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LA BOTTEGA DELL'OREFICE
1 L'opera venne pubblicata nel numero di dicembre del 1960 della rivista «Znak».
4 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
2
Cfr. J. POMIANOWSKI, Commento a La bottega dell’orefice, 89: la stilistica di
Andrzej Jawień è «caratterizzata dal principio della responsabilità verso ogni parola ed
ogni pensiero».
3
K. WOJTYŁA, «I rapsodi del millennio», 981.
4
La parola chiede responsabilità: «La devozione alla parola del poeta, l’accollarsi la
missione del suo annuncio non è un dettaglio della tecnica di recitazione, ma è un
elemento di natura morale», K. WOJTYŁA, «I rapsodi del millennio», 981.
CAPITOLO I
La persona
5
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 35-50.
6
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 35.
6 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
7
K.WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 45.
8
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 12.
9
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
10
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 90.
11
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 116. Si tratta di quella facoltà di donare e
accettare che è segno d’amore, perché ce ne è anche una tipica dell’egoismo.
12
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 63.
LA PERSONA 7
2. L’amore
Possiamo dire che l’amore è per Karol Wojtyła «la presenza cosciente di
un altro dentro se stessi e con se stessi».14 Ma come si configura questa
presenza?
Il punto di partenza dell’amore è l’attrazione; essa è un’immagine di un
atteggiamento nei confronti del bene: «piacere» significa più o meno
presentarsi «come il bene che si è».15 L'attrazione è per Wojtyła un
«impegno conoscitivo» ma non «una struttura puramente conoscitiva».16 È
un impegno perché essa coinvolge la volontà: «l’attrazione, infatti, non
consiste solo nel fatto di pensare di quella data persona come a un bene, ma
è anche un impegno del pensiero nei confronti di quella persona in quanto
bene».17 Da essa, infatti, può nascere «l’amore di concupiscenza», forma di
amore che nasce da un bisogno (il limite dell’uomo che non basta a se
stesso, di cui la differenza sessuale espressione fisica),18 e questo può
crescere nella «benevolenza»: «…non basta desiderare la persona come un
bene per sé, bisogna inoltre, e soprattutto, volere il bene di lei».19 Nella
benevolenza la partecipazione della volontà è decisiva.
La stessa attrazione, quindi, è strettamente legata all’esperienza dei
valori.20 Se nasce con facilità per via della tendenza sessuale, è una forza
che agisce nelle persone e che perciò esige di essere innalzata al loro
livello. Ogni uomo è cosciente del fatto che l’essere umano di sesso diverso
è una persona, è «qualcuno», non un «qualcosa». È necessario discernere
sui diversi valori che si attribuiscono alla persona nell’attrazione e
13
«L’uomo vive grazie all’amore. La capacità di amare determina la personalità in
profondità» (da una lettera personale scritta da don Karol Wojtyła a Teresa
Życzkowska, cit. in P. KWIATOWSKI, «Dall’incontro», 13).
14
Cfr. P. CASARELLA, «The proper weight of love», 632.
15
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 69.
16
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
17
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
18
Non si tratta di concupiscenza: questa è di carattere utilitario e non è rivolta al
bene.
19
L’attrazione dunque fa parte dell’amore, è uno degli aspetti essenziali dell’amore
nel suo complesso ma l’amore non si limita ad essa. Servendosi del linguaggio
scolastico, Wojtyła chiama l’attrazione amor complacentiae, il desiderio della persona
come un bene per sé amor concupiscentiae e il volere il bene di lei amor benevolentiae.
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 65.
20
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 68.
8 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
21
«Non si tratta affatto di annullare o trascurare i valori sessuali ai quali reagiscono i
sensi e l’affettività. Si tratta semplicemente di legarli strettamente al valore della
persona», legato al suo essere totale. Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 111.
22
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 110.
23
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 111.
24
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 107ss.
25
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 75.
26
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 74. La reciprocità non è la somma di due
egoismi: l’amore è una forza che lega e unisce. D’altra parte, senza reciprocità, l’amore
è condannato a vegetare e poi a morire; destino che è fatalmente previsto da Anna nelle
sue considerazioni amare all’inizio del Secondo Atto (cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega
dell’orefice, 34).
27
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 85.
LA PERSONA 9
3. La presenza
Il primo atto de La bottega dell’orefice può esser definito una
meditazione che canta il dinamismo dell’amore teorizzato in Amore e
responsabilità. L’esperienza di Andrea e Teresa dice la bellezza
dell’amore, che dai richiami dell’attrazione, passa per la concupiscenza e la
benevolenza e matura verso l’esperienza dell’amore sponsale.
