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N°14 Settembre 2014 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI


Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

UNIFORMI
1914: i soldati di Europa e Asia
si preparano alla guerra.
Con divise troppo sgargianti

1943-44
DALL’ANTICHITÀ AI TEMPI MODERNI
LE OPERAZIONI IN FORZE Le più straodinarie foto a
colori della Campagna d’Italia
DIETRO LE LINEE DEL NEMICO

RAID & INCURSIONI

WELLINGTON
Vita e carriera del Duca di
Ferro, il generale britannico
che sconfisse Napoleone
WARS. LA STORIA IN PRIMA LINEA

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WARS SOMMARIO
Oltre le linee 4 PROTAGONISTI
WELLINGTON, IL DUCA DI FERRO
nemiche Da irlandese scalò i vertici politici e militari inglesi. Ecco come
diventò l’artefice della sconfitta di Napoleone.
Per intimidire o per fare terra bruciata, per
conquistare a sorpresa un territorio o per 10 UNIFORMOLOGIA
PRIMA GUERRA MONDIALE
Prima del grigioverde, in trincea si videro le uniformi ottocentesche
compiere una rappresaglia... Molte sono le dai colori sgargianti, bersagli ideali per i cecchini.
categorie sotto le quali si possono raccogliere
i diversi tipi di incursione, e Andrea Frediani
le illustra nell’introduzione al nostro servizio
16 RAID & INCURSORI
Si va, si colpisce, si rientra. Missioni speciali per uomini speciali, che
di copertina. Ma una cosa è certa, e cioè che sanno sorprendere il nemico calando sull’obiettivo, combattendo,
sganciandosi in fretta e ritirandosi dopo aver fatto danno.
questo tipo di azione è la più antica della storia
bellica dell’umanità. Ai tempi delle tribù i colpi 20 TERRA BRUCIATA
di mano, gli assalti improvvisi dietro le linee Spartani e Ateniesi adottarono la strategia delle spedizioni punitive
nella Guerra del Peloponneso.
dei nemici erano il solo modo di combattere.
E anche oggi, migliaia di anni dopo, nell’era 26 TUTTO PER UNA MANDRIA
Alle radici della guerra ci sono le razzie. Nelle società tribali di
della guerra tecnologica, essi hanno mantenuto piccola scala le incursioni avevano obiettivi non militari: le vacche.
tutta la loro mortale validità.
Jacopo Loredan d direttore 30 IN ATTACCO E IN DIFESA
Con Giulio Cesare Roma sperimentò i raid nelle sue spedizioni di
conquista. Poi li subì durante l’assedio dei Vandali all’Urbe.
WARS I NOSTRI ESPERTI
GIORGIO ALBERTINI
36 COME DEMONI URLANTI
Quando i Vichinghi dominatori dei mari dilagarono sulle coste
Milanese, 45 anni, laureato in Storia le popolazioni britanniche e continentali scoprirono la loro ferocia.
medievale, illustratore
professionista per case editrici
e riviste (giorgioalbertini.com). 42 IL CORSARO DI SUA MAESTÀ
Francis Drake disse di aver bruciato la barba del re di Spagna. Il suo
GASTONE BRECCIA raid sulle coste spagnole anticipò la disfatta dell’Invincibile Armata.

46 L’ASCIA E IL FUCILE
Livornese, 52 anni, bizantinista e
storico militare, ha pubblicato saggi
sull’arte della guerra, sulla guerriglia
e sulla missione ISAF in Afghanistan. Nelle terre selvagge del Nordamerica i ranger svilupparono una
tecnica di combattimento nella foresta fatta di raid spietati.
ANDREA FREDIANI
Romano, 50 anni, medievista,
ha scritto vari saggi di storia militare
52 L’ULTIMO CAVALIERE
I raid del generale confederato J.E.B. Stuart, con le sue cavalcate
e romanzi storici di successo attorno all’armata unionista, sono entrati nella leggenda.
(andreafrediani.it).

STEFANO ROSSI
Milanese, 54 anni, già ufficiale
56 OBIETTIVO SOL LEVANTE
I giapponesi sembravano invincibili. Ma una pattuglia di americani
degli Alpini paracadutisti. Reporter al comando di Jimmy Doolittle infranse questa fama di imbattibilità.
di guerra, collabora con molte
testate giornalistiche.
62 CHINDITS, I LEONI DI WINGATE
Il generale guerrigliero combatté i giapponesi nella giungla birmana
WARS RUBRICHE
con una brigata di infiltrati dando vita alla sua leggenda.

APPUNTAMENTI PAG. 41
EVOLUZIONE DI UN’ARMA PAG. 73 68 APPROFONDIMENTI
SALTO NEL BUIO
CINEMA PAG. 74 I paracadute erano rudimentali e la tecnica ancora da inventare,
LIVING HISTORY PAG. 75 c’era solo il coraggio. Questa è la storia del primo aviolancio italiano.
RECENSIONI PAG. 82
76 MEMORIE
I COLORI DELLA GUERRA
IN COPERTINA Dal ’43 al ’44, durante la Campagna d’Italia, i reporter della rivista
Raider americano (Arcangel) precede un guerriero vichingo (C. Collingwood). Life documentarono con le nuove pellicole la Liberazione.
A destra dall’alto, ill. di Giorgio Albertini, Gettyimages, Bridgeman/Alinari.

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PROTAGONISTI

NOBILI TRATTI
Il duca di Wellington
sir Arthur Wellesley
(1796-1852) nel celebre
ritratto di Thomas Lawrence
del 1814. Il generale di
origine irlandese fu
primo ministro del Regno
Unito di Gran Bretagna
e Irlanda per due volte.
A lato, la sciabola da lui
impugnata durante la Guerra
d’indipendenza spagnola
(1808-1814).
BRIDGEMAN/ALINARI
DA IRLANDESE SCALÒ I VERTICI POLITICI E MILITARI
INGLESI, DA ESPERTO DI PICCOLE GUERRE SI TROVÒ
A UN CROCEVIA DELLA STORIA E DIVENTÒ
L’ARTEFICE DELLA SCONFITTA DI NAPOLEONE

Il duca
di FERRO
i un condottiero che abbia sconfitto uno di quei cito ventiduenne nel 1787 come alfiere del 73° Foot Guards;
comandanti che tutte le classifiche di merito pon- poi, nell’arco di un quindicennio divenne tenente nel 76° e nel
gono tra i più grandi geni militari di ogni epoca è 41°, capitano nel 58° e nel 18° Dragoni leggeri, maggiore e infi-
facile che si ricordi solo quella vittoria, ignorando ne tenente colonnello nel 33°, operando nel 1793 nelle Fiandre
tutto ciò che costui ha fatto in precedenza per arrivare a quel- contro la Francia rivoluzionaria. Trasferito in India, dove l’In-
lo scontro decisivo. E forse si tende a dimenticare che siamo di ghilterra contendeva alla Francia il controllo su ciò che resta-
fronte a un altro genio. È stato così per Scipione l’Africano, ce- va dell’Impero moghul, agì ancora da subalterno nella Guerra
lebrato per la sua vittoria a Zama su Annibale, dimenticando di Mysore del 1799, ma provocando in prima persona la ca-
le sue straordinarie vittorie in Spagna e in Africa prima di in- duta del sultano Dhundia Wagh l’anno seguente. Divenne ge-
contrare il condottiero punico. Ed è così an- nerale di divisione nel 1803, grazie ai buoni uffici del fratello
che per Wellington, vincitore di Napoleone Richard, governatore generale del Bengala, agendo sul fronte
a Waterloo e ricordato solo per quel trion- settentrionale contro la confederazione mahratta.
fo che, in realtà, non avrebbe potuto con- La vittoria di Assaye, conse-
seguire senza il decisivo aiuto del prussia- guita su un esercito nemico enormemente superiore in ef-
no Blücher . fettivi, e quella successiva di Argaum, gli valsero, oltre al
Eppure, ciò che grado di maggiore generale, una reputazione che lo cata-
Wellington aveva fatto in precedenza, in India prima e pultò, una volta tornato in patria nel 1805, all’attenzione
in Spagna in seguito, sarebbe più che sufficiente a inse- del primo ministro inglese lord Castelreagh. Questi lo
rirlo in una ideale top ten dei più grandi condottieri del- indusse ad abbandonare la politica, cui Wellesley aspi-
la Storia, con i suoi quindici scontri campali e otto asse- rava dopo essere entrato nel Parlamento inglese, facen-
di sostenuti pressoché senza sconfitte. Stratega e tatti- done il suo consigliere militare.
co eccezionale, Arthur Wellesley, duca di Wellington, si L’obiettivo primario dell’Inghilterra, allora, era quel-
dimostrò formidabile in ogni frangente e su ogni scac- lo di sgretolare l’impero europeo che Napoleone ave-
chiere, guadagnandosi il soprannome di “duca di ferro” va costituito all’indomani della vittoria di Austerlitz e,
per la sua determinazione, l’energia, la lucidità, la capa- dopo un primo tentativo in Scandinavia, dove Welle-
cità di sopportare la pressione e di affrontare i pericoli. sley operò tra il 1806 e il 1807, lo scacchiere prescelto
Figlio cadetto di un lord del Par- fu la penisola iberica, in cui il do-
lamento irlan d ese d i secon d a minio francese sembrava mes-
schiera, Arthur Wesley, poi mu- so più duramente alla prova
LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

tato in Wellesley, entrò nell’eser- dalla ribellione degli spagnoli.

Blücher (1742-1819) Gebhard Leberecht von Blücher, ufficiale di cavalleria nell’esercito Guerra di Mysore Ultima di quattro guerre combattute nella penisola indiana tra il
svedese, fatto prigioniero dai prussiani passò al loro servizio fino ad arrivare al grado di Regno di Mysore e gli inglesi della Compagnia britannica delle Indie Orientali, a partire
feldmaresciallo, conquistato contro Napoleone nella vittoria di Lipsia (1813). Dopo aver dal 1766 fino al 1799. Contribuirono, con altri conflitti, a consolidare il potere britanni-
affrontato più volte l’imperatore, fu determinante nella sua sconfitta a Waterloo (1815). co in Asia Meridionale, portando alla nascita del British Raj, l’Impero anglo-indiano.

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LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

Individuata nel Portogallo la base ove costituire una testa di


ponte da cui sottrarre ai transalpini il controllo del territorio,
Wellesley sbarcò il 1° agosto 1808 a nord di Lisbona, metten-
dosi agli ordini del tenente generale Darlymple ; nella sua mar-
cia verso la capitale, colse già il 17 una piccola vittoria campa-
le a Roliça contro Delaborde , cui inflisse 479 caduti. Appre-
so che un esercito francese di 13.000 uomini condotto da Ju-
not stava marciando contro di lui, si trincerò dietro un crinale
nei pressi del villaggio di Vimeiro e resistette a ben sei attacchi
dei francesi, che poi si ritirarono lasciando sul campo perdite
superiori alle sue. Pochi giorni dopo, il luogotenente di Napo-
leone fu costretto a sottoscrivere l’accordo di Sintra, in base al
quale si imbarcò su navi inglesi con tutto l’esercito per essere
rimpatriato, e improvvisamente dal Portogallo scomparvero i
I DUE EROI
Questa è forse l’unica
26.500 uomini che lo presidiavano. volta in cui il futuro
Ma i termini del trattato suscita- duca di Wellington e
rono scandalo in Inghilterra, dove si biasimò altamente Darlym- l’ammiraglio Horatio
ple per aver permesso a un intero esercito nemico di tornare in Nelson si incontrarono:
12 settembre 1805.
patria con tanto di equipaggiamento. Il generale fu rimosso, e Sei settimane dopo
con lui i suoi collaboratori più stretti, compreso Wellesley, che fu Nelson morì a Trafalgar.
messo sotto inchiesta (ma poi ne uscì prosciolto). Il condottiero A sinistra, un anello
tornò alla sua attività politica, mentre in Spagna l’arrivo di Na- commemorativo con il
poleone faceva precipitare le fortune inglesi, guidate dall’eroico busto del generale.
quanto sfortunato generale Moore. Ma all’inizio del 1809 l’im-
peratore abbandonò lo scacchiere iberico, e in aprile Wellesley
fu rimandato nella penisola con un esercito di 28.000 uomini. solo Portogallo Meridionale, ed erano di fatto assediati da tre
Il generale si impegnò subito a ricostituire l’esercito porto- armate; Wellesley marciò subito verso quella di Soult, obbli-
ghese, che pose sotto il comando di ufficiali inglesi, richiaman- gando con una rapida manovra il maresciallo ad abbandonare
do alle armi tutti gli uomini tra i 16 e i 60 anni, e fruendo così Oporto il 12 maggio, lasciandosi dietro le salmerie. Poi si sen-
di altri 16.000 effettivi. Gli inglesi erano rimasti in possesso del tì in grado di passare in Spagna, cogliendo una nuova vittoria
a Talavera il 28 luglio 1809, che gli valse il titolo di visconte di
Darlymple Nel 1808 ebbe il comando delle truppe britanniche in Portogallo nella Guerra d’indi- Wellington. La reazione francese lo spinse ad allestire un im-
pendenza spagnola, il conflitto più lungo delle guerre napoleoniche. Finito sotto inchiesta, fu so- ponente sbarramento difensivo intorno a Lisbona, le Linee di
stituito dal generale John Moore, che morì alla Coruña mettendo in salvo il suo esercito dopo aver
combattuto con coraggio, e perso, contro i reggimenti inviati dal maresciallo francese Soult. Torres Vedras, dietro il quale si trincerò dopo aver vinto an-
cora una volta a Bussaco, nel settembre 1810, facendo terra
Delaborde e Junot Generali napoleonici, il secondo ebbe nel 1807 il comando dell’Armata del
Portogallo con l’ordine di occupare Lisbona, ma l’anno dopo fu sconfitto da Wellington nella bruciata per togliere ogni forma di sostentamento ai francesi.
Battaglia di Vimeiro. Il primo fu uno degli uomini più validi di Junot nella strenua difesa delle terre L’anno seguente lo vide di nuovo all’offensiva, e ancora vin-
portoghesi già conquistate e successivamente prese parte alla 2a invasione del Portogallo (1809). cente sul campo di battaglia, a Fuentes de Oñoro. Poté così ri-

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BRIDGEMAN/ALINARI (3)
Wellington in inferiorità
numerica: Assaye

I
l rajah Sindhia, insieme al suo 15.000 regolari indiani, i soli che
alleato Berar, è accampato sul contino davvero. Ne nasce una
fiume Kaitma con un esercito feroce e lunga mischia, nella quale
di 40.000 uomini e Wellesley non Wellesley si mantiene sempre in
esita ad attaccarli a dispetto della prima linea, tanto che per ben due
sua netta inferiorità numerica. volte le artiglierie dei maratthi gli
Per evitare di essere accerchiato, uccidono il cavallo.
trova un guado sul fiume che gli La svolta. Gli inglesi riescono a
consente di avanzare verso l’eser- volgere la situazione a loro favo-
cito nemico con i fianchi protetti re quando si impossessano dei
dal corso d’acqua stesso e da un cannoni nemici, conquistando
suo affluente, puntando al set- il villaggio di Assaye. Gli indiani
tore sinistro dello schieramento lasciano sul campo 6.000 morti, a
avversario, dove sono disposti i fronte dei 1.500 britannici.

Wellesley, già comandante di divisione,


ad Assaye (India), nel 1803, nella
Guerra anglo-marattha.

Wellington in difesa: Bussaco

A
ttende Masséna sulla stra- alla baionetta ricacciando indietro
da per Coimbra, appena un nemico stanco e decimato.
dietro la cresta della dorsa- Sull’ala destra transalpina prova
le di Bussaco, con 52.000 uomini, allora ad attaccare Ney, proprio
la metà dei quali portoghesi. Il in corrispondenza del monastero
maresciallo francese, che dispone che il nemico ha scelto come
di 65.000 effettivi, giunge a con- postazione. In quel settore sono
tatto del nemico e attacca all’alba presenti una brigata portoghese e
il centro inglese, mandando all’as- una divisione leggera inglese, che
salto due divisioni su un’erta con contrattaccano a loro volta alla
pendenza del 30%. baionetta obbligando i francesi
Fuoco! Le truppe di Wellington a ripiegare nuovamente. Alle 16
accolgono i francesi con un fitto Masséna dà l’ordine di ritirata,
fuoco di artiglieria, poi quando lasciando sul campo 4.486 soldati.
il fumo si dirada contrattaccano Wellington ha perso 1.269 uomini.

Il generale sconfigge i francesi nella Battaglia


del Bussaco (1810), una sierra del Portogallo.
passare in Spagna, espugnando lungo la frontiera le due for-
tezze di Ciudad Rodrigo e Bajadoz, l’una in meno di due setti-
mane, nel gennaio 1812, la seconda in tre settimane tra marzo
e aprile; in quest’ultima circostanza, penetrò di notte attraver-
so le brecce aperte dall’artiglieria, subendo un alto numero di
perdite. Risalendo verso settentrione, fece fare una brutta figu-
ra anche a Marmont, obbligandolo con una serie di manovre
ad allungare le sue linee e attaccandolo il 21 luglio sul fianco
presso Salamanca. La clamorosa vittoria gli aprì la strada per
Madrid, dove entrò il 12 agosto. Ma poi provò senza successo
a espugnare Burgos, ritirandosi dopo cinque frustranti setti-
mane di assedio e raggiungendo il Portogallo dopo una dram-
matica marcia, che gli costò il 10% degli effettivi.

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L’anno seguente Wellington poté approfittare delle difficoltà lui prescelto, in sfavore di pendio e senza permettergli di cono-
in cui si dibatteva la Francia napoleonica su tutti i fronti, sfer- scere la reale entità dei suoi effettivi, nascosti dietro un crina-
rando l’offensiva decisiva in primavera. Colse una nuova vit- le; anche in Belgio scelse uno scacchiere e rimase in attesa che
toria campale a Vitoria il 21 giugno, guadagnandosi il bastone Napoleone gli venisse incontro.
da maresciallo. I suoi successi affrettarono lo sgombero della Quel famigerato 18 giugno 1815, probabilmente, non sareb-
penisola da parte delle truppe francesi, che contro di lui ave- be stata sufficiente la sua abilità per cogliere la vittoria. Di fron-
vano tenuti impegnati 300.000 uomini, e gli permisero di pro- te agli assalti di Napoleone, il suo solo obiettivo era resistere fi-
seguire l’offensiva oltre i Pirenei. Proprio in territorio france- no a quando i prussiani non fossero stati in grado di minacciare
se fu ferito in battaglia per la prima e ultima volta; fu a Orthez, il fianco destro francese, e fece tutto il possibile per conseguir-
dove conseguì una nuova vittoria, che bissò a Tolosa quattro lo: schierò i suoi uomini in una solida posizione dietro un crina-
giorni dopo l’abdicazione di Napoleone. le, nascondendone in parte il numero come era solito fare, ob-
Il prestigio acquisito bligando così le truppe nemiche ad attaccare in sfavore di pen-
grazie alle sue innumerevoli vittorie gli valse non solo la carica dio e vanificando il tiro dell’artiglieria francese; non abboccò al
di plenipotenziario inglese al Congresso di Vienna e il titolo di tentativo di Napoleone di indurlo a sguarnire il centro attaccan-
duca, ma anche quella di comandante in capo delle forze alle- do la sua ala sinistra; mantenne i suoi uomini in quadrati serrati,
ate nelle Fiandre, quando Napoleone fuggì dall’Elba. Era l’oc- contro cui si infransero le cariche nemiche; contrattaccò al mo-
casione, finalmente, per misurarsi direttamente con l’impera- mento giusto, rompendo lo schieramento francese.
tore, dopo averne sconfitto ripetutamente i marescialli: Junot Ma, d’altra parte, una buona mano gliela diedero il clima pio-
a Vimeiro, Soult a Oporto, Victor a Talavera, Massèna e Ney a voso, che obbligò Napoleone a ritardare l’inizio dell’azione
Bussaco, Massèna e Bessières a Fuentes de Oñoro, Marmont a nell’attesa che il terreno fangoso si solidificasse, Blücher, che ri-
Salamanca e Jourdan a Vitoria, ridimensionati e precipitati in uscì a eludere l’inseguimento di Grouchy e a giungere in tempo,
disgrazia (a Massèna e Jourdan, per esempio, non fu più per- e gli errori del maresciallo Ney, che con le sue cariche intempe-
messo di combattere). Wellington aveva sempre adottato una stive vanificò parte della tattica del suo comandante supremo.
strategia difensiva – tranne che a Salamanca – una sorta di “ca- Dopo aver sconfitto Napoleone, non c’era nient’altro che
tenaccio” che costringeva il nemico ad attaccarlo sul terreno da Wellington potesse fare per dimostrare il suo talento bellico;
BRIDGEMAN/ALINARI (3)

NON MOLLATE!
Il duca di Wellington a
Waterloo, il 18 giugno
del 1815, incoraggia
le Foot Guards.
pertanto, abbandonò definitivamente la carriera militare atti- L’OMAGGIO DELLA NAZIONE
va per dedicarsi a quella diplomatica. Non andò mai a trovare il A sinistra, Wellington al Congresso di Vienna (è il primo
suo grande avversario a Sant’Elena, e Napoleone, che lo stima- da sin.). Sopra, i suoi funerali, nel 1852, davanti ad Apsley
va e che avrebbe voluto misurarsi con lui già in Spagna, ci rima- House (oggi museo, in Hyde Park Corner, a Londra), la
casa che gli fu donata dalla nazione per aver battuto
se male, accusandolo di scarsa sensibilità nelle sue memorie. Napoleone. La statua sopra l’arco della vittoria è la sua.
Nel 1828 Wellington
divenne primo ministro per un biennio, per poi assumere il
ruolo di comandante in capo delle forze britanniche, incarico
conservato fino alla sua morte, avvenuta il 14 settembre 1852. Wellington attacca: Salamanca
Difficile non considerarlo alla pari dei più grandi. •
A
lla testa di un esercito di prova pertanto a varcare il fiume
Andrea Frediani 48.000 uomini e 60 can- a sua volta per attaccarne la re-
noni, Wellington si impos- troguardia. Ma il suo movimento
sessa di Salamanca, ma l’arrivo di allunga ulteriormente la colonna
Marmont nei pressi, con 50.000 francese e crea un varco di un chi-
uomini e 78 cannoni, lo induce lometro e mezzo tra le divisioni di
a ritirarsi e ad attestarsi sulle al- testa, di cui l’altro si accorge.
ture a nord della città. Marmont La risposta. Nel primo pomerig-
si guarda bene dall’attaccare le gio il condottiero inglese manda
solide posizioni nemiche e ripiega quindi una divisione all’attacco
verso il Duero, inducendo l’avver- del fianco nemico, e nell’arco di
sario a seguirlo. I due eserciti mar- due ore impiega quasi tutte le sue
ciano quasi paralleli per tentare o unità contro la sfilacciata colonna
evitare l’aggiramento, estenden- francese.
do sempre di più le loro linee di Marmont, ferito da una palla di
comunicazione e assottigliando le cannone e trasportato lontano
colonne. Dopo oltre due settima- dal campo di battaglia, non può
ne di schermaglie, Marmont vede impedire che 5 delle sue 8 divisio-
Wellington attraversare il fiume ni si disperdano verso il Tormes,
Tormes e pensa che l’avversario si subendo 14.000 caduti, contro le
stia ritirando verso il Portogallo; 5.214 perdite di Wellington.

Wellington entra a
Salamanca a capo
di un reggimento di
ussari (1812).
HERITAGE IMAGES/LEEMAGE

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UNIFORMOLOGIA

IL MONDO È IN GUERRA, MA MOLTI SOLDATI

uando nel 1914 scoppiò la Grande tava. Anche i tedeschi, che dal blu erano pas-
guerra europea, poi trasformatasi, sati al grigio nel 1910, continuavano però a in-
di lì a poco, nella 1ª Guerra mon- dossare, pur coperto da una foderina mimeti-
diale, alcuni eserciti – come quel- ca, l’obsoleto elmo Pickelhaube in cuoio, la cui
lo francese – erano ancora abbigliati con le ap- punta era visibilissima nella guerra di trincea.
pariscenti divise in stile Belle Époque, sebbene Tutto questo creerà, nel primo anno del con-
molti altri da qualche anno avessero adottato flitto, un numero di perdite spaventoso che si-
uniformi dai colori meno visibili sul campo (gli curamente poteva essere evitato.
inglesi, per esempio, avevano adottato il colore Di fatto,
cachi durante le Guerre boere di inizio secolo). con l’avvento di nuove armi dall’alto potere di
In generale, però, quasi tutti conservavano an- fuoco e il progredire di nuove tattiche, anche
cora copricapi o equipaggiamento poco pratici l’uniforme era divenuta un fattore chiave nel
e poco adatti al genere di guerra che si prospet- processo di modernizzazione della battaglia

1. , CAPITANO
DEL 12¡ CORAZZIERI
L’élite della cavalleria
francese nel 1914 portava
ancora, sopra l’uniforme,
la corazza e l’elmo di stile
quasi napoleonico. Unica
CON LA CONSULENZA STORICA DI STEFANO ROSSI

concessione, la foderina sul


luccicante copricapo.

2. , SOLDATO
DISEGNI DI GIORGIO ALBERTINI

DEL 72¡ REGGIMENTO


FANTERIA
Il fante, armato di fucile
Arisaka Type 30 calibro
6,5 mm, porta le mostrine
reggimentali al colletto
dell’uniforme color
mostarda introdotta nel
1911. Sulle spalle i gradi da
Joto Hei , Soldato Anziano.

10
LA AFFRONTANO IN TENUTA DA PARATA. O QUASI

e chi non si adattava era costretto a pagare un


altissimo tributo in vite umane.
Già dall’anno successivo la dolorosa espe-
rienza iniziale farà tramontare però definitiva-
mente gli eserciti “belli da guardare”: le colora-
te uniformi quasi da parata, gli appariscenti co-
pricapi della cavalleria di fine Ottocento spari-
ranno per far posto a tenute meno sgargianti e
a elmetti d’acciaio, infinitamente più brutti, ma
senz’altro più adatti all’immane carneficina che
si stava prospettando. A cent’anni dagli eventi,
presentiamo qui alcuni soldati delle nazioni in
lotta nell’anno di inizio della Grande guerra. d
Stefano Rossi

1. AUSTRIA-UNGHERIA 2. GERMANIA
GENERALE ULANO DEL 20° RGT
FELDMARESCIALLO Gli Ulani, lancieri, si
Pur essendo, di fatto, distinguevano per la giacca
semplice nel taglio, a doppio petto (ulanka) e
l’uniforme dei generali era per il copricapo con la parte
elegante e si distingueva superiore squadrata (czapka),
per i ricami al colletto e ai entrambi di ispirazione
paramani della giubba, oltre polacca. Dal 1908 era stato
che per i pantaloni scuri con utilizzato il colore feldgrau
la doppia banda rossa. (grigioverde).

11
1.
ZUAVO DEL 1° RGT
L’uniforme degli zuavi,
popolare in tutto il mondo,
non era cambiata molto dal
tempo dei combattimenti in
Italia durante il Risorgimento:
camicia, gilet, pantaloni
larghi a sbuffo e in testa la
caratteristica chéchia rossa.

2. , FANTE
Dal 1912, la gymnastiorka,
lunga camicia a collo alto
derivata dagli abiti civili,
divenne uniforme standard.
Il cappotto, che serviva
anche da coperta, era portato
arrotolato, a bandoliera.
Sul berretto, la coccarda
coi colori imperiali.

3. , CACCIATORE
DEL 1° BTG CHASSEURS À
PIED, 10° GRUPPO CICLISTI
I gruppi ciclisti, creati nel
1912, operavano aggregati
a divisioni di cavalleria. La
1 bicicletta pieghevole mod. 2 3
Gérard era spesso portata in
spalla, oltre al normale
equipaggiamento.

4. , TROMBETTIERE 5. , UFFICIALE DEL


DEL 9° RGT WEST YORKSHIRE RGT
FANTERIA DI LINEA Il maggiore di fanteria
L’uniforme col grosso indossa la divisa mod. 1913
cappotto, introdotta solo a collo aperto e il berretto
otto anni prima, era tutt’altro mod. 1902, anno nel quale
che pratica, così come era stato adottato il colore
lo shako mod. 1893, qui cachi. L’equipaggiamento è
coperto da una foderina di al completo e comprende
tela cerata nera, col numero anche fischietto e bussola.
reggimentale.

4 5

12
1 2

6. , FANTE DEL
14° REGGIMENTO
Sebbene fossero state
adottate nuove uniformi
sei giorni prima della
guerra, i fanti francesi
vi entrarono con quelle
risalenti a 30 anni
prima, cappotto blu e
pantaloni rossi, soffrendo
gravi perdite per la
loro visibilità.

7. , CARABINIERE
MITRAGLIERE DELLA
6a DIVISIONE
I Carabinieri si
distinguevano dalla
fanteria di linea per il
cappello “alla corsa” a
falde rivoltate. L’utilizzo
6 di cani per il traino di
carretti con mitragliatrici
era peculiare
dell’esercito belga.

1. AUSTRIA-UNGHERIA,
UFFICIALE DEL 10° RGT
IMPERIAL REGIO
(K.UK.) DRAGONI
L’Oberleutnant (tenente)
indossa anche sul campo,
3 come in una parata, elmo,
giacca azzurra, pantaloni
rossi e il giaccone col collo
di pelo (pelzrock),
caratteristici dei Dragoni.

2. GERMANIA, USSARO DEL


17° RGT (BRUNSWICK)
Gli Ussari continuavano
7 a portare anche sulle
giacche feldgrau i tradizionali
alamari al petto. Il classico
copricapo di pelle di foca,
ornato dal grande teschio,
era coperto in battaglia
da una fodera di tela.

3 AUSTRIA-UNGHERIA,
FANTE DELL’86° RGT
UNGHERESE (HONVÉD)
L’uniforme di panno di
questo örvezetö (caporale)
differisce da quella
dei colleghi austriaci
per gli stivaletti alti e
gli affusolati pantaloni
con i nodi ungheresi
ricamati sulle cosce.

