anna che aspira
ad un amore sempre più grande. La terza storia riguarda l'unione tra
Cristoforo e Monica, la figlia di Stefano e Anna; in questo matrimonio
confluiscono i dolori e le ferite dei due che lo hanno preceduto, ma essi
incarnano anche la prospettiva della speranza: ci si potrà rialzare dai
disastri materiali e morali che le patologie dell'amore hanno provocato.
Vedremo come lo scritto di Wojtyła, pur presentando l’esperienza umana
dell’amore in tutta la sua drammaticità, la indica come via sicura per un
incontro con Dio e per il perseguimento di ciò a cui l’uomo anela più
profondamente: la felicità, l’amore, la santità, Dio stesso.
Un ultima sottolineatura. La Bottega dell’Orefice è un dramma teatrale
scritto da un teologo. Nel nostro lavoro valuteremo l’aspetto artistico
dell’opera in funzione del suo contenuto teologia (il sottotitolo conferma la
liceità dell’impostazione che diamo questo nostro studio: «Meditazioni sul
sacramento del matrimonio che di tanto in tanto si trasformano in
dramma»): la sensibilità letteraria del giovane sacerdote polacco è stata uno
strumento che, oltre a favorire in lui una percezione del tutto peculiare della
realtà vissuta nel quotidiano, gli ha permesso un’espressione
particolarmente comunicativa della realtà che andava esplorando. Se poi si
tiene conto dell’importanza del tutto singolare che assume la singola parola
nel Teatro Rapsodico, si capisce ancora meglio perché una lettura che
voglia investigare la teologia sottesa a quest'opera debba essere capace di
soffermarsi sui singoli termini.2 La parola dei Rapsodici «non solo nasce
dai bisogni immediati della vita concreta, ma proietta anche su questa vita
la luce del mondo e del pensiero».3 La parola è teologia: la parola dice il
mistero del matrimonio, la parola dice l’Amore.4

2
Cfr. J. POMIANOWSKI, Commento a La bottega dell’orefice, 89: la stilistica di
Andrzej Jawień è «caratterizzata dal principio della responsabilità verso ogni parola ed
ogni pensiero».
3
K. WOJTYŁA, «I rapsodi del millennio», 981.
4
La parola chiede responsabilità: «La devozione alla parola del poeta, l’accollarsi la
missione del suo annuncio non è un dettaglio della tecnica di recitazione, ma è un
elemento di natura morale», K. WOJTYŁA, «I rapsodi del millennio», 981.
CAPITOLO I

La persona

Come presentare i contenuti presenti nel dramma in una sintesi teologica


adeguata al lavoro che ci viene richiesto? Abbiamo voluto che fosse lo
stesso autore a suggerirci una risposta; e la risposta l’abbiamo trovata in
uno scritto inedito in cui Wojtyla propone alcune Riflessioni sul
matrimonio (è il titolo dato al suddetto scritto) usando come criterio di
analisi il mistero dell’Incarnazione.5
Il cristianesimo si fonda sul mistero dell’Incarnazione in cui Dio-Figlio,
assumendo completamente la natura umana, «si è fatto carne» (Gv 1,14)
nello stesso modo in cui ogni uomo è carne. «Di fronte a ciò, tutte le cose
della carne, ossia tutte le questioni dell’uomo che suppongono la sua
corporeità e si compiono in modo evidente nel corpo, sono entrate
nell’orbita di questo evento nuovo».6 Per comprendere la rivelazione di
Dio sul matrimonio, quindi, lo si deve leggere alla luce dell’incarnazione.
Per penetrare questo mistero, Wojtyła distingue tre ordini: l’ordine della
persona, l’ordine della grazia e l’ordine del sacramento. Abbiamo trovato
questo schema molto calzante con l’impostazione de La bottega
dell’orefice (è probabile che quelle «riflessioni» siano state scritte proprio
negli anni di pubblicazione del dramma); sarà dunque questo l'ordine che
seguiremo: dopo aver esaminato i concetti di persona e di grazia
cercheremo di delineare i tratti essenziali della teologia del sacramento del
matrimonio che innerva la “bottega dell'orefice”.

In questo primo capitolo inizieremo ad indagare la «fonte del dramma»


confrontando nei prossimi paragrafi una breve presentazione dell’amore
tratta da Amore e responsabilità con le immagini e i contenuti de La
bottega dell’orefice. Considereremo l’amore all’interno della prospettiva
del personalismo. Iniziamo quindi un cammino volto alla comprensione dei

5
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 35-50.
6
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 35.
6 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

contenuti teologici de La bottega dell’orefice, dove il concetto di persona


non ricorre esplicitamente ma è oggetto di continui riferimenti.

1. La fonte del dramma


…Proprio questo mi costringe a riflettere sull’amore umano. Non esiste
nulla che più dell’amore occupi sulla superficie della vita umana più
spazio, e non esiste nulla che più dell’amore sia sconosciuto e misterioso.
Divergenza tra quello che si trova sulla superficie e quello che è il
7
mistero dell’amore – ecco la fonte del dramma.
La «fonte del dramma» sta nel fatto che l’amore è una presenza
«ingombrante» nella vita dell’uomo: ne invade la superficie, ma è un
qualcosa di misterioso e profondo, i cui richiami si fanno sentire dal più
profondo dell’essere dell’uomo, luogo misterioso come le «cisterne piene
di sonno senza fondo».8 Sono questi richiami che fanno sentire all’uomo la
sua indigenza, il suo radicale bisogno di amore e l'esigenza esso porta con
sé, quella di conoscere l’altro.
Se La bottega dell’orefice è un’opera piena di riferimenti teologici, non
ogni lettore può coglierli. Per comprenderli si richiede una minima
conoscenza del linguaggio e del sistema che via via maturava nella
coscienza di colui che sarebbe diventato Giovanni Paolo II. Lo studio
dell’opera, quindi, ci ha spinto alla lettura e a una conoscenza più seria
dell’autore.
Il percorso che fanno i personaggi del dramma è un percorso di scoperta
dell’amore; esso comporta la conoscenza della persona nella sua totalità:
«L’amore non è un avventura – dice Adamo ad Anna nel Secondo Atto -
prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico».9
Se non si tiene conto della persona non si può capire il matrimonio
perché non si capisce che cos’è veramente sia l’amore: né l’amore in
generale, che è «sempre un rapporto reciproco di persone (…) fondato sul
loro atteggiamento individuale e comune nei confronti del bene»,10 né
tantomeno l’«amore sponsale», quell’amore che dovrebbe essere il
fondamento del matrimonio e che «consiste nel dono della persona e nella
sua accettazione».11 L’amore umano, dunque, ha un carattere personale, e a
ciò è legato il suo profondo significato morale.12 Il concetto di persona si

7
K.WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 45.
8
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 12.
9
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
10
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 90.
11
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 116. Si tratta di quella facoltà di donare e
accettare che è segno d’amore, perché ce ne è anche una tipica dell’egoismo.
12
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 63.
LA PERSONA 7

dimostra determinante per comprendere l’idea di amore proposta da


Wojtyła e viceversa, l’amore costituisce la realizzazione della persona.13

2. L’amore
Possiamo dire che l’amore è per Karol Wojtyła «la presenza cosciente di
un altro dentro se stessi e con se stessi».14 Ma come si configura questa
presenza?
Il punto di partenza dell’amore è l’attrazione; essa è un’immagine di un
atteggiamento nei confronti del bene: «piacere» significa più o meno
presentarsi «come il bene che si è».15 L'attrazione è per Wojtyła un
«impegno conoscitivo» ma non «una struttura puramente conoscitiva».16 È
un impegno perché essa coinvolge la volontà: «l’attrazione, infatti, non
consiste solo nel fatto di pensare di quella data persona come a un bene, ma
è anche un impegno del pensiero nei confronti di quella persona in quanto
bene».17 Da essa, infatti, può nascere «l’amore di concupiscenza», forma di
amore che nasce da un bisogno (il limite dell’uomo che non basta a se
stesso, di cui la differenza sessuale espressione fisica),18 e questo può
crescere nella «benevolenza»: «…non basta desiderare la persona come un
bene per sé, bisogna inoltre, e soprattutto, volere il bene di lei».19 Nella
benevolenza la partecipazione della volontà è decisiva.
La stessa attrazione, quindi, è strettamente legata all’esperienza dei
valori.20 Se nasce con facilità per via della tendenza sessuale, è una forza
che agisce nelle persone e che perciò esige di essere innalzata al loro
livello. Ogni uomo è cosciente del fatto che l’essere umano di sesso diverso
è una persona, è «qualcuno», non un «qualcosa». È necessario discernere
sui diversi valori che si attribuiscono alla persona nell’attrazione e