Una delle categorie con cui Wojtyła rappresenta l’amore nel dramma è
quella di «presenza». Andrea si trova «liberamente costretto» ad
interessarsi a Teresa. La presenza e la permanenza di Teresa in lui supera la
prova dell’«impressione e l’incanto dei sensi», se infatti la forza
dell’attrazione si riducesse ad essi, Andrea avrebbe passato l’esistenza a
naufragare in «isole deserte».31
Questa esperienza porta Andrea ad apprezzare «la bellezza percepibile
con la ragione, cioè la verità». Ora, la verità non è da intendersi come
oggetto di una fredda contemplazione: è la verità dell’altra persona, che si
dimostra nella consistenza della sua presenza in sé stessi: Teresa è in
Andrea «non più un prisma di raggi fittizi, ma un essere veramente
raggiante»;32 questo è per lui il «culmine della mia maturazione»,
l’affermazione della persona amata, espressa drammaticamente nel triplice
grido del suo nome: «Teresa – Teresa – Teresa».33
La coscienza di Andrea della verità di Teresa è la verità di sé stessi:
Teresa, che si rivela per Andrea il vero alter ego, viene ad essere per lui
28
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 85.
29
K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 86.
30
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 88.
31
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 9.
32
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 14.
33
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 14.
10 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
come uno specchio; nel Terzo Atto, Cristoforo può dire a Monica: «ti
ringrazio proprio per questo che tu, Monica, mi hai costretto a comprendere
la mia esistenza».34 Ed è la verità della relazione: la persistenza di Teresa è
tanto imponente in Andrea da imporsi per lui con un obbligo morale («tu
devi»).35
In Andrea e Teresa, dunque, osserviamo come l’amore è un dinamismo
che invita la persona a uscire da se stessa per ritrovare se stessa, esso
integra tutti i suoi aspetti e realizza così nella reciprocità «una sintesi di due
esistenze che convergono a un certo punto e da due diventano una».36 In
questi primi due personaggi vediamo come nasce l’amore sponsale, quel
dono reciproco delle persone, quella consegna di sé all’altro fino a voler
essere l’altro, cantata dai versi del coro: «L’amore nella mente diventa
pensiero e volontà: volontà di Teresa di essere Andrea, volontà di Andrea
di essere Teresa».37 Così anche nel Terzo Atto, tra i figli delle prime due
coppie, Cristoforo e Monica troviamo la dichiarazione: «per te non voglio
un destino simile. Voglio la presenza, voglio un continuo compenetrarsi,
sempre, come adesso».38
L’amore è dunque la presenza dei due l’uno nell’altro ed è la presenza in
loro di una relazione (l’amore, appunto) sempre più consistente: essa ha un
peso (la loro unione si potrebbe idealmente distinguere dalle loro persone,
al patto di non separarla da esse). Le fedi sono il simbolo di quest’unione.
Secondo la speciale bilancia dell’orefice esse pesano solo tutte e due
insieme: «la mia bilancia d’orefice ha questa particolarità che non pesa il
metallo in sé ma tutto l’essere umano e il suo destino».39 Il peso delle fedi è
il peso specifico dell’essere umano, «di ognuno di voi e di voi due
insieme», dice l’orefice ad Andrea e Teresa.40 Se la persona umana e il suo
«destino» ha un suo peso specifico («gravoso» e insieme «inafferrabile»),41
due persone che si uniscono nel matrimonio danno origine ad una nuova
realtà con un suo peso specifico. Il peso dell’uno è il peso dell’altro ed è il
peso dell’amore che li unisce.
34
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 66.
35
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 10.
36
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 43.
37
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
38
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 66.
39
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 38-39.
40
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
41
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22. «Ecce homo! Non è limpido né
solenne né semplice semmai – misero… Moltiplica tutto questo (moltiplica la grandezza
per la debolezza) – e avrai il risultato dell’umanità, il risultato della vita umana»,
(Ibidem).
LA PERSONA 11
42
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
43
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
44
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
CAPITOLO II
La grazia
45
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
46
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
47
P. CASARELLA, «“The proper weight of love” », 628 (trad. mia).
48
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
14 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
49
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81-82.
50
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 20, 76
LA GRAZIA 15
51
KAROL WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 25.
52
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 277.
53
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 273-275.
54
Il Dio dei filosofi è «un vivente eterno e perfetto che ignora eternamente gli esseri
imperfetti come siamo noi; nessun movimento d’amore gli fa abbassare verso di noi
neppure uno sguardo» (H. DELUBAC, Il mistero del soprannaturale, 296).
55
Cfr. H. DELUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 295.