13
1. , FANTE SCOZZESE 3. , COSACCO
DEI SEAFORTH DEL KUBAN
HIGHLANDERS Veste la classica cherkesska,
Il singolare abbigliamento il lungo soprabito caucasico
comprende il glengarry, in lana dotato al petto
bustina colorata con bordo di cartuccere ornamentali, e
a scacchi, e il tradizionale indossa il colbacco di pelo.
kilt scozzese, coperto da È armato anche
una sorta di grembiule in di un pugnale tradizionale
tela cachi per mascherarne e della shashka, la sciabola
gli sgargianti colori. cosacca.

2. , DRAGONE DEI 5 , FANTE


ROYAL SCOTS GREYS Indossa la tipica bustina
L’uniforme del cavaliere (sajkaca) dell’esercito serbo
britannico, molto simile a sull’uniforme mod. 1908
quella dei fanti, ne differisce 1 con al collo le mostrine 3
per i pantaloni rinforzati della fanteria, mentre ai
al cavallo, gli speroni sugli piedi porta calzettoni di
scarponi, la cartuccera a lana e i tradizionali opanci.
bandoliera oltre che per lo
specifico armamento.

4 5

4. , CAVALIERE
DEL 1° RGT GUIDE
Le colorate uniformi rosse
e verdi, il largo colbacco
di pelo marrone e le
lance dei due reggimenti
di Guide a cavallo,
estremamente visibili
sul campo di battaglia,
erano un retaggio del
diciannovesimo secolo.

14
6. ,
MILIZIANO
Nicola I, re del piccolo
Montenegro, per
combattere l’Austria mise
1 2
in campo anche la milizia
popolare, abbigliata con
i costumi tradizionali
del Paese. Seppur
agguerrita, aveva
armamento ed
equipaggiamento
povero e obsoleto.

7. , CAVALIERE
DEL ROYAL DECCAN
HORSE REGIMENT
L’uniforme era una
tunica cachi a due tasche
portata sopra i pantaloni
da cavallo e alle fasce
mollettiere. Il tipo di
turbante variava secondo
la provenienza del soldato,
qui di origine sikh.

1 IMPERO TURCO-
OTTOMANO, GENERALE
IN UNIFORME DA CAMPO
I generali turchi
si distinguevano dagli
altri ufficiali per le doppie
bande rosse ai pantaloni e
le spalline intrecciate.
Dal 1908 un colbacco di
astrakan aveva sostituito il
7 tradizionale fez rosso.

3. GERMANIA, 2 AUSTRIA-UNGHERIA,
FANTE PRUSSIANO LANDESSCHUTZE DEL
3 DEL 5° RGT KOENIG 1° RGT TRIENT
FRIEDRICH Le truppe alpine, oltre
DER GROSSE che per lo specifico
Questo Unteroffizier equipaggiamento
indossa l’uniforme da montagna, si
feldgrau mod. 1907/10, distinguevano per la
completa di cordone da stella alpina metallica
tiratore scelto. L’elmo è al colletto e il piumetto
un Pickelhaube in cuoio (Federschmuck) di gallo
bollito, modello 1895, forcello sul berretto.
con telino antiriflesso.

15
PRIMO PIANO SI VA, SI COLPISCE, SI RIENTRA.
MISSIONI SPECIALI PER
UOMINI SPECIALI, CHE SANNO
SORPRENDERE IL NEMICO CALANDO

RAID
SULL’OBIETTIVO, COMBATTERE,
SGANCIARSI IN FRETTA E RITIRARSI

& INCURSIONI
a guerra regolare, costituita da un esercito in campa- La battaglia è un confronto tra soldati, combattenti di profes-
gna che ne affronta un altro in una battaglia campale, sione che di solito si possono rimpiazzare una volta persi. Altri
oppure che assedia un caposaldo, ha costituito l’ele- tipi di operazioni, che rientrano nella guerra definita “asimme-
mento trainante di ogni resoconto bellico. Quando si trica”, o “tetradimensionale”, possono incidere sulla popolazio-
racconta un conflitto lo si fa per lo più attraverso i suoi scontri ne, minarne il morale e sottrarle le risorse, creando movimenti
campali, descrivendo l’avanzata di un’armata in territorio osti- d’opinione avversi alla guerra, sfiducia nei governanti, insicu-
le culminante con l’occupazione o con la ritirata. rezza, instabilità politica, carestia ed epidemie.
Ma la storia militare è fatta di molto altro e, se sovente è uno È un modello di guerra non convenzionale diverso dalla
scontro tra armate regolari ad attirare l’attenzione, non è det- guerriglia, ma che ne adotta spesso le stesse strategie. Laddo-
to che esso sia efficace e risolutivo quanto azioni che coinvol- ve però il guerrigliero non ha altra strada che le azioni di pic-
gono un minor numero di effettivi e si svolgono essenzialmen- colo cabotaggio contro una potenza occupante, l’incursore può
te nell’ombra; parimenti, il genio di un comandante non si ma- anche far parte di un esercito convenzionale, essere il compo-
nifesta solo nella tattica adottata per superare l’avversario nel- nente di un’armata o di un suo distaccamento deputati a lavo-
lo scontro diretto, ma anche nelle operazioni alternative che rare il nemico ai fianchi, invece che affrontarlo frontalmente,
riesce a escogitare per logorare il nemico. Può quindi accade- facendo leva più su fattori sociali, culturali e politici, che sulla
re che la battaglia sia solo un’esibizione muscolare, che lascia dottrina militare. Si tratta di operazioni che i comandanti non
il confronto sostanzialmente irrisolto, e che siano invece azio- hanno mai adottato volentieri perché portano meno gloria di
ni apparentemente di minore portata, come incursioni, raid e uno scontro campale alla luce del sole, sono in genere sogget-
colpi di mano, a condurre un conflitto alla conclusione. te a più variabili e quindi rischiose per chi le mette in atto. V’è
inoltre bisogno che siano seguite da altre azioni dello stesso ti-
po perché risultino risolutive, e spesso, per il coinvolgimento
di civili procurano l’esecrazione ai loro promotori.
Le incursioni Eppure, per le incursioni valgono le stesse motivazioni del-
degli Ungari le battaglie: dietro di esse può esserci un piano geniale, oppu-
re la semplice necessità. Fin dall’antichità, i resoconti e le cro-

G
ente cui “null’altro piace se non combattere”,
secondo la definizione di un cronista coevo, gli nache storiche ci offrono una tale mole di esempi al riguardo
Ungari raggiunsero le pianure tra Tibisco e Danu- da permetterci di creare delle categorie.
bio negli ultimi decenni del IX secolo, da dove lanciarono Si tratta di un’esibizione di forza, a scopo
incursioni pressoché annuali sui territori a occidente. Abili essenzialmente dimostrativo, mirata ad affermare l’autorità di
arcieri a cavallo come i loro predecessori Unni, facevano della
mobilità il loro tratto distintivo, coprendo enormi distanze in tempi una potenza nei confronti degli Stati limitrofi, o di quelli as-
brevissimi, il che gli consentiva di portare le loro scorrerie molto in soggettati in rivolta, o per dissuaderli dal compiere a loro vol-
profondità: nessun centro abitato dell’Europa Centrale poteva dirsi al ta incursioni. Ma può anche essere attuata per instillare terro-
sicuro dai loro raid, tanto che anche l’Italia ne fu spesso vittima; celebre re nel nemico rendendone insicure le retrovie. Di solito, la si
è il loro saccheggio dell’Abbazia di Nonantola (Modena), seguito alla compie con un’armata consistente, proprio per esibire la pro-
loro vittoria sul Brenta contro le armate di Berengario del Friuli, nell’899.
In avanscoperta. Gli Ungari erano soliti farsi precedere da esploratori pria potenza, devastando e saccheggiando un settore di ter-
che gli indicassero i territori dove le difese erano più deboli, ed evitavano ritorio e rientrando alle proprie sedi con relativa celerità, per
di assalire città e castelli, per non dover compromettere la loro rapidità evitare il rischio di vedersi tagliare le vie di comunicazione, di
portandosi dietro macchine ossidionali . Perciò i loro obiettivi erano esclu- soffrire di carenza di vettovagliamento o di far risultare la spe-
sivamente ricchi monasteri, abbazie, villaggi e ville. Solo in un’occasione dizione troppo costosa.
derogarono alla loro strategia assediando Augusta, in Svevia, e fu loro
fatale: nel 955 diedero infatti modo al re di Germania Ottone I di sconfig-
gerli nella Battaglia di Lechfeld. Di lì a poco si sarebbero trasformati in Macchine ossidionali Gli strumenti usati per gli assedi, dalle macchine a contrappeso (mangani,
OSPREY

popolo cristiano e sedentario. trabocchi) o da sfondamento (arieti), ai sistemi di lancio (balliste e catapulte) fino alle torri.

16
Nel Medioevo: le chevauchée
L
e battaglie vere nel corso della Guerra dei cent’anni erano rare, gli asse-
di appena più frequenti, ma ciò che non mancava erano gli attacchi pro-
ditori e i raid su campagne e villaggi, messi in atto dagli inglesi parten-
do dai loro possedimenti sul continente, nel settore sud-ovest del regno, ma
anche dai francesi verso i territori occupati dal nemico e perfino nella stessa
Inghilterra. Le loro scorrerie sono comunemente conosciute come che-
vauchée, incursioni a cavallo compiute da colonne di armigeri che
potevano arrivare ad assommare a un’intera armata.
Il Principe Nero. Gli inglesi iniziarono a farne uso in forma
difensiva, per reagire alla guerriglia messa in atto dai france-
si fin dall’inizio del conflitto. Per rappresaglia contro le tattiche
elusive degli avversari, infatti, devastavano, saccheg-
giavano e bruciavano fin dove potevano spingersi
senza correre il rischio di essere tagliati fuori dai
loro territori. Particolarmente rilevanti le due del
1355 in Linguadoca, condotte da Edoardo III
nell’Artois e da suo figlio, passato alla Storia
come il Principe Nero, e quella dell’anno se-
guente, che il re di Francia Giovanni il Buono
tentò di fermare dando battaglia a Poitiers.

LA CAVALCATA
La scorreria (o chevauchée)
da Calais a Bordeaux
compiuta da Giovanni
di Gand, del casato dei
Lancaster, nel 1373 per
colpire il cuore della
Francia. I raider inglesi
predarono e razziarono.
Mira a sottrarre risorse a un nemico elu-
sivo, o trincerato in una roccaforte, devastandone sistemati-
camente il territorio. Nelle società agricole, punta a sradicare
e tagliare piante, bruciare colture e fattorie, e si attua anch’es-
sa con armate intere: quanto più consistente è un esercito, tan-
to più estese sono le distruzioni e la possibilità di incidere sul
sistema economico del nemico. Lo scopo è quello di logorare
l’avversario per indurre la popolazione a ribellarsi ai suoi go-
vernanti, oppure provocarlo a battaglia campale o, ancora, di-
mostrare ad alleati e spettatori la sua impotenza.
È il caso delle infiltrazioni barbariche che
hanno vessato l’Impero romano per secoli, mantenendo vigi-
GRANDE le l’attenzione delle truppe di confine tra un’invasione vera e
GUERRA propria e l’altra. Ma anche dei corsari al servizio dell’Inghilter-
Zeebrugge, Belgio, ra elisabettiana – ne è un esempio la celebre incursione a Cadi-
1918: i Royal Marines
inglesi sbarcano nel
ce di Francis Drake nel 1587 – o dei pirati di ogni epoca. Alcu-
tentativo di bloccare ne società barbariche o nomadi ne facevano la principale for-
il porto (nel comune
di Bruges) in mano ai
tedeschi.
OSPREY
ma di sostentamento; gli Unni, in particolare, lanciavano de- tutto lungo il fronte italo-austriaco tra le montagne, più volte i
vastanti incursioni oltre il Danubio (in una delle quali si disse due blocchi utilizzarono degli incursori contro una postazio-
che Attila avesse distrutto 70 città) per costringere l’Impero bi- ne mentre erano in procinto di sferrare l’attacco contro un’al-
zantino a versare loro un tributo annuo. Gli ultimi predoni su tra. Lo stesso accadeva nel Pacifico durante la Seconda guerra
vasta scala dell’Occidente si possono considerare i Vichinghi, mondiale, dove isole e arcipelaghi erano oggetto di raid diver-
che con le loro incursioni arrivarono a conquistarsi un duca- sivi rispetto all’operazione principale.
to, quello di Normandia. Più a oriente, il titolo spetta ai Mon- È quella che sortisce l’effetto più
goli, prima di farsi impero. drammatico sulla popolazione. Solitamente è diretta contro
Il numero è ininfluente: può trattarsi di grossi contingen- l’epicentro di una rivolta o l’alleato fedifrago, concentrando
ti come di piccole bande; l’elemento essenziale è la rapidità di l’incursione di un’intera armata su una città, che viene mes-
movimento. Su scala minore, in età moderna i Cosacchi non sa a ferro e fuoco, gli abitanti trucidati o venduti come schiavi.
rinunciarono che in brevi periodi alle loro incursioni a scopo Su alcuni scacchieri politicamente frammenta-
di bottino: quelli ucraini ai danni dei Tatari della Crimea sot- ti, infine, dove non si poteva attaccare in forze un nemico sen-
to la sovranità ottomana, quelli del Don nei confronti dei cen- za essere sorpresi alle spalle da un altro, le incursioni posso-
tri turchi sul Mar Nero. no essere state il sistema di scontro più diffuso. È il caso delle
L’obiettivo sono i centri (solitamente costieri) terre di frontiera, come quelle che segnavano i confini orien-
in territorio nemico, con i quali creare una testa di ponte da cui tali dell’Impero bizantino, vessati prima dai cavalieri legge-
lanciare raid nelle campagne, oppure per consentire il succes- ri dei califfati arabi, e poi dai Ghazi, i fanatici guerrieri turchi
sivo sbarco o l’arrivo di un esercito d’invasione. In alternativa che razziavano nel nome della religione islamica; o come le ter-
si punta a impossessarsi di basi, anche al di fuori del territorio re canadesi nel XVIII secolo, e, ancora, come la Penisola ibe-
nemico, per isolare l’avversario o precludergli i contatti com- rica dopo il Mille. Nell’epoca della Reconquista la cavalgada,
merciali danneggiando l’economia e l’importazione di derrate. o algara, corredura, azaria (oppure fonsado, quando si tratta-
Durante la Guerra del Peloponneso lo storico Tucidide perse la va di contingenti più robusti), il raid effettuato principalmen-
città di Anfipoli (centro sulle rotte commerciali della Tracia), te a cavallo, era lo strumento bellico principale sia per gli emi-
di cui era responsabile, per un colpo di mano dello spartano ri arabi dell’Andalusia che per i re cristiani di Castiglia, León e
Brasida e per questo fu esiliato dai suoi concittadini ateniesi. Asturie; per secoli, fino all’ultima guerra tra Aragona e Casti-
Si tratta di blitz – spesso com- glia e il regno moresco superstite di Granada, colonne di ca-
piuti con il favore delle tenebre da un commando – contro sin- valieri scorrazzavano in territorio nemico per devastarlo, pre-
goli individui, generalmente personalità di spicco, la cui cat- darlo o conquistarsi un caposaldo avanzato, come rappresa-
tura può condizionare l’andamento della guerra. È ciò che ac- glia a un precedente raid o solo per intimidire la popolazione.
cadde nel 1993 a Mogadiscio, quando gli americani entrarono Secoli dopo, dalla parte opposta dell’Europa, la Guerra civi-
in città per catturare due ministri di Aidid, rimanendo intrap- le russa seguita alla Rivoluzione bolscevica vedeva uno scena-
polati tra gli edifici e perdendo due elicotteri Black Hawk, pri- rio simile: nel 1918, almeno trenta governi, in parte sostenu-
ma di essere salvati da una task force. ti dalle potenze straniere, erano fuori dal controllo del regime
È il motivo più frequente di un raid. I guasta- sovietico, che avrebbe impiegato più di un biennio per riunire
tori devono solitamente raggiungere zone nel cuore del terri- il dominio dei Romanov. In questo contesto le incursioni era-
torio nemico, perciò devono essere pochi, mimetizzati e rapi- no la strategia bellica principale. •
di. Il loro compito è danneggiare obiettivi sensibili, sia di ca- Andrea Frediani
rattere militare che civile, per minare l’efficienza bellica del
nemico. Si tratta di una strategia adottata in tutte le epoche,
dall’ateniese Tolmide che distrusse i cantieri navali di Spar-
ta a Gizio, durante la Prima guerra del Peloponneso, alle tribù Frankton,
beduine di Lawrence d’Arabia, che tagliavano le ferrovie o in-
terrompevano i telegrafi per danneggiare l’esercito turco, fino il raid mordi e fuggi

E
ai maiali (i siluri a lenta corsa) del principe Borghese che nel cco un esempio di incursione che si esaurisce
1941 danneggiarono le navi inglesi nel porto di Alessandria, o in una missione mordi e fuggi: nel 1942 un
sottomarino inglese portò un commando di
alle incursioni aeree sulle città nemiche per colpire aeropor-
10 Royal Marines, capitanati dal maggiore “Blondie” Hasler,
ti, industrie e snodi ferroviari. Queste ultime potevano essere al largo dell’estuario della Gironda, che gli incursori dovevano
compiute anche da terra, come accaduto in Russia durante l’O- raggiungere su 5 canoe. La missione, detta Operazione Frankton,
perazione Piccolo Saturno (1942), quando due corpi corazza- consisteva nel risalire il fiume e raggiungere il porto di Bordeaux,
ti sovietici si lanciarono con estrema rapidità contro i due ae- nella Francia occupata, sabotare le navi tedesche che vi erano at-
traccate, e poi fuggire a piedi per raggiungere la Spagna.
roporti di Tatsjnskaja e Morozovsk, da cui partivano gli aerei
Due superstiti. Messi in mare il 7 dicembre, gli equipaggi paga-
che rifornivano la sacca di Stalingrado. iarono di notte e si nascosero di giorno, ma al porto arrivarono solo
Serve a stornare l’attenzione del nemico dal set- due canoe, nella notte del 12. Hasler riuscì a minare una nave e, dopo
tore dove si intende sferrare l’attacco principale. L’incursione numerose vicissitudini, a raggiungere la Spagna con un compagno, ma
può essere effettuata con una massiccia colonna, che all’oc- loro due furono i soli a sopravvivere: sei degli altri erano stati catturati e
fucilati dai tedeschi, altri due erano caduti in acqua e morti per assidera-
correnza può diventare un secondo fronte d’attacco e costrin-
mento. Il raid fu imitato l’anno seguente da un commando misto britan-
gere gli avversari a dividere le forze, oppure con un modesto nico-australiano, al comando del maggiore Lyons, che riuscì ad affondare
contingente, cui spetta solo di attirare l’attenzione con visto- sei mercantili nel porto di Singapore; gli incursori se la cavarono tutti,
se azioni di sabotaggio. Nella Prima guerra mondiale, soprat- per poi perdere la vita nel tentativo di ripetere l’operazione in seguito.

19
OSPREY
INCURSIONI

Terra
l V secolo a.C., sotto l’aspetto bellico, è un’epoca di transi-
zione, nella quale convivono i sistemi che stanno scompa-
rendo e quelli che si stanno affermando, almeno per ciò che
riguarda il palcoscenico principale, ovvero la Penisola Bal-
ULTIMA DIFESA canica. Agli occhi dello storico le battaglie che vi hanno luogo
La battaglia sull’isola greca di posseggono le stesse contraddizioni che hanno segnato conflitti
Sfacteria, dove gli Spartani della di molto posteriori, da quella di Secessione alla Grande guerra,
Lega peloponnesiaca furono
sconfitti dagli Ateniesi.
dove nuove armi si sono affiancate a vecchie, mitragliatrici alle
baionette, i carri armati alla cavalleria, e dove i nuovi e letali si-
stemi di combattimento hanno dovuto fare i conti con coman-
danti dalla mentalità sorpassata.
In realtà, questa coesistenza doveva esserci già da tempo: ab-
biamo testimonianza che i Greci facessero uso della falange da
almeno duecento anni, se non di più. Ma il V secolo è il primo
in cui le nostre fonti sono meno oscure e gli storici Erodoto, Tu-
cidide, Diodoro Siculo, Plutarco, ci permettono di ricostruire
cosa accadde nei tre grandi momenti che contraddistinguono
il secolo d’oro della Grecia classica: le Guerre persiane, l’asce-
sa dell’Atene di Pericle e il suo tentativo di trasformar-
si in un impero, e infine la lunga serie di conflitti pas-
sata alla Storia come Guerra del Peloponneso. E da
ciò che leggiamo, possiamo evincere che se le po-
leis, all’inizio del conflitto, guerreggiavano anco-
ra come entità tribali con l’obietti-
vo di danneggiare l’antagonista,
nel corso del tempo si accor-
sero della sostanziale inuti-
lità dei loro sforzi e
si concentrarono su
come annientare il ne-
mico. Parimenti, se nei pri-
mi anni incursioni e scorrerie
erano la regola e la battaglia l’ecce-
zione o un modo, da parte dell’aggre-
dito, di scongiurare l’attacco alle pro-
IL RAIDER
DELLA TRACIA prie risorse, verso la fine i contendenti
Mercenario tracio, cercavano quasi esclusivamente il con-
al servizio di Atene fronto, su terra o per mare, nel tentati-
nel 413 a.C. Questi vo di domare una volta per tutte lo spi-
balcanici erano
rito bellico del rivale.
assoldati come
cavalieri o fanti (tra i Quando gli Ate-
peltasti, i portatori niesi caricarono a testa bassa e a ranghi
di scudo). Abili con compatti i Persiani a Maratona, si inaugurò
spada e lancia, un nuovo modo di fare la guerra che sorprese
erano famosi per
tutti, da chi lo applicava a chi lo subiva. Il corpo a
i lunghi stivali
di pelle, ideali corpo non era poi così familiare per i Greci ed era quasi del tut-
per i raid su to sconosciuto ai Persiani; questi ultimi preferivano affrontare
terreni aspri, il nemico con cariche di cavalleria mordi e fuggi o con il lancio
e per gli occhi di proietti, a distanza cautelativa; in alternativa, facevano terra
cerchiati di blu.
bruciata del territorio invaso. In tal senso decise, infatti, il Gran
Re Serse dopo aver sfondato alle Termopili e invaso la Grecia
Centrale; l’Attica fu evacuata prima che vi irrompesse la marea
orientale e i Persiani poterono distruggere indisturbati le messi
C. GIANNOPOULOS

e la stessa Atene. I Greci avevano fatto in tempo a evacuare per-


ché questa strategia gli era familiare: la applicavano essi stessi
ai nemici più vicini, nei tempi arcaici. Tornarono ad adottare la
tattica delle incursioni su scala sistematica quando, esauritasi la

Pericle (495 circa - 429 a.C.) Guidò Atene per oltre 30 anni mirando al predominio sulla Grecia
attraverso la trasformazione della Lega marittima delio-attica in impero.

21
Un raid di successo: Pilo e Sfacteria
OSPREY

M
entre gli Spartani guerreggiano Gli Ateniesi si aspettano la resa del nemi-
in Attica, il generale ateniese co nel giro di pochi giorni. Resa che però
Demostene raggiunge il Pelo- non avviene, grazie a nuotatori che con-
ponneso e crea una testa di ponte sulla tinuano a rifornire per tutta l’estate gli
penisola di Pilo, la punta settentrionale Spartani. L’inazione delle navi ateniesi,
della baia di Navarino chiusa dall’isolotto anch’esse in difficoltà con i rifornimenti,
disabitato di Sfacteria, lungo 3 km (map- provoca proteste in patria, e in autunno
pa a destra). Rimane con 5 triremi e po- gli assedianti – rinforzati da truppe con-
che centinaia di opliti e arcieri, con i quali dotte da Cleone – attaccano il presidio.
affronta la reazione degli Spartani che, Pochi se la cavano. Gli Spartani sono
nel frattempo, hanno dovuto rinunciare investiti da tutti i lati. Dopo un accanito
alla loro spedizione al nord. I Lacede- combattimento, dei 420 rimasti sull’isola
moni sbarcano un contingente di opliti due mesi e mezzo prima, ne sono so-
sull’isola di Sfacteria e assalgono il pre- pravvissuti 292, di cui 120 appartenenti
sidio fortificato per terra e dal mare. Ma alla casta degli spartiati; in patria, riceve-
Demostene resiste finché non arriva una ranno onori solo quelli morti.
flotta di soccorso, che attacca le navi ne- Ma il timore dell’esecuzione per quelli
miche ancorate nella baia passando at- vivi spingerà Sparta a
traverso i due canali creati dalla presenza chiedere la pace, e la
dell’isola (disegno a sinistra). Gli Spartani base ateniese di Pilo
si fanno trovare impreparati e da asse- resterà una spina nel
dianti si ritrovano assediati, mentre i 420 fianco degli Sparta-
opliti sull’isola vengono circondati. ni per ben 17 anni.

L’ATENIESE
Un peltasta, detto anche
psilos, che significa “armato
alla leggera” (seconda
metà del V secolo a.C.).
Questi fanti dovevano
C. GIANNOPOULOS (2)

bloccare i raider nemici


L’ALLEATO DI SPARTA imboscandosi nelle zone a
Oplita corinzio (seconda metà del
vegetazione più fitta.
V secolo a.C.), fra i responsabili
dei raid contro le fattorie
ateniesi. Sullo scudo portavano
il leggendario Pegaso alato. La
tunica a spalla scoperta (exomis)
facilitava il movimento al braccio
che impugnava la spada.
Attacco
Megara AT T I C A
e risposta

E
ARCADIA cco le direttrici di incursione
durante la Guerra del Pe-
Atene loponneso. Le frecce rosse
Elide
indicano i percorsi della prima
Corinto
PELOPONNESO invasione dell’Attica da parte di
Argo Egina re Archidamo: quella tratteggiata
segna il percorso dell’esercito pelo-
Mantinea
Epidauro ponnesiaco, entrato nella regione
attraverso il Golfo di Corinto, men-
G. ALBERTINI

Lepreo
tre le frecce rosse intere da nord
Tegea
segnalano gli itinerari degli al-
PA R R A S I A leati beoti, che con la loro
cavalleria ostacolavano
SCIRRITIDE le operazioni di difesa
degli Ateniesi.
Sparta Raid di Atene. La li-
Pilo Mare di Creta nea continua blu se-
CINURIA gna le rotte percorse
Sfacteria dalle flotte ateniesi

LESSING/CONTRASTO
Metone
nelle loro incursioni
in territorio nemico.