13
«L’uomo vive grazie all’amore. La capacità di amare determina la personalità in
profondità» (da una lettera personale scritta da don Karol Wojtyła a Teresa
Życzkowska, cit. in P. KWIATOWSKI, «Dall’incontro», 13).
14
Cfr. P. CASARELLA, «The proper weight of love», 632.
15
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 69.
16
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
17
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
18
Non si tratta di concupiscenza: questa è di carattere utilitario e non è rivolta al
bene.
19
L’attrazione dunque fa parte dell’amore, è uno degli aspetti essenziali dell’amore
nel suo complesso ma l’amore non si limita ad essa. Servendosi del linguaggio
scolastico, Wojtyła chiama l’attrazione amor complacentiae, il desiderio della persona
come un bene per sé amor concupiscentiae e il volere il bene di lei amor benevolentiae.
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
20
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 68.
8 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

distinguere questi dai valori della persona stessa; la persona, infatti, è un


valore in se stessa e in quanto tale merita di essere oggetto dell’attrazione.
La coscienza della persona e della sua verità desta il bisogno di
integrazione dell’amore sessuale:21 «esige che la reazione sensuale e
affettiva all’essere umano di sesso opposto venga innalzata a livello della
persona».22 In questo si manifesta la principale caratteristica morale
dell’amore: «esso è affermazione della persona, oppure non è amore».23
Quest’attività della volontà avviene nella libertà proprio perché si fonda
sulla verità della conoscenza. In questo rapporto di verità e libertà l’amore
si presenta con le sue obbligazioni.24
Il dinamismo descritto sopra corrisponde ai due aspetti individuali
dell’amore che si attuano nelle persone che rispondono ai suoi richiami; ma
l’amore ha anche un terzo aspetto: l’aspetto oggettivo della relazione che
esiste tra i due.25 Non si può sostituire l’aspetto oggettivo dell’amore con
uno dei due aspetti soggettivi: essi costituiscono due volti diversi
dell’amore. Per Karol Wojtyła, il volto oggettivo è determinante. Se esso si
forma nei due soggetti servendosi di tutti i fenomeni sensuali e affettivi
caratteristici degli aspetti soggettivi dell’amore, non si identifica con essi.
Questo aspetto oggettivo è ciò che in Amore e responsabilità è detto
reciprocità; esso obbliga a pensare l’amore dell’uomo e della donna non
tanto come amore dell’uno per l’altro, quanto piuttosto come «qualcosa
che esiste tra loro».26 Quasi avesse una consistenza sua propria. Ciò
permette il passaggio dall’«io» al «noi», che per l’amore è non meno
essenziale del fatto di uscire dal proprio «io» (cosa che si esprime anche
nella sola attrazione, nell’amore di concupiscenza e nell’amore di
benevolenza). L’amore, dunque, non è solo una tendenza, ma piuttosto «un
incontro, un unione di persone»,27 unione diremmo quasi sostanziale.
Ma l’amore di benevolenza, non è la forma più piena di amore,
l'espressione massima è infatti l’«amore sponsale» che differisce

21
«Non si tratta affatto di annullare o trascurare i valori sessuali ai quali reagiscono i
sensi e l’affettività. Si tratta semplicemente di legarli strettamente al valore della
persona», legato al suo essere totale. Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 111.
22
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 110.
23
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 111.
24
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 107ss.
25
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 75.
26
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 74. La reciprocità non è la somma di due
egoismi: l’amore è una forza che lega e unisce. D’altra parte, senza reciprocità, l’amore
è condannato a vegetare e poi a morire; destino che è fatalmente previsto da Anna nelle
sue considerazioni amare all’inizio del Secondo Atto (cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega
dell’orefice, 34).
27
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 85.
LA PERSONA 9

radicalmente da tutte le altre forme e manifestazione dell’amore quali


l’attrazione, la concupiscenza e la benevolenza. Tutti questi modi di uscire
da se stessi per andare verso un’altra persona, avendo di mira il suo bene,
non vanno così lontano come l’amore sponsale. In esso una persona può
andare oltre se stessa, vivendo il paradosso di donarsi ad un’altra, all’uomo
o a Dio affidando «in tutta proprietà il proprio “io” inalienabile e
incomunicabile» e ciò senza distruggerlo né svalutarlo, ma al contrario
arricchendolo, sviluppandolo, trovando la vita (cfr. Mt 10,39)!28 Ciò che
non è possibile, né conforme alla regola, nell’ordine della natura e in senso
fisico, può aver luogo nell’ordine dell’amore sponsale e in senso morale.29
Nella reciprocità, si realizza il dono reciproco delle persone, che per
Wojtyła è il fondamento del matrimonio.30

3. La presenza
Il primo atto de La bottega dell’orefice può esser definito una
meditazione che canta il dinamismo dell’amore teorizzato in Amore e
responsabilità. L’esperienza di Andrea e Teresa dice la bellezza
dell’amore, che dai richiami dell’attrazione, passa per la concupiscenza e la
benevolenza e matura verso l’esperienza dell’amore sponsale.
Una delle categorie con cui Wojtyła rappresenta l’amore nel dramma è
quella di «presenza». Andrea si trova «liberamente costretto» ad
interessarsi a Teresa. La presenza e la permanenza di Teresa in lui supera la
prova dell’«impressione e l’incanto dei sensi», se infatti la forza
dell’attrazione si riducesse ad essi, Andrea avrebbe passato l’esistenza a
naufragare in «isole deserte».31
Questa esperienza porta Andrea ad apprezzare «la bellezza percepibile
con la ragione, cioè la verità». Ora, la verità non è da intendersi come
oggetto di una fredda contemplazione: è la verità dell’altra persona, che si
dimostra nella consistenza della sua presenza in sé stessi: Teresa è in
Andrea «non più un prisma di raggi fittizi, ma un essere veramente
raggiante»;32 questo è per lui il «culmine della mia maturazione»,
l’affermazione della persona amata, espressa drammaticamente nel triplice
grido del suo nome: «Teresa – Teresa – Teresa».33
La coscienza di Andrea della verità di Teresa è la verità di sé stessi:
Teresa, che si rivela per Andrea il vero alter ego, viene ad essere per lui

28
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 85.
29
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 86.
30
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 88.
31
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 9.
32
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 14.
33
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 14.
10 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

come uno specchio; nel Terzo Atto, Cristoforo può dire a Monica: «ti
ringrazio proprio per questo che tu, Monica, mi hai costretto a comprendere
la mia esistenza».34 Ed è la verità della relazione: la persistenza di Teresa è
tanto imponente in Andrea da imporsi per lui con un obbligo morale («tu
devi»).35
In Andrea e Teresa, dunque, osserviamo come l’amore è un dinamismo
che invita la persona a uscire da se stessa per ritrovare se stessa, esso
integra tutti i suoi aspetti e realizza così nella reciprocità «una sintesi di due
esistenze che convergono a un certo punto e da due diventano una».36 In
questi primi due personaggi vediamo come nasce l’amore sponsale, quel
dono reciproco delle persone, quella consegna di sé all’altro fino a voler
essere l’altro, cantata dai versi del coro: «L’amore nella mente diventa
pensiero e volontà: volontà di Teresa di essere Andrea, volontà di Andrea
di essere Teresa».37 Così anche nel Terzo Atto, tra i figli delle prime due
coppie, Cristoforo e Monica troviamo la dichiarazione: «per te non voglio
un destino simile. Voglio la presenza, voglio un continuo compenetrarsi,
sempre, come adesso».38
L’amore è dunque la presenza dei due l’uno nell’altro ed è la presenza in
loro di una relazione (l’amore, appunto) sempre più consistente: essa ha un
peso (la loro unione si potrebbe idealmente distinguere dalle loro persone,
al patto di non separarla da esse). Le fedi sono il simbolo di quest’unione.
Secondo la speciale bilancia dell’orefice esse pesano solo tutte e due
insieme: «la mia bilancia d’orefice ha questa particolarità che non pesa il
metallo in sé ma tutto l’essere umano e il suo destino».39 Il peso delle fedi è
il peso specifico dell’essere umano, «di ognuno di voi e di voi due
insieme», dice l’orefice ad Andrea e Teresa.40 Se la persona umana e il suo
«destino» ha un suo peso specifico («gravoso» e insieme «inafferrabile»),41
due persone che si uniscono nel matrimonio danno origine ad una nuova
realtà con un suo peso specifico. Il peso dell’uno è il peso dell’altro ed è il
peso dell’amore che li unisce.

34
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 66.
35
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 10.
36
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 43.
37
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
38
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 66.
39
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 38-39.
40
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
41
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22. «Ecce homo! Non è limpido né
solenne né semplice semmai – misero… Moltiplica tutto questo (moltiplica la grandezza
per la debolezza) – e avrai il risultato dell’umanità, il risultato della vita umana»,
(Ibidem).
LA PERSONA 11

Abbiamo visto come la visione dell’amore in Wojtyła è fortemente


permeata dall’idea di persona. Ma l’idea di persona con la sua relazionalità
e con tutto ciò che essa dice dell’amore è a sua volta debitrice verso la
teologia trinitaria. È all’interno della riflessione sul Dio Trino che il
concetto di persona è stato riempito di quella densità filosofica e teologica
che abbiamo cercato di sintetizzare sopra. La contemplazione del mistero
della Trinità ha comportato una serie di nuove considerazioni sull’uomo,
sua immagine. Considerazioni che Karol Wojtyła ha saputo portare avanti
nelle loro conseguenze pratiche; e che ha saputo esprimere così
chiaramente sia in forma accademica che in quella forma tutta speciale di
comunicazione che è il Teatro della Parola.
In tutte le sue considerazioni sull’uomo e sull’amore, è evidente come
per Giovanni Paolo II l’uomo è in primo luogo vicino a Dio e simile a Lui
grazie alla personalità che possiede. Per quanto riguarda la vita di coppia,
essa è vicina a Dio come comunione amorosa delle persone; essa si trova
addirittura in una certa analogia con l’unione delle persone nella Trinità.42
L’amore tra l’uomo e la donna è immagine dell’amore della Trinità. Si
potrebbe dire che la descrizione dell’amore come presenza, come
«continuo compenetrarsi» dell’uno nell’altro, sia figlia della
contemplazione del mistero d’Amore trinitario: «come tu, Padre, sei in me
e io in te» (Gv 17,21). Nella Trinità, l’Amore tra il Padre e il Figlio è una
persona distinta che è lo Spirito Santo. Si può vedere un’immagine di
quest’amore nella sostanzialità dell’aspetto oggettivo dell’amore di coppia:
l’amore ha una sua realtà oggettiva distinta dagli individui che si amano
(come la persona, ha anche lui il suo «peso specifico»),43 quasi una
personalità, capace di vincere le loro perplessità e costituirne l’unità.44

42
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
43
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
44
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
CAPITOLO II

La grazia

In questo secondo capitolo, intendiamo concentrarci sulla dimensione della


grazia secondo lo schema proposto dallo stesso Wojtyła. Se ora manterremo la
riflessione su un livello piuttosto generale, considerando la grazia come
azione di Dio che attira l’uomo a sé stesso, nel prossimo capitolo ci
soffermeremo su alcuni aspetti più specifici della grazia nel matrimonio.