56
«Putas quid est Deus? Putas qualis est Deus? Quidquid finxeris, non est; quid
quid cogitazione comprehenderis, non est. Sed ut aliquid gustu accipias, Deus caritas
est; Caritas qua diligimus», (AGOSTINO, De Trinitate, 1. 8, c. 8, n.12, cit. in H. DE
LUBAC, Il mistero del soprannaturale, 295).
16 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
non c’è niente che sia estraneo alla grazia.57 La natura dell’uomo, quindi,
non è perfettamente determinata: essa è aperta.58 Quel desiderio sconosciuto
ne è il sintomo. La rivelazione cristiana è un incontro che trasforma la
persona ed è capace di farla entrare nella dinamica di Dio, che è dono. In
Cristo, Dio stesso è totalmente aperto. Il futuro dell’uomo sta nell’essere
come Cristo: «essere per». L’uomo schiavo del peccato, infatti, vuole
pensare solo a sé, è un essere «per sé». Cristo, come suggerisce Paolo, è
«l’ultimo uomo», l’uomo definitivo, che «introduce l’uomo nel suo futuro,
consistente nel fatto che egli non è soltanto uomo, ma è una cosa sola con
Dio»,59 «in quanto uomo venturo, non è l’uomo per sé, bensì essenzialmente
l’uomo per gli altri; egli è … totalmente aperto... egli è integralmente
‘passaggio’ (páscha)».60
57
Cfr. H. DE LUBAC, Il Mistero del Soprannaturale, 271-272.
58
«L’essere umano è, in ultima analisi, ordinato all’altro, al veramente Altro, cioè a
Dio; è tanto più presso di sé quanto più è presso il totalmente Altro, presso Dio. Per cui
è integralmente se stesso quando ha cessato di essere per sé, di chiudersi in sé e di
affermarsi per se stesso, quando è divenuto perfetta apertura a Dio… Ora Gesù Cristo è
appunto l’uomo veramente uscito da se stesso e pertanto l’uomo veramente pervenuto a
se stesso…», J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 224-225.
59
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 224.
60
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 230.
61
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
62
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 39.
LA GRAZIA 17
aspirazioni all’amore, alla felicità; sono pieni di grazia gli incontri, talvolta
quelli meno pensati, che suscitano riflessioni, illuminazioni, decisioni:
Wojtyła, ad esempio, dà un ruolo molto importante alla voce di un
«qualcuno» che, passando dietro Teresa ed Andrea intenti a guardare la
vetrina dell’orefice, tocca «il fondo dei loro pensieri» e proietta la loro
prospettiva del matrimonio al confine tra il tempo e l’eternità delle loro
esistenze.63 È grazia la nostalgia.
Particolarmente importanti, poi, sono gli incontri con Adamo. Su questo
personaggio ci soffermeremo in seguito. Ci limitiamo ora a sottolineare la
puntualità delle sue apparizioni considerando il personaggio nella sua
dimensione meramente umana (che non esaurisce assolutamente il suo
ruolo): quante volte, nella vita, la presenza di una persona – familiare,
amico, o anche perfetto sconosciuto – e le sue parole sono capaci di aprirci
nuovi orizzonti, svelarci prospettive nuove, addirittura suscitare in noi un
movimento di conversione che ci orienta nuovamente a Dio, a riconoscere
la sua presenza e la sua azione, magari in circostanze in cui lo avevamo
perso di vista. Questi incontri sono senz’altro delle grazie, manifestano la
grazia di Dio che ci vuole uniti a sé.
Possiamo vedere l’azione della grazia anche in quelle ispirazioni che
talvolta emergono nella coscienza suggerite dai suddetti incontri, altre volte
in modo veramente misterioso. Stiamo pensando innanzitutto all’immagine
dei richiami, parola che traduce il polacco sygnały: il termine compare
frequentemente nel primo atto che da questa espressione prende il titolo. I
richiami fanno sentire a Teresa ed Andrea quasi un urgenza l’uno per
l’altro, essi sono quelle ispirazioni udite solo da chi è veramente in ascolto,
sempre suscettibili di essere disattese: «pensavo ai richiami che non
possono mai convergere. Pensavo ad Andrea e a me. E ho presentito il peso
della vita».64 La migliore «psicologia della scelta» non basterebbe a
spiegare esaurientemente perché dei «richiami» indirizzino qualcuno verso
una determinata persona o situazione, 65 così come quella voce che Andrea
sente in coscienza imporgli quasi un dovere verso Teresa.66
Possiamo dire che nel dinamismo dell’amore vissuto nella sua autenticità
si può vedere, fin dal momento dell’attrazione, un che di «grazioso», un
movimento di grazia, attraverso il quale l’uomo può uscire da se stesso per
trovare la verità di se stesso; uscire con lo slancio proprio di chi spera nella
felicità e nell’eternità. L’esperienza di trovarsi sorretti e quasi guidati in
questo «folle» volo è un esperienza di grazia che permette a Teresa ed
63
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 19.