Il re spartano
Archidamo II:
mosse guerra
contro Atene
attraverso raid
infruttuosi.

minaccia persiana, ripresero a guerreggiare tra di loro. Memori soprattutto perché nella sola Attica c’erano, afferma lo storico,
dell’esperienza, però, a cominciare dalla stessa Atene molte po- più viti e ulivi che abitanti in tutta la Grecia classica: tra i 5 e i 10
leis si erano dotate di mura più robuste – o di una cinta mura- milioni, su un territorio di 3.000 kmq, con almeno 80.000 ettari
ria quando non l’avevano – e, invece di evacuare il territorio di di colture. Decisamente troppo, anche per un esercito ragguar-
fronte ai raid nemici, si limitavano a trincerare anche la popola- devole come quello del re spartano. Se poi aggiungiamo le ster-
zione rurale dentro le mura aspettando che la tempesta passasse. minate colture di grano lungo tutte le coste dell’Egeo, e in Asia
Nel Peloponneso Sparta applicava siste- Minore, che la potente flotta ateniese era in grado di raggiunge-
maticamente la strategia della terra bruciata nei confronti delle re, arriviamo a chiederci addirittura come gli Spartani abbiano
popolazioni che rifiutavano la sua egemonia. Quando scoppiò perseguito una strategia del genere. Per quanto grande fosse l’e-
il conflitto con Atene, non trovò pertanto di meglio che com- sercito del sovrano, infatti, era pur sempre a tempo determina-
portarsi nello stesso modo nei confronti dell’Attica. Nella pri- to: la gran parte dei suoi combattenti erano contadini strappa-
ma stagione bellica utile, la primavera del 431 a.C., il re Archi- ti alle loro, di terre, e avevano fretta di ritornarvi. Vettovagliare
damo condusse un esercito di 60.000 Peloponnesiaci, di cui solo tanti soldati, poi, era impresa complessa, che poteva durare so-
il 10% Spartani, nel territorio di Atene, con l’intento di distrug- lo poche settimane; è stato calcolato, infatti, che nei primi die-
gere fattorie e coltivazioni, per indurre gli Ateniesi a una batta- ci anni di guerra i Peloponnesiaci si siano trattenuti in tutto 150
glia campale o, in alternativa, provocare una rivolta nella città a giorni in territorio attico. Pagarli, poi, era un ulteriore proble-
causa della conseguente carestia o, al limite, far apparire impo- ma: il costo totale delle cinque incursioni – calcolando un costo
tente la rivale agli occhi dei suoi alleati. giornaliero, per soldato, di una dracma – ammontò a 750 talenti,
Ma, come afferma Victor Davis Hanson, «sradicare le colti- per Atene una cifra superiore alle entrate tributarie di un anno.
vazioni permanenti è più complicato che eliminare gli uomini», Oltretutto, era una fatica di
Sisifo: gli Spartani sarebbero tornati in Attica altre quattro vol-
Peloponneso La Lega peloponnesiaca fu l’alleanza militare costituitasi a metà del VI secolo a.C. te, negli anni seguenti; Tucidide osserva che nella quarta occa-
tra le poleis del Peloponneso, tenute all’invio di contingenti militari, con a capo Sparta alla quale sione si erano accorti di stare tagliando gli alberi e le viti ricre-
spettava il comando in guerra; mentre la Lega delio-attica si costituì intorno ad Atene. sciuti dal tempo della prima incursione. Quanto poi al grano, in-
Archidamo II Re di Sparta dal 476 al 427 a.C. Da lui prende il nome la Guerra archidamica (431- cendiarne i campi non era così facile, al punto che ancora oggi,
421), prima fase della Guerra del Peloponneso, contro lo strapotere di Atene sul mondo greco. osserva sempre Hanson, gli agricoltori che vogliono farlo prefe-

23
RAID IN SICILIA
In una delle grandi campagne ateniesi
(della durata di due anni e con l’ausilio di
un’immensa flotta), gli Ateniesi usarono i
raid contro le città della Sicilia. Ecco uno
dei tanti attacchi a Siracusa, sull’altopiano
delle Epìpole (415 a.C.).

riscono affittare lanciafiamme. Né era facile azzeccare il perio-


do: nella quinta spedizione gli Spartani arrivarono troppo pre-
sto, con il grano ancora verde per essere consumato o bruciato.
Per quanto riguarda le case, infine, erano costruite di mattoni e
fango, e anch’esse non prendevano facilmente fuoco, dopo che
i profughi ne avevano asportato tutti i materiali infiammabili.
Insomma, da quel che sappiamo, dopo la prima incursione al-
meno due terzi dell’Attica rimasero intatti; e poiché le successi-
ve quattro spedizioni furono compiute con la metà degli effetti-
vi (30.000 uomini), dobbiamo concludere che alla fine Archida-
mo si accontentasse di provocare gli Ateniesi, più che danneg-
giarli. In sostanza gli Spartani, che pure disponevano dell’arma
più letale, la falange, continuavano ad agire come se si trovasse-
ro ad affrontare le comunità pastorali e agricole della Messenia,
e non un impero organizzato e moderno; come dissero i Corin-
zi ai messi Lacedemoni: “I vostri metodi, rispetto a quelli degli
Ateniesi, sono antiquati”.
Pericle era conscio di dover solo attendere che gli Spartani si
stancassero, e infatti, dopo il 424 i rivali rinunciarono a impe-
gnare il loro esercito nelle incursioni; ma anche perché, nel frat-
tempo, ad Atene aveva fatto la comparsa un nemico che il gran-
de statista non aveva previsto: la peste. L’assiepamento di tan-
ta gente entro le mura, infatti, ne aveva provocato l’insorgenza
e, alla fine, gli Spartani avevano visto morire molti più Atenie-
si di quanti ne sarebbe caduti per fame o per battaglia campale.
C. GIANNOPOULOS

La Guerra del Peloponneso

P
PER ATENE receduta da una Prima guerra sua definizione si deve a una visione
Raider dell’Etolia (ovest
del Peloponneso (460-445 a.C.), “atenocentrica” della prospettiva sto-
della Grecia) impiegato nelle
quella che viene definita Secon- rica. Le ostilità furono dichiarate nel
campagne del generale
da o Grande guerra del Peloponneso 432 a.C. La prima fase viene definita
Demostene (426 a.C.).
è in realtà un conflitto per l’egemonia Guerra archidamica, dal nome del
Indossa l’elmo conico (pilos),
tra Sparta e Atene, tra la Lega del re di Sparta che compì la gran parte
la corazza di lino e lo scudo
Peloponneso, che faceva capo alla delle incursioni in Attica, e condusse
di bronzo con la A che sta
città lacedemone, e quella di Delo, prima a una fragile tregua, rotta dagli
per Atene. Impugna una
che costituiva l’impero ateniese; la Ateniesi dopo un anno, e poi alla co-
machaira, una spada con
lama a taglio singolo.
A dispetto della sua lungimiranza, però, quando si trattò di re- Tuttavia, nel frattempo anche gli Spartani
agire Pericle cercò di ripagare gli Spartani con la stessa moneta. avevano capito che l’apertura di teste di ponte in territorio ne-
Atene infatti applicò la medesima strategia al territorio di Mega- mico o tra i suoi alleati poteva rivelarsi più produttiva della con-
ra, il corridoio di accesso degli Spartani all’Attica, conducendovi duzione di un intero esercito a 240 km da casa. Lo stesso Agi-
ben 14 spedizioni punitive, e ottenendo gli stessi magri risultati de, a un decennio dalla sua sfortunata incursione, tornò in Atti-
degli avversari: i Megaresi si asserragliarono entro le loro mura ca per insediare una guarnigione a Decelea, una roccaforte
e rimasero fedeli a Sparta. Allora cambiò strategia, adottando a soli 20 km da Atene, che offriva la possibilità di compiere
un altro tipo di incursioni con la flotta: il colpo di mano nel Pe- raid durante tutto l’anno e di mettersi al riparo dai contrat-
loponneso, che poteva andare dal semplice saccheggio, con la tacchi della cavalleria ateniese. Altrettanto, però, continua-
presa di ostaggi lungo le coste, all’apertura di una testa di ponte rono a fare gli Ateniesi, moltiplicando lungo le coste le loro
in territorio nemico da cui lanciare raid contro villaggi e comu- basi fino a circondare la rivale. Questa situazione di stallo
nità rurali. E fu proprio la più fortunata di queste spedizioni, nel provocò una specie di “libanizzazione” della Grecia, come è
424 a Pilo e Sfacteria, a indurre gli Spartani del re Agide a torna- stata definita, che i due Stati rivali si orientarono a risolvere
re precipitosamente indietro dall’Attica e a stipulare una pace. con le battaglie, dapprima terrestri e infine navali; e proprio
Così si colpivano direttamente i civili provocando molti più sul mare, lo scacchiere su cui aveva costruito il suo impero,
morti delle battaglie campali. Sono stati contati 137 attacchi pro- Atene agli Egospotami perse la partita definitiva. •
ditori e a sorpresa, che gli Ateniesi compirono perlopiù di notte Andrea Frediani
con opliti ma anche con truppe leggere, assaltatori e guastato-
ri definiti peltasti (portatori di pelta, il piccolo scudo a mezza-
OSPREY

luna), psiloi (armati alla leggera), gymnoi (nudi), anaploi (senza


armatura). Nel tempo queste operazioni si andarono codifican- Sparta e Atene. Il racconto
do attraverso l’uso sistematico di un centinaio di navi, la scelta di una guerra, Sergio Valzania
di obiettivi vulnerabili e poco presidiati, l’adozione della tattica (Sellerio). Cosa successe nella
Guerra del Peloponneso per l’e-
del “colpisci e fuggi”, senza trattenersi in saccheggi e devastazio- gemonia sul mondo greco.
ni; era sufficiente trovare il modo di ripagare i costi della spedi-
zione, che spesso rendeva necessaria la percorrenza di 1.300
km tra andata e ritorno, e demoralizzare il nemico, sconvol-
gendone i commerci terrestri e marittimi.

PER SPARTA
Fante delle isole
dell’Egeo Orientale
(405 a.C.): reca sullo
scudo il giovane Ercole
in lotta con i serpenti,
che simbolizza gli
Spartani e i loro alleati
dell’Est. Indossa la
linothorax (corazza in
lino) e l’elmo calcidico
tipico degli opliti greci.
Poteva combattere
anche come marinaio.
BRIDGEMAN

Pericle, stratega e
deus ex machina
della politica ateniese
nel V secolo a.C.
C. GIANNOPOULOS

siddetta Pace di Nicia (421). Ma anche trovò le risorse per ricostruire la


questa non durò e la nuova fase di flotta, con la quale a partire dal 410
ostilità finì con una nuova pace “cin- colse le vittorie che spinsero Sparta a
quantennale”, mantenuta per poco. chiedere la pace; l’antagonista rifiutò
L’epilogo. La politica espansionistica e venne punita dall’ammiraglio Li-
degli Ateniesi li spinse alla conquista sandro, che agli Egospotami la privò
di Siracusa, che portò al più grande dell’intera flotta, permettendo agli
disastro della loro storia, esponendoli Spartani di assediare e indurre alla re-
a nuove offensive della rivale. Atene sa definitiva la stessa Atene nel 404.

25
INCURSIONI

ALLE RADICI DELLA GUERRA CI SONO LE RAZZIE. ECCO COSA


L’IRLANDA TRIBALE, QUANDO LE INCURSIONI AVEVANO

I PREDONI
DELL’ISOLA VERDE
Una coalizione di
guerrieri irlandesi attacca
le terre dell’Ulster per
depredare le tribù locali
delle loro mandrie, in
un raid raccontato dalla
mitologia gaelica.

e spoglie degli antichi re riposavano tra le pareti di


pietra dei verdi tumuli, per niente turbate dal grande
esercito che poco lontano si stava radunando sulla va-
sta brughiera. Quel luogo si chiamava Cruachain ed
era sacro: tra le sue zolle erbose si tenevano i raduni rituali dei
druidi, si aspettavano i solstizi e si omaggiavano i re lì sepolti.
In quei giorni di fine ottobre si era festeggiato il capodanno cel-
tico, la festa di Samhain, il momento in cui il reame dei morti
era in contatto con quello dei vivi e il passaggio di coraggio e co-
noscenze tra antichi e nuovi guerrieri era quanto mai possibile.
In quell’occasione il re e la regina avevano invitato gli uomi-
ni delle quattro regioni d’Irlanda a partecipare a una grande
razzia nelle terre degli Ulaid, gli abitanti del Nord, nella regio-
ne che oggi chiamiamo Ulster. Non era la prima volta che suc-
cedeva, da sempre il ciclo della guerra si alternava a quello del
raccolto e del riposo. E la guerra era principalmente razzia.
Gli eserciti erano pronti a partire, temibili per aspetto e nu-
mero: forse più di 10.000 guerrieri dimostravano che un in-
tero popolo partecipava alla razzia. Uomini del Sud, dell’Est,

Cruachain Oggi è un insieme di siti sepolcrali nella campagna irlandese, ma per la saga letteraria
Ciclo dell’Ulster (I sec. a.C.) è la grande fortezza nella regione del Connacht.
SUCCEDEVA NELLE SOCIETË DI PICCOLA SCALA, COME
OBIETTIVI ASSAI POCO MILITARI: LE VACCHE

TUTTO
PER UNA
MANDRIA

G. RAVA
dell’Ovest e anche esuli del Nord si erano divisi in schiere a se- me sono infatti raccontate nel più grande poema epico dell’Ir-
conda dell’armamento e del censo: per primi i guerrieri più leg- landa antica, il Táin Bó Cúailnge, ossia “la grande razzia delle
geri, quindi i più poveri o i giovani, vestiti con una corta tunica vacche di Cooley” (una penisola del Nord-Ovest). E le ricche
e mantelli colorati. Questi erano armati con uno scudo oblun- mandrie sono qui simboleggiate dalla figura del toro bruno, il
go e una lancia sottile, probabilmente un semplice giavellotto. Donn Cúailnge, che smuove gli appetiti di un altro personag-
Seguivano i guerrieri della seconda fila con tuniche fino al pol- gio leggendario, Medb, la regina di Cruachain, mente organiz-
paccio e mantelli grigio scuro, armati con scudi rinforzati in zatrice del raid e rappresentante di una società matriarcale.
metallo e lance a cinque tagli . Chiudevano l’esercito i guerrieri Come avveniva nella Grecia arcaica con gli aedi, così nell’Irlan-
più esperti e ricchi, in mantello di porpora e tunica lunga fino da pagana i filid, i poeti d’alto rango depositari delle tradizioni,
ai piedi. Le loro armi erano pari ai loro abiti: scudi ricurvi con cantavano le gesta dei loro eroi, trasmettendole di voce in voce
i bordi dentellati in metallo e lance enormi, quasi picche, alte per generazioni fino alle prime registrazioni prodotte negli scrip-
“come il palo centrale della dimora di un re”, secondo Diodo- toria monastici del VII secolo d.C. Ma la loro elaborazione risale
ro Siculo. I loro principi li precedevano splendenti di metallo ai secoli a cavallo tra l’Età del bronzo e quella del ferro e il modo
a bordo di carri, veri simboli di potere in quel mondo arcaico. di raccontare dei poeti antichi era quello di offrire ragioni di stu-
Decine di tribù si univano per pore agli ascoltatori. Non ci deve meravigliare dunque se, duran-
razziare un potente vicino, ricco di armenti. Uno sforzo enor- te la razzia, l’eroe del poema Cú Chulainn si produce in mirabo-
me per una società così primitiva, eppure capace di muovere lanti duelli e in eccezionali prove che per nulla sfigurerebbero con
in un raid la coalizione delle tribù per un viaggio che tra anda- quelle di Ercole. Non di meno era però importante offrire mo-
ta e ritorno doveva essere di almeno 400 chilometri. delli di comportamento ispirativi per le élite guerriere dei Celti.
Che l’episodio in questione sia vero o meno, il fatto che sia
diventato mito dimostra come nella società celtica d’Irlanda si Lance a 5 tagli Vengono citate così nella saga, ma sono probabilmente le caratteristiche punte di
lancia a forma di fiamma (v. la ricostruzione nel disegno a pag. 28) tipiche del mondo celtico.
andasse in guerra per le vacche. Queste immagini lontanissi-

27
Medb, la regina
della mitologia
gaelica. Qui nasce
Cú Chulainn
qui si trovava Dundalk
l’antica Cruachain,
residenza della
regina Medb Cú Chulainn
combatte per
l’ulster
Ardee
Rathcroghan
Oldcastle
Longford Kells Drogheda

Roscommon Newgrange

Navan
Medb subisce il
contrattacco La collina di Tara

G. ALBERTINI
Mullingar Residenza del
Re supremo
d’Irlanda
Athlone L’esercito di Medb
guada il fiume Dublino
L’eroe Cú Chulainn,
Shannon Maynooth che difende l’Ulster
dalle truppe di Medb.

Il raid irlandese: una razzia


Nella mappa, il percorso che Sull’obiettivo. Si parte da Crua-
le tribù potrebbero aver fatto chain, la reggia di Medb, fino ad
per compiere un’incursione Ardee, dove l’eroe Cú Chulainn
nell’Ulster e razziare le mandrie, difende l’Ulster inizialmente
secondo l’opera della mitologia da solo, poi finalmente aiutato
gaelica Táin Bó Cúailnge. dall’esercito del Nord.

È questo che a noi interessa: In questo caso la guerra, nei suoi molteplici aspetti, nelle sue
utilizzando una fonte che non è propriamente storica ma è differenze e particolarità, trova la sua specifica espressione nel-
protostorica – ossia una fonte scritta che ci racconta fatti non la razzia, nell’incursione rapida e limitata nel tempo in territori
in modo diretto, come una cronaca o una testimonianza, ma più o meno vicini, finalizzata all’obiettivo semplice sopra citato.
in chiave traslata, mediata dal mito e dalla narrazione epica La battaglia campale, grande o piccola che sia, diventa solo una
– possiamo comunque andare alla radice della guerra stessa. conseguenza di quei movimenti condotti per sferrare un attac-
Il lunghissimo silenzio dei millenni preistorici, dove le so- co a sorpresa. E l’uccisione del nemico, in genere rappresentato
cietà tribali (anche se piccole, a volte poco più di un nucleo fa- solo da qualche unità, è relativa rispetto alla necessità-volon-
miliare) si sono comunque combattute, è difficile da penetra- tà di creare un’economia positiva di autosostentamento alter-
re se non sulla base di deboli analisi archeologiche e compara- nativa al lavoro tradizionale o, meglio, basata sul lavoro altrui.
tive. Ma in questo buio quasi impenetrabile esiste un bagliore Per scavare nelle radici profonde della guerra, come ci siamo
al quale possiamo aggrapparci per vedere qualcosa: questa de- proposti, utilizziamo intanto la definizione che il grande divul-
bole luce è il bisogno, la necessità ancestrale, eterna ed elemen- gatore Jared Diamond formula: «La guerra è uno stato di vio-
tare di fare bottino, di allargare la zona di influenza del proprio lenza ricorrente fra gruppi appartenenti a unità politiche con-
gruppo, di impossessarsi del territorio altrui a discapito di chi, trapposte, sancito dalle unità stesse». Nella sua semplicità rac-
invariabilmente, prende i connotati di nemico. coglie pienamente il senso esteso del fenomeno.
Non abbiamo bisogno di grandi
eserciti per avere una guerra, neanche di Stati o nazioni: ba-
stano due gruppi (due tribù per esempio, per quanto piccole e
Cú Chulainn, l’eroe nucleari esse siano) che si contrappongono anche su una sca-

L’
eroe dei cicli epici irlandesi ne. Sétanta divenne così il mastino la territoriale limitata. In questo senso, almeno fino a tutto il
nacque figlio di una mortale di Culann, Cú Chulainn in gaelico. Medioevo (e quindi per la stragrande maggioranza della Sto-
di sangue reale e di Lúg, dio In chiave metaforica il bimbo di-
della luce e della guerra. Chiamato venne il guardiano dell’integrità ria dell’uomo), la guerra risulta avere per circa l’80% dei ca-
Sétanta, a 7 anni si guadagnò del territorio, il mastino dell’Ulster. si i connotati della razzia. Nello schema strategico della raz-
l’appellativo che lo avrebbe reso Guerriero eccezionale. Cú Chu- zia perpetuata dalle società tribali rientra poi l’indebolimento
famoso uccidendo il terribile ma- lainn era infuso di una furia bellica dell’avversario distruggendone proprietà e risorse, senza però
stino che proteggeva la casa del che ne deformava le fattezze du- ambire alla sua completa distruzione; si considera sufficiente
fabbro reale Culann. Per scusarsi si rante la battaglia. La regina Medb
mise al servizio del fabbro offeso, riuscì a ucciderlo solo con l’inter- l’allontanamento dei nemici dalle loro terre. Ecco perché le mi-
prendendo il ruolo che era del ca- vento magico di alcuni druidi. grazioni hanno caratterizzato da sempre la Storia dell’umani-
tà, soprattutto nel continente eurasiatico.

28
La razzia è da considerarsi dunque la forma di guerra tradi- ni sconfiggendo uno per uno, a singo-
zionale più praticata in tutte le società di piccola scala miglia- lar tenzone, i campioni della coalizione La grande razzia,
ia di anni fa, quando ancora gli Stati non esistevano, ma an- meridionale. Táin Bó Cúailnge (Adelphi).
che oggi, in quelle società tribali che ancora vivono ai confi- Alla fine l’esercito dell’Ulster si or- Il mondo fino a ieri,
ni del mondo moderno organizzato così come lo conosciamo. ganizza e vince le sue debolezze. Una di Jared Diamond (Einaudi).
Non dobbiamo pensare però che i raid fossero azioni in- battaglia campale pone fine alla raz-
cruente, al contrario. Anche se i numeri sono, per l’antichità, zia, per quella volta, per quella stagione. Molte altre ne segui-
la protostoria o la preistoria, praticamente insondabili, pos- ranno in molti luoghi. E ancora oggi, così lontano nel tempo,
siamo avere un’idea della mortalità comparandoli a oggi: se le il racconto epico della razzia della regina Medb e del suo leg-
guerre moderne su larga scala producono o hanno prodotto gendario avversario Cú Chulainn ci narra con profetica preci-
quantità immense di morti (durante il secondo conflitto mon- sione un conflitto e una divisione tra Irlanda del Sud e Ulster
diale se ne calcolano tra i 60 e gli 80 milioni), apparentemen- che tuttora non sembra trovare soluzione. d
te imparagonabili con i numeri dei piccoli conflitti tribali, la Giorgio Albertini
percezione cambia se valutiamo tali perdite percentualmente,
in relazione al lungo periodo e alla totalità della popolazione. GUERRIERO DI MEDB
Per fare un esempio, la percentuale media di mortalità du- I combattenti irlandesi erano
rante il secolo scorso per nazioni come la Germania e la Rus- divisi in compagnie: quella
sia (le più colpite da perdite) è stata dello 0,15 o 0,16% (15-16 di ceto più elevato aveva un
lungo mantello porpora e
morti per 10.000 abitanti) a fronte dell’1% delle guerre triba-
tuniche bordate di rosso. Senza
li dei Dani del Borneo, dei Dinka del Sudan o di cifre ancor armatura, si difendevano con
più alte, fino al 7% di altri popoli tradizionali. Questo perché scudi ricurvi e lunghe lance. La
nelle società moderne la guerra è una drammatica eccezione, foggia dei capelli rispecchiava
mentre nelle società arcaiche e tradizionali è una consuetudi- lo status del guerriero: una
delle compagnie menzionate li
ne stagionale, se non perpetua. E proprio per il suo inserirsi in
portava alle spalle.
questo ciclo di consuetudini guerriere il racconto della “gran-
de razzia del bestiame” è emblematico in tutti i suoi aspetti.
Torniamo quindi al grande
esercito irlandese, già pronto sulla piana di Cruachain,
che però non si muove fino a quando i druidi non perce-
piscono un segno propizio. Questo giunge solo 15 gior-
ni dopo la festa di Samhain.
Tutto il mondo antico è fondato sui segni e per tutta la
razzia saranno i segni a scandire le azioni. Iscrizioni propi-
zie o intimidatorie in antichi alfabeti vengono incise ovun-
que lungo il cammino: a volte sono le teste mozzate dei ne-
mici che servono da monito, altre volte basta un ramoscello
spezzato per far presagire la morte di qualcuno.
Nonostante i continui e annunciati pericoli, si continua il
viaggio, si corrono i rischi per assicurarsi il bottino e lo si fa
portandosi dietro le donne e i giovani, razziando, spoglian-
do e cacciando tutto quello che si trova lungo il cammino.
La forza e la sorpresa dell’incursione dell’esercito di
Medb lascia attoniti gli uomini del Nord, che sono inca-
paci di reagire, come prostrati da una malattia, forse sempli-
ce costernazione o paura. Solo l’Eroe può fermare i razziato-
ri, solo Cú Chulainn si solleva come baluardo contro i predo-

Le società tradizionali

N
elle società tradizionali che decine di individui appar- ossia a una società di migliaia
arcaiche la distinzione tenenti più o meno allo stesso di individui, in genere con un GUERRIERO
tra civile e militare non nucleo familiare. Un raggrup- governo centralizzato intorno a DELL’ULSTER
esiste, ogni uomo può svolgere pamento di bande, in genere un capo e ai suoi funzionari. I capi tribù del Nord
entrambe le funzioni, in de- intorno a un villaggio stanziale, Con il progresso. L’evoluzione differivano dai loro
terminati periodi della propria dà quindi origine a una tribù, delle chefferies porta allo Stato, vicini per le tuniche
vita o in specifici momenti dove le dimensioni del nucleo con decine di migliaia di sog- spesso più corte,
dell’anno. Anche la società è di- salgono a qualche centinaio di getti differenziati anche per ap- gli scudi più piccoli
visa come unità di un esercito: individui. partenenza etnico-linguistica, e le spade portate
G. ALBERTINI (2)

i nuclei minori sono le bande, L’unione di più tribù, di più vil- organizzati da una burocrazia sulle spalle. Le lance
formate da piccoli gruppi di po- laggi, dà origine a una chefferie, affine a quella moderna. avevano la cuspide
fiammata.
G. RAVA (2) INCURSIONI

I CONTENDENTI
Sopra, Giulio Cesare e i suoi
legionari equipaggiati con elmi
di tipo “Montefortino (con crista,
cioè le piume nere), lorica hamata
(corazza di maglia), gladio, pilum
(giavellotto) e scutum decorato
con il simbolo della propria
coorte. A destra,
guerrieri germani con spada
a doppio filo e asce da
combattimento.

30
ra le oltre duecento cause che gli studiosi hanno indi- isolate di guerrieri o di interi clan attratti dal benessere che ca-
viduato per motivare il declino e la caduta dell’Impe- ratterizzava l’Impero anche nelle sue zone di frontiera. In molti
ro romano, quella più gettonata è rappresentata dal- di questi casi la soluzione finale, che grossomodo faceva con-
le invasioni barbariche, che ne avrebbero progressi- tente ambo le parti, era di trasformare questi bellicosi indivi-
vamente sgretolato i confini ed eroso i territori. Ma per seco- dui in ausiliari dell’esercito romano, acquartierandoli insieme
li, almeno fino a Costantino il Grande, se non addirittura alla alle altre unità in territorio imperiale, oppure rispedirli oltre
grande migrazione gota cui seguì la funesta Battaglia di Adria- il Reno o il Danubio, facendone degli alleati, i cosiddetti “lae-
nopoli , più che di invasioni si trattò di infiltrazioni, incursioni ti”. Lo stesso Costantino e Diocleziano, inoltre, adottarono la
e raid a scopo prevalentemente predatorio, da parte di bande soluzione di suddividere le truppe imperiali in un esercito di
frontiera, i “limitanei”, acquartierati lungo i confini per respin-
Battaglia di Adrianopoli Si svolse nella provincia romana della Tracia (la regione più sudorientale gere le incursioni, e di campagna, i “comitatensi”, stanziati nel-
dei Balcani) il 9 agosto del 378 d.C. tra l’imperatore romano d’Oriente Valente e i Goti guidati da le province interne per fronteggiare le invasioni in profondità.
Fritigerno. Secondo lo storico Alessandro Barbero, la sconfitta dei Romani fece di questa battaglia
un evento bellico pari a Waterloo o Stalingrado: fu questa a determinare la fine di un impero dura- C’è stato tutta-
to mille anni, e non la deposizione di Romolo Augustolo nel 476, che ratificava soltanto la resa di via un tempo in cui era Roma a compiere incursioni in territo-
Roma ai barbari, iniziata un secolo prima ad Adrianopoli. rio nemico, soprattutto a scopo dimostrativo e intimidatorio.
Accadeva nei tempi arcaici, quando l’Urbe guerreggiava con le bre incursione da proconsole in Gallia, facendo di lui il primo
città laziali come Veio, Anzio, Fidene, Satrico; poteva capita- condottiero romano a varcare il Reno e a operare in Germania.
re che avessero luogo battaglie campali o assedi, ma il più del- Si era alla fine del 56 a.C. quando Cesare apprese che una
le volte si trattava di veri e propri raid per sottrarre risorse al massa di 430.000 anime di popoli germanici, gli Usipeti e i Ten-
nemico, in prevalenza greggi e mandrie. Nella fase espansiva cteri, aveva fatto irruzione in Gallia per sottrarsi alla più poten-
della Repubblica, poi, l’iniziativa era affidata soprattutto ai sin- te tribù dei Suebi e domandava asilo. Il proconsole stabilì che si
goli governatori, proconsoli o propretori di una provincia, che insediassero al di là del Reno, nel territorio degli Ubi, alleati dei
spesso senza neppure consultare il Senato compivano incursio- Romani. Ma mentre attendeva i loro rappresentanti per sanci-
ni nei territori non ancora soggetti all’Urbe, per scatenare con re l’accordo, le avanguardie di cavalleria dei due schieramenti
un pretesto una guerra ed essere ricordati come conquistatori, si incontrarono in pieno inverno nei pressi dell’accampamento
o anche solo per approfittare del loro mandato per arricchirsi. barbarico, nella zona di Xanten, tra il Reno e la Mosa, e qual-
Anche Giulio Cesare non cuno attaccò briga. Gli ausiliari galli che costituivano il contin-
sfuggì a questa regola quando agì da propretore in Spagna. Mo- gente romano tornarono da Cesare lamentando una settanti-
lestò i Lusitani e fece loro guerra tornandosene a Roma abba- na di caduti, e Cesare si convinse che i Germani stessero solo
stanza ricco da appianare i suoi enormi debiti. Ma perlomeno prendendo tempo in attesa del grosso della loro cavalleria, an-
curiosa è la vicenda che lo spinse a compiere la sua più cele- data a far bottino al di là della Mosa; quando gli ambasciatori
germanici vennero al suo campo prodigandosi in scuse, li fece
imprigionare e inviò i suoi uomini a fare strage della loro po-
polazione. I legionari non risparmiarono nessuno, e i fuggiti-
vi finirono nel fiume, dove furono trascinati via dalla corrente.
Il Senato biasimò il comportamento di Cesare, e ci fu perfino
un’inchiesta, a Roma, promossa da Catone ma poi insabbiata
dagli amici del proconsole. A ogni modo il condottiero, mes-
so in discussione, si sentì in dovere di connotare la campagna
con qualche impresa più memorabile e scelse di oltrepassare il
Reno: “Vista la frequenza con la quale i Germani venivano in-
dotti a passare in Gallia, volle che cominciassero a temere per
se stessi, facendo loro comprendere che l’esercito del popolo ro-
mano poteva e osava attraversare il Reno”, scrive di se stesso
nei suoi Commentari.
È a questo punto che emerge l’altra faccia di Cesare: non
quella dell’individuo privo di scrupoli, disposto a tutto pur di
conseguire i propri obiettivi, ma quella dell’uomo determinato,
brillante e geniale che è rimasto ben impresso nell’immaginario
collettivo. Doveva essere un’incursione a scopo dimostrativo,
non una campagna di ampio respiro; pertanto rinunciò ad at-
traversare il fiume trasportando l’esercito su battelli, ritenen-
do che “non convenisse alla sua dignità e a quella del popolo
C. GIANNOPOULOS (2)

romano”; decise invece, probabilmente per ottenere un effet-


to più spettacolare, di far costruire un ponte sul Reno nella zo-
na a sud di Coblenza, dove il fiume è largo 400 metri e profon-
do tre. I suoi legionari glielo approntarono nel mese di luglio
in soli dieci giorni, dopo i quali il proconsole entrò in Germa-
nia con un’armata di cui si ignora la consistenza. Marciò ver-
so il territorio dei Sugambri, che si diceva avessero accolto gli
scampati all’eccidio di Usipeti e Tencteri, ma non vi trovò nes-
suno: i Germani avevano sgombrato le loro sedi non appena
avevano appreso della costruzione del pon-
GUERRIERO CELTICO te e si erano nascosti nei boschi. Ne appro-
Un Gallo con spada, scudo piatto, fittò pertanto per incendiare tutti i villaggi
framea (una lunga lancia) e giavellotto.
e tagliare il grano, poi sostò presso gli Ubi,
Indossa il torque, la collana celtica,
che indicava lo stato di uomo libero, e che gli avevano chiesto aiuto contro i Sue-
i calzoni, ma pare che combattessero bi. Ma anche questi ultimi, venne a sapere,
soprattutto nudi. Si acconciavano i si erano dati alla macchia, radunando tut-
capelli con acqua di calce per sembrare ti i guerrieri per affrontarlo in una batta-
demoni della foresta. La spada era
glia campale. Cesare, a quel punto, dovet-
solitamente per l’élite.
te essere tentato di conseguire una gran-
Il ponte di Cesare sul Reno