1. Grazia di Dio e amore umano


Qual è l’importanza storico-salvifica dell’amore umano, di quell’amore
della persona che abbiamo visto essere immagine di Dio? Nel primo atto de
La bottega dell’orefice si sottolinea la fragilità e l’incertezza di questo
amore: come rimanere per sempre nell’altro? «…Come arrivarci se l’uomo
non riesce a durare nell’altro, se l’uomo – non basta?».45
Ma allo stesso tempo è rappresentata anche la speranza interiore che esso
infonde: la certezza di poter fondare la vita sull’amore perché «l’amore
determina il futuro».46 In ogni caso, la scoperta della realtà dell’amore
coniugale «forza la coppia a interrogarsi sul se e il come il tempo incontri
l’eternità».47
L’esperienza della precarietà, dunque, è fondamentale. Il tema è più
volte ripreso: è oggetto di un bellissimo (quanto criptico) volo poetico
dell’orefice (moltiplica la grandezza per la debolezza, ecce homo!),48 viene
espresso dal coro nelle parole citate sopra, viene tragicamente vissuto da
Anna nella crisi matrimoniale del secondo atto ed è argomento delle
considerazioni di Adamo nella seconda e nella terza sezione. Con queste
sue parole, Adamo pone una questione molto profonda sul senso
dell’esistenza stessa della persona e sul senso dell’amore:
Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte
no – l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse

45
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
46
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
47
P. CASARELLA, «“The proper weight of love” », 628 (trad. mia).
48
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
14 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione un esistenza e un


amore – come farne un insieme che abbia senso?49
Di fronte alla fine della vita, che senso ha amare? La bottega dell’orefice
mostra la straordinaria nobiltà dell’amore umano che a tutti i livelli – ma in
maniera speciale nella forma coniugale – si svela all’uomo come strada per
riconoscere l’azione del Dio-Amore, per riconoscere la presenza di Dio e la
sua azione nella concretezza più quotidiana della vita.
Facciamo ora un passo avanti e chiediamoci: che rapporto c’è tra
l’amore umano e la grazia di Dio? La vita dell’uomo è piena della Grazia di
Dio; essa invita costantemente l’uomo a rivolgersi a Dio ed unirsi a lui.
L’uomo da parte sua, cercando la felicità e l’amore, ricerca in fondo Dio.50
Il Cantico dei Cantici descrive con parole inarrivabili quest’ansia
esistenziale di amore mostrando l’unità essenziale del cammino dell’uomo:
Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore; l’ho cercato ma
non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città; per le strade e per le
piazze; voglio cercare l’amato del mio cuore… Quando trovai l’amato del mio
cuore, lo strinsi fortemente e non lo lascerò finchè non l’abbia condotto in casa
di mia madre, nella stanza della mia genitrice (Ct 3,2-4).
Si possono forse separare i due livelli di lettura, l’esaltazione dell’amore
come esperienza umana dall’allusione alla ricerca reciproca tra l’anima e
Dio, suo sposo? Nella nostra umanità la ricerca del senso, la ricerca
dell’amore, la ricerca dell’eternità non sono affatto disincarnate.

2. L’azione della grazia nella teologia di H. de Lubac


Il pensiero di H. de Lubac ci fornisce una chiave utile per fare sintesi:
secondo il teologo francese l’uomo può riconoscere e accogliere la rivelazione
cristiana perché essa è essenzialmente amore, ed è un invito all’amore, alla
pienezza di quella dimensione così importante e realizzante la persona.
Da Il mistero del soprannaturale di Henry deLubac raccogliamo alcuni
elementi che ci possono tornare molto utili nella chiarificazione della
questione della ricerca dell’amore, della felicità, del senso dell’esistenza.
Secondo de Lubac il senso della rivelazione cristiana è illuminare l’uomo,
permettergli di vedere il suo fine ultimo – la partecipazione alla vita eterna
nella Trinità – e di entrare in esso.
La rivelazione può essere riconosciuta ed accolta dall’uomo perché essa
risponde a quell’inquietudine che c’è in lui, ciò che è la teologia classica ha
chiamato «desiderio di beatitudine». Si tratta di un desiderio molto

49
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81-82.
50
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 20, 76
LA GRAZIA 15

particolare perché «naturale» (nel senso che è insito all’uomo) eppure –


non fosse per la rivelazione – quasi del tutto sconosciuto. Di questo
desiderio, infatti, si può “sospettare” razionalmente l’esistenza: se ne
possono individuare i sintomi nei tanti fatti della storia e della vita
dell’uomo che, manifestando un’indigenza, ne fanno supporre la
soddisfazione («Ah, come l’uomo desidera di essere amato, come
vogliamo star vicini uno all’altro – sospira il coro nel Primo Atto»).51
Tuttavia – osserva de Lubac – la soddisfazione del desiderio non si può
giustificare con il desiderio stesso a rigor di logica.52 La natura del
desiderio rimane sconosciuta perché, l’uomo che ne è il soggetto, è mistero;
e così quel desiderio rimane assolutamente generico. L’enigma dell’uomo
è dunque un aspetto eminente della sua somiglianza con il Dio che l’ha
creato e cui fa riferimento.53
Ora, la rivelazione risponde a questo desiderio misterioso
configurandosi come rivelazione di amore e chiamata all’amore, essa
manifesta che quel desiderio è un desiderio di amore, così profondo perché
né è Dio stesso il responsabile: quel desiderio è la nostalgia di Dio.
Il dono che è la rivelazione eleva tutta la persona ad una vita
soprannaturale di relazione: il desiderio, quindi, non si risolve in una
conoscenza intellettuale o una contemplazione di Dio come era concepita dai
filosofi:54 «la meraviglia della “visione beatifica” è quella di vedervi Colui
che ci ama»55 e che amandoci ci chiama all’amore e ci permette di amare.56
L’uomo può riconoscere l’amore di Dio che si rivela perché è stato
creato dall’Amore stesso per amore e per l’amore. La novità del volto di
Dio rivelato in Cristo crocifisso e risorto mostra all’uomo quell’amore che
egli ha sempre desiderato incontrare; quel desiderio che porta dentro di sé
gli conferma che è quella la realizzazione della sua vita.
Nell’analisi di un desiderio così radicato nell’uomo, la teologia si è
talvolta persa nel tentativo di distinguere l’invito di Dio e la ricerca attiva
dell’uomo. De Lubac si sofferma a sottolineare che la natura pura non esiste:

51
KAROL WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 25.
52
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 277.
53
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 273-275.
54
Il Dio dei filosofi è «un vivente eterno e perfetto che ignora eternamente gli esseri
imperfetti come siamo noi; nessun movimento d’amore gli fa abbassare verso di noi
neppure uno sguardo» (H. DELUBAC, Il mistero del soprannaturale, 296).
55
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 295.
56
«Putas quid est Deus? Putas qualis est Deus? Quidquid finxeris, non est; quid
quid cogitazione comprehenderis, non est. Sed ut aliquid gustu accipias, Deus caritas
est; Caritas qua diligimus», (AGOSTINO, De Trinitate, 1. 8, c. 8, n.12, cit. in H. DE
LUBAC, Il mistero del soprannaturale, 295).
16 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

non c’è niente che sia estraneo alla grazia.57 La natura dell’uomo, quindi,
non è perfettamente determinata: essa è aperta.58 Quel desiderio sconosciuto
ne è il sintomo. La rivelazione cristiana è un incontro che trasforma la
persona ed è capace di farla entrare nella dinamica di Dio, che è dono. In
Cristo, Dio stesso è totalmente aperto. Il futuro dell’uomo sta nell’essere
come Cristo: «essere per». L’uomo schiavo del peccato, infatti, vuole
pensare solo a sé, è un essere «per sé». Cristo, come suggerisce Paolo, è
«l’ultimo uomo», l’uomo definitivo, che «introduce l’uomo nel suo futuro,
consistente nel fatto che egli non è soltanto uomo, ma è una cosa sola con
Dio»,59 «in quanto uomo venturo, non è l’uomo per sé, bensì essenzialmente
l’uomo per gli altri; egli è … totalmente aperto... egli è integralmente
‘passaggio’ (páscha)».60

3. La grazia ne La bottega dell'orefice: chiamata all’amore e


purificazione dell’amore
Nelle Riflessioni sul matrimonio, Karol Wojtyła scriveva «le energie della
soprannatura, della grazia, sono nascoste nella natura, nella natura delle
persone che si uniscono reciprocamente nel matrimonio».61 E continuava
osservando come l’uomo, che in primo luogo è vicino a Dio e simile a Lui
grazie alla personalità che possiede, in secondo luogo gli è vicino perché «la
vita della persona è colma degli elementi soprannaturali».62 Abbiamo visto
che la vita di coppia presenta una certa analogia con l’unione amorosa delle
persone nella Trinità. Adesso vediamo come ne La bottega dell’orefice
Wojtyła ha saputo narrare la grazia. Una delle cose straordinarie della
bottega dell’orefice è appunto questa: la capacità di rappresentare l’azione
della grazia nell’esperienza delle persone.
Iniziando con uno sguardo d’insieme, dobbiamo riconoscere nelle storie
dei personaggi la presenza della grazia. La vita delle persone è piena di
grazia. Mettendo insieme le considerazioni di de Lubac con quelle di
Wojtyła, concludiamo che è piena di grazia la persona stessa, con le sue