64
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 13.
65
Cfr. K. WOJTYŁA, Amore e responsabilità, 119.
66
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 10.
18 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
4. Anna e lo sposo
Cerchiamo ora di raccogliere brevemente gli elementi fondamentali del
rapporto tra Anna ed Adamo: è un caso interessante in cui emerge come
Wojtyła vedeva l’azione costante della grazia nella storia della persona e
del suo matrimonio. L’esperienza di Anna nel secondo capitolo è un
67
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 22.
68
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28.
69
B. TABORSKI, Introduzione a La bottega dell’orefice, 757.
70
B. TABORSKI, Introduzione a La bottega dell’orefice, 758.
71
Cfr. J. POMIANOWSKI, Commento a La bottega dell’orefice, 87; P. CASARELLA,
«The proper weight of love», 627.
72
«La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo
con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria», (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et
spes, 16).
73
È interessante confrontare la differenza delle reazioni di Andrea e Teresa di fronte
alla vetrina del negozio di scarpe e di fronte a quella dell’orefice: la prima si limita a
riflettere le immagini esprimendo la mutevolezza, l’effimero della vita; la vetrina
dell’orefice, al contrario, assorbe i personaggi che vi si rispecchiano, facendo
riemergere il loro passato e indicandogli il futuro. Guardando con occhio limpido la
coscienza, scopriamo la nostra vita immersa nella Grazia che l’ha creata, che l’ha
accompagnata e che continua ad attirarla a sé indicandogli la vita per l’eternità
attraverso il tempo.
LA GRAZIA 19
darle una speranza: lo Sposo può riaccendere la vita «va per tante strade
dove incontra tanta gente diversa. Passando tocca l’amore che è in
loro…».84 Parlando con Adamo, si ridesta in Anna il desiderio di amore,
desiderio così forte e così confuso, così sconosciuto per lei. Come un
animale ferito, essa cerca disperatamente di riempire il vuoto lasciato dalla
delusione; si lascia portare nella ricerca solo dal dolore, senza riflettere
sulla radice della sua nostalgia: cerca l’amore nell’attenzione dei passanti,
in un uomo «incontrato così». Non si accorge che ciò che va cercando è
quella promessa di eternità che aveva intuito in Stefano, suo marito:
l’emozione che la spinge ad accettare la proposta dello sconosciuto rievoca
esattamente le parole del marito.85 Ma Adamo riappare per fermarla:
«L’amore non è un avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo
peso specifico».86 Il sentimento e l’immaginazione deve andare con la
verità, diceva Andrea nel primo atto; la verità della persona e della sua
storia. Anna aveva trovato con Stefano la strada per l’amore; la fede che
porta al dito glielo ricorda. Adamo tenta di condurre Anna a riconoscere il
fallimento del suo amore. «Si dissipino le finzioni e le illusioni»:87 Anna
non ha in sé la fonte dell’amore, né potrà trovare in un uomo l’Amore
perfetto che cercava.
L’annuncio dello sposo risveglia in lei la nostalgia per quell’amore.
Adamo la conduce a vedere che nessun uomo ha in sé quell’Amore
perfetto: si sono spente due lampade, «l’una non ha donato all’altra la
fiamma. L’una non ha donato all’altra l’olio».88 D’altra parte, quell’amore
fatto di sensi e di una certa atmosfera?», «la verità non è forse quello che senti di più»?
Adamo le fa vedere che «l’amore è una sintesi di due esistenze» K. WOJTYŁA, La
Bottega dell’orefice, 43.
83
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 51-54. Anna solo dopo una serie di
incontri ed esperienze prenderà coscienza di essere una vergine stolta; Cfr. K.
WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 54.
84
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 41.
85
Anna ricorda le parole di Stefano. E subito dopo, lo sconosciuto la invita usando
quasi le stesse parole.
86
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 48.
87
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 43.
88
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 57-58. Per contro, Andrea e Teresa, nel
Primo Atto, hanno affrontato con verità la loro relazione; il canto del coro esprime la
precarietà – che essi percepiscono – dell’amore umano. Portando la loro precarietà
davanti all’orefice, vivono quella strana esperienza di sentirsi da lui conosciuti; lo
sguardo dell’orefice, non solo li scruta, ma cerca il loro cuore per «versarvi dentro
qualcosa». Andrea e Teresa fanno la meravigliosa esperienza di trovarsi «al livello del
Suo sguardo, al livello della sua vita. La nostra intera esistenza stava davanti a Lui. Il
Suo sguardo ci comunicava dei segni (sygnały) ma in quel momento non eravamo in
grado di percepirli in tutta la loro pienezza» (K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 28).