MONDADORI PORTFOLIO/AKG-IMAGES
C
osì Cesare descrive la quella fra le travi che formavano la palafitte, perché da sotto come arieti
costruzione del ponte sul coppia, erano tenute lontane all’e- e congiunte a tutta la costruzione
Reno nel suo De bello gal- stremità da due caviglie ciascuna si opponessero alla forza del fiume,
lico: “Stabilì di costruire un ponte dall’una e dall’altra parte; essendo sia egualmente a monte del ponte a
in questo modo: collegava, a due queste travi divise e assicurate dalle breve distanza altre venivano pian-
alla volta, lasciando tra esse un parti opposte, tanto grande era la tate, affinché se tronchi d’albero o
intervallo di due piedi, travi spesse solidità dell’opera [...] che quanto navi fossero mandati dai barbari per
un piede e mezzo, con una punta maggiore era la violenza dell’ac- abbattere la costruzione, la violenza
breve e acutissima, commisurate qua, tanto più strettamente le travi dell’urto di tali oggetti fosse
alla profondità del fiume. Dopo erano tenute ferme”. ridotta da queste difese”.
che queste travi furono calate per Che ingegneri! Cesare spiega
mezzo di argani, piantati nel fiume ancora nel dettaglio il lavoro dei
e confitti con la mazza, non ritte a genieri romani: “Queste venivano
perpendicolo come palafitte, ma collegate mediante legni disposti
inclinate in avanti e oblique come sopra per lungo e coperte di tavole
il pendente di un tetto, in modo che e graticci; a valle del fiume veni-
si inclinassero nel senso della cor- vano piantate per traverso delle
rente, ne faceva piantare altri due,
opposte a queste, collegate nello
stesso modo, a una distanza di DOMINARE
quaranta piedi misurata alla base, LA NATURA
voltate contro la corrente e la forza Il ponte fatto costruire
del fiume. Entrambe queste coppie da Cesare in 10
di travi, collocatevi sopra giorni nel 55 a.C. e
altre travi spesse due abbattuto una volta
piedi, distanza pari a riattraversato il fiume.

de vittoria in territorio germanico, ma forse non aveva porta-


to con sé un numero sufficiente di legioni per affrontare uno
scontro con la certezza di vincerlo. Pertanto, promise agli Ubi
che li avrebbe aiutati in futuro, se ne avessero avuto bisogno, e,
“avendo realizzato gli scopi per i quali aveva stabilito di porta-
re sull’altra riva l’esercito, cioè incutere timore ai Germani, pu-
nire i Sugambri, liberare gli Ubi dalla pressione dei Suebi”, do-
po diciotto giorni di permanenza in Germania se ne tornò in
Gallia, facendo tagliare il ponte perché non se ne valessero gli
incursori. In realtà, aveva fretta di essere considerato non so-
lo il primo romano ad aver messo piede in Germania, ma an-
che in Britannia , alla volta della quale veleggiò prima che ar-
rivasse l’autunno del 55 a.C., per un’altra azione dimostrativa
di pura propaganda.
Esattamente mezzo mil-
lennio dopo, le parti si erano invertite e i Romani svolgevano
il ruolo che era stato di Sugambri, Usipeti e Tencteri, mentre
i Germani varcavano i confini a loro piacimento, come aveva
fatto Cesare. Tra i tanti, lo avevano fatto in massa i Vandali, che
nel 406 d.C. erano passati in Gallia, tre anni dopo in Spagna e
nel 429 in Africa con l’intera popolazione. Una volta creato e
consolidato un regno nel continente nero, con capitale Carta-
gine, questo popolo capace di passare dal Baltico
L’ALLEATO DI ROMA alla Tunisia, e di trasformarsi da terrestre in ma-
Uno dei cavalieri galli romanizzati rinaro, da migratore si fece incursore diventando
(equites) del I sec. a.C. che, a differenza un modello di pirateria con le sue incursioni chi-
degli altri Galli, combattevano per rurgiche, settoriali, e una costante spina nel fian-
Roma, anche se ripuliti di barba e
capelli lunghi. Indossa un elmo di tipo
co per entrambe le partes in cui si era diviso l’Im-
Agen-Port e un mantello blu scuro. pero. Merito del loro re Genserico, il figlio bastar-
do e sciancato del precedente sovrano vandalo,

Britannia Due furono le campagne militari di Giulio Cesare in Britannia, nel 55 e nel 54 a.C. Nella
prima riuscì a sbarcare nel Kent, venne attaccato, riuscì a sconfiggere i Britanni, ma poi dovette riti-
rarsi. Nella seconda invasione si avvalse invece di una flotta e di forze ben più consistenti, andando
a scontrarsi con il capo dei Britanni Cassivellauno, sconfiggendolo.

33
USIPETI Contro i Germani

P
TENCTERI rimo comandante romano in terri-

Re
torio germanico, nel 55 a.C. Giulio

no
GERMANIA
Cesare attraversa il Reno a sud di
Coblenza e si dirige nel territorio del
GALLIA Sugambri, che le sue legioni mettono
BELGICA a ferro e fuoco con l’obiettivo di punire
quel popolo per aver ospitato i fuggitivi
Usipeti e Tencteri.
Una spedizione breve. Poi muove pres-
SUGAMBRI so gli alleati Ubi, per difenderli dalle
scorrerie dei Suebi. Ma non riesce a dare
G. ALBERTINI (2)

battaglia al nemico, datosi alla macchia,


e dopo 18 giorni torna a varcare il Reno
NI
facendo tagliare il nuovo ponte perché
non se ne valgano gli incursori.
MA

UBI
RO
no
Re

GALLIA
C E LT I C A

SUEBI

IL VANDALO
Cavaliere vandalo del V sec. d.C. È un
draconarius, ovvero un alfiere, e il suo
equipaggiamento mostra elementi
germanici (spada e pugnale, corazza a
maniche corte ed elmo con umbone a
spillo) ed eurasiatici: lo stendardo
di origini sarmate, con manica
a vento a forma di
drago, i calzoni,
la protezione
lamellare per
il torso e lo
che fino alla fine della sua lunga vita – morì nel proprio letto a spangenhelm
quasi ottant’anni – condusse personalmente incursioni lungo (l’elmo conico).
tutte le coste del Mediterraneo, senza mai lasciar presagire do-
ve avrebbe colpito. I suoi raid erano talmente imprevedibili che
solo in un’occasione, alle foci del Garigliano, i Romani si fecero
trovare pronti a ricevere le sue colonne di Vandali e Mori e a
ricacciarle in mare. Ma per il resto, Grecia e Italia, in par-
ticolare, vissero per decenni nel terrore di veder appari-
re le vele barbariche lungo le coste. Si diceva che Gen-
serico non decidesse la sua meta finché non saliva sul-
la sua ammiraglia, per poi limitarsi ad assecondare la
direzione del vento.
In realtà, il re vandalo sapeva bene ciò che faceva e sce-
glieva con estrema attenzione il suo obiettivo, preferen-
do colpire i settori dell’Impero che sapeva indeboliti da
qualche circostanza. Ciò è tanto più vero se si considera il più
C. GIANNOPOULOS (2)

celebre e proficuo dei suoi raid, quello su Roma: nell’Urbe, infat-


ti, regnava il caos dopo l’assassinio dell’ultimo esponente della
dinastia teodoside, Valentiniano III, che aveva a sua volta ucci-
so il generale supremo dell’Impero, Ezio, il solo che avesse sapu-
to tenere a bada Genserico. Il trono se l’era comprato il se-
natore Petronio Massimo, che aveva sposato l’imperatri-

34
N I E C ON Q U I ST E
I barbari a Roma U R SI O DE I
IN C
Treviri
Oceano VA
Atlantico GALLIA N

I
Vandali muovono dal Baltico verso sud,

DA
stanziandosi per secoli nell’Europa

L
Centro-Orientale contesa ai Goti.
NORICO

I
Di lì muovono a ovest, varcando il
confine dell’Impero romano nel 406
d.C. con Suebi e Alani, ed entran- PANNONIA
do in Spagna nel 409.
Vent’anni dopo. Il loro re Genseri- Milano Ravenna
co trasferisce il suo popolo in Afri-
AQ U I TA N I A
ca. In pochi anni soffia a Roma Maure-
tania, Tingitania, Numidia proconsolare, Arles
Zeugitania e Bizacena. Costituito un Tolosa
regno assoggettando Romani e Mo-
ri, aggredisce gli Imperi d’Oriente e Roma
d’Occidente in Italia e Grecia.

SPAGNA ROMANA
(HISPANIA)
Mar Tirreno
Cartagena
Siviglia
Ippona Capo Bon
Tarifa Cartagine

IL ROMANO ce vedova Eudossia; erano in molti a pensare che ne fosse inde-


Cavaliere tardo-romano del 400 d.C. gno, forse perfino la stessa moglie, cui una tradizione posteriore
con armamento pesante: corazza di ha ascritto la responsabilità di aver chiamato i Vandali a Roma.
ferro muscolare e pterugi (frange di
cuoio per proteggere le gambe), hasta Come suo costume, Genseri-
(lunga lancia) e spatha co fu rapidissimo; i Romani vennero a sapere della sua parten-
equitata (spada lunga da za da Cartagine quando già il Vandalo si trovava in procinto di
usare a cavallo), cassis attraccare a Portus, il porto dell’Urbe. A quel punto l’imperato-
(elmo) e scudo ovale. re Petronio Massimo, invece di organizzare la difesa, proclamò
il “Si salvi chi può”. Essendo stato il primo a tentare la fuga, fu
giustiziato dai soldati non appena uscì dal palazzo imperiale. Il
31 maggio del 455 d.C., solo pochi giorni dopo la sua esecuzio-
ne, i Vandali e i Mori a loro soggetti si incamminarono lungo la
Via Portuense alla volta della città rimasta indifesa.
Ancora una volta, come con Attila pochi anni prima, fu il papa
Leone a trattare con il capo barbarico, ottenendo un saccheggio
perlomeno incruento. Genserico mantenne la parola, e i suoi
uomini si limitarono ad asportare tutto il possibile, con un sac-
co sistematico di case private ed edifici pubblici. Dopo due set-
timane, una lunga fila di carriaggi ricolmi di ogni ricchezza e di
ostaggi faceva ritorno alle navi. I Vandali arrivarono ad aspor-
tare il tetto di bronzo dorato del tempio di Giove e il tesoro del
Tempio di Gerusalemme, trafugato da Tito, e si portarono die-
tro gente del calibro dell’imperatrice vedova con le sue due fi-
glie. Sparirono com’erano venuti, dando l’impressione di aver
assolto una pura formalità.
Pur già anziano, Genserico sarebbe addirittura sopravvissu-
to alla caduta dell’Impero romano
d’Occidente. Roma, invece, sarebbe
stata costretta a subire un altro sac- L’ultima battaglia dell’Impero
cheggio solo 12 anni dopo, e a opera romano, di Andrea Frediani, con
proprio delle truppe imperiali che le tavole di Giorgio Albertini. Chi
avrebbero dovuto difenderla. d diede il colpo di grazia all’Urbe?
Genserico è fra gli indiziati.
Andrea Frediani

35
INCURSIONI

A SORPRESA
Incursori vichinghi sbarcano sulla costa
dell’Inghilterra nell’VIII secolo. La loro
imbarcazione era il drakkar, dal profilo
stretto e slanciato. Sopra, riproduzione
dell’elmo di Gjermundbu, proveniente da
una tomba norvegese, con visiera a occhiale.
ome serpenti d’acqua, simili a mo-
stri marini antidiluviani dalle fau-
ci spalancate, i drakkar vichinghi
avanzavano tra le on d e nere d el
Mare del Nord. Gli esploratori guardavano
verso occidente, verso la riva deserta indi-
stinguibile dal mare, quando ancora la lu-
ce del mattino non permetteva di vederne
le frastagliate spiagge di ghiaia e le picco-
le falesie. Era l’8 giugno del 793 secondo
il calendario giuliano e i monaci dell’iso-
la di Lindisfarne ancora non immaginava-
no quanto stava per accadere: i presagi che
avevano riempito le settimane precedenti si sarebbero avvera-
ti proprio quella mattinata.
Sulla costa nord-orientale dell’Inghilterra, nelle terre del re-
gno anglosassone di Northumbria, un monastero di confine,
perso su un pezzo di terra che diventa isola due volte al gior-
no con l’alta marea, testimoniava una fede evangelizzatrice che
ancora si confrontava con i residui di culture pagane. A Lin-
disfarne riposavano i resti del santo patrono di quella regio-
ne, Cutberto. Ciò ne faceva una meta tra le più importanti del
mondo cristiano, sicuramente il luogo più santo nell’Inghil-
terra dell’VIII secolo. Un monastero e un centro abitato signi-
ficavano ricchezza in un mondo ancora così poco urbanizza-
to e “barbarico”. Una ricchezza la cui notorietà aveva eviden-
temente travalicato le acque che separavano l’isola britannica
dalle coste della Norvegia.
Quando dalla scogliera videro on-
deggiare le teste di drago intagliate nella quercia sulle prue del-
le lunghe e sottili navi, ai monaci che vivevano in quelle sem-
plici strutture di pietra grigia dovettero essere subito chiare le
ragioni delle terrificanti apparizioni di fulmini a ciel sereno e
di draghi volanti che li avevano funestati precedentemente.
Urlanti, coperti di semplici cotte di maglia di ferro o di giacche
trapuntate, con calzoni che fasciavano le gambe stretti fino al-
le caviglie, brandendo asce o spade sopra le loro teste, i Vichin-
ghi norvegesi facevano il loro terrificante ingresso sulla scena
mondiale come grandi star, inaugurando una lunga stagione di
conquista e incursioni.
Un piccolo numero di uomini, una banda tribale, senza co-
stumi esotici, senza fantomatiche quanto fantastiche corna su-
gli elmi, non certo un esercito ma risoluti, sicuramente prepa-
rati, abituati a un “gioco” che avevano già fatto a casa con i lo-
C. COLLINGWOOD

ro vicini. Quel giorno di giugno si erano solo allontanati un po’


di più (parecchio di più!) del solito dai confini usuali delle pro-
prie razzie. Era infatti prassi normale, come in tutte le culture

37
tradizionali di piccola scala (v. articolo sulle incursioni in Irlan-
da) praticare raid presso i clan vicini, per lo meno verso quelli
considerati nemici. Questo tipo di operazione aveva un termi-
ne in lingua norrena che ne definiva espressamente l’attitudine:
Strandhögg , il combattimento sulla spiaggia.
Proprio dalla spiaggia adiacente al monaste-
ro di Lindisfarne cominciò lo spietato saccheggio dei guerrie-
ri pagani. Invocando Odino, le lame delle asce vichinghe si ab-
batterono sui monaci e sui loro servi trucidandoli con una fe-
rocia da invasati. I giovani, gli abili al lavoro, le donne vennero
risparmiati e messi in catene, portati sulle navi per diventa-
re schiavi. Il bestiame sgozzato e macellato, gli edifici religio-
si saccheggiati. Tutto quello che era prezioso e trasportabile (e
tutto era prezioso per quelle società povere, anche un paio di
Stele di Lindisfarne (IX secolo) sandali usati o una tunica logora) veniva trascinato sulle navi
nota come “Pietra con meticolosa perizia. Un buon lavoro, lo si sarebbe defini-
GETTY IMAGES
del Domesday vichingo”,
il giorno del giudizio. to guardandolo con occhi disincantati e cinici. Forse un feno-
meno nuovo in quelle dimensioni ma, come abbiamo visto, già
sperimentato per secoli nei rapporti intertribali.
Tutto quello che non si poteva muovere o che non era rite-
nuto utile, i preziosi manoscritti per esempio, veniva devasta-
to e dato alle fiamme. Rapidamente si faceva terra bruciata; un
deserto di cenere e morte, una sottile striscia di terra lorda di
sangue dove solo gli animali saprofagi trovavano ristoro tra i
corpi dei monaci nudi e mutilati.
La prima razzia vichinga documen-
tata, quella che segna l’inizio della loro espansione, racchiude
in sé già tutte le caratteristiche di quella strategia. Non era co-
munque la prima volta che i pirati del Nord approdavano sul-
la costa inglese, accenni a loro incursioni si ritrovano in qual-
che cronaca, ma mai prima di allora identificati in modo pre-
ciso. Dopo Lindisfarne molte altre ne seguirono.
La razzia infatti era il nucleo dell’azione bellica di quegli an-
ni. Come nel mondo preistorico e protostorico, dopo i grandio-
si scontri degli imperi classici, il Medioevo tornava agli scon-
G. RAVA (2)

tri elementari. Semplici razzie o forse qualcosa di più, condotte


lungo i confini occidentali di un continente, l’Europa, che sot-
to assedio come un orso si chiudeva infastidita per difendersi al
meglio possibile dagli attacchi di un esercito di api. Razzie insi-
nuanti che correvano dalla periferia fino a zone centrali, dal-
le regioni di confine mal difese fino alle poche città soprav-
vissute al crollo dell’Impero romano.
Tra VIII e XI secolo l’Europa, che dai confini di Roma im-
periale si era ormai allargata fino alle terre dei Germani, su-
bì un’ondata di invasioni che si caratterizzarono per l’esaspe-
razione di quella pratica guerresca primaria che è la razzia.
A differenza dei popoli, chiamati barbari dal mondo classico,
che tra II e V secolo migrarono verso occidente con famiglie
IL CAROLINGIO
Fante carolingio dell’VIII secolo,
e masserizie per sfuggire ad altre aggressioni e trovare nuove
simile a quelli che difesero terre, le genti che assaltarono l’Europa cristiana nel cuore dei
Parigi dai raid vichinghi. secoli bui medievali lo fecero senza intenti politici di domina-
Coperto da una corta cotta di zione né ricercando terre in cui spostarsi, bensì per pura atti-
maglia, impugna una grande vità predatoria e motivi sostanzialmente economici.
spada simmetrica a due tagli
e uno scudo tondo in legno e Strandhögg Genere di incursioni marine da fiordo a fiordo che nei secoli di formazione della
pelli conciate rinforzato da un cultura vichinga ne determinarono la prassi e la cementarono come naturale scuola di rapina e
umbone e da ribattini in metallo. dimostrazione di coraggio.

38
Prima ondata di incursioni vichinghe
Seconda ondata
ISOLE

G. ALBERTINI
S H E T L A N D Bergen
NORVEGIA
Kaupang

SVEZIA

SCOZIA

Mare del
DANIMARCA
Lindisfarne
Nord
Jarrow Hedeby
IRLANDA Amburgo
York
Dublino
Limerick I N G H I LT E R R A
GALLES
Londra
Cork
Gand

Amiens
Parigi SACRO
Rouen R OMANO
Bayeux
IMPERO
Nantes Orléans
Oceano
Atlantico

AQ U I TA N I A
Luni

Santiago
ASTURIE

Toledo

AL-ANDALUS

Siviglia

Invasioni nordiche

T
atticamente ben orga- a espandersi in Islanda e nel gio di Lindisfarne, nel 793. Ma IL VICHINGO
nizzate, le incursioni Principato di Kiev, dove si in- già nel IX secolo erano pene- Guerriero con cotta di
vichinghe partirono da sediarono, nelle isole britanni- trati nel Kent, in Gallia, ave- maglia di ferro, spada
Norvegia, Svezia e Danimarca che, in Irlanda, nel nord della vano invaso Siviglia e persino con elsa cruciforme,
già dalla fine dell’VIII secolo e Francia e dei Paesi Bassi. Pisa. I guerrieri del nord (altro scudo di legno, leggero,
andarono avanti fino all’Anno Ruolino di marcia. La prima a nome dei Vichinghi), fecero ascia a due mani per il
Mille e oltre per conquistare essere invasa fu la Northum- anche una scorreria a Luni e corpo a corpo e casco a
territori e aprire così nuovi bria, sulla costa nord-est dilagarono nell’Italia del Sud e cupola con nasale. Aveva
mercati. I Vichinghi riuscirono dell’Inghilterra, con il saccheg- in tutto il Mediterraneo. anche l’arco (usato sia nella
caccia che in battaglia).
CORBIS PREDONI
Raid norvegese sulle coste
irlandesi, più o meno
La base formativa
quello che accadde a del guerriero: il clan
Lindisfarne l’8 giugno 793,

I
l segreto del successo delle bande vichin-
quando i guerrieri del nord
ghe stava essenzialmente nella formazio-
attaccarono l’abbazia.
ne del carattere che il contadino-guerriero
scandinavo acquisiva durante gli anni della
giovinezza e poi teneva allenato con il lavo-
ro e la guerra. Oltre alle necessarie capacità
manuali e fisiche, anche alcune qualità mo-
rali erano ritenute indispensabili. Come mol-
te società arcaiche anche quella vichinga era
basata sui legami familiari, sul nucleo allar-
gato in modo esteso ai cugini di vario grado,
anche molto lontani che condividevano un
antenato comune, spesso mitico.
In famiglia. Tutto si basava sul clan, che in
antico norreno veniva definito œtt. La fe-
deltà ai legami di sangue era il cemento per
ogni azione militare che imponeva ai mem-
bri di un clan di difendersi vicendevolmente
e di celebrarne l’onore con coraggio e de-
strezza ma anche con virtù non propriamen-
te definite guerresche come poesia e canto,
che servivano a tramandare le esperienze
pratiche del passato. Qualità utili erano an-
che la disonestà e la malizia. Soprattutto, si
riteneva importante prendersi gioco del ne-
mico, che andava sbeffeggiato e terrorizzato
oltre che vinto.

Isole, di Norman Davis (Bruno


I razziatori di questi secoli sono noti: za, si trattava di piccoli imprenditori Mondadori), anche su Google
i Saraceni da sud, attraverso le rotte del Mediterraneo e lungo le della razzia con un briciolo di volon- Books. Storia di Inghilterra,
Irlanda Scozia e Galles e della loro
coste italiane, della Francia Meridionale o delle isole; gli Ungari tà di autopromuoversi. invasione a opera dei Vichinghi.
da est correndo a cavallo lungo le pianure alluvionali dei grandi Le caratteristiche principali d ei
fiumi come il Danubio, il Reno e il Po; i Vichinghi da nord, dal- raid erano soprattutto la velocità dell’azione e la sorpresa: po-
la Norvegia e dalla Danimarca, lambendo le coste settentriona- co altro importava, anche il numero non era determinante. Si
li dell’Europa e infilandosi, attraverso gli estuari oceanici, lungo è calcolato che fosse molto comune organizzare un raid anche
i fiumi navigabili. Tre secoli di “guerra allo stato puro” per cita- solo con una nave. Eppure, bastava anche un unico drakkar a
re il medievalista Aldo Settia, dove l’unico scopo era quello pri- scatenare il panico nell’intera società stanziale europea, per-
mordiale della rapina o della sopravvivenza, a seconda da do- fino alla corte di Carlomagno o nella sede papale nella lonta-
ve lo si guardava. nissima Roma, proprio come oggi l’azione di un singolo uomo
Strategicamente parlando tali operazioni erano di natura bomba che si fa esplodere in una metropolitana muove giusta-
molto semplice, frutto dell’istinto. Si partiva con poche scor- mente all’orrore l’opinione pubblica mondiale.
te alimentari prese dalle fattorie, abbastanza per sopravvive- La strada comunque era aperta. Da quel
re una settimana o poco più. Era essenziale, per quelle econo- momento in poi, per tutto il IX secolo fu un ripetersi di incursio-
mie primitive, non impoverire troppo le riserve di cibo di co- ni piratesche lungo l’Inghilterra Settentrionale, la Scozia e l’Ir-
munità sempre a rischio di carestia. Più tardi, con l’estensione landa, per allargarsi poi al litorale nord-europeo, lungo il cor-
di queste operazioni a un raggio più lungo, a una prospettiva so dell’Elba e della Senna fino alle grandi città francesi: Rouen,
più complessa dove la visione strategica diventava anche poli- Chartres, Tours, Parigi. Ma i Vichinghi dilagarono anche verso
tica e coloniale, comandata e decisa da autorità più alte, qua- il Portogallo, la Spagna Meridionale, il Nord Africa e le coste ita-
li principi o re, i problemi di rifornimento si attenuarono gra- liane. Nel nostro Paese è rimasta memoria di un attacco vichin-
zie alle scorte più ampie di quelle organizzazioni proto-statali. go alla città di Luni, vicino all’odierna La Spezia.
Ma per le prime razzie era necessario ottenere un risultato po- La grande stagione delle razzie tribali cedette il posto a una vi-
sitivo che non mettesse a rischio il rientro stesso dei predoni. sione politica più a lungo raggio, in mano ai monarchi danesi o
A dirigere queste razzie erano in genere capi minori, potrem- ai grandi feudatari norvegesi. Le dimensioni degli eserciti cam-
mo definirli capi tribù o capi clan, semplici signori locali. Erano biarono e la durata delle scorrerie divenne più simile a spedizio-
poco più che autorevoli proprietari terrieri che organizzavano ni militari mosse da impulsi colonizzatori: intere aree venivano
i propri uomini, i parenti prossimi e i lavoratori delle loro ter- occupate e il loro ceto dirigente rimpiazzato. d
re, e li conducevano oltre il mare, cioè a occidente. In sostan- Giorgio Albertini

40
WARS APPUNTAMENTI

TROVIAMOCI A
A cura di Lidia Di Simone

itorna la fiera di militaria di-


ventata ormai appuntamen-
to fisso per gli appassiona-
ti di collezionismo. Per la sua
edizione autunnale Militalia ha messo
come al solito tanta carne al fuoco: per
iniziare, la mostra mercato Culter Ex-
po dedicata a tutti i tipi di coltelli, poi
ci sono in programma la 3 a Rassegna
Nazionale d el Softair Military Army
Vehicles, con i mezzi militari da colle-
zione, e la 2a Borsa del Turismo storico
militare, dedicata all’Europa del 1914.
Anche stavolta non
mancheranno i gruppi di reenactement
e gli stand di modellismo, i wargame e
l’editoria specializzata. Ci saremo an-
che noi di Focus Storia Wars. L’appunta-
mento è a Milano, dall’1 al 2 novembre,
presso il Parco Esposizioni di Novegro,
vicino all’aeroporto di Linate. d

• •
www.parcoesposizioninovegro.it/militalia
e-mail: militalia@parcoesposizioninovegro.it

ARCHIVIO (3)
Telefono: 02 70200022
• •

LA FIERA
Dall’alto, alcune foto
scattate nelle passate
edizioni di Militalia,
con i mezzi storici, gli
stand degli espositori,
gli appassionati e i
tanti curiosi e, molto
apprezzati, i reenactors
nelle divise d’epoca.
LIDIA DI SIMONE (2)

41
INCURSIONI

IL
FRANCIS DRAKE DISSE DI AVER BRUCIATO
LA BARBA DEL RE DI SPAGNA.
IL SUO RAID SULLA COSTA SPAGNOLA
SCALA

FU BREVE, MA ANTICIPÒ LA DISFATTA


DELL’INVINCIBILE ARMATA

ercoledì 19 aprile 1587, verso le 4:00 del pome- Quel pomeriggio Francis Drake aveva
riggio, nella città di Cadice, arroccata sul pro- con sé 24 navi con a bordo circa 3.000 uomini. Come spesso
montorio sovrastante l’ingresso del porto, re- gli era accaduto nella sua carriera, imbarcazioni e forze al suo
gnava un’aria di festa. Le osterie erano gremi- comando erano il frutto di una joint-venture tra lui, la regina e
te. Il sole primaverile illuminava le tegole rosse dei tetti e i muri alcuni finanziatori privati. Il maggiore investitore, in quell’oc-
bianchi delle case. All’improvviso, una lunga fila di navi pro- casione, era stata Elisabetta I, che aveva fornito poco più di un
veniente da nord-ovest apparve all’orizzonte. Si avvicinarono migliaio di uomini e le navi di maggiore stazza: l’ammiraglia,
minacciose all’imboccatura della rada. Non avevano vessilli o l’Elisabeth Bonaventure, tre galeoni e due pinacce . I galeo-
insegne di riconoscimento. Sul cassero della nave ammira- ni erano il Golden Lion, di 550 tonnellate, con a bordo il vice-
glia un uomo robusto, di bassa statura scrutava attentamente ammiraglio, William Borough; il Dreadnought, di 400 tonnel-
la costa. Aveva capelli castani, viso allungato, barba curata sa- late, agli ordini di Thomas Fenner, vecchio amico di Drake; il
gomata a punta, baffi all’insù. Era Francis Drake, lo straordi- Rainbow, di 500 tonnellate, varato solo alcuni mesi prima, al
nario self made man divenuto il più celebre corsaro della re- comando di Henry Bellingham. Il maggiore contributo in navi
gina Elisabetta I d’Inghilterra. Le sue leggendarie gesta aveva- e uomini, dopo quello della sovrana, gli era pervenuto da una
no raggiunto ogni villaggio degli immensi domini di Filippo II cordata di commercianti londinesi, tra cui il ricco Thomas
di Spagna. Lo storico inglese John Stow, suo contemporaneo, Cordell, esponente di spicco della Levant Company, e i fratelli
avrebbe scritto di lui: “Fu famoso in Europa e in America quan- Banning, Paul e Andrew, che si erano messi a finanziare l’atti-
to Tamerlano in Asia e in Africa”. vità corsara sui mari dopo il crollo delle loro attività commer-
ciali con la Spagna. Avevano messo a disposizione di Drake
Cassero Sui grandi vascelli da guerra è il tratto di coperta che si estende dall’estrema poppa verso una dozzina di navi, tra cui alcuni grossi velieri come la Mer-
prora per un quarto circa della nave, coprendone tutta la larghezza, e l’albero di mezzana. Il termi-
ne deriva dall’arabo qasr, che, a sua volta, risale al latino castrum (castello, fortezza). Pinacce Velieri leggeri, con remaggio ausiliario, usati come unità esploratrici di forze navali.