57
Cfr. H. DE LUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 271-272.
58
«L’essere umano è, in ultima analisi, ordinato all’altro, al veramente Altro, cioè a
Dio; è tanto più presso di sé quanto più è presso il totalmente Altro, presso Dio. Per cui
è integralmente se stesso quando ha cessato di essere per sé, di chiudersi in sé e di
affermarsi per se stesso, quando è divenuto perfetta apertura a Dio… Ora Gesù Cristo è
appunto l’uomo veramente uscito da se stesso e pertanto l’uomo veramente pervenuto a
se stesso…», J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 224-225.
59
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 224.
60
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 230.
61
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
62
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
LA GRAZIA 17

aspirazioni all’amore, alla felicità; sono pieni di grazia gli incontri, talvolta
quelli meno pensati, che suscitano riflessioni, illuminazioni, decisioni:
Wojtyła, ad esempio, dà un ruolo molto importante alla voce di un
«qualcuno» che, passando dietro Teresa ed Andrea intenti a guardare la
vetrina dell’orefice, tocca «il fondo dei loro pensieri» e proietta la loro
prospettiva del matrimonio al confine tra il tempo e l’eternità delle loro
esistenze.63 È grazia la nostalgia.
Particolarmente importanti, poi, sono gli incontri con Adamo. Su questo
personaggio ci soffermeremo in seguito. Ci limitiamo ora a sottolineare la
puntualità delle sue apparizioni considerando il personaggio nella sua
dimensione meramente umana (che non esaurisce assolutamente il suo
ruolo): quante volte, nella vita, la presenza di una persona – familiare,
amico, o anche perfetto sconosciuto – e le sue parole sono capaci di aprirci
nuovi orizzonti, svelarci prospettive nuove, addirittura suscitare in noi un
movimento di conversione che ci orienta nuovamente a Dio, a riconoscere
la sua presenza e la sua azione, magari in circostanze in cui lo avevamo
perso di vista. Questi incontri sono senz’altro delle grazie, manifestano la
grazia di Dio che ci vuole uniti a sé.
Possiamo vedere l’azione della grazia anche in quelle ispirazioni che
talvolta emergono nella coscienza suggerite dai suddetti incontri, altre volte
in modo veramente misterioso. Stiamo pensando innanzitutto all’immagine
dei richiami, parola che traduce il polacco sygnały: il termine compare
frequentemente nel primo atto che da questa espressione prende il titolo. I
richiami fanno sentire a Teresa ed Andrea quasi un urgenza l’uno per
l’altro, essi sono quelle ispirazioni udite solo da chi è veramente in ascolto,
sempre suscettibili di essere disattese: «pensavo ai richiami che non
possono mai convergere. Pensavo ad Andrea e a me. E ho presentito il peso
della vita».64 La migliore «psicologia della scelta» non basterebbe a
spiegare esaurientemente perché dei «richiami» indirizzino qualcuno verso
una determinata persona o situazione, 65 così come quella voce che Andrea
sente in coscienza imporgli quasi un dovere verso Teresa.66
Possiamo dire che nel dinamismo dell’amore vissuto nella sua autenticità
si può vedere, fin dal momento dell’attrazione, un che di «grazioso», un
movimento di grazia, attraverso il quale l’uomo può uscire da se stesso per
trovare la verità di se stesso; uscire con lo slancio proprio di chi spera nella
felicità e nell’eternità. L’esperienza di trovarsi sorretti e quasi guidati in
questo «folle» volo è un esperienza di grazia che permette a Teresa ed

63
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 19.
64
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 13.
65
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 119.
66
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 10.
18 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

Andrea di scommettere sul loro amore:67 l’amore vince ogni perplessità,


«l’amore determina il futuro».68
È giunto il momento di fare un accenno alla figura tanto misteriosa
dell’orefice. Alcuni critici vi hanno visto un’immagine della Divina
Provvidenza, per la forza del giudizio morale.69 Le fedi nuziali, che egli
non tanto vende, quanto amministra, e che rifiuta di ricomprare,
simboleggiano gli impegni del matrimonio. Il fatto che non compaia
fisicamente è in linea con le abitudini di Wojtyła, che generalmente non
chiama Dio per nome nelle sue opere teatrali; «la sua presenza si sente ma
non è imposta».70 Come per il personaggio di Adamo, non si può delineare
con assoluta definizione: la sua figura rimane un mistero. Poiché solo i
personaggi nel dramma lo vedono, e noi solo attraverso ognuno di essi, il
poeta e critico Taborski suggerisce di vedere nell’Orefice la voce della
coscienza.71 In questo ruolo, gli attributi divini ed umani dell’Orefice non si
contraddicono: la coscienza è la voce di Dio nell’uomo.72 I personaggi
agiscono sempre sotto lo sguardo di Dio. Il titolo polacco (Przed sklepem
iubilera) significa letteralmente «di fronte alla bottega dell’orefice».
L’orefice vede i nostri pensieri e le nostre azioni attraverso la vetrina della
sua bottega, che è anche la vetrina della nostra coscienza.73

4. Anna e lo sposo
Cerchiamo ora di raccogliere brevemente gli elementi fondamentali del
rapporto tra Anna ed Adamo: è un caso interessante in cui emerge come
Wojtyła vedeva l’azione costante della grazia nella storia della persona e
del suo matrimonio. L’esperienza di Anna nel secondo capitolo è un

67
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
68
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
69
B. TABORSKI, Introduzione a La bottega dell’orefice, 757.
70
B. TABORSKI, Introduzione a La bottega dell’orefice, 758.
71
Cfr. J. POMIANOWSKI, Commento a La bottega dell’orefice, 87; P. CASARELLA,
«The proper weight of love», 627.
72
«La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo
con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria», (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et
spes, 16).
73
È interessante confrontare la differenza delle reazioni di Andrea e Teresa di fronte
alla vetrina del negozio di scarpe e di fronte a quella dell’orefice: la prima si limita a
riflettere le immagini esprimendo la mutevolezza, l’effimero della vita; la vetrina
dell’orefice, al contrario, assorbe i personaggi che vi si rispecchiano, facendo
riemergere il loro passato e indicandogli il futuro. Guardando con occhio limpido la
coscienza, scopriamo la nostra vita immersa nella Grazia che l’ha creata, che l’ha
accompagnata e che continua ad attirarla a sé indicandogli la vita per l’eternità
attraverso il tempo.
LA GRAZIA 19

esperienza di grazia in un momento di crisi. La donna si trova sconvolta


dalla crisi dell’amore: l’assenza di Stefano in lei, e di lei in Stefano la fa
sentire estranea a se stessa.74 La tragicità del dubbio sull’amore investe tutta
l’esistenza di Anna, minacciando di distruggerla alla radice, cancellando in
essa ogni speranza di senso: se l’amore schiude all’uomo la prospettiva
dell’eternità, l’unica che rivela il senso delle aspirazioni più profonde
dell’uomo, la sua assenza schiaccia la vita sotto «pesantezza del
momento»,75 e dell’amore «rimane solo l’insieme dei doveri, un insieme
convenzionale e mutevole…».76
L’amore è un esperienza di assoluto (per questo l’uomo coglie in esso
una promessa di eternità), ma dell’assoluto l’uomo non ha le misure.77
Nella prospettiva assunta da Anna conta solo l’emozione del momento, da
esso si spera il tutto; essa decide di lasciarsi trascinare dalla superficie
dell’amore, credendo che sia quella l’assoluto, senza riflettere sulla verità
dell’amore.78 In questa dimensione si cerca disperatamente quell’attimo a
cui l’esistenza si aggrappa con le sue ultime forze sperando di ritrovarvi
almeno l’illusione dell’eternità; ma questo modo di vivere è per l’uomo una
maledizione, «maledizione dell’attimo che arriva dopo e di tutti gli attimi
che lo seguono nei quali cercherai sempre la strada per ritornare a quello
giù trascorso, per averlo di nuovo e, attraverso quell’attimo, tutto».79 In
questa prospettiva, la persona perde se stessa, la sua integrità ed unità.80
Adamo ci fa meditare sull’origine e la fine dell’amore umano, «come sono
ripide le sue rive. E se qualcuno scivola da una riva simile, gli sarà molto
difficile tornare, vagherà da solo al di sotto della sua strada».81
L’amore in Anna si è spento, se mai c’è stato.82 Come le lampade delle
vergini stolte.83 La figura provvidenziale di Adamo si affianca ad Anna per
74
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 34.
75
«La vita si trasformava sempre di più nella pesante coesistenza di due che
occupavano sempre meno posto uno nell’altro», K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 37.
76
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 37.
77
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81.
78
«La superficie dell’amore ha la sua corrente, corrente rapida, sfavillante, facile al
mutamento. Caleidoscopio di onde e di situazioni così piene di fascino. Questa corrente
diventa spesso tanto vorticosa da travolgere la gente (…). Convinti che hanno toccato il
settimo cielo dell’amore (…) credono di aver raggiunto i confini dell’esistenza (…).
Dopo il rapimento non rimane nulla», (K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 45).
79
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
80
«Non può finire così! Ascoltate, non può! L’uomo è un continuum, una integrità e
continuità – dunque non può rimanere un niente!», (Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega
dell’orefice, 45).
81
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 39.
82
La descrizione dei personaggi, sembra far intuire che la loro relazione non sia stata
costruita secondo la verità della persona: «l’amore – si domanda Anna – non è forse un
20 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

darle una speranza: lo Sposo può riaccendere la vita «va per tante strade
dove incontra tanta gente diversa. Passando tocca l’amore che è in
loro…».84 Parlando con Adamo, si ridesta in Anna il desiderio di amore,
desiderio così forte e così confuso, così sconosciuto per lei. Come un
animale ferito, essa cerca disperatamente di riempire il vuoto lasciato dalla
delusione; si lascia portare nella ricerca solo dal dolore, senza riflettere
sulla radice della sua nostalgia: cerca l’amore nell’attenzione dei passanti,
in un uomo «incontrato così». Non si accorge che ciò che va cercando è
quella promessa di eternità che aveva intuito in Stefano, suo marito:
l’emozione che la spinge ad accettare la proposta dello sconosciuto rievoca
esattamente le parole del marito.85 Ma Adamo riappare per fermarla:
«L’amore non è un avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo
peso specifico».86 Il sentimento e l’immaginazione deve andare con la
verità, diceva Andrea nel primo atto; la verità della persona e della sua
storia. Anna aveva trovato con Stefano la strada per l’amore; la fede che
porta al dito glielo ricorda. Adamo tenta di condurre Anna a riconoscere il
fallimento del suo amore. «Si dissipino le finzioni e le illusioni»:87 Anna
non ha in sé la fonte dell’amore, né potrà trovare in un uomo l’Amore
perfetto che cercava.
L’annuncio dello sposo risveglia in lei la nostalgia per quell’amore.
Adamo la conduce a vedere che nessun uomo ha in sé quell’Amore
perfetto: si sono spente due lampade, «l’una non ha donato all’altra la
fiamma. L’una non ha donato all’altra l’olio».88 D’altra parte, quell’amore