LA GRAZIA 21
89
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
90
WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
91
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 53.
92
Il coro nel Primo Atto canta l’amore anche nella sua fisicità come esperienza di
precarietà che non si ferma a se stessa; essa è l’occasione di un apertura all’eternità di
Dio, in cui il corpo è «un tramite»; cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 26.
22 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
come profonda verità che l’esistenza dell’uomo è immersa nella Grazia del
Dio-Amore.
L’amore mi ha spiegato ogni cosa,
L’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi.93
Pertanto non possiamo evitare di fare almeno un piccolo riferimento a
quell’esperienza di vita che per Karol Wojtyła è stata la prima scuola di
teologia. Grazie all’esperienza propria ed altrui, egli riconosceva nel
cammino percorso dall’uomo e dalla donna la Trinità a cui immagine sono
stati creati e redenti, e nel sacramento del loro amore, Cristo Sposo e la
Chiesa Sposa, il cui mistero attualizzano.94 I drammi di Wojtyła, tra cui
soprattutto La bottega dell’orefice, ma anche il libro Amore e
responsabilità, «sono esempi evidenti della forza dell’esperienza che
conduce alla meditazione espressa in un’opera».95
In questa sede vogliamo accennare alla vita di Rodzinka (famiglia), poi
divenuto il cosiddetto Środowisko (ambiente), un ambiente, appunto, curato
da Wojtyła (che i giovani chiamavano zio, Wujek) unito da profondi vincoli
di un amicizia, che cresceva nel sincero confronto delle esperienze di vita
alla luce della Parola di Dio.96 Wojtyła pose al centro della sua pastorale la
domanda sul senso della vita e sulla verità; poneva la domanda in modo
filosofico, ma per niente accademico, e «cercava la risposta
accompagnando gli amici nella maturazione all’ “amore responsabile”
vissuto nel matrimonio e nella famiglia. In tal modo egli stesso,
accompagnato da loro, entrava nella verità dell’amore e, di conseguenza,
nella verità del matrimonio e della famiglia».97
Merita un riferimento anche la figura di Jan Pietraszko, maestro di Wojtyła
e poi suo collaboratore nella diocesi di Cracovia.98 Egli aveva saputo
riconoscere l’importanza salvifica della famiglia, per l’uomo e per la società.
93
K. WOJTYŁA, Canto del Dio nascosto, I, in IDEM, Tutte le opere, 49.
94
Cfr. P. KWIATOWSKI, Dall’incontro 8.
95
P. KWIATOWSKI, «Dall’incontro», nota a pagina 15.
96
Wojtyła e il suo «maestro» e poi coadiutore Jan Pietraszko insegnavano «a fare da
un lato l’ermeneutica della vita con l’aiuto della Parola di Dio e da un altro
l’ermeneutica di quella stessa Parola con l’aiuto della vita d’ogni giorno», (L. e S.
GRYGIEL, Amici e santi, 64).
97
L. e S. GRYGIEL, Amici e santi, 69. Questa esperienza diede vita alle Coppie di
sposi Humanae vitae; cfr. K. WOJTYŁA, Regola per il gruppo, 28-34.
98
I coniugi Grygiel raccontano che il papa disse all’amico Pietraszko che gli portava
in regalo il suo ultimo libro: «Vescovo Jan, io imparo la teologia da te»; e in un'altra
occasione: «ti ringrazio per avermi mostrato – a suo tempo – la strada per la gioventù
universitaria». Che l’esempio di Jan Pietraszko sia stato determinante, lo vediamo dalla
LA GRAZIA 23
Qui, sotto gli occhi di Dio, che è presente sotto il soffio del Suo Spirito, può
rinnovarsi la faccia della terra. E si rinnova negli uomini. Si rinnovano
nell’uomo, sotto il soffio dello Spirito divino, le qualità e i valori morali, gli
atteggiamenti umani che sono condizione di una vita feconda e piena di senso,
e la convivenza dell’uomo con l’uomo. E tutto ciò che nella famiglia senza
sosta si purifica, si risana e si nobilita, poi si trasferisce nell’uomo e a tutte le
comunità in cui vive, fino a quella comunità suprema che è la nazione (...)