42
DI SUA INCENDIARIO
Sir Francis Drake (1540
circa-1596), protagonista della
guerra di corsa contro la corona
spagnola e ammiraglio della
flotta britannica di Elisabetta I.
Sullo sfondo, gli inglesi
lanciano brulotti incendiari
(piccoli natanti carichi di paglia
e polvere da sparo) contro
l’Invincibile Armata di Filippo II.

THE GRANGER COLLECTION/ALINARI

Il tramonto della galea

l
l raid di Cadice ebbe riper- tedeschi pretesero tassi di in- cedente avevano consentito
cussioni in tutta Europa. teresse elevati. Ma erano stati alla Lega cristiana di trionfare
Il prestigio spagnolo fu scossi soprattutto la fiducia e il sui Turchi a Lepanto, ora erano
gravemente minato. Da quel morale degli ufficiali spagnoli. state pesantemente sconfitte
momento Filippo II incontrò Sconfitte. Regine incontra- dai velieri inglesi. Con l’aggra-
maggiori difficoltà a procurar- state della guerra navale nel vante che il combattimento
si il denaro per finanziare la Mediterraneo per tutto il Cin- si era svolto in acque interne,
progettata invasione dell’In- quecento, le tanto decantate condizione ritenuta ideale per
ghilterra perché i banchieri galee, che nel decennio pre- le unità a remi.
chant Royal, la Susan Bonaventure, la Edward Bonaventure e era difficile entrarvi. Scrutando dal cassero della sua ammira-
quasi 900 marinai. Completavano la squadra le quattro navi di glia, si rese conto che l’unico accesso sicuro era un angusto ca-
Drake e il White Lion del Lord Admiral Charles Howard, con nale, che però si trovava sotto il tiro dei cannoni della città. Ci
i loro uomini: 600 del primo e poco meno di 400 del secondo. voleva ben altro per scoraggiarlo. Approfittando di una brezza
Drake era salpato da Plymouth il 2 aprile. La sua partenza favorevole Drake fece alzare tutte le vele e manovrò per con-
aveva preceduto di poco l’arrivo sulla banchina di un corriere durre dentro il porto la sua squadra. Il vice ammiraglio Borou-
della regina latore di un urgente messaggio: con questo la so- gh rimase sbalordito da questa audacia e da tanta perizia. Por-
vrana poneva limiti alla sua azione corsara in alto mare e gli or- tare navi a vela in un porto ben difeso poteva essere un’ope-
dinava di non entrare nei porti spagnoli. Ma gli ordini di Elisa- razione suicida. Ma Drake confidava nell’elemento sorpresa.
betta I non pervennero all’ammiraglio, che pertanto non Doppiato il promontorio a nord della ra-
modificò il suo programma. da, gli si presentò uno spettacolo che avrebbe attratto qualun-
Superata una tempesta al largo di Finisterre , Drake inter- que avventuriero. Il porto esterno di Cadice (che ne aveva an-
cettò un mercantile fiammingo dal cui comandante apprese che uno interno) era gremito. Vi sostavano all’incirca 60 grandi
che a Cadice c’era un grande concentramento di navi spa- navi, quelle che si preparavano all’“impresa di Inghilterra” (l’in-
gnole. Il corsaro non conosceva quel porto. Sapeva solo che vasione dell’isola progettata da Filippo II). Alcune erano impe-
gnate nelle operazioni di carico o di scarico, altre attendevano
Finisterre Promontorio sull’Oceano Atlantico, nella parte nord-occidentale della Galizia.
di essere armate con i cannoni in arrivo dall’Italia; altre ancora
erano senza gli alberi nella scassa o con i pennoni ammainati.
Intanto alcune galee uscirono dirette verso la squadra in-
GLI INGLESI glese. Avanzarono in ordine di combattimento, basse e velo-
Ufficiale inglese accompagnato da
un valletto che gli porta lo scudo
ci sull’acqua, con i pezzi di prora puntati contro il nemico e gli
(venivano arruolati intorno agli 8 speroni di bronzo che scintillavano al sole. Drake si aspetta-
anni) e armato con un’alabarda. Il va quella mossa e fece subito sparare alcune bordate. Il mag-
capo ė protetto da un morione. gior peso dei proiettili dei cannoni inglesi e la loro più lunga
gittata fecero effetto. Rematori e soldati spagnoli caddero fal-
ciati dalle scariche dei galeoni inglesi. Colpite ripetutamente,
le galee invertirono la rotta in cerca di riparo. Delle dieci che
avevano sfidato baldanzose la flotta inglese, due andarono a
rifugiarsi nel porto interno, una si arenò, mentre le altre galee
si ritirarono dietro uno scoglio sotto la protezione dei canno-
ni del castello di Cadice.
A quel punto tutto il naviglio del porto esterno fu a portata
di mano di Drake. Gli inglesi erano come lupi pronti ad assali-
re un gregge di grasse pecore. Sulle poche navi spagnole in
condizioni di muoversi gli equipaggi tagliarono i cavi
delle ancore e tentarono la fuga. Alcune cozza-
rono l’una contro l’altra. Altre si incagliarono.
Un esiguo numero di piccole imbarcazioni cer-
cò un precario rifugio nel porto interno. Solo un
veliero tentò di combattere. Aprì il fuoco con tut-
ti i suoi 40 cannoni, ma i galeoni inglesi gli piom-
barono addosso facendolo a pezzi e lo colarono a
picco. Gli uomini di Drake lavorarono metodica-
mente sulle navi catturate: si divisero il bottino, lo
trasferirono sulle loro imbarcazioni e rimorchiarono
le carcasse vuote portandole fuori dal porto per incendiar-
le. Al tramonto, le navi di Filippo II, che sino a qualche ora pri-
ma erano tranquillamente all’ancora nel porto esterno di Ca-
dice, erano tutte affondate o rese inutilizzabili. Soltanto quelle
del porto interno, per il momento, si erano salvate.
Drake fece ancorare il grosso del-
la sua squadra fuori dalla portata delle batterie costiere. Intan-
to il suo galeone e altri tre della sua flotta andarono a coprirne
G. ALBERTINI (2)

il fianco pronti a respingere un eventuale nuovo attacco del-


le galee spagnole. Il vice-ammiraglio William Borough fre-
meva. Per lui l’obiettivo era stato raggiunto e bisognava al
Toccata e fuga
a Cadice

I
l 2 aprile Francis Drake
salpò con la sua flotta da
Plymouth. Il 19 di quello
stesso mese, verso le 16,
Porto S. Maria la squadra corsara inglese
1° comparve al largo di Cadice.
GI Vento a favore. Approfit-
OR
NO tando della brezza, penetrò
nel porto esterno della città
INGHILTERRA ricacciando e disperdendo

i
al
Porto esterno

nd
le galee spagnole avanzate

i fo
per fronteggiarla. Gli uomi-

ss
Plymouth

Ba
Porto Real ni di Drake saccheggiarono
Cadice e distrussero tutto il navi-

2° G I O
glio che vi era ormeggiato.
All’alba il corsaro piombò
nel porto interno di Cadice.

RNO
Anche lì razziò e incendiò
una dopo l’altra le navi
Porto interno spagnole e catturò il gigan-
tesco galeone del marchese
Oceano Atlantico di Santa Cruz.

LO SPAGNOLO
Uno degli archibugieri
SPAGNA spagnoli che venivano
utilizzati come
guarnigione nel porto e
anche come soldati
Cadice armati sulle navi.
Non indossavano
armatura, ma sotto al
G. ALBERTINI

cappello potevano
avere una
cervelliera
di metallo.

più presto levare le ancore e prendere il largo. Temeva che


se fosse calato il vento l’intera squadra non sarebbe stata in
grado di ripartire e avrebbe rischiato di rimanere intrappola-
ta nella rada esposta al fuoco dell’artiglieria di terra e delle ga-
lee. Ma Drake aveva altri piani. Durante l’attacco aveva intravi-
sto, nella selva di alberi e pennoni del porto interno, un enor-
me galeone appartenente al marchese di Santa Cruz, all’epo-
ca ammiraglio della flotta spagnola. Catturarlo e impadronirsi
del suo ricco carico avrebbe reso epica quell’incursione e riem-
pito le tasche sue e dei suoi finanziatori. Perciò, alle prime lu-
ci del giorno seguente, alla testa di una flottiglia di piccole im-
barcazioni, piombò nel porto interno e catturò il gigantesco le-
gno di 1.500 tonnellate. Anche lì, in quel più piccolo specchio
di mare, si ripeté la scena corsara del giorno prima. I marinai
inglesi, balzando a gruppi dai loro legni, saccheggiarono, de-
predarono e incendiarono una dopo l’altra le navi spagnole al-
lineate all’ormeggio.
In tutto Drake stette a Cadice soltanto 36 ore. Poche, ma suf-
ficienti per distruggere migliaia di tonnellate di naviglio ne-
mico. Catturò anche sei grossi mercantili carichi di derrate e
mandò in rovina una quantità ingente di materiale destinato
all’invasione dell’Inghilterra. Alle due del mattino del 21 apri- Francis Drake e la pirateria
le la brezza riprese a soffiare dolcemente verso terra. Drake ne inglese del Cinquecento, di
approfittò per raggiungere con la sua ammiraglia le altre navi Fabio Troncarelli (Salerno Editore).
in mare aperto e la flotta inglese si dileguò all’orizzonte. d La storia di un mito che seppe
diventare anche stratega.
Maurizio Corona

45
INCURSIONI

NELLE TERRE SELVAGGE DEL NORDAMERICA I RANGER AL


SVILUPPARONO UNA TECNICA DI COMBATTIMENTO

L’ASCIA e
lla metà del XVIII secolo i due più potenti Stati ufficiali al servizio del re d’Inghilterra, “chi ha soltanto esperien-
europei, Francia e Inghilterra, entrarono in con- za delle avversità e dei pericoli di una campagna in Europa dif-
tatto in America Settentrionale, nella regione tra i ficilmente può farsi un’idea di ciò che si deve compiere e soppor-
monti Appalachi e i Grandi Laghi attraversata dal tare in una guerra americana. Qui ogni cosa è terribile: l’aspet-
fiume Ohio e dai suoi affluenti. Nel luglio 1754 una prima se- to del territorio, il clima, il nemico. Non c’è ristoro per chi è sano,
rie di scaramucce si concluse con l’occupazione francese del- né sollievo per chi cade ammalato. Una desolazione immensa,
le Ohio Forks, il basso promontorio che domina la confluen- inospitale, insicura e traditrice li circonda; luoghi dove le vitto-
za tra i fiumi Allegheny e Monongahela, dove venne imme- rie non sono mai decisive, ma le sconfitte rovinose, e la semplice
diatamente costruito un forte, battezzato Duquesne in onore morte è la sfortuna minore che può capitare”.
del governatore del Canada; il governo di Londra decise allo- Anche i più
ra di inviare due reggimenti di truppe regolari – 44° e 48° Fan- induriti veterani delle battaglie europee restavano sconcertati
teria – a sostegno delle Tredici Colonie americane. Il compi- dalla violenza della petite guerre nordamericana: prigionieri
to assegnato al comandante del piccolo corpo di spedizione, torturati, civili sorpresi nelle loro fattorie e massacrati, donne
il generale Edward Braddock, era di espugnare Fort Duque- e bambini cacciati come prede. Gli scalpi appesi ai pali dei vil-
sne e riprendere il controllo della Ohio Valley: un’incursione laggi indiani erano la muta testimonianza del successo delle in-
ad ampio raggio attraverso una terra selvaggia, coperta di bo- cursioni volte a intimidire il nemico, a scoraggiare e respinge-
schi e priva di strade, per la quale le “giacche rosse” dell’eser- re i coloni, a impedire l’occupazione del territorio e lo svilup-
cito di Sua Maestà britannica erano del tutto impreparate, dal po di agricoltura e commercio.
comandante all’ultimo dei fucilieri. Anche nei primi anni di guerra, nonostante il numero
Braddock avanzò metodicamente, metro per metro, portan- crescente di battaglioni fatti affluire dalla madrepa-
do con sé una colonna di carri da trasporto. I francesi, assieme tria, le “giacche rosse” non riuscirono a garantire la si-
ai loro alleati indiani, ebbero il tempo di approntare una mi- curezza dei provinciali americani: l’iniziativa restava
cidiale imboscata poche miglia a sud di Fort Duquesne, sul- nella mani dei francesi e delle tribù irochesi loro alle-
la sponda destra del Monongahela: qui, il 9 luglio 1755, la fan- ate – più potenti e numerose di quelle rimaste dalla parte dei
teria britannica venne respinta con perdite gravissime, quasi britannici, appartenenti al gruppo orientale dei Mohicani –
senza riuscire a vedere il nemico che era al riparo degli alberi. che controllavano le vie d’acqua ed erano in grado di compie-
La disfatta subita da Braddock segnò l’inizio della lunga lot- re micidiali scorrerie oltre l’incerto confine delle Tredici Co-
ta tra Francia e Inghilterra per la supremazia in America Set- lonie. Mentre lord Loudoun, governatore generale della Vir-
tentrionale, che sarebbe stata decisa solo nel 1759 dalla vitto- ginia e responsabile delle operazioni militari, aspettava ordi-
ria del generale James Wolfe di fronte a Quebec : una guerra ni da Londra per dare avvio all’attacco contro la piazzaforte di
combattuta in molti casi da contingenti non numerosi, accom- Louisbourg (Nuova Scozia), primo passo dell’offensiva verso
pagnati da scout indiani e compagnie di volontari, che si spin- Quebec, il comandante francese Louis-Joseph de Montcalm
gevano per decine di miglia in territorio nemico, sfruttando lanciò una rapida incursione verso Fort William Henry, la cui
le vie d’acqua e i pochi sentieri per attaccare di sorpresa gli in- guarnigione, isolata, dovette arrendersi il 9 agosto 1757, e ven-
sediamenti nemici isolati. Fu un conflitto durissimo, sia per le ne poi attaccata a tradimento e decimata dai guerrieri irochesi.
condizioni ambientali che per il carattere degli scontri, rapidi
e feroci, a colpi d’ascia e di fucile: come avrebbe scritto alcuni Petite guerre Il termine in uso nel XVIII secolo indicava le operazioni delle truppe irregolari e di
anni più tardi il colonnello Henry Bouquet, uno dei migliori speciali unità armate alla leggera reclutate dagli eserciti europei (ussari, panduri, cacciatori a piedi
e a cavallo): ricognizioni a largo raggio, attacchi a posti isolati e convogli di rifornimenti, protezio-
ne delle retrovie e delle proprie linee di comunicazione.
Quebec La battaglia di Quebec (o dei Piani di Abraham, 13 settembre 1759) decise di fatto la lotta
per il Canada. Le truppe regolari britanniche guidate dal generale Wolfe assaltarono e sconfissero Irochesi Il massacro della guarnigione di Fort William Henry è ricordato nel romanzo L’ultimo dei
in pochi minuti i francesi del marchese di Montcalm; entrambi i comandanti morirono a causa Mohicani di James Fenimore Cooper (1826) e splendidamente ricostruito nell’omonimo film di
delle ferite riportate in combattimento. Michael Mann (1992).
R. STEEL

46
SERVIZIO DI SUA MAESTÀ BRITANNICA
NELLA FORESTA FATTA DI RAID SPIETATI

il FUCILE

GUERRA TRA I BOSCHI


Ricostruzione della Battaglia di Bushy
Run (Ohio Valley, Pennsylvania, 1763) in
cui una colonna britannica guidata dal
colonnello Bouquet si scontrò con un
gruppo di indiani, fra i quali gli Uroni.

47
DALL’ALTRA PARTE
Ricostruzione della Guerra franco-
indiana: si riconoscono i soldati della
milizia territoriale canadese e i cadetti
delle Compagnies franches de la Marine.
R. STEEL

IL WOOD FIGHTING DEGLI INGLESI DOVEVA


CONTRASTARE LA TATTICA DELLA PETITE GUERRE
Cominciava ormai a essere chiaro che per contrastare il ne-
mico era necessario addestrare le “giacche rosse” a condurre
un diverso tipo di guerra. Il colonnello John Forbes, braccio de-
stro di lord Loudoun, che aveva già diramato le prime istruzio-
ni sul wood fighting (“combattimento nei boschi”), raccoman-
dò allora in modo esplicito all’esercito regolare “di apprendere
le manovre e gli stratagemmi utilizzati dai ranger quando van-
no in esplorazione”. Il primo accorgimento adottato su model-
“MARINE”
FRANCESE lo dei ranger fu quello di rispondere rapidamente al comando
I fucilieri delle Tree all! (“Tutti al riparo degli alberi!”): una precauzione che
Compagnies può sembrare ovvia, specie se si veniva bersagliati da tirato-
franches de la ri invisibili tra la boscaglia, ma che era comunque un’innova-
Marine usavano un zione rispetto alle rigide tattiche lineari della guerra europea.
abbigliamento che
era un misto tra
Il colonnello Forbes fu tra i pri-
l’equipaggiamento mi ufficiali britannici a riconoscere l’efficacia dei ranger nella
convenzionale e petite guerre nordamericana. Dopo il disastro di Fort William
gli indumenti dei Henry venne decisa la creazione di un corpo di cadetti da ad-
nativi americani. destrare nel wood fighting. I volontari, affluiti in discreto nu-
mero da tutti i reggimenti di linea, furono posti agli ordini del
giovane e promettente capitano Robert Rogers – figlio di ir-
landesi, ma nato in Massachusetts nel 1731 – che formò subi-
to nuove compagnie da utilizzare per ricognizioni e incursio-
ni lungo la frontiera con il Canada.
In questo periodo Rogers compilò le sue celebri Rules to be
observed in the ranging service (“Regole da osservare svolgendo
il servizio di ranger”), stampate nel 1765 e da allora punto di
riferimento delle truppe speciali statunitensi: 28 brevi artico-
li che affrontano i diversi aspetti della petite guerre, dalla pre-
scrizione di “essere sempre pronti a mettersi in marcia col pre-
avviso di un solo minuto” (da cui il soprannome di “minutemen”
dato agli irregolari della Guerra d’indipendenza) alle disposi-
zioni sul modo di marciare a seconda del tipo di terreno, dal-
G. RAVA (2)

le ricognizioni al trattamento dei prigionieri, da come affron-

Ranger Ovvero “uomini di montagna” (da range, catena montuosa); per estensione anche “scorri-
dori”, visto che la parola inglese ha anche il significato di “raggio d’azione”.
Lago
Saint-Pierre I ranger e
Quebec il raid feroce

A
Trois Rivières
4 ottobre: nche se la guerra
Saint-François i francesi
attacco al inseguono volgeva a favore dei
villaggio i ranger britannici, le incursioni
i francesi Montréal degli Abenaki dalla loro base
bruciano i ranger si di Saint-François, sul San
le scialuppe Fort Chambly disperdono
dei ranger. Fort Saint-Jean Lorenzo, costituivano una
non si torna grave minaccia per le Tredici
indietro Baia
Missisquoi Colonie. Il generale Amherst
Robert Rogers

s
ns

tain
Lago utilizzò i ranger (a lato) per

ntai
dà il via

oun
Champlain una spedizione punitiva.

Mou

te M
Fort Frontenac Spietati. Rogers partì da

n
Gree

Whi
Crown Point Crown Point la notte del 13
Fort Ticonderoga (ex Carillon) 31 ottobre: settembre e raggiunse il suo
rientro di obiettivo attaccandolo all’al-
Lago Rogers
George ba del 4 ottobre. Gli Abenaki
Fort Oswengo Fort William Henry furono massacrati e il villag-
Fort Niagara
gio distrutto, ma la ritirata
Albany non fu facile: incalzati
Forti Francesi dal nemico e a corto di
Forti Inglesi viveri, i ranger dovet-
tero dividersi in piccoli
Marcia su Saint-François
gruppi e subirono gravi
G. ALBERTINI

Fort Duquesne
Ritirata dei Ranger perdite prima di salvarsi.

tare il nemico negli scontri a fuoco a come avanzare dopo un


successo o sottrarsi a un inseguimento.
Cominciava così a prendere forma un nuovo tipo di solda-
to, adatto a un particolare tipo di combattimento: il capitano
Henry Pringle, del 27° Fanteria, in una lettera del 15 dicembre
1757 descrive i ranger come “le uniche truppe adatte a contra-
stare gli indiani; uomini in gamba, ma poco disciplinati. Vivono
e vestono come gli indiani, e sono abituati a muoversi nelle fore-
ste; la loro abilità nel tiro è sorprendente, e usano per lo più fuci-
li a canna rigata. Come gli indiani, escono di pattuglia in gruppi
di una mezza dozzina, e stanno fuori per 15 o 20 giorni a caccia
di uomini, portando sulle loro spalle viveri e coperte”.
L’uso di rifles a canna rigata, di gran lunga più precisi, pote-
va risultare decisivo nelle imboscate. C’erano però delle con-
troindicazioni che spinsero Rogers a non abbandonare del tut-
to i normali moschetti ad anima liscia della fanteria di linea: i
fucili erano più lenti e laboriosi da ricaricare e non montavano
baionetta, quindi servivano a poco nei corpo a corpo. Il cam-
biamento più appariscente fu nel vestiario: assieme alle giacche
rosse, troppo visibili, i ranger scartarono copricapo, calzature
e buffetterie delle uniformi europee e adottarono un abbiglia-
mento più adatto alle foreste, vestendo di verde ed equipag-
giandosi con maggiore libertà. Come veri cacciatori, doveva-
no essere agili, silenziosi e letali, avvicinandosi alla preda sen-
za farsi scoprire, per ucciderla di sorpresa. Grazie a Rogers e ai
suoi uomini, le tattiche del wood fighting erano ormai ben de- HIGHLANDER
finite, e si stavano diffondendo a poco a poco tra l’esercito bri- Venivano arruolati tra
tannico; l’uso strategico dei ranger era invece ancora agli al- i montanari scozzesi
bori e dipendeva dai responsabili della condotta della guerra. e conservarono
nell’abbigliamento elementi
Il 13 settembre 1759 (lo tipici del loro costume
stesso giorno in cui Wolfe sconfiggeva Montcalm a Quebec) tradizionale. I fucilieri del
Robert Rogers, a Crown Point, ricevette dal generale Amherst 77° Regiment of foot (i
l’ordine di guidare un contingente di circa 200 ranger, volon- Montgomerie’s Highlanders),
tari britannici e scout indiani contro l’insediamento della tri- abituati alla vita selvaggia,
si adattarono meglio alle
bù abenaki di Saint-François, lungo il fiume San Lorenzo, circa condizioni difficili
150 miglia più a nord. Il villaggio era noto da tempo come ba- della guerra.

49
RANGER ALL’ATTACCO
Ancora lo scontro di Bushy
Run: si riconoscono i ranger
nordamericani con i loro fucili
ad avancarica ad anima liscia e
gli Highlanders di Sua Maestà.

GLI ABENAKI, ALLEATI DEI

R. STEEL
FRANCESI, FURONO COSTRETTI
A FUGGIRE PIÙ A OVEST
White devil: a true story of war,
savagery and vengeance
se di partenza per sanguinose scorrerie in territorio britanni- in colonial America, di S. Brumwell
co: “Vendicatevi”, scrisse Amherst, “ma ricordate: anche se que- (Da Capo Press). In inglese.
sti malfattori hanno vigliaccamente assassinato donne e bambi-
ni di ogni età, è mio espresso volere che le loro donne e i loro bam-
bini non siano uccisi o feriti”.
Dopo una durissima marcia di 22 giorni, i ranger raggiunse-
ro il loro obiettivo il 4 ottobre. Rogers condusse personalmen- La battaglia sulle racchette da neve,
te una prima ricognizione del villaggio, assicurandosi che gli 13 marzo 1758

N
Abenaki non avessero alcun sospetto dell’attacco imminen- el marzo del 1758 i ranger di po. Questa volta fu la fucileria fran-
te. Quali che fossero gli ordini di Amherst, lo scopo dell’in- Rogers vennero incaricati di cese a fare strage; i ranger superstiti
cursione era evidentemente più psicologico che militare, co- compiere una ricognizione ripiegarono in completo disordine, e
me spesso accade in situazioni del genere: bisognava colpire offensiva dalla loro base di Fort Rogers riuscì a stento a guidarli ver-
in modo spietato per seminare il terrore tra gli indiani allea- Edward verso Fort Carillon (che poi so un’altura vicina, Bald Mountain,
diventerà il britannico Fort Ticon- dove tentò di organizzare un peri-
ti dei francesi, dimostrando come i ranger del re d’Inghilterra deroga), avamposto francese sul metro difensivo. Francesi e indiani,
potessero colpirli anche nel cuore del loro territorio. “Mezz’o- Lago Champlain. Rogers si mise in in superiorità numerica e infuriati
ra prima dell’alba”, annota Rogers nel suo diario, “sorpresi il vil- movimento con 184 uomini nel po- per la sorte toccata ai compagni,
laggio quando erano ancora tutti profondamente addormenta- meriggio del 10 marzo, raggiungen- attaccarono con estrema decisione
ti. Il nemico non ebbe il tempo di scuotersi, né di afferrare le ar- do il Lago George due giorni dopo. le posizioni britanniche, riuscendo
All’alba del 13, dopo una faticosis- a travolgerle prima di sera. Rogers
mi per difendersi: [gli Abenaki] vennero tutti massacrati, tranne sima marcia nella neve alta oltre un fu costretto a dare ordine ai super-
un pugno di loro che tentò di fuggire raggiungendo il fiume. Ma metro, che aveva costretto i ranger a stiti di sganciarsi individualmente,
una quarantina dei miei li inseguì e li uccise, mandandoli a fon- utilizzare le racchette, il reparto bri- fuggendo col favore del buio fino al
do assieme alle loro barche. Poco dopo il sorgere del sole diedi fuo- tannico si trovava ormai a sole 8 mi- punto di raccolta prestabilito in caso
co a tutte le capanne, risparmiandone soltanto tre dove era stato glia da Fort Carillon; gli esploratori di emergenza, all’estremità meridio-
scoprirono un folto gruppo di india- nale del Lago George, dove erano
ammassato del grano, che prevedevo di utilizzare per il mio re- ni irochesi che avanzava verso sud state lasciate slitte e rifornimenti. Il
parto. Finirono allora bruciati molti indiani che si erano nasco- lungo un fiumiciattolo ghiacciato, e 15 marzo i primi sopravvissuti rag-
sti nelle soffitte o nelle cantine”. Nessuna pietà e nessuno scam- Rogers fece preparare un’imboscata giunsero Fort Edward portando la
po: Rogers aveva applicato senza remore le regole crudeli del- per intercettarli. notizia che Rogers “aveva sostenuto
la petite guerre di frontiera, infliggendo un colpo durissimo a L’agguato riuscì alla perfezione: uno scontro di una violenza raramen-
come scrive lo stesso Rogers, “aspet- te sperimentata in questo paese, e la
una delle principali tribù fedeli alla Francia, che fu costretta a tammo finché la testa della loro co- maggior parte del suo contingente
disperdersi più a occidente, cessando di costituire un pericolo. lonna non fu all’altezza della nostra era stata distrutta”.
Ma la missione non era certo conclu- ala sinistra; a quel punto sparai un Rogers rientrò con i feriti: nell’azione
sa: lungo la via del ritorno i ranger subirono perdite gravissime colpo per ordinare una scarica gene- aveva perso ben 125 uomini, pagan-
(3 ufficiali e 46 uomini di truppa), in buona parte dovute alla rale, che ne uccise una quarantina, do un prezzo carissimo per l’azione
mettendo in fuga gli altri indiani. I offensiva in territorio nemico, i cui
mancanza di viveri, all’esaurimento fisico e alla difficoltà del miei li inseguirono e scalparono circa risultati erano come sempre difficili
terreno. Le incursioni in territorio ostile restavano un’impresa quaranta di loro in quindici minuti”. da valutare. Meno di un mese dopo
rischiosa, giustificata solo dal valore morale e intimidatorio del A caro prezzo. I ranger continua- il generale Abercromby, coman-
loro eventuale successo. Rogers ricorda i “circa 600 scalpi, per- rono a incalzare i guerrieri in fuga, dante in capo britannico, decise di
lopiù inglesi” appesi come trofei nel villaggio di Saint-François. ma per loro sfortuna finirono diret- confermare la promozione di Rogers
tamente sotto il fuoco di un contin- a maggiore dei ranger al servizio
Anche se a caro prezzo, la vendetta dei ranger aveva spezzato gente proveniente da Fort Carillon, di Sua Maestà, riconoscendone co-
la volontà di combattere di un nemico abile e crudele. d che non era stato avvistato per tem- munque audacia e doti di ufficiale.
Gastone Breccia

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INCURSIONI

I RAID DI J.E.B. STUART SONO ENTRATI NELLA LEGGENDA:


HANNO MERITATO AL GENERALE CONFEDERATO UN

“F
accio fatica a pensare a lui senza piangere”, fu il durante la Battaglia dei Sette giorni , combattuta nei dintorni
commento di Lee, disfatto dalla terribile noti- di Richmond, capitale della Confederazione.
zia della morte di Stuart. Il generale James Ewell Convocato da Lee l’11 giugno 1862,
Brown “J.E.B.” Stuart era caduto a Yellow Tavern, gli fu chiesto di scoprire se l’ala destra dell’Armata nordista del
Virginia, il 12 maggio 1864, colpito al fianco sinistro dal pro- Potomac fosse appoggiata presso un qualche ostacolo naturale
iettile di un soldato nordista. Tutto il Sud pianse il suo giova- o fosse vulnerabile, così da potere essere attaccata dal generale
ne generale, l’ultimo cavaliere, caduto all’età di trentun anni, Jackson , che a sua volta aveva timore di essere preso sul fian-
passato come una meteora nella costellazione della Confede- co. Nel massimo segreto il generale Stuart scelse 1.200 tra i mi-
razione, ma capace di reinventare un modo nuovo di impie- gliori ufficiali e soldati della sua brigata, selezionandoli dai vari
gare in guerra la cavalleria, proprio quando i soldati a cavallo reggimenti. Con l’appoggio di due pezzi di artiglieria a caval-
erano considerati inutili contro gli armamenti moderni. Ado- lo, alle due di notte del 12 giugno la piccola colonna si mise in
però le sue unità, alcune diventate leggendarie, come il 1st Vir- marcia da Richmond verso nord-ovest e si inoltrò nel buio, fa-
ginia Cavalry, in azioni di perlustrazione e sabotaggio dietro le cendo perdere le sue tracce. La giornata del 12 la trascorse spo-
linee nemiche, soprattutto in supporto alle operazioni offen-
sive e difensive dell’Armata sudista della Virginia Settentrio- Generale Lee (1807-1870), Robert Edward, allo scoppio della Guerra di secessione (1861-1865), si
schierò dalla parte delle forze sudiste, divenendo consigliere di fiducia del presidente confederato
nale, tanto da meritarsi il nomignolo di “occhi e orecchie” del Jefferson Davis. Assunto il comando dell’Esercito della Virginia, riuscì a battere i nordisti, superiori
generale Lee . Uomo audace e prestante, la sua figura dalla fol- in uomini e armi, in quasi tutti gli scontri. Dopo la resa del Sud si diede alla vita accademica.
ta barba nera, i chiari occhi penetranti, il fiore rosso all’occhiel- Battaglia dei Sette giorni In realtà erano sei importanti battaglie combattute dal 26 giugno al 2
lo e il cappello con la piuma nera di struzzo sarebbero diventa- luglio 1862, grazie alle quali i sudisti del generale Lee costrinsero il generale G. B. McClellan e l’Ar-
ti un’icona: compì il suo primo leggendario raid perlustrativo mata del Potomac a togliere l’assedio a Richmond arretrando verso la penisola della Virginia.