fatto di sensi e di una certa atmosfera?», «la verità non è forse quello che senti di più»?
Adamo le fa vedere che «l’amore è una sintesi di due esistenze» K. WOJTYŁA, La
Bottega dell’orefice, 43.
83
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 51-54. Anna solo dopo una serie di
incontri ed esperienze prenderà coscienza di essere una vergine stolta; Cfr. K.
WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 54.
84
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 41.
85
Anna ricorda le parole di Stefano. E subito dopo, lo sconosciuto la invita usando
quasi le stesse parole.
86
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
87
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 43.
88
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 57-58. Per contro, Andrea e Teresa, nel
Primo Atto, hanno affrontato con verità la loro relazione; il canto del coro esprime la
precarietà – che essi percepiscono – dell’amore umano. Portando la loro precarietà
davanti all’orefice, vivono quella strana esperienza di sentirsi da lui conosciuti; lo
sguardo dell’orefice, non solo li scruta, ma cerca il loro cuore per «versarvi dentro
qualcosa». Andrea e Teresa fanno la meravigliosa esperienza di trovarsi «al livello del
Suo sguardo, al livello della sua vita. La nostra intera esistenza stava davanti a Lui. Il
Suo sguardo ci comunicava dei segni (sygnały) ma in quel momento non eravamo in
grado di percepirli in tutta la loro pienezza» (K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28).
LA GRAZIA 21

verso il quale ella sperimenta un anelito cosi profondo, non è


irraggiungibile. La figura dello Sposo indicata da Adamo ridesta la sua
speranza di trovarlo. Il fatto che lo Sposo abbia per Anna il volto di Stefano
dice che è attraverso quell’uomo concreto che Anna avrebbe potuto trovare
l’Amore perfetto che cercava. Con Stefano, Anna può vivere
autenticamente la relazione con lo Sposo, Cristo.
Oh, Anna, come posso persuaderti che al di là di tutti questi amori che ci
riempiono la vita – c’è l’Amore! Lo sposo passa per questa strada e passa per
tutte le strade! Come posso persuaderti che tu sei la Sposa. Bisognerebbe
adesso perforare la crosta della tua anima come quando nel sottobosco e nel
suolo si cerca la sorgente d’acqua tra il verde. Sentiresti allora il richiamo: oh,
mia amata, tu non sai quanto mi appartieni, non sai quanto appartieni al mio
amore e alla mia pena…89
In fondo, Adamo cerca di portare Anna a riconoscere che l’amore si
trova nella dimensione di Dio, che l’amore è Dio: amare vuol dire «donare
la vita attraverso la morte, amare vuol dire sprigionare dalle profondità
dell’anima l’acqua viva della sorgente».90 Non è un caso che i nomi usati
da Adamo per parlarne rievocano tutti lo Spirito Santo, «acqua viva»,
«fuoco e sorgente».91 Amare per l’uomo significa attingere a quella
sorgente nella situazione concreta in cui si è chiamati, sapendo che
quell’amore con cui Anna ama lo sposo, lo Spirito, «charitas qua
diligimus», le fa amare Dio stesso, lo Sposo.
Il desiderio di amore passa per le vie concrete del matrimonio; nella
concretezza della vita matrimoniale, proprio nella sua precarietà e nelle sue
crisi avviene la purificazione dell’amore.92 Il volto dell’altro è quello con
cui si accoglie lo Sposo dell’anima, Cristo; è quindi la relazione in cui di
più ci si apre all’Amore Eterno.

5. La “grazia di un ambiente”: l'esperienza dello Środowisko


Karol Wojtyła visse profondamente la ricerca, e seppe seguire gli
indizi che trovava non solo nella sua persona, ma anche nelle traiettorie
esistenziali di molti con cui seppe condividere le domande, le intuizioni, le
scoperte della vita. Nel suo cammino di fede imparò presto a riconoscere

89
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
90
WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
91
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
92
Il coro nel Primo Atto canta l’amore anche nella sua fisicità come esperienza di
precarietà che non si ferma a se stessa; essa è l’occasione di un apertura all’eternità di
Dio, in cui il corpo è «un tramite»; cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
22 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

come profonda verità che l’esistenza dell’uomo è immersa nella Grazia del
Dio-Amore.
L’amore mi ha spiegato ogni cosa,
L’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi.93
Pertanto non possiamo evitare di fare almeno un piccolo riferimento a
quell’esperienza di vita che per Karol Wojtyła è stata la prima scuola di
teologia. Grazie all’esperienza propria ed altrui, egli riconosceva nel
cammino percorso dall’uomo e dalla donna la Trinità a cui immagine sono
stati creati e redenti, e nel sacramento del loro amore, Cristo Sposo e la
Chiesa Sposa, il cui mistero attualizzano.94 I drammi di Wojtyła, tra cui
soprattutto La bottega dell’orefice, ma anche il libro Amore e
responsabilità, «sono esempi evidenti della forza dell’esperienza che
conduce alla meditazione espressa in un’opera».95
In questa sede vogliamo accennare alla vita di Rodzinka (famiglia), poi
divenuto il cosiddetto Środowisko (ambiente), un ambiente, appunto, curato
da Wojtyła (che i giovani chiamavano zio, Wujek) unito da profondi vincoli
di un amicizia, che cresceva nel sincero confronto delle esperienze di vita
alla luce della Parola di Dio.96 Wojtyła pose al centro della sua pastorale la
domanda sul senso della vita e sulla verità; poneva la domanda in modo
filosofico, ma per niente accademico, e «cercava la risposta
accompagnando gli amici nella maturazione all’ “amore responsabile”
vissuto nel matrimonio e nella famiglia. In tal modo egli stesso,
accompagnato da loro, entrava nella verità dell’amore e, di conseguenza,
nella verità del matrimonio e della famiglia».97
Merita un riferimento anche la figura di Jan Pietraszko, maestro di Wojtyła
e poi suo collaboratore nella diocesi di Cracovia.98 Egli aveva saputo
riconoscere l’importanza salvifica della famiglia, per l’uomo e per la società.
93
K. WOJTYŁA, Canto del Dio nascosto, I, in IDEM, Tutte le opere, 49.
94
Cfr. P. KWIATOWSKI, Dall’incontro 8.
95
P. KWIATOWSKI, «Dall’incontro», nota a pagina 15.
96
Wojtyła e il suo «maestro» e poi coadiutore Jan Pietraszko insegnavano «a fare da
un lato l’ermeneutica della vita con l’aiuto della Parola di Dio e da un altro
l’ermeneutica di quella stessa Parola con l’aiuto della vita d’ogni giorno», (L. e S.
GRYGIEL, Amici e santi, 64).
97
L. e S. GRYGIEL, Amici e santi, 69. Questa esperienza diede vita alle Coppie di
sposi Humanae vitae; cfr. K. WOJTYŁA, Regola per il gruppo, 28-34.
98
I coniugi Grygiel raccontano che il papa disse all’amico Pietraszko che gli portava
in regalo il suo ultimo libro: «Vescovo Jan, io imparo la teologia da te»; e in un'altra
occasione: «ti ringrazio per avermi mostrato – a suo tempo – la strada per la gioventù
universitaria». Che l’esempio di Jan Pietraszko sia stato determinante, lo vediamo dalla
LA GRAZIA 23

Qui, sotto gli occhi di Dio, che è presente sotto il soffio del Suo Spirito, può
rinnovarsi la faccia della terra. E si rinnova negli uomini. Si rinnovano
nell’uomo, sotto il soffio dello Spirito divino, le qualità e i valori morali, gli
atteggiamenti umani che sono condizione di una vita feconda e piena di senso,
e la convivenza dell’uomo con l’uomo. E tutto ciò che nella famiglia senza
sosta si purifica, si risana e si nobilita, poi si trasferisce nell’uomo e a tutte le
comunità in cui vive, fino a quella comunità suprema che è la nazione (...)
E che cosa vi è di più creativo e costruttivo, nell’organismo della nazione, di
una responsabilità dell’uomo per l’uomo, profondamente vissuta e arricchita
dall’unione con Dio nella struttura della vita comunitaria?99
Fondamentale è anche la figura di Jerzy Ciesielski; i coniugi Grygiel ce
lo presentano come un uomo che, accompagnato da Wojtyła, percorse in
prima persona il cammino della santità nel matrimonio, collaborando al
ministero del giovane prete con le sue ispirazioni e la sua vita.100
Dalle iniziative di Jerzy e di Karol nacque l’idea di fondare una
«famiglia di famiglie», ossia un gruppo di famiglie cattoliche unite con i
legami di amicizia, che, guidate da un sacerdote, pensavano e guardavano
la vita in maniera simile, per scambiare le opinioni su temi e problemi
attuali, aiutandosi a vicenda.
L’idea di fondo rimase sempre la stessa: vivere nella coppia il vero
cammino verso la santità, perché «il matrimonio non può affatto diventare
un ostacolo nella realizzazione di questo ideale – sosteneva Jerzy; al
contrario, lo dovrebbe favorire».101

descrizione che riporta Kwiatowski, perfettamente applicabile nel metodo al ministero


di Wojtyła: «non appoggiava il proprio lavoro su alcun metodo concettuale.
Semplicemente, egli stava sempre con i giovani, era sempre a loro disposizione, in
chiesa e fuori. La sua competenza teologica – non era dottorato – veniva dalla
contemplazione della Parola di Dio e dell’uomo stesso. “l’innamorato di Dio”, così lo
chiamavano i fedeli», (P. KWIATOWSKI, Dall’incontro, 15).
99
Queste parole indicano la concreta di quella «santificazione della società» che il
matrimonio cristiano può attuare: «La missione apostolica della famiglia è radicata nel
battesimo e riceve dalla grazia sacramentale del matrimonio una nuova forza per
trasmettere la fede. per santificare e trasformare l'attuale società secondo il disegno di
Dio», (GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 52).
100
Professore del Politecnico di Cracovia, indiscusso leader dello Środowisko di don
Wojtyła. «Affascinava gli amici non soltanto per le sue capacità organizzative e i talenti
sportivi, quanto per il continuo sforzo di volontà e di intelletto per cogliere il progetto di
Dio a proprio riguardo, prima come fidanzato, poi come marito e padre», (L. e S.
GRYGIEL, Amici e santi, 70). Stanislaw, già professore di antropologia a Cracovia, fu
convocato a Roma con la moglie e Ludmiła da Papa Giovanni Paolo II, appena due anni
dopo la sua elezione, come rettore dell’istituto di studi su matrimonio e famiglia voluto
dallo stesso Papa.
101
J. CISIELSKI, Notatki, cit. in P. KWIATOWSKI, «Dall’incontro», 27.
CAPITOLO III

Il Sacramento del Matrimonio

Nel capitolo precedente ci siamo soffermati a considerare generalmente


il rapporto tra la grazia e l’amore umano. In questa sezione intendiamo
concentrarci su alcuni aspetti propri della grazia del sacramento del
matrimonio. Perché il matrimonio è un sacramento? In che senso l’amore
di Cristo fonda e sostiene la teologia del sacramento del matrimonio? In
che modo – riprendendo le parole di Jerzy Cisielski – il matrimonio
favorisce l’ideale della santità? Abbiamo già avuto modo di raccogliere
alcuni indizi che già ci permetterebbero di abbozzare una risposta a queste
domande. Ma aggiungeremo ancora qualche elemento per poi raccogliere il
tutto e trarre le naturali conclusioni. Vedremo allora come La bottega
dell’orefice sia intessuta di riferimenti alla teologia del sacramento del
matrimonio.