E che cosa vi è di più creativo e costruttivo, nell’organismo della nazione, di
una responsabilità dell’uomo per l’uomo, profondamente vissuta e arricchita
dall’unione con Dio nella struttura della vita comunitaria?99
Fondamentale è anche la figura di Jerzy Ciesielski; i coniugi Grygiel ce
lo presentano come un uomo che, accompagnato da Wojtyła, percorse in
prima persona il cammino della santità nel matrimonio, collaborando al
ministero del giovane prete con le sue ispirazioni e la sua vita.100
Dalle iniziative di Jerzy e di Karol nacque l’idea di fondare una
«famiglia di famiglie», ossia un gruppo di famiglie cattoliche unite con i
legami di amicizia, che, guidate da un sacerdote, pensavano e guardavano
la vita in maniera simile, per scambiare le opinioni su temi e problemi
attuali, aiutandosi a vicenda.
L’idea di fondo rimase sempre la stessa: vivere nella coppia il vero
cammino verso la santità, perché «il matrimonio non può affatto diventare
un ostacolo nella realizzazione di questo ideale – sosteneva Jerzy; al
contrario, lo dovrebbe favorire».101
ai suoi predecessori Innocenzo III e Onorio III, poteva dire che «il
Sacramento del matrimonio esiste presso i fedeli e gl’infedeli».103 Così
anche Wojtyła:
Il matrimonio, in quanto comunione feconda di persone, che dà la vita, e in
quanto fondamento della famiglia, in un certo modo, è sempre un sacramento,
cioè una realtà che porta in sé il segno di Dio – Creatore e Datore della vita.104
Abbiamo visto quanto sia importante che l’unione tra due persone,
l’uomo e la donna, rifletta e partecipi di quella della Trinità proprio perché
l’uomo è creato persona ad immagine della personalità che in Dio è un
modo dell’amore. Ma nel matrimonio celebrato dai cristiani, quella grazia,
che già agisce in modo misterioso in ogni unione secondo natura, è il
fondamento e il fine dell’unione stessa. Per capire tutto ciò, però,
dobbiamo andare al fondamento dei sacramenti, l’incarnazione di Cristo.
Nell’Incarnazione Dio entrò nella totalità della natura umana, e cioè anche
nel “corpo”; in questo modo il “corpo” diventò un segno visibile e un
prototipo di tutti i segni di questo genere che da tanti secoli portano nella
chiesa il nome di sacramenti. Da parte sua, l’uomo, che è “corpo”,
mediante il sacramento diventa partecipe di ciò che è Divino. In questo
modo «ogni sacramento, per sua stessa essenza, è come se riproducesse
l’Incarnazione in dimensione ridotta, nella scala della persona oppure – se
si tratta del matrimonio – nella scala di due persone».105
Da queste parole risalta ancora di più la centralità del corpo, via scelta da
Dio nel mistero del suo amore salvifico. Corpo di Cristo, e quindi corpo
dell’uomo. In quanto segno efficace dell’amore fecondo di Cristo per la
chiesa, il sacramento non è il rito che si svolge in chiesa; pur richiedendo la
celebrazione ecclesiale, esso ha il suo culmine nell’atto coniugale in cui
103
Vale la pena riportare il brano, sebbene esteso, che fa da contesto a questa
affermazione: «Poiché il matrimonio ha Dio come autore, ed essendo stato fin da
principio quasi una figura della Incarnazione del Verbo di Dio, perciò in esso si trova
qualcosa di sacro e religioso, non avventizio, ma congenito, non ricevuto dagli uomini,
ma innestato da natura. Pertanto, Innocenzo III e Onorio III , Nostri Predecessori, non a
torto né senza ragione poterono affermare che "il Sacramento del matrimonio esiste
presso i fedeli e gl’infedeli". Chiamiamo in testimonio i monumenti dell’antichità, ed i
costumi e le usanze dei popoli che meglio si erano avvicinati all’umanità, e che avevano
progredito in una più esatta cognizione del diritto e della equità; nelle loro menti era
impressa, come preconcetta ed innata, questa nozione, cioè che quando pensavano al
matrimonio sorgeva in essi spontaneamente l’idea di una cosa congiunta con la
religione e la santità. Per questo motivo le nozze presso di loro non venivano sovente
celebrate senza i riti delle religioni, l’autorità dei pontefici, il ministero dei sacerdoti»,
(LEONE XIII, Arcanum Divinae, 1).
104
WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
105
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
IL SACRAMENTO 27
106
K. WOJTYŁA, «Riflessioni sul matrimonio», 36.
107
CEI, Presentazione al Rito del Matrimonio, 8.
108
Così si dice nella benedizione nuziale. Cfr. Rito del Matrimonio, 86.
109
Cfr. Rito del Matrimonio, 4. Cfr. anche CIC, 1055,1.