52
UN FIUME DI FUOCO
J.E.B. (o anche Jeb) Stuart
(1833-1864) con un drappello
di confederati attacca la nave
unionista Marblehead sulla riva
del fiume Pamunkey (1862) e si

M. KUNSTLER
difende dalla sua artiglieria.

LE SUE CAVALCATE ATTORNO ALL’ARMATA UNIONISTA


CAPITOLO NELLA STORIA DELLA TATTICA MILITARE

standosi di buona lena verso settentrione, allontanandosi sia pletamente alle spalle dell’ala destra unionista e poté consta-
da Richmond che dalle linee nordiste: giunto a circa 34 chilo- tare che essa non si appoggiava né al Pamunkey né al Totopo-
metri a nord della capitale confederata, Stuart, passata la not- tomoy, rimanendo completamente sguarnita. La missione di
te all’addiaccio, volse decisamente verso est puntando su Ha- per sé era compiuta e ormai l’allarme doveva essere stato dato:
nover Court-House. La piccola località fu presto superata, no- la cavalleria nordista, comandata dal generale George Cook,
nostante l’incontro con la prima pattuglia della cavalleria ne- virginiano rimasto al servizio dell’Unione e suocero di Stuart,
mica, che ruppe il contatto e fuggì. doveva già essere stata sguinzagliata per tagliare ai sudisti la via
I cavalleggeri sudisti avanzavano attraverso una campagna del ritorno su Hanover Court-House e bloccarli contro il Pa-
densamente coperta da folti boschi e siepi, protetti da pattuglie munkey. Ma erano solo le 15:30 del 13 giugno, la notte ancora
di esploratori all’avanguardia e lungo i fianchi, non avvistan- lontana, e Stuart decise di mettere atto al piano già confidato
do mai i nordisti. La marcia continuò per 20 chilometri lungo a Lee al momento della partenza, e cioè di riprendere la mar-
il corso del fiume Pamunkey fino a una vecchia chiesa di cam- cia verso sud-est, proprio dove il nemico non se lo aspettava.
pagna, dove erano dislocati due squadroni nordisti del 5° Ca- L’intera colonna balzò in sella e, sempre protetta ai fianchi,
valleggeri. All’altezza del guado sul Totopotomoy Creek, pro- sul retro e sul davanti da un dispositivo di sicurezza, iniziò la
spiciente la chiesa, avvenne il primo scontro nel quale Stuart sua galoppata alle spalle dell’Armata del Potomac, le cui posi-
non ebbe difficoltà a cacciare i nemici nonostante la loro ac- zioni sul fiume Chickahominy erano solo a una quindicina di
canita resistenza. Il generale confederato si trovava ora com- chilometri. I suoi avversari, dopo qualche esitazione dovuta al
Generale Jackson (1824-1863), Thomas Jonathan. Nella Guerra di secessione parteggiò per i sudisti, fatto che non erano neanche a conoscenza dell’entità delle for-
guadagnandosi il soprannome di “Stonewall” (muro di pietra) per la sua leggendaria resistenza all’a- ze di Stuart, si misero all’inseguimento, pur rimanendo incerti
vanzata unionista a Bull Run (1861). Morì colpito dal fuoco amico nella Battaglia di Chancellorsville. sulla direzione presa dai sudisti.

53
La stoffa del leader

F
in dagli esordi della Guerra Il 9 giugno 1863, all’inizio della
civile americana, Stuart fu il Campagna di Gettysburg, le brigate
comandante della cavalleria di Stuart si scontrarono a Brandy
sudista sul fronte orientale, quello Station, Virginia, con un forte contin-
della Virginia, ma in due occasioni si gente di cavalleria nordista.
trovò a dirigere le operazioni di tutte Inizialmente i sudisti furono quasi
le truppe confederate sul campo di sopraffatti, ma alla fine Stuart riuscì
battaglia. La prima volta accadde il 3 a prevalere. La battaglia fu il più
maggio 1863, durante la Battaglia di importante scontro di cavalleria
Chancellorsville, quando assunse il della guerra e dimostrò che le truppe
comando del 2° Corpo d’armata dopo montate dell’Unione erano ormai
il ferimento dei generali “Stonewall” all’altezza di quelle del Sud.
M. KUNSTLER

Jackson e Ambrose Hill.


Uno stratega. Audace, dimostrò di
essere anche un buon comandante di
fanteria, lanciando continui attacchi
I comandanti confederati Jackson e Lee, con Stuart (in e organizzando alla perfezione il
ginocchio), pianificano l’azione alla vigilia della Battaglia fuoco dell’artiglieria fino alla
di Chancellorsville (1863), che costa la vita al primo. sconfitta del nemico.

J.E.B. STUART AVEVA UN PRECISO RUOLO,


ESSERE GLI OCCHI DEL GENERALE LEE

Al calar della sera il generale confederato aveva già attraver- NORDISTA


sato la ferrovia proveniente da White House presso la stazio- Anche gli unionisti avevano i loro
ne di Turnstall, interrompendo binari e telegrafo e catturando incursori: cavalleggero del reparto
del colonnello Joseph O. Shelby istituito
una notevole quantità di merci e materiale. La durante le campagne del Missouri (1863)
marcia continuò tutta la notte, distruggen- in giacca unionista e calzoni confederati
do tutto il materiale bellico nemico che in- (spesso si camuffavano con le uniformi
contrò lungo la strada, fino a che, all’alba, nemiche). Usavano le Colt, i fucili Lee-
la colonna confederata raggiunse la riva Enfield o i moschetti Springfield, ma il
preferito era il fucile Sharps a retrocarica.
del Chickahominy, a valle delle posi-
zioni federali. I sudisti riusciro- navigazione” dell’esercito nemico in
no a costruire un ponte volan- 60 ore, per un tragitto di più di 200
te sui pilastri di un altro trasci- chilometri. Velocità, audacia, pron-
nato via dalla corrente e, attra- tezza di decisione e capacità di valu-
versato il fiume, la mattina del 15 giugno tazione immediata del terreno, oltre
raggiunsero Richmond, dopo aver com- che l’impiego di cavalieri addestra-
piuto l’intero giro intorno all’armata ne- ti e ben equipaggiati, erano gli ingre-
mica: erano stati percorsi 240 chilome- dienti di queste operazioni che uni-
tri in tre giorni, riportate le informazio- vano all’esigenza di esplorare il territo-
ni richieste, distrutto materiale bellico, rio l’opportunità di creare danni dietro le linee nemiche e pro-
e catturati 165 nordisti, 260 tra cavalli curarsi approvvigionamenti. Fu con questa intenzione che Lee,
e muli, numerosi carri pieni di scorte e all’inizio della Campagna di Gettysburg , permise a Stuart di
rifornimenti. usare parte della cavalleria per riproporre l’ennesimo raid in-
L’eco di que- torno all’Armata del Potomac: questa volta, inoltre, la “caval-
sto successo fu clamoroso e spinse Lee cata” sudista si sarebbe svolta in territorio nemico, con la pos-
a ripetere questi raid in altre occasioni, sibilità di compiere sabotaggi e saccheggi di maggiore porta-
come tra il 10 e il 12 ottobre 1862, quan- ta, e non solo ai danni di postazioni militari. Gli ordini di Lee
do Stuart compì nuovamente la “circum- lasciarono molta libertà a Stuart, che si assentò con le sue tre
migliori brigate durante le fasi cruciali dell’avvicinamento a
SUDISTA Gettysburg e per i primi due giorni della battaglia. Il genera-
Cavalleggero del 1st Virginia Cavalry, uno dei più le sudista si spostò dal fianco destro dell’Armata della Virginia
famosi reggimenti di cavalleria sudista. Settentrionale, nel tentativo di girare intorno al nemico, ma
Organizzato a Winchester, in Virginia, all’inizio
della Guerra civile, dall’allora colonnello J.E.B. Gettysburg 1-3 luglio 1863, la battaglia che segnò una fase decisiva nella Guerra di secessione:
Stuart, che ne fu anche il primo comandante, sconfitta malamente a Chancellorsville da Lee, l’Armata del Potomac guidata dal generale George
combatté nell’Armata della Virginia G. Meade si prese la rivincita sull’Armata della Virginia Settentrionale arrestando l’offensiva confe-
Settentrionale (Army of Northern Virginia). derata in Pennsylvania e, quindi, l’avanzata verso nord.
Raid di Stuart Harrisburg Il raid di Stuart nella
Comandanti sudisti Carliste 29 giugno
Comandanti nordisti 1 luglio Stu
Campagna di Gettysburg
a

I
rt l 3 giugno 1863 l’Arma- e ritardarne l’avanzata.
ell ta confederata della L’unica condizione che
Ew Wrightsville
Virginia Settentrionale Lee gli impose fu di
ly 28 giugno mosse da Culpeper, in raggiungerlo appena

ell
28 giugno E ar

Ew
Chambersburg 1-3 luglio York Virginia, alla volta della entrato in Pennsylvania,
Lon ly
gs treet Ear Pennsylvania (nella map- per appoggiare il suo
Gettysburg Hanover Junction pa, i movimenti delle due attacco. Stuart, con metà
Hanover fazioni), scortata sul fian- della cavalleria, puntò a
treet
H il l

Sykes co destro dalla cavalleria est, ma fu ritardato dalla

Hancock
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rd 30 giugno P E N N S YLVA N I A

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um di Stuart. Il 9 giugno il lunghezza inaspettata
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Emmitsburg MARYLAND

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generale fu colto di sor- dell’armata nordista.

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Sic anco wardds,
Manchester
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Hagerstown Ho ynol presa da ingenti reparti Superatala, virò a nord,
for

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Bu

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k c les k, di cavalleggeri nordisti a sfiorando Washington, ca-


Westminster Brandy Station, dove ri- pitale dell’Unione, che fu
schiò di essere sopraffatto presa da panico e terrore
H

Kilpatrick e vinse la battaglia solo in per l’invasione.


t 28 giugno Frederick
15 giugno
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W extremis. Attraversato il Potomac


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T In ritardo. D’accordo con proseguì fino a Man-


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Hill, L

il generale Lee, Stuart chester, per entrare in


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Baltimora
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IN GIN (nel disegno sotto) decise Pennsylvania all’altezza di


MARYLAND
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IA IA di passare alle spalle Hanover, dove si scontrò


k le

Stuart

dell’Armata nordista del ancora con la cavalleria


S ic

13-15 giugno Potomac per risalire poi a nordista. Si ricongiunse


nord sul lato destro degli all’armata sudista solo
unionisti, in modo da la sera del 2 luglio,
controllarne quando la Battaglia
17 giugno 28 giugno di Gettysburg era già
Howard, Washington D.C. iniziata da 2 giorni,
Po

Reynolds, subendo il rimprovero


to

Sickles,
ma

Sedgwick di Lee.
c

l Meade,
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Hancock,
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Lon 3 giugno

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VIRGINIA
Brandy Station
Culpeper J.E 9 giugno Ple
.B. S a so
t nto
n 13 giugno
ua
Ew

rt
ell

Hill

fu rallentato dal fatto che la “coda” dell’Ar-


mata del Potomac si rivelò più lunga da ag-
girare del previsto. Finì così in Pennsylva-
nia, separato da Lee con il nemico in mez-
zo, e incapace di ricollegarsi al suo coman-
dante, che venne a trovarsi senza “gli occhi”
del suo esercito.
Il raid, di per sé, fu
un successo e valse ad aumentare la confusione e il terrore che 2 luglio, troppo tardi per svolgere Jeb Stuart: the last cavalier,
l’invasione sudista aveva sparso nel Nord. Con 6.000 uomini un ruolo attivo e cambiare le sor- di Burke Davis (Blackstone), in in-
glese. La biografia più completa,
il cavalleggero confederato entrò il 28 giugno 1863 a Rockvil- ti della battaglia, che si concluse scritta da un noto storico della
le, 20 km da Washington, interrompendo i collegamenti tra la con una decisiva sconfitta per i Guerra civile americana.
capitale unionista e l’Armata del Potomac, che si trovò virtual- confederati.
mente circondata. Ma il mancato ricongiungimento con l’Ar- Il generale Stuart continuò fino alla fine a perpetuare impre-
mata della Virginia Settentrionale privò Lee della copertura se epiche al comando delle sue brigate di cavalleria, ma i nemici
di cui necessitavano le sue truppe durante l’avanzata, nonché erano cambiati: imparando da lui e copiando le sue tattiche, la
delle informazioni sull’entità e la dislocazione delle forze ne- cavalleria nordista era ormai qualitativamente a livello di quella
miche. Quando il generale dei cavalleggeri diede infine noti- sudista, e potendo disporre di migliori armamenti ed equipag-
zia di sé, i suoi uomini erano troppo stanchi per raggiungere giamenti si rivelò un avversario difficilmente battibile. d
l’esercito sudista. Il ricongiungimento avvenne solo la sera del Marco Lucchetti

55
INCURSIONI

OBIETTIVO
SOL LEVANTE
IL RAID DI
DOOLITTLE
A pianificare il raid
e guidare gli aerei in
missione su Tokyo fu
il tenente colonnello
Jimmy Doolittle, in
foto. Sul giornale, il
Giappone ammette di
aver subito danni.

SIERRA
ll’inizio del 1942 gli Stati Uniti erano a un punto cri- torio. Tra le navi che ancora rimanevano agli americani, però,
tico: l’attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 di- vi erano le portaerei, che durante l’attacco a Pearl Harbor era-
cembre 1941 ne aveva messo in ginocchio la poten- no fuori in esercitazione. Queste, sì, potevano avvicinarsi, sep-
za navale, ma soprattutto aveva dato un duro colpo pur con estremo pericolo, alle coste del Giappone, ma non esi-
al morale della popolazione. Le vittorie nipponiche nel Pacifi- stevano aerei imbarcati che avrebbero potuto comunque spin-
co allarmavano l’opinione pubblica: la gente aveva paura, comi- gersi fino a Tokyo; figuriamoci poi farne ritorno. Niente da fa-
tati pubblici offrivano denaro per colpire i giapponesi. Serviva re: era un compito per bombardieri.
qualcosa per confermare alla popolazione che le Forze armate La soluzione venne in mente per
Usa erano ancora combattive. E andava fatto in tempi brevi. Lo caso a un capitano dell’Us Navy, Francis S. Low, mentre, nel
stesso presidente Roosevelt auspicava un’azione altamente di- gennaio 1942, assisteva a un’esercitazione di alcuni B-25 che si
mostrativa. Già a dicembre, da esperto psicologo delle masse, addestravano ad attaccare una finta portaerei. Il bimotore B-25
il presidente aveva proposto ai capi di Stato Maggiore di bom- Mitchell era uno dei migliori bombardieri medi in dotazione,
bardare Tokyo. Capiva che, per rialzare il morale americano e benché non ancora testato in guerra. Sebbene neppur lontana-
minare quello nemico, si doveva colpire dove avrebbe fatto più mente concepito per quel ruolo, forse quel mezzo per ingom-
male, direttamente sul suolo del Giappone, su quella terra che bro, peso e potenza sarebbe potuto decollare da una portaerei!
i nipponici amavano più di ogni altra cosa, E cosa meglio della I capi di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Ernest J.
capitale, considerata inviolabile? King, e dell’ Usaaf , generale Henry H. Arnold, approvarono e
Già, ma come farlo? Gli Usa non disponevano di bombardieri
a lungo raggio che potessero raggiungere le isole giapponesi, le Usaaf Abbreviazione di U.S. Army Air Force (Forza Aerea dell’Esercito degli Stati Uniti). L’aviazione
basi del Pacifico da cui avrebbero potuto tentare erano in mano militare dipendeva allora dall’esercito (e in parte dalla Marina), ma non era forza armata a sé stan-
nemica e Cina e Urss non accettavano avamposti sul loro terri- te. Lo diventerà solo nel 1947, con la nascita dell’Usaf (United States Air Force).

CORBIS (2)
TAKE OFF!
In questo montaggio
di foto d’epoca, un
bombardiere B-25B
pronto a decollare
dalla portaerei Hornet
e poi in volo sul
Pacifico. Destinazione,
gli obiettivi militari
presenti a Tokyo,
Yokohama, Kobe,
Osaka e Nagoya.

57
CORBIS

NEL MIRINO
Jimmy Doolittle,
ormai generale, con
un modellino di un
B-29 Superfortress,
alla fine del conflitto.
Sullo sfondo, l’arsenale
Yokosuka (nella zona
di Tokyo), foto presa
da uno dei
bombardieri
durante il
raid.

i test ebbero inizio. Vennero esaminati anche altri aerei, ma il


B-25 si dimostrò, con due voli di prova nel febbraio 1942, pur
con grandi difficoltà, l’unico adatto al decollo da una portaerei.
Ma non era poi in grado di appontare, quindi un rientro dei ve-
livoli con lo stesso sistema era da scartare.
Ormai la decisione era presa e con la massima segretezza lo
Special Aviation Projet N.1 andò avanti, affidato al comando di
uno dei piloti più famosi ed esperti del momento, il tenente co-
lonnello Jimmy Doolittle. Si trattava ora di preparare i mezzi,
NY DAILY NEWS VIA GETTY IMAGES

rapidamente, anche per ovvi motivi di sicurezza, selezionare e


soprattutto addestrare gli equipaggi, assolutamente digiuni di
operazioni del genere su aerei concepiti per il decollo da terra.
La mente Furono scelti 24 B-25B (solo 16 avrebbe-
ro preso parte all’azione) del 17° Gruppo da bombardamen-

H
arold “Jimmy” Doolittle zione di volo. Fu il primo a fare
(1896–1993) fu uno dei un volo solo strumentale, senza to dell’Usaaf, che aveva i piloti più esperti su quei velivoli. Gli
più famosi aviatori ame- visione esterna. Appassionato equipaggi (di 5 uomini) vennero selezionati tra i volontari per
ricani del suo tempo, ingegnere pilota sportivo, vinse la Coppa una “missione non specificata, ma estremamente pericolosa”.
aeronautico ed eccezionale pilo- Schneider nel 1925, seguita da
Dal 1° marzo 1942, Jimmy Doolittle, col suo entusiasmo con-
ta sportivo. Nel 1917 si arruolò molte altre vittorie.
nella neonata aviazione e l’anno Lavori delicati. Passato nella dito da una buona dose di lucida follia tipica dei pionieri del
dopo era già ufficiale istruttore; Riserva nel 1930 per lavorare in volo, mise sotto uomini e macchine: in sole 3 settimane di ad-
dopo la Grande guerra fu tratte- campo civile, tornò in servizio destramento, intensivo e maniacale (decollo simulato da un
nuto in servizio per le sue doti. attivo nel 1940 per guidare, ponte di poco più di 70 metri, volo e bombardamento a bas-
Da vero pioniere, nel 1922 volò due anni dopo, il raid su Tokyo.
sa quota, volo notturno e sul mare), erano pronti per la mis-
dalla Florida alla California in so- Durante la guerra comandò la
le 21 ore su un De Havilland DH-4 12a e la 15a Air Force, lasciando il sione. Agli aerei si dovettero aggiungere serbatoi supplemen-
quasi senza strumentazione. Lau- servizio nel 1946 per importanti tari (fino a circa 4.300 litri di carburante), blindature, disposi-
reatosi in Ingegneria aeronautica incarichi governativi. Rimasto tivi antighiaccio e di autodistruzione (in caso di atterraggio in
al Mit nel ’24, venne poi impiega- nella Riserva, nel 1985 Reagan
to in vari reparti della Marina co- lo promosse generale a 4 stelle
me istruttore e collaudatore oltre dell’Usaf. Riposa nel cimitero B-25B Il North American NA-40, designato B-25B “Mitchell”, era un moderno bombardiere medio
che sviluppatore di strumenta- militare di Arlington. bimotore, equipaggiato di 2 motori Wright Cyclone da 1.700 HP, in dotazione all’Usaaf dal settem-
bre 1941. Il 17° Gruppo era stato il primo a riceverli.

58
UNIONE SOVIETICA
Vladivostok

Pechino GIAPPONE
Mar del
Giappone

COREA Tokyo
CINA
Kobe
Yokohama
Hiroshima Nagoya
Osaka
Hornet
Nanchino Mar Nagasaki
Giallo
Hangkow
Shanghai Il raid
Chungking nel Pacifico

I
l 7 Dicembre 1941 aerei
Oceano giapponesi attaccano Pearl
Chuchow Pacifico Harbor (Hawaii). Il 3 febbra-
Mar Cinese
Orientale io 1942 iniziano i primi espe-
rimenti con i B-25 e a marzo
parte l’addestramento al co-
Canton FORMOSA mando del ten.
col. Doolittle.
HONG KONG Il 2 aprile la
portaerei Hor-
Mar Cinese Meridionale
net con imbarcati
G. ALBERTINI

gli equipaggi Usaaf


e 16 B-25, salpa dalla
California con rotta per il
Giappone, scortata dalla Task
territorio nemico) e, di contro, fu eliminato tutto il superfluo Force 16.1. Il13 nel punto sta-
bilito (38°Nord, 180° Est), la TF
per ridurne il peso in decollo, tra cui il moderno dispositivo 16.2 si incontra con la TF.16.1
di puntamento (cambiato con uno semplificato) e addirittura in arrivo da Pearl Harbor.
le mitragliatrici di coda, sostituite da pezzi di legno verniciati. Ecco cosa accade il 18 aprile.
Tutti gli aerei portavano 4 ordi- 3:12 Sui radar appaiono al-
gni da 225 kg costruiti appositamente: 3 ad alto esplosivo e uno cune navi nemiche. La rotta
viene modificata.
incendiario, con 128 sub-munizioni ciascuno. Anche il piano 7:15 Una nave giapponese
era stato delineato: gli aerei sarebbero stati caricati sulla porta- lancia l’allarme. L’ordine di
erei Hornet, scelta per l’esigenza (al comandante fu detto che si decollare è anticipato.
trattava solo di un trasferimento), che avrebbe fatto rotta verso 8:20 Decolla il primo B-25
il Giappone scortata dalla Task Force 16.2 e dalla TF 16.1, che dalla Hornet.
12.30 Gli aerei di Doolittle
avrebbe incontrato in mare aperto. A circa 700 km dalla costa sono su Tokyo e bombardano
gli aerei sarebbero decollati verso Tokyo-Yokohama. Arrivan- gli obiettivi.
do da sud-ovest, sganciato il carico, si sarebbero allontanati nel- 18.30 I 15 B-25 (uno ha fatto
la stessa direzione. Poi rotta a ovest verso la Cina e atterraggio rotta per l’Urss) avvistano la
su aeroporti segreti locali, guidati da radiofari che gli Usa ave- costa della Cina. Nelle ore se-
guenti, a causa della mancan-
vano convinto i riluttanti cinesi a installare. Riforniti, sarebbe- za dei radiofari sull’aeroporto,
ro poi ridecollati verso basi alleate da stabilire (erano in corso superate le 13 ore di volo tutti
trattative con l’Urss). Non più di 3.200 km di volo a tratta, con- gli aerei vanno perduti negli
siderando un’autonomia massima di 3.800 km. Piano facile sulla atterraggi oppure in amma-
carta, in realtà pieno di incognite: a partire dal decollo, che ab- raggi di fortuna.
Il 21 aprile Doolittle è promos-
bisognava di un forte vento di prua, fino al problema degli at-
G.RAVA

so generale di brigata.
terraggi in Cina. Una volta decollati, poi, i B-25 avrebbero vo-
lato senza uno straccio di caccia ad accompagnarli e difenderli.
Il 1° aprile 16 aerei e 24 equipaggi (alcuni in riserva) furono
imbarcati sulla Hornet nella base di Alameda . Per poco non si L’AMERICANO
rischiò di rendere pubblica l’operazione a causa di una troupe A lato, capitano pilota;
sul completo color cachi
estivo veste il giubbino
Alameda Località su una piccola isola nella baia di San Francisco, sede dal 1940 al 1997 di un’im- A-2 in pelle, in dotazione
portante base aeronavale statunitense. all’Usaaf.

59
La portaerei Hornet

U
ltima delle tre mo- gioiello, la cui vita operativa
derne portaerei della però sarebbe stata solo di un
classe Yorktown (le anno. Al comando del cap.
altre erano l’Enterprise e la Marc A. Mitscher, uno dei
Yorktown), la Hornet (CV-8) piloti navali e comandanti di
era entrata in servizio nell’ot- portaerei più esperti dell’Us
tobre del 1941, più aggior- Navy, la Hornet fu scelta per il
nata e migliorata, dotata di raid su Tokyo.
un radar di scoperta aerea Carriera. Nel giugno 1942
Cxam e centrali di tiro Mk-37 parteciperà alla battaglia di
a telemetro ottico e radar Midway, perdendo quasi tutti
che coordinavano le difese. gli aerosiluranti. In ottobre
Con un dislocamento a pieno prenderà parte alla Battaglia
carico di 25.800 tonnellate, di Santa Cruz e sarà colpita
poteva trasportare 87 aerei: con 8 bombe e 3 siluri. Irrepa-
LIBRARY OF CONGRESS

36 caccia, 36 bombardieri rabilmente danneggiata, nel-


a tuffo, 15 aerosiluranti e la notte del 27 ottobre 1942,
poteva vantare una veloci- la Hornet verrà affondata per
tà massima di 33 nodi. Un non lasciarla ai giapponesi.

imbarcata per filmare gli eventi: il regista era infatti John Ford
e questo aveva già richiamato l’attenzione della stampa.
Senza altri intoppi il 2 aprile la Hornet e le navi di scorta sal-
parono. Solo in alto mare Doolittle mise al corrente dei dettagli
del piano i propri piloti e i comandanti delle navi. L’unico già al
corrente era il vice ammiraglio Halsey , che con la TF 16.1 rag-
giunse la TF 16.2 nel punto previsto, il 13 aprile. Fin qui tutto
secondo i piani, ma nelle prime ore del 18, a circa 1.300 km dal-
la costa giapponese, navi nemiche in pattugliamento costrinse-
ro la flotta a cambiare rotta. Alle 7:30 circa, un’altra nave del Sol
Levante, la Nitto Maru, fu affondata dall’incrociatore Nashvil-
le, ma l’allarme, captato anche dagli americani, era stato dato.
Il rischio era troppo; non si poteva più attendere. Con circa
10 ore di anticipo e a oltre 640 km dal punto previsto (e stimato
per i calcoli del carburante) Doolittle e il comandante della Hor-
net Marc Mitscher decisero di dare il via all’operazione. Gli
aerei furono in tutta fretta caricati delle bombe e prepara-
ti al decollo. La concitazione era al massimo. All’ultimo
momento su ogni aereo furono stivate altre 10 taniche
da 19 litri da usarsi in volo per aumentare l’autonomia.
Alle 8:20, con un tempo pessimo,
il primo aereo, ai comandi dello stesso Doolittle, de-
collò dalla Hornet. Alle 9:19 tutti e sedici i B-25 erano
in volo verso il loro destino. Schierati in 5 gruppi su
un fronte di 80 km, i velivoli arrivarono sulle coste del
Giappone dopo circa 5 ore, senza incontrare nessu-
no. Sul territorio nemico volarono a bassissima quo-
ta, sporadicamente incontrando velivoli singoli o in
gruppo che, evidentemente sicuri dell’inviolabilità del
territorio, li scambiarono per aerei amici. Individua-
ti gli obiettivi, alle 12:30 locali i bombardieri si porta-

Halsey William Frederick “Bull” Halsey Jr. (1882-1959) era allora vice ammiraglio
e comandante dell’Operazione Tokyo per la Marina. La sua TF 16.1 comprendeva la
portaerei Enterprise, che provvedeva alla difesa aerea di tutta la Task Force. Halsey in
seguito sarebbe diventato comandante delle forze aeronavali del Pacifico Meridiona-
le e della 3a Flotta.