1. L’incarnazione, fondamento del sacramento


In che senso il matrimonio è un sacramento? Perché fa parte del
settenario di quei segni sensibili che sono veicoli di una grazia reale e
speciale di Dio?
Il concilio di Trento, mettendo un punto al processo storico di
definizione dei sacramenti della Chiesa, affermava che il matrimonio è un
sacramento, istituito da Gesù Cristo, necessario alla salvezza e contenente
la grazia che significa.102 D’altra parte e in un senso più ampio del termine,
abbiamo già avuto modo di vedere come l’unione dell’uomo e della donna
è sempre un sacramento. Si può dire che l’amore umano, vissuto nella
verità della persona, coinvolge di per sé stesso la grazia del Dio-amore, che
chiama l’uomo ad essere partecipe della sua natura.
In qualche modo, dunque, l’amore umano è segno efficace della grazia.
Per questo Leone XIII, richiamando l’insegnamento della storia, e unendosi
102
Cfr. DS 1600-1608; 1801.
26 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

ai suoi predecessori Innocenzo III e Onorio III, poteva dire che «il
Sacramento del matrimonio esiste presso i fedeli e gl’infedeli».103 Così
anche Wojtyła:
Il matrimonio, in quanto comunione feconda di persone, che dà la vita, e in
quanto fondamento della famiglia, in un certo modo, è sempre un sacramento,
cioè una realtà che porta in sé il segno di Dio – Creatore e Datore della vita.104
Abbiamo visto quanto sia importante che l’unione tra due persone,
l’uomo e la donna, rifletta e partecipi di quella della Trinità proprio perché
l’uomo è creato persona ad immagine della personalità che in Dio è un
modo dell’amore. Ma nel matrimonio celebrato dai cristiani, quella grazia,
che già agisce in modo misterioso in ogni unione secondo natura, è il
fondamento e il fine dell’unione stessa. Per capire tutto ciò, però,
dobbiamo andare al fondamento dei sacramenti, l’incarnazione di Cristo.
Nell’Incarnazione Dio entrò nella totalità della natura umana, e cioè anche
nel “corpo”; in questo modo il “corpo” diventò un segno visibile e un
prototipo di tutti i segni di questo genere che da tanti secoli portano nella
chiesa il nome di sacramenti. Da parte sua, l’uomo, che è “corpo”,
mediante il sacramento diventa partecipe di ciò che è Divino. In questo
modo «ogni sacramento, per sua stessa essenza, è come se riproducesse
l’Incarnazione in dimensione ridotta, nella scala della persona oppure – se
si tratta del matrimonio – nella scala di due persone».105
Da queste parole risalta ancora di più la centralità del corpo, via scelta da
Dio nel mistero del suo amore salvifico. Corpo di Cristo, e quindi corpo
dell’uomo. In quanto segno efficace dell’amore fecondo di Cristo per la
chiesa, il sacramento non è il rito che si svolge in chiesa; pur richiedendo la
celebrazione ecclesiale, esso ha il suo culmine nell’atto coniugale in cui

103
Vale la pena riportare il brano, sebbene esteso, che fa da contesto a questa
affermazione: «Poiché il matrimonio ha Dio come autore, ed essendo stato fin da
principio quasi una figura della Incarnazione del Verbo di Dio, perciò in esso si trova
qualcosa di sacro e religioso, non avventizio, ma congenito, non ricevuto dagli uomini,
ma innestato da natura. Pertanto, Innocenzo III e Onorio III , Nostri Predecessori, non a
torto né senza ragione poterono affermare che "il Sacramento del matrimonio esiste
presso i fedeli e gl’infedeli". Chiamiamo in testimonio i monumenti dell’antichità, ed i
costumi e le usanze dei popoli che meglio si erano avvicinati all’umanità, e che avevano
progredito in una più esatta cognizione del diritto e della equità; nelle loro menti era
impressa, come preconcetta ed innata, questa nozione, cioè che quando pensavano al
matrimonio sorgeva in essi spontaneamente l’idea di una cosa congiunta con la
religione e la santità. Per questo motivo le nozze presso di loro non venivano sovente
celebrate senza i riti delle religioni, l’autorità dei pontefici, il ministero dei sacerdoti»,
(LEONE XIII, Arcanum Divinae, 1).
104
WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
105
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
IL SACRAMENTO 27

ogni volta si rinnova la grazia dell’amore sponsale. L’incarnazione,


dunque, si prolunga nell’uomo, che in qualche misura diventa anche lui,
come l’uomo-Cristo, segno visibile ed efficace della grazia: il sacramento
lo immette nell’orbita della grazia, crea nella natura quelle forze
soprannaturali che rendono possibile la pienezza della vita della persona
umana, vita secondo i piani e le intenzioni del creatore. Per quanto riguarda
il sacramento del matrimonio, tutto ciò assume un significato particolare:
nel matrimonio, infatti, sono due le persone che entrano
contemporaneamente nell’orbita della grazia:
L’uno deve vicendevolmente all’altro il proprio entrare in quest’orbita che
crea il sacramento del matrimonio. […] Queste due persone sono, l’uno per
l’altra, gli strumenti diretti dell’agire di Dio e, in certa maniera, anche
conduttori della corrente di vita che è in Lui e della quale diventano partecipi
mediante il sacramento.106
Anche per questo i ministri del sacramento matrimonio sono gli sposi:
nella celebrazione liturgica, nell'esprimere il loro consenso, essi «sono
ministri della grazia di Cristo»,107 l’uno per l’altro sono segno della
presenza di Dio.108 È chiaro che lo scambio del consenso non si limita al
momento liturgico: esso dice il reciproco donarsi che si attua nella
«comunione di tutta la vita», e in maniera speciale nell’atto coniugale, che
di quel dono reciproco è il sacramento.109 Per questo il consenso nella sua
autenticità è tanto importante che il senza di esso matrimonio non esiste.110
È Cristo che ha istituito il matrimonio. Ciò è vero fin dall’inizio della
creazione, ma è ancora più visibile nella redenzione. È in Cristo, Verbo di
Dio, che il matrimonio è stato istituito «tutto è stato fatto per mezzo di Lui,
e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3).111 L’uomo è
creato persona, come Dio; come Dio si realizza, «è bene», quando è amore:
per questo «non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18): «per somigliare al
Dio-Amore, al Dio uno in tre persone, bisogna che l’uomo fondamentale

106
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
107
CEI, Presentazione al Rito del Matrimonio, 8.
108
Così si dice nella benedizione nuziale. Cfr. Rito del Matrimonio, 86.
109
Cfr. Rito del Matrimonio, 4. Cfr. anche CIC, 1055,1.
110
«Benché d’istituzione divina, esso non può cominciare a esistere se non dal libero
consenso di ambedue gli sposi, atto talmente necessario che non può venire supplito da
alcuna autorità umana», (DS 3700).
111
Anche come realtà naturale, «il matrimonio non fu istituito né restaurato da
uomini, ma da Dio; non dagli uomini, ma dallo stesso autore della natura, Dio, e da
Gesù Cristo redentore della medesima natura fu presidiato di leggi e confermato e
nobilitato» (DS 3700).
28 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

sia costituito da due persone simili e allo stesso tempo diverse»112 (“che
stiano di fronte”)113, uguali, portate corpo e anima l’una verso l’altra dal
dinamismo di un amore; in modo tale che siano uno e che dalla loro unione
possa esistere e crescere la “terza persona”, il figlio. Questa terza persona è,
al di là di loro stessi, la loro unità concreta, il loro amore vivente: “è tutto
te, è tutto me, è tutto noi due in una sola carne!”».114
Ma è nella redenzione che splende in tutta la sua verità Cristo fondatore
del matrimonio: incarnandosi, egli ha sposato l’umanità. L’incarnazione è
già la rivelazione di quella profonda unità che Dio desidera avere con ogni
uomo. Cristo si è fatto una sola carne con noi, perché noi potessimo essere
un solo spirito con lui (cfr. 1Cor 6,16-17). Il mistero pasquale, poi, sigilla
quell’unione e fa scaturire tutti i sacramenti (tra cui la Chiesa stessa).115 Nel
battesimo il cristiano è unito a Cristo nel mistero della sua morte e
risurrezione (Rm 6,4-5; Col 2,12). Potremmo dunque dire che il battesimo
celebra le nozze di Cristo con il cristiano: esso è l’inizio di un unione
nuova, indissolubile e feconda. In forza del battesimo, che libera l’uomo
dal peccato e dalla paura della morte, l’uomo può vivere la vita di Cristo.
Ecco perché il matrimonio può significare e realizzare veramente la
profonda unione di Cristo e della Chiesa: è in ragione di questo
indistruttibile inserimento nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza
sponsale di Cristo con la Chiesa, che «l'intima comunità di vita e di amore
coniugale fondata dal Creatore viene elevata ed assunta nella carità
sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice».116 Il
matrimonio «riprende e specifica» la grazia del battesimo; inserendosi nel
mistero pasquale, l’amore coniugale viene «purificato e santificato».117 Se
la radice della grazia santificante del matrimonio è nel Battesimo, la sua
massima espressione è l’Eucaristia, che, in quanto «sorgente di carità», è la

112
T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 339.
113
Cfr. Gen. 2,18.
114
T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 339.
115
«Così la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la
possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia
divina, che fluisce dal mistero pasquale della passione, morte e resurrezione di Cristo;
mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali»,
(CONCILIO VATICANO II, Sacrosanctum Concilium, 48).
116
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 13.
117
«Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia
cristiana è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante
del battesimo. In virtù del mistero della morte e risurrezione di Cristo, entro cui il
matrimonio cristiano nuovamente inserisce, l'amore coniugale viene purificato e
santificato», (GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 56).
IL SACRAMENTO 29

fonte stessa del matrimonio cristiano. 118 Con una tale fonte, anche il talamo
nuziale diventa l’altare dove, nell’offerta di sé, si dona la vita.