110
«Benché d’istituzione divina, esso non può cominciare a esistere se non dal libero
consenso di ambedue gli sposi, atto talmente necessario che non può venire supplito da
alcuna autorità umana», (DS 3700).
111
Anche come realtà naturale, «il matrimonio non fu istituito né restaurato da
uomini, ma da Dio; non dagli uomini, ma dallo stesso autore della natura, Dio, e da
Gesù Cristo redentore della medesima natura fu presidiato di leggi e confermato e
nobilitato» (DS 3700).
28 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
sia costituito da due persone simili e allo stesso tempo diverse»112 (“che
stiano di fronte”)113, uguali, portate corpo e anima l’una verso l’altra dal
dinamismo di un amore; in modo tale che siano uno e che dalla loro unione
possa esistere e crescere la “terza persona”, il figlio. Questa terza persona è,
al di là di loro stessi, la loro unità concreta, il loro amore vivente: “è tutto
te, è tutto me, è tutto noi due in una sola carne!”».114
Ma è nella redenzione che splende in tutta la sua verità Cristo fondatore
del matrimonio: incarnandosi, egli ha sposato l’umanità. L’incarnazione è
già la rivelazione di quella profonda unità che Dio desidera avere con ogni
uomo. Cristo si è fatto una sola carne con noi, perché noi potessimo essere
un solo spirito con lui (cfr. 1Cor 6,16-17). Il mistero pasquale, poi, sigilla
quell’unione e fa scaturire tutti i sacramenti (tra cui la Chiesa stessa).115 Nel
battesimo il cristiano è unito a Cristo nel mistero della sua morte e
risurrezione (Rm 6,4-5; Col 2,12). Potremmo dunque dire che il battesimo
celebra le nozze di Cristo con il cristiano: esso è l’inizio di un unione
nuova, indissolubile e feconda. In forza del battesimo, che libera l’uomo
dal peccato e dalla paura della morte, l’uomo può vivere la vita di Cristo.
Ecco perché il matrimonio può significare e realizzare veramente la
profonda unione di Cristo e della Chiesa: è in ragione di questo
indistruttibile inserimento nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza
sponsale di Cristo con la Chiesa, che «l'intima comunità di vita e di amore
coniugale fondata dal Creatore viene elevata ed assunta nella carità
sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice».116 Il
matrimonio «riprende e specifica» la grazia del battesimo; inserendosi nel
mistero pasquale, l’amore coniugale viene «purificato e santificato».117 Se
la radice della grazia santificante del matrimonio è nel Battesimo, la sua
massima espressione è l’Eucaristia, che, in quanto «sorgente di carità», è la
112
T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 339.
113
Cfr. Gen. 2,18.
114
T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 339.
115
«Così la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la
possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia
divina, che fluisce dal mistero pasquale della passione, morte e resurrezione di Cristo;
mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali»,
(CONCILIO VATICANO II, Sacrosanctum Concilium, 48).
116
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 13.
117
«Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia
cristiana è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante
del battesimo. In virtù del mistero della morte e risurrezione di Cristo, entro cui il
matrimonio cristiano nuovamente inserisce, l'amore coniugale viene purificato e
santificato», (GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 56).
IL SACRAMENTO 29
fonte stessa del matrimonio cristiano. 118 Con una tale fonte, anche il talamo
nuziale diventa l’altare dove, nell’offerta di sé, si dona la vita.
2. Adamo e lo Sposo
Dai dati teologici che abbiamo presentato emerge che il centro del
matrimonio, ciò che esso celebra, significa e realizza è l’amore vissuto
nella dimensione sponsale. Come abbiamo visto fin dal primo paragrafo di
questo lavoro, quell’amore costituisce una vocazione universale, è per ogni
uomo, in ogni stato di vita. È l’amore oblativo che dona tutto sé stesso. È
l’amore, quindi, che deve caratterizzare la vita degli sposati, come dei
vergini.
Dio stesso ci ha rivelato la vera dimensione di quell’amore. Cristo stesso
ha incarnato quell’amore come sposo e come vergine. In quanto vergine,
egli è sposo: nella sua offerta totale al Padre egli si fa uno con l’uomo e con
la Chiesa.
È interessante osservare come le realtà del matrimonio e della verginità
sono state sempre profondamente unite nella coscienza dei fedeli cristiani,
tanto che l’approfondimento della conoscenza dell’uno portava nuova luce
sull’altro. Basti vedere quanto lo sviluppo storico del sacramento del
matrimonio sia legato a quello del rito di consacrazione delle vergini.119
Ciò a conferma del fatto che l’amore sponsale è il culmine della vita
cristiana, nonché la realizzazione della persona. Le due forme – quella
dell’amore coniugale e quella della verginità – realizzano l’amore sponsale
in due modi diversi ma complementari.120 Celibi e sposati hanno missione e
118
«II compito di santificazione della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel
battesimo e la sua massima espressione nell'Eucaristia, alla quale è intimamente legato
il matrimonio cristiano (…) Riscoprire e approfondire tale relazione è del tutto
necessario, se si vogliono comprendere e vivere con maggior intensità le grazie e le
responsabilità del matrimonio e della famiglia cristiana.», (GIOVANNI PAOLO II,
Familiaris consortio, 57).
119
Un meraviglioso intreccio dello Spirito santo nella storia portò ad un’importante
maturazione liturgica e teologica nei confronti della consacrazione e del matrimonio: se
le sposate diedero il loro velo alle vergini (duemila anni fa, «prendere il velo»
significava fidanzarsi o sposarsi), le vergini trasmisero alle sposate la loro liturgia di
velazione (la benedizione degli sposi prenderà molto dai rituali di consacrazione delle
vergini); cfr. T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 359-360.
120
«La verginità e il celibato per il Regno di Dio non solo non contraddicono alla
dignità del matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la
verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l'unico Mistero dell'Alleanza di Dio
con il suo popolo. Quando non si ha stima del matrimonio, non può esistere neppure la
verginità consacrata; quando la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato
dal Creatore, perde significato il rinunciarvi per il Regno dei Cieli», (GIOVANNI PAOLO
II, Familiaris consortio, 16).
30 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
121
«Gli sposi innamorati chiamano i celibi a vivere un amore tenero e ardente,
mentre i consacrati invitano gli sposati a non livellare tutto sul piano delle ricchezze
umane della loro unione», (T. REY-MERMET, Il sacramento del matrimonio, 354). Ne è
un esempio mirabile Teresa del Bambin Gesù, che al matrimonio della sorella Jeanne,
ascoltava «avidamente» tutto quanto potesse apprendere sulle tenerezze dell’amore:
«non volevo essere di meno col mio diletto Gesù di quanto Jeanne non fosse per
Francis, una creatura certo perfetta, ma sempre una creatura...», (TERESA DI LISIEUX,
Manuscrits autobiographiques, 192-193, cit. in T. REY-MERMET, Il sacramento del
matrimonio, 355).
122
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 69.
IL SACRAMENTO 31
123
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 69.
124
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 70.
125
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 72. È l’orefice che, con le fedi,
«precisa» questo nuovo livello per gli sposi. Attraverso le sue parole «passa il piombo
di ogni matrimonio in tutto il mondo»,(K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 74).
126
Cristoforo prenderà Monica dalle mani dei genitori matura per il matrimonio:
«quando arriverà il momento / io ti prenderò da loro [i tuoi genitori] /, sarai un essere
maturo al dolore, al dolore di un nuovo amore, / al dolore di un nuovo parto / e saremo
tutti pieni di gioia / e sfioreremo i confini di quello / che nella lingua umana si chiama
felicità», (K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 76).
127
Cfr. K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81.
128
K. WOJTYŁA, La Bottega dell’orefice, 81.
32 LA SPIRITUALITÀ DEL MATRIMONIO NE LA BOTTEGA DELL’OREFICE
129
T. REY-MERMET, Celibato e consacrazione, 352.
CONCLUSIONE
INTRODUZIONE ........................................................................................... 3
CONCLUSIONE .......................................................................................... 33
SIGLE E ABBREVIAZIONI........................................................................... 35
BIBLIOGRAFIA .......................................................................................... 37
INDICE ...................................................................................................... 39
Dichiarazione di originalità del testo
Dichiaro di essere l’autore dell’intero testo finale e che tale testo non è stato consegnato, né in toto né
in parte, per il conseguimento di un altro Titolo accademico o Diploma in qualsiasi Università o
Istituto universitario.
Dichiaro espressamente di non aver trasgredito alcuna delle Norme di etica universitaria della Pontificia
Università Gregoriana nella stesura del suddetto testo, specialmente le norme relative al plagio (Art 1, §6),
che sono da me conosciute.
Dichiaro inoltre sotto la mia personale responsabilità, consapevole delle sanzioni penali previste dalle
leggi vigenti, che il file di testo contenuto nel CD consegnato unitamente al presente esemplare,
corrisponde esattamente allo stesso.
Dichiaro infine di essere a conoscenza delle sanzioni previste in caso di plagio e di falsa dichiarazione.
In fede
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¹ Indicare Elaborato se si è iscritti al Primo Ciclo o al Diploma, Tesi se si è iscritti al Secondo Ciclo o al
Master, Dissertazione se si è iscritti al Terzo Ciclo