60
SIERRA (2)
MEZZI EFFICACI
Sopra, bombardiere B-25B
Mitchell della Usaaf come
quelli che decollarono
dalla Hornet per il raid su
Tokyo. Nella foto a lato, i Il raid di Doolittle su Tokyo:
danni a uno degli obiettivi 18 aprile 1942, T. W. Lawson;
sensibili. Nella pagina di B. Considine (Sarasota). Il memoir
sinistra, la preparazione di di quei 30 secondi sulla capitale
un bombardiere nella base nipponica, scritto da chi c’era.
di Alameda.

rono a 500 metri di quota relativa e, aperti i portelli, iniziarono


Il Piano Halpro il loro compito distruttivo. Le squadre si erano divise i compi-
ti: furono colpiti Tokyo e la baia, Kanagewa, Yokohama e i can-

P
arallelamente al raid su Tokyo,
semplice atto dimostrativo, tieri di Yokosuka. L’attacco durò pochi minuti, con una reazio-
gli americani elaborarono un ne contraerea scoordinata. Nessun aereo fu abbattuto dalla di-
altro piano più complesso ed effica-
CORBIS

fesa (solo qualche danno lieve) o dai pochi caccia alzatisi in vo-
ce per bombardare il Giappone con
lo, disorientati.
una serie di attacchi: il Piano Halpro
(Halvorson Project). Anche se poi il danno sarebbe risultato limitato, la sorpresa fu
Gli aerei. 23 bombardieri pesanti massima e la stoccata inflitta al morale nemico alta.
B-24 Liberator, al comando del col. Il più era fatto; ora bisognava filare via e
Harry A. Halverson, decollarono da- riuscire a portare a casa aerei ed equipaggi. Ritornati sul mare e
gli Usa nel maggio 1942 con rotta
fatto un mezzo giro a destra, i B-25 diressero verso la Cina. Gli
verso la Cina Orientale passando da
est, attraverso l’Atlantico. Partendo aerei, tranne uno che aveva virato verso l’Urss atterrando poi a
da basi cinesi, da poco concesse 65 km da Vladivostock, erano diretti al campo di Chu Chow a
per l’esigenza, avrebbero poi circa 150 km dalla costa. Ma chi doveva guidarli non dava se-
dovuto compiere missioni gnali: non sapendo del decollo anticipato, i cinesi non avevano
di bombardamento sul
ancora predisposto né i radiofari previsti, né l’illuminazione. E
Giappone. Temporanea-
mente bloccati in Egitto i due aerei cinesi inviati poi in fretta sul posto furono abbattuti
durante il viaggio, fe- dal nemico. I B-25, non più in formazione, erano ora abbando-
cero da supporto aereo nati a loro stessi, su un territorio sconosciuto e senza riferimen-
ai britannici in Norda- ti. Dopo 13 ore di volo e l’ultima goccia di carburante, ognuno
frica, impegnati contro
andò incontro al suo destino: alcuni equipaggi, tra cui quello di
Rommel. Compito che
diverrà invece definitivo, su Doolittle, si lanciarono col paracadute, altri ammararono, al-
richiesta inglese, perché nel tri ancora atterrarono dove capitava, spesso in zona nemica.
frattempo gli aeroporti cine- Degli 80 aviatori del raid, 3 persero la vita negli atterraggi o
si erano stati catturati dalle negli scontri, 8 furono catturati (tre di loro vennero fucilati e
forze del Sol Levante.
uno fatto morire di fame), gli altri, tra cui il comandante, scam-
parono alla morte e alla cattura grazie all’aiuto dei cinesi, che
poi subirono dure rappresaglie. Il tenente colonnello Doolittle,
rimpatriato, nell’aprile 1942 fu promosso a generale di briga-
ta e decorato con la Medaglia d’Onore del Congresso. Grazie a
lui e ai suoi uomini, il morale degli americani si era rafforzato
CATTURATI
Un pilota americano e il Giappone era stato minato nella sua certezza di invincibili-
viene condotto tà: molte risorse aereo-navali furono richiamate per difender-
via, forse alla ne il territorio. d
sua esecuzione. I Stefano Rossi
giapponesi dissero
che nessuno degli Mitscher Marc Andrew “Pete” Mitscher (1887-1947), in servizio nella US Navy dal 1910 al 1947,
aviatori catturati partecipò a entrambe le Guerre mondiali. Era uno dei più esperti piloti navali e comandanti di
sarebbe stato portaerei e condusse la Hornet anche durante la battaglia delle Midway. Comanderà poi la 8th Fleet
e la Atlantic Fleet.
giustiziato. E invece...

61
INCURSIONI

CHINDITS
I LEONI DI

N
el tardo pomeriggio del 24 marzo 1944 un bi- Richiamato in servizio in India dopo un crollo nervoso, Or-
motore B-25 Mitchell si schiantava sul versante de Wingate aveva sviluppato in modo originale l’idea dell’in-
di una collina non lontano dal campo di volo di cursione in territorio ostile: la sua Long Range Penetration
Sylhet, India Nord-orientale, dove era diretto. A sfruttava i mezzi più moderni, dal trasporto aereo alle co-
bordo, insieme a due giornalisti statunitensi, c’era Orde Win- municazioni radio, per “conficcare un pugnale nelle viscere
gate, il carismatico comandante della Special Force che da del nemico”, come amava dire lui stesso, sorprendendolo con
una ventina di giorni stava combattendo dietro le linee giap- l’audacia della concezione e dell’esecuzione di un “agguato su
ponesi, nel cuore della Birmania. A soli 41 anni Wingate era scala mai tentata prima”, capace di gettare nel caos il siste-
il più giovane tenente-generale dell’esercito britannico: anti- ma delle comunicazioni terrestri e della logistica avversaria.
conformista, provocatorio, geniale, aveva già alle spalle una Wingate partì per l’India all’inizio del 1942; in giugno rice-
carriera piena di luci e ombre, dalla creazione delle Special vette il comando di un reparto di nuova formazione, la 77a In-
Night Squads incaricate di combattere i guerriglieri arabi in dian Brigade, da addestrare e impiegare – secondo i principi
Palestina (1938), alla spettacolare offensiva condotta alla te- operativi da lui stesso elaborati negli anni precedenti – per
sta dei reparti sudanesi e abissini della Gideon Force nell’ovest lanciare la prima incursione a largo raggio dietro le linee giap-
dell’Etiopia – un’impresa audacissima che aveva contribui- ponesi. A chi lo criticava per i rischi eccessivi ai quali avreb-
to ad affrettare la disfatta italiana in Africa Orientale (1941). be esposto i propri reparti, Wingate rispondeva seccamente
IL GENERALE GUERRIGLIERO COMBATTÉ I GIAPPONESI
NELLA GIUNGLA DANDO VITA ALLA SUA LEGGENDA

IN MISSIONE
A sinistra, a bordo di un C-47
uomini della Raf sono pronti
a rifornire i Chindits. Sotto,
Orde Charles Wingate. A destra,
un volo di rifornimento sulla
Birmania nel 1943: si intravedono
i paracadute con il materiale.
In alto a sinistra, lo stemma
dei Chindits.

che spesso, in guerra, “le misure più audaci sono le più sicure”.
Nel momento più critico della campagna in Estremo Oriente,
in uno dei teatri più difficili che sia possibile immaginare, gli
uomini ai suoi ordini si apprestavano a dimostrarlo al mondo.
Nell’inverno 1941-42 l’offen-
siva giapponese si era abbattuta sull’Impero britannico con
la furia di una tempesta tropicale. Dopo aver conquistato in
poche settimane la Malesia ed espugnato l’isola-fortezza di
SERVIZIO TIME & LIFE PICTURES/GETTY IMAGES

Singapore , infatti, l’esercito nipponico aveva invaso la Bir-


mania, superando di slancio ogni resistenza e guadagnan-
dosi fama di invincibilità nei combattimenti nella giungla.
Anche la sorte dell’India sembrava segnata, e con essa quel-
Singapore La “Gibilterra d’Oriente” fu conquistata in soli otto giorni dalle truppe della 25a Armata
nipponica: il 15 febbraio 1942 il generale Arthur Percival firmò la capitolazione, deponendo le armi
insieme con circa 80.000 uomini. La resa di Singapore viene considerata ancora oggi il peggior
disastro della storia militare britannica.

63
LE LORO INCURSIONI SI
BASAVANO SU LUNGHE
MARCE ATTRAVERSO
TERRENI DIFFICILI PER
OPERARE IN PROFONDITÀ
DIETRO LE LINEE NEMICHE
la del dominio europeo in Oriente: il nuovo comandante su-
premo britannico in quel teatro di guerra, sir Archibald Wa-
vell, aveva quindi disperato bisogno di una vittoria che po-
tesse risollevare il morale delle sue truppe, dimostrando che
la marea montante giapponese poteva essere fermata. Wa-
vell non aveva grandi mezzi a disposizione, e riuscì a orga-
nizzare solo un’offensiva limitata nella penisola di Arakan,
sul golfo del Bengala, che nonostante la superiorità nume-
rica locale si concluse senza fortuna nel marzo del 1943. Era
una nuova delusione: ma proprio in quelle stesse settimane
la 77a Brigata di Wingate stava già combattendo alle spal-
le del fronte, nella giungla tra i fiumi Chindwin e Irrawad-
dy, dimostrando se non altro coraggio e spirito di iniziativa INFILTRATI
I Chindits nella giungla
capaci di mettere in difficoltà il nemico. Wingate birmana. Nel 1944 tornano
aveva organizzato i suoi Chindits in reparti in- qui con gli alianti (v. mappa).
dipendenti della forza di circa 400 uomini, capa- A sinistra, un machete in
ci quindi di operare in modo autonomo, ma ab- dotazione all’esercito inglese.
bastanza agili da mantenersi in costante movi-
mento in territorio ostile senza aver bisogno di
continui rifornimenti. La prima operazione dei
Chindits, denominata Longcloth, era scattata l’8
febbraio 1943, quando 7 colonne avevano attra-
versato il fiume Chindwin, puntando a est con
l’obiettivo di tagliare la ferrovia che da Mandalay
raggiungeva la cittadina di Myitkyina, nell’estre-
mo nord della Birmania, al confine con la Cina. I
reparti della 77a Brigata avanzarono rapidamen-
te e riuscirono a gettare nel caos le comunicazio-
ni giapponesi, contando sulla sorpresa e l’impreve-
dibilità dei loro piani. Il terreno e il clima si rivela-
rono però nemici formidabili: nonostante ogni co-
lonna disponesse di una compagnia trasporti con
un centinaio di muli, la maggior parte degli uomini
doveva trasportare sulle spalle un carico di oltre 30
chili e marciare anche 10 ore al giorno nell’umido
clima tropicale, aprendosi la strada a colpi di ma-
chete nella giungla, superando corsi d’acqua impe-
tuosi e ripide colline coperte di vegetazione.
In teoria i Chindits avrebbero dovuto essere ri-
forniti dal cielo, ma alcune colonne ricevettero ci-
bo sufficiente per appena 20 giorni durante tre me- FANTE
si di permanenza in Birmania, riducendosi a vivere GIAPPONESE
di radici ed erbe commestibili. Il 24 marzo Winga- Con l’uniforme tropicale
te diede ordine di iniziare il ripiegamento: la fame, type 98 (1938) in tela
le malattie e la prostrazione fisica, più che gli occa- cachi, indossa un
elmetto (tetsukabuto)
Chindits Nome attribuito ai componenti dei battaglioni scelti per far parte della Special Force type 92, mimetizzato
(formata da soldati britannici e del Commonwealth) nata dall’idea di Wingate e impiegata in con fogliame. L’arma è il
Birmania nel 1943-44. Il nome derivava da un demone della mitologia birmana, un drago-leone lungo fucile Arisaka 38,
(chinthe), posto a guardia delle pagode, che Wingate scelse come emblema della sua Special Force. prodotto fino al 1941.

64
Incursioni dei Chindits in Birmania I Marauders di Merrill (unità
Per Ledo di incursori Usa) il generale
Altre forze alleate attive in Birmania americano
La 16a Brigata Chindit Kachin Levies stilwell
Inserimento dei Chindits per via aerea parte da Ledo, in India, (irregolari birmani) guida le
Operazione giapponese U-Go, invasione il 5 febbraio: copre truppe cinesi
600 miglia a piedi sulla Ledo
dell’est dell’India (dal 6 marzo) Road
verso
Aree di atterraggio XXXIII Corpo indiano Kamaing e
dei Chindits Myitkyina

INDIA Kohima 18a divisione


giapponese
Kamaing
31a divisione Myitkyina
giapponese
IV Corpo indiano Mogaung
utta attacco della 77a
Calc 77a Brigata Chindit (5-11 ma brig. di Calvert Sima
Pe r Silchar rzo)

IMPHAL Dah Force


(irregolari
birmani)
Lalaghat Aberdeen
Broadway CINA
14a e 3a Brigata Chindit (aprile)
Palel Piccadilly
15a divisione White City
BASE DI DECOLLO giapponese
DEI DAKOTA 16 marzo: la 77a Brigata Morris Force
11 a Br (distaccamento
CON I CHINDITS igata
Chind Mawlu allestisce la base autonomo Chindit)
it (6-1 di white city
0 marz
o)

Chowringhee BIRMANIA
33a divisione
giapponese
G. ALBERTINI (3)

Raid con gli alianti

L
a mappa mostra le fasi vert, che stabilisce il caposaldo che partendo da Ledo (India),
principali dell’Operazione a White City, dove respinge gli conduce le operazioni alleate in
Thursday (dal 5 marzo ’44), attacchi nemici prima di muo- Birmania del nord per tagliare
con la quale i Chindits vengono vere su Mogaung e Myitkyina. le comunicazioni alla XVIIIa Div.
trasferiti oltre le linee giappo- Eccoci! Nella stessa direzione nipponica. La 16a Brigata Chin-
nesi tramite decine di alianti convergono anche irregolari dit, che arriva nella giungla bir-
trainati dai Dakota del 1st Air birmani, incursori americani mana dopo una lunga marcia
Commando dell’Usaaf. Tra loro e le truppe cinesi guidate dal da nord, si attesta invece nel
c’è la 77a Brigata di Mike Cal- generale americano Stilwell, caposaldo di Aberdeen.

sionali scontri con le truppe giapponesi, decimarono i Chin-


dits lungo la via del ritorno verso il confine indiano, che ven-
ne raggiunto da soli 2.182 uomini (dei circa 3.000 entrati in
Birmania l’8 febbraio) ridotti allo stremo delle forze, ormai
per la maggior parte incapaci di camminare o imbracciare
un fucile. La 77a Brigata aveva cessato di esistere come unità
combattente, ma era nata la leggenda dei Chindits.
IL CHINDIT Portan-
1943-44 do a termine la loro incursione in territorio nemico, infatti,
Per muoversi nella gli uomini di Wingate avevano ottenuto una grande vittoria
giungla usavano morale, che andava ben oltre i risultati pratici dell’incursio-
un’uniforme semplice e ne, comunque non del tutto trascurabili.
pratica: completo di tela
e cappello in feltro
I giapponesi erano stati messi in difficoltà proprio sul ter-
a larghe falde, sul quale reno a loro più congeniale; peggio ancora, la penetrazione
a volte ponevano di truppe britanniche in Birmania aveva convinto il Coman-
il fregio dell’unità. do Supremo nipponico della necessità di occupare la piana

65
IL GRANDE SUCCESSO DI WINGATE FU CONVINCERE I
BRITANNICI A CREARE I LRPG (LONG RANGE PENETRATION
GROUPS), GRUPPI DI PENETRAZIONE A LUNGO RAGGIO
SIERRA

di Imphal , oltre il confine indiano, pianificando una com- ne Thursday scattò il 5 marzo 1944, soltanto due giorni pri-
plessa offensiva il cui disastroso fallimento avrebbe segna- ma dell’inizio dell’offensiva nipponica verso l’India. Winga-
to la svolta del conflitto. Nonostante aspre critiche da par- te aveva ulteriormente sviluppato le sue teorie sulla penetra-
te di molti alti ufficiali, per i quali le perdite subite durante zione a largo raggio: il nuovo carattere dominante avrebbe
Longcloth erano del tutto ingiustificate, Winston Churchill dovuto essere quello dei “capisaldi” (strongholds), vere e
si era convinto dei vantaggi della Long Range Penetration, proprie fortezze create in località di importanza strategica,
e concesse a Orde Wingate una seconda occasione per di- che avrebbero avuto non soltanto la funzione di occasiona-
mostrare il valore delle proprie idee. Questa volta avrebbe le rifugio per le colonne mobili dei Chindits e di campi di
potuto fare le cose in grande, perché gli venne affidata una atterraggio per gli aerei da trasporto, ma avrebbero inevi-
Special Force di 6 brigate leggere, 2 delle quali (la ricostitu- tabilmente calamitato la reazione delle forze nemiche, che
ita 77a agli ordini di “Mad” Mike Calvert e la 111a di “Joe” si sarebbero dissanguate nel tentativo di conquistarle. Era
Lentaigne) destinate a condurre l’assalto aereo nel cuo- un azzardo, perché l’esistenza dei capisaldi avrebbe finito
re della Birmania, mentre una terza – la 16a di Sir Ber- per limitare la libertà di movimento dei Chindits, esponen-
nard Fergusson, come Calvert veterano di Longcloth doli al rischio di dover sostenere scontri campali: Wingate
– le avrebbe precedute entrando nel Paese via terra, e era però convinto che, grazie al dominio dell’aria garantito
le altre sarebbero rimaste inizialmente di riserva. Do- dai velivoli del 1st Air Commando statunitense, sarebbe sta-
po un periodo di durissimo addestramento, l’Operazio- to possibile rifornire e difendere gli strongholds abbastan-
za a lungo da sconvolgere l’intero sistema di comunicazio-
Imphal Il principale obiettivo giapponese era questa città, capitale dello Stato ni nemiche in Birmania, e decise quindi di correre il rischio.
del Manipur e nodo stradale strategico, il cui controllo avrebbe impedito una
controffensiva alleata in Birmania. Le forze nipponiche furono respinte solo dopo Nonostante difficoltà legate al-
durissimi combattimenti (marzo-aprile), sviluppatisi anche attorno alla cittadina di le zone scelte per gli atterraggi, la 77a e la 111a Brigata venne-
Kohima, più a settentrione, e costrette a battere in ritirata all’inizio di luglio dopo ro inserite per via aerea con successo nella valle dell’Irrawad-
aver perso oltre 50.000 uomini.
dy, mentre la 16a procedeva la sua avanzata oltre il Chindwin:
Mike Calvert (1913-1998), detto “Mad Mike” per la sua abitudine di condurre il 13 marzo Wingate poteva affermare, nell’ordine del giorno
personalmente azioni rischiose, fu probabilmente il più abile tra i luogotenenti di
Wingate, oltre che il più convinto sostenitore delle sue idee sulla penetrazione a della Special Force, che il primo obiettivo dell’Operazione
lungo raggio. A lui si devono i migliori resoconti sulle operazioni dei Chindits (in Thursday era stato raggiunto: “Abbiamo completamente sor-
particolare Prisoners of hope, pubblicato nel 1952). preso il nemico. Tutte le nostre colonne sono dentro le sue vi-
La Battaglia di White City

L
a 77a Brigata di Mike Calvert stabilì pericolo costituito dal caposaldo della gata di consolidare le proprie posizioni del caposaldo, mettendo a segno colpi
il proprio caposaldo nei pressi di 77a Brigata – che tagliava le comunica- con reticolati e trinceramenti. di mano e imboscate, e le forze della
Mawlu già il 16 marzo, dopo aver zioni con il fronte nord, dove le forze Le imboscate. I primi attacchi, prece- guarnigione destinate a sostenere l’urto
sconfitto e respinto un reparto nemico. cinesi agli ordini del generale Stilwell duti dal fuoco di artiglieria, vennero lan- frontale dei reparti nemici. Il 17 aprile
Subito cominciarono i lanci di conte- stavano passando all’offensiva – e il 21 ciati il 6 aprile; per una decina di giorni 1944 gli uomini della 77a Brigata si rese-
nitori di cibo, armi e munizioni: la base marzo lanciarono un primo attacco con i giapponesi si prodigarono con deter- ro conto che il terreno attorno a White
dei Chindits di Calvert venne sopranno- le poche forze disponibili, che venne minazione, ma furono sempre respinti City era sgombro: i giapponesi avevano
minata “White City” per le dozzine di pa- facilmente respinto. A quel punto il grazie alla superiorità aerea alleata e abbandonato la lotta, dopo aver subito
racadute bianchi rimasti impigliati sugli comando nipponico fece affluire truppe all’uso abile, da parte di Calvert, della gravi perdite, senza riuscire a riaprire la
alberi che circondavano il perimetro di- per organizzare un’offensiva in grande cooperazione tra le “colonne flottanti” vitale linea ferroviaria che collegava il
fensivo. I giapponesi si resero conto del stile, ma diede così il tempo alla 77a Bri- dei Chindits che operavano all’esterno sud e il nord della Birmania.

NELLA GIUNGLA
Ancora scene dalla
campagna birmana
nelle foto scattate dalla
rivista Life. A sinistra,
il guado di un fiume
e (a destra) una
postazione d’artiglieria
mimetizzata in
appoggio ai raider
inglesi. Nella pag.
a sinistra, iI fucile Lee
Enfield n. 5, versione
corta del notissimo
fucile britannico, in
dotazione ai Chindits
dal 1944.

scere. È tempo di cogliere i frutti di questo vantaggio”. Stabi- mini, fossero ormai prossimi all’e-
liti i primi capisaldi, le colonne dei Chindits cominciarono a saurimento fisico. I Chindits, privi
operare nelle aree circostanti tagliando le comunicazioni ne- di armi pesanti, erano poco adatti a Orde Wingate, di Jon Diamond
(Osprey), su Google Books. La sto-
miche; i giapponesi furono così costretti a combattere dura- condurre un attacco convenziona- ria e le missioni di un anticonfor-
mente per riconquistare il controllo della Birmania Centra- le, che li avrebbe esposti a perdite mista geniale che credeva negli
le proprio mentre il grosso delle loro forze era impegnato ol- inutili: ma non c’era scelta, e Calvert incursori bene addestrati.
tre il confine indiano. La loro situazione logistica, già critica guidò i suoi uomini all’assalto con la
per mancanza di mezzi e difficoltà del terreno, venne com- consueta determinazione. Il 27 giugno 1944 la 77a Brigata
plicata dalla presenza dei Chindits nelle retrovie: per quan- riuscì a conquistare Mogaung dopo 20 giorni di combatti-
to possa essere arduo valutare i danni materiali arrecati dalla menti durissimi, strappandola a forze nemiche quasi doppie
Special Force di Wingate, l’Operazione Thursday contribuì in di numero: ma alla fine della battaglia l’unità poteva schiera-
maniera rilevante al fallimento dell’offensiva nemica in India, re non più di 300 uomini abili. Era la fine della Special Force.
che segnò la svolta dell’intera campagna in Estremo Oriente. La Long Range Penetration aveva però raggiunto in gran
Dopo la morte di Wingate, il co- parte i suoi obiettivi, mettendo in crisi la logistica giap-
mando dei Chindits passò a “Joe” Lentaigne, un ufficiale ponese in Birmania in una fase decisiva del conflitto. Le
esperto, ma che non possedeva il carisma dell’ideatore del- ultime parole ufficiali sull’epopea dei “leoni di Wingate”
la Long Range Penetration, né la sua capacità di imporre le vennero pronunciate da lord Mountbatten, allora vice-
idee poco ortodosse legate all’uso della Special Force presso ré dell’India, al momento di sbandare la Special Force: “È
i più alti comandi alleati. I Chindits vennero posti alle dipen- stato il più duro dei miei doveri dare ordine di sciogliere i
denze del generale Stilwell, che comandava il fronte nord; Chindits. Ma adesso che l’intero esercito ha recepito la loro
esaurito l’effetto sorpresa, il nuovo caposaldo Blackpool, mentalità, non c’è più bisogno di loro. Siamo tutti Chindits,
stabilito dalla 111a Brigata lungo la ferrovia, venne travol- adesso”. Era un modo nobile per rendere omaggio a miglia-
to in maggio; nel frattempo alla 77a Brigata di Mike Calvert, ia di uomini che avevano affrontato la giungla birmana, su-
che aveva evacuato il proprio stronghold di White City (v. so- bendo perdite terribili ma indicando la strada, con la loro
pra) dopo aver respinto tutti gli attacchi nemici, fu ordina- audacia e la loro capacità di combattere in condizioni av-
to di investire frontalmente la cittadina di Mogaung, nono- verse, ai reparti speciali della nostra epoca. d
stante i suoi effettivi, già ridotti di un terzo a soli 2.000 uo- Gastone Breccia

67
APPROFONDIMENTI
ANSA

nel
68
uomo in uniforme è seduto scomodamente in un
cavedio di stretta misura, ricavato artigianalmen-
te, nella fusoliera dell’aereo. Il velivolo è un Savoia
Pomilio SP4, pesante e grosso biplano con doppia
trave di coda. Decollato dal campo di Villaverla-Thiene, è pi-
lotato dal maggiore Barker , mentre l’osservatore è il capitano
Wegdwood: due esperti aviatori alleati che per l’occasione han-
no sostituito i colleghi italiani. L’aereo vola a circa 2.500 metri
di quota tra le nuvole dense di pioggia; l’acqua sferza violen-
temente i tre occupanti, i due aviatori e lo strano passeggero
che viaggia seduto nel cavedio, in senso contrario a quello di
volo. L’uomo, avvolto in uno scomodo intrico di cinghie e bre-
telle, tiene in grembo uno zaino con degli abiti civili usati, una
vanghetta, una bussola e poco altro; ha i piedi nel vuoto e qua-
si non li sente più. Anche per cercare di non cedere al freddo, i
suoi pensieri sono concentrati nel rianalizzare meccanicamen-
te quanto succederà nelle prossime ore e nel far fronte a even-
tuali imprevisti. A un certo punto ha come il sentore che i mo-
tori dell’aereo rallentino e che questo cominci a scendere, ma
non ne ha conferma perché dalla sua posizione non vede nul-
la e non può comunicare con i piloti.
In qualche maniera riesce a bere un sorso di cordiale da una
fiaschetta; poi, di colpo, senza nessun preavviso, la botola sul-
la quale è seduto si apre nel vuoto, manovrata anteriormen-
te con dei cavi dall’osservatore, e l’uomo viene catapultato nel
SIERRA (2)

buio della notte, a circa 1.500 metri dal suolo. Una caduta di
qualche secondo, una sensazione mai provata prima: la fune
di caucciù che si tende tra il corpo dell’uomo e un contenitore
IL FEGATO DEI PIONIERI fissato sotto la carlinga, e poi lo schiocco liberatorio del para-
A sinistra e sopra, il lancio di un aerostiere dal
pallone; ispirò quello dagli aerei. Sotto, gli ufficiali cadute che si apre, frenando bruscamente la discesa.
italiani che, a partire da Alessandro Tandura, durante “Ah…viene in me un solo senso; le orec-
la Grande guerra effettuarono il primo lancio oltre chie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo
le linee nemiche, di notte e senza addestramento, dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di
contribuendo alla vittoria sull’Austria. tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto”, scriverà
poi l’uomo in un suo libro di memorie. Dopo un po’ di volteg-
PIER ARRIGO
BARNABA
gi, smarrito, sviene; si riprende solo al duro impatto col terre-
ALESSANDRO no bagnato, in un vigneto. È la notte tra l’8 e il 9 agosto 1918; il
ANTONIO TANDURA tenente Alessandro Tandura, un Ardito, già nel XX Reggimen-
PAVAN to d’assalto e ora in forza al Servizio informazioni dell’VIII Ar-
FERRUCCIO
NICOLOSO mata del Regio esercito italiano, si ritrova a terra, in territorio
nemico nelle retrovie del fronte del Piave, nel Trevigiano. Non
si rende conto di essere il primo soldato al mondo a utilizza-
re questo mezzo di discesa per scopi prettamente tattici e non
solo legati alla sicurezza, come invece accaduto fino a quel mo-
mento. Tandura è il precursore degli Incursori paracadutisti di
oggi. Data la familiarità coi luoghi, essendo nato a Vittorio si
accorge subito di essere atterrato ad Antano anziché a Sarme-
de, zona programmata, più vicino del previsto alla sua città
natale e primo obiettivo da raggiungere. L’ufficiale, che si è
lanciato in uniforme per evitare la fucilazione come spia
se catturato in atterraggio, indossa gli abiti civili, sotter-

William Barker (1894-1930) Asso canadese della Prima guerra mondiale. In quel periodo
comandava la 139ª Squadriglia di stanza sullo stesso campo di volo; in Italia sul suo ae-
reo da caccia, il bliplano Sopwith Camel, ottenne più vittorie di chiunque altro.
Vittorio Comune della provincia di Treviso, in Veneto. Nacque nel 1866 con l’unione dei
preesistenti comuni di Ceneda e Serravalle e assunse il nome di “Vittorio” in omaggio
a Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. La cittadina fu protagonista della battaglia che
pose fine alle ostilità sul fronte italo-austriaco nella Prima guerra mondiale. L’appellativo
“Veneto” fu usato abitualmente dopo la battaglia e venne ufficializzato, assieme al confe-
rimento del titolo di città, nel luglio del 1923.

69
Paracadutista Pilota
Osservatore

SIERRA
Paracadute
durante il volo

Asta snodata
Botola

Paracadute e asta snodata


al momento del lancio

L’aereo: il Savoia Pomilio

P
rogettati dal maggiore Umber- foto sotto) fu chiamato dai piloti, pa- un posto in fusoliera per il lancio in
to Savoia e dal tenente Ottori- rafrasando la sigla, ”Sepoltura Per 2”! sicurezza dei parà, essendo le altre
no Pomilio e ispirati ai Farman L’evoluzione: dalle bombe ai lanci. versioni dotate di monomotore “a
inglesi, gli aerei Savoia-Pomilio (SP) Anche il modello SP4, un bimotore, spinta” (posto dietro la carlinga) che
furono i primi prodotti dalla Fiat, a nato per il bombardamento, passò lo avrebbe impedito. L’aereo SP4,
partire dal 1917. Robusti ma lenti bi- invece alla ricognizione e a compiti armato con 2 mitragliatrici, aveva
BERNI

plani con doppia trave di coda a tre ausiliari, come quelli per il lancio di un’apertura alare di m 19,80. I due
derive, furono sempre caratterizzati agenti. Proprio per i suoi due motori motori Isotta-Fraschini V.4B da 150
da scarsa potenza e maneggevolez- laterali, infatti, il modello SP4 era hp gli davano una velocità max di
za: l’aereo SP2 monomotore (nella l’unico che permettesse di ricavare 150 chilometri orari.