2. Adamo e lo Sposo
Dai dati teologici che abbiamo presentato emerge che il centro del
matrimonio, ciò che esso celebra, significa e realizza è l’amore vissuto
nella dimensione sponsale. Come abbiamo visto fin dal primo paragrafo di
questo lavoro, quell’amore costituisce una vocazione universale, è per ogni
uomo, in ogni stato di vita. È l’amore oblativo che dona tutto sé stesso. È
l’amore, quindi, che deve caratterizzare la vita degli sposati, come dei
vergini.
Dio stesso ci ha rivelato la vera dimensione di quell’amore. Cristo stesso
ha incarnato quell’amore come sposo e come vergine. In quanto vergine,
egli è sposo: nella sua offerta totale al Padre egli si fa uno con l’uomo e con
la Chiesa.
È interessante osservare come le realtà del matrimonio e della verginità
sono state sempre profondamente unite nella coscienza dei fedeli cristiani,
tanto che l’approfondimento della conoscenza dell’uno portava nuova luce
sull’altro. Basti vedere quanto lo sviluppo storico del sacramento del
matrimonio sia legato a quello del rito di consacrazione delle vergini.119
Ciò a conferma del fatto che l’amore sponsale è il culmine della vita
cristiana, nonché la realizzazione della persona. Le due forme – quella
dell’amore coniugale e quella della verginità – realizzano l’amore sponsale
in due modi diversi ma complementari.120 Celibi e sposati hanno missione e
118
«II compito di santificazione della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel
battesimo e la sua massima espressione nell'Eucaristia, alla quale è intimamente legato
il matrimonio cristiano (…) Riscoprire e approfondire tale relazione è del tutto
necessario, se si vogliono comprendere e vivere con maggior intensità le grazie e le
responsabilità del matrimonio e della famiglia cristiana.», (GIOVANNI PAOLO II,
Familiaris consortio, 57).
119
Un meraviglioso intreccio dello Spirito santo nella storia portò ad un’importante
maturazione liturgica e teologica nei confronti della consacrazione e del matrimonio: se
le sposate diedero il loro velo alle vergini (duemila anni fa, «prendere il velo»
significava fidanzarsi o sposarsi), le vergini trasmisero alle sposate la loro liturgia di
velazione (la benedizione degli sposi prenderà molto dai rituali di consacrazione delle
vergini); cfr. T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 359-360.
120
«La verginità e il celibato per il Regno di Dio non solo non contraddicono alla
dignità del matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la
verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l'unico Mistero dell'Alleanza di Dio
con il suo popolo. Quando non si ha stima del matrimonio, non può esistere neppure la
verginità consacrata; quando la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato
dal Creatore, perde significato il rinunciarvi per il Regno dei Cieli», (GIOVANNI PAOLO
II, Familiaris consortio, 16).
30 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

grazia, nella fede, d’essere i “segni”, i “sacramenti” dell’alleanza di Dio


cogli uomini in Gesù Cristo. Essi hanno bisogno gli uni degli altri per
vivere pienamente, nelle loro situazioni complementari, l’incarnazione di
Dio.121
Cosciente di questa profonda verità, Karol Wojtyła, non poteva
presentare l’amore coniugale senza il confronto di quello verginale. Egli
stesso rispose in prima persona alla chiamata dell’amore sponsale, vivendo
integralmente il dono di sé a Dio e al prossimo declinando in tanti modi la
sua presenza, il suo stare con coloro che Dio gli aveva affidato. Ne La
bottega dell’orefice, infatti, ci sembra di poter riconoscere una doppia
rappresentazione di Cristo, che appare come sposo e come vergine. Adamo,
figura di Cristo-vergine, è un riferimento importantissimo per gli sposi (è
lecito individuare nella sua figura tracce autobiografiche di Wojtyła); egli
stesso invita a cercare Colui che passando può toccare l’amore,
riaccenderlo, Colui che va atteso con la lampada accesa. Questo
personaggio che bisogna attendere è Cristo-Sposo; per Anna ha
inevitabilmente i tratti del marito Stefano, ma in lui ella può trovare un
rapporto autentico con l’unico Amore indefettibile.

3. La grazia del Sacramento


Il Terzo Atto del dramma presenta la potenza vivificante e rinnovante
del sacramento del matrimonio. All’uomo, condannato a vivere per sé
stesso a causa del peccato originale (cfr. 2 Cor 5,15), Cristo, che è pàscha,
offre nella sua persona una via per uscire da sé stesso, vivere quell’amore
che costituisce la sua aspirazione più profonda, l’amore sponsale, oblativo,
il dono, che è l’amore stesso di Dio. Il dinamismo dell’amore, sebbene
ferito dal peccato originale, rimane nell’uomo una forza che lo spinge ad
uscire, ma una forza malata, che, senza la grazia di Dio non può che
mancare il bersaglio ricadendo su se stessa. Pure se malato, l’amore è una
«sfida continua», dice Cristoforo; «Dio stesso forse ci sfida».122 Cristoforo
prende atto di questa sfida cosciente delle ferite che l’amore malato ha

121
«Gli sposi innamorati chiamano i celibi a vivere un amore tenero e ardente,
mentre i consacrati invitano gli sposati a non livellare tutto sul piano delle ricchezze
umane della loro unione», (T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 354). Ne è
un esempio mirabile Teresa del Bambin Gesù, che al matrimonio della sorella Jeanne,
ascoltava «avidamente» tutto quanto potesse apprendere sulle tenerezze dell’amore:
«non volevo essere di meno col mio diletto Gesù di quanto Jeanne non fosse per
Francis, una creatura certo perfetta, ma sempre una creatura...», (TERESA DI LISIEUX,
Manuscrits autobiographiques, 192-193, cit. in T. REY-MERMET, Il sacramento del
matrimonio, 355).
122
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 69.
IL SACRAMENTO 31

lasciato soprattutto nella sua compagna: Monica vive le conseguenze


tragiche del peccato e delle strutture che esso crea. La mancanza di amore
(che non a caso è descritta come assenza, non-presenza, dei genitori in lei)
produce in lei una fragilità «fino all’esagerazione, che si chiude in sé per un
niente e con sforzo rompe il cerchio che il proprio io continuamente
disegna».123 Il peccato, rifiuto dell’amore di Dio, porta con sé la paura della
morte (Gen 3,10; Rm 8,15), porta a disperare dell’amore (ciò che è
significato dalla spaccatura di quell’amore che si è impressa così
profondamente in Monica).124
L’uomo, però, non è condannato alla disperazione della solitudine
eterna. Lo stesso sacramento del Matrimonio crea per gli sposi un «nuovo
livello dell’esistenza».125 Dio stesso ha stabilito questo nuovo livello di
esistenza, restaurandolo anche dopo il peccato: «i due saranno una sola
carne» (Gen 2,24; Mt 19,5-6).126
La sfida di cui parla Cristoforo, dunque, la sfida dell’amore, ha un
dinamismo tutto particolare che fa scoprire all’uomo il suo bisogno
dell’altro. L’uscita da se stessi, dalle proprie sicurezze rivela il bisogno di
crescere come persona nella relazione, giacché l’esperienza dell’amore
progressivamente illumina all’uomo la sua incapacità di vivere per l’altro.
Nell’esperienza dell’amore umano dunque si apre uno spazio per
riconoscere ed accogliere il dono dell’amore divino. Già l’esperienza
umana, abbiamo visto, ha un che di «grazioso», ma l’uomo schiavo del
peccato, facilmente rifiuta la grazia. Egli, infatti, non sospetta neanche la
necessità di dover innestare il suo amore nell’Amore.127 L’uomo schiavo
dal peccato è accecato «non tanto dalla forza del sentimento, quanto dalla
mancanza d’umiltà (…) verso quello che dovrebbe essere l’amore nella sua
vera essenza».128 Questo è il segreto del matrimonio cristiano: Dio stesso
impegnato in esso. Non significa, quindi, che i cristiani s’amino meglio
degli altri; ma che s’amano con la coscienza di coinvolgere il mistero di
Dio, preoccupati di significare questo mistero. Gli sposi cristiani «s’amano

123
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 69.
124
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 70.
125
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 72. È l’orefice che, con le fedi,
«precisa» questo nuovo livello per gli sposi. Attraverso le sue parole «passa il piombo
di ogni matrimonio in tutto il mondo»,(K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 74).
126
Cristoforo prenderà Monica dalle mani dei genitori matura per il matrimonio:
«quando arriverà il momento / io ti prenderò da loro [i tuoi genitori] /, sarai un essere
maturo al dolore, al dolore di un nuovo amore, / al dolore di un nuovo parto / e saremo
tutti pieni di gioia / e sfioreremo i confini di quello / che nella lingua umana si chiama
felicità», (K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 76).
127
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81.
128
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81.
32 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

con la convinzione che il loro amore impegna un altro Amore».129 E per


questo possono scommetterci la vita. La loro unione, non solo coinvolge
quell’amore, ma lo manifesta anche al mondo.

129
T. REY-MERMET, Celibato e consacrazione, 352.
CONCLUSIONE

Al termine del nostro percorso è importante trarre alcune conclusioni con


cui raccogliere il contenuto e la metodologia che abbiamo voluto seguire.
La spiritualità del matrimonio, su cui ci siamo voluti interrogare, emerge
con forza dalla meditazione sulla grazia che accompagna la storia delle
persone e che cresce nel sacramento. Dio Trinità si fa presente nell’unione
degli sposi a partire dai primi passi della loro storia insieme (e anche prima,
potremmo dire, in tutti i fatti che la preparano); in quella storia essi
possono scoprire di vivere una relazione che, impegnandoli, li fa sempre
più persone, a immagine del Dio che li ha creati; possono scoprire la
presenza meravigliosa e sorprendente presenza dell’uno nell’altra, e quella
ancora più straordinaria e insperata di Dio, Amore dice il peso delle loro
esistenze. Questa crescita è diretta alla santità, ad essere come Dio. Per
questo abbiamo parlato di spiritualità del matrimonio. Il sacramento
arricchisce questo percorso con un dono speciale di grazia per il quale gli
sposi possono crescere nell’amore, se lo vivono nell’accoglienza e
nell’umiltà: accoglienza l’uno dell’altro e di sé stessi con i propri limiti, ma
soprattutto accoglienza del Dono di Dio. L’unione degli sposi è dunque
piena di grazia, fin nella sua fisicità; il corpo stesso è un tramite che dice la
precarietà e la grandezza dell’esperienza terrena dell’amore: la precarietà
degli sposi vissuta nell’umiltà (quando essi non si illudono di possedere
l’eternità del loro rapporto, ma al contrario sanno di parteciparla) è un
occasione costante di apertura e di crescita nell’apertura a Dio e all’altro.
Dio, quindi, viene ad essere presente in quest’unione una maniera
specialissima per l’incarnazione del suo Figlio, che essendo Egli stesso
pàscha, rende possibile all’uomo quell’apertura a Dio, e con una speciale
effusione dello Spirito Santo per cui gli sposi si amano non semplicemente
a immagine di Dio, ma dello stesso amore che è Dio. Gli sposi percorrono
un autentico cammino di santità lasciando crescere in sé stessi Dio, Amore
che rimane (e li fa rimanere) per l’eternità, e mostrano così al mondo il
volto personale del Deus-Caritas.
Metodologicamente, ci soffermiamo ad osservare come, trattando della
persona poi della grazia e infine del sacramento abbiamo inteso seguire un
ordine, suggeritoci dallo stesso Wojtyła, ma non conseguente in senso
concettuale, via via che proseguivamo su questa strada abbiamo visto
come i tre punti, si illuminano in ordine inverso. In altre parole è proprio
partendo dall'esperienza del sacramento del matrimonio nella vita degli
amici dello Środowisko che al nostro autore è apparsa evidente l'azione
34 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE

della grazia in queste stesse vite, ed è a partire dall'esperienza della grazia


che è apparsa agli occhi della sua mente la grandezza e la dignità della
persona umana. Ma vi sono altri due importanti elementi da aggiungere: il
primo riguarda il contesto nel quale questa riflessione si è sviluppata, è il
contesto del teatro, un teatro nel quale emergeva la forza sovrana della
parola (esperienza profondamente cristiana); il secondo riguarda
l'obbiettivo di questo percorso che ci sembra di poter definire con la parola:
libertà. La libertà dell'amore ci sembra essere la promessa che porta in se
“la bottega dell'orefice”: liberati da complessi, ferite e patologie gli sposi
possono finalmente amarsi.
Le esperienze che facciamo negli anni della nostra formazione hanno
sempre un valore profetico, ci segnano e ci preparano per le sfide future;
questo è apparso in maniera formidabile nella vita di Karol Wojtyła: egli ha
vissuto maniera esemplare quell’amore sponsale che contemplava in Dio e
che predicava all’uomo. L'ambiente verso il quale indirizzava la sua
missione di uomo e pastore è cresciuto (e lui con esso) sempre più: prima i
giovani amici di san Floriano e dello Środowisko, più avanti gli studenti
dell'università Jagellonica e i fedeli dell'arcidiocesi di Cracovia, poi la
Chiesa universale e il mondo intero, infine la compagnia dei santi e i
credenti di ogni tempo; a tutti ha offerto la medesima esperienza: partendo
dai sacramenti, celebrati con fede e la forza di una parola veramente
efficace si è dischiusa una grazia che ha illuminato le profondità della
persona umana rendendola libera di amare: anche i popoli immersi
nell'ombra della morte e schiavi dell'ideologia hanno potuto gustare questa
libertà per il ministero e la parola di Karol Wojtyła.
SIGLE E ABBREVIAZIONI

Aa. Vv. Autori vari


Cfr. Confronta
CEI Conferenza Episcopale Italiana
Cit. Citato
Ct. Cantico dei Cantici
Denzinger, H. – Hünermann, P. (edd.), Enchiridion…(vedi
DS bibliografia)
Gen. Libro della Genesi
Gv Vangelo di Giovanni
Mt Vangelo di Matteo
LXX Versione greca della Bibbia ebraica, detta dei Settanta
Trad. Traduzione
v. Versetto
vv. Versetti
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––––––––, Introduzione generale ai drammi, in K. WOJTYŁA, Tutte le opere
letterarie. Poesie, drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano,
20113, 249-265.
WOJTYŁA, K., Amore e responsabilità, Marietti: Torino, 19782.
––––––––, La bottega dell’orefice, Libreria editrice Vaticana: Città del Vaticano,
201024.
––––––––, «Gli Avi e un ventennale», in IDEM, Tutte le opere letterarie. Poesie,
drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano, 20113, 987-990.
––––––––, «I rapsodi del millennio», in IDEM, Tutte le opere letterarie. Poesie,
drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano, 20113, 981-985.
––––––––, «Il dramma della parola e del gesto», in IDEM, Tutte le opere
letterarie. Poesie, drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano,
20113, 975-979.
––––––––, «L’amore è il fondamento morale del matrimonio», in GRYGIEL, L.,
GRYGIEL, S., KWIATKOWSKI, P., Bellezza e spiritualità dell’amore
coniugale, Cantagalli: Siena, 2009, 51-62.
––––––––, «Prefazione a L’arte della parola viva di Mieczysław Kotlarczyk», in
IDEM, Tutte le opere letterarie. Poesie, drammi e scritti sul teatro,
Bompiani: Milano, 20113, 993-994.
––––––––, «Regola per il gruppo delle coppie di sposi Humanae Vitae
(premesse)», in GRYGIEL, L., GRYGIEL, S., KWIATKOWSKI, P., Bellezza
e spiritualità dell’amore coniugale, Cantagalli: Siena, 2009, 28-34.
––––––––, «Riflessioni sul matrimonio», in GRYGIEL, L., GRYGIEL, S.,
KWIATKOWSKI, P., Bellezza e spiritualità dell’amore coniugale,
Cantagalli: Siena, 2009, 35-50.
––––––––, «Sul teatro della parola», in IDEM, Tutte le opere letterarie. Poesie,
drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano, 20113, 967-974.
––––––––, «Sulla divina commedia», in IDEM, Tutte le opere letterarie. Poesie,
drammi e scritti sul teatro, Bompiani: Milano, 20113, 991-992.
INDICE

INTRODUZIONE ........................................................................................... 3

CAPITOLO I: La persona ............................................................................ 5


1. La fonte del dramma ........................................................................... 6
2. L’amore ............................................................................................... 7
3. La presenza.......................................................................................... 9
CAPITOLO II: La grazia ........................................................................... 13
1. Grazia di Dio e amore umano ........................................................... 13
2. L’azione della grazia nella teologia di H. de Lubac ......................... 14
3. La grazia ne La bottega dell'orefice: chiamata all’amore e
purificazione dell’amore ................................................................... 16
4. Anna e lo sposo ................................................................................. 18
5. La “grazia di un ambiente”: l'esperienza dello Środowisko.............. 21
CAPITOLO III: Il Sacramento del Matrimonio ......................................... 25
1. L’incarnazione, fondamento del sacramento .................................... 25
2. Adamo e lo Sposo ............................................................................. 29
3. La grazia del Sacramento .................................................................. 30

CONCLUSIONE .......................................................................................... 33

SIGLE E ABBREVIAZIONI........................................................................... 35
BIBLIOGRAFIA .......................................................................................... 37
INDICE ...................................................................................................... 39
Dichiarazione di originalità del testo

Io sottoscritto Francesco Giuseppe Fornari matricola n° 158650

iscritto al 3° anno presso la Facoltà di Teologia

della Pontificia Università Gregoriana, nel consegnare l'Elaborato ¹ per il Baccellierato

dal titolo: La spiritualità del Matrimonio ne La bottega dell'orefice

Dichiaro di essere l’autore dell’intero testo finale e che tale testo non è stato consegnato, né in toto né
in parte, per il conseguimento di un altro Titolo accademico o Diploma in qualsiasi Università o
Istituto universitario.
Dichiaro espressamente di non aver trasgredito alcuna delle Norme di etica universitaria della Pontificia
Università Gregoriana nella stesura del suddetto testo, specialmente le norme relative al plagio (Art 1, §6),
che sono da me conosciute.

Dichiaro inoltre sotto la mia personale responsabilità, consapevole delle sanzioni penali previste dalle
leggi vigenti, che il file di testo contenuto nel CD consegnato unitamente al presente esemplare,
corrisponde esattamente allo stesso.

Dichiaro infine di essere a conoscenza delle sanzioni previste in caso di plagio e di falsa dichiarazione.

In fede

________________________________________

Firma dell’impiegato di segreteria che riceve il testo

_____________________________________________

¹ Indicare Elaborato se si è iscritti al Primo Ciclo o al Diploma, Tesi se si è iscritti al Secondo Ciclo o al
Master, Dissertazione se si è iscritti al Terzo Ciclo

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