Il paracadute

N
el 1917 gli inglesi consegnaro-
no al Corpo d’aviazione italiano
un lotto di paracadute modello
Calthrop “Guardian Angel” (sopra
nella foto), già da loro sperimentati
per salvare la vita dei piloti abbattuti.
Il Calthrop era ingegnoso, semplice,
efficace, non facile a malfunzionamen-
ti. Il contenitore con la calotta di seta
era fissato sotto la carlinga. La fune di
vincolo era attaccata al contenitore da
una parte e a un’imbragatura sul pi-
lota dall’altra; una volta lanciatosi dal
velivolo, il pilota mandava in tensione
col suo stesso peso la fune che apriva
il paracadute.
Poco usati. Però lo scarso numero di
pezzi a disposizione, l’ingombro e il
fastidio dell’imbrago, la scarsa praticità
nell’abbandono del velivolo, legati
anche a quella tradizione “cavalleresca”
degli aviatori di allora, che ne avrebbe-
MADE IN ITALY ro visto l’uso come una sorta di deme-
Aviatori del Regio esercito con l’aereo rito, fecero sì che i piloti italiani non lo
Savoia-Pomilio SP2 (1916 circa). Per i lanci adottassero, relegandolo a mezzo di
venne usata la sua evoluzione, il mod. SP4. salvataggio per gli aerostieri (soldati
Sopra, schizzi con le modifiche apportate addetti agli aerostati) e gli osservatori
all’SP4 per il lancio degli operatori. dei palloni per l’artiglieria.
ANSA

ra con gran fatica divisa e paracadute e si mette in marcia nel-


la notte, sotto la pioggia battente. Ha il delicato compito, come
gli altri ardimentosi colleghi che lo seguiranno nelle settima-
ne a venire, di mischiarsi alla popolazione contadina di quel-
le campagne e acquisire e trasmettere, per mezzo di colombi
viaggiatori, informazioni sullo schieramento austro-ungarico.
Nel 1917, dopo la ritirata
di Caporetto e l’attestamento del fronte sul Piave, erano venu-
te a mancare, proprio per la frapposizione del fiume tra i due
eserciti, le principali fonti di informazione sul nemico: prigio-
nieri e disertori. Per ovviare a questo, il Servizio informazioni
aveva iniziato a mandare alcuni nostri ufficiali, scelti per ar-
dimento, carattere e conoscenza dei luoghi, al di là delle linee,
trasportandoli nei canali della Laguna veneta con idrovolan-
ti o con piccoli aerei che atterravano in strette radure. In altri
settori del fronte, però, non vi erano zone lagunari o non si di-
sponeva di velivoli adatti a stretti atterraggi, perciò si incomin-
ciò a studiare il modo di lanciare con il paracadute gli informa-
tori e di rifornirli, con lo stesso metodo, di materiali e piccioni
Vittorio Veneto: la battaglia finale viaggiatori. Non sono in molti a saperlo, ma in questo gli italia-

C
ol nome di Battaglia di Vitto- Grappa. Il 27, i reparti italiani, a gua- ni furono veri precursori, i soli poi a mettere in pratica l’idea,
rio Veneto è nota l’offensiva do o su ponti di barche, passarono nonostante anche in altri eserciti si pensasse a iniziative simili.
lanciata dal 24 ottobre al 4 il fiume e avanzarono. Il 30 venne Vennero richiesti volontari; quattro ufficiali, i tenenti Tan-
novembre 1918 dalle truppe italia- liberato Vittorio, il 31 crollò la difesa
ne contro quelle austro-ungariche nemica sul Grappa. dura, Nicoloso, Barnaba e Pavan, si misero a disposizione del
attestate sul fronte del Piave, che La resa. Il Corpo di cavalleria avanzò colonnello Dupont, del Servizio informazioni dell’VIII Arma-
affrettò la fine del conflitto. Otto velocemente nella pianura, inse- ta. A loro fu fatto frequentare un corso informativo che li re-
armate, con 57 divisioni italiane, una guendo gli austriaci su un fronte in se esperti degli organici nemici, nel distinguere reparti, gradi,
francese, 2 inglesi e un reggimento continuo movimento. Il 3 novembre armi, sigle e segni convenzionali austriaci; furono addestra-
americano si scagliarono in una truppe italiane entrarono a Trento e
battaglia di sfondamento contro le Udine, mentre a Villa Giusti (Padova) ti all’utilizzo dei colombi viaggiatori – e alla compilazione dei
provate forze nemiche. Per impe- veniva firmata la resa. Trieste fu preziosi colombigrammi – al maneggio di esplosivi e delle ef-
gnare la maggior parte delle riserve presa dal mare. Il 4 novembre, con ficaci bombe Radi a orologeria.
austriache e per la piena del Piave, un’ultima carica di cavalleria, si con- Per il lancio, però, i problemi erano enormi: il paracadute era
fu attaccata prima la zona del Monte clusero la battaglia e la guerra. ancora un attrezzo sperimentale e, tra l’altro, gli italiani ne era-
no privi e i pochi presenti erano forniti dagli Alleati. Non vi era
poi esperienza utilizzabile in merito al lancio dagli aerei: da noi
infatti i paracadute non erano utilizzati, come si può pensare,
per i piloti (che iniziarono a usarli solo nel dopoguerra), bensì
MESSAGGIO per gli osservatori dei palloni frenati che, se attaccati da aerei
VOLANTE
Sopra, Arditi nemici, non avrebbero avuto scampo; prima di questo metodo
italiani a Vittorio di salvezza, la “durata” media di un osservatore era di 15 giorni.
Veneto. A lato, I paracadute presenti erano del modello inglese Calthrop
taccuino per “Guardian Angel”: molto semplici, a calotta tonda in seta con
colombigramma,
un involucro che veniva di solito fissato esternamente alla ce-
con le istruzioni
per effettuare il sta dei palloni; l’apertura era automatica tramite una fune fissa-
dispaccio. ta all’uomo e al pallone. Quelli a disposizione dell’VIII Armata
erano però solamente quattro: uno per ogni volontario. Per di
più non erano ripiegabili dopo l’uso, per mancanza di specia-
listi, e non era quindi possibile effettuare addestramenti pre-
liminari. I quattro temerari furono perciò istruiti solo teorica-

Colombigramma Tecnica dell’invio di ordini e messaggi tramite colombi. Si trascrivevano i mes-


saggi su appositi foglietti di carta velina, che venivano introdotti in un tubetto porta-dispaccio
attaccato alla zampa del volatile.

71
mente sull’attrezzo. Era tutto empirico, un vero salto nel buio!
Anche il metodo di lancio, tramite la botola e i tiranti che re-
golavano l’uscita, era frutto dell’ingegno artigianale di un no-
stro pilota, il sergente maggiore Giussani (che poi avrebbe lan-
ciato Nicoloso e Barnaba), della Squadriglia mista del Gruppo Il debutto degli incursori aviotrasportati
speciale di Aviazione I. Nonostante questo, come abbiamo vi- Tutti all’opera. Intanto, oltre agli

I
l primo raid aviotrasportato oltre
sto, seppur con qualche difficoltà, il primo lancio riuscì bene. le linee nemiche della Storia fu ef- Italiani, anche altri Alleati stavano
Il tenente Tandura, aiutato dalla sorel- fettuato dai tedeschi. Nella notte prendendo in considerazione il para-
tra il 2 e il 3 ottobre 1916, il sergente cadute come mezzo di trasporto da
la e dalla fidanzata, portò a buon fine i compiti assegnati: in tre
pilota Rudolf Windisch trasportò su usare nelle missioni di informatori e
mesi di clandestinità - raccogliendo ufficiali e soldati dispersi un Roland II il tenente Maximilian sabotatori: il comandante francese
e sbandati oltre le linee nemiche - riuscì a organizzare un’effi- von Cossel per 85 chilometri oltre le Evrard, nel 1918, aveva addestrato
ciente rete informativa e a inviare notizie preziose sulla consi- linee del fronte russo, depositandolo una squadra di otto uomini per
stenza dei reparti nemici. Malgrado due arresti e due rocam- in una radura. distruggere una ferrovia e centrali
Fatto saltare un ponte dell’impor- elettriche nella valle della Mosa; gli
bolesche fughe, prima di rientrare ai Comandi italiani, dai qua-
tante ferrovia Rovno-Brody, il giorno ufficiali americani Mitchell e Bre-
li era ormai dato per morto, compì, andando ben oltre la sua dopo Von Cossel fu prelevato nuo- reton avevano proposto persino di
missione, anche diverse azioni di sabotaggio. vamente da Windisch in un punto aviolanciare truppe dietro le linee.
Dopo Tandura, toccò a Ferruccio Nicoloso, già ufficiale al stabilito. Grazie al successo della Ma la guerra finì prima che entram-
74° Rgt. Fanteria, Brigata Lombardia, d’essere lanciato in Friu- missione, entrambi vennero decorati be le azioni allo studio potessero
di persona dal kaiser Guglielmo II. essere messe in atto.
li, al di là del Tagliamento nella zona di Osoppo e San Daniele
(poco distante dal suo paese, Buja) nella notte del 23 ottobre,
in previsione della nostra offensiva finale che avrebbe portato

SIERRA (2)
l’Austria alla resa. Nicoloso purtroppo fu paracadutato 30 km
fuori zona. Per ovviare all’inconveniente, la notte del 24 venne
lanciato nella zona giusta il tenente Pier Arrigo Barnaba, an-
che lui di Buja, Alpino dell’ 8° Reggimento, Btg. “Val Fella” e Al-
pino paracadutista “ante litteram”. Come Tandura, era già sta-
to più volte decorato e ferito durante il conflitto e aveva anche
una menomazione alla mano. Il suo lancio fu più critico: par-
tito dall’aeroporto di Marcon (Venezia), arrivò quasi congela-
to sulla zona di lancio; la botola non volle aprirsi, se non dopo
vari strattoni, e l’uomo cadde nel vuoto. Nei volteggi, un piede
gli si impigliò a una fune del paracadute, facendolo scendere a
testa in giù. Atterrò violentemente con la schiena in un campo
di granoturco, battendo la nuca, e rimase intontito e doloran-
te per un po’. Ripresosi, si accorse che almeno il punto di atter-
raggio era quello previsto. Iniziò così anche lui la missione, che
portò egregiamente a compimento. Il quarto volontario, il te-
nente Antonio Pavan, non venne lanciato col paracadute, ma
fu anch’egli inviato dietro le linee austriache con un aereo (un
Voisin pilotato dal capitano Gelmetti, pilota esperto in missio-
ni del genere) che atterrò rocambolescamente.
Tandura e Barnaba furono decorati con la Medaglia d’oro al
valor militare. A Nicoloso (che si riunì a Barnaba e operò con
lui) venne concesso l’Ordine militare di Savoia. Per le azioni
compiute, ricevettero la Medaglia d’argento al valor militare
RAID TEDESCO
anche Emma Tandura ed Emma Petterle, le giovani donne so- Il lancio da un
rella e fidanzata di Alessandro Tandura, che lo avevano aiuta- pallone. In alto da
to nei suoi pericolosi compiti. d dx., il tenente Von
Stefano Rossi Cossel e il sergente
Windisch, tedeschi,
i primi a effettuare
William L. “Billy” Mitchell (1879-1936), pilota e generale americano, fu uno dei padri dell’aviazione un’incursione
militare Usa. Nel ‘41 gli fu intitolato un aereo (unico caso di velivolo dedicato a una persona), il aviotrasportata
North american B-25 , mezzo con cui fu effettuato il bombardamento su Tokio (alle pag. successive). nella Grande guerra.

72
WARS L’EVOLUZIONE DI UN’ARMA

IL LANCIAFIAMME
A cura di Stefano Rossi

uando i lanciafiamme apparve- ro poi studiate altre miscele utilizzabi- da tutti i contendenti durante la Secon-
ro, all’inizio della Prima guerra li anche sulla terraferma; nel VII seco- da guerra mondiale: famose sono le im-
mondiale, si presentavano co- lo se ne servì Costantino IV nell’assedio magini dei bunker giapponesi sgombe-
me armi rivoluzionarie e novità assolu- di Costantinopoli e i Saraceni lo usaro- rati dai Marines americani col fuoco. Il
te. Non era così: da sempre l’uomo cer- no contro i crociati a Durazzo, Tolemai- loro impiego risale anche a guerre più
cava un modo per utilizzare in guerra de e Damietta. recenti, come il Vietnam.
il fuoco e fin dall’antichità erano stati Con la Passati successivamente in secondo
escogitati ordigni per lanciare contro il scoperta e l’utilizzo della polvere pirica piano, i lanciafiamme fanno ancora par-
nemico miscele infuocate. La prima vol- per gli ordigni, le macchine lanciafuoco te, seppur in numero limitato, di molti
ta ne fa menzione Tucidide descrivendo caddero via via in disuso, per riapparire arsenali militari. •
un rudimentale lanciafiamme a caldaia, però, quasi di colpo, durante la Grande
usato dai Beoti nella Battaglia di Delion guerra: i tedeschi li impiegarono in pro-
Lanciafiamme DLF
del 424 a.C. va a Malancourt, nel febbraio 1915, e poi italiano della
Il cosiddetto “fuoco greco” (i Greci ne in numero maggiore a Hooge, il 30 luglio. Grande guerra.
conservarono infatti il segreto per quat- In breve divennero parte delle dotazioni Ideato e costruito
tro secoli) o “fuoco marino” era inizial- di tutti gli eserciti belligeranti, creando in Italia nel
mente una miscela liquida di zolfo e cal- non pochi vantaggi tattici, ma soprattut- febbraio 1918,
il DLF (direzione
ce viva che si infiammava con l’acqua e to psicologici, durante i combattimenti. lancia fiamme) era
veniva usata, lanciandola tramite appo- Perfezionati e potenziati, anche mon- un apparecchio
siti sifoni, nelle battaglie navali. Venne- tati su carri armati, furono spesso usati portatile a getto
intermittente,
semplice, sicuro,
che sostituì quelli
fino ad allora in
dotazione al Regio
esercito.

Lanciafiamme dell’VIII secolo a sifone,


come quelli montati sulle navi bizantine
durante l’assedio musulmano del 717
d.C. Lanciava una mistura segreta simile
al moderno napalm.
D. TUROTTI (4)

Un M2 americano
del 1943. Formato
con 2 bombole da 8
litri di benzina e una
di azoto propellente,
pesava circa 30 kg.
Con getti da
2 l/sec, dalla
gittata massima
Uno degli ultimi lanciafiamme a essere
fino a 40 metri,
sviluppato, a fine anni ’60, e ancora in
poteva scaricare in
uso, fu il sovietico LPO 50 (lanciafiamme
7 secondi tutto il
leggero da fanteria). L’arma può sparare
contenuto.
tre getti, ognuno dei quali svuota uno
dei tre serbatoi.

73
WARS ERRORI AL CINEMA

PEARL HARBOR
A cura di Andrea Frediani

uesta è soprattutto la storia di un’a-


micizia portata alle estreme conse- SCHEDA TECNICA
guenze. La guerra fa da sfondo alla Titolo originale: Pearl Harbor
Anno: 2001
vicenda, anche se all’attacco giappo-
Regia: Michael Bay
nese alla base americana alle Hawaii viene dedi- Interpreti: Ben Affleck, Josh Hartnett
cato ampio spazio. Si respira patriottismo in ogni
scena, con un mix di war movie e dramma senti-
mentale, in una elegante e patinata cornice di ef-
fetti speciali, talvolta perfino eccessiva.
a Pearl Harbor del 7
dicembre 1941 provocò l’entrata nel conflitto degli
Stati Uniti, fino ad allora neutrali. Contrariamente
a quanto si vede nel film, infatti, gli americani non
avevano neppure mandato piloti ad affiancare la
Raf nella lotta all’aviazione tedesca, ma solo civi-
li. La figura di Rafe McCawley, uno dei due prota-
gonisti maschili, già in azione prima del raid nip-
ponico, è ispirata a quella dell’asso dell’aviazione
americana nella seconda guerra mondiale Joe Foss I fighter giapponesi, i leggendari Mitsubishi A6M, erano bianchi e non verdi, come nel film.
I nipponici li chiamavano Reisen (ovvero, “caccia Zero”), gli americani Zeke (diminutivo di Zaccaria).
(1915-2003), capace di abbattere 26 aerei nemici,
e poi governatore del South Dakota.
La scena dell’attacco privilegia le esigenze spet-
tacolari, più che la correttezza storica. Dura ben 40
minuti e per girarla sono state impiegate 12 macchi-
ne da presa, con la partecipazione di 30 stuntmen,
90 comparse, aerei, navi e oltre un centinaio di tec-
nici impegnati sugli effetti speciali. Particolarmen-
te suggestivo è l’affondamento delle Oklahoma, Ari-
zona e West Virginia, realizzato in una grande vasca
negli studi di Rosario Beach in Messico.
Le distorsioni del film sono palpabili ed eviden-
ti soprattutto nell’episodio clou, l’attacco alla ba-
se. Le gesta di Rafe e Danny, decollati immedia-
tamente dopo l’attacco per reagire al bombarda- Così vicini a terra? Impossibile. La formazione giapponese volava con i bombardieri a quota 3.000
mento nemico, ricalcano quelle dei tenenti Geor- e ancora più in alto a 5.000 metri i caccia Zero di scorta. Questi, poi, scesero in picchiata all’ultimo.
ge Welch e Kenneth M. Taylor, che dichiararono
di aver abbattuto, insieme, 6 apparecchi nipponi-
ci; tuttavia, i combattimenti aerei non potevano
avvenire così rasenti la base (2) o la superficie
del mare, dove a causa della frequente presenza di
ostacoli nessun pilota osava avventurarsi.
Tra le altre inesattezze, il verde di cui sono co-
lorati gli Zero (1) è una scelta personale del regi-
sta. L’ammiraglio Husband E. Kimmel non era a
giocare a golf al momento dell’attacco, e probabil-
mente non c’erano americani a giocare a baseball
alle sette del mattino. Inoltre, il successivo raid di
Doolittle, la rappresaglia americana a Pearl Har-
bor, prese di mira varie città giapponesi e non,
come nel film, la sola Tokyo, e inoltre le portae- Questa scena della corazzata Arizona che affonda è simile alle foto dell’epoca, ma manca di accuratezza
la ricostruzione del successivo raid su Tokyo, che spieghiamo nel dossier di questo numero.
rei non furono danneggiate (3) perché non era-
no alle Hawaii. d

74
WARS LIVING HISTORY

ELBA NAPOLEONICA
A cura di Camillo Balossini

ggi quattro Maggio dell’Anno L’IMPERATORE


1814, a ore tre e mezza po- SULL’ISOLA
meridiane S.M.I.e R. Napo- A sinistra, lo sbarco
di Napoleone
leone il Grande Sovrano dell’Isola d’Elba (l’attore Roberto
avanti di fare il suo ingresso in questa cit- Colla) a Marciana
tà Si degnò inviare dal Bordo della frega- Marina durante
ta inglese L’Indomabile il nuovo Paviglio- le rievocazioni
ne dell’Isola d’Elba [...] . Una mezzora do- del 1814 sull’Isola
d’Elba. Sotto,
po un’altra salva d’artiglieria della frega- la sfilata della
ta e della piazza annunziò lo sbarco della Petite Armée
prelodata Maestà Sua che fece il suo in- lungo le strade di
gresso in questa città dalla porta di Mare”. Portoferraio.
Così il sindaco di Portoferraio Pietro
Traditi ci tramanda, con una cronaca mi- la ristrutturazione di palazzi, lo sviluppo quello che è stato il più importante even-
nuziosa dello sbarco, l’arrivo di Napole- di arti, scienze, agricoltura e commercio. to di reenactment napoleonico a livello
one all’Isola d’Elba. Una giornata memo- Alcune di queste azioni portarono a ri- europeo, organizzato dall’Associazione
rabile, l’inizio di un esilio che durò fino al cadute in termini economici e sociali so- Armée d’Italie e dal suo presidente Lu-
26 febbraio 1815, allorché arrivato il mo- prattutto per la cittadina di Portoferraio. ciano Casolari, riportando al centro della
mento favorevole, Napoleone fece ritor- All’epoca l’i- Storia la cittadina di Portoferraio, di nuo-
no in Francia sbarcando, con tutto il suo sola fu radicalmente trasformata da Na- vo capitale, seppur per pochi giorni, di un
seguito, sulla spiaggia di Golfe-Juan. Po- poleone tanto che, a distanza di 200 anni, singolare esilio. •
co più di 9 mesi, in cui l’imperatore prese rimane un filo di nostalgia per l’impera-
• •
possesso di questa piccola isola dell’arci- tore dei francesi. Questo legame si rinno-
pelago toscano (non senza aver stravolto va con le celebrazioni per il bicentenario, • www.infoelba.it/isola-d-elba/bicentenario-
il quieto vivere degli elbani) dedicando- che fino al 26 febbraio 2015 propongono napoleone-2014-2015/
si con zelo all’organizzazione del gover- una serie di appuntamenti culturali, rie- • www.napoleoneimperatoreelba2014.it/
no e dell’amministrazione locale: il mi- vocativi e folkloristici. Proprio il 4 mag- • https://www.facebook.com/pages/
La-Petite-Armée-Napoleone-e-lIsola/
glioramento del sistema viario per colle- gio di quest’anno numerosi gruppi di ri-
dElba/509825815763740
gare tra loro i vari paesi, igiene pubblica, costruzione storica hanno preso parte a • •

LORENZO BALDONI (2)

75
MEMORIE

DAL ’43 AL ’44, DURANTE LA CAMPAGNA D’ITALIA,


I REPORTER DELLA RIVISTA LIFE DOCUMENTARONO
CON LE NUOVE PELLICOLE LA LIBERAZIONE
DI UN PAESE E LA DURA REALTÀ DEL CONFLITTO

I colori
della Guerra

FOTO DI GETTY IMAGES

VERSO ROMA Maggio 1944, soldati Usa ispezionano i resti di un semovente cacciacarri Marder III tedesco. A lato, una coppia di italiani osserva i
soldati alleati che avanzano sulla Via Appia. Le foto, come queste di Carl Mydans, furono realizzate dai fotoreporter americani della rivista Life durante
la Campagna d’Italia, seguendo le truppe che, dopo lo sbarco in Sicilia, risalivano la Penisola in direzione della Capitale.

76
GETTY IMAGES

77
PONTE PORTATILE Truppe americane vicino a Porretta Terme, nel Bolognese, attraversano un ponte Bailey, una struttura formata da elementi modulari.
Ideato dall’ingegnere inglese David Bailey, il ponte veniva montato e smontato dai genieri militari per sostituire quelli distrutti durante le operazioni belliche.

DOVE PASSANO LE BOMBE NON CRESCE PIÙ NULLA 18 maggio del 1944, tre prigionieri tedeschi avanzano sulla Statale 6 verso Cassino.
La strada che collega il piccolo comune laziale a Roma è impraticabile, ridotta dai bombardamenti a un cumulo di macerie.

78
GAVETTA ALLA BOLOGNESE Fanti americani della 91a Divisione si mettono in fila per il pasto con le loro gavette. Siamo nei pressi di Bologna,
dove gli uomini della 91a arrivarono dopo aver superato la Linea Gotica all’inizio di ottobre 1944 e a prezzo di strenue battaglie sull’Appennino.

OPERAZIONE OLIVE Genieri afro-americani della 92ª Div. di fanteria “Buffalo” a caccia di ordigni tedeschi sulla spiaggia di Viareggio, con cercamine
portatili campali. Tra settembre ’44 e aprile ’45 gli Alleati parteciparono alla liberazione della Versilia e all’Operazione Olive, l’attacco alla Linea Gotica.
IL TROFEO A Cassino, soldati britannici e sudafricani mostrano il vessillo nazista catturato agli occupanti, mentre dietro di loro i genieri con i bulldozer
cercano di ricavare un percorso fra le macerie. Questa zona fu teatro di quattro battaglie nate inizialmente come diversivo per coprire lo sbarco ad Anzio.

DOPO L’ATTACCO 1944, portaferiti e cappellano delle truppe francesi SULLA LINEA GUSTAV Marzo 1944, soldati britannici del controllo
entrate in azione con gli Alleati prestano soccorso dopo un combattimento. supporto aereo dell’8a Armata in un posto di osservazione.

80
IN POCHE SETTIMANE GLI ALLEATI AVEVANO
RESPINTO LE FORZE DELL’ASSE DALLA SICILIA,
INIZIANDO LA RISALITA DELLO STIVALE
IN UNA DELLE OPERAZIONI PIÙ DIFFICILI

IL BEL PAESE La jeep della Us Army attraversa una cittadina italiana devastata dalle bombe. La strada per Roma era costellata dalle rovine di un
Paese occupato dai tedeschi e colpito a morte dai bombardieri americani, che difficilmente riuscivano a distinguere gli amici dai nemici.

EQUIPAGGIO IN ALLARME 1944, uno Sherman M-4 del 752° IN OSSERVAZIONE Ufficiali dell’88a Divisione di fanteria Usa rilevano
Battaglione carri (34a Div.) appostato a un crocevia sulla strada per Pisa. posizioni nemiche con un binocolo/periscopio da trincea tedesco catturato.

81
WARS RECENSIONI

LIBRI & CO. Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A.


Via Battistotti Sassi, 11/a - 20133 Milano
Direttore responsaBile Jacopo Loredan
CoorDinaMento Lidia Di Simone (caporedattore)
art DireCtor Massimo Rivola (vicecaporedattore)
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A cura della Libreria Militare A cura di Paolo Paglianti reDazione Federica Ceccherini, Marta Erba,
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Patrizia De Luca (caposervizio), Rossana Caccini
Potenza di fuoco. Eserciti, reDazione GrafiCa Katia Belli,
tattica e tecnologia nelle guerre Mariangela Corrias (vicecaporedattore),
Barbara Larese, Vittorio Sacchi (caposervizio)
europee dal Rinascimento
seGretaria Di reDazione Marzia Vertua
all’età della ragione hanno CollAborAto a questo nuMero
di Giovanni Cerino Badone Autumn dynasty warlords Giorgio Albertini, Camillo Balossini, Gastone Breccia,
Maurizio Corona, Andrea Frediani, Marco Lucchetti,
Inserendosi nel dibattito sulla Ambientato nell’antico Impero cinese, combina Fernando Mazzoldi, Angelo Pirocchi, Stefano Rossi
Rivoluzione militare, l’opera del la strategia di una partita a Risiko con le batta-
giovane studioso contribuisce glie tattiche. Si parte alla conquista della Cina
a sfatare alcuni miti, tra cui aggredendo gli altri signori della guerra nei loro Business ManaGer Barbara Ferro
quello della bassa mortalità domini, con battaglie gestite su una mappa sti- DireCt mArketing & DigitAl CirCulAtion
nelle guerre del Settecento, lizzata in stile orientale, su cui indicare alle unità Development mAnAger Michela Lupi
raccontando che cosa cambiò CoorDinAmento teCniCo Valter Martin
dove andare e chi attaccare. Un piccolo gioiello
con l’introduzione del fucile a pietra focaia e della per tablet!
baionetta, innovazioni che portarono alla leva di
Touch Dimensions (http://warlords.autumndynasty.
massa e alla guerra tecnologica così come l’abbia-
com), piattaforma iPad e iPhone, € 5,99
mo conosciuta nel XX secolo.
Pagine 224, Edizioni Libreria Militare, € 21
AmministrAtore DelegAto e Chief operAting offiCer

A viso coperto LETTURE Roberto De Melgazzi


publisher mAgAzine Elena Bottaro
A cura di Lidia Di Simone Direttore Del personAle e AffAri legAli Lucio Ricci
di Riccardo Gazzaniga
Stavolta proponiamo un libro Direttore Controllo Di Gestione Paolo Cescatti
che ha meno a che fare con la Le grandi battaglie di
guerra, ma molto con gli istinti Alessandro Magno Focus Storia Wars: Pubblicazione trimestrale registrata presso il
che la scatenano. Ecco il viaggio di Andrea Frediani Tribunale di Milano, n. 162 del 31/03/2010. Tutti i diritti di proprietà
avvincente nei meccanismi ata- letteraria e artistica sono riservati. Il materiale ricevuto e non richiesto
Nessun personaggio storico (testi e fotografie), anche se non pubblicato, non sarà restituito.
vici della violenza, esemplificati come l’imperatore macedone Direzione, redazione, amministrazione: Via Battistotti Sassi, 11/a -
nella contrapposizione tra ce- ha saputo conquistare, oltre alle 20133 Milano. Telefono: 02/762101; e-mail: redazione@focusstoria.it;
lerini e ultras, alla ricerca di un confine tra bene e sterminate terre dell’Asia, anche e-mail amministrazione: infoamministrazione@gujm.it
male che non sempre è chiaramente delineato o platee sconfinate di lettori soggiogati dalle sue Stampa: Nuovo Istituto Italiano Arti Grafiche Arvato, via Zanica, 92 -
che talvolta viene artificialmente spostato, da una 24126 Bergamo.
gesta. Lo specialista delle guerre dell’antichità Distribuzione: Press-di Distribuzione Stampa & Multimedia s.r.l. - 20090
parte e dall’altra. Un’opera d’esordio di grande Andrea Frediani ci racconta, in un saggio avvin- Segrate (Mi).
impatto emotivo, che fa capire come in ognuno cente come un romanzo, le imprese militari di un Abbonamenti: 4 numeri € 19,90 + spese di spedizione. Non inviare
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a € 9,90 oltre il prezzo della rivista 030/7772387. Il servizio abbonamenti è in funzione da lunedì a venerdì
Nella morsa della guerra. Assedi, dalle 9.00 alle 19.00. Oppure scrivere a Press-di Srl Servizio Abbonamenti
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XVI e XVIII secolo, prendendo in esame due fa- alle Falkland (1982), dal remo 196/2003 scrivendo a: Press-di srl Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 – 20090
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di Savona nel 1746-49 e il brigantaggio durante trascurare l’evoluzione delle im- L’editore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti
la pestilenza nel Regno di Napoli del 1656-58. Un barcazioni e le dotazioni tecniche esaminate con che non sia stato possibile rintracciare.
vivido affresco di quei secoli tempestosi. la competenza dell’esperto, epoca per epoca.
Periodico associato alla FIEG (Fede- Codice ISSN:
Pagine 138, Franco Angeli, € 18 Pagine 472, Odoya, € 20,40 raz. Ital. Editori Giornali) 2038-7202